6 MESI – LO STATO FANTASMA e un ENIGMA NON MODERNO, di Daniele Lanza

6 MESI – LO STATO FANTASMA.
(bilanci)
Dunque, non mi occupo più di alcun bollettino di conflitto dalla fine di aprile in realtà e non intendo certo recuperare puntate passate.
Mi ritrovo non ad analizzare propriamente – che mi mancano troppi dati – ma a riflettere come tanti altri commentatori e analisti sul primo semestre della crisi militare che investe il quadrante orientale d’Europa : a giudicare dalle mappe delle operazioni in corso la situazione è apparentemente cristallizzata oramai da mesi (apparentemente, poichè le forze russe in realtà guadagnano gradualmente terreno) come mostra la mappa allegata al post.
Come interpretare ? Che significa ? Molte cose.
Emerge quel quadro di logoramento che non ricorda tanto i blitzkrieg del secondo conflitto mondiale quanto piuttosto le trincee del primo (si fa per dire), come già notato un migliaio di volte sin dagli esordi a marzo, nulla da aggiungere.
Il presidente di Russia a prescindere dal grado di difficoltà incontrato in questa metà di anno NON ha (e non lo farà) ordinato la mobilitazione generale : dopotutto la patria non è in pericolo….da una prospettiva globale del Cremlino si tratta di un’operazione ai suoi confini e tale operazione non può e non deve assorbire più di quanto lo stato russo non sia in grado di sostenere : i vertici e il loro leader non sono sprovveduti, pur nell’azzardo, e non impegnano più risorse (economiche e umane) di quanto lo stato non possa sopportare. Questo significa che la campagna, da parte russa, continuerà a proseguire con le risorse che gli sono state destinate dall’inizio sino ad oggi (con un preciso limite) : si va avanti nella misura in cui si può farlo entro il margine di quel limite di spesa, finchè non accade qualcosa.
Salvo pertanto capovolgimenti di fronte o altri casi eccezionali la campagna prosegue con le risorse previste per una “operazione” e non di più : il fatto è che pur soltanto con risorse limitate, bilanciate per la taglia di una operazione di confine/incursione (diciamo), si è riusciti ad occupare quasi 1/4 del paese (un paese di dimensioni maggiori alla Francia) (…).
Questo comporta che allo stato attuale ci si ritrovi in una situazione di vero “non ritorno” da parte di tutte le forze in gioco, ognuna delle quali ha commesso uno sbaglio nella valutazione. Vediamo come andando in ordine alfabetico :
A – Il punto di vista russo. Pleonastico : il Cremlino non può più ritirarsi in nessun caso (chi riesce a mettersi nei loro panni, lo comprende in pochissimo). Le forze russe in questi 6 mesi hanno incassato le loro perdite , unite allo stigma planetario che lo stato russo soffre a livello di immagine, sufficiente a ridefinire la demarcazione del globo in blocchi (l’occidente euroatlantico sanzionatorio da un lato e i paesi emergenti, meno intransigenti con la Russia, dall’altro). La Russia è talmente compromessa nell’azione in corso che anche le conseguenze materiali di una prosecuzione del conflitto -per quanto difficili – sono comunque preferibili rispetto a quelle che avrebbe una RESA ufficiale da parte di Mosca (si tratterebbe, arrivati a questo punto, di una sconfitta storica, che – aprirebbe le porte ad un declino rapido della leadership attuale e ,sul lungo termine, una ripresa del processo di disgregazione territoriale dello stato russo sostenuta da agenti esteri. Se la fine del XX secolo ha visto la disintegrazione dell’Unione Sovietica….la prima metà del XXI vedrebbe la fine della Federazione Russa. Seconda catastrofe in successione a distanza di una generazione).
Il Cremlino ha sbagliato nel valutare la testardaggine della leadership ucraina : una dirigenza moderata avrebbe (forse) acconsentito a scendere ad una qualche trattativa, ma una dirigenza nazionalista come quella attuale NO (si è sbagliato il calcolo nel valutare la misura – amplissima – del sostegno dato da Washington ai segmenti più nazionalisti della società e nell’aprirgli dunque la strada alle sfere della politica, sino al vertice, negli ultimi 20 anni. Ci si è sbagliati nel valutare l’effetto rassicurante dato dalle promesse di sostegno economico/militare garantito da Washington e Nato – poi in effetti prestato – a Kiev come ad altri stati di area est europea. Promesse in parte impossibili, ma che sortiscono l’effetto di alimentare la sicurezza dei governanti a Kiev nel proseguire una resistenza a oltranza).
B – il punto di vista ucraino è il più enigmatico, in quanto la situazione – nella prospettiva di Kiev – è la più aberrante : lo stato ucraino di per sé ha GIA’ cessato di esistere a rigor di logica (leggere bene quanto segue).
In primissimo luogo, anche se si dovesse arrivare ad una trattativa, ormai lo si farebbe dovendo rinunciare a tutti i territori conquistati col sangue dalla parte avversa (quasi ¼ dell’intero paese : come se la repubblica italiana rinunciasse a isole e mezzo sud della penisola) : soluzione non accettabile per l’ordine interno ucraino (qualsiasi stato, dopo una sconfitta che comporta la perdita di quasi ¼ della superficie nazionale, perde ogni vestigia di legittimità e credibilità agli occhi della propria società di riferimento, nelle cui istituzioni dovrebbe rispecchiarsi). In secondo luogo le perdite ucraine sono oramai pari a 70’000/80’000 elementi. In terzo luogo – ma alla pari col primo – in 6 mesi di conflitto KIEV ha accumulato un debito economico nei confronti dei suoi benefattori statunitensi che non è oggettivamente in grado di saldare (considerata l’economia ucraina è qualcosa di materialmente infattibile se non in un lasso di tempo sul mezzo secolo). Se ne ricava che la leadership ucraina ha commesso un errore con DUE conseguenze :
1) Anziché aprire le trattative da subito – dalle prime settimane – ha optato per una resistenza ad oltranza, facendo degenerare il confronto armato senza aver la reale possibilità per vincerlo (tramutando cioè quello che probabilmente doveva essere un’incursione a scopo deterrente – cioè per disarmare Kiev e basta – ad una lotta sanguinosa sul territorio : anziché accettare da subito un trattato col Cremlino, per quanto umiliante, ha preferito combattere una guerra di vecchio stile con conseguente perdita di intere regioni che non torneranno più al paese. La leadership ucraina è in un certo senso corresponsabile nell’aver trasformato l’”operazione speciale” di Putin in un conflitto che ricorda le campagne delle guerra mondiali nevecentesche……).
2) La resistenza ad oltranza descritta sopra, è possibile solo con ingentissimo aiuto estero (che non è un regalo) : il governo ucraino sta sostanzialmente portando avanti la sua resistenza grazie agli aiuti stanziati da Washington…….le somme che arrivano da oltreoceano sono inimmaginabili per il budget destinato alla difesa dal governo di Kiev. L’Ucraina è tenuta militarmente in vita artificialmente da questa macchina per l’ossigeno (…). Il debito cumulato è tale (unito ad altri debiti contratti sin dal 2014, dopo la perdita delle produttive regioni del Donbass) da rendere lo stato ucraino in tutto e per tutto dipendente dall’occidente atlantico, quale che sia l’esito. Anche se si dovesse prevalere in qualche modo (ipotesi assai remota), l’”Ucraina vincitrice” con l’aureola della vittoria sarebbe uno stato eterodiretto da Washington nella stessa misura in cui lo erano alcuni stati dell’Africa occidentale dalla Francia post-coloniale, non è esagerazione. Senza tale polmone, le forze armate ucraine capitolano per assenza oggettiva di mezzi in pochi mesi, quindi non possono privarsene nemmeno volendo.
Da queste considerazioni in alto si arriva alla conclusione che l’Ucraina – in qualità di stato indipendente – ha GIA’ cessato di esistere. L’Ucraina sul piano geopolitico NON esiste più già da adesso (tantomeno come i propri nazionalisti al potere la vorrebbero : proprio costoro nel disperato tentativo di difenderla da un aggressore….la vendono letteralmente ad un altro, senza accorgersene).
In nessun quadro ipotetico figura un’Ucraina che vince il conflitto (se anche fosse sarebbe una marionetta che esulta). Lo STATO FANTASMA del titolo di questo post è dedicato allo stato ucraino.
C – punto di vista atlantico/occidentale : hanno investito un’enormità in Ucraina…e se si ritirassero ora perderebbero tutto l’investimento fatto, senza un ritorno. Per rientrare dell’investimento si ha bisogno di un’Ucraina che VINCE e allora si continua il finanziamento nell’attesa non tanto di una vittoria sul campo (ipotesi remota), ma aspettando l’esaurimento materiale dell’opponente. Washington punta ad una vittoria per abbandono (cioè che la Russia, a corto di fiato, si ritiri da sola dal ring per spossatezza. Le guerre in effetti si vincono anche in questo modo).
In questa ultima previsione si colloca probabilmente l’errore atlantico/occidentale, che troppo semplicisticamente paragona il caso ucraino del 2022 a quello afgano del 1980. I decisori d’oltreoceano, distaccati dal vecchio continente non danno peso alla storia……..l’Ucraina per il Cremlino, non è l’Afghanistan. Non è solo una questione di potere o influenza internazionale….non è una guerra coloniale del XIX secolo. La questione ucraina – non veramente affrontata come si sarebbe dovuto, negli anni 90 – è parte dell’identità russa e slavo orientale stessa.
(CONTINUA)
6 MESI – ENIGMA NON MODERNO*
(bilanci)
Il modo in cui ho concluso la mia riflessione sui primi 6 mesi di conflitto, ci riporta alla premessa ASSOLUTA, già menzionata in passato, che non concerne il dato tecnico, ma quello psicologico e morale e che influenza la terminologia comunemente in uso : quello in corso da oramai sei mesi non è un confronto tra due stati (sebbene per il mero diritto internazionale sia descritta così, ovvero “de jure” e tale sia considerato ovunque nel mondo occidentale), bensì coincide maggiormente con la definizione di “GUERRA CIVILE”, se si considera il peso totale della storia di lungo corso (quella dei secoli) che riguarda le due entità coinvolte.
Russia ed Ucraina – sono (come ricordato innumerevoli volte), a tutti gli effetti parti complementari della medesima civilizzazione, segmenti autonomi, dello stesso continuum culturale……….autonomi sì, ma non al punto da poter essere completamente indipendenti l’un l’altro quanto lo sarebbero due stati nazionali del tutto estranei : lo sfumarsi poi del confine politico-amministrativo tra i due contendenti nel frangente attuale (linea di demarcazione al momento polverizzata, decomposta, possiamo dire) non fa che espandere la coltre di ambiguità che pervade il campo di battaglia. A giudicare dalla mappa delle operazioni correnti – unita all’ultimo proclama del presidente di Russia – le regioni sotto controllo di Mosca, punteggiate in rosso, verranno assorbite dalla Federazione…..il mainstream occidentale lo chiamerà “annessione” alla stregua del caso crimeano di 8 anni orsono, mentre dal Cremlino si parlerà di “riunificazione”, mentre riemergono carte dell’antica Novorossiya ekateriniana del XVIII° secolo, onde sottolinearne la quasi perfetta sovrapposizione geografica (…). Esiste anche la possibilità che le cose non si fermino qui del resto : l’errore iniziale della leadership di Kiev, in cui si indulge tuttora, oltre ad aver fatto perdere le regioni che si vedono, può potenzialmente fargliene perdere ALTRE. Il confronto prosegue lentamente, ma prosegue e sempre a vantaggio russo ed ogni metro preso di certo non sarà mai più restituito : se ad oggi Kiev ha perso quasi ¼ del paese, potrebbe arrivare anche a perderne 1/3 o addirittura l’intero 50% di questo passo…annullando a quel punto lo stesso senso dello stato ucraino in sé (mentre ai finanziatori d’oltreoceano non importa davvero nulla delle regioni ucraine perse o riprese, dato che dalla prospettiva di Washington altro non si tratta che di pedine sullo scacchiere – utili ad indebolire il più possibile l’opponente (Mosca) – prima di un’inevitabile capitolazione. Sì, perché da Washington non sta a cuore la salvezza di Kiev, ma solo sfiancare l’apparato industrial/militare di Mosca, per cui il vasto territorio ucraino è alla stregua di un corpo morto da sfruttare il più possibile contro il “nemico”).
Il paradosso che va delineandosi consiste quindi nel fatto che più il governo di Kiev si impunta per salvaguardare il proprio onore, più DANNEGGIA la medesima causa patriottica determinando un allungarsi del conflitto con conseguente perdita progressiva (e permanente) di altre provincie e regioni : in parole altre, la resistenza ad oltranza per difendere il concetto di Ucraina sul piano morale, determina una scomparsa graduale di quest’ultima sul piano MATERIALE (!). In questo, per l’appunto complici gli alleati occidentali, i “salvatori”, che nel finanziare una resistenza impossibile fino all’ultimo in nome dell’indipendenza ucraina, ne favoriscono all’opposto una maggiore disgregazione (cosa che tuttavia è secondaria, dalla prospettiva washingtoniana, già detto).
Ma poi, dopo tante parole, COSA è poi la sagoma che chiamiamo “Ucraina” ? Dove finisce e dove inizia ? Chi lo stabilisce in ultima istanza ? Ingiusto stabilirlo con le armi in mano diranno molti….e allora è più giusto che a stabilirlo sia l’opinione pubblica che segue gli avvenimenti dallo schermo Tv, senza cognizione alcuna ?
Dove si colloca la verità ? Questo non lo stabilisce né il sottoscritto né alcun altro, per fortuna. Più che altro, più che voler stabilire un’impossibile verità con una specifica sentenza – mi verrebbe, per l’ennesima volta, da sottolineare un problema di fondo, di natura assai più generale che concerne la moderna concezione di organizzazione del territorio.
Forse il nodo non dicibile del problema – cioè quanto molti non colgono – è “l’insufficienza dello stato nazionale, in quanto struttura, nel soddisfare i bisogni della società e della storia” (definizione coniata da me, assai ambigua lo riconosco, me ne assumo paternità e responsabilità) nel senso che il concetto di stato-nazione (pur alla base del diritto internazionale ed universalmente condiviso nel discorso sia scientifico che comune) si rivela inadeguato ad affrontare situazioni a casi come quello in questione.
Per spiegarsi meglio, lo “stato-nazione” in sè – entità che si vorrebbe lineare idealmente, dai confini definiti, dal carattere omogeneo – può essere anch’esso ricondotto, a suo modo, al canone razionalizzante/standardizzante del pensiero moderno, quando si stabilì in onore al metodo scientifico che ogni aspetto dello scibile umano doveva essere messo al proprio posto, classificato, sezionato, incasellato in sterminati sistemi linneiani (la politologia non ne fu immune). Tale sistema è disgraziatamente inadeguato a interpretare correttamente un processo di lunghissimo corso come quello che da vita alla SIMBIOSI russo-ucraina : quest’ultima è il risultato dell’evoluzione di un millennio, è a tutti gli effetti un equilibrio di origine pre-moderna che poco si presta alle molte semplicistiche riflessioni odierne (…). Nell’estrema essenza si può dire che buona parte delle riflessioni (soprattutto occidentali) sul tema non riescono a cogliere il cuore del problema per una ragione elementare : si cerca di risolvere un enigma ANTICO (premoderno) con strumenti e mentalità CONTEMPORANEI. Come voler comprendere a fondo la Commedia dantesca ragionando esclusivamente sul piano odierno, e senza immedesimarsi nella forma mentis di un uomo del XIV secolo.
In conclusione : il corso della situazione – la sua tempistica soprattutto – rimane imprevedibile, tuttavia in nessun caso potrà terminare come un Afganistan o come un Vietnam. Non è materialmente possibile (semmai tale visione riflette per la precisione i desideri della dirigenza statunitense e Nato, ossia che tale prova militare abbia sul Cremlino i medesimi effetti che ebbe l’Afganistan…adoperandosi adeguatamente per ottenere tale effetto).
Mi fermo qui, ma proseguirò su questa pista, c’è molto altro da dire e da analizzare (se qualcuno è interessato). Comparare dinamiche analoghe nella storia passata (1917 e dopo) o in altre aree (ex-Jugoslavia ad esempio)