(Quasi) Tutti gli uomini del Presidente_Giuseppe Germinario-La Redazione

Si parla molto delle conferme al Senato delle nomine di Trump, anche quelle più controverse, Tulsi Gabbard, Robert Kennedy, Kash Patel e Pete Hegseth più delle altre. Persone che nella prima amministrazione Trump non sarebbero mai riuscite a superare l’ostacolo del placet del Senato e quindi quello dell’establishment politico di allora. Oggi, però, nella amministrazione Trump 2.0, le cose sono cambiate e la conferma di questi personaggi “scomodi” esprime il potere che Trump esercita su Washington; con ogni evidenza un cambiamento totale rispetto al 2016…

Aldilà di queste nomine “toste”  confermate dal Senato americano, i più non conoscono il substrato di personaggi che aleggiano intorno a Trump; in apparenza di seconda linea, in realtà di una importanza fondamentale nei giochi politici e nella gestione del potere a Washington. Queste eminenze che appartengono al circolo più ristretto e fidato del presidente americano sono le vere menti, gli “enforcers” della politica e geopolitica di Trump. Sono i “bare knuckles fighters”, così definiti nei pressi di Washington, di cui Trump si è circondato per intimidire, gestire e soggiogare lo stato profondo e i suoi pericolosi rappresentanti; coloro che, in altre parole, vogliono Trump liquidato, anche fisicamente.

“A brigante, brigante e mezzo”

Superare la barriera di questi cattivi mostri Trumpiani, più spietati di quelli che attualmente si aggirano nelle stanze più tenebrose di Washington, è un’impresa alquanto improba. Trump ha fatto un lavoro sopraffino; si è circondato di gente dalla assoluta lealtà, temerari, che proiettano sicurezza, durezza, in grado di terrorizzare il nemico. Personaggi che sarebbero stati assolutamente a loro agio in una trama Puziana che richiami i fasti del “Padrino”.

Questi personaggi sono anche conosciuti e diventati famosi a Washington per la loro seriosità e mancanza del più elementare senso dell’umorismo.

Soggetti che impersonano un completo ribaltamento, speculari di quello che ha rappresentato il circolo di Joe Biden, tutto dedicato al gender, woke, e al politicamente corretto.

Questi personaggi Trumpiani evocano un universo della cui esistenza avevamo perso la memoria. Un ritorno all’aspro, essenziale, puro, vecchio ordine sociale, di un’epoca remota. Con Trump riemerge nella società moderna dopo un lungo esilio speso a vagare nel deserto ideologico degli ultimi decenni. Sono personaggi avversi al politicamente corretto, impermeabili alle critiche, impermeabili alla sensibilità verso le nuove mode. Hanno giurato eterno odio contro tutto ciò che si definisce moderno. Non accettano la trasformazione avvenuta negli ultimi decenni e ambiscono al ritorno ad un mondo più tradizionale. Disprezzano le politiche e ideologie europee e i loro portatori.

Chi sono questi cattivi mostri? Ecco alcuni degli spauracchi più importanti:

Emil Bove (Soprannominato Thulsa Doom- Qualcuno di voi sarà vecchio abbastanza da ricordare il film Conan il Barbaro). Attualmente vice procuratore generale degli Stati Uniti ad interim, in ordine di importanza il secondo funzionario del Dipartimento di Giustizia (DOJ), in servizio sotto il procuratore generale Pam Bondi.

Ex avvocato difensore di Trump, Bove sta ora adeguando e piegando le priorità del Dipartimento di Giustizia verso l’agenda di Trump, soprattutto sulle politiche dell’immigrazione e sull’opera di smantellamento, il repulisti del dipartimento giustizia stesso da quelle componenti che hanno fatto “guerra”, negli ultimi anni, a Donald Trump.

La sua mossa di più alto profilo, allo stato, è stata quella di far archiviare le accuse di corruzione contro il sindaco di New York Eric Adams provocando le dimissioni di ben otto procuratori.

Bove è un pitbull dai modi “docili”, ma spietati.

È originario di New York e ha lavorato nel Distretto Federale Sud della metropoli, meglio conosciuto come covo di vipere antitrumpiane. Gli ex colleghi del distretto (15 anni trascorsi al Southern District of New York -SYDNEY-), dove era responsabile dell’unità di sicurezza nazionale, lo descrivono come socialmente goffo ma aggressivo in tribunale, in grado di risolvere casi complicati come quello dell’attentato terroristico di Chelsea (New York del 2016) .

È ferocemente fedele a Trump, il suo atteggiamento è professionale e compito, ma spietato.

Boris Epshteyn (Soprannominato: Al Capone), un consulente legale, è conosciuto come il “lealista dei lealisti”, in grado di influenzare la strategia legale di Trump.

Amico di lunga data di Steve Bannon, Boris Epshteyn è un consigliere chiave del Presidente Donald Trump. Non ha un titolo ufficiale alla Casa Bianca come Stephen Miller o Steven Cheung, ma è profondamente inserito nella cerchia ristretta di Trump, esercitando un’influenza significativa sulla strategia legale e sulla selezione del personale da assumere.

Epshteyn ha coordinato le difese legali di Trump in diversi casi penali e civili, ruolo che continua a svolgere anche dopo l’elezione. Spesso lo si vede al fianco di Trump a Mar-a-Lago o nelle apparizioni in tribunale.

Epshteyn è un bulldog, aggressivo e leale. Nato a Mosca nel 1982 da genitori ebrei russi, è emigrato negli Stati Uniti nel 1993 e ha frequentato la Georgetown University con Eric Trump, consolidando così i primi legami con la famiglia Trump. È completamente devoto a Trump, ha uno stile sfrontato e diretto. Basti pensare al suo biglietto da visita “Sono Boris Epshteyn!”. I colleghi lo definiscono dominatore, alcuni dicono che è un bullo che si diverte a tormentare le proprie vittime.

Stephen Miller: (Conosciuto come nei suoi circoli più vicini a lui come “Scheming Vizier”)

La personalità di Stephen Miller si distingue per l’intensità, l’intransigenza e la netta definizione della sua spinta ideologica. Viene descritto come combattivo e assertivo. Miller si alimenta nel conflitto. Non si limita a discutere, ma mira a dominare. Non ha paura di mettere da parte chiunque pur di vincere una battaglia politica.

Sicuro di sé fino all’estremo, si comporta con una sicurezza quasi incrollabile. La sua tendenza al dibattito si traduce in uno stile di conversazione rapido e forbito che promana sicurezza di per sé, anche quando propone idee controverse come le deportazioni di massa o i divieti di entrata ai musulmani appartenenti a determinati paesi Islamici (politica della prima presidenza Trump di cui Miller ne fu ideatore.)

Orgogliosamente leale, Miller è un vero sostenitore di Trump e dell’etica di “America First”. Dagli esordi con il senatore Jeff Sessions al suo ruolo attuale nella seconda amministrazione di Trump, si è attenuto a un copione di nazionalista coerente. È il tipo di persona che non si limita a lavorare per una causa, ma la vive, il che lo rende un parafulmine sia per le lodi che per le critiche.

Miller è ossessionato dai minimi dettagli. È noto per la sua conoscenza dei codici legali, delle statistiche sulla criminalità e dei precedenti storici per sostenere le sue argomentazioni. Usa questi strumenti matematici come giustificazione per portare avanti l’agenda dell’America prima.

Presenza polarizzante: I sostenitori lo definiscono un geniale patriota, un guerriero dei valori Trumpiani. I detrattori lo definiscono spietato, freddo, persino “malvagio” per il suo ruolo in politiche come la separazione delle famiglie al confine. La sua mancanza di calore (non lo troverete mai a fare battute di circostanza) alimenta entrambe le narrazioni.

La personalità di Miller è un cocktail di convinzione, aggressività e intelletto: un uomo che preferisce morire sulla sua collina piuttosto che scendere.

Dal 21 febbraio 2025, Stephen Miller ricopre tre ruoli importanti nella amministrazione Trump:

  1. Ruolo di vice capo dello staff della Casa Bianca per le politiche e di consigliere per la sicurezza nazionale.
  • Consigliere per la sicurezza interna.  Questo ruolo si basa sulla sua esperienza nella prima amministrazione di Trump (2017-2021), dove ha architettato politiche come il divieto di viaggio per i musulmani e la separazione delle famiglie al confine. Ha un’influenza diretta su agenzie come il DHS, l’ICE e il CBP,  dando forma al modo in cui la retorica di Trump “duro contro il crimine, duro contro le frontiere aperte” si trasforma in azione.
  • Vice capo di gabinetto per le politiche. In questa veste, Miller supervisiona lo sviluppo e il coordinamento dell’agenda politica dell’amministrazione.

Non è solo un guardiano; è anche uno stratega. I risultati già ottenuti durante la prima presidenza di Trump suggeriscono che è un uomo pratico, che spesso riscrive personalmente i promemoria o i discorsi di Trump per darne il tono giusto. Si vocifera che fu Miller a scrivere sia il discorso inaugurale del primo Trump (2016), sia il discorso al World Economic Forum sia quello fatto da Trump in Polonia durante la sua prima presidenza. Tutti e tre questi discorsi rimarranno nella storia della politica americana, soprattutto quello in Polonia, nel luglio del 2017. (https://trumpwhitehouse.archives.gov/briefings-statements/remarks-president-trump-people-poland/)

Ultimamente si specula che sia stato lo stesso Miller a scrivere il discorso di J.D. Vance a Monaco, discorso che trasuda avversione verso la costruzione liberale, globalista dell’Europa moderna.

La nomina di Miller riflette la preferenza di Trump per i lealisti che non si tirano indietro di fronte alle controversie. Lavora a stretto contatto con figure come Tom Homan (Border Czar) per quanto riguarda la sicurezza dei confini.

Questo ultimo paragrafo su Miller ci introduce ad un altro mastino:

Tom Homan (conosciuto meglio con il soprannome di “Skull Crusher General”)

Tom Homan è lo “Zar delle frontiere”, una posizione annunciata da Trump il 10 novembre 2024, tramite Truth Social, ed entrata in vigore dal suo insediamento, il 20 gennaio 2025. Questo nuovo ruolo, del tutto inedito nella politica americana, non richiede la conferma del Senato, dando a Homan un’ampia e diretta autorità secondo le direttive di Trump. È incaricato di supervisionare tutti i confini degli Stati Uniti – sicurezza meridionale, settentrionale, marittima e aerea – e di guidare l’evacuazione di massa degli immigrati privi di documenti nei loro Paesi d’origine, una pietra fondante della campagna elettorale di Trump del 2024. Homan lavora a stretto contatto con agenzie come l’ICE (di cui è stato direttore ad interim dal 2017 al 2018) e collabora con figure come Stephen Miller pronto ad eseguire l’agenda di Trump sull’immigrazione.

La personalità di Tom Homan è un mix di risolutezza, pragmatismo e fedeltà incrollabile alla sua missione.

Homan si esprime senza peli sulla lingua. La sua battuta alla Conferenza Nazionale dei conservatori del Luglio 2024, “Non hanno ancora visto un cazzo. Che aspettino fino al 2025,  poi si renderanno conto”, espone il suo stile sfrontato, diretto e non politicamente corretto. Un provocatore: che tende a non far prigionieri.

Ultimamente si è espresso senza mezzi termini contro la conferenza epsicopale americana e il vaticano stesso che si è schierato a favore degli immigrati, apostrofando in malo modo i vescovi americani. (Homan è cattolico)

Soldato fedele, Homan, una colonna di Trump, è stato elogiato più volte dal presidente stesso come “uno dei suoi migliori uomini”.

Duro e impenitente , Homan è un uomo di legge che ha speso 40 anni della sua vita nelle forze dell’ordine, prima come poliziotto di  New York e poi come poliziotto di frontiera.

Una figura che polarizza: eroe per alcuni, senza cuore per altri.

A testimonianza del suo carattere estremamente scorbutico e ruvido ci sono prima  i pianti della cantante Selena Gomez per il trattamento di Homan verso gli immigrati illegali, poi  la sua famosa intervista a “60 Minutes” (27 ottobre 2024)

In questa intervista con la corrispondente della CBS, Cecilia Vega, a Homan è stato chiesto sulla separazione delle famiglie nel contesto dell’operazione di evacuazione di massa promessa da Trump:

Domanda: “C’è un modo per effettuare deportazioni di massa senza separare le famiglie?”.

Risposta di Homan: “Certo che c’è. Le famiglie possono essere deportate insieme”.

 Families can be deported together!

Leggendaria anche la testimonianza all’Audizione della Commissione per la supervisione e la riforma della Camera del 12 luglio 2019, sulla politica di separazione delle famiglie della prima amministrazione Trump. Il battibecco fra Homan e la Ocasio Cortez è entrato a pieno titolo negli annali di un bella sculacciata politica, umiliando la stessa AOC.

La rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez (AOC):

“Signor Homan, vorrei iniziare a interloquire con lei sulla separazione delle famiglie perché si è discusso del suo ruolo in questa politica. Quindi, vorrei una conferma: Lei era il direttore dell’ICE, o il direttore dell’ICE ad interim, quando le separazioni familiari sono state attuate da questa amministrazione, giusto?”

Tom Homan: “Ero il direttore dell’ICE ad interim in quel periodo, sì, signora.”

AOC: “Ok. E lei ha fornito la raccomandazione ufficiale al Segretario Nielsen affinché gli Stati Uniti perseguissero la separazione familiare?

Homan: Ho dato al Segretario Nielsen numerose raccomandazioni su come rendere sicuro il confine e salvare vite umane.

AOC: Quindi, tra le tante raccomandazioni, lei ha raccomandato la separazione familiare?

Homan: Ho raccomandato la tolleranza zero.

AOC: Che include la separazione delle famiglie.

Homan: Come avviene per ogni genitore cittadino americano che viene arrestato con un bambino.

AOC: La tolleranza zero è stata interpretata come la politica che separa i bambini dai loro genitori…

Homan: Se vengo arrestato per guida in stato di ebbrezza e ho un bambino piccolo in macchina, sarò separato da mio figlio. Quando si è in questo Paese illegalmente, è una violazione dell’8 Codice degli Stati Uniti 1325-.

AOC: Chiedere asilo è legale…

Homan: Se si vuole chiedere asilo, si va in un porto d’ingresso. Lo si fa in modo legale. Il Procuratore Generale degli Stati Uniti lo ha chiarito.

Ok…

(Pausa, AOC sembra spostare l’attenzione)

FIERY WORDS: Tom Homan vs. AOC heated exchange over Migrant Children & Border Security 2019 hearing

Ultimo ma non meno importante e` Steven Cheung.  (The Stomper)

Steven Cheung è il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, ruolo che ha assunto il 20 gennaio 2025, dopo l’insediamento di Trump. Questa posizione lo rende il principale stratega della comunicazione dell’amministrazione, supervisionando le relazioni con la stampa, le dichiarazioni pubbliche e il team di comunicazione. A differenza del più visibile addetto stampa della Casa Bianca (attualmente Karoline Leavitt), Cheung lavora dietro le quinte, dando forma alla narrazione e coordinandosi con la cerchia ristretta di Trump.

Cheung è un attaccabrighe verbale. Durante l’ultima campagna elettorale, ha lanciato insulti contro la vicepresidente Harris.

Leale fino all’estremo, è con Trump dal 2016. Le sue dichiarazioni spesso riecheggiano i toni roboanti di Trump.

Prima di unirsi a Trump Cheung ha trascorso un lungo periodo nell’Ultimate Fighting Championship (UFC). Nel 2013, Cheung ha intrapreso una carriera con l’organizzazione dell’Ultimate Fighting Championship a Las Vegas, Nevada, dove ha lavorato come “direttore delle comunicazioni per gli affari pubblici della UFC”. È stato la mente nella pratica adottata dell’UFC di bandire i giornalisti, critici dell’organizzazione, dagli eventi dal vivo. Della UFC ha ereditato lo spirito guerriero.

Trasuda la stessa  energica reazione di un combattente in gabbia; non si preoccupa tanto delle sfumature politiche, quanto di vincere la guerra dell’immagine.

Poco appariscente ma letale. A differenza di altri collaboratori di Trump, Cheung evita i riflettori, raramente si vede in canali televisivi.

Orgoglioso patriota. Nato a Sacramento da immigrati cinesi, è un sostenitore del nazionalismo di Trump, una caratteristica che alimenta il suo zelo “America First”.

Cheung è un pitbull ferocemente protettivo nei confronti di Trump.

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