CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE, di Marco Giuliani

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE

A rischio centomila imprese e giù i riscaldamenti per tutti. Il disagio sociale provocato dal coinvolgimento dell’Europa nella guerra e dall’aumento del caro-vita, se non seriamente motivato, non è più giustificabile

Le istituzioni politiche non ci hanno comunicato ancora in nome di quale obiettivo la UE stia trascinando la comunità e i suoi cittadini verso una condizione allarmante, sia dal punto di vista logistico che sociale. Sorgono, spontanee, alcune domande, che crediamo siano le stesse che milioni di persone rivolgerebbero ai rispettivi governi. Il motivo delle costrizioni è quello di punire Putin all’eccesso, facendone una questione morale? Oppure è quello di obbedire a nonno Biden, Borrell e Stoltemberg, che continuano a fomentare il riarmo acuendo il muro contro muro con Mosca e arricchendo le multinazionali che producono bombe? O, ancora, dare luogo a un neobipolarismo economico e politico con l’est del pianeta che sembrava superato ed è, come la Nato, vecchio di quasi ottant’anni? Non è chiaro. E mentre in Italia imperversano le elezioni, i contribuenti soffrono e la politica continentale si sta via via spaccando. Qual è il punto? Tentiamo, come è nostra prassi, di dare spiegazioni suffragate da fatti e da dati analitici raccolti in modo concreto.

Come prima riflessione, non si può non fare riferimento ai redditi medio-bassi e ai pensionati. Ergo: che tipo di interesse o giovamento può riscontrare un anziano che riceve seicento o settecento euro di pensione dal momento in cui la coppia Draghi-Di Maio, su input estrinseci, continua a ripetere, come un disco scassato, che è giusto inviare miliardi di armi agli ucraini perché è l’Occidente che lo chiede? Se la sua bolletta elettrica quadruplica, è più lecito pensare che la prenda bene poiché è un sacrificio chiesto da Washington e da Bruxelles oppure è più razionale presumere che rimanga scioccato dagli aumenti fregandosene del fatto che il signor Zelensky batta cassa un giorno sì e l’altro pure per soldi e missili? L’operaio con busta paga di 1300-1400 euro mensili, rispetto al vertiginoso aumento del caro-vita, si sente più tranquillo o più incavolato se gli si dice che il suo sacrificio si compie per indebolire Putin e per procrastinare la guerra a data da destinarsi? Propendiamo per la seconda ipotesi, e chiunque sostenga il contrario è in malafede o è da legare. Nel frattempo, all’insegna del regit et tuetur in nome della Nato, per l’anno 2022 l’Italia ha stanziato in armi qualcosa come 26 miliardi di euro (+ 5, 4 % rispetto al 2021).

Andiamo avanti. Migliaia di imprese, dopo aver sopportato due anni e mezzo di pandemia, rischiano di chiudere a causa del triplice, quadruplice e anche quintuplice aumento dei carburanti e dell’energia; qui da noi, Palazzo Chigi si giustifica sostenendo che “è priorità essenziale sostenere Kiev con sanzioni a Mosca, con l’acquisto di bombe e con la spedizione di denaro sonante al governo ucraino”. Non può più bastare, non è credibile, così come non è più ammissibile tollerare questa bassa tutela verso il fabbisogno nazionale. Non sono questi gli interessi dell’Italia, così come quelli di Germania o Spagna. Il lato peggiore dell’intera vicenda è tuttavia la penuria di volontà – da parte della comunità europea, lo ripetiamo – di ricercare una soluzione della crisi, promuovere proposte di compromessi che inevitabilmente porterebbero le parti a concedere qualcosa in modo reciproco. Chi rappresenta oggi le istituzioni, sta mascherando la corsa al riarmo con iniziative sconsiderate che tende invece a definire prioritarie ed essenziali. Allora ci pensa l’informazione, ovviamente quella indipendente, a tentare di fare luce su politiche opacissime e spesso sponsorizzate dai media mainstream senza uno straccio di autocritica o contraddittorio. Mentire all’opinione pubblica circa la convenienza di acquistare materie prime dall’Angola, dall’Algeria, dal Congo e dal Qatar (che non rappresentano certo delle democrazie illuminate), magari tacciandole come “misure urgenti”, significa tradire la fiducia dei cittadini perché il prezzo dei carburanti russi è tra i più bassi su scala mondiale. Ricorrere alle centrali a carbone (in piena era di transizione ecologica), come un secolo fa, senza riportare in modo doveroso e onesto che le stesse rappresentano una delle maggiori fonti d’inquinamento dell’intero sistema energetico, significa essere ipocriti con gli elettori a cui fu garantito un maggiore uso delle rinnovabili ai fini della salvaguardia della salute del pianeta.

La sensazione è, ma ci aggiorneremo al 26 settembre, che in Italia le elezioni cambieranno ben poco. È un sospetto che ha la sua variabile indipendente nella fila dei partiti che si è creata, come dietro a uno sportello postale, per fare a gara tra chi sarà il più gradito alla Casa Bianca e a Bruxelles. Qualunque schieramento vinca le elezioni, dovrà, per forza di cose, dichiarare la sua fedeltà a un euroatlantismo che ha fatto dello scontro frontale e della corsa al riarmo i suoi cavalli di battaglia. Ma c’è una contraddizione: poiché gli interessi geopolitici non combaciano, o si è europeisti o si è atlantisti. Lo dice la storia.

 MG

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Osservatorio Milex sul bilancio previsionale dello Stato per l’anno 2022, dati raccolti il 10 gennaio 2022, fonte Ministero della Difesa italiano –

Science of the Total Enviroment, rivista di scienze, 1° dicembre 2019, numero 694 –

www.ipsoa.it, pagina del 19 marzo 2022 consultata il 07/09/2022 –

www.ilsole24ore.com, pagina del 22 agosto 2022 consultata il 7 settembre 2022 –

www.micromega.net, pagina dell’8 settembre 2022 consultata l’8 settembre 2022 –