Terre rare, la green tech è solo un’illusione di Giuseppe Gagliano

Un breve articolo che riesce a ricondurre e richiamare in termini realistici tematiche tanto in voga come quelle dell’ecologismo e dell’economia circolare che rischiano spesso e volentieri di cadere in schematismi semplicistici e dal sapore messianico_Giuseppe Germinario

L’errore grossolano che viene commesso quando ci si approccia alla green tech è quello di pensare che la transizione energetica digitale sia indipendente dal suolo e cioè dei metalli rari. L’analisi di Giuseppe Gagliano

 

Secondo una delle migliori indagini giornalistiche sul ruolo dei metalli rari nel contesto della politica attuale condotte dal giornalista francese Guillaume Pitron — collaboratore di Le Monde Diplomatic e del National Geographic — nel saggio edito in italiano con il titolo La Guerra dei metalli rari (Luiss, 2020), contrariamente all’opinione comune la tecnologia informatica richiede lo sfruttamento di rilevanti quantità di metalli. Pensiamo per esempio che ogni anno l’industria elettronica consuma qualcosa come 320 t di oro e 7500 t di argento oltre al 22% di mercurio e fino al 2,5% di piombo.

Ad esempio la fabbricazione dei computer così come dei telefoni cellulari implica l’uso del 19% della produzione di metalli rari come il palladio e il 23% del cobalto senza naturalmente trascurare la quarantina di altri metalli contenuti di solito nei telefoni cellulari.

In altri termini la fabbricazione di un microchip da due grammi implica di per sé la creazione di 2 kg circa di materiale di scarto.

Per quanto riguarda l’impatto ambientale di Internet è necessario pensare che le nostre azioni digitali hanno un costo: una mail con un allegato utilizza elettricità di una lampadina a basso consumo di forte potenza per un’ora.

Ogni ora vengono scambiati nel mondo qualcosa come 10 miliardi di e-mail a e cioè 50 gigawatt/ora, cioè l’equivalente della produzione elettrica di 15 centrali nucleari in un’ora.

Per quanto riguarda poi la gestione dei dati in transito e il funzionamento dei sistemi di raffreddamento, un solo data center consuma ogni giorno altrettante energia di una città di 30.000 abitanti. Insomma il settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni consumo il 10% dell’elettricità mondiale e produce ogni anno circa il 50% in più di gas a effetto serra rispetto per esempio al trasporto aereo.

L’errore grossolano che viene commesso quando ci si approccia alla green tech è insomma quello di pensare che la transizione energetica digitale sia indipendente dal suolo e cioè dei metalli rari.

Anche se il petrolio venisse sostituito per intero la civiltà si troverà ad affrontare una nuova assuefazione e cioè quella dei metalli rari.

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