IL CICLO DEI VINTI – 9 maggio 1945. [cap. 5-7], di Daniele Lanza
IL CICLO DEI VINTI – 9 maggio 1945. [cap. 5 di 7]
Identità, ieri e oggi (riflessioni sparse sul caso tedesco e non solo. Da leggere senza impegno)
Dunque, ora andiamo avanti – coi piedi di piombo – e cerchiamo di riordinare il discorso originario tornando ai due interrogativi lasciati in sospeso dal CAP. 2 :
1) “In che misura il nazional-socialismo coincideva col corpo del paese in generale” – Soluzione in 2 punti (A – B)
[- A ] SOSTEGNO DIRETTO.
L’NSDAP al momento dell’avvento al potere nel 1933, contava 2 milioni di membri*(dato confermato).
Lo stesso partito alla data dello scioglimento legale (che avviene 5 mesi dopo la fine della guerra per essere precisi, il 10 ottobre 1945, per iniziativa dell’amministrazione alleata e non spontanea) conta 8 milioni di iscritti*(dat.c.) : una proporzione pari a 1/10 della popolazione complessiva del reich. Comparativamente sottolineerei che in Unione Sovietica il PCUS arrivò a contare la medesima proporzione rispetto ai propri abitanti a circa una generazione dopo la fine della guerra (10% della pop. adulta nel 1986, sebbene – ricordiamo – modalità di accesso partito comunista sovietico variano, nei decenni d’esordio erano più selettive e per l’appunto occorrerà un addolcimento della “griglia selettiva” nella tarda Cccp per raggiungere il livello riportato. Chi è più esperto mi corregga prontamente).
In altre parole il nazional-socialismo demoltiplica le dimensioni della propria membership a ritmo assai sostenuto e questo anche nonostante una guerra che investe direttamente il paese : non un remoto conflitto coloniale che al massimo drena le tasche, ma un conflitto TOTALE che vede sirene della contraerea che vanno in azione a giorni alterni quasi, sia di notte che di giorno e -nella fase finale – combattimenti terrestri (dalla Renania a Berlino) fin letteralmente nell’anello urbano, sotto la soglia di case ed appartamenti. Ebbene anche dopo tutto questo….la membership nazional socialista è SEMPRE di 8 milioni (…8’400’000 pare, per essere più zelanti).
A spiegazione di questo fatto, altro non vi è se non una vittoria totale del nazional socialismo sul piano dell’autoidentificazione : il partito era oramai identificato/confuso con il concetto di patria (ad esso anteriore) per giunta in pericolo. Seguendo quindi un semplice percorso psicologico si può intuire come il cittadino medio del reich non imputasse la colpa del conflitto ad un attore interno (l’Nsdap ed Hitler), bensì riversasse rancore e incomprensione verso l’esterno….ovvero il nemico straniero che bombarda con accanimento. La distinzione tra dimensione “interna” ed “esterna” è essenziale : il tedesco, politicizzato e non, localizza il nemico nella dimensione “esterna” e MAI in quella “interna”. Non ci si può scagliare contro il partito nazional socialista perchè quest’ultimo non è più un partito, ma l’intera patria al tempo medesimo (importante per mobilitare anche chi non fosse politicizzato, il che ci porta al punto B qui di sotto)
[-B] SOSTEGNO INDIRETTO
(avvertenza : tediosa analisi politologica).
…..secondo la forma mentis democratica che costituisce lo schema ragionativo della maggior parte di noi, un partito altro non è che sé medesimo ossia un mezzo finalizzato al perseguire di determinati interessi. Un partito è l’opinione di chi lo vota, nulla di più : è una rappresentazione della realtà, l’interfaccia formale traverso la quale una frazione di utenza (la società) si esprime. Un mero strumento dell’azione, se vogliamo spogliarlo di tutto il suo apparato scenografico atto ad impreziosirlo ed ampliarne la base.
Tale schema di fondo NON si applica a un partito come quello nazional-socialista : il partito nazional-socialista non concepiva sé stesso come rappresentanza di una frazione di elettorato nella compagine del sistema vigente (democratico), bensì aveva l’ambizione di diventare esso stesso sistema vigente : FARSI SISTEMA e sostituire quello in carica. L’NSDAP non aveva l’ambizione di diventare il primo partito dello stato, ma di diventare LO stato…uno stato alternativo a quello esistente.
Bene, una forza politica di questo stampo non è pertanto un “partito” nel senso in cui convenzionalmente lo si concepisce (malgrado paradossalmente si presenti all’elettorato con tale appellativo), quanto una forza la cui aspettativa è letteralmente in antitesi : superare, porsi al di sopra del vile limite del “partito” e del suo inconcludente ciarlare in aula e espandersi fino a inglobarli tutti, dall’alto (…). configurandosi quindi come sistema completo e autonomo che non si mescola ad altri partiti……..bensì li contiene (!). Il nazional socialismo aspira ad un differente ordine di grandezza – nella sua filosofia esistenziale – che non la semplice rappresentazione dei desideri dell’elettore : esso pretende di interpretare anche e soprattutto ciò che l’elettore nella sua limitata visione NON può vedere (per il proprio bene !), assumendo quindi un ruolo doppio : rappresentativo da un lato (usuale), e propositivo(/-divino) dall’altra. Il nazismo non intende servire il sistema, non intende mantenere ordine nel sistema, non intende primeggiare nel sistema, non intende governarlo o esserne permanentemente al governo (come una dittatura standard farebbe)……intende ESSERE il sistema : un ruolo sovra-ordinario la cui eccezionalità ripristina in veste aggiornata il fondamento divino, oltre-umano, delle monarchie premoderne (…). L’ampiezza del disegno è chiaramente tale da far catalogare l’Nsdap nella sezione “rivoluzionari” delle forze politiche del XX° sec. : si propone come via alternativa allo status quo della democrazia occidentale tanto quanto il marxismo-leninismo nella coeva Russia rivoluzionaria.
Parliamo quindi di un fondamento divino (senza Dio, ossia secolarizzato).
Assiomatico che ad obiettivi in questa unità di misura (si ambisce ad un ruolo “divino”) non si può ambire se non con dottrine e parole d’ordine estreme, rivoluzionarie, mistici idealismi e immense visioni da offrire all’umanità in ascolto (vale tanto per il reich quanto per la Cccp). Qualsiasi forza che voglia trasformarsi in sistema deve per forza di cose avere un’identità la cui natura profonda è messianica e che punti a un assoluto.
Morale : il nazismo NON è un partito (anche se ne porta nome e sembianze), ma è un SISTEMA. Il nazismo è (era) lo stato stesso – tanto da donargli inno e bandiera – per la generazione di tedeschi che lo attraversò. Di conseguenza sul piano della percezione individuale e collettiva è completamente confuso ciò che sia del “partito” e ciò che sia dello “stato” in quanto le due cose erano diventate una cosa sola, un sinonimo. Non si vuole affermare con questo che la società tedesca fosse integralmente nazista (erroneo) o che seguisse ciecamente e passivamente le direttive del partito (non vero) , ma è dato di fatto che lo stato in cui vivevano e che servivano era diventato sinonimo di quella forza politica. Di amalgama ontologica parliamo (mi esprimo correttamente ?), su un piano politologico : che poi su un piano umano e psicologico – individuale o collettivo – la cittadinanza del III° reich non si ritrovasse in tutto e per tutto con le direttive dei suoi gerarchi, con la sub-cultura nazista fatta di antropologia fisica e crani vari (!), con i messaggi del ministro della propaganda o con i sermoni dello stesso leader supremo…….è un altro discorso. Un italiano può anche non ritenersi soddisfatto dell’organizzazione dello stato italiano o trovare stucchevole il discorso del presidente della repubblica a Capodanno, ma con tutto ciò sul piano dell’identificazione rimangono sempre il SUO stato e il SUO presidente, che in caso di emergenza (guerre) vanno protetti.
Ergo, anche in assenza di un’adesione diretta al partito (tesseramento), la maggioranza della popolazione vi era comunque a sostegno in forma indiretta, nella misura in cui rimaneva fedele alle istituzioni statali e alla macchina amministrativa (con le quali il nazismo è diventato tutt’uno) cui ci si appoggiava normalmente per la vita quotidiana. Non si parla di “colpa”, ma semplicemente di struttura della realtà in cui si vive, anche senza accorgersene. Questo punto [A ] Sarà banale per molti….ma la tragedia sta spesso nella banalità.
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MORALE : insomma, assommando la fedeltà indiretta ossia quella de facto (fisiologica) del cittadino tedesco, anche apolitico, alle istituzioni del proprio stato [A] con quella diretta dei sostenitori di partito (che comunque ha dimensioni da statistica demografica) [B]…allora sì, se assommiamo A eB purtroppo la coincidenza tra il tedesco e il proprio stato c’è.
NO, non ci sono santi : il nazionalsocialismo NON si presenta all’analisi come una tirannide mal sopportata, un semplice sistema gerarchico e autoritario. Se così fosse stato…..se fosse stata una fredda dittatura militare da parte di una elite dispotica, reazionaria e insensibile (Ludendorff e il Kaiser, tanto per semplificare), allora atti di resistenza attiva e passiva sarebbero divampati su larga scala, tanto più in circostanze di estrema crisi come si verificarono. In un contesto che vede fronti aperti a ogni punto cardinale con perdite per milioni di giovani vite e le proprie città rase al suolo (!)…..qualsiasi regime autoritario (da “colonnelli”) collasserebbe in pochi mesi. La vecchia Germania kaiseriana resse a malapena (anzi, non lo resse) un conflitto mondiale come il primo…..mai e poi mai ne avrebbe retto uno come il secondo : nemmeno lo strumento militare sarebbe rimasto stabile di fronte a un distruzione su questa scala e si sarebbero aperte le porte a diserzioni di massa che di fatto sono l’anticamera di una RIVOLUZIONE (…). Questo nel III° reich non avvenne. Nessuna rivolta, nessuna rivoluzione. Sapete perché ? ……..perchè una “rivoluzione socialista” vi era GIA’ stata. L’ NSDAP era stato questa rivoluzione, molto tempo prima.
L’Nsdap è la sembianza fisica con cui il socialismo si afferma nell’areale germanico d’Europa : certo il “socialismo” di cui parliamo non è certo socialismo storico ossia non nasce dall’alveo canonico del marxismo-leninismo, ma è piuttosto una creatura chimerica il cui Dna fonde il più feroce etno-nazionalismo Volkish con una dottrina e uno stile di stampo sociale…diverge, fuoriesce dal socialismo canonico assai più di quanto un’eresia medievale fuoruscisse dalla cristianità, eppure il ruolo che svolse fu il medesimo (questo è fondamentale). L’Nsdap svolse in Germania un ruolo analogo a quello che il Pcus ebbe in Russia (ciascuno con tempi e modalità proprie si intende). Goebbels stesso (o chi altro) inclini ad avvicinamenti ed alleanze con la CCCP non esitarono ad affermare che il bolscevismo in Russia in fondo non era che la versione locale di quanto fosse il nazionalsocialismo nel reich. I nazionalsocialisti hanno represso i comunisti, ma NON tanto per reprimerli e basta (come un regime reazionario avrebbe fatto) : li hanno repressi con l’intento di SOSTITUIRSI a loro (!). Il nazional-socialismo non poteva cedere il proprio ruolo “rivoluzionario” ad altri…per i popoli di lingua tedesca dovevano avere l’esclusiva (…).
(CONTINUA…)
IL CICLO DEI VINTI – 9 maggio 1945. [cap. 6 di 7]
Identità, ieri e oggi (riflessioni sparse sul caso tedesco e non solo. Da leggere senza impegno)
Ricapitolando il tutto : SI’, la vecchia patria kaiseriana era morta ad analisi onesta e morta ben prima della fatidica firma di Keitel davanti agli alleati il 9 maggio.
Era morta con la deposizione dell’imperatore, sopravvivendo tuttavia di fatto nel costume e nella cultura, costituendo quello strato vetero conservatore che caratterizzava lo stato tedesco anche se ora era repubblicano. Uno spirito “tradizionalista” per dire, relativizzato dalla democratizzazione della statalità tedesca dopo il 1918 e destinato ad pervadere parte dell’atmosfera politica, senza tuttavia aver reali possibilità di alterare lo status quo (il “Dnvp” principale partito nazional-conservatore della compagine weimariana con epicentro in Prussia, nonostante una discreta affermazione elettorale – nel 1924 il massimo – non ebbe mai il potenziale per varcare una determinata soglia : in particolare irraggiungibili gli strati più popolari della società o aree a forte tradizione socialista).
A questo punto si verifica un fenomeno imprevisto che complica il quadro : non avviene la temuta rivoluzione marxista-leninista del KPD, ma piuttosto la più atipica rivoluzione del Nsdap (…). Il successo nazista ingarbuglia le carte : quest’ultimo si era fisicamente sostituito nell’identificazione collettiva allo spirito repubblicano di Weimar, colmandone il vuoto con uno spirito imperiale che tuttavia non era esattamente quello prussiano, ma gli somigliava : lo MIMAVA, ne prendeva a prestito l’estetica tradizionale ed elegante, se ne serviva per veicolare con efficacia determinati messaggi….ma non erano gli stessi di prima. Siamo alla confusione di forma e sostanza (che è fatale ancora oggi alla prussianità).
L’Nsdap a differenza di altri partiti monarchici e nazionalisti come il Dnvp (lo utilizzo come termine di paragone) non soltanto non intendeva servire lo status quo di allora (democrazia repubblicana), ma in realtà non intendeva nemmeno ripristinare il sistema anteriore : non voleva indietro il Kaiser !
C’è persino da dubitare che la base “quasi-socialista” del nazional socialismo volesse indietro il ciarpame targato Hohenzollern (!) : nello sterminato repertorio propagandistico nazista non esiste traccia alcuna di sostegno alla tradizione monarchica (ipotesi di eventuale restaurazione poi sono pura utopia). Malgrado tutto questo i nazisti adorano indossare la perfetta uniforme JUNKER (da ora in avanti userò solo questo termine per indicare lo strato vetero-conservatore, filomonarchico, e “prussiano”).
Dunque, siamo di nuovo di fronte ad un nodo intrigante fondato su un sottile intreccio di fattori psico-sociologici, politici e territoriali. Alla base di questo intreccio vi è un potente collante che è il nazional socialismo stesso : la proprietà più esplosiva che questo movimento abbia mai avuto è stato quello di superare la canonica e convenzionale demarcazione destra/sinistra nella percezione dell’elettorato con cui aveva a che fare….raggiungendo le frange più violentemente conservatrici quanto quelle più ferreamente rosse e rivoluzionarie. Non si vede spesso in effetti un partito appoggiato dagli Junker, ma dove al tempo stesso il 70% degli iscritti nei dintorni di Berlino sono ex-comunisti (dati della polizia di Prussia). Il nazionalsocialismo – mia opinione – è il vero antesignano di tutti i rossobruni che verranno.
Junker e nazisti si somigliavano ? Erano la medesima cosa in sembianze differenti ? Che rapporto c’è tra loro ?
Le risposte sono più di una e molto dipende dall’osservatore (dal punto di vista di chi sia molto a sinistra politicamente e non specificamente interessato all’argomento in questione, si tratta di un gioco di sfumature : “junker” e “nazista” sono due volti della stessa medaglia e non serve ulteriore analisi. Io personalmente non sono d’accordo invece e proseguo).
Sia lo Junker che il nazista (facciamo siano due persone), condividono una visione NON occidentale dell’esistenza : sono figli di una cultura continentale europea – di stampo germanico – che si sviluppa in modo divergente rispetto alle grandi correnti liberali dell’universo anglosassone che prendono rapidamente piede in tutto l’occidente (il comunismo sovietico non è differente su questo).
Lo junker ha dei limiti ad affermarsi in un’arena dove debba conquistarsi accoliti, per ragioni di ordine a) geografico – b) sociale. I
In parole altre lo spirito junker è troppo dipendente da un’identità (a) TERRITORIALE : la “Prussia ideologica” ultraconservatrice degli junker non corrispondeva – in termini di geografia elettorale del tempo – a tutta la Prussia tedesca che vediamo sulle carte del 1919, ma ad un nebuloso e frastagliato estendersi di “ridotte” elettorali, a ridosso del Baltico fino alla Prussia orientale. Cassaforte solida di voto, ma lontana dai nodi nevralgici della società tedesca, dalle masse, assumendo involontariamente una connotazione meramente territoriale senza il potenziale di imporsi sull’intera galassia di regionalità tedesche. In ed in secondo luogo troppo dipendente da un’identità di (b) CLASSE : l’elite del “partito” Junker è fatta da gente ferreamente legata ad una visione anacronistica (reazionaria) della vita – aristocrazia latifondista, medi-alti ufficiali e medi-alti funzionari – col risultato di alienarsi qualsiasi simpatia che non sia per ragioni diverse rispetto ad un attaccamento territoriale (punto precedente).
Come detto sin dal principio, questi Junker pur dall’identità così caratteristica, NON avevano reali possibilità di imporsi : le ragioni sono quasi fisiologiche, diciamo.
Per i nazisti al contrario questi due limiti NON esistevano : il nazional socialismo, sebbene molto forte proprio in Prussia inizialmente, non ha in teoria alcuna connotazione geografica di suo…è trasversale (bavaresi, austriaci e renani saranno suoi sostenitori). In secondo luogo, l’elite riflette una base elettorale assai più “terrena”, fondamentalmente popolare, in grado di penetrare in aree tanto rurali quanto metropolitane sfidando socialisti e comunisti sul medesimo terreno, strada per strada, “pugno contro pugno” (cosa impensabile per il più signorile junker, per intendersi).
A scanso di queste differenze, per tornare alle affinità, entrambi condividono una predilizione per la simbologia di tradizione e potenza – anche se ognuno a modo suo – e questo è fondamentale.
Il nazionalismo junker è più tradizionale, ingessato, di sapore aristocratico, flemmatico mentre quello nazista comparativamente una palla di fuoco (!) senza sosta : di massa, sociale, rivoluzionario e violento. Mentre i primi tendenzialmente cercano di conservare staticamente un primato (sociale) che già hanno da sempre…..i secondi (in maggioranza di estrazione piccolo borghese e anche proletaria) sognano un primato che NON hanno mai avuto. Semplificando criminalmente un densissimo discorso sul rapporto psicologico tra queste due “destre” (non uso il termine “destra/sinistra” in genere, ma faccio uno strappo), lo “junker” ha la potenza (economica/sociale) e se la conserva gelosamente…..il “nazista” non ce l’ha ma la vorrebbe molto, finendo con l’emulare il primo in tanti aspetti esteriori : e qui siamo alla famosa uniforme di taglio prussiano, mostrine e tutto il resto (…)
Sorvolando queste soggettive interpretazioni (che invito chiunque a sfidare prontamente correggendomi dove vado errato) sulla natura antropologica del rapporto Junker/nazismo e della demarcazione che io traccio………va detto che secondo molti altri il prussianesimo è comunque, in ogni caso, l’antesignano, il precursore del nazionalsocialismo : la base popolare nazista si impossessa dei simboli prussiani (vestigia), li fa suoi, infondendovi tuttavia il proprio spirito. Ne viene fuori una “popolarizzazione” una socializzazione della prestigiosa e austera cultura junker/prussiana, facendone un fenomeno di massa assai più di quanto non fosse riuscito a fare lo stato kaiseriano a suo tempo (…)
Un’interpretazione non felice per il prussianesimo potrebbe essere che il nazionalsocialismo altro non è che il medesimo concetto, semplicemente migrato dalla dimensione aristocratica del XIX° sec. per passare a quella di massa del XX°. La prussianità (volendo conferirgli un’unica mente…) potrebbe aver pensato che non aveva più bisogno di un kaiser e che l’Nsdap e il suo leader supremo assolveva analogamente il compito “imperiale” in modo più moderno (…).
Su questa linea abbiamo un nome che spicca tra tutti : OSWALD SPENGLER.
Per lo studioso il nome non ha bisogno di presentazioni. Pur mai stato nazista formalmente, ne è considerato intellettualmente uno dei precursori. Il suo Preussentum und Sozialismus, del 1919, non si sofferma affatto sulla componente aristocratica della Prussia, ma al contrario ne sottolinea una ancestrale e naturale tendenza ad un socialismo autoctono, alternativo a quello marxista quanto opposto al liberalismo occidentale : una terza via in tutto e per tutto, di matrice nazionale. Tutto ciò che il nazionalsocialismo fu……….
(CONTINUA…)
IL CICLO DEI VINTI – 9 maggio 1945. [cap. 7 di 7]
Identità, ieri e oggi
– andiamo verso l’epilogo (K. Adenauer in copertina)
1945 – 1945 – 1945
Ci siamo finalmente…..partendo dal lontano 1918 con una fiumana di considerazione psicologiche politiche e sociali, ritorniamo al nostro 9 maggio del 1945.
Non è una sconfitta qualsiasi, non un armistizio ordinario come se ne contano nella storia dei conflitti : è una resa totale, nemmeno firmata dalle superstiti autorità del reich (che gli alleati han già chiarito, NON riconoscono come soggetto di dialogo). “Resa senza condizioni” nel linguaggio del diritto internazionale ha un significato forte, assoluto….sta a dire che l’entità perdente è completamente alla mercè di quella vincitrice che può anche deciderne la continuazione dell’esistenza o meno (e così sarà).
Lo stato tedesco il 9 maggio 1945 cessa giuridicamente di esistere.
Ne nascerà un altro pochi anni dopo che non ha alcuna attinenza col primo.
Molte considerazioni è obbligatorio fare su questo. Come premessa a scanso di equivoci (che i miei interventi non diano l’idea di un nostalgia per il III° reich) : Il reich hitleriano nei 6/7 anni passati aveva dato inizio ad una politica di aggressione e quindi conquista armata ai danni degli stati vicini, degenerata in un conflitto globale che coinvolse i 5 continenti. Il conflitto , da parte tedesca, fu condotto senza esclusione di colpi : attacchi a sorpresa, mancato rispetto delle leggi di guerra, aggressione ai danni di paesi NEUTRALI (Olanda) e anche ai danni di paesi con cui vigevano accordi o quasi alleati, come l’Urss. Nei confronti di quest’ultimo soggetto, la guerra non ebbe carattere convenzionale, bensì di annientamento : una crociata messianica al di fuori (al di sopra) di qualsiasi legge terrena, ma solo al verbo del leader supremo del reich, che porta alla scomparsa del 10-12% della popolazione sovietica (25 milioni di caduti tra militari e civili).
Ovunque si pretendevano rese incondizionate, seguivano diktat e deportazioni….questo l’ultimo reich fece ai propri nemici (reali o presunti).
I capi del III° reich per primi diedero vita ad una guerra TOTALE : quando è così allora bisogna spettarsi altrettanto dai propri avversari. La resa incondizionata che gli alleati impongono alla Germania è la conseguenza naturale ed inevitabile di come Hitler per primo impostò il conflitto : il reich nel 1945 semplicemente subisce la stessa cosa che ha spietatamente dispensato ai propri vicini per i 6 anni precedenti. Come ho già detto tante altre volte, a scanso di qualsiasi considerazione morale (che riempie volumi), chi al casinò punta TUTTO sul tavolo……….può vincere moltissimo come può rimetterci tutto, per l’appunto. Hitler si è giocato un intero paese.
Hitler è il principale responsabile dell’annullamento dello stato tedesco.
Con questa premessa obbligata io andrei al punto sostanziale di tutta la serie, oramai stanco di scrivere tanti capitoli da bacheca di un social (…)
Il dramma di chi fa pazzie nell’alpinismo – analogia efficace – è che non finisce solo LUI nel precipizio, ma tira giù con sé tutti coloro che sono in cordata con lui. Questo è quanto accaduto nella Germania del 1945 : Adolf Hitler e il suo partito non hanno solo distrutto sé stessi, ma hanno tirato giù con loro l’intero paese, la sua identità che ancora oggi è oggetto di dibattito, contestazioni, problematiche irrisolte.
Gli alleati infatti (ed è anche comprensibile fino ad un certo punto) NON si limitano a mettere fuorilegge l’NSDAP e i suoi rami, SS in primo luogo. No, attuano una misura enormemente più drastica che è la scomparsa della PRUSSIA come regione storica dello stato tedesco.
Attuano un intervento chirurgico geo-culturale, per esprimersi così, decostruendo lo stato tedesco e la sua identità così come erano concepite sino a quel momento. Qualcosa che è arduo da immaginare per le generazioni successive che vedono lo stato tedesco per quel che è oggi sulle carte e nell’immaginario : io dubito che la maggior parte (anche di chi mi legge) riesca a realizzare sino in fondo l’entità del cambiamento.
Massima parte della storiografia sull’immediato dopoguerra tedesco si concentra comprensibilmente su nazionalsocialismo e denazificazione tra 1945 e 1949, facendo sì che in tal mondo passi inosservato un ALTRO processo , assai più indiretto e silenzioso, che è quello della de-prussianizzazione dell’identità germanica. Questo passaggio vitale nella palingenesi dell’odierna identità tedesca viene quasi completamente obliato, saltato o dato per scontato…..non merita l’onore della cronaca.
La mia opinione di storico della cultura è la seguente : con l’alibi (di per sé del tutto comprensibile in quel momento) di eradicare il nazionalsocialismo dalla Germania sconfitta, si è parallelamente e silenziosamente messo in atto qualcosa di assai più importante. Bandendo il prussianesimo (non ufficialmente poiché non è di un partito che parliamo ma di una sub-cultura) si è andati ad operare sul piano più profondo della psiche collettiva e dei processi di identificazione coinvolti sin dalla genesi dello stato unitario tedesco di un secolo prima.
Per usare un’analogia della medicina futuristica, si opera a livello di DNA (culturale), modificandone la trascrizione in modo da far regredire il soggetto a uno stadio embrionale e da lì in poi direzionarne lo sviluppo in una nuova forma. La Società tedesca “azzerata” moralmente dalla guerra mondiale sarebbe il soggetto regredito…..mentre il chirurgo è l’autorità alleata che sottrae dal Dna il prussianesimo, senza sostituirlo, ma piuttosto bilanciandolo con un aggiunta in altro settore (ossia il liberalismo anglosassone veicolato da Konrad Adenauer, primo presidente della Germania federale).
Il procedimento di politogenesi è praticamente riformulato dalle sua fondamenta, come se fino a quel momento uno stato tedesco non fosse esistito (si mise in effetti in dubbio se dovesse o meno esistere dopo la guerra, uno stato unitario tedesco, con varie ipotesi di Renania indipendente ed altro ancora). L’unica ragione che impedisce una parcellizzazione politica dell’areale tedesco è il bisogno (soprattutto angloamericano) di avere un baluardo contro l’est-Europa.
Come si procede dunque ? Beh, è dominio pubblico : le 3 aree di amministrazione alleata occidentale (Gb, Francia e Usa) si fondono per creare la repubblica federale tedesca nel 1949. Il primo presidente e co-fondatore culturale – K. Adenauer – è un esponente di primissimo piano del liberalismo (in chiave “bianca” e cattolica) per tutta la prima metà del XX° sec. , sin da prima del primo conflitto mondiale : acerrimo nemico del prussianesimo che egli da cattolico di Renania, pianifica di escludere dal plasma dell’identità tedesca (già molto prima del nazionalsocialismo, alla conferenza di Versailles del 1919, Adenauer – allora consigliere – pregò i vincitori inglesi e francesi di fare in modo di dissolvere la Prussia tra la clausole della resa tedesca). Adenauer più che in termini di “destra-sinistra” ragionava in termini di “occidente-oriente” facendosi campione in tale polarizzazione, dell’OCCIDENTE : tanto prussianesimo germanico quanto comunismo sovietico sono veleno (in quest’ottica), figli dell’oriente contrapposto al “positivo” liberalismo occidentale.
Su queste fondamenta nasce la Germania occidentale del 1949 : una Germania “bianca” (regnerà per decenni la CDU, analoga della nostra democrazia cristiana, sintetizzo molto scusate), liberale, saldamente schierata con la NATO e quindi al tempo stesso fortemente antinazista e ferocemente anticomunista e………del tutto antiprussiana (non viene espressamente detto, viene lasciato implicito).
E’ la concretizzazione della visione che Adenauer ha inseguito per mezzo secolo. Questa creatura dopo il 1989 ingloba anche i lander della defunta Germania orientale e abbiamo lo stato che vediamo oggi. Uno stato che ripudia la guerra e il possesso di armi nucleari, ma che al tempo medesimo accetta e giustifica apertamente la presenza di missili atomici statunitensi collocati sul proprio territorio assieme ad altre della Nato (de facto comunque controllate da Washington).
Uno stato talmente pacifista che per effetto collaterale crea problemi alla stessa Nato (!) , quando rifiuta di alzare le spese militari a sostegno della difesa comune (Washington ha voluto una società tedesca pacifista e dall’identità nazionale NON marcata : ebbene adesso li dovranno proteggere a spese del contribuente americano…..ben gli sta).
Fermo qui il mio sproloquio per ora, che evidentemente mescola fatti storici oggettivi alla mia opinione personale sugli stessi (in questo caso lo sto ammettendo apertamente tuttavia : indicatemi uno storico che NON lo faccia. Attendo, prego).
Come storico della cultura tuttavia affermo (mi ne assumo la responsabilità) : l’eliminazione del “prussianesimo” durante la palingensi dello stato tedesco post secondo conflitto mondiale ha pesato assai di più che non la denazificazione, sul lungo termine.
Il processo di denazificazione si libera di una cultura politica totalitaria e pervasiva…ma che aveva regnato in fondo solo 12 anni : eliminare il prussianesimo……ha significato metter fine a una cultura nazionale che durava da quasi un secolo, quella fondativa dell’unità pan-tedesca del XIX° sec.
Forse esagero ? Forse interpreto male ? Forse gli alleati l’hanno fatto involontariamente ? o forse era un male necessario ? (tutte queste ipotesi sono valide), perché ho come l’impressione che assieme ad Hitler…abbiano gettato via una frazione di Bismarck.
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