Un addio senza rimpianti_di Antonio de Martini
Domenica prossima 26 settembre le elezioni tedesche archivieranno l’ “ epoca Merkel”.
Ha regnato due anni più di Hitler e uno meno di Adenauer.
Sarà ricordata come una zelante burocrate di formazione DDR di cui i tedeschi non serberanno ricordo passati tre anni.
Avrebbe potuto concludere brillantemente il processo di integrazione europea iniziato da Adenauer, De Gasperi e Shuman, oppure rilanciare la Ost-politik di Bismarck e di Brandt, ma ha preferito fare la Kellerina degli Stati Uniti e scambiarsi occhiate di intesa con Sarkozy, un altro profugo dell’est di cui l’Europa avrebbe fatto volentieri a meno.
Gli esegeti la elogiano perché andava personalmente a fare la spesa e si é fatta fotografare a dieci anni di distanza con lo stesso vestito.
Pochino per quattro lustri di regno.
Ha fatto da zelante eco a tutte le dichiarazioni del Presidente USA che ne controllava le telefonate come a una cameriera sospettata di fare la cresta sulla spesa.
Accettò di chaperonare la Turchia per conto della NATO per ricondurla all’ovile coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
In casa, con politiche ambigue e rinunciatarie ha fatto rinascere una forte estrema destra nazionalista.
Anche il Parlamento Europeo sta sbarazzandosi dei suoi protetti.
Scialba e stinta ma stabile. Come un vecchio divano della casa di campagna, disponibile ad ogni uso, ma non é il salotto buono.
E’ stata l’ideale di una democrazia borghese, rassicurante perché imbelle; una miope amministratrice col braccetto corto.
Uno statista si distingue perché impone una cultura e/o lascia dietro di sè una squadra di eredi di cui la Germania sembra invece già ansiosa di sbarazzarsi.