Orbán sta già preparando il dopoguerra con Mosca_ di OMERTA
Orbán sta già preparando il dopoguerra con Mosca
Data:
7 dicembre 2025
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Illustrazione: Ligne de Presse (Licenza: OMERTA)
Viktor Orbán ha colto ancora una volta tutti di sorpresa. A pochi mesi dalle elezioni legislative ungheresi, il primo ministro ha annunciato l’imminente invio di una delegazione di uomini d’affari in Russia per preparare «il mondo del dopoguerra» e la fine delle sanzioni occidentali.
Una posizione chiara, che conferma la strategia indipendente di Budapest nei confronti di un’Unione europea impantanata nel suo sostegno senza fine a Kiev. Orbán, uno dei pochi leader europei a mantenere un dialogo diretto con Vladimir Putin e Donald Trump, afferma di anticipare il momento in cui Washington reintegrerà la Russia nell’economia mondiale.
Secondo la stampa ungherese, la missione potrebbe aprire la strada a importanti acquisizioni per MOL, il gigante energetico nazionale, in particolare per quanto riguarda gli asset detenuti da Lukoil e Gazprom in Europa o in Asia centrale. Si tratta di operazioni attualmente bloccate dalle sanzioni statunitensi, ma che Budapest ritiene opportune in vista di un riequilibrio geopolitico. Il riavvicinamento russo-ungherese ha subito un’accelerazione a novembre durante la visita di Orbán a Mosca, dove ha promesso di mantenere le importazioni di idrocarburi russi, rifiutandosi di allineare il suo Paese alle ingiunzioni di Bruxelles.
Questa strategia irrita le istituzioni europee, che hanno appena adottato il principio di un divieto totale del gas russo entro il 2027, una decisione che Orbán ha immediatamente impugnato dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Per Budapest, tagliare i ponti con l’energia russa equivale a sacrificare la competitività del continente e ad aggravare una crisi economica già alimentata dalla guerra e dalle scelte ideologiche di Bruxelles.
Allo stesso tempo, le discussioni sul piano di pace di Donald Trump, che prevede concessioni territoriali da parte dell’Ucraina, lasciano l’Europa completamente emarginata. Mentre Washington e Mosca discutono direttamente, i leader europei oscillano tra preoccupazione e negazione, incapaci di influenzare una guerra che finanziano in perdita. Alcuni eurodeputati lo riconoscono ormai: senza Trump, l’UE non ha alcuna influenza sul conflitto.
Orban, dal canto suo, fa il calcolo inverso: se dovesse emergere un accordo tra Stati Uniti e Russia, se le sanzioni dovessero essere revocate e se il commercio energetico dovesse riprendere, l’Ungheria, già ancorata a una politica pragmatica, diventerebbe uno dei pochissimi Stati europei ad aver anticipato questa nuova configurazione geoeconomica. Una posizione che egli riassume così: pensare alla pace prima che Bruxelles pensi alla guerra.
Nel pieno della polemica, Merz ribadisce il suo sostegno a Israele nonostante l’ira europea
Data:
7 dicembre 2025
Illustrazione: Vitalii Vodolazskyi / Adobe Stock (#547794919) + Ligne de Presse (licenza: OMERTA)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz è arrivato a Gerusalemme in un clima pesante, segnato dalla profonda frattura che l’offensiva israeliana a Gaza ha provocato in Europa.
Nonostante le crescenti critiche nel proprio Paese e gli appelli a una maggiore fermezza nei confronti di Tel Aviv, Merz ha assicurato ai leader israeliani che il sostegno tedesco rimarrà «immutabile». Una dichiarazione percepita come un via libera, mentre le ONG continuano a documentare la catastrofe umanitaria nell’enclave palestinese.
Questa visita, la prima del cancelliere dall’inizio del suo mandato, arriva dopo la revoca dell’embargo parziale sulle armi tedesche, sospeso in agosto a causa dei bombardamenti su Gaza. Una misura che è durata solo poche settimane prima che Berlino riprendesse le consegne, nonostante l’opposizione di una parte della classe politica tedesca e di un’opinione pubblica sconvolta dalla sorte dei civili palestinesi. Merz riconosce l’esistenza di «dilemmi», ma mantiene la logica del sostegno incondizionato a Israele, in nome della storia tedesca.
A Gerusalemme, Merz deve incontrare Benyamin Netanyahu, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità. Il cancelliere afferma di voler affrontare il tema della violenza dei coloni in Cisgiordania, ma i suoi interlocutori israeliani non nascondono che si aspettano soprattutto un segnale politico di continuità strategica. La messa in servizio in Germania del sistema antimissile israeliano Arrow 3, uno dei contratti militari più costosi mai firmati da Berlino, illustra la dipendenza in materia di sicurezza assunta dalla Repubblica federale.
Questa vicinanza inquietante, che si rafforza in piena guerra, alimenta le preoccupazioni in Germania. La più importante comunità palestinese d’Europa accusa il governo di chiudere gli occhi sulle violazioni del diritto internazionale, mentre i politici denunciano una pericolosa “normalizzazione”. Anche gli ambienti diplomatici israeliani riconoscono che la manovra di Merz assomiglia più a un esercizio di equilibrio che a una vera iniziativa di pace.
Mentre il cessate il fuoco rimane fragile e la popolazione di Gaza affronta una situazione umanitaria ancora drammatica, Merz sceglie una posizione che rischia di isolare ulteriormente l’Europa sulla scena internazionale. Diversi analisti ricordano che, di fatto, Berlino dipende ormai dalle tecnologie militari israeliane, il che limita la sua capacità di esercitare qualsiasi pressione politica. Israele esce indebolito dal punto di vista diplomatico, ma continua a beneficiare di un sostegno strategico cruciale da parte della Germania, nonostante le polemiche