Le armi e l’ombrello della Nato: così la Germania rafforza la sua egemonia sull’Europa, di Giuseppe Gagliano
Questo saggio di Giuseppe Gagliano assume una particolare importanza per due motivi. Sottolinea il carattere competitivo e conflittuale del sistema di relazioni tra gli stati europei con la Germania impegnata a conquistare una posizione di leadership continentale non assieme ma ai danni dei due altri grandi paesi fondatori, in particolare l’Italia. Una dinamica che però non intende mettere in discussione la funzione di guida degli Stati Uniti almeno nei prossimi dieci anni. Un arco di tempo biblico rispetto alla convulsione dei tempi. Il progressivo inserimento tedesco a capo di gran parte dei centri direzionali della NATO, l’integrazione delle strutture militari di alcuni paesi satelliti non sono avvenuti senza un qualche beneplacito del supervisore americano, quantomeno di una delle due componenti politiche di esso. La Germania, da sola, non è in grado di garantire una unità di azione, tanto meno politica, degli stati europei. Tanto meno può realizzare in queste condizioni l’ambizione di un confronto alla pari con gli Stati Uniti e con le altre potenze emergenti nell’agone internazionale. Quasi tutte le sue carte sembrano giocate nell’ambito economico ed energetico, comprese le esportazioni di armi. Per quanto importante è solo uno degli ambiti di applicazione delle strategie geopolitiche; uno spazio particolarmente esposto alle pressioni e alle incursioni di altre logiche e priorità. Le vicissitudini nel settore automobilistico, il preavviso di tempesta nel settore chimico, due settori trainanti dell’economia tedesca, la fragilità del settore finanziario sono lì a testimoniare la reale collocazione di una potenza probabilmente sovrastimata, incapace di offrire ai vicini una prospettiva comune accettabile. Una rideterminazione del sistema di relazioni degli stati europei e della loro collocazione rispetto ai protagonisti delle dinamiche geopolitiche mondiali, in particolare gli Stati Uniti, deve passare necessariamente attraverso la sconfitta delle attuali leadership tedesca e francese_Giuseppe Germinario
All’inizio del XXI secolo, la Germania si è posta l’ambizione di diventare il principale fornitore degli eserciti europei, e quindi di acquisire un monopolio tecnologico e industriale sui suoi vicini. Ciò avvenne in due modi: imbrigliando gli eserciti vicini nel suo complesso militare-industriale e indebolendo le industrie dei suoi “alleati”. Tale obiettivo può essere raggiunto perché Berlino ha un forte sostegno: la Nato. Pertanto, le procedure volte a bloccare le esportazioni di armi europee lasciano intravedere gli obiettivi reali dei tedeschi: rendere l’industria delle armi la spina dorsale di un’Europa della difesa purchè questa sia sotto il suo controllo.
Armi ed esportazioni
Tutto ciò non deve destare alcuna sorpresa: la produzione del complesso militare-industriale tedesco è diventata di estrema rilevanza al punto che il mercato delle armi è diventato molto dinamico.
La Germania ha infatti, nel contesto dell’industria degli armamenti, ha una visione anglosassone poiché predilige una privatizzazione molto accentuata. Anche se allo stato attuale la Germania non è in grado di mantenere l’indipendenza militare ma è tuttavia in grado di esportare il suo equipaggiamento in Europa e in tutto il mondo per rafforzare l’economia tedesca. Insomma, Berlino sta utilizzando la Nato come un cavallo di troia per rafforzare la sua economia e per dominare, a livello europeo, l’Alleanza atlantica a danno degli altri alleati.
Egemonia sotto protezione Nato
L’ide del framework nation concept è stato sviluppato dalla Germania e proposto al vertice Nato nel 2014. La Nato si basa su questo principio per mettere assieme gli alleati in un sistema di difesa standardizzato ad alte prestazioni.
Già quando il concetto fu formulato era chiaro che la Germania stesse cercando in questo modo di ribaltare l’equilibrio della cooperazione a suo favore. Non a caso nel mese di agosto 2017, la Stiftung für Wissenschaft und Politik (SWP) ha raccomandato che la Germania potesse diventare il pilastro europeo della Nato, anticipando un ritiro degli Stati Uniti e sottolineando altresì come la Bundeswehr potesse diventare una colonna portante della sicurezza europea nel lungo periodo. Questa integrazione tra la Germania e i paesi vicini ha già preso forma. I Paesi Bassi non sarebbero più in grado di schierare il loro esercito senza il supporto di quello tedesco a causa della loro integrazione troppo profonda. L’integrazione attuata dalla Germania è altrettanto profonda per esempio sia in Norvegia (per i sottomarini) sia in Lituania, dove la Germania investirà 110 milioni di euro. Questo progetto fa parte del piano della Nato per lo schieramento di quattro battaglioni multinazionali negli Stati baltici e in Polonia, dove ancora una volta la Germania sta assumendo il ruolo di nazione ombrello. Berlino ha compreso in modo chiaro come sfruttare la sua posizione all’interno della Nato per sostenere il complesso militare-industriale del paese.
Così la Germania “frega” i partner
Una delle strategie poste in essere da Berlino per rafforzare la sua egemonia è quella di bloccare indirettamente le esportazioni di armi da altri paesi europei attraverso tempi di autorizzazione talmente lunghi da scoraggiare le imprese europee concorrenti e n el contempo, autorizzare l’esportazione se questa serve gli interessi tedeschi indipendentemente dal rispetto dei diritti umani o dalla lotta al terrorismo.
Uno dei primi clienti di Berlino è Ankara. La Turchia, in conflitto con i curdi (che sono armati e addestrati da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti e che sono la punta di diamante della lotta contro l’Isis in Oriente), sta combattendo con i carri armati tedeschi. Anche dopo l’inizio del conflitto con i curdi, gli industriali tedeschi hanno continuato a fornire alla Turchia attrezzature militari del valore di milioni di euro.
Un altro eloquente esempio è fornito dal viaggio fatto nel 2008 da Angela Merkel in Algeria per parlare dei diritti umani e delle libertà religiose. Quattro anni dopo, l’Algeria acquisterà due fregate tedesche per 2,1 miliardi di euro e, per due anni e mezzo, i marinai algerini saranno formati dalla marina tedesca. Allo stato attuale, con buona pace dei francesi, l’Algeria è diventata ufficialmente il primo cliente per l’esportazione dell’industria tedesca degli armamenti.
Nel 2017, inoltre, Angela Merkel ha incontrato il Re saudita con il risultato di vendere 270 carri armati Leopard. D’altronde l’Arabia Saudita ha acquistato droni tedeschi al cui uso i soldati sauditi sono stati addestrati dai quadri del Bundeswehr e il fucile d’assalto tedesco G36 è prodotto su licenza sempre da Riad.
Se da un lato Berlino vuole egemonizzare a livello europeo la Nato dall’altro lato è evidente che sta con fermezza perseguendo non solo i propri interessi nazionali secondo una logica pragmatica (come la Francia ad esempio) ma sta marginalizzando sempre di più il nostro paese sia in Europa che nell’ambito dell’alleanza atlantica.