Cinque motivi per cui Kiev dovrebbe accettare le attuali realtà di base e negoziare la pace con Mosca, di ANDREW KORYBKO

Continuiamo il dibattito sulle dinamiche possibili di soluzione del conflitto ucraino. E’ il segnale più evidente che sono in corso contatti riservati e trattative parallele al confronto sul terreno. Nel precedente articolo di Korybko con il quale maltratta le posizioni di Kissinger, l’autore probabilmente non ha colto il senso dell’intervento il quale, più che soffermarsi sul merito delle proposte, intende sollecitare la parte americana ad avviare seriamente un negoziato. Lo fa entro i limiti consentiti ad un diplomatico ed analista che non può sconfessare apertamente la leadership di cui fa parte. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Queste cinque ragioni vengono condivise allo scopo di ispirare, si spera, Kiev a riconsiderare pragmaticamente la sua posizione attualmente recalcitrante nei confronti dei colloqui di pace con Mosca. Sono pensati per essere obiettivi nella misura in cui riconoscono gli interessi di Kiev così come li intende la sua leadership (nonostante l’autore sia in disaccordo con quanto sopra ovviamente) mentre cercano ancora di trovare un giusto equilibrio tra quegli stessi interessi, i suoi mecenati e quelli di Mosca .

Zelensky ha spinto il suo cosiddetto “piano di pace” del mese scorso all’inizio di questa settimana mentre parlava con il primo ministro indiano Modi, che chiede che la Russia si ritiri dalla totalità dei confini dell’Ucraina prima del 2014 come precondizione per la ripresa dei colloqui. Questa posizione politicamente irrealistica conferma che non è seriamente intenzionato a porre fine al conflitto ucraino , ma ci sono cinque argomenti per cui Kiev dovrebbe riconsiderare la sua posizione recalcitrante:

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1. I limiti del complesso militare-industriale occidentale impediscono a Kiev di raggiungere la piena vittoria

” Biden ha rovesciato i fagioli sul motivo per cui l’Occidente non può mai soddisfare pienamente l’accattonaggio di Zelensky ” durante il viaggio del leader ucraino a Washington la scorsa settimana quando ha rivelato che gli Stati Uniti non possono fornire a Kiev armi che non hanno ancora condiviso con i suoi alleati della NATO mentre quest’ultimo non possono esaurire le loro scorte molto più di quanto già abbiano. Senza questo avvenimento, ostacolato dai limiti del complesso militare-industriale occidentale , non è possibile per Kiev ottenere la piena vittoria che Zelensky prevede.

2. Il congelamento della linea di controllo (LOC) può prevenire ulteriori perdite in caso di un’altra offensiva

Considerando l’estrema improbabilità che Kiev raggiunga i suoi obiettivi massimi nel conflitto, ne consegue quindi che l’approccio più prudente è quello di garantire i guadagni che ha già ottenuto finora intorno alle regioni di Kharkov e Kherson . Il mancato congelamento del LOC rischia lo scenario in cui la Russia otterrà una svolta da qualche parte lungo il fronte esistente o forse ne aprirà un altro da qualche altra parte, il che potrebbe comportare ulteriori perdite per Kiev.

3. Perpetuare indefinitamente il conflitto è reciprocamente svantaggioso

Per quanto allettante possa essere per Kiev soddisfare le richieste dei suoi protettori occidentali di perpetuare indefinitamente il conflitto e continuare a combattere “fino all’ultimo ucraino” per presumibilmente degradare le capacità militari della Russia, questo è reciprocamente svantaggioso e dovrebbe quindi essere evitato. Mentre nessuno in Occidente dubita che ciò imporrebbe costi crescenti alla Russia, pochi si rendono conto di quanto destabilizzi la coesione socio-economica e, in ultima analisi, politica del loro blocco de facto della Nuova Guerra Fredda .

4. I pragmatici segnali di pace della Russia nelle ultime settimane suggeriscono la sincerità delle sue intenzioni

Tutti i funzionari russi senza eccezioni, dal presidente Putin in giù, hanno segnalato nelle ultime settimane la loro disponibilità a risolvere politicamente il conflitto a condizione che la riunificazione del loro paese con la Novorossiya sia almeno tacitamente riconosciuta. Ciò suggerisce che Mosca è davvero sincera, il che a sua volta attira l’attenzione sia sulle molte critiche costruttive che possono essere fatte finora sulla sua operazione speciale, sia sulla sua consapevolezza delle lotte del Golden Billion anche in questa guerra per procura.

5. Kiev può ancora rimanere impegnata nei suoi massimi obiettivi senza perseguirli militarmente

E infine, negoziare sinceramente almeno un cessate il fuoco a tempo indeterminato con la Russia per alleviare la pressione su se stessa e soprattutto sui suoi protettori non suggerisce in alcun modo che Kiev non possa rimanere impegnata nei suoi massimi obiettivi. Proprio come l’India e il Pakistan continuano a avanzare le rispettive massime richieste nei confronti del conflitto del Kashmir congelato da decenni senza perseguirli militarmente, così anche Kiev può fare lo stesso, con questo risultato che forse serve anche a consolidare la sua unità nazionale per anni venire.

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Le cinque ragioni summenzionate sono state condivise allo scopo di ispirare, si spera, Kiev a riconsiderare pragmaticamente la sua posizione attualmente recalcitrante nei confronti dei colloqui di pace con Mosca. Sono pensati per essere obiettivi nella misura in cui riconoscono gli interessi di Kiev così come li intende la sua leadership (nonostante l’autore sia in disaccordo con quanto sopra ovviamente) mentre cercano ancora di trovare un giusto equilibrio tra quegli stessi interessi, i suoi mecenati e quelli di Mosca .

https://korybko.substack.com/p/five-reasons-why-kiev-should-accept?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=93506038&isFreemail=true&utm_medium=email

K CONTRO K, di Antonio de Martini

K CONTRO K : UNA MINI POLEMICA CHIARIFICATRICE CHE MOSTRA L’IRRITAZIONE USA PER DUE COLPI DI KISSINGER ANDATI A SEGNO.

UN FORSE AMERICANO CON NOME FORSE RUSSO INTERVIENE INVITANDO A NON CREDERE A KISSINGER E ALLA SUA IDEA METTERNICHIANA DI NEGOZIATO BASATO SULLA REALTA,’ CONTRO LE OPZIONI POLITICHE DETTATE DA COMPUTER GESTITI DA STAGISTI

L’attacco frontale di Kissinger all’amministrazione Biden aveva due cariche esplosive: una di critica alla mancanza di idee dell’amministrazione democratica della crisi ucraina e l’altra diretta al Pentagono e alla sua mania di rivolgersi a società di consulenza che a loro volta si affidano al software dei computers per compiere scelte che richiedono esperienza e cultura politica, economica e geografica che manca ai giovanotti impiegati dalle varie fondazioni e Think tank, con la conseguenza che le scelte governative sono scelte senza memoria e senza cultura.

Per consentire al lettore di ricostruire i termini della questione, ecco qui sotto il link dei primi due tempi della divergenza tra la tesi di Kissinger e le critiche di un certo Anrew Kobriko, contributo di L’Italia e il mondo, blog cui contribuisco anch’io. Su questo terreno d’incontro misto, ci siamo scontrati.

http://italiaeilmondo.com/2022/12/20/non-e-possibile-che-kissinger-si-aspetti-che-qualcuno-prenda-sul-serio-la-sua-ultima-proposta-di-pace-di-andrew-korybko/

Ecco una delle solite conseguenze delle sanzioni: in Russia, é nata una concorrente della Coca Cola. Si chiama Cola e costa 82,3 rubli ( pari a un dollaro e diciannove cento ovvero un euro) nella confezione da un litro e mezzo.

Meno della quasi omonima bevanda americana qui in Italia.

Nella foto: due confezioni in offerta speciale in un supermercato moscovita.

Andrew Koribko, ha come tanti, troppi, russi, il complesso del «cornuto amareggiato »nei confronti del rapporto Ucraina-USA e – non potendo vendicarsi sul troppo robusto marito – si accanisce sulla ormai ex moglie cercando di portarle via i gioielli, i figli, i ritratti di famiglia.

Litiga anche con i parenti di lei ( noi europei) sottolineando il fatto che é alla Russia che dobbiamo la nostra prosperità basata sull’energia a ( relativamente) basso costo. Fa un ricatto economico, incapace di ricorrere alla mozione degli affetti che gli avrebbe procurato almeno un pò di comprensione.
Le accuse? Sono tutte vere, da entrambe le parti, ma tutto inutile. La realtà non cambia.

La Merkel ha dichiarato in una recente intervista che la sua politica, con gli accordi di Minsk ha fatto guadagnare tempo prezioso all’Ucraina  e agli USA che ne hanno approfittato per addestrare ed equipaggiare gli ucraini e realizzare una sorpresa in campo tattico ai danni dei russi.
Il ricorso dei russi all’utilizzo dello strumento militare, per dirla con Talleyrand, «  é stato peggio di un crimine: é stato un errore. »

Dal dopo Khrushev in poi, la Russia ha collezionato una serie impressionante di successi diplomatici, dall’ Asia all’ America Latina, e rovesci militari ovunque abbia cercato di usare lo strumento militare :  da Cuba, alla Cecoslovacchia, all’Afganistan, al patto di Varsavia, all’Ucraina.
D’altra parte, gli USA hanno caldamente sfruttato i punti deboli della mentalità russa per procurare loro la pessima fama di macellai, smerdare la classe militare impreparata e negligente, creare fratture in seno alla dirigenza del Cremlino e recuperare credibilità nei confronti degli alleati europei, anche se hanno dimostrato che gli USA sono pronti a tutto tranne che a intervenire in difesa degli amici, altro che con crediti e prestiti.

Per venire all’articolo su Kissinger, Kobriko ha commentato in maniera maldestra e inadeguata per «  analista di politica internazionale ».
La politica, la geopolitica se preferite,  si fa con quel che c’é  e concludere una tregua/ pace/ negoziato, usate i termini che preferite, restituirebbe a chi la promuove la capacità di iniziativa politica oggi carente e autolesionista.

Per non avere la NATO a 450 km da Mosca, adesso i russi hanno la NATO, con la Finlandia, a venticinque km da San Pietroburgo. Gli USA, invece, hanno “difeso” l’Ucraina dimostrando l’inutilità della NATO stessa: per inviare armi e fare prestiti basta una buona intendenza e magazzini non c’é bisogno di truppe che non si vogliono usare per paura di veder colpito il territorio statunitense.

Sono entrambi indifendibili. Entrambi stanno radunando i propri satelliti agitando spauracchi e aumentando le vendite di armi.

Entrambi sono stati disturbati dagli interventi del Papa, di Kissinger e – perché no- di Erdogan a gamba tesa che dimostrano la possibilità di una tregua e il desiderio di tutti di vivere in pace.

Che per gli americani ci sia stata premeditazione, é dimostrato dai due link sottostanti di studi della RAND Corporation datati gennaio e febbraio 2020 che illustrano una serie di opzioni identificate dai computer e commentate da ragazzini inesperti. E’ così che scoppiano le guerre, dalla mancanza di memoria e di cultura. E’ per questi commenti di Kissinger ricchi di memorie e di cronologie che si vogliono dimenticare che c’é stata la prima convergenza tra russi e americani a sbarazzarsi dei vecchietti con la memoria infallibile.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE331.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE338.html

https://corrieredellacollera.com/2022/12/28/k-contro-k-una-mini-polemica-chiarificatrice-che-mostra-lirritazione-usa-per-due-colpi-di-kissinger-andati-a-segno/

Kissinger e l’Ucraina! La tragica inerzia della guerra_con Antonio de Martini

Mi spiace non aver voglia di tradurre il testo dell’articolo, scritto per lo SPECTATOR, rivista fondata nel 1828.

In accompagnamento al suo ultimo libro, ” LEADERSHIP” in cui presenta sei profili di leaders ( uno solo americano, Nixon, per dovere d’ufficio) l’articolo é l’attacco più veemente portato da un membro dell’establishment alla classe dirigente USA in materia di politica estera, campo in cui la compattezza é sempre stata di rigore quale che fosse l’amministrazione al comando.

Nella precedente sortita a commento della politica estera di Biden, l’ex segretario di stato e Nobel per la pace, si era limitato a far notare che era ” unisce” attaccare in contemporanea Russia e Cina, il paese della cui ammissione nel concerto delle nazioni egli era stato l’artefice.

In questa nuova esternazione, il professore riprende la sua posizione Metternichiana , rievoca le circostanze in cui scoppiò il primo conflitto mondiale, i tentativi di mediazione falliti di Wilson perché volle attendere le elezioni USA ” che ” con la battaglia della somme e l’offensiva tedesca su Verdun aggiunsero altri due milioni di perdite umane” e continua implacabile dicendo che ” La punitiva pace di Versailles che concluse la guerra, si dimostrò molto più fragile della struttura che sostituì”.

E’ la prima volta che qualcuno – oltre a me – collega in forma diretta gli avvenimenti della prima e seconda guerra mondiale agli avvenimenti odierni e definisce gli scontri europei come una nuova ” guerra dei cento anni”.

Ed é la prima volta che la solidarietà formale tra repubblicani e democratici in politica estera viene rotta. Se sia un segnale di implosione degli USA, come indicato da LIMES o di gravità del pericolo per la pace mondiale, lo scopriremo anche troppo presto.

Leggete l’articolo con l’attenzione che merita e supplite al silenzio dei media, diffondendolo. https://corrieredellacollera.com/ _ Antonio de Martini
La traduzione dell’articolo di Kissinger è disponibile qui, sotto la videoregistrazione

https://rumble.com/v21mlya-kissinger-e-lucraina-la-tragica-inerzia-della-guerra-con-antonio-de-martini.html

Come evitare un’altra guerra mondiale

Henry Kissinger

 

La prima guerra mondiale fu una sorta di suicidio culturale che distrusse l’eminenza dell’Europa. I leader europei sono diventati sonnambuli – per usare le parole dello storico Christopher Clark – in un conflitto in cui nessuno di loro sarebbe entrato se avessero previsto la fine della guerra nel 1918. Nei decenni precedenti, avevano espresso le loro rivalità creando due serie di alleanze le strategie delle quali erano alla fine vincolate ai rispettivi programmi di mobilitazione. Di conseguenza, nel 1914, l’assassinio del principe ereditario austriaco a Sarajevo, in Bosnia, da parte di un nazionalista serbo, poté degenerare in una guerra generale che iniziò quando la Germania eseguì il suo piano necessario a sconfiggere la Francia attaccando il Belgio neutrale all’altro capo dell’Europa.

Le nazioni d’Europa, che non conoscevano a sufficienza il modo in cui la tecnologia aveva potenziato le rispettive forze militari, procedettero a infliggersi reciprocamente devastazioni senza precedenti. Nell’agosto 1916, dopo due anni di guerra e milioni di vittime, i principali combattenti in Occidente (Gran Bretagna, Francia e Germania) iniziarono a esplorare le prospettive per porre fine alla carneficina. A est, le rivali Austria e Russia avevano tastato il terreno similmente. Poiché nessun compromesso concepibile poteva giustificare i sacrifici già sostenuti e poiché nessuno voleva trasmettere un’impressione di debolezza, i vari leader esitarono ad avviare un formale processo di pace. Quindi hanno cercato la mediazione americana. Le esplorazioni del colonnello Edward House, emissario personale del presidente Woodrow Wilson, rivelarono che una pace basata sullo status quo ante modificato era a portata di mano. Tuttavia Wilson, pur disposto e alla fine desideroso di intraprendere una mediazione, rimandò il tutto a dopo le elezioni presidenziali di novembre. A quel punto l’offensiva britannica della Somme e l’offensiva tedesca di Verdun avevano aggiunto altri due milioni di vittime.

I bambini rifugiati si preparano a lasciare Lviv in treno [Getty Images]

Nelle parole del libro sull’argomento di Philip Zelikow, la diplomazia è diventata la strada meno battuta. La Grande Guerra andò avanti per altri due anni e fece ancora milioni di vittime, danneggiando irrimediabilmente gli equilibri consolidati dell’Europa. La Germania e la Russia furono lacerate dalla rivoluzione; lo stato austro-ungarico scomparve dalla carta geografica. La Francia era stata dissanguata. La Gran Bretagna aveva sacrificato una parte significativa della sua giovane generazione e delle sue capacità economiche alle esigenze della vittoria. Il trattato punitivo di Versailles che pose fine alla guerra si dimostrò molto più fragile della struttura che sostituì.

Il mondo oggi si trova a un punto di svolta paragonabile in Ucraina, mentre l’inverno impone una pausa alle operazioni militari su larga scala? Ho ripetutamente espresso il mio sostegno allo sforzo militare alleato per contrastare l’aggressione della Russia in Ucraina. Ma si avvicina il momento di costruire sui cambiamenti strategici che sono già stati compiuti e di integrarli in una nuova struttura verso il raggiungimento della pace attraverso il negoziato.

Un volontario ucraino saluta la sua ragazza prima di andare in prima linea [Getty Images]

L’Ucraina è diventata uno stato importante dell’Europa centrale per la prima volta nella storia moderna. Aiutata dai suoi alleati e ispirata dal suo presidente, Volodymyr Zelensky, l’Ucraina ha ostacolato le forze convenzionali russe che sovrastano l’Europa dalla seconda guerra mondiale. E il sistema internazionale – compresa la Cina – si oppone alla minaccia o all’uso da parte della Russia delle sue armi nucleari.

Questo processo ha messo in discussione le questioni originali relative all’adesione dell’Ucraina alla NATO. L’Ucraina ha acquisito uno degli eserciti di terra più grandi ed efficaci d’Europa, equipaggiato dall’America e dai suoi alleati. Un processo di pace dovrebbe legare l’Ucraina alla Nato, comunque espresso. L’alternativa della neutralità non ha più senso, soprattutto dopo l’adesione della Finlandia e della Svezia alla Nato. Per questo, nel maggio scorso, ho raccomandato di stabilire una linea di cessate il fuoco lungo i confini esistenti dove la guerra è iniziata il 24 febbraio. La Russia avrebbe rigettato da lì le sue conquiste, ma non il territorio che occupava quasi un decennio fa, inclusa la Crimea. Quel territorio potrebbe essere oggetto di un negoziato dopo un cessate il fuoco.

Se la linea di demarcazione prebellica tra Ucraina e Russia non può essere raggiunta con il combattimento o con il negoziato, si potrebbe esplorare il ricorso al principio di autodeterminazione. I referendum sull’autodeterminazione supervisionati a livello internazionale potrebbero essere applicati a territori particolarmente divisivi che sono passati di mano ripetutamente nel corso dei secoli.

L’obiettivo di un processo di pace sarebbe duplice: confermare la libertà dell’Ucraina e definire un nuovo assetto internazionale, soprattutto per l’Europa centro-orientale. Alla fine la Russia dovrebbe trovare un posto in tale ordine.

L’esito preferito per alcuni è una Russia resa impotente dalla guerra. Non sono d’accordo. Nonostante tutta la sua propensione alla violenza, la Russia ha dato un contributo decisivo all’equilibrio globale e all’equilibrio di potere per oltre mezzo millennio. Il suo ruolo storico non dovrebbe essere degradato. Le battute d’arresto militari della Russia non hanno eliminato la sua portata nucleare globale, consentendole di minacciare un’escalation in Ucraina. Anche se questa capacità viene ridotta, la dissoluzione della Russia o la distruzione della sua capacità di politica strategica potrebbe trasformare il suo territorio che comprende 11 fusi orari in un vuoto controverso. Le sue società concorrenti potrebbero decidere di risolvere le loro controversie con la violenza. Altri paesi potrebbero cercare di espandere le loro rivendicazioni con la forza.

Mentre i leader mondiali si sforzano di porre fine alla guerra in cui due potenze nucleari si contendono un paese armato convenzionalmente, dovrebbero anche riflettere sull’impatto su questo conflitto e sulla strategia a lungo termine dell’incipiente alta tecnologia e intelligenza artificiale. Esistono già armi autonome, in grado di definire, valutare e prendere di mira le proprie minacce percepite e quindi in grado di iniziare la propria guerra.

Una volta che il confine in questo regno sarà attraversato e l’hi-tech diventerà un armamento standard – e i computer diventeranno i principali esecutori della strategia – il mondo si troverà in una condizione per la quale non ha ancora un concetto stabilito. In che modo i leader possono esercitare il controllo quando i computer prescrivono istruzioni strategiche su una scala e in un modo che limitano e minacciano intrinsecamente l’input umano? Come si può preservare la civiltà in un tale vortice di informazioni contrastanti, percezioni e capacità distruttive?

L’Ucraina è diventata uno stato importante dell’Europa centrale per la prima volta nella storia moderna

Non esiste ancora alcuna teoria per questo mondo invadente e gli sforzi consultivi su questo argomento devono ancora evolversi, forse perché negoziazioni significative potrebbero rivelare nuove scoperte e quella divulgazione stessa costituisce un rischio per il futuro. Superare la disgiunzione tra tecnologia avanzata e il concetto di strategie per controllarla, o anche comprenderne tutte le implicazioni, è una questione importante oggi quanto il cambiamento climatico e richiede leader con una padronanza sia della tecnologia che della storia.

La ricerca della pace e dell’ordine ha due componenti che talvolta vengono trattate come contraddittorie: il perseguimento di elementi di sicurezza e l’esigenza di atti di riconciliazione. Se non possiamo raggiungere entrambi, non saremo in grado di raggiungere nessuno dei due. La strada della diplomazia può apparire complicata e frustrante. Ma il progresso richiede sia la visione che il coraggio di intraprendere il viaggio.

L’ambasciatore russo negli Stati Uniti ha condiviso una valutazione equilibrata del conflitto ucraino, di Andrew Korybko

Da un lato, gli Stati Uniti hanno riaffermato con successo la loro egemonia unipolare in declino attraverso la loro tradizionale “sfera di influenza”. Dall’altro, però, quella stessa superpotenza ha perso il controllo dei preesistenti processi multipolari che si sono accelerati a seguito di questa guerra per procura.

L’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov ha dichiarato a Newsweek in un commento pubblicato sabato che il suo paese ospitante ha effettivamente promosso alcuni dei suoi interessi strategici nel corso del conflitto ucraino . Secondo lui:

“Con il conflitto in Ucraina gli Stati Uniti sono nella posizione migliore per attuare la loro idea fissa per indebolire la Russia. È molto più facile consolidare la società all’interno degli Stati Uniti e nel campo occidentale nel suo insieme attorno all’immagine di un “nemico straniero che mina i valori del mondo democratico”.

Allo stesso tempo, si può sempre addossare la colpa dei propri problemi e calcoli errati alla Federazione Russa e utilizzare la Russia per giustificare le sue spese militari senza precedenti. Inoltre, con il pretesto degli sviluppi in Ucraina, l’amministrazione sta rovinando i legami reciprocamente vantaggiosi tra Russia ed Europa, rendendo quest’ultima completamente dipendente da Washington.

A prima vista, può sembrare che gli americani stiano “vincendo” ovunque ea costo della vita dei soldati ucraini mantengano la loro “leadership”. Sperano in questo modo di mantenere il dominio sulla scena mondiale, che qualcuno ha osato sfidare per la prima volta da molto tempo”.

Questa è una valutazione equilibrata che parla dell’obiettività di uno dei migliori diplomatici russi in tutto il mondo. Il fatto stesso che il suo ambasciatore negli Stati Uniti condivida questi punti di vista dimostra che Mosca non ha alcuna delusione riguardo alla sua operazione speciale . Detto questo, ha anche aggiunto in modo importante che:

“È chiaro che siamo all’inizio di un lungo e complesso percorso di costruzione di un mondo multipolare.

La Federazione Russa sostiene che gli interessi di tutti i partecipanti dovrebbero essere presi in considerazione nel futuro sistema di relazioni internazionali e che nuovi centri di sviluppo in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente potrebbero avere insieme un uguale impatto sui processi globali con Russia e Stati Uniti.

Le nostre proposte trovano sempre più comprensione e sostegno in varie regioni del pianeta”.

Nel complesso, l’ambasciatore Antonov può essere descritto come dotato di una comprensione molto realistica della più calda guerra per procura della Nuova Guerra Fredda . Riconosce che le sue conseguenze sono state contrastanti per i suoi principali partecipanti, il Golden Billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il Global South guidato congiuntamente da BRICS SCO .

Da un lato, il leader statunitense citato per primo ha riaffermato con successo la sua egemonia unipolare in declino attraverso la sua tradizionale “sfera di influenza”. Dall’altro, però, quella stessa superpotenza ha perso il controllo dei preesistenti processi multipolari che si sono accelerati a seguito di questa guerra per procura.

Lo stato attuale delle cose è che mentre gli Stati Uniti sembrano “vincere”, questo è vero solo nel senso di aver delineato rigidamente il suo blocco de facto della Nuova Guerra Fredda. Altrove nella stragrande maggioranza dell’umanità, la sua influenza si è ritirata senza precedenti, il che ha esacerbato le sue sfide di leadership.

L’attuale traiettoria suggerisce che il tempo è effettivamente dalla parte della Russia, poiché tutto ciò che deve fare è mantenere la linea di controllo (LOC) abbastanza a lungo perché la transizione sistemica globale verso il multipolarismo si svolga più pienamente in modi che rendano irreversibile il declino unipolare degli Stati Uniti. .

L’ascesa dell’India come Grande Potenza globalmente significativa ha rotto la precedente impasse bi-multipolare nelle relazioni internazionali per cui il duopolio di superpotenza sino-americana esercitava un’influenza sproporzionata sugli affari mondiali. La graduale evoluzione verso la tripolarità prima della multiplexità rende questo un fatto compiuto.

Le dinamiche strategiche emergenti pongono quindi complicazioni senza precedenti per la politica egemonica degli Stati Uniti. È sempre più pressata da circostanze al di fuori del suo controllo a intensificare incautamente le tensioni con la Cina concorrente o continuare a esplorare i parametri di una nuova distensione con essa.

In ogni caso, gli Stati Uniti sono ora costretti a reagire ai grandi eventi da una posizione relativamente più difensiva per la prima volta dalla fine della Vecchia Guerra Fredda, invece di modellarli in modo proattivo dalla posizione offensiva precedentemente indiscutibile che erano soliti comandare.

Questo sviluppo è a dir poco un grande punto di svolta strategico, che la maggior parte degli osservatori di tutto il mondo deve ancora riconoscere. Solo facendo così, come ha appena fatto l’ambasciatore Antonov, saranno in grado di produrre valutazioni più accurate del conflitto ucraino e delle sue maggiori conseguenze.

https://korybko.substack.com/p/russias-ambassador-to-the-us-shared

Non è possibile che Kissinger si aspetti che qualcuno prenda sul serio la sua ultima proposta di pace, di ANDREW KORYBKO

Kissinger è abbastanza intelligente da sapere che nessuno prenderà sul serio la sua ultima proposta di pace, ma questo è il punto. Si preoccupa solo di costruire un’eredità e non è sincero riguardo alla risoluzione politica del conflitto ucraino.

L’ex segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger ha svelato la sua ultima proposta di pace per il conflitto ucraino in un articolo che ha pubblicato su The Spectator . Ha paragonato questa guerra per procura in corso alla prima guerra mondiale e si è lamentato del fatto che quest’ultima non si sia conclusa con mezzi diplomatici a metà del 1916, quando c’era la possibilità di tornare a uno status quo ante modificato. Con quell’occasione persa in mente, ha presentato una proposta simile nello spirito al fine di prevenire presumibilmente altre morti ucraine.

Secondo Kissinger, “Un processo di pace dovrebbe collegare l’Ucraina alla Nato, comunque espresso… La Russia rinnegherebbe da lì le sue conquiste, ma non il territorio che occupava quasi un decennio fa, compresa la Crimea. Quel territorio potrebbe essere oggetto di un negoziato dopo un cessate il fuoco. Se la linea di demarcazione prebellica tra Ucraina e Russia non può essere raggiunta con il combattimento o con il negoziato, si potrebbe esplorare il ricorso al principio di autodeterminazione”.

Nella sua mente, questa sequenza di eventi è necessaria poiché “l’Ucraina è diventata uno stato importante nell’Europa centrale per la prima volta nella storia moderna. Aiutata dai suoi alleati e ispirata dal suo presidente, Volodymyr Zelensky, l’Ucraina ha ostacolato le forze convenzionali russe che sovrastano l’Europa dalla seconda guerra mondiale”. Inoltre, qualsiasi risultato che “renderebbe” la Russia “impotente” sarebbe inaccettabile, afferma Kissinger, poiché altererebbe radicalmente l’equilibrio di potere in Eurasia.

Predice che “la dissoluzione della Russia o la distruzione della sua capacità di politica strategica potrebbe trasformare il suo territorio che comprende 11 fusi orari in un vuoto contestato. Le sue società concorrenti potrebbero decidere di risolvere le loro controversie con la violenza. Altri paesi potrebbero cercare di espandere le loro pretese con la forza”. Di pari importanza, Kissinger ritiene che la sua proposta di pace debba essere immediatamente attuata per scongiurare lo scenario in cui AI (Intelligenza Artificiale) prende inevitabilmente il controllo del conflitto.

A suo avviso, “Una volta che il confine in questo regno sarà attraversato e l’hi-tech diventerà un armamento standard – e i computer diventeranno i principali esecutori della strategia – il mondo si troverà in una condizione per la quale non ha ancora un concetto stabilito… la disgiunzione tra tecnologia avanzata e il concetto di strategie per controllarla, o anche comprenderne tutte le implicazioni, è oggi una questione importante quanto il cambiamento climatico”.

Kissinger ha concluso il suo ultimo pezzo scrivendo che “La ricerca della pace e dell’ordine ha due componenti che a volte vengono trattate come contraddittorie: la ricerca di elementi di sicurezza e l’esigenza di atti di riconciliazione. Se non possiamo raggiungere entrambi, non saremo in grado di raggiungere nessuno dei due. La strada della diplomazia può apparire complicata e frustrante. Ma il progresso richiede sia la visione che il coraggio di intraprendere il viaggio.

Per quanto ben intenzionato ritragga la sua ultima proposta di pace, essa è viziata da diversi errori che dovrebbero essere già evidenti agli osservatori obiettivi. In primo luogo, mentre il duraturo rapporto dell’Ucraina con la NATO è già un fatto compiuto ed è improbabile che venga annullato in assenza di un cigno nero, non è “uno stato importante dell’Europa centrale” nel senso in cui l’ha descritto. Piuttosto, è semplicemente uno dei più grandi delegati degli Stati Uniti nella storia. Ciò significa che non è l’agente indipendente che tutto ciò implica.

Ciò porta al secondo errore in cui implica che il conflitto porterà inevitabilmente alla “balcanizzazione” della Russia, che non è altro che una fantasia politica neoconservatrice . L’Ucraina non è un attore indipendente in grado di raggiungere quel risultato, né il suo patrono può portare avanti quello scenario, anche se lo fosse da quando la Russia si è dimostrata resiliente di fronte a pressioni senza precedenti. Tuttavia, quello scenario serve come una delle due basi su cui Kissinger ha impregnato la sua ultima proposta di pace di un senso di urgenza.

Il secondo di questi scenari passa al terzo errore, ovvero che i progressi accelerati nell’IA porteranno presumibilmente i computer a prendere presto il controllo del conflitto e quindi a rischiare la fine dell’umanità se la immergeranno in un’apocalisse nucleare per errore di calcolo. Kissinger ha ragione nell’avvertire le sfide connesse a questa tendenza, ma è fuori luogo nel prevedere che si manifesterà molto presto a meno che le parti interessate non accettino la sua ultima proposta per risolvere politicamente il conflitto ucraino.

A proposito, le proposte contengono gli ultimi due errori insiti nel suo pezzo, vale a dire che la Russia non può rinunciare legalmente alle sue rivendicazioni su quelle ex regioni ucraine che si sono riunificate con essa alla fine di settembre e non si affiderebbe alla comunità internazionale per supervisionare eventuali referendum successivi anche se lo ha fatto. Il primo è dovuto al divieto costituzionale di cedere terra russa mentre il secondo è legato all’ammissione dell’ex cancelliere tedesco Merkel di aver sfruttato gli accordi di Minsk come uno stratagemma per ingannare Putin .

Il primo è legato quindi al fatto che nessun leader russo può annullare legalmente la riunificazione della Novorossiya con il proprio paese, il che sarebbe anche un suicidio politico anche se tentassero di farlo unilateralmente nonostante la costituzione, mentre il secondo è reso impossibile per Mosca dalla mancanza di fiducia nell’Occidente. . Nel complesso, l’ultima proposta di pace di Kissinger è nata morta e non troverà alcuna accoglienza al Cremlino, e nemmeno a Kiev, dal momento che la sua leadership ipernazionalista non rinuncerà alle sue rivendicazioni sulla Crimea.

Nessuno dovrebbe dubitare che anche una delle menti diplomatiche più brillanti di un secolo ne sia consapevole, il che fa sorgere la domanda sul perché abbia presentato pubblicamente la sua ultima proposta di pace così plateale. Considerando che mancano meno di sei mesi al compimento di 100 anni, probabilmente era motivato dal desiderio di assicurarsi la sua eredità; a tal fine ha apparentemente pensato che valesse la pena fare un cosiddetto “moonshot” in modo che i suoi suggerimenti possano essere apprezzati con il senno di poi.

Per spiegare, molto probabilmente sa che nessuna delle due parti lo ascolterà e quindi probabilmente si aspetta che il conflitto continui; ma è proprio per questo che ha scritto quello che ha proposto. Kissinger vuole che la sua previsione di innumerevoli altre vittime si avveri insieme a quella sull’IA che rischia l’Armageddon in modo che le generazioni future possano apprezzare la preveggenza della sua proposta. In altre parole, si tratta di ego e di lascito ereditario, che è l’unica spiegazione logica dietro i suoi suggerimenti irrealistici.

Se Kissinger fosse davvero serio riguardo alla risoluzione politica del conflitto ucraino, allora chiederebbe di congelare tutto lungo l’attuale linea di controllo (LOC) come primo passo finalizzato, dopodiché proporrebbe colloqui russo-americani per definire una “nuova normalità” tra quelle superpotenze nucleari. Invece, ha cercato di giocare con l’opinione pubblica occidentale presentando l’Ucraina come “uno dei principali stati dell’Europa centrale” con la postura indipendente che ciò implica e chiedendo che la Russia rinunci alla Novorossiya.

Come ciliegina sulla torta, ha avvertito che la Russia era presumibilmente sull’orlo di una “balcanizzazione” apparentemente inevitabile che è destinata a scoppiare a meno che non si ritiri volontariamente nel LOC che ha preceduto la sua operazione speciale . In un timido tentativo di convincere i decisori americani a ridurre l’escalation della loro guerra per procura nonostante li prendessero in giro con la suddetta ricompensa per averla continuata, ha paventato lo scenario in cui l’IA prende il controllo del conflitto e rischia l’Armageddon.

Kissinger è abbastanza intelligente da sapere che nessuno prenderà sul serio la sua ultima proposta di pace, ma questo è il punto. Si preoccupa solo di costruire un’eredità e non è sincero riguardo alla risoluzione politica del conflitto ucraino. Questa mente diplomatica si aspetta che la principale guerra per procura della Nuova Guerra Fredda continui a infuriare per tutto il prossimo anno e a uccidere innumerevoli altre persone, dopodiché spera che tutti guarderanno indietro alla sua proposta irrealistica come presumibilmente l’unica possibilità per aver impedito tutto .

https://korybko.substack.com/p/theres-no-way-that-kissinger-expects?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=91179476&isFreemail=true&utm_medium=email

Come evitare un’altra guerra mondiale

Henry Kissinger

 

La prima guerra mondiale fu una sorta di suicidio culturale che distrusse l’eminenza dell’Europa. I leader europei sono diventati sonnambuli – per usare le parole dello storico Christopher Clark – in un conflitto in cui nessuno di loro sarebbe entrato se avessero previsto la fine della guerra nel 1918. Nei decenni precedenti, avevano espresso le loro rivalità creando due serie di alleanze le strategie delle quali erano alla fine vincolate ai rispettivi programmi di mobilitazione. Di conseguenza, nel 1914, l’assassinio del principe ereditario austriaco a Sarajevo, in Bosnia, da parte di un nazionalista serbo, poté degenerare in una guerra generale che iniziò quando la Germania eseguì il suo piano necessario a sconfiggere la Francia attaccando il Belgio neutrale all’altro capo dell’Europa.

Le nazioni d’Europa, che non conoscevano a sufficienza il modo in cui la tecnologia aveva potenziato le rispettive forze militari, procedettero a infliggersi reciprocamente devastazioni senza precedenti. Nell’agosto 1916, dopo due anni di guerra e milioni di vittime, i principali combattenti in Occidente (Gran Bretagna, Francia e Germania) iniziarono a esplorare le prospettive per porre fine alla carneficina. A est, le rivali Austria e Russia avevano tastato il terreno similmente. Poiché nessun compromesso concepibile poteva giustificare i sacrifici già sostenuti e poiché nessuno voleva trasmettere un’impressione di debolezza, i vari leader esitarono ad avviare un formale processo di pace. Quindi hanno cercato la mediazione americana. Le esplorazioni del colonnello Edward House, emissario personale del presidente Woodrow Wilson, rivelarono che una pace basata sullo status quo ante modificato era a portata di mano. Tuttavia Wilson, pur disposto e alla fine desideroso di intraprendere una mediazione, rimandò il tutto a dopo le elezioni presidenziali di novembre. A quel punto l’offensiva britannica della Somme e l’offensiva tedesca di Verdun avevano aggiunto altri due milioni di vittime.

I bambini rifugiati si preparano a lasciare Lviv in treno [Getty Images]

Nelle parole del libro sull’argomento di Philip Zelikow, la diplomazia è diventata la strada meno battuta. La Grande Guerra andò avanti per altri due anni e fece ancora milioni di vittime, danneggiando irrimediabilmente gli equilibri consolidati dell’Europa. La Germania e la Russia furono lacerate dalla rivoluzione; lo stato austro-ungarico scomparve dalla carta geografica. La Francia era stata dissanguata. La Gran Bretagna aveva sacrificato una parte significativa della sua giovane generazione e delle sue capacità economiche alle esigenze della vittoria. Il trattato punitivo di Versailles che pose fine alla guerra si dimostrò molto più fragile della struttura che sostituì.

Il mondo oggi si trova a un punto di svolta paragonabile in Ucraina, mentre l’inverno impone una pausa alle operazioni militari su larga scala? Ho ripetutamente espresso il mio sostegno allo sforzo militare alleato per contrastare l’aggressione della Russia in Ucraina. Ma si avvicina il momento di costruire sui cambiamenti strategici che sono già stati compiuti e di integrarli in una nuova struttura verso il raggiungimento della pace attraverso il negoziato.

Un volontario ucraino saluta la sua ragazza prima di andare in prima linea [Getty Images]

L’Ucraina è diventata uno stato importante dell’Europa centrale per la prima volta nella storia moderna. Aiutata dai suoi alleati e ispirata dal suo presidente, Volodymyr Zelensky, l’Ucraina ha ostacolato le forze convenzionali russe che sovrastano l’Europa dalla seconda guerra mondiale. E il sistema internazionale – compresa la Cina – si oppone alla minaccia o all’uso da parte della Russia delle sue armi nucleari.

Questo processo ha messo in discussione le questioni originali relative all’adesione dell’Ucraina alla NATO. L’Ucraina ha acquisito uno degli eserciti di terra più grandi ed efficaci d’Europa, equipaggiato dall’America e dai suoi alleati. Un processo di pace dovrebbe legare l’Ucraina alla Nato, comunque espresso. L’alternativa della neutralità non ha più senso, soprattutto dopo l’adesione della Finlandia e della Svezia alla Nato. Per questo, nel maggio scorso, ho raccomandato di stabilire una linea di cessate il fuoco lungo i confini esistenti dove la guerra è iniziata il 24 febbraio. La Russia avrebbe rigettato da lì le sue conquiste, ma non il territorio che occupava quasi un decennio fa, inclusa la Crimea. Quel territorio potrebbe essere oggetto di un negoziato dopo un cessate il fuoco.

Se la linea di demarcazione prebellica tra Ucraina e Russia non può essere raggiunta con il combattimento o con il negoziato, si potrebbe esplorare il ricorso al principio di autodeterminazione. I referendum sull’autodeterminazione supervisionati a livello internazionale potrebbero essere applicati a territori particolarmente divisivi che sono passati di mano ripetutamente nel corso dei secoli.

L’obiettivo di un processo di pace sarebbe duplice: confermare la libertà dell’Ucraina e definire un nuovo assetto internazionale, soprattutto per l’Europa centro-orientale. Alla fine la Russia dovrebbe trovare un posto in tale ordine.

L’esito preferito per alcuni è una Russia resa impotente dalla guerra. Non sono d’accordo. Nonostante tutta la sua propensione alla violenza, la Russia ha dato un contributo decisivo all’equilibrio globale e all’equilibrio di potere per oltre mezzo millennio. Il suo ruolo storico non dovrebbe essere degradato. Le battute d’arresto militari della Russia non hanno eliminato la sua portata nucleare globale, consentendole di minacciare un’escalation in Ucraina. Anche se questa capacità viene ridotta, la dissoluzione della Russia o la distruzione della sua capacità di politica strategica potrebbe trasformare il suo territorio che comprende 11 fusi orari in un vuoto controverso. Le sue società concorrenti potrebbero decidere di risolvere le loro controversie con la violenza. Altri paesi potrebbero cercare di espandere le loro rivendicazioni con la forza.

Mentre i leader mondiali si sforzano di porre fine alla guerra in cui due potenze nucleari si contendono un paese armato convenzionalmente, dovrebbero anche riflettere sull’impatto su questo conflitto e sulla strategia a lungo termine dell’incipiente alta tecnologia e intelligenza artificiale. Esistono già armi autonome, in grado di definire, valutare e prendere di mira le proprie minacce percepite e quindi in grado di iniziare la propria guerra.

Una volta che il confine in questo regno sarà attraversato e l’hi-tech diventerà un armamento standard – e i computer diventeranno i principali esecutori della strategia – il mondo si troverà in una condizione per la quale non ha ancora un concetto stabilito. In che modo i leader possono esercitare il controllo quando i computer prescrivono istruzioni strategiche su una scala e in un modo che limitano e minacciano intrinsecamente l’input umano? Come si può preservare la civiltà in un tale vortice di informazioni contrastanti, percezioni e capacità distruttive?

L’Ucraina è diventata uno stato importante dell’Europa centrale per la prima volta nella storia moderna

Non esiste ancora alcuna teoria per questo mondo invadente e gli sforzi consultivi su questo argomento devono ancora evolversi, forse perché negoziazioni significative potrebbero rivelare nuove scoperte e quella divulgazione stessa costituisce un rischio per il futuro. Superare la disgiunzione tra tecnologia avanzata e il concetto di strategie per controllarla, o anche comprenderne tutte le implicazioni, è una questione importante oggi quanto il cambiamento climatico e richiede leader con una padronanza sia della tecnologia che della storia.

La ricerca della pace e dell’ordine ha due componenti che talvolta vengono trattate come contraddittorie: il perseguimento di elementi di sicurezza e l’esigenza di atti di riconciliazione. Se non possiamo raggiungere entrambi, non saremo in grado di raggiungere nessuno dei due. La strada della diplomazia può apparire complicata e frustrante. Ma il progresso richiede sia la visione che il coraggio di intraprendere il viaggio.

Situazione in Ucraina, stanno dando i numeri, ma sono fasulli, frutto di propaganda e disinformazione. Di Claudio Martinotti Doria

Diverse volte nei miei articoli precedenti ho cercato di fornire i numeri reali delle perdite subite dagli ucraini nel corso del conflitto, affidandomi a fonti esterne ai regimi coinvolti, meno che mai quello nazista ucraino che è totalmente inaffidabile, perché privo anche del senso del ridicolo, come dimostrato recentemente quando hanno corretto la dichiarazione pubblica della von der Leyen, che riferiva di oltre 100mila soldati morti, riducendo la cifra a soli 10mila.

A smentire quest’affermazione del regime di Kiev basterebbe segnalare che quasi tutte le fonti occidentali (non ucraine) concordano nell’attribuire 10mila perdite ucraine al solo fronte di Bachmut (Artemivs’k) negli ultimi due mesi, ai quali andrebbero aggiunti 20 o 30 mila feriti (come dimostrato dai ricoveri negli ospedali militari e civili di tutte le regioni circostanti, oltre a visionare i numerosi video in rete dove si vedono i corpi dei caduti accumulati nelle trincee). Considerando che vi erano circa 60mila soldati impegnati in quest’area del fronte, le perdite complessive si attestano attorno al 50% degli effettivi, per cui non riescono più a sopperire inviando rinforzi.

La situazione è gravissima, anche se negata dal regime e dai media occidentali asserviti.

Molti esponenti della cosiddetta controinformazione o informazione libera e indipendente, che prima fornivano cifre più credibili e gravi, per qualche strano improvviso motivo si sono adeguati alle dichiarazioni della von der Leyen e hanno ormai preso per buona la cifra di 100mila caduti ucraini nei circa 10 mesi di conflitto. Personalmente non ci credo minimamente.

Già in un mio articolo di un paio di mesi fa avevo riportato le stime che erano state diffuse da organizzazioni di tecnici e di studiosi che si erano dedicati al problema e avevano individuato alcune soluzioni per desumere/dedurre/estrapolare cifre più attendibili di quelle fornite dai media.

Con una pazienza certosina avevano esaminato i registri delle pompe funebri, dei funerali e dei cimiteri, degli obitori, ecc., e si erano accorti che già in autunno vi erano stati incrementi spaventosi di mortalità in Ucraina, stimati in circa 400mila unità rispetto agli stessi periodi precedenti, e quasi un 10% di questi erano stranieri. Dal che avevano dedotto che anche i mercenari inviati dalla NATO, in particolare dai paesi vicini, che combattono in divisa ucraina, avevano subito perdite elevate.

La stessa Polonia ha recentemente rivelato di aver perso circa 1200 soldati combattenti in Ucraina, e generalmente si tengono bassi per non allarmare le proprie popolazioni.

Risalire alle cifre reali delle perdite durante un conflitto bellico è impresa ardua se non impossibile, nessuno dei contendenti le fornisce, anzi in taluni casi, come questo, si arriva a porre addirittura il segreto militare (avvenuto recentemente in Ucraina, dopo la circolazione sui social di alcune cifre allarmanti), quindi si rischia di subire gravi ripercussioni solo a parlarne.

Oggi come oggi gli studiosi cui ho accennato prima, non potrebbero più fare le ricerche presso i cimiteri, obitori, pompe funebri, ecc., perché rischierebbero di venire arrestati e nessuno in ogni caso gli consentirebbe di accedere ai registri e gli fornirebbe informazioni, sapendo i pericoli cui incorrerebbero collaborando.

Si può ovviare ricorrendo alla logica, al buon senso, alle correlazioni, comparazioni, alle deduzioni, ecc..

Se all’inizio del conflitto l’esercito ucraino era composto da 300mila soldati perfettamente addestrati (dalla NATO, che si è dedicata a tale scopo fin dal colpo di stato del 2014 in previsione della guerra contro la Russia) e altri 300mila furono immediatamente mobilitati appena le truppe russe avevano varcato il confine, per un totale di 600mila uomini, se le perdite fossero quelle dichiarate dall’Ucraina o anche dalla von der Leyen (pur di dieci volte superiori), perché hanno richiamato in servizio addirittura gli ultrasessantacinquenni?  Perché li mandano al fronte dopo pochi giorni di addestramento, come fossero carne da macello? Perché hanno mandato al fronte anche le milizie territoriali che in teoria, e solo in caso di estrema necessità, dovevano limitarsi a difendere le proprie regioni di appartenenza?

Se le perdite fossero limitate a quanto dichiarato dalla von der Leyen, che rammento (repetita iuvant) essere dieci volte più di quanto ammette il regime di Kiev, dovrebbero esserci ancora centinaia di migliaia di soldati disponibili da inviare al fronte. Senza contare le altre centinaia di migliaia che sono stati richiamati durante gli ultimi mesi del conflitto, che secondo alcune fonti occidentali avrebbero fatto ammontare complessivamente le forze armate ucraine a circa 2milioni di unità (personalmente ci credo poco perché moltissimi ucraini ricorrendo alla corruzione si sono dileguati emigrando o nascondendosi, sottraendosi al reclutamento).

Allora perché scarseggiano i soldati da inviare al fronte? Perché hanno decuplicato l’apporto dei mercenari stranieri? Perché la NATO insiste tanto per intervenire direttamente sul fronte di guerra?

Forse perché quegli studiosi cui ho fatto cenno avevano ragione, si erano quantomeno avvicinati alle cifre reali dei caduti e quei 400mila morti che avevano estrapolato dalle loro ricerche, erano probabilmente in parte preponderante militari morti al fronte, alcune decine di migliaia tra di loro potrebbero essere vittime civili, non dei russi ma dei nazisti ucraini che dall’inizio del conflitto bellico hanno fatto strage di tutti quelli ritenuti collaborazionisti dei russi, e per essere considerati tali occorre veramente poco, anche solo una delazione di un vicino rancoroso, aver accettato aiuti materiali dai russi, aver famigliarizzato con loro, essersi rifiutati di obbedire agli ordini dei militari o anche solo essere russofoni.

Ai 400mila indicati da quella ricerca di un paio di mesi fa, di cui abbiamo dedotto una cospicua parte essere militari, occorre aggiungere i feriti, che di solito sono tre o quattro volte superiori ai morti, come dimostra il fronte “bollente” di Bachmut. Poniamo anche il caso ottimistico che solo la metà siano feriti leggeri e possano tornare prima o poi al fronte, ma gli altri? Quelli che hanno subito amputazioni? I feriti gravi che richiedono mesi e mesi di cure e riabilitazione? Quelli che rimangono invalidi? E’ forse azzardato sospettare che almeno la metà delle forze armate mobilitate dal regime di Kiev siano decedute o impossibilitate a combattere? Forse è questo il motivo per cui hanno posto il segreto militare, è vietato parlarne, scriverne, anche solo accennarvi.

Il regime conta sul fatto che l’Ucraina è grande, ha una superficie doppia rispetto all’Italia, gli insediamenti sono dispersi e spesso sono solo villaggi con poche decine di case, non esistono più mezzi di comunicazione, i media sono censurati e riportano solo le veline della propaganda, e in quasi tutto il paese manca la corrente elettrica. Non è per nulla facile per la popolazione informarsi.

Le famiglie ucraine possono capire la gravità della situazione solo incontrandosi tra loro, per rendersi conto che quasi ognuna ha avuto parenti e conoscenti uccisi o feriti, solo in questo caso possono percepire le dimensioni reali della distruzione in corso del loro paese. Del resto cosa altro potrebbero fare, se protestassero per strada finirebbero in carcere o verrebbero uccisi, perché il potere è in mano ai nazisti, armati fino ai denti, privi di scrupoli se non addirittura psicopatici, forti coi deboli e deboli coi forti, che anziché andare a combattere al fronte, preferiscono svolgere funzioni di polizia militare e polizia segreta, per tenere sotto controllo e intimidazione costante la popolazione civile inerme.

Occorre precisare che non tutta la popolazione civile è inerme, decine di migliaia di armi da fuoco sono state distribuite dal regime di Kiev ai cittadini all’inizio del conflitto e altre pervenute dalla NATO sono finite nel mercato nero, favorito da numerosi ufficiali e funzionari corrotti che si stanno arricchendo grazie alla guerra, alimentando anche gruppi e bande di malavitosi e paramilitari che girano per il paese a saccheggiare i civili, provocando spesso conflitti a fuoco tra di loro.

E’ un paese totalmente allo sbando, e la situazione aggravatasi per i bombardamenti russi alle infrastrutture energetiche del paese, non potrà che portare al collasso sociale, economico e politico, della serie tutti contro tutti e si salvi chi può.

Già da alcune settimane pervengano notizie di scontri armati tra polacchi e ucraini per divergenze sulle modalità di condurre le operazioni militari e probabilmente per incompatibilità reciproca. Consideriamo che la Polonia cova risentimento (altroché amicizia e alleanza) verso l’Ucraina fin dai tempi della II Guerra Mondiale e mira ad annettersi la Galizia, regione nordoccidentale dell’Ucraina. Potrebbe cogliere l’opportunità della disfatta ucraina per espandere il suo territorio, avendo già truppe dislocate in esso.

Sono numerose anche le esecuzioni, alcune anche filmate, di militari ucraini che hanno disertato o semplicemente hanno abbandonato il posto assegnato o non hanno ubbidito agli ordini.

Queste brevi note sono già più che sufficienti per dubitare che le perdite ucraine nel conflitto in corso, intendendo sia morti che feriti gravi, siano quelle indicate dalle fonti ufficiali e neppure quelli reperibili dalle fonti dell’informazione alternativa che gira in rete, anche quest’ultime a mio avviso sono molto sottostimate. Personalmente alla luce di quanto letto e visionato finora (e vi assicuro che non è poco) mi sono convinto che siano gravissime, almeno 300mila morti e altrettanti feriti gravi non più in grado di tornare a combattere, pertanto considero l’esercito ucraino ormai al collasso, non solo demotivato e non più in grado di reggere a eventuali incisive offensive russe, ma addirittura in inferiorità numerica rispetto ai russi, mentre all’inizio del conflitto il rapporto era di 6 a 1. Tenendo conto dei rinforzi russi già pervenuti e di quelli che arriveranno nelle prossime settimane, gli ucraini si troveranno in una situazione insostenibile che potrebbe preludere a una totale débâcle, ecco perché la NATO preme per intervenire direttamente sul campo, perché sa che la disfatta è imminente.

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

John Mearsheimer e Carl Bildt sulle prospettive della guerra in Ucraina, di Roberto Buffagni

Su un recente dibattito tra John Mearsheimer e Carl Bildt sulle prospettive della guerra in Ucraina

 

È del massimo interesse questo dibattito del 4 dicembre 2022 (link in calce) tra John Mearsheimer e Carl Bildt sulla guerra in Ucraina, organizzato nell’ambito del norvegese Holger Prize (dalla pagina FB del premio: “The Holberg Prize is an international research prize in humanities, social sciences, law & theology.”).

John Mearsheimer, docente all’Università di Chicago, decano degli studiosi di International Relations, non ha bisogno di presentazioni, perché è divenuto familiare anche al grande pubblico proprio per le sue posizioni minoritarie sulla genesi e le prospettive della guerra in Ucraina. Carl Bildt è una personalità importante del mondo politico svedese: ex Ministro degli Esteri, ex Primo ministro. Ha rivestito ruoli di grande importanza nella politica internazionale: inviato speciale UE nella ex Jugoslavia dal giugno 1995, co-presidente della Conferenza di Pace di Dayton che condusse agli accordi di pace del novembre 1995, Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina dal dicembre 1995 al giugno 1997, subito dopo la guerra di Bosnia. Nel 2008, fu il primo Ministro a rendere visita al Kosovo dopo la sua dichiarazione unilaterale di indipendenza. Nel maggio 2015 Bildt è stato nominato membro dell’ “Ukraine International Advisory Council on Reforms”, formato da diversi consulenti stranieri al presidente ucraino Petro Poroshenko, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e l’economia dell’Ucraina. Fa parte del Board of Trustees della RAND Corporation, della Trilateral Commission, di vari altri importanti organismi euro-atlantici.   ( https://en.wikipedia.org/wiki/Carl_Bildt)

Perché questa lunga presentazione di Carl Bildt? Perché la sua vicenda politica personale ne fa un attendibile portavoce delle posizioni maggioritarie UE e NATO in merito alla guerra in Ucraina. Non le compendio per intero. È facile seguire il dibattito per chiunque abbia una discreta conoscenza della lingua inglese, perché Mearsheimer si esprime sempre articolando l’eloquio con la massima chiarezza, e cerca, trovandola, la formulazione più semplice e accessibile dei concetti; e Bildt è un esperto oratore che parla un inglese internazionale facilmente comprensibile. Inoltre, è possibile avvalersi della sottotitolatura automatica, quasi sempre corretta (ho verificato).

Mi concentro su un unico aspetto delle posizioni di Bildt, in merito alle prospettive strategiche del conflitto ucraino.

In buona sostanza la posizione di Bildt, che possiamo ritenere la posizione maggioritaria in seno al blocco occidentale UE + NATO, è la seguente.

Non è possibile accedere a trattative diplomatiche con la Russia prima che essa si sia ritirata dall’Ucraina. Sullo status della Crimea è (forse) possibile trattare, sul ritiro definitivo dal resto del paese, no. Motivo: l’invasione russa annuncia un più vasto tentativo imperialistico russo, del quale l’Ucraina è solo il primo passo; il principale e praticamente il solo responsabile ne è il Presidente Putin, che ha forzato la mano alle élites russe ove invece fermenta un vasto e aspro dissenso. Ogni trattativa prima del ritiro è impossibile perché essa creerebbe un pericoloso precedente di cedimento al ricatto della forza (esemplificato con la politica europea e britannica di appeasement nei riguardi delle rivendicazioni di Hitler nel 1938-39). La sola prospettiva di soluzione del conflitto è la sconfitta militare e politica della Russia, ottenuta grazie alla resistenza ucraina, all’effetto delle sanzioni, e soprattutto alla crescita del dissenso interno alla classe dirigente russa, che risulterà in una rimozione del Presidente Putin e in una nuova configurazione della politica russa, più favorevole all’Occidente e più aderente alle caratteristiche politiche e socio-economiche da esso predilette; ciò che andrebbe a beneficio della stessa Russia, che conoscerebbe così un migliore sviluppo economico nella libertà.” Non sono posizioni nuove, ma sono esposte con una coerenza e una chiarezza insolite, meritevoli di grande attenzione.

Ma quel ch’è meritevole della massima attenzione è che nella prospettiva di Bildt, maggioritaria in Occidente, non esiste un piano B: ossia, non viene neppure presa in considerazione la possibilità che la Russia NON perda: NON perda sul piano militare, e NON perda sul piano politico e sociale, ossia che NON si verifichi la crisi di fiducia nel Presidente Putin, la sua rimozione, la nuova configurazione politica favorevole all’Occidente della Russia, etc. Che cosa facciamo se il piano A non funziona? Non si sa. Anzi: è impensabile che non funzioni.

Mearsheimer non solleva questa obiezione, nonostante ritenga più probabile una vittoria militare russa, e non creda probabile una rimozione di Putin e una riconfigurazione favorevole all’Occidente della politica russa (si veda a questo proposito l’intervista a Mearsheimer del 30 novembre: https://unherd.com/2022/11/john-mearsheimer-were-playing-russian-roulette/) . Presumo non lo faccia per non far disperdere il dibattito in una controversia priva di sbocchi sulle valutazioni della situazione militare, sempre difficile e nel caso presente difficilissima per effetto delle opposte propagande e infowars; d’altro canto, il nocciolo del suo argomento, come si vedrà seguendo il dibattito, prescinde dall’esito militare del conflitto.

Rilevo io, nel mio piccolo, questo dato caratteristico della posizione euro-atlantica maggioritaria. È un dato della massima importanza perché implica, da parte delle classi dirigenti UE, NATO, USA:

  1. Una sottovalutazione pregiudiziale delle capacità militari e politiche russe
  2. Una sopravvalutazione pregiudiziale delle capacità militari e politiche occidentali (anzitutto USA)
  • Un vuoto di previsione strategica da parte occidentale, che annulla i margini di manovra politica e diplomatica. Ovviamente, l’irrigidimento su una sola opzione strategica accettabile da parte dell’Occidente aumenta vertiginosamente la posta politica che esso mette in gioco, elimina i margini di compromesso e trasforma un eventuale fallimento in una sconfitta politica di prima grandezza.
  1. Nella valutazione russa, evitare che l’Ucraina diventi un bastione occidentale è un interesse vitale, e dunque non sono accettabili esiti diversi dalla vittoria militare e politica in questo conflitto. Non sarebbe invece un interesse vitale occidentale che l’Ucraina divenga un bastione occidentale alle frontiere russe. In seguito a questa scelta strategica, invece, lo diviene. Non lo diviene per i paesi europei e per gli Stati Uniti, che non sono minacciati nella loro integrità politica e territoriale, ma lo diviene per le loro classi dirigenti e per la NATO.
  2. Una sottovalutazione sbalorditiva dell’enorme margine di rischio implicito nel perseguimento dell’unico obiettivo strategico ritenuto accettabile dall’Occidente. Se un eventuale successo militare della strategia occidentale non si concludesse con la nascita di un nuovo, stabile governo di forze russe filo-occidentali, ciò potrebbe dar luogo a due sviluppi catastrofici: a) mettere la Russia con le spalle al muro, spingerla alla disperazione e dunque a meditare seriamente l’impiego dell’armamento nucleare low-yeld (“tattico”, atomiche di potenza analoga o inferiore agli ordigni sganciati sul Giappone nel 1945) b) destabilizzare politicamente e socialmente la Russia provocandovi il caos e la frammentazione, e spalancando un buco nero geopolitico in un paese grande undici fusi orari e con 6.000 testate nucleari, che finirebbero in palio fra un numero imprecisato di signori della guerra; per tacere dei 4.500 km di frontiera con la Cina, che sarebbe obbligata a intervenirvi per garantire la propria sicurezza.
  3. Se si verificasse l’ipotesi a) del punto precedente, cioè se una Russia disperata perché sul punto di subire una sconfitta militare decisiva, impiegasse l’arma atomica low-yeld nel conflitto ucraino, gli Stati Uniti hanno già annunciato che NON risponderebbero simmetricamente colpendo la Russia con missili nucleari, ma che “ci sarebbero conseguenze”. Le “conseguenze” più probabili sarebbero un intervento convenzionale diretto degli Stati Uniti nel conflitto ucraino. Si verificherebbe dunque, per la prima volta nella storia umana, un conflitto militare diretto tra due grandi potenze nucleari, ciascuna delle quali, se spinta alla disperazione dalla prospettiva di una sconfitta ritenuta inaccettabile, potrebbe seriamente valutare il ricorso all’armamento nucleare tattico. Se dalla valutazione si passasse all’atto, la probabilità di una escalation fino al conflitto nucleare strategico, con impiego di bombe all’idrogeno di elevatissima potenza, si moltiplicherebbe per un fattore imprecisabile. Se la probabilità si tramutasse in realtà, sarebbero incenerite milioni di persone.

Le classi dirigenti euro-atlantiche, insomma, paiono essersi inoltrate in una classica fuga in avanti (“Nel linguaggio politico…locuz. con cui si suole indicare il fatto o la tattica di proporsi mete lontane, e spesso irraggiungibili, quando manchi la volontà o la capacità di risolvere i problemi immediati.”, Dizionario Treccani).

Al termine della fuga – perché tutte le fughe finiscono, prima o poi – potrebbero esserci eventi che l’immaginazione preferisce esorcizzare. Possono esserci – è più probabile che ci siano, e speriamo che ci siano – eventi infinitamente meno gravi, ma comunque di grande momento. Potrebbe esserci, per esempio, la tipica sorpresa che riserva l’eterogenesi dei fini, ossia il rovesciamento speculare delle attese e delle intenzioni. Per esempio, nel caso di una sconfitta militare e politica delle forze occidentali in Ucraina, potrebbe esserci una vasta e irrimediabile crisi di fiducia nelle élites europee e americane, una perdita di coesione dell’Alleanza Atlantica e della UE, con eventuale loro frammentazione; e l’avvicendarsi, alla guida politica dell’Occidente, di élites diversamente legittimate, capaci di una progettualità più flessibile e realistica: cioè quanto oggi Carl Bildt preconizza come futuro della Federazione Russa.

https://youtu.be/_aNMOEQ0248

 

 

 

 

 

L’ammissione della Merkel che Minsk era solo uno stratagemma garantisce un conflitto prolungato, di Andrew Korybko

I critici potrebbero affermare che la nuova prospettiva del presidente Putin è arrivata con otto anni di ritardo, ma tardi è sempre meglio che mai. La Merkel lo ha manipolato per anni prima di chiarire finalmente il suo tradimento, che ha insegnato al leader russo la dolorosa lezione che non potrà mai più fidarsi di nessuno dei suoi coetanei occidentali. Invece, ora sta abbracciando con entusiasmo le sue controparti della Grande Potenza in tutto il Sud del mondo, in particolare il primo ministro indiano Modi, che condivide la sua grande visione strategica di un futuro multipolare.

L’ex cancelliere finalmente viene pulito

Nessuno può affermare con sicurezza di sapere come andrà a finire l’ultima fase del conflitto ucraino , che è stato determinato dall’operazione speciale che la Russia è stata costretta a iniziare per difendere l’integrità delle sue linee rosse di sicurezza nazionale dopo che la NATO le ha attraversate. Dopotutto, i colpi di scena finora hanno colto tutti alla sprovvista, dalla riunificazione della Novorossiya con la Russia ai due attacchi di droni di Kiev all’inizio di questa settimana nell’entroterra del suo vicino.

Detto questo, si può prevedere con sicurezza che il conflitto quasi certamente si protrarrà per gli anni a venire, con questa previsione basata sulla candida ammissione dell’ex cancelliere tedesco Merkel secondo cui il processo di pace di Minsk era solo uno stratagemma per rafforzare le capacità militari offensive di Kiev . Le sue parole hanno fatto eco a quelle dell’ex presidente ucraino Poroshenko che ha detto esattamente la stessa cosa all’inizio di quest’anno, ma la differenza è che non è mai stato considerato un amico del presidente Putin, a differenza della Merkel.

Operazione di manipolazione della percezione della Merkel contro Putin

Ognuno di loro parla fluentemente la lingua dell’altro, ha trascorso i suoi anni professionali formativi nell’ex Germania dell’Est, presiede a grandi potenze storiche e le loro rispettive economie sono chiaramente complementari, ergo perché hanno collaborato strettamente su un’ampia gamma di questioni. Nel corso del tempo, il presidente Putin ha iniziato a proiettare su di lei se stesso e la sua grande visione strategica di una ” Europa da Lisbona a Vladivostok “, con cui ha giocato riflettendo retoricamente per alimentare il suo pregiudizio di conferma.

Per tutto questo tempo si è scoperto che lo stava solo ingannando dicendo al leader russo qualunque cosa volesse sentire, tuttavia, con il suo superficiale sostegno al processo di pace di Minsk che è l’epitome del suo approccio manipolativo al presidente Putin. Ha accuratamente valutato con quanta passione desiderava che la pace prevalesse in Ucraina al fine di sbloccare il promettente ruolo geostrategico di quel paese come ponte tra la sua Unione economica eurasiatica (EAEU) e la sua UE secondo la sua visione a lungo termine di cui sopra.

Tuttavia, non aveva alcun desiderio di realizzarlo nonostante avesse assecondato la sua proposta reciprocamente vantaggiosa, dal momento che la grande visione strategica della Merkel era quella di completare il complotto secolare della Germania per prendere il controllo dell’Europa senza sparare un colpo. A tal fine, ha dovuto placare la Russia manipolando le percezioni del suo leader in modo che la considerasse erroneamente come il leader di uno stato amico e quindi non avrebbe esercitato pressioni sul blocco in modi che potessero ostacolare il suo obiettivo di espandere l’influenza tedesca su di esso.

Psicoanalizzare Putin

Dal momento che la Merkel ha giocato così magistralmente alle aspettative del pio desiderio del presidente Putin presentandosi falsamente come lo stesso pragmatico visionario guidato dall’economia che era invece dell’ideologo a somma zero che era veramente per tutto questo tempo, è stato indotto con successo a fidarsi di lei. Il risultato finale è stato che il leader russo ha pazientemente frenato la sua Grande Potenza per quasi otto anni, nonostante le innumerevoli provocazioni contro la sua coetica nell’ex Ucraina orientale.

La sua mentalità era che “il fine giustifica i mezzi”, che in questo contesto si riferiva al suo calcolo costi-benefici secondo cui i costi pagati dal popolo russo del Donbass alla fine sarebbero valsi la pena se la sua pazienza avesse fatto guadagnare abbastanza tempo alla Germania per convincere con successo Kiev ad attuare gli Accordi di Minsk e quindi alla fine costruire una “Europa da Lisbona a Vladivostok” che andrebbe a vantaggio di tutti. Col senno di poi, il problema era che il presidente Putin era l’unico leader che lo voleva davvero.

È stato ingannato per quasi otto anni dalla Merkel, con la quale ha stretto un legame stretto durante i suoi molti anni in carica a causa delle loro somiglianze personali e della sua riuscita manipolazione delle sue percezioni nel portarlo a pensare erroneamente che lei condividesse la sua grande visione strategica come è stato spiegato in precedenza . Essendo uno statista in buona fede , presumeva che i suoi coetanei – specialmente quelli che rappresentavano grandi potenze come la Merkel – fossero dello stesso calibro professionale, quindi perché dava per scontato che fossero tutti attori razionali.

Il senno di poi è 20/20

La realtà era del tutto diversa, però, dal momento che il presidente Putin si è rivelato essere l’ultimo vero statista occidentale, il che significa che era l’unico che operava su base razionale mentre tutti gli altri avanzavano obiettivi guidati dall’ideologia. Non se ne rese conto se non anni dopo, essendo invece caduto nella falsa percezione che fossero tutti visionari più o meno pragmatici guidati dall’economia come lui era in gran parte dovuto al successo dell’operazione di gestione della percezione della Merkel contro di lui.

La sua lunga sciarada nel fingere di condividere la sua grande visione strategica è stata abbastanza convincente da permettere al presidente Putin di abbassare la guardia, dare per scontate le sue parole e presumere che avrebbe fatto in modo che la Germania alla fine avrebbe convinto Kiev ad attuare pienamente gli accordi di Minsk . Se l’avesse sospettata di disonestà, allora avrebbe certamente abbandonato questo approccio molto prima, ma si è completamente innamorato del suo atto poiché era conforme al suo pregiudizio di conferma di lei come leader razionale di una grande potenza.

Questo spiega perché abbia aspettato così tanto prima di ordinare l’operazione speciale, poiché si fidava sinceramente che lei condividesse la sua grande visione strategica di una “Europa da Lisbona a Vladivostok” che richiedeva una pace duratura in Ucraina per essere realizzata. Invece, la Merkel stava spietatamente cercando di completare il complotto secolare della Germania per prendere il controllo dell’Europa senza sparare un colpo, cosa che il suo successore Scholz ha quasi ammesso di voler fare nel manifesto che ha appena pubblicato sulla rivista Foreign Affairs .

Non è un caso che la Merkel poco dopo abbia chiarito le sue vere intenzioni di assecondare il processo di pace di Minsk, dal momento che non c’era più motivo di rimanere timida al riguardo. Scholz ha spifferato tutto vantandosi dell’agenda egemonica della Germania, che ha apertamente descritto come guidata dal desiderio di rispondere alle minacce che, secondo lui, provenivano “immediatamente” dalla Russia. Non avendo nulla da perdere, la Merkel si è tolta la maschera e ha finalmente mostrato al presidente Putin il suo vero volto.

Non c’è dubbio che si sia reso conto qualche tempo prima di iniziare l’operazione speciale del suo paese che lei lo aveva ingannato per anni, quindi perché ha intrapreso quel fatidico passo alla fine di febbraio, ma ora è in piena mostra anche per il mondo intero. La Merkel era l’unico politico occidentale di cui il presidente Putin si fidava sinceramente, motivo per cui ha rimandato l’ordine della suddetta operazione per quasi otto anni a causa della sua falsa speranza che avrebbe contribuito a garantire la pace in Ucraina.

L’impatto psicologico del tradimento della Merkel

Con lei che ammette così sfacciatamente di aver tradito la sua fiducia vantandosi che “Putin avrebbe potuto facilmente invadere [l’Ucraina] in quel momento” se non avesse assecondato il processo di pace di Minsk e quindi averlo costretto a resistere a questo decennio quasi intero, è improbabile che il leader russo si fiderà mai più di qualcuno in Occidente. Questa intuizione psicologica aggiunge un contesto cruciale alla sua dichiarazione casuale, lo stesso giorno in cui la sua intervista è caduta, che il conflitto ucraino “potrebbe essere un processo lungo”.

Abbastanza chiaramente, ora è consapevole del fatto che questa è davvero una lunga lotta sul futuro della transizione sistemica globale , sebbene la Russia possa ancora strategicamente vincere anche nello scenario di uno stallo militare in Ucraina. Questo perché questo risultato porterebbe a processi multipolari guidati dall’India che continuano a proliferare e quindi a cambiare irreversibilmente il corso delle relazioni internazionali. A questo punto della Nuova Guerra Fredda , la Russia sta combattendo un conflitto difensivo , ma per una volta il tempo è dalla sua parte.

Il presidente Putin ora sa che qualsiasi tregua nei combattimenti sarà solo un’opportunità per entrambe le parti di riorganizzarsi, riarmarsi e riprendere inevitabilmente le operazioni offensive, il che significa che il campo di gioco strategico è ora alla pari poiché sta finalmente operando secondo la stessa mentalità dei suoi avversari lo sono già da anni. Ciò rafforzerà la sua determinazione a continuare a fare tutto il possibile per accelerare i processi multipolari, che richiedono prima di tutto il mantenimento della linea di controllo (LOC).

La nuova grande visione strategica di Putin

Nel perseguimento di quell’obiettivo più immediato, la Russia riprenderebbe effettivamente la partecipazione al processo di pace precedentemente sabotato fintanto che alcune condizioni sono almeno superficialmente soddisfatte, ma nessuno dovrebbe interpretare quel potenziale sviluppo come un segnale di debolezza strategica da parte sua, a differenza dei tempi passati. La differenza tra allora e adesso è che il presidente Putin ha imparato molte lezioni dolorose, quindi non si sfrutterà più i suoi gesti di buona volontà.

Considerando che il processo di pace di Minsk, col senno di poi, non è stato altro che un mezzo per manipolare le percezioni del presidente Putin al fine di influenzarlo affinché eserciti moderazione e quindi guadagnare tempo affinché Kiev si prepari per un’offensiva finale nel Donbass, qualunque processo serva da suo successore non sarà nulla ma un mezzo per il leader russo per guadagnare tempo affinché i processi multipolari continuino a proliferare a spese del Golden Billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e dei loro interessi egemonici unipolari.

Il grande obiettivo strategico del presidente Putin non è più “l’Europa da Lisbona a Vladivostok”, ma riformare le relazioni internazionali in piena collaborazione con i paesi del Sud del mondo guidato congiuntamente da BRICS SCO di cui la Russia fa parte, in modo che l’ordine mondiale diventa più democratico, equo e giusto. Ciò è in linea con la visione che ha presentato nel suo Manifesto Rivoluzionario Globale su cui si è basato nelle ultime due stagioni, che oggi può essere descritta come l’ideologia non ufficiale della sua Grande Potenza.

Pensieri conclusivi

I critici potrebbero affermare che la nuova prospettiva del presidente Putin è arrivata con otto anni di ritardo, ma tardi è sempre meglio che mai. La Merkel lo ha manipolato per anni prima di chiarire finalmente il suo tradimento, che ha insegnato al leader russo la dolorosa lezione che non potrà mai più fidarsi di nessuno dei suoi coetanei occidentali. Invece, ora sta abbracciando con entusiasmo le sue controparti della Grande Potenza in tutto il Sud del mondo, in particolare il primo ministro indiano Modi , che condivide la sua grande visione strategica di un futuro multipolare.

La transizione sistemica globale sta attualmente procedendo su questa strada, ma richiede ancora tempo per diventare irreversibile, il che a sua volta richiede che la Russia detenga il LOC. Che sia militare, politico o una combinazione di questi due mezzi suddetti, il presidente Putin dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per guadagnare tempo affinché questi processi multipolari guidati dall’India continuino a proliferare a tal fine, il che garantisce che il conflitto ucraino continuerà protratta indipendentemente da ciò che qualcuno dice.

https://korybko.substack.com/p/merkels-admission-that-minsk-was

La traduzione della intervista di Angela Merkel a die Zeit

Il suo predecessore Helmut Kohl sedeva nel nuovo ufficio di Angela Merkel quando era ex cancelliere. Si trova al quinto piano di un edificio disadorno della RDT, in cui risiedeva Margot Honecker come ministro della Pubblica Istruzione, Unter den Linden, tra l’Hotel Adlon e l’ambasciata russa. Per l’intervista ha scelto la sala conferenze sullo stesso piano, che offre una splendida vista su Pariser Platz e sulla Porta di Brandeburgo. La sua consigliera politica Beate Baumann è sempre presente. Prima che cominci si scattano le foto, in fretta, perché alla Merkel non piace essere fotografata. Anche il motivo per cui è così avrà un ruolo nella conversazione. Poi le telecamere sono sparite, la Merkel si rilassa. Ora è fuori sede da un anno. In passato, la semplice domanda “Come stai?” poteva destare sospetti. Oggi trova appropriata una domanda del genere, afferma la Merkel e fa un ironico muso alla Merkel. “E vorrei anche rispondere che personalmente sto bene.” Tuttavia, trova deprimente la situazione politica generale. Come tutti gli ex cancellieri, Angela Merkel ha il diritto di essere chiamata “Frau Bundeskanzlerin”. Kohl era felice di essere chiamato Cancelliere anche dopo aver lasciato l’incarico, e quando era Cancelliere chiese anche il suo “Dr.” Preferisce: la signora Merkel.

DIE ZEIT: Signora Merkel, lei non è più cancelliera, ma ha ancora lo stesso aspetto di prima.

Angela Merkel: Pensavi che sarei venuta con una coda di cavallo? I miei vestiti sono pratici per me, ho stretto amicizia con l’acconciatura. Certo, ti incontro come Cancelliere a. D. Ma da ciò si può trarre la conclusione inversa che io non ho svolto un ruolo artificioso come Cancelliere. Quello ero io. Ed è quello che sono oggi, in una forma un po’ più opportuna, mettiamola così. Devo prestare meno attenzione al trucco. Ma posso rassicurarti: non mi siedo in giacca nel mio salotto. Prenderò un cardigan.

ZEIT: Nel 2019, hai ricevuto il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy di tutte le persone davanti alla Cancelleria e improvvisamente hai iniziato a tremare molto male e visibile a tutti. La donna privata Merkel ha intralciato la cancelliera Merkel?

Merkel: Quello è stato sicuramente un momento deprimente. In un certo senso sono svenuto per un attimo, e questo in una situazione molto ufficiale, alla rimozione delle onorificenze militari. Ovviamente c’era molta tensione che si accumulava in me. Aveva a che fare con la morte di mia madre. Non ho avuto abbastanza tempo per accompagnarla nelle sue ultime settimane. Faceva anche caldo, come sempre, gli obiettivi delle macchine fotografiche erano puntati su di me come canne di fucile e all’improvviso ho avuto questa sensazione: sei completamente trasparente.

ZEIT: La scrittrice americana Siri Hustvedt ha avuto esperienze simili e ha scritto un libro a riguardo, The Trembling Woman. In esso si chiede: ho paura di qualcosa che mi è completamente nascosto? Ti sei fatto una domanda del genere?

Merkel: Mi sono chiesto: che cos’è? Era chiaro, c’era qualcosa che non riesco ad articolare. Questo è avvenuto verso la fine del mio mandato e anche dopo la decisione di non ripresentarsi. Ed era fondamentalmente un’altra indicazione che questa decisione era quella giusta.

ZEIT: Pensi che noi in Germania arriveremo mai così lontano che anche un politico di alto livello possa dire in una situazione del genere: ho cercato un aiuto psicoterapeutico?

Merkel: Non dovevo, ma non mi dispiacerebbe se lo dicesse un politico. Ovviamente sono andato dal dottore per assicurarmi che tutto andasse bene dal punto di vista neurologico, ero e sono ancora interessato alla mia salute.

ZEIT: Diresti che la natura o Dio ti ha benedetto con una certa impavidità?

Merkel: Fiducia in Dio, direi, o ottimismo, sì.

ZEIT: Hai avuto a che fare con Helmut Kohl, nel cui ufficio sei ora seduto. Era un peso massimo politicamente, ma anche fisicamente un colosso. Ci voleva una certa impavidità per incontrarlo.

Merkel: L’ho sperimentato anche in altri contesti con uomini in politica: si usano anche la voce più profonda, il corpo molto più grande, entrambi. L’ex ministro federale Rexrodt poteva parlare al microfono sopra la mia testa, anche se avevo lottato per un posto in prima fila. Helmut Kohl poteva anche parlare a voce molto alta quando era arrabbiato.

ZEIT: Vuoi dire che poi ha urlato?

Merkel: Allora è stato enorme e hai dovuto considerare se volevi e potevi resistergli. Il fatto che a volte dicessi cose insolite per la pratica politica ha a che fare con il mio background. Non sono stato modellato dall’unione studentesca, dall’unione dei giovani, dall’RCDS fin dall’infanzia, ma sono venuto con la mia lingua e le mie idee. Questo a volte era evidente e ad alcuni sembrava senza paura, ma non lo era.

ZEIT: Lei ha detto più volte che il fatto che la RDT sia crollata meno per mancanza di libertà democratiche che per il fatto che non funzionava economicamente le ha dato da pensare. Il nostro ex redattore Helmut Schmidt, come qualcuno che aveva vissuto una dittatura e non era del tutto irreprensibile, ha affermato che una certa sfiducia nei confronti del suo stesso popolo è rimasta come conseguenza. Anche tu hai qualcosa del genere?

Merkel: Non la chiamerei sfiducia nei confronti della propria gente, ma sfiducia generale nei nostri confronti, perché le persone sono capaci dell’incomprensibile. La Germania ha portato questo agli estremi in un modo terribile sotto il nazionalsocialismo. Ecco perché sono così convinto che la struttura del nostro Stato e la Legge fondamentale contengano un alto grado di saggezza, in cui l’indipendenza della stampa, della magistratura, i processi democratici sono ben pensati. Quanto è veloce mettere in discussione questo, ad esempio per dichiarare non plausibili le sentenze dei tribunali. Ad esempio, io stesso sono stato rimproverato dalla Corte costituzionale federale per aver affermato nel 2019 che il risultato delle elezioni del primo ministro in Turingia a febbraio deve essere ribaltato con i voti dell’AfD. Avrei potuto dire molto su questa decisione, ma non l’ho fatto, dovevo e devo rispettarla. Non dobbiamo mai ammorbidirci qui.

ZEIT: Teme che il sistema possa collassare di nuovo velocemente?

Merkel: Deve essere vissuta da ogni individuo, altrimenti può crollare rapidamente. Ecco perché non mi piacciono detti come la “bolla di Prenzlauer Berg”. Ovviamente non è tutta la Germania, ma non dobbiamo mai dichiarare alcuni degli individui in un paese come estranei e il resto come rappresentanti della vera democrazia, per così dire. Questo non finisce bene.

ZEIT: Il tuo cancelliere è stato fortemente influenzato da una questione che è emersa relativamente tardi: la politica dei rifugiati nel settembre 2015. In questo contesto, in risposta a domande critiche sulle conseguenze della tua politica liberale, hai detto: “Se ora iniziamo a dover chiedere scusa perché mostriamo un volto amico nelle situazioni di emergenza, allora questo non è il mio paese”. Molti hanno trovato questa frase molto autoritaria e anche ostracistica. Ad alcuni sembrava che tu avessi il diritto di dettare come dovrebbe essere il paese.

Merkel: Quando ho sentito quella frase, avevo in mente le persone nella stazione ferroviaria principale di Monaco che stavano accogliendo i rifugiati in arrivo. Ho visto la mia decisione di farli entrare come coerente con i nostri diritti e valori fondamentali. E ho voluto sostenere questi valori fondamentali con la frase.

ZEIT: Ma la frase aveva una sorta di messaggio per la gente, no?

Merkel: Non pensavo a questa frase da giorni. È stata una risposta molto emotiva, ma ancora non casuale. Ciò si basava sulla mia comprensione che la dignità umana non dovrebbe essere solo qualcosa di un discorso domenicale, ma ha implicazioni pratiche. Marchiarlo come autoritario e dire: beh, ecco come sono i tedeschi dell’est, stanno dalla parte del paese – ho pensato che fosse audace.

ZEIT: Non è mai stato turbato dal pensiero che le sue politiche abbiano comunque contribuito in modo significativo alla divisione del Paese?

Merkel: Certo che mi preoccupava. E naturalmente, politicamente, è sempre meraviglioso quando il 90% è d’accordo, e preferibilmente anche la mia opinione. Ma ci sono situazioni in cui le polemiche non possono essere evitate. Ho aiutato le persone che si trovavano davanti alla nostra porta, per così dire, e allo stesso tempo ho contribuito ad affrontare le cause profonde della fuga con l’accordo UE-Turchia, tra le altre cose.

ZEIT: Come politico a cui si dice piaccia pensare dalla fine, hai anticipato il prezzo di questa polemica, quindi l’hai accettato?

Merkel: Credevo che questa discussione potesse essere vinta. Ed ero fermamente convinto che dovevo correre questo rischio perché, al contrario, avrebbe diviso anche la società se non l’avessi fatto.

ZEIT: Agiresti diversamente in qualsiasi momento oggi?

Merkel: No!

ZEIT: In nessun momento?

Merkel: Certo che sto imparando. Ecco perché, guardando indietro, lavorerei molto prima per evitare che si verifichi una situazione come quella dell’estate 2015, ad esempio aumentando gli importi del Programma alimentare mondiale per i campi profughi nei paesi vicini che sono particolarmente colpiti dalla migrazione, come hanno fatto i nostri.

ZEIT: Nella sua cancelleria, il numero delle crisi e la loro simultaneità è aumentato di anno in anno…

Merkel: Nella mia memoria, i primi due anni sono stati un periodo molto tranquillo, poi è iniziato con la crisi finanziaria globale, la crisi dell’euro , Anche le notizie sulla protezione del clima si sono ripetutamente deteriorate. Dopo la prima segnalazione del Club di Roma, sembrava che in realtà le cose fossero andate un po’ meglio del previsto. Con ogni rapporto dell’International Climate Council IPCC, tuttavia, è diventato più allarmante, tanto che sorge la domanda se abbiamo ancora il tempo di reagire in modo appropriato. Ma forse le crisi sono la norma nella vita umana e abbiamo avuto solo pochi anni speciali.

ZEIT: Si chiede se gli anni di relativa calma siano stati anche anni di omissioni e se lei non sia stato solo un gestore di crisi, ma anche in parte la causa delle crisi?

Merkel: Non sarei una persona politica se non me ne occupassi. Prendiamo la protezione del clima, in cui la Germania ha fatto molto nel confronto internazionale. Per quanto riguarda l’argomento in sé, tuttavia, ammetto: misurato da ciò che dice oggi l’International Climate Report dell’IPCC, non è successo abbastanza. Oppure diamo un’occhiata alla mia politica nei confronti della Russia e dell’Ucraina. Arrivo alla conclusione che ho preso le decisioni che ho preso allora in un modo che posso capire oggi. Era un tentativo di prevenire proprio una guerra del genere. Il fatto che ciò non abbia avuto successo non significa che i tentativi fossero sbagliati.

ZEIT: Ma puoi ancora trovare plausibile il modo in cui hai agito in circostanze precedenti e considerarlo ancora sbagliato oggi alla luce dei risultati.

Merkel: Ma questo presuppone anche dire quali fossero esattamente le alternative in quel momento. Ho pensato che l’avvio dell’adesione alla NATO di Ucraina e Georgia, discusso nel 2008, fosse sbagliato. I paesi non avevano i presupposti necessari per questo, né le conseguenze di tale decisione erano state pienamente considerate, sia per quanto riguarda le azioni della Russia contro la Georgia e l’Ucraina, sia per quanto riguarda la NATO e le sue regole di assistenza. E l’accordo di Minsk del 2014 è stato un tentativo di dare tempo all’Ucraina. Nota d. Red.: L’accordo di Minsk è un insieme di accordi per le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, che si sono staccate dall’Ucraina sotto l’influenza russa. L’obiettivo era guadagnare tempo con un cessate il fuoco per poi giungere a una pace tra Russia e Ucraina. Ha anche usato questo tempo per diventare più forte, come puoi vedere oggi. L’Ucraina del 2014/15 non è l’Ucraina di oggi. Come avete visto nella battaglia per Debaltseve (città ferroviaria nel Donbass, Donetsk Oblast, ndr) all’inizio del 2015, Putin avrebbe potuto facilmente sopraffarli in quel momento. E dubito fortemente che i paesi della NATO avrebbero potuto fare tanto quanto fanno adesso per aiutare l’Ucraina.

ZEIT: Nella tua prima apparizione pubblica dopo la fine del tuo cancelliere, hai detto di aver riconosciuto già nel 2007 come Putin pensa all’Europa e che l’unica lingua che capisce è la durezza. Se questa consapevolezza è arrivata così presto, perché ha perseguito una politica energetica che ci ha reso così dipendenti dalla Russia?

Merkel: Era chiaro a tutti noi che il conflitto era congelato, che il problema non era stato risolto, ma questo ha dato all’Ucraina tempo prezioso. Naturalmente, ora ci si può porre la domanda: perché la costruzione del Nord Stream 2 è stata ancora approvata in una situazione del genere?

ZEIT: Sì, perché? Tanto più che all’epoca c’erano già critiche molto forti alla costruzione del gasdotto, ad esempio dalla Polonia e dagli Stati Uniti.

Merkel: Sì, si potrebbero arrivare a opinioni diverse. Di cosa si trattava? Da un lato, l’Ucraina ha attribuito grande importanza a rimanere un paese di transito per il gas russo. Voleva incanalare il gas attraverso il suo territorio e non attraverso il Mar Baltico. Oggi a volte si agisce come se ogni molecola di gas russo provenisse dal diavolo. Non è stato così, il gas è stato contestato. D’altra parte, non era il caso che il governo federale avesse richiesto l’approvazione del Nord Stream 2, lo hanno fatto le società. Alla fine, per il governo federale e per me, si trattava di decidere se avremmo fatto una nuova legge come atto politico per rifiutare espressamente l’approvazione del Nord Stream 2.

ZEIT: Cosa ti ha impedito di farlo?

Merkel: Da un lato, un tale rifiuto in combinazione con l’accordo di Minsk avrebbe, a mio avviso, peggiorato pericolosamente il clima con la Russia. D’altra parte, la dipendenza dalla politica energetica è nata perché c’era meno gas dai Paesi Bassi e dalla Gran Bretagna e volumi di produzione limitati in Norvegia.

ZEIT: E c’è stata la graduale eliminazione dell’energia nucleare. Iniziato anche da te.

Merkel: Esatto, e anche la decisione trasversale di produrre meno gas in Germania. Avresti dovuto decidere di acquistare GNL più costoso dal Qatar o dall’Arabia Saudita, gli Stati Uniti sono diventati disponibili come nazione di esportazione solo in seguito. Ciò avrebbe notevolmente peggiorato la nostra competitività. Oggi, sotto la pressione della guerra, questo è ciò che sostengo, ma all’epoca sarebbe stata una decisione politica molto più massiccia.

ZEIT: Avresti dovuto prendere comunque questa decisione?

Merkel: No, tanto più che non ci sarebbe stata alcuna accettazione. Se mi chiedi un’autocritica, ti faccio un altro esempio.

ZEIT: Tutto il mondo aspetta una parola di autocritica!

Merkel: Può essere così, ma l’atteggiamento dei critici non corrisponde alla mia opinione su molti punti. Inchinarsi semplicemente ad esso solo perché è previsto, penso che sarebbe economico. Avevo così tanti pensieri allora! Sarebbe decisamente un segno di inadeguatezza se, tanto per avere un po’ di pace e senza pensarci davvero così, dicessi semplicemente: Oh, giusto, adesso me ne rendo conto anch’io, è stato sbagliato. Ma ti dirò un punto che mi preoccupa. Ha a che fare con il fatto che la Guerra Fredda non è mai veramente finita perché la Russia non era sostanzialmente in pace. Quando Putin ha invaso la Crimea nel 2014, è stato espulso dal G8. La NATO ha anche di stanza truppe negli Stati baltici per dimostrare che noi, come NATO, siamo pronti a difendere. Inoltre, noi dell’Alleanza abbiamo deciso di spendere il due per cento del prodotto interno lordo di ciascun paese per la difesa. La CDU e la CSU erano le uniche che lo avevano ancora nel loro programma di governo. Ma anche noi avremmo dovuto reagire più rapidamente all’aggressività della Russia. La Germania non ha raggiunto l’obiettivo del due per cento nonostante l’aumento. E non ho nemmeno tenuto un discorso appassionato al riguardo tutti i giorni.

ZEIT: Perché no? Perché segretamente pensavi di non averne bisogno?

Merkel: No, ma perché ho agito secondo il principio di Helmut Kohl: ciò che conta è ciò che viene fuori alla fine. Fare un discorso entusiasmante solo per finire come scendiletto non avrebbe aiutato il budget. Ma quando guardo alla storia per le ricette di successo, arrivo alla decisione a doppio binario della NATO…

ZEIT: … grazie a questa decisione Helmut Schmidt alla fine ha perso il suo cancelliere…

Merkel: Esatto, il che non fa che aumentare il mio rispetto per lui era aumentato. Ciò che è stato intelligente nella decisione a doppio binario della NATO è stato il doppio approccio di retrofitting e diplomazia. Tradotto nell’obiettivo del 2 percento, ciò significa che non abbiamo fatto abbastanza per scoraggiare aumentando la spesa per la difesa.

ZEIT: Per un ritratto in Der Spiegel, lei ha detto quanto segue ad Alexander Osang: “Tollerare le critiche fa parte della democrazia, ma allo stesso tempo la mia impressione è che un presidente americano sia trattato in pubblico con più rispetto di un cancelliere tedesco”. Cosa intendevi esattamente con quello?

Merkel: Da un lato intendevo dire che oggi le decisioni politiche del passato vengono giudicate molto velocemente senza richiamare il contesto ed esaminare criticamente le alternative. La seconda cosa è che alcune persone semplicemente non sono d’accordo sul fatto che io abbia lasciato l’incarico volontariamente dopo 30 anni in politica e 16 anni come Cancelliere federale, alla tenera età di 67 anni, e ora dicono che vorrei prendere “appuntamenti di benessere”. Per me, questo significa che non devo sempre giustificarmi se voglio anche impostare la mia agenda. Non voglio sempre essere guidato da ciò che mi viene incontro dall’esterno.

ZEIT: Intendi anche la discussione sull’arredamento del tuo ufficio? C’è stata una mancanza di comprensione sul fatto che impieghi nove persone.

Merkel: Questo è forse un effetto collaterale. Quale prova di prestazione devo fornire che l’attrezzatura sia giustificata?

ZEIT: All’inizio del suo mandato lei ha sottolineato che in passato c’erano culture avanzate apparentemente invincibili che sono crollate perché non potevano cambiare abbastanza velocemente. Potrebbe essere che, nonostante tutte le conoscenze sul grado di riscaldamento globale, l’umanità semplicemente non riesca a organizzare la propria sopravvivenza perché non tutti vogliono mettersi insieme?

Merkel: Il mio motto in politica è sempre stato: possiamo farcela ed è per questo che non ho mai affrontato scenari apocalittici come politico, ma ho sempre cercato soluzioni. Come cittadino, puoi farti la domanda, ma siccome sono ancora in una fase intermedia, direi che dobbiamo fare tutto il possibile perché proprio questo non accada.

ZEIT: 30% di emissioni cinesi di CO₂, quasi il 2% tedesche, questi sono i numeri.

Merkel: Ma questo non giustifica il fatto che non dobbiamo fare nulla. Possiamo essere un modello, anche se altri non stanno ancora seguendo l’esempio. La Cina è il più grande emettitore oggi, giusto. È rivale, concorrente e partner allo stesso tempo. Farlo bene sarà la grande questione diplomatica del futuro. Ma la guerra in Ucraina ha ancora una volta drammaticamente peggiorato le possibilità di salvare il clima, perché rischia di passare in secondo piano.

ZEIT: Hai idea di come possa finire questa guerra? Ed è completamente fuori discussione che tu possa avere un ruolo in esso?

Merkel: La seconda domanda non si pone. Al primo: Ad essere onesti, non lo so. Terminerà i negoziati un giorno. Le guerre finiscono al tavolo dei negoziati.

ZEIT: Proprio perché questa guerra ha avuto effetti così drammatici, la questione di quando e in quali circostanze avviare i negoziati può essere lasciata solo all’Ucraina?

Merkel: C’è una differenza tra una pace dettata, che io, come molti altri, non voglio, e discussioni amichevoli e aperte tra loro. Non voglio dire di più al riguardo.

ZEIT: Tanti imprevisti sono accaduti durante e dopo il suo mandato. Avresti mai immaginato che negli ultimi anni del tuo cancelliere e ancora oggi le critiche più dure arrivassero e continuino ad arrivare dalla Springer-Verlag – con la cui casa editrice hai un rapporto di amicizia?

Merkel: La libertà di stampa è una risorsa molto importante. (sorride)

ZEIT: Lasci che le critiche ti raggiungano? Hai letto l’immagine?

Merkel: Anche se non li leggo, è garantito che ci sarà qualcuno che mi terrà le critiche sotto il naso.

ZEIT: Quando sei partito un anno fa, come tutti i cancellieri uscenti, potevi scegliere tre canzoni. Tra le altre cose, hai selezionato Lascia che piovano rose rosse per me. Dice: »… sottometti, contenuto. Non posso sottomettermi, non posso essere soddisfatto, voglio ancora vincere, voglio tutto o niente’ e poi ‘riqualificarmi lontano dal vecchio, per ottenere il massimo da ciò che mi aspetta’. rappresentante di Angela Merkel all’interno?

Merkel: Ho scelto la canzone nel suo insieme. Volevo dire che non vedo l’ora che arrivi un capitolo della mia vita. Ho vissuto cose meravigliose, è stato anche estenuante. Ma è stata una grande cosa: chi può diventare Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca? L’ho sempre fatto con gioia, e ora c’è ancora una certa tensione: cos’altro può succedere oltre a questo?

SCENARIO UCRAINA/ La vera strategia Usa e Nato per indebolire Russia, Ucraina e Ue, a cura di Giuseppe Gagliano

La Nato è a completa trazione angloamericana ed solo uno strumento degli Usa per continuare a logorare la Russia. l’Italia può solo allinearsi

Un accordo sull’Ucraina è inevitabile, ha detto ieri il presidente russo Vladimir Putin, mentre diplomatici russi e americani si incontrano ad Istanbul. Dichiarazioni che si aggiungono all’altalena delle rispettive aperture che vanno avanti da più di un mese tra Washington e Mosca, senza tuttavia creare spiragli reali e modificare il quadro politico, né tantomeno quello dei rapporti di forza.

E l’Europa? “Non riesce a elaborare una strategia anche all’interno della Nato che salvaguardi i suoi interessi e si limita ad assecondare le linee guida anglo-americane. Le quali prevedono che la guerra debba continuare” spiega al Sussidiario Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa. Washington e Londra hanno un obiettivo molto chiaro, logorare la Russia attraverso l’Ucraina, e insieme a questa l’Unione Europea. Tutto questo ha rilevanti conseguenze geopolitiche anche per l’Italia.

Che ruolo potremmo assegnare alla Nato nell’attuale conflitto tra la Russia e l’Ucraina?

La Nato di fatto è a guida anglo-americana e il segretario generale Stoltenberg, ogni volta che parla, conferma che le sue parole sono espressione della politica anglo-americana. E questo è il grande limite dell’Alleanza, di cui il presidente Macron poco più di un anno fa disse che l’Alleanza è in stato di morte cerebrale.

Aveva ragione?

Sì, nel senso ormai rappresenta solo gli interessi degli angloamericani. Il problema si pone nel momento in cui gli europei non riescono a elaborare una strategia anche all’interno della Nato che salvaguardi i loro interessi ma si limitano ad assecondare le linee guida anglo-americane.

E quali sono?

Prevedono che la guerra debba continuare, come d’altra parte hanno detto chiaramente nei mesi scorsi. Non è un’interpretazione, sono dichiarazioni ufficiali. La guerra deve continuare per logorare la Russia, almeno finché Washington non riterrà che sia logorata a sufficienza.

E l’Europa?

L’Europa non si rende conto che l’Ucraina sta di fatto portando avanti gli interessi angloamericani che prevedono di logorare la Russia. E mentre la Russia si logora, l’Ucraina si annienta sul piano economico e sul piano infrastrutturale all’ombra degli americani.

Non dobbiamo dimenticare che la Nato è un’alleanza militare ma anche politica e in questo conflitto ci sono anche interessi economici e geopolitici. Di cosa stiamo parlando esattamente?

L’interesse degli angloamericani è indebolire l’Europa sul piano economico e industriale, vendendoci energia a prezzi dieci volte più alti di quelli che pagano le aziende americane e con misure anti-inflazione che rischiano di de-industrializzare l’Europa. Tutto ciò ci dice chiaramente quale sia l’obiettivo strategico di questa guerra.

Qual è al momento il ruolo dell’Italia all’interno della Nato? In modo particolare, gli investimenti che la Nato sta facendo in Italia sono finalizzati a potenziare l’apparato militare atlantico?

Il problema di potenziare la Nato in Italia o di potenziare l’Italia all’interno della Nato non si pone, perché l’Italia sta seguendo pedissequamente l’impostazione atlantista che Draghi ha esasperato rinunciando al tradizionale ruolo di Roma come “ponte” tra Occidente e Russia.

Questo significa che sia il governo Draghi che, per ora, il governo Meloni si limitano a seguire le indicazioni che provengono da Washington e cioè quello di dare armi all’Ucraina, come fanno d’altra parte quasi tutti gli altri Paesi europei e Nato. Armi che in Molti casi non sono troppo recenti e neppure troppo sofisticate.

Soffermiamoci per favore sulla situazione italiana nell’Alleanza.

Non c’è una posizione italiana diversa da quella che vogliono per noi gli angloamericani. Vale per noi come per tanti altri Paesi. Se di potenziamento possiamo parlare in relazione alle infrastrutture militari, questo è finalizzato semmai a potenziare la strategia americana. Non dimentichiamoci tuttavia che l’Italia, anche se non ricopre una posizione di natura operativa – cioè non è coinvolta direttamente in teatri di combattimento – mantiene un ruolo molto rilevante in Lettonia, Romania, Polonia, Ungheria e Bulgaria, dove sono schierate forze aeree e terrestri italiane insieme a quelle di altri alleati. Un caso a sé stante rimane la Turchia.

Vediamolo in breve.

Pur non essendo nell’Unione Europea, è tuttavia nella Nato e ha chiesto di aderire alla Sco (Shanghai Cooperation Organization), richiesta per certi versi paradossale, perché è come se quarant’anni fa un paese della Nato avesse chiesto anche di aderire al Patto di Varsavia. D’altra parte la Turchia ha sempre rivestito un ruolo di grande autonomia all’interno dell’Alleanza atlantica.

Appunto. Come si spiega tale autonomia?

Non è legata alla ricchezza del Paese – in questo caso la Turchia –, semmai alla capacità della classe politica, che può essere in grado di dare più o meno autonomia ad una nazione all’interno di strutture sovranazionali come quella europea e quella della Nato.

Ha senso parlare allo stato attuale di un accordo tra Russia e Ucraina?

A mio avviso no, non ha molto senso, perché gli ucraini hanno lasciato mesi or sono il tavolo dei negoziati. E lo hanno lasciato perché i loro sponsor, gli angloamericani, hanno detto loro che non dovevano negoziare. L’Ucraina oggi non ha un’autonomia politica e strategica effettiva perché dipende per la sua sopravvivenza sociale, economica e militare dagli aiuti anglo-americani ed europei. di fatto solo Washington può imporre a Kiev di negoziare, considerato che l’Europa ha rinunciato a giocare da protagonista in questa crisi.

La disponibilità di Mosca c’è o no?

C’è, ma è una disponibilità legata a un negoziato che preveda che alcuni territori ucraini vengano ceduti. Quindi la guerra dovrà andare avanti ancora con tutti i rischi conseguenti.

E qui si torna all’Europa.

Sì, perché per noi europei il problema vero è che mentre la guerra va avanti, l’Europa continuerà ad avere numerosi problemi sul piano energetico, economico, sociale e anche della stabilità politica.

La Nato non dovrebbe rivedere la propria strategia?

La Nato si è completamente disinteressata del fianco sud dell’Alleanza, anche se l’Italia spinge per un maggior coinvolgimento proprio su questo fronte. Ma questa esigenza, assolutamente legittima sul piano strategico, non si è mai concretizzata, perché i maggiori azionisti della Nato non sono interessati a rivolgere la loro attenzione al Mediterraneo.

E questo ci riguarda direttamente.

Già negli anni scorsi gli Usa hanno detto all’Italia di occuparsi della Libia, nulla di sorprendente, dal momento che in questa fase storica gli Stati Uniti – insieme naturalmente alla Nato – sono impegnati sul cosiddetto “fianco est” a logorare la Russia. Ma l’Italia non ha dato un contributo militare alla guerra in Libia. Se l’avesse fatto, Tripoli oggi guarderebbe in modo diverso al nostro Paese. È stata semmai la Turchia a dare un contributo militare al conflitto contro le milizie del generale Khalifa Haftar e grazie a ciò ha scalzato l’Italia dalla Tripolitania.

Chi deciderà il destino della Libia?

Egitto, Emirati e Russia. Ma è certamente la Turchia ad avere un ruolo sempre più rilevante, soprattutto perché controlla i flussi migratori, sia del Mediterraneo che quelli balcanici. E per noi rimane di fatto un pericoloso competitore. Non dimentichiamoci che l’attuale presenza turca in Libia, vista da Ankara, si può considerare una rivincita nei confronti dell’Italia, che sconfisse l’impero ottomano nel 1911-12. Inoltre quando i turchi rivendicano una proiezione di potenza nel Mar Egeo, lo fanno perché ancora una volta l’Italia nel 1912 tolse alla Turchia anche il controllo delle isole del Dodecaneso, passate sotto il controllo greco dopo la seconda guerra mondiale.

Dunque nel Mediterraneo Turchia e Italia sono destinate ad essere rivali. Con quali possibili reciproci sviluppi?

Anche se l’egemonia in Libia rimarrà turca, l’Italia sarà costretta sia per ragioni legate agli interessi energetici, sia per la questione migratoria, ad avere obtorto collo ottimi rapporti con la Turchia.

(Giuseppe Gagliano)

https://www.ilsussidiario.net/news/scenario-ucraina-la-vera-strategia-usa-e-nato-per-indebolire-russia-ucraina-e-ue/2454208/?fbclid=IwAR0CIDbt8kigElVBI8csadCokvch04xaOHb0AgMeVVp1PtoTUIjJveuc-QE

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