Inascoltabile, di Vincenzo Cucinotta

C’è in questo mondo di politicanti e di media che volentieri li assecondano qualcosa che proprio non si può stare a sentire.
L’ultima indegnità che dobbiamo sopportarci da costoro è adesso il confronto tra il presente e i governi del primissimo dopoguerra.
Costoro dicono che essi stanno assieme nel governo Draghi in fieri come DC, liberali socialisti e comunisti stavano assieme nel governo guidato da De Gasperi.
Sarebbe lo stesso che io dicessi di essere come Claudia Schiffer perchè ho due occhi come lei, dite voi se non suona osceno questo confronto.
Draghi è venuto a commissionarli, possibile che ci sia chi non l’abbia ancora capito, per questo non credo, a differenza di persone che in genere la pensano similmente a me, che il problema sia Draghi, basti riflettere a cosa fosse il governo Conte.
Il primo governo Conte, quello gialloverde, costituiva un esperimento politico con caratteri interessanti in sé se non altro perchè permetteva di vedere quale svolta Salvini avesse impresso alla Lega, e nello stesso tempo permetteva di gettare luce su una realtà misteriosa come i 5S che nel frattempo erano diventati la forza politica di maggioranza relativa. Per quelli come me che vedevano nella falsa dicotomia destra-sinistra del ventennio che potremmo chiamare berlusconiano la pietosa menzogna coltivata per monopolizzare la politica da parte di due schieramenti che sui punti fondamentali camminavano invece gomito a gomito, si intravedeva una via per uscire da questa gabbia con questa inedita e a quel tempo imprevedibile alleanza.
La infausta svolta dell’agosto 2019 normalizza la politica italiana e rimette al centro del quadro politico italiano il PD che decide di allearsi con i 5S ma ancora una volta di rimessa.
Se voi ci pensate, a partire dalla discesa in campo di Berlusconi, il PD si è fatto concretamente veicolo passivo della UE, dei suoi paesi leader, e di tutta l’aggregato di potere sovranazionale che essa esprime. Per diventare appetibile agli elettori, il PD sfrutta abilmente un antiberlusconismo molto ostentato ma di fatto inconsistente.
Oggi, similmente, il PD prende ancora ordini da Bruxelles, e decide di cedere il ruolo di protagonista a quello stesso Conte che come dicevo altrove rappresenta la personificazione del trasformismo. Non è una scelta politica che può fruttare al PD, ma come si fa ad inventarsi una linea politica di cui si è scelto di fare a meno ormai da un quarto di secolo? Così, la strategia diventa quella di creare un super-PD inglobando nel suo corpaccione i 5S ormai allo sbando, in corso avanzato di balcanizzazione, e ciò che resta di LEU, sempre più inutile, soprattutto dopo la scissione di Renzi che ha tolto dal PD l’elemento più indigesto a quell’area.
Salvini è da una parte un politico sprovveduto per l’infausta svolta del Papeete, ma anche scalognato perchè è incappato nella pandemia. La pandemia ha colpito al cuore la Lega mettendone a nudo la sostanziale divisone interna e la provvisorietà di ogni segno di opposizione, vuoi verso la UE che verso i temi fondamentali, vuoi verso le misure anti-COVID sollevavano e che hanno valenza ben più ampia della contingente vicenda di tipo sanitario.
Incapaci di costruire un percorso di uscita dalla UE, incapaci di resistere alla narrazione mediatica della vicenda COVID, tutti i partiti sono stati messi a nudo nella loro funzione ormai marginale di copertura formale delle decisioni prese altrove e di strumenti ormai di convogliamento del consenso elettorale attraverso più o meno abili slogan, senza essere più portatori di reali alternative né politiche, né tanto meno ideologiche, uno strumento come tanti altri attraverso i quali un potere sempre più anonimo e oligarchico sta uccidendo ogni parvenza di democrazia nel nostro paese.
Chi oggi si allarma per Draghi, scambia insomma il segnale ormai visibile della crisi profonda e forse irreversibile della democrazia con la stessa crisi che data da ben più tempo e che lungo il 2020 si è assestata fermamente con la vicenda COVID. Dico irreversibile perchè quella crisi si basa su una scelta anch’essa ormai consolidatasi di superamento della costituzione, cioè della sua messa da parte ormai ridotta a un valore puramente simbolico. L’afasia del sistema politico italiano, aggravata dall’incapacità dell’organizzazione di nuove forze e di nuovi progetti politici, è la vera conferma che la democrazia è ormai in stato avanzato di coma.
Per capire come Draghi non sia il punto dirimente, basti riflettere sul fatto che egli è chiamato a sostituire Conte: davvero è questo passaggio che ci allarma, Conte quindi ci garantiva?
Tornando al tema iniziale, come si fa a confrontare una situazione di dichiarazione di morte del sistema politico italiano, con lo sforzo di lavorare assieme a un comune progetto partendo da ipotesi politiche in sé divergenti?
La situazione è esattamente opposta, allora il governo comune serviva a mettere da parte le differenze che costituivano la fonte dei problemi, oggi la fonte die problemi è la conformità totale, l’assenza di progetti e la pura e semplice funzione di gestione al servizio di poteri altri e lontani.
NB_tratto da facebook

Il Conte dimezzato! La crisi di governo sul proscenio e dietro le quinte_ con Piero Visani

La crisi del Governo Conte e la gestazione di un vero e proprio ribaltone si percepiva nell’aria da tempo ma senza segnali evidenti almeno sino alle recenti elezioni europee. La gestione delle nomine in sede UE, l’azione dei singoli magistrati, la virulenza e la grossolanità, al limite dello sciacallaggio, della campagna elettorale del M5S hanno segnato un solco che Salvini, in maniera inopinata, ha reso invalicabile. Sino ad ora tra i pochi aspetti positivi, se non l’unico, dell’avvio di questa crisi è la fine del balletto degli equivoci e delle ambiguità. La classee dirigente protagonista di questa trama si sta rivelando non all’altezza della gravità della situazione e ancora poco consapevole della natura delle forze in campo e del conflitto esistenziale in essere. Ne parliamo con Piero Visani

crisi di governo. Impressioni a caldo, di Fabio Falchi-politiche da salumiere, di Augusto Sinagra

Impressione a caldo sui discorsi di Conte, Salvini, ecc.
Prevedibili le dimissioni di Conte e la “tiepida” apertura di Salvini al M5S. Nemmeno da prendere in considerazione le fesserie dei piddini, forzisti, ecc., che peraltro hanno confermato l’infimo livello intellettuale e culturale della stragrande maggioranza dei parlamentari. In pratica, solo Salvini, sia pure in modo confuso e abborracciato, ha trattato le questioni di fondo: manovra economica, rapporti con la UE, immigrazione, riforma della giustizia ecc. Gli altri, incluso Conte, hanno preferito parlare soprattutto di Salvini o del governo giallo-verde, per difenderlo o per attaccarlo.
Comunque, si è capito che tra il M5S e il PD vi sono già “forti contatti” e quindi è probabile che i giochi siano già fatti – o, se si preferisce, il “pasticciaccio ormai è fatto” – e che ora la questione non sia quella di un governo giallo-rosa ma riguardi “chi” ne dovrebbe fare parte e quale programma dovrebbe svolgere.
Tuttavia, benché ora l’iniziativa strategica sia nelle mani del PD e del M5S (ovvero il Paese dipenda dalle loro mosse), si è avuta pure la conferma che ben difficilmente un governo giallo-rosa potrà durare. Ed è proprio su questo che si dovrebbe puntare se, come è assai probabile, si formerà un governo sostenuto dal M5S e dal PD, benché vi sia anche il pericolo che nei prossimi mesi la Lega regredisca verso posizioni demagogiche e di tipo “berlusconiano”, soggiacendo al richiamo della foresta “nordista e neoliberista”. La Lega adesso dovrebbe invece, basandosi sul forte consenso popolare di cui attualmente gode, dotarsi degli strumenti politico-culturali necessari per difendere il ruolo “strategico” del Politico (e quindi dello Stato che del Politico è, per così dire, il “braccio armato”) nella economia e non solo nell’economia.
Solo vincendo questa sfida – che, sotto il profilo economico, implica che il mercato sia non certo abolito ma messo al servizio dell’interesse dell’intera collettività (in pratica, sarebbe necessaria, sia pure mutatis mutandis, una sorta di New Deal) – sarà possibile combattere efficacemente i nemici , interni ed esterni , del nostro Paese.

POLITICA DI GOVERNO O GESTIONE DI UNA SALUMERIA?, di Augusto Sinagra
Giuseppe Conte fortunoso Presidente del Consiglio dei Ministri per autorevole indicazione fatta dall’ex dj di Mazara del Vallo (il noto Alfonso Bonafede) ha concluso il suo discorso al Senato, e senza attendere il voto conclusivo e dunque offendendo la maestà della volontà popolare, è corso come una lepre pugliese dal figlio di Bernardo Mattarella per rassegnare le dimissioni.
Che il giovane pugliese ritorni nell’anonimato è cosa positiva.
Qualche riflessione comunque si impone.
E’ evidente che le questioni sollevate dal Ministro Matteo Salvini sono questioni molto serie che hanno condotto al risultato positivo di costringere Conte e i suoi amici 5S ed altri a togliersi la maschera.
A parte i disonesti e i traditori di professione, era già da tempo noto a tutti che il governo agiva contro gli interessi nazionali in piena sintonia con le “dritte” del figlio di Bernardo Mattarella. Mi riferisco ai Ministri voluti dai 5S e dal figlio di Bernardo. L’unico che ha difeso gli interessi nazionali è stato ed è il Ministro Matteo Salvini reo per questo di colpe imperdonabili e dunque la canea dei traditori al governo e fuori dal governo si è concentrata contro di lui.
Il problema dunque non è la cura degli interessi nazionali ma la guerra a Salvini e il brivido che provocano agli altri Partiti le previsioni di voto per la Lega tra il 34 e il 38% dell’elettorato.
Tutto sarà fatto perché non si vada a votare fino a che non sarà possibile ai traditori eleggere un altro figlio di Bernardo Mattarella (non in senso parentale anche se c’è sempre Nino Mattarella, fratello di Sergio e anche lui figlio di Bernardo, con un c.v. di tutto rispetto).
Questo spiega gli insulti da basso fondo rivolti dal parvenu pugliese a Matteo Salvini. Si sa, quando non si hanno argomenti e la paura provoca contrazioni sfinteriche, si ricorre all’insulto e al falso.
Ma quello che è stato più ignobile nel discorso di Conte Avv. Giuseppe è stato quando ha rivendicato il merito della elezioni alla presidenza della Commissione UE della nota Ursula nel senso che in questo modo si sarebbero evitate la “procedura di infrazione”. Quale procedura e quale infrazione non si sa.
Dunque, l’azione del governo calibrata non per la cura degli interessi nazionali ma per evitare un esborso (comunque inesistente).
Questa non è l’azione di un governo ma un calcolo da salumiere, e anche da salumiere incompetente.
Il figlio di Bernardo Mattarella continui a disattendere la volontà popolare che richiede il voto subito, dia l’incarico per la formazione di una oscena maggioranza PD, 5S, più Europa, LEU, Soros, Goldman Sachs, JP Morgan, ecc., ma tenga presente che si andrà a votare prima del suo rinnovo. Saranno mesi di lacrime e sangue cui gli italiani sono ben abituati da troppo tempo, saranno giorni di invasioni africane di dimensioni inimmaginabili, ma poi arriverà il giorno del giudizio e chi deve pagare pagherà.
L’Italia sarà sempre capace di sopravvivere a sé stessa e ai suoi governi traditori.

QUELLO CHE CONTA, di Fabio Falchi

Dopo avere rimosso alcuni miei contatti che, al posto del cervello evidentemente devono avere un sasso o un disco incantato, ripeto, a scanso di equivoci, che adesso concentrarsi sulla persona del “Capitano” (che certo non è né Epaminonda né Federico II Hohenstaufen), per esaltarlo o denigrarlo , è di scarso interesse e rischia di occultare la questione essenziale..
Quel che adesso conta è sapere se ci sarà o no un governo (tecnico?) giallo-rosa e, se ci sarà, che cosa farà e quanto potrà durare.
Nel caso (più che probabile) ci fosse un governo giallo-rosa, la questione del “Capitano” in pratica conterebbe solo in funzione della strategia che l’opposizione, ossia fondamentalmente la Lega, adotterà per contrastare il governo giallo-rosa, cioè se continuerà con la navigazione a vista, confidando soprattutto nella capacità del “Capitano” di comunicare direttamente con il “popolo” sui social e nelle piazze, o se si strutturerà per trasformare il consenso in effettiva “potenza politica” ed essere in grado di combattere con successo la guerra ibrida che diversi centri di potere, nazionali e non, stanno conducendo contro il nostro Paese.
Pensare però, come affermano alcuni (tra cui qualche mio contatto che pare avere perso la bussola), che sarebbe ora di passare alle” maniere forti” scatenando la piazza contro un governo giallo-rosa, sarebbe suicida, perché l’uso della forza, per non ritorcersi contro chi la usa, presuppone il controllo “effettivo” (perlomeno) di parti consistenti e significative degli apparati di coercizione dello Stato (forze dell’ordine, forze armate e servizi segreti).
Come sempre, del resto, una guerra, ibrida o no, richiede solida preparazione tecnica e materiale, motivazione morale (e quindi il forte e radicato sentimento ostile di cui parla von Clausewitz in Della Guerra) e soprattutto una intelligente e decisa azione di comando.
Inutile dire che, rebus sic stantibus, la guerra ibrida che si sta conducendo contro l’Italia piuttosto che contro la Lega – o, se si preferisce, contro la Lega per colpire l’Italia – è una guerra che il nostro Paese ben difficilmente può vincere.

Fine del (primo?) Governo Conte_con Augusto Sinagra

Il (primo?) Governo Conte pare proprio essere giunto all’epilogo. Paradossalmente il più determinato a trarre le estreme conseguenze del gesto di Salvini appare proprio il Presidente del Consiglio. Una situazione che nel male che pare profilarsi costringerà quantomeno ad una demarcazione netta degli schieramenti tra i partiti prima e all’interno di essi dopo sulla base di orientamenti ed opzioni più nette e chiare. Potrebbe essere il prodromo al nascere di nuove formazioni dai programmi e dai proclami più corrispondenti al proprio orientamento di fondo. Buon ascolto _Giuseppe Germinario

IL FIGLIO DI BERNARDO MATTARELLA, di Augusto Sinagra
Il responsabile dell’attuale caos politico e istituzionale è solo lui, sempre lui: il figlio di Bernardo Mattarella il cui fragoroso silenzio si fa sentire in ogni circostanza. È lui che in tutti i modi cerca di deviare l’azione del governo dalla cura degli interessi nazionali alla difesa parossistica degli interessi delle oligarchie monetarie, del pareggio di bilancio, della finanza senza volto, dell’euro e di questa Unione europea.
Egli agisce attraverso i Ministri che lui ha imposto. Agisce attraverso inedite iniziative in alcun modo costituzionalmente compatibili come le aberranti interpretazioni che lui indica al governo a proposito dei provvedimenti del Ministero dell’Interno. Lui che è il Capo del CSM in questo modo ipoteca l’interpretazione da parte dei giudici, interpretazione da lui voluta di provvedimenti legislativi.
Io non ho capito se viviamo in un momento di crisi governativa, anche se ancora non parlamentarizzata, o meno. Quel che è certo è che l’azione del governo, indipendentemente dai giudizi che se ne danno, non potrà svolgersi compiutamente in conformità alla volontà popolare, se non verranno allontanati soggetti come Moavero Milanesi, Tria (Ministro perché amico del figlio del figlio di Bernardo Mattarella) e della Trenta che, in modo eccentrico, ha rifiutato la firma per il nuovo decreto di ingresso della Open Arms nelle acque territoriali italiane, e pare che abbia mandato navi militari italiane a scortarla con il suo carico di “naufraghi paganti” cioè di clandestini.
Non si capisce cosa sia capace di coordinare il giovanotto pugliese Giuseppe Conte.
La crisi è cominciata non l’altro giorno per volontà del Ministro Matteo Salvini, ma nel momento stesso in cui è nato questo governo.
I tempi prossimi saranno tempi duri: l’immigrazione clandestina continuerà sempre più massiccia. L’Italia sarà sempre più sbeffeggiata nel mondo.
Bisogna tenere i nervi saldi. Prima o poi si tornerà a votare e allora ci sarà la resa dei conti e sperabilmente il nuovo Presidente della Repubblica sarà espressione di una diversa maggioranza parlamentare.
Il peggio deve ancora venire ma, come diceva Eduardo De Filippo: “ha da passà ‘a nuttata”.
Perché una cosa è certa: l’Italia è immortale nonostante i piccoli e squalificati personaggi, falsari e traditori, che affollano la attualità.
Nonostante tutto, auguro un sereno ferragosto a tutti.

Navigazione a vista, di Roberto Buffagni

Navigazione a vista

 

 

navigare a vista

loc.v.

1. TS mar., aer. n. utilizzando punti di riferimento visibili, spec. per le condizioni atmosferiche favorevoli
2. CO fig., spec. nel linguaggio politico, cercare di destreggiarsi in determinate situazioni senza avere solide basi o validi punti di riferimento

Dizionario De Mauro

 

Il Capitano ha sciolto gli ormeggi, salpato l’ancora e si è avventurato in mare aperto. Perché proprio ora, perché in questo modo? E che cosa lo (e ci) aspetta)?

Perché proprio ora, perché in questo modo

La rottura non è stata preparata a dovere, il tema su cui si è consumata secondario, e sono alti i rischi di conseguenze infauste per la Lega, che si è assunta l’intera responsabilità della svolta politica. A mio avviso, le ipotesi sono due:

  1. a) E’ un errore. Impazienza, pressioni interne (insoddisfazione del Lombardo-Veneto per l’impaludamento delle autonomie), eccesso di fiducia nell’appoggio di Trump, logoramento dei rapporti tra alleati, sondaggi in crescita costante che danno alla testa, in breve: mossa tattica molto arrischiata.
  2. b) E’ una mossa obbligata. Salvini ha informazioni attendibili del prossimo arrivo di una grossa tegola che mette a rischio la sua sopravvivenza politica: per esempio, uno sviluppo molto serio e grave dell’inchiesta russa. Giudica l’alleato inaffidabile, anche soltanto per garantirgli in Parlamento protezione dai futuri provvedimenti giudiziari a suo carico. Ritiene che per lui, l’unica difesa efficace sia una rapida vittoria elettorale e l’incarico di Presidente del Consiglio, e rompe: sempre meno rischioso che attendere.

Tra le due ipotesi, ritengo più verisimile la b), “mossa obbligata”. Motivo: Salvini e la Lega non hanno una visione strategica, un personale politico e un orizzonte mentale  all’altezza della sfida a loro imposta dalle opposizioni interne e soprattutto esterne. Sono però politici esperti, e in particolare Salvini è un tattico molto abile.

Sottolineatura: non ho informazioni privilegiate dall’interno o dall’esterno della Lega. Avanzo ipotesi sulla base delle informazioni disponibili a chiunque.

 

Che cosa aspetta Salvini e noi

Tra le forze in campo, la più importante è il “partito istituzionale”, come lo definisce bene Giuseppe Germinario in questo articolo, http://italiaeilmondo.com/2019/08/09/conte-alla-rovescia/ .

Dagli indizi che raccolgo, ho l’impressione (l’impressione e basta) che il “partito istituzionale” stia esitando tra due possibili reazioni alla rottura di Salvini, queste:

1) Sollecitare un “rovesciamento delle alleanze” parlamentari da parte del M5*, in combinazione con una coalition of the willing che può assumere diverse forme e adottare diverse formule, ma che conclude alla formazione di un governo che ritardi di almeno sei-otto mesi le elezioni e consenta a) di condurre a fondo l’attacco, giudiziario o d’altro genere, a Salvini b) di rinforzare l’opposizione interna a Salvini c) di dare all’attuale opposizione il tempo di strutturarsi e di arrestare almeno provvisoriamente la frammentazione che la incapacita.

2) Promuovere la formazione di un governo di “centrodestra istituzionale”: Lega, Forza Italia, FdI. “Centrodestra istituzionale” significa: a) un governo “responsabile” nei confronti della UE e rispettoso degli attuali equilibri interni delle classi dirigenti italiane; ne sarebbe garanzia  la presenza di Silvio Berlusconi, che conta elettoralmente poco ma sin dal 2011 si è fatto tramite di forze importanti, sia interne alla UE, sia interne agli USA, e può appoggiare la linea “lombardo-veneta” dell’opposizione interna alla Lega b) un governo che ripropone la contrapposizione tradizionale destra/sinistra, e pertanto da un canto aiuta l’opposizione a ristrutturarsi su base identitaria, dall’altro costituisce di per sé una manovra diversiva rispetto alla linea di faglia principale del conflitto in corso, che NON è destra/sinistra ma mondialismo/nazionalismo, proUE/antiUE.

L’ipotesi 1, “rovesciamento delle alleanze”, presenta seri problemi e rischi, questi: a) l’attuale opposizione è frammentata e discorde, non è pronta per guidare l’operazione b) il Movimento 5* si caratterizza per il fatto, invero paradossale, di essere una forza politica che non designa un nemico (indica come nemico categorie impolitiche quali “i corrotti”, etc.); il che, in linea di principio, gli consentirebbe il “rovesciamento delle alleanze”. Nonostante ciò, neanche il M5* sfugge alle regolarità del Politico, e non può permettersi un simile voltafaccia a costo zero: un così brusco rovesciamento di fronte potrebbe causarne, in tempi brevi, la disgregazione. Si aggiunga che il centrodestra potrebbe condurre, in Parlamento, una campagna acquisti tra deputati e senatori 5*, intimoriti da una operazione politica spericolata e precaria c) l’operazione “rovesciamento delle alleanze” è MOLTO pericolosa per le istituzioni repubblicane, perché mette direttamente l’uno contro l’altro Parlamento e popolo. Una ripetizione pura e semplice dell’operazione Monti è sconsigliabile: è un film che gli italiani hanno già visto, e non hanno amato per nulla. Si aggiunga che Salvini, specialmente se davvero ha fondati motivi per ritenere a rischio la sua sopravvivenza politica, potrebbe reagire in due modi entrambi pericolosi: mobilitando le piazze, e facendo leva sulle regioni del Centro-Nord governate dalla Lega (alle quali si potrebbe associare, in autunno, anche l’Emilia-Romagna).

Anche l’ipotesi 2, “governo di centrodestra istituzionale”, presenta problemi e rischi. Il rischio maggiore, naturalmente, è l’insediamento alla Presidenza del Consiglio di Salvini. Non perché Salvini sia l’avatar di Cesare, Mussolini o Putin, ma perché avrebbe un’amplissima base elettorale personale che da un canto ne aumenterebbe il peso politico, dall’altro lo costringerebbe a non trascurarne le esigenze fondamentali (protezione identitaria e sociale). La soluzione presenterebbe però alcuni vantaggi non secondari: a) scaricare sulle spalle di Salvini l’intero peso del governo, e dei suoi errori e fallimenti, in una situazione per nulla facile b) intervenire nella formazione del governo, assicurandosi che i ministeri chiave vadano a personalità “istituzionali” c) contrattare con l’opposizione interna “lombardo-veneta” della Lega una via accettabile per l’adozione delle autonomie regionali, con il relativo contraccambio politico d) non soltanto eviterebbe la pericolosa contrapposizione Parlamento/popolo, ma rafforzerebbe le istituzioni; rafforzerebbe anche gli attuali equilibri interni delle classi dirigenti politici, nel caso (probabile) che il “governo di centrodestra istituzionale” operasse senza mai mettere seriamente a rischio l’assetto presente della UE.

Nel frattempo, la polarizzazione culturale continua ad accentuarsi, anche se non riesce a tradursi compiutamente in polarizzazione politica. I due campi, progressista-mondialista/antiprogressista-nazionalista (o sovranista) continuano la loro cristallizzazione identitaria. A dimostrazione del fatto che nessuno dei due campi è in condizione di pretendere ad una vera egemonia culturale, entrambi manifestano se stessi in forma di autoparodia inconsapevole. E’ autoparodia inconsapevole il disk-jockey Salvini del Papeete, che insieme al coro del pueblo e alle cubiste leopardate intona e stona l’Inno di Mameli; è autoparodia papa Francesco che si prostra a baciare le scarpe degli stupefatti diplomatici sudanesi, autoparodia i dignitari ecclesiastici che ignorano le Sacre Scritture (per esempio inventandosi il lieto fine per Sodoma e Gomorra) o mettono in dubbio i Vangeli “perché al tempo di Gesù non c’era il registratore”; autoparodia il sindaco di Milano Sala che saluta a pugno chiuso, eccetera.

L’autoparodia inconsapevole è un segnale d’allarme culturale inequivocabile, perché manifesta la vaporizzazione delle gerarchie interiori e dell’intima adesione a norme e valori, dei quali residuano soltanto i morti feticci, i gusci vuoti. Ciascuno dei due campi culturali tenta di definirsi evocando magicamente una identità perduta, dimenticata, irrecuperabile.

Il campo progressista-mondialista evoca la corrente messianica del progressismo, e adotta come sue icone  i segni che alludono allo sradicamento come liberazione: il pugno chiuso comunista, e soprattutto il migrante come icona dell’uomo senza radici, l’uomo tabula rasa da cui nascerà l’uomo nuovo.

Il campo antiprogressista-nazionalista evoca la “Religion santa di me vicc da ca’/che in mezz al tribuleri di passion/no te fett olter che tiratt in là,/in fond al coeur, scrusiada in d’on canton…” (Carlo Porta): ma che cosa resta, della religione del vecchi di casa? Che cosa resta, soprattutto, dei vecchi di casa, e della casa? Resta la serigrafia di Andy Warhol del Calendario di Frate Indovino a cui mi fa pensare Salvini quando ostende il rosario nei comizi, o invoca l’Immacolata Concezione. O fa cantare in spiaggia alle ragazze di coscia veloce il Canto degli italiani, che è un canto di battaglia (sanguinosa, coi morti veri).

Ed entrambi i campi insistono ad evocare quel che non sono, quel che gli manca: il campo progressista-mondialista, che raccoglie anzitutto i garantiti e i soddisfatti dello status quo, evoca la rivoluzione antropologica e sociale e l’eguaglianza; il campo antiprogressista-nazionalista, che raccoglie anzitutto gli sradicati e i socialmente precari, evoca il mos maiorum, la tradizione, la patria, la famiglia.

Prosegue così, in forma grottesca e sorprendente, la critica pratica alle tre parole d’ordine della rivoluzione francese: libertà, eguaglianza, fraternità. Hic Rhodus, hic salta.