TASSONOMIA PRIMA DEGLI IDEALTIPI DELLE PRINCIPALI FORME DEL POTERE POLITICO IN CONFORMITÀ ALLA DIALETTICA DEL PARADIGMA REALISTICO DEL REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO A PROPOSITO DE LE QUESTIONI RUSSE AL DI LÀ DELL’UCRAINA DI GEORGE FRIEDMAN_di Massimo Morigi
TASSONOMIA PRIMA DEGLI IDEALTIPI DELLE PRINCIPALI FORME DEL POTERE POLITICO IN CONFORMITÀ ALLA DIALETTICA DEL PARADIGMA REALISTICO DEL REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO A PROPOSITO DE LE QUESTIONI RUSSE AL DI LÀ DELL’UCRAINA DI GEORGE FRIEDMAN
Di Massimo Morigi
Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato,
né di segreto che non sarà conosciuto.
Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre,
sarà udito in piena luce;
e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne,
sarà annunziato sui tetti.
Luca 12, 2-3

Le questioni russe al di là dell’Ucraina di George Friedman, pubblicato per “L’Italia e il Mondo” in data 16 novembre 2025 (Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20251129211554/https://italiaeilmondo.com/2025/11/16/le-questioni-russe-al-di-la-dellucraina-di-george-friedman/?lcp_pagelistcategorypostswidget-3=9#lcp_instance_listcategorypostswidget-3) e nel suo testo originale in inglese in data 11 novembre 2025 per “Geopolitical Futures” (Russia’s Issues Beyond Ukraine, all’URL https://geopoliticalfutures.com//pdfs/russias-issues-beyond-ukraine-geopoliticalfutures-com.pdf, file PDF caricato su Internet Archive generando gli URL https://archive.org/details/russias-issues-beyond-ukraine-geopoliticalfutures-com e https://ia601704.us.archive.org/3/items/russias-issues-beyond-ukraine-geopoliticalfutures-com/russias-issues-beyond-ukraine-geopoliticalfutures-com.pdf, copiaincolla del documento PDF su file Word e caricato su Internet Archive generando l’URL https://archive.org/details/problemi-della-russia-al-di-la-ucraina), è un documento di estremo interesse per due ordini di motivi. Il primo, e va detto molto chiaramente, non tanto per gli spunti di analisi geopolitica che offre ai suoi lettori ma proprio per il suo contrario, vale a dire per la intima natura opaca ed omissiva di questo testo che ce lo connota come un ottimo esempio di propaganda e disinformazione pro il c.d. occidente, e questo tanto più dispiace perché George Friedman ha saputo in passato, pur con la sua dichiarata ferrea appartenenza a quelle che lui riteneva le ragioni degli Stati Uniti, fornirci ottime prove (ben volentieri si concede che oggi queste ragioni, vista la appena malamente celata guerra civile che percorre sempre più gli Stati Uniti con le conseguenti ripercussioni a livello di gruppi strategici di questo paese che continuano la loro guerra civile anche sul terreno della politica estera, siano a Friedman sempre più difficili da esplicitare, e forse anche in ciò va trovata la ragione dell’opacità del documento).
La seconda ragione di interesse, è che è proprio la profonda manchevolezza del documento che ci consente, proprio come in un negativo fotografico o, ancor meglio, attraverso la sua negazione e il suo superamento dialettico, di mettere ulteriormente a fuoco la nostra definizione di democrazia come ‘polioligarchia competitiva’ (sulla sostituzione del termine ‘democrazia’, parola politologicamente di nullo valore descrittivo ed euristico e carica di una malcelata e ancor peggio sviluppata teologia politica, col termine ‘polioligarchia competitiva’, che ancor meglio e assai più realisticamente del termine ‘poliarchia’ di Robert Dahal si presta a rappresentare le forme che il potere assume sotto i c.d. regimi democratici mettendo in luce, al contrario che in Dahal, che le ‘democrazie’ non sono una sorta di polifonia fra gruppi di potere – e da qui poliarchia – ma uno scontro fra grandi agenti strategici alfa e quindi anarchici in cui il popolo, il gruppo strategico omega, ha il solo ruolo dell’illusione del potere unicamente perché viene regolarmente convocato ad elezioni contrassegnate dal voto segreto e formalmente libero, cfr. Massimo Morigi, Confrontando Agatocle con Netanyhau commentando Israele-Italia di Cesare Semovigo, in “L’Italia e il Mondo”, 15 ottobre 2025, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20251129193338/https://italiaeilmondo.com/2025/10/15/confrontando-agatocle-con-netanyahu-commentando-israele-italia-di-cesare-semovigo_di-massimo-morigi/?lcp_pagelistcategorypostswidget-3=5#lcp_instance_listcategorypostswidget-3; Id., Todo Modo, in “L’Italia e il Mondo”, 8 novembre 2025, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20251123084830/https://italiaeilmondo.com/2025/11/08/todo-modo_di-massimo-morigi/?lcp_pagelistcategorypostswidget-3=9#lcp_instance_listcategorypostswidget-3 e Id., Breve nota intorno allo stimolante intervento Patria? Alcune idee in ordine sparso, in “L’Italia e il Mondo”, 12 novembre 2025, Wayback Machine: https://italiaeilmondo.com/2025/11/12/breve-nota-intorno-allo-stimolante-intervento-patria-alcune-idee-in-ordine-sparso_di-massimo-morigi/?lcp_pagelistcategorypostswidget-3=9#lcp_instance_listcategorypostswidget-3. Infine sui gruppi strategici alfa e sui gruppi strategici omega si rinvia sempre a Id., Teoria della distruzione del valore, all’URL di Internet Archive https://archive.org/details/MarxismoTeoriaDellaDistruzioneDelValore ed anche pubblicato sull’ “Italia e il Mondo” in data 4 febbraio 2017 e documento raggiungibile tramite la Wayback Machine all’URL https://web.archive.org/web/20170205031134/https://italiaeilmondo.com/2017/02/04/teoria-della-distruzione-del-valore-teoria-fondativa-del-repubblicanesimo-geopolitico-e-per-il-superamentoconservazione-del-marxismo-di-massimo-morigi/).
Due i passaggi che maggiormente segnalano le criticità del documento in questione e per quanto riguarda la sua inconcludente analisi geopolitica è il seguente, che si cita come il successivo nell’originale in inglese, proprio in chiusura dell’articolo. Scrive quindi Friedman: «All this is to say that Russia’s obsession with its western border has come at the expense of its southern border, the countries along which are interested in reaching an accommodation with the United States. Russia has neither the ability nor the interest to act on two borders at once. Normally, this would lead a nation to moderate attention to the war it is not winning and try to reduce future threats on the other borders. So far, this is not what Russia is doing.» Ora, se è del tutto chiaro che se da una parte siamo di fronte ad un mondo rovesciato, perchè la Russia, contrariamente a quanto impavidamente sostiene Friedman, sta vincendo la guerra che la Nato conduce per procura contro di lei attraverso la vittima sacrificale dell’Ucraina, dall’altro lato siamo in presenza anche di una debole analisi geostrategica, perché se è vero come è vero e come si sostiene all’inizio dell’ articolo che la Russia è in difficoltà nella parte meridionale del Caucaso in ragione della pervasiva ed infiltrante azione degli Stati Uniti, non si capisce proprio perché la Russia dovrebbe lasciar perdere l’Ucraina, forse perché non sta vincendo la guerra?, ma a questo punto, come già rilevato, siamo in presenza di un “sogno bagnato” di George Friedman e di tutto il c.d. occidente che non si capisce perché venga ancora pubblicamente rappresentato, se solo perché non si riesce a cambiare registro propagandistico o anche perché, e sarebbe ancora più grave, gli stessi propagandisti sono caduti vittime della loro propaganda (probabilmente per tutti e due i motivi, anche se profilandosi sempre più una vittoria schiacciante della Russia è assai verosimile che questo mondo a rovescia venga ammanito alle masse più per cinismo che per una residua convinzione).
Veniamo quindi al secondo passaggio significativo del documento dove George Friedman afferma: «China’s willingness to stop companies from buying Russian oil should be seen as a gesture of goodwill ahead of hopefully better relations with Washington. This makes sense because the Chinese economy needs access to U.S. markets. China is undergoing significant economic problems, including potentially declining exports, a real estate crisis and high unemployment in certain population segments. Should China decide the obvious – that if tensions result in massive tariffs, it will need better relations with the U.S. – it will probably spurn Russia, especially if there is little economic fallout in doing so.» Anche qui si rileva un ottimo esempio di mondo al contrario quando si afferma che la Cina vuole interrompere l’importazione di petrolio russo, perché se è vero come è vero che alcune grosse compagnie petrolifere cinesi a conduzione statale hanno interrotto le importazioni, ciò non equivale ad una interruzione delle attività volte all’incremento delle importazioni energetiche dalla Russia ma, anzi, ad un potenziamento della c.d. flotta fantasma cinese che sin dagli inizi delle prime sanzioni ha garantito la vendita della Russia alla Cina delle sue risorse energetiche, e questo illusorio rifiuto della Cina di acquistare da adesso in poi, dopo il diciannovesimo pacchetto di sanzioni, petrolio russo molto difficilmente è compatibile col fatto che subito dopo le sanzioni Cina e Russia hanno stipulato un accordo per una sempre una più stretta collaborazione energetica per gli anni a venire. Si consulti a questo proposito la nota della “Tass” del 4 novembre 2025 Russia, China to continue boosting energy cooperation (all’URL https://tass.com/economy/2039035, copiaincolla del documento su file Word e successivo suo caricamento su Internet Archive generando l’URL https://archive.org/details/tass-russia-cina) e per quanto riguarda il rafforzamento della flotta fantasma, giusto perché non si dica che noi si è propensi ad affidarci alle menzioniere e traditrici fonti provenienti dal nemico, volentieri si rinvia ad “Intellinews” che in data 17 novembre 2025 pubblica l’articolo di Mark Buckton China’s LNG tanker shadow fleet – reality or fiction? (Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20251129213117/https://www.intellinews.com/china-s-lng-tanker-shadow-fleet-reality-or-fiction-411750/?source=russia%2F%3Flcp_pagelistcategorypostswidget-3=9#lcp_instance_listcategorypostswidget-3) dove, appunto, si ragiona intorno al ruolo chiave che nei tempi a venire ricoprirà la flotta fantasma per incrementare le esportazioni energetiche dalla Russia verso la Cina e, infine, siccome ben sappiamo che la disinformatia del nemico è sempre in agguato come il demonio che si rifugia anche nei luoghi più venerati e quindi ritenuti ingenuamente sicuri, si rinvia a “Bloomberg”, il Santa Sanctorum del turbocapitalismo finanziario e perciò luogo sicuramente bonificato dagli spiriti malvagi putiniani e russofili, che in data 12 novembre 2025 pubblica a firma di Stephen Stapczynski China Ratchets up Efforts to Import Blacklisted Russian LNG (Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20251121071239/https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-11-12/china-ratchets-up-efforts-to-import-blacklisted-russian-lng), il cui argomento sono gli sforzi cinesi per rafforzare la sua flotta fantasma per aggirare le sanzioni energetiche contro Russia.
Fuori dagli scherzi e non dilungandoci quindi in ulteriori facili facezie facenti leva sul timore che anche “Bloomberg” sia infiltrato da pericolosi comunisti e assatanati putiniani (ma semmai rilevando che la cecità di Friedman sulla flotta fantasma è praticamente condivisa da tutti i principali mass media occidentali, per comparire l’argomento, come s’è visto, soprattutto su organi specialistici e non riservati alla massa, e quindi, da questo punto di vista, Friedman avrebbe potuto dare “qualcosina” di più…), è preferibile porre sotto attento scrutinio, proprio perché la sua ingenuità è per noi foriera di interessanti e nuove integrazioni di teoria politica e/o geopolitica, il passo appena citato da “Geopolical Futures”dove si manifesta in pieno la speranza di Friedman che la Cina, per il suo passato di rapporti tumultuosi verso la Russia ed anche in ragione di motivazioni economiche, deciderà alla fine di rinunciare alla sua attuale alleanza militare ed economica con la Russia per volgersi, quindi, con rinnovato interesse verso gli Stati Uniti. Ma, a parte il fatto che in politica e a maggior ragione nelle scienze sociali e, soprattutto, in geopolitica ricorrere solo ai precedenti storici ma non calati nella concreta ed attuale situazione costantemente in dialettica evoluzione è sempre uno scarso viatico per rappresentare (o nel caso di Friedman, per sperare) futuri possibili scenari (more solito, richiamiamo il famoso motto di Lenin, pietra angolare dell’impostazione filosofico-procedurale del realismo politico ‘analisi concreta della situazione concreta’), quello che qui rileva è che Friedman non tiene conto di due cose, e la prima riguarda la sua cecità (e di tutti i think tank occidentalisti) verso la sempre più tumultuosa multipolarizzazione dello scenario internazionale che fa sì che le potenze emergenti siano strutturalmente orientate a concepire le proprie alleanze proprio in funzione di questa frammentazione antiegemonica e quindi rifiutando di allacciare stretti legami con la potenza unipolarmente egemone della globalizzazione post ’89, o detto ancor più semplicemente, la Cina, per poter continuare a crescere economicamente e geostrategicamente, deve contendere e strappare ogni centimetro di terreno agli Stati Uniti e deve, altresì, stringere alleanze con coloro che dopo il secondo conflitto mondiale agli Stati Uniti si sono palesemente opposti, e fra questi in primis la Russia (l’unico momento di un reale e profondo appeasement con gli Stati Uniti è stato sotto Gorbaciov e poi Eltsin, non a caso il periodo di peggiore involuzione politico-sociale della Russia e, a questo proposito, tornano alla mente le parole di Kissinger ‘To be an enemy of the US is dangerous, but to be a friend is fatal’), una Russia che con l’odierna vittoriosa guerra contro la Nato si presenta quindi come la prima potenza militare del globo e perciò anche per questo come partner appetibile per la Cina, al contrario degli Stati Uniti, che oltre al sempre più evidente declino socio-economico, connotati dalla sempre più scemante capacità nel dispiegamento diretto della violenza sullo scenario internazionale (la Russia afferma di essere la seconda potenza militare preceduta dagli Stati Uniti, una falsa modestia se teniamo conto che a livello degli armamenti nucleari è la prima al mondo, esibita solo per non dare ulteriore legna per il fuoco della propaganda occidentalista).
Il secondo elemento di cui non tiene conto Friedman e che denunciando non tanto una precisa volontà di diffondere false rappresentazioni e/o di autoilludersi ma proprio una debolezza dell’odierna teoria politologica mainstream (e quindi di riflesso della geopolitica) nell’elaborare le “categorie del politico” e per questo di grandissimo interesse, è la sua illusione che gli Stati Uniti possano essere ritenuti proprio per la loro intrinseca natura “democratica” partner affidabili o, comunque, “migliori” per stringere alleanze (anche se non espressamente formulato, è questo il pregiudizio che non solo informa l’articolo ma anche tutta la sua precedente produzione), derivante invece questa inaffidabilità proprio dalla natura del potere politico di questo paese. Come prima detto, negli ultimi interventi sull’ “Italia e il Mondo” è già stata fornita una definizione alternativa e più realistica di tutte quelle forme di espressione del potere politico che nel c.d. occidente vengono sbrigativamente ed illusoriamente accomunate col termine di ‘democrazia’, non essendo la c.d. democrazia rappresentativa un forma di esercizio del potere espressione della volontà popolare ma, molto più realisticamente, una ‘polioligarchia competitiva’, cioè una lotta fra oligarchie confliggenti per l’occupazione del potere ricorrendo a votazioni libere e segrete che coinvolgono il popolo ma nel quale il popolo cessa di aver alcun ruolo significativo nel godere i frutti della sua scelta una volta cessata la consultazione elettorale.
Ora è chiaro che il paradigma della ‘polioligarchia competitiva’ è una sorta di tipo ideale molto generico e che è quindi necessario designare al suo interno altri subtipi ideali che rappresentino ancora più concretamente le varie realtà raccolte sopra la generale, per quanto del tutto realistica nella sua impostazione teorica, definizione di ‘polioligarchia competitiva’. E tradotto tutto ciò per quanto riguarda la “democrazia” degli Stati uniti, oltre ad affermare, tanto per sfatare i miti sulla democrazia in quel paese e sulla democrazia in generale, che essa è una ‘polioligarchia competitiva’, possiamo ulteriormente precisare che essa è una ‘polioligarchia stasistico-competitiva’, in cui il primo lemma dell’aggettivo composto della nuova definizione testè introdotta deriva dalla traslitterazione del sostantivo στάσις da cui stasis, significando στάσις in greco antico guerra civile, e con questa definizione della “democrazia” americana si designa quindi una polioligarchia in cui alle “democratiche” elezioni (e comunque sistematicamente macchiate da brogli, sovente decisivi nel determinarne l’esito) vengono affiancati nella gestione e/o produzione del potere non solo piccole vere e proprie guerre civili armate all’interno della società ma anche l’assassinio politico che non è un elemento occasionale ma, come i brogli, anch’esso sistemico.
Posta quindi questa definizione della natura polemogena della “democrazia” americana, è allora di tutta evidenza che a meno non si sia di fronte a rapporti di natura coloniale (come nel caso dell’Italia e, in misura minore, degli altri paesi europei) è del tutto sconsigliabile stringere da parte di altre potenze rapporti e/o alleanze di lunga durata con un sistema politico conformato ad un modello ‘polioligarchico stasistico-competitivo’ come quello degli Stati Uniti, che proprio in ragione della sua strisciante ma onnipresente guerra civile in atto al suo interno presenta conseguentemente una altissima instabilità e l’impossibilità perciò di onorare i suoi impegni. E ciò risulta tanto più vero se consideriamo la natura del potere “democratico” della Russia. (Sulla natura polemogena della “democrazia” americana, o, meglio detto, della ‘polioligarchia stasistico-competitiva’ statunitense, fondamentale il rinvio ai vari interventi che su podcast ed anche su YouTube Gianfranco Campa svolge da sempre per “L’Italia e il Mondo”. Non potendo citarli tutti, si segnala, fra i tanti, l’ultimo video pubblicato sull’ “Italia e il Mondo” in data 25 novembre 2025, Gianfranco Campa, con Pino Germinario e Cesare Semovigo, Compagni di scuola – USA scontro finale, sull’ “Italia e il Mondo” alla pagina del blog all’URL https://italiaeilmondo.com/2025/11/25/compagni-di-scuola-usa-scontro-finale-gianfranco-campa/, con rinvio della pagina all’URL di rumble https://rumble.com/v727t3u-compagni-di-scuola-usa-scontro-finale-gianfranco-campa.html e a quello di YouTube https://www.youtube.com/watch?v=FQlQ9eU4awg; nostro download del documento video e successivo caricamento su Internet Archive generando gli URL https://archive.org/details/clipto-ai-video-downloader-compagni-di-scuola-usa-scontro-finale-gianfranco-campa e https://ia802306.us.archive.org/34/items/clipto-ai-video-downloader-compagni-di-scuola-usa-scontro-finale-gianfranco-campa/Clipto%20AI%20video%20downloader_COMPAGNI%20DI%20SCUOLA%20-%20Usa%20scontro%20finale%20-%20Gianfranco%20Campa.mp4, ricorrendo anche a questa piattaforma di preservazione scientifica della memoria digitale vista l’estrema importanza del documento.)
Dal mainstream propagandistico occidentale la “democrazia” russa è stata definita ridicolmente come una ‘democratura’ volendo con ciò significare che sotto la parvenza di un sistema democratico con elezioni formalmente libere, segrete e competitive fra partiti concorrenti, la sua realtà è quella di una dittatura al cui vertice c’è Putin (altra ridicolaggine che non merità nemmeno un approfondimento teorico è quando la propaganda occidentalista straparla e vaneggia sui potentati economici russi definendoli oligarchi, con ciò volendo sottolineare un ulteriore elemento di non democraticità della Russia: quando si dice che il bue dà del cornuto all’asino…). Ora abbandonando come si è fatto con la definizione iniziale di ‘polioligarchia competitiva’ la mitologia democratica e passando poi secondo questa più realistica terminologia alla definizione della “democrazia” americana come ‘polioligarchia stasistico-competitiva’, si può ben dire sulla natura del potere politico russo che essa si manifesta come una ‘polioligarchia pseudocompetitiva’, con ciò volendo affermare che Putin non è un dittatore ma il rappresentante più alto in grado di una fortemente strutturata ed unitaria oligarchia politica verso la quale è responsabile e deve rendere conto ma anche segnalando che un potere così fortemente strutturato come quello russo contempla sì elezioni realmente libere, segrete e competitive fra diversi partiti ma che queste elezioni, proprio per la natura fortemente strutturata dell’oligarchia politica russa e, ultimo ma non meno importante, anche per il fatto che questa oligarchia viene percepita dalla stragrande maggioranza del popolo russo non come una classe sovraordinata ad esso ma come effettivamente preoccupata del bene comune, sono praticamente un proforma e del tutto superflue per la scelta da parte del corpo elettorale dei governanti. E seguendo sempre la linea classificatoria che si dipana dalla ridefinizione di ‘democrazia’ come ‘polioligarchia competitiva’ (e facendo notare che questa nuova classificazione è ad un tempo diretta conseguenza del paradigma del Repubblicanesimo Geopolitico per il quale unico elemento per comprendere una società è seguire le reali dinamiche del potere con la conseguenza che dal punto di vista di questa analisi integralmente realista non esiste un potere politico contrapposto alla libertà individuale ma esiste un potere politico che non solo si dirama dai vertici istituzionali di questa società ma che informa anche le espressioni individuali degli uomini che sono situati in questa società e che quindi la libertà altro non è che il frutto della dialettica del potere proveniente dall’alto con quello che risale dal basso – sul ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ e, in particolare, su questa dialettica del potere dall’alto verso il basso e viceversa che dal punto vista teorico disconosce radicalmente la contrapposizione semantico-assiologica fra potere e libertà, sempre valido il rinvio alle sue due prime espressioni aurorali apparse sul “Corriere della Collera” del compianto grande studioso di geopolitica e mazzininano Antonio De Martini l’11 novembre 2013 e il 26 novembre 2013, Massimo Morigi, Alla ricerca della identità italiana e Id., Repubblicanesimo Geopolitico. Alcune delucidazioni preliminari, entrambi i documenti consultabili attraverso la Wayback Machine all’URL http://web.archive.org/web/20240416010147/https://corrieredellacollera.com/2013/11/23/alla-ricerca-dellidentita-italiana-di-massimo-morigi/ – e facendo sempre notare, ultimo ma non meno importante, che con questa ridefinizione del Repubblicanesimo Geopolitico del paradigma del potere e della libertà si rende quasi del tutto insignificante la distinzione classica della politologia e della dottrina costituzionalista fra forme di Stato e forme di governo, essendo questa una distinzione puramente epifenomenica e storicamente accidentale, sovrastrutturale si sarebbe detto un tempo, delle reali dinamiche del potere la cui dialettica investe contemporaneamente l’oligarchia e il popolo nel loro reciproco rapporto, e per ultimo sottolineando anche che questo nuovo paradigma interpretativo delle forme del potere rende del tutto superfluo il concetto di ‘Stato profondo’, almeno nella sua accezione più mitologica che lo vede come una sorta di metastasi che all’interno dello Stato si opporrebbe alle decisioni del popolo formulate attraverso il “libero” processo elettorale contemplato nelle c.d. democrazie rappresentative), possiamo anche definire la forma del potere politico della Cina come una ‘polioligarchia autoritario-non competitiva’, e con questo volendo quindi segnalare che le elezioni che si svolgono in Cina danno vita ad una serie successiva di elezioni dove ad ogni passaggio si eleggono assemblee che eleggono altre più ristrette assemblee, selezionando così nelle varie prove elettorali i membri ritenuti più meritevoli e provenienti quasi esclusivamente dalle file del Partito comunista cinese o ad esso graditi ed esplicitamente reputati non oppositori ma anzi collaboratori dello stesso (questa forma di potere viene definito in Cina sistema di “cooperazione multipartitica e consultazione politica”, nel quale possono esistere ed esistono anche altri partiti oltre al Partito comunista ma questi devono collaborare lealmente col PCC) ma che, come nel caso russo – in cui, invece, siamo in presenza di un reale multipartisimo anche, se, de facto, non rappresentano queste varie forze la proposta di una reale oligarchia politico-sociale alternativa a quella al potere –, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese che scaturisce dopo questi vari passaggi elettorali è tutto fuorchè un dittatore alla Stalin, Mussolini od Hitler molto semplicemente perché egli è espressione organica maturata attraverso vari passaggi, anche se sapientemente guidati dall’alto ma anche con un minimo grado di autonomia da parte di queste assemblee via via nominate, dell’oligarchia che guida il paese e che quindi semplici atti d’imperio anarchici ed irresponsabili come nel caso dei dittatori appena noninati non sono nemmeno concepibili e soggiungendo, infine, che, proprio perché in Cina la dialettica fra oligarchia e popolo è improntata alla fiducia del basso verso chi comanda, il termine ‘autoritario’, nel caso in specie, non sta a designare un subire passivamente del popolo le imposizioni che provengono dall’alto ma, molto più semplicemente che, in accordo con la filosofia confuciana che informa tutta la società cinese, il popolo cinese si riconosce e conferisce autorevolezza in ragione del fatto che essi sono ritenuti capaci, onesti e preoccupati del bene comune, così come impone la filosofia confuciana condivisa da tutta la società. (E per quanto riguarda le forme del potere politico al cui vertice possiamo porre dittatori come i sunnominati Stalin, Hitler o Mussolini, pur nella a volte radicale differenza di narrazione ideologica che le hanno ispirate, possiamo facilmente parlare di ‘polioligarchia monocratico-anticompetitiva’, una forma politica, cioè, con al vertice un dittatore non solo fieramente avverso ad una dialettica reale fra l’oligarchia che lo sostiene e il basso della società ma anche e soprattutto ad una qualsivoglia verifica elettorale del suo potere personale. Non parleremo diffusamente in questa comunicazione della ‘polioligarchia monocratico-anticompetitiva’ in riferimento al problema del totalitarismo – ma come si evince dalla definizione stessa, per quanto qui si parli di un partito unico, rimane il primo termine della definizione, ‘polioligarchia’ perché, nonostante quanto sostenga l’ideologia ufficiale, all’interno dell’unica oligarchia politica permessa dimorano e confliggono varie sottooligarchie fra loro in lotta, mentre nel secondo elemento della definizione, con ‘anticompetitiva’ si indica espressamente un rifiuto assoluto della consultazione elettorale attraverso la quale la base non oligarchica possa contribuire a costituire l’oligarchie e/o le sue sottooligarchie, cosa che non accade nella ‘polioligarchia autoritario-non competitiva’ cinese che, come si è visto, prevede forme, anche se molte attenuate e con vari passaggi intermedi, di elettorato attivo da parte dei non appartenti alle oligarchie apicali al potere per la scelta dei membri della oligarchia prevalente o di quelle con le prime collaboranti –. Ma ritornando allo specifico della problematica del totalitarismo o meno all’interno del paradigma della ‘polioligarchia monocratico-anticompetitiva’, questo non connota, per esempio, le dittature latinoamericane, la Spagna clericofascista e reazionaria di Francisco Franco o il Portogallo dell’Estado Novo di António de Oliveira Salazar, tutti regimi a bassa mobilitazione popolare e quindi, per definizione, non totalitari. Su questo aspetto antimobilitatore di alcune ‘polioligarchie monocratico-anticompetitive’ e con le analogie che possono essere fatte con le attuali c.d. democrazie rappresentative, cioè con le ‘polioligarchie competitive’, anch’esse connotate da una forte pulsione antimobilitatoria, classico esempio le sempre più basse percentuali di partecipanti alle elezioni e, ancor più eclatante, l’espressamente voluta ed imposta, da parte delle polioligarchie al potere – o delle oligarchie ad esse apparentemente all’opposione ma in realtà collaboranti nel sostenere il sistema e nel rifiutare qualsiasi dialettica reale con chi di queste oligarchie politiche non fa parte –, smobilitazione e atomizzazione di ogni forma di aggregazione politico-sociale durante il periodo del Covid e sul problema del totalitarismo, si tornerà, però, più diffusamente in prossime comunicazioni.)

Alla luce quindi di questa nuova tassonomia del potere delle tre attuali superpotenze, è facile concludere che l’elemento decisivo che impedisce alleanze o della Russia o della Cina con la declinante superpotenza statunitense deriva ineluttabilmente direttamente dal fatto che le forme politiche della Russia e della Cina avendo un alto grado di stabilità proiettato in un lunghissimo periodo di tempo non potranno mai stringere alleanze strategiche con la superpotenza americana che in ragione della sua natura ‘polioligarchica stasistico-competitiva’ che comporta nei fatti una diuturna ancorchè mai esplicitamente riconusciuta guerra civile accompagnata da episodi di terribile e plateale violenza politica e quindi, in conclusione, per l’ intrinseca instabilità e rissosità che tende a sfociare addirittura nel delitto politico e nella sedizione per azione diretta delle sue classi dirigenti oligarchiche, non è assolutamente in grado di proporre col minimo di credibilità ad alcuno di pari od analogo grado di potenza politico-militare ma di immensamente superiore livello di stabilità politico-sociale alcun accordo di lungo respiro. (Non si potrebbe produrre un esempio più illuminante della guerra civile che sotto la cenere cova negli Stati Uniti per divampare da un momento all’altro del seguente video postato sull’account X della Senatrice Elissa Slotkin in data 18 nov 2025, dove 6 ex membri delle forze armate e della CIA e ora politici del Partito democratico esortano coloro che sono attualmente membri attivi delle forze armate e dei servizi segreti a non obbedire agli ordini del Presidente Donald Trump qualora questi siano contro la Costituzione o contro la la legge. La descrizione alla pagina del video molto eloquentemente recita: «We want to speak directly to members of the Military and the Intelligence Community. The American people need you to stand up for our laws and our Constitution. Don’t give up the ship.» Durante il video le esortazioni a voce ad eventualmente disobbedire sono accompagnate, per rendere ancora più martellante ed incisivo il messaggio, da didascalie che ripetono parola per parola quanto viene detto. Questo video su X, della durata di 1 minuto e 30 secondi, ha ricevuto al 28 novembre 2025 più di 18 milioni di visualizzazioni, è visionabile all’URL di X https://x.com/SenatorSlotkin/status/1990774492356902948?s=20 e, vista la sua importanza storica, è stato scaricato e poi caricato su Internet Archive generando gli URL https://archive.org/details/ex-oprj-z-96p-bkr-9l-b e https://ia601209.us.archive.org/0/items/ex-oprj-z-96p-bkr-9l-b/ExOprjZ96pBKr9lB.mp4. Sempre in data 18 novembre 2025 il New York Post ha postato una versione più lunga del video su YouTube di 2 mimuti e 51 secondi che al suo esordio ha ricevuto più di 75 mila visualizzazioni e la dicitura di presentazione del video recita: «Democrats to Troops: Don’t Follow Unlawful Orders.» Il documento è visionabile all’URL https://www.youtube.com/watch?v=5Iux161DZAA e, sempre per i motivi di cui sopra, download del documento e ricaricamento del file su Internet Archive generando gli URL https://archive.org/details/clipto-ai-video-downloader-democrats-to-troops-dont-follow-unlawful-orders e https://ia902306.us.archive.org/10/items/clipto-ai-video-downloader-democrats-to-troops-dont-follow-unlawful-orders/Clipto%20AI%20video%20downloader_Democrats%20to%20Troops%20%20Don%E2%80%99t%20Follow%20Unlawful%20Orders.mp4.)
Ma la ‘polioligarchica stasistico-competitiva’ statunitense certamente è in grado di imporre il suo giogo alla polioligarchia competitiva italiana totalmente asservita ai diktat atlantici, che proprio in ragione di questa sua dipendenza dalle istruzioni che provengono da oltreoceano può ancor meglio essere definita come una ‘polioligarchia eterodiretto-competitiva’, con ciò volendo significare da un lato che la scelta del popolo sulle oligarchie che lo dovranno governare è sì libera e reale ma che, qualsiasi sia l’oligarchia scelta che lo dovrà governare, questa non risponde più agli interessi di chi la ha scelta ma a quelli dei gruppi strategici esteri, in primis a quelli statunitensi, ai quali questa oligarchia, di destra o sinistra non importa, ha da sempre consegnato la sovranità nazionale (ciò lo si vede bene nel caso dell’attuale guerra Russia-Nato, dove la destra al governo profonde sempre più risorse, anche quelle che non ha, all’Ucraina e dove la sinistra all’opposizione dice, in pratica, che si potrebbe fare di più e con più entusiasmo democratico, che poi questi sforzi comportino la rovina dei conti pubblici e l’impoverimento del popolo chissene… tanto l’importante è la difesa dell’occidente e della democrazia, evviva!, e di coloro che sulla guerra lucrano dal punto di vista economico e politico – burocrati e politici europei in primis, allegramente uniti al coro della compagnia cantante degli oligarchici politici italiani e delle italiche ed europee industrie degli armamenti). E volendo risalire indietro nel tempo ed anche affinare il paradigma della ‘polioligarchia competitiva’ adeguandolo non solo allo sviluppo storico del caso italiano ma anche alle altre realtà politiche “democratiche” ma sotto pesante vincolo neocoloniale (cioè i paesi dell’Unione europea, de facto sotto dominio coloniale statunitense), c’è per ultimo da aggiungere che la nostra ‘polioligarchia eterodiretta competitiva’ non è che l’ultima evoluzione/degenerazione della originaria ‘polioligarchia democompetitiva’, dove da un lato la mitologia democratica riusciva a fare da contraltare alla natura fortemente parassitaria ed autoritaria, detto il termine ‘autoritario’ questa volta in senso unicamente derogatorio, della oligarchia che veniva eletta ed anche che, comunuque fortemente parassitaria l’oligarchia che veniva eletta, essa manteneva un certo grado di autonomia e di dignità alle direttive che provenivano d’oltreoceano (vedi, come esempio di questo residuo di dignità nazionale, la politica estera propugnata dai vari Fanfani, La Pira, Moro, la tragica fine del Presidente dell’ENI Enrico Mattei che volendo dare autonomia energetica all’Italia e realizzare questo proposito pestando i calli ai grandi cartelli petroliferi statunitensi e britannici e favorendo i movimenti di decolonizzazione i cui paesi erano sfruttati dalle grandi compagnie petrolifere, venne eliminato il 27 ottobre 1962 nell’attentato mentre volava col jet dell’ENI sul cielo di Bascapè; si rifletta anche su Bettino Craxi, il Presidente del Consiglio che osò schierare a Sigonella i carabinieri contro i Marines e che, in questo quadro della sua dichiarata politica filopalestinese – e nel quadro più generale che dopo la caduta del Muro di Berlino, i grandi agenti strategici atlantici non ritenevano più utile servirsi delle vecchie classi dirigenti italiane anticomuniste –, si spiega la sua eliminazione attraverso Mani Pulite, solo politicamente e non anche fisicamente ma, come si dice, quello che conta è il risultato…, e, infine, su Aldo Moro e sul suo assassinio attraverso la bassa manovalanza delle Brigate Rosse, dove vale la pena ricordare che le ricerche del rapito che non condussero alla sua liberazione furono condotte in maniera molto singolare e che presenta molti e mai chiariti lati oscuri. Ancora lontani da Mani Pulite e dal cambio di paradigma USA verso la più grande forza di sinistra, certamente per il grande fratello d’oltreoceano il compromesso storico non s’aveva da fare in quel lontano 1978…).
Si conclude con una domanda (retorica ma non troppo), dando assolutamente per assodato (o almeno, dando assolutamente per scontato secondo il punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico, visti i miei precedenti interventi al riguardo) che Giuseppe Mazzini non fu quella sorta di santino liberaldemocratico che ci vogliono ammanire coloro che improvvidamente, seppur sinceramente, si dichiarano i loro attuali eredi politici ma semmai il critico più feroce dell’attuale impostazione liberaldemocratica basata sull’idolatria dei diritti individuali, sul misconoscimento, de facto, dei diritti sociali e sul dichiarato progetto del progressivo annientamento non solo del concetto di ‘popolo’ ma, soprattutto, della sua vitalità aggregativa, compiendo, insomma, la sua vera e propria uccisione politico-sociale in piena conformità con l’individualismo metodologico delle odierne c.d. democrazie rappresentative, individualismo metodologico la cui filosofia, retorica e pratica social-culturale è la totalitaria sovrastruttura politico-filosofica delle attuali ‘polioligarchie competitive’ e, nello specifico, dell’attuale italica ‘polioligarchia eterodiretto-competitiva’, come giudicherebbe oggi egli e quale forma politica preferirebbe – escludendo, ovviamente, la nostra attuale italica ‘polioligarchia eterodiretto-competitiva’ per assoluta incompatibilità con tutti principi per i quali si battè tutta la vita e radicale negazione e tradimento dell’obiettivo più importante per il quale Mazzini sacrificò tutta la sua esistenza, l’indipendenza nazionale – Giuseppe Mazzini fra quelle che odiernamente si presentano come protagoniste sullo scenario politico internazionale, la ‘polioligarchia stasistico-competitiva’ americana, la ‘polioligarchia pseudocompetitiva’ russa e la ‘polioligarchia autoritario-non competitiva’ della Cina? Certamente non è corretto divinare su chi ci ha preceduto e ha vissuto in situazioni tanto diverse dalle nostre cosa direbbe a noi oggi, perché nella nostra situazione concreta siamo noi che dobbiamo fornire un’analisi concreta che ci guidi nel nostro operare, diversamente, ci si avventurerebbe in una pratica teorica che non avrebbe nulla né della realistica filosofia della prassi di Antonio Gramsci, cui il Repubblicanesimo Geopolitico ben volentieri riconosce euristiche fondamentali precursioni dialettiche, né dell’altrettanta dialettica e, a sua volta, sua romantica precorritrice esortazione ‘pensiero e azione’ di mazziniana memoria, diversamente il nostro non sarebbe più uno sforzo dialettico ispirato al realismo politico ma una sorta di invocazione spiritica, cosa che fanno oggi egregiamente coloro che pretendono di sposare Mazzini con l’individualismo metodologico che è il telos delle nostre tristi attuali ‘polioligarchie competitive’ occidentali.
Ma una cosa si può sicuramente affermare: la visione del mondo di Giuseppe Mazzini è al nadir di quella di George Friedman, e così dicendo non mi riferisco solo al suo antiliberalismo ma anche al suo realismo politico, un realismo politico, quello di Mazzini, che ebbe sempre come stella polare un cosmopolitismo di libere nazioni repubblicane affratellate all’insegna dell’assiologica diade ‘Dio e popolo’ e mosse armoniosamente nel loro sviluppo interno e nello stringere sempre più stretti legami reciproci all’insegna dell’intrisicamente realistico e dialettico paradigma politico-sociale ‘pensiero e azione’, mentre il realismo di George Friedman è un realismo unicamente ispirato a quello che questo pur valente studioso ritiene essere l’interesse degli Stati Uniti, sempre più difficile da focalizzare come si è visto, acclarata la sempre più marcata natura polioligarchico stasistico-competitiva di questo paese. I veri realisti politici sono, insomma, coloro che nelle contraddizioni del proprio momento storico sanno intravvedere soluzioni valide non solo per il proprio tempo ma, soprattutto, quelle che possono illuminare un futuro che ancora non c’è ma che trae le sue ragioni più profonde e feconde proprio dall’Aufhebung delle contraddizioni del proprio presente storico. E sotto questo punto di vista, George Friedman non c’è ma Giuseppe Mazzini c’è. Ora e sempre.
Massimo Morigi, dicembre 2025, nel tempo del Solstizio d’inverno vel Dies Natalis Solis Invicti
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