Memo quotidiano: poteri medi e persone prive di potere, di George Friedman

Qui sotto un breve resoconto delle inquietudini che attraversano il mondo. Una breve considerazione: checché ne pensino il Senatore Fiano e il Partito Democratico tutto l’Europa non è più un’isola felice esente da conflitti militari già dagli anni ’90; il fattore di pace interna piuttosto che l’Unione Europea è stata comunque la NATO, con tutti i vincoli di dipendenza e sottomissione connessi. Una pace interna che comunque non ha evitato sanguinosi conflitti interni agli stati, in particolare quelli più sensibili all’influenza russa. Nelle more, pare che in Bielorussia alcuni cecchini stiano sparando alla folla dagli edifici circostanti. Un canovaccio già sperimentato in Ucraina e in Siria, prodromo di un colpo di mano imminente. La Russia si farà cogliere questa volta di sorpresa? Quanto influirà la crisi di entrate da gas e petrolio sulle sue modalità di risposta? Intanto la Francia ha posizionato in Grecia, di fronte alla Turchia altri due Rafale e una fregata, a tutela della libertà di navigazione nel mar Egeo. Pare meno disposta dell’Italia a farsi mandar via da quelle acque. La fregata LIMNOS (classe ELLI) della Marina Nazionale greca ′′ è stata colpita ′′ da una nave della Marina turca. Il PD continua a chiamare tutto questo pace_Giuseppe Germinario

Memo quotidiano: poteri medi e persone prive di potere

Recensioni settimanali di ciò che è sui nostri archivi.

A cura di: Geopolitical Futures

Potenze medie nell’Indo-Pacifico . Martedì, il Giappone ha accettato di prestare al Vietnam circa 345 milioni di dollari per acquistare sei navi da pattugliamento marittimo giapponesi . Il Giappone ha distribuito navi della guardia costiera usate nel sud-est asiatico negli ultimi anni, ma quelle nuove sono considerate un sostanziale miglioramento per il Vietnam in un momento in cui le sue acque costiere sono soggette a una maggiore pressione cinese. Come abbiamo spiegato , la maggior parte della competizione per il controllo nel Mar Cinese Meridionale si svolge nella cosiddetta zona grigia. E questa è un’area in cui il Giappone è forse anche meglio attrezzato degli Stati Uniti per aiutare gli Stati richiedenti del Mar Cinese Meridionale. Nel frattempo, l’India ha incoraggiato la Russia a essere maggiormente coinvolta negli affari indo-pacifici, proponendo, ad esempio, un meccanismo di consultazione trilaterale che coinvolge il Giappone .

Questi tipi di giocatori di medio livello nella regione sono tutti limitati in quello che possono fare per bilanciare l’azione della Cina, e interessi fortemente contrastanti renderanno difficile formare qualsiasi tipo di fronte unito contro Pechino . Ma per paesi come il Vietnam e l’India che temono di essere coinvolti nel fuoco incrociato di un grande conflitto di potere a somma zero tra Cina e Stati Uniti, più siamo, meglio è.

Disordini bielorussi, continua . Continuano le proteste in Bielorussia contro i risultati delle elezioni presidenziali . Le forze di sicurezza hanno usato granate stordenti e hanno sparato proiettili di gomma per disperdere i manifestanti. Il ministero degli Interni ha confermato che le autorità hanno ucciso un uomo che avrebbe tentato di lanciare un ordigno esplosivo. Ha anche annunciato che più di 2.000 persone sono state detenute in varie città del paese.

L’opposizione si sta comportando come previsto. Gli ex candidati alla presidenza Andrei Dmitriyev e Sergei Cherechen intendono presentare un reclamo alla Commissione elettorale centrale contestando i risultati delle elezioni. Nel frattempo, Svetlana Tikhanovskaya, la candidata dell’opposizione più popolare, ha lasciato la Bielorussia per la Lituania, dove ha ringraziato i cittadini bielorussi per la partecipazione alle elezioni, sottolineando che “il popolo bielorusso ha fatto la sua scelta”, invitando i suoi sostenitori a rispettare la legge piuttosto che affrontare la polizia .

I governi occidentali, compreso Washington, hanno espresso preoccupazione per la situazione. Alcuni hanno condannato il presidente Alexander Lukashenko per aver utilizzato violenza politicamente motivata, mentre altri hanno chiesto il dialogo per risolvere la questione.

Intelligenza aggiuntiva

LIBANO AL CENTRO DI UN INTRIGO MORTALE PER LA SECONDA VOLTA IN MEZZO SECOLO, di Antonio de Martini

Qui sotto una serie di considerazioni di Antonio de Martini sulla situazione del Libano. Lo scritto, aggiornato, in parte già riportato su questo sito, è di circa otto anni fa, ma torna di grande attualità alla luce dei movimenti in corso in quella regione al netto dei grandi limiti e azzardi che anche la classe dirigente iraniana, in buona compagnia dei tanti suoi avversari, ha compiuto_Giuseppe Germinario

LIBANO AL CENTRO DI UN INTRIGO MORTALE PER LA SECONDA VOLTA IN MEZZO SECOLO

di antoniochedice

Il mio amico Nachik Navot, del cui patriottismo non è lecito dubitare, ha lasciato il servizio come vice capo del Mossad e che ormai temo non sia più tra noi perché non risponde più alle mie  mail,( ora dovrebbe sfiorare il secolo..)mi regalò due articoli che pubblicai sul mio blog. www.corrieredellacollera.com  il 6 luglio 2012 egli scrisse parole lucide sulla situazione mediorientale che conosceva bene essendo stato in servizio anche in Iran e in India.

Ecco il link al suo articolo che consiglio di leggere

https://corrieredellacollera.com/2012/07/06/fortress-israel-la-sindrome-dell-olocausto-e-il-senso-della-vera-sicurezza-senza-cui-non-ce-pace-di-nachik-navot/

Una delle considerazioni, a mio avviso più più importanti che ci ha lasciato, è che se Israele vorrà ottenere una pace duratura, dovrà liberarsi della “ sindrome della Fortezza Israele” e crearsi nuove motivazioni e azioni per vivere in armonia coi suoi vicini.

Questa sindrome è frutto di una imposizione altrui dato il trattamento inumano europeo inflitto agli ebrei con l’Olocausto. Gli Israeliani si sentono assediati, da tutti e per sempre, e si comportano di conseguenza. Peccando spesso di “overeaction” aggiungo io.

E’ comprensibile, che  questa situazione abbia avuto implicazioni culturali negative sullo sviluppo iniziale  dello Stato di Israele ma,  il numero di israeliani e membri delle Diaspore consapevoli che vada superata, cresce ogni giorno di più.

Ho deciso di fare riferimento a Nachik ( diminutivo di Menachem) per introdurre la pedina “ Israele” nel tragico gioco della crisi libanese, dove a tutta prima – e in questa fase- sembrerebbe assente perché il proscenio  è occupato dall’ambasciatrice statunitense Dorothy Shea cui piace molto il ruolo di Proconsole e ha l’empatia di un celenterato.

I libanesi hanno dovuto più volte ricordarle l’esistenza della Convenzione di Vienna del 1969 con cui si conveniva il principio di non ingerenza negli affari interni dei paesi ospitanti.

Oggi il Libano, unico paese del vicino e medio oriente a guida cristiana ed economia liberista, vive una profonda crisi morale, politica ed economica causata in parte dalla diluizione della identità culturale di cui tutti si dicono fieri a parole, e in parte dalle pressioni di una violenza inusitata esercitata dalla amministrazione americana che ha il duplice scopo di promuovere la firma  di

un trattato di pace con Israele ( dai tempi di Sadat nessuno vuole firmare senza che sia prima conclusa la pace coi palestinesi, a pena la morte) e di rassicurare l’alleato circa il  concreto pericolo incombente rappresentato dal partito Hezbollah che conta su un elettorato del 50% della popolazione, dispone di  un esercito ben addestrato di ventimila uomini e trentamila riservisti  e di un arsenale missilistico inizialmente composto da missili obsoleti ( Zelzal 2 e 3) che grazie ad un ammodernamento artigianale, alla possibilità di lancio da mezzi mobili e al loro numero,  si ritiene possano distruggere il grosso delle infrastrutture israeliane concentrate su un territorio circoscritto e mescolate con la popolazione.

Si tratta di un dilemma che nessun governo può accettare. Israele, nato per difendere gli ebrei, sarebbe il solo paese in cui la loro vita sarebbe a continuo repentaglio.

L’ANTEFATTO

Rubricare come “organizzazione terroristica” un partito politico che prende il 50% dei voti alle elezioni politiche, non è stata la scelta più intelligente dell’amministrazione USA in un’area in cui scelte intelligenti non ne fa da almeno un trentennio.

Ma andiamo per ordine lasciando da parte il contenzioso palestinese che ci porterebbe ad allargare troppo questa esposizione e che è il convitato di pietra di ogni situazione in quest’area.

1Nel 1975 scoppiò a Beirut , per ragioni che non interessano in questa sede, una guerra tra i palestinesi rifugiati in Libano e una fazione politica locale che si allargò a tutte le componenti politiche  e tribali dell’area.

La guerra , durò fino al 1990 circa, fece centomila vittime e scosse dalla fondamenta quella che era la società più progredita e cosmopolita del mondo arabo. Ogni fazione si trovò degli sponsor politici e militari, ottenne sovvenzioni al punto che- in piena guerra- la lira libanese si apprezzò sul dollaro. L’esercito mantenne la neutralità ( che risultò preziosa per la ricostruzione della concordia nazionale)  e si assisté al paradosso che combatterono tutti tranne i soldati.

2 Presi dalla sindrome “ Fortress Israel” i militari di Tsahal immaginarono una operazione suscettibile di allargare i confini nord del paese spingendo via le popolazioni di confine  che non ostacolavano i guerriglieri palestinesi e le loro incursioni.

Obbiettivi strategici:  bonificare l’area, impadronirsi delle sorgenti del fiume Litani, liberare il fianco del Giabal Druso ( una setta eterodossa dell’Islam che collabora da sempre con gli israeliani al punto di fornire una brigata all’Esercito), mostrare di voler annettere il territorio del sud Libano ed eventualmente rilasciarlo in cambio di un formale trattato di pace.

L’operazione  lanciata nel 1982 chiamata “ Pace in Galilea” mirava anche  a dare sicurezza ai kibbutz della alta Galilea esposti ai blitz palestinesi, ebbe successo militare ma si risolse in un fallimento politico completo. Nessuno degli obbiettivi fu raggiunto, nemmeno parzialmente, anche per gli eccessi di violenza commessi come la strage di Sabra e Châtila.

https://corrieredellacollera.com/2012/09/18/obama-punisce-israele-sharon-ha-ordinato-e-voluto-la-strage-di-sabra-e-chatila-ingannando-gli-u-s-a-se-netanyau-non-lascia-obama-potrebbe-rincarare-la-dose-con-unaltra-accusa-terribile-l/

Israele si trattenne però una fascia frontaliera di dieci km facendo così nascere un movimento di resistenza non significativo da parte di una organizzazione caritativa già esistente chiamata Hezbollah e creata per scopi assistenziali da due religiosi, l’Imam Moussa Sadr e Monsignor Grégoire Haddad, cristiano di rito greco ortodosso.

Israele evacuò la zona a seguito di pressioni USA, ma Hezbollah si vantò – con mentalità tipicamente orientale- di essere all’origine della ritirata con le sue imprese.

Fu l’inizio della gestazione dell’Hezbollah che oggi conosciamo.

Negli anni, la  placida assistenza ai partigiani palestinesi, divenne azione  sistematica  fino al punto da indurre l’Esercito israeliano a progettare un’altra, più circoscritta, sortita  fuori della

“ Fortress Israel” per dare una lezione ai “contadini”. E questo fu il secondo errore di cui tratteremo più tardi.

La principale conseguenza della fine della guerra in Libano fu la cessazione degli aiuti finanziari da parte di tutti i partecipanti indiretti che avevano – con gli stipendi ai combattenti – sostenuto il corso della lira libanese.

Deflazione lampo e disoccupazione generale.

IL DOPOGUERRA

Unici a mantenere attivi, riconvertendoli,  i finanziamenti furono gli iraniani ( avevano piegato i francesi con un ennesimo attentato e questi si decisero a restituire 700 milioni del miliardo di dollari anticipato dallo scià per dotarsi di tecnologia nucleare che L’Ayatollah Khomeini aveva bollato come empia in una fatwa, e chiesto la restituzione dell’anticipo).

Isolati dagli USA a seguito dei noti eventi rivoluzionari, gli iraniani ruppero l’accerchiamento cercando di far leva sul proletariato sciita ed allargando il giro anche visivamente: cento euro al mese se Ali si fa crescere la barba ( segno di pietas), altri cento se tua moglie si mette il velo; duecento se obblighi  anche tua figlia a fare altrettanto….

Un padre di famiglia sbarcava il lunario e il partito di Allah ( Hezbollah) fungeva da ufficiale pagatore e beneficiario di una palpabile crescita di immagine che contrastava la narrativa dell’isolamento.

L’intesa politica, il controllo del partito da parte degli elementi sciiti, e la fornitura di armi furono le logiche conseguenze della intesa anti crisi.

Gli occidentali curavano l’élite e l’Iran il sottoproletariato.

L’élite viaggiava per il mondo e il sottoproletariato scavava bunker.

Quando gli israeliani, a seguito di un ennesimo sconfinamento con sparatoria, attaccarono credendo di fare una passeggiata militare di rappresaglia, dovettero ritirarsi con perdite e il generale di brigata israeliano comandante della spedizione, fu rimosso. Rimediarono con un bombardamento.

Fu cosi che Hezbollah passò dalla millanteria levantina al rango di unica potenza militare che aveva battuto gli israeliani in campo aperto.  Divenne, con un estorto consenso governativo, una sorta di Stato nello stato con l’incarico di gestire eventuali proxy war contro Israele senza coinvolgere il governo legale.

L’inizio della guerra in Siria – un altra guerra di aggressione esterna presa per guerra civile-  ha offerto a Hezbollah l’opportunità di rodare i suoi soldati e di agire di concerto ad altri volontari cristiani che sono intervenuti a sostegno dei cristiani di Siria minacciati fin nella decapoli dove risiedono dai tempi di Cristo di cui parlano ancora la lingua aramaica.

Furono i diecimila volontari di Hezbollah a liberare le colline del Kalamoun che riaprirono le comunicazioni tra Damasco e il Libano e determinarono l’esito delle battaglie in corso.

LA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE

Sono in corso pressioni politiche, giornalistiche e finanziarie sul presidente della Repubblica, il generale Michel  AOUN  e su suo genero Gebran BASSIL ( fino a poco fa ministro degli Esteri) .

Le pressioni USA sul Libano mirano a costringere l’Esercito Libanese a confrontarsi con l’Hezbollah, che è più numeroso, più esperto, collaudato in combattimento e meglio armato ad onta delle dichiarazioni del generale Frank Mckenzie che da Washington incoraggia moderatamente allo scontro,  in supporto all’ambasciatrice che attribuisce la crisi monetaria sul cambio del dollaro  all’Hezbollah, dicendo però che gli USA sono pronti ad aiutare qualora Hezbollah venga “ allontanato dal governo”, il che è già stato fatto, istallando un governo tecnico giudicato però insoddisfacente.

La diplomatica da la colpa della crisi  “ alla corruzione praticata da decenni”. Questa dichiarazione è contraddittoria con la consapevolezza che il Libano, appunto per decenni,  è stato prospero al punto di essere definito “ la Svizzera del Medio Oriente” e con il fatto – noto a chiunque abbia letto un libro – che la corruzione impera nell’area – e non solo- da almeno due millenni, al punto di essere contemplata dal codice di Hammurabi.

LA SITUAZIONE MILITARE OGGI

LA MINACCIA A ISRAELE

Sembra che le modifiche artigianali ai vecchi missili iraniani ZELZAL 2 del costo di poche migliaia di dollari, consistano nell’inserimento di un sistema di guida cinese, l’adozione del navigatore  GLONASS , il GPS russo, in aggiunta a quello occidentale e un arsenale già pronto di circa 200 missili ribattezzati Fateh 100 siano all’origine dell’allarme rosso Israeliano.

Circa un anno e mezzo fa, una pioggia di missiletti lanciata in Galilea su località disabitate di Israele, ha permesso di capire che il sistema originale antiaereo “ Iron Dome” possa al massimo acquisire ed abbattere da 150  a 200 intrusi volanti su 250 lanciati contemporaneamente.

Valutazioni di Stato Maggiore attribuiscono a Hezbollah una capacità massima di lancio di poco più di mille missili in un giorno.

Inviarne 400 assieme metterebbe in crisi lo Stato maggiore  israeliano che sarebbe costretto a scegliere se difendere prioritariamente le infrastrutture strategiche ( la raffineria di Haïfa, gli aeroporti, l’impianto nucleare di Dimona, Il quartiere generale dell’Esercito, o le basi principali di Tsahal a Kyria o Tel Nof ,  Nevatim e Hatzor.) oppure la popolazione finora rimasta sostanzialmente indenne da urti militari importanti.

Gli israeliani valutano che la portata di 250 km , il carico esplosivo oscillante tra i 500 e i 900 kg, produrrebbero danni non riparabili anche quanto a sicurezza della popolazione esposta in gran parte alla tentazione di far uso della seconda nazionalità che molti hanno conservato. Israele mancherebbe alla sua missione di protezione degli ebrei sul suo territorio e la bilancia demografica, già sospettata di essere, deficitaria diverrebbe palesemente fallimentare.

Hezbollah ha insomma messo a punto un “ Game Changer” del quadro geopolitico.

Di qui l’esigenza di eliminare il pericolo per Israele e ristabilire l’equilibrio per gli USA.

LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE

ISRAELE

La partita di scacchi in corso é così configurabile: Israele può scegliere di ricorrere alla sindrome “ Fortress Israel” – anche per distrarre dalla crisi economica interna, facendo passare in seconda fila l’annessione della valle del Giordano e  potenziando così la sua leadership- e organizzare una sortita nucleare contro l’Iran e/o contro Hezbollah, approfittando della fase pre elettorale americana (tutti i blitz iniziati dagli israeliani sono stati fatti in questa fase pre elettorale), ma pagherebbe un prezzo valutabile in 300/400 missili sui suoi obbiettivi vitali concentrati in un fazzoletto di territorio, col pericolo che i piloti al ritorno dalla loro missione rischierebbero di non ritrovare né la base di partenza e forse neppure la famiglia.

L’Iran si troverebbe, dopo uno scontro mortale, ad aver cavato le castagne dal fuoco all’Arabia Saudita, il suo rivale storico.

Lo scontro, non conviene a nessuno. Si ripeterebbe la certezza della MAD (Mutual Assured Destruction ) che animò la guerra fredda.

La soluzione del dilemma sembra essere stata stata individuata con la stessa logica del 1982 che ha portato al fallimento della operazione “ pace in Galilea”: costringere Il governo libanese a scontrarsi con Hezbollah chiedendo al governo di disarmarlo e cacciarlo dalla maggioranza di coalizione che governa il paese. ( Nasrallah,  il loro capo, non è un chierichetto e sa che la cacciata dalla maggioranza sarebbe solo l’inizio, quindi resisterebbe fin dal primo cenno).

IL LIBANO

Gli esiti grotteschi delle primavere arabe, l’indefinito protrarsi della guerra in Yemen,la “sirizzazione” della Libia, la penetrazione incruenta della Russia nel fianco destro della NATO, il ripudio delle organizzazioni internazionali promosse dall’America che tutti amavamo,  la perdita della leadership mondiale per gli innumeri errori in Medio Oriente  – e negli States col COVID e la questione razziale – hanno ridotto la credibilità e il prestigio di mediatori dei diplomatici e politici USA a livelli impensabili solo dieci anni fa.

Non potendo accettare tutte le “ istruzioni” ricevute, il Libano  ha trovato una soluzione di compromesso: fuori tutti dal governo che viene affidato a un tecnico assistito da tecnici.  Piiché i tecnici sono neutrali a favore o contro qualcuno, il problema si è riproposto e lo zio Sam ha applicato ala cura russa ( – 50% del rublo in due settimane)  e quella turca ( – 50 % del valore della lira turca in due settimane). Oggi  con la lira libanese si ottengono dollari a 10.000 contro uno; le banche concedono accesso limitato ai conti per 30 dollari al giorno e la popolazione ha il 50% di disoccupati, erogazione limitata di acqua e elettricità e scontri di piazza.

Le pressioni sul Presidente sono diventate attacchi personali e metà della popolazione attribuisce ogni colpa a Hezbollah, l’altra metà all’America.

L’ARABIA SAUDITA

Il regno sta affrontando – e perdendo- una guerra calda in Yemen e una fredda col Katar e l’Oman. Ha già perso la guerra di Siria ed è in preda a convulsioni interne a livello della élite e di famiglia reale, mentre l’”unrest” di Al Kaida e della provincia est sciita a influenza iraniana.

Far tornare al potere Saïd Hariri  – il premier libanes che ha scatenato lo show-down con le sue dimissioni che avrebbero dovuto essere brevi e vittoriose – è per il Crownprince un affare di vita o di morte. Nella sua ottica malata, Mohammed ben Salman ha bisogno che il LIbano firmi la pace con Israele per poi poterla firmare anche lui è dare il via al piano Marshall per la penisola araba che dovrebbe portare alla pace generale  per tutti e lui al trono di Riad.

Ha un sistema di sicurezza impeccabile, ma la perfezione non è di questo mondo.

GLI USA

Anche Trump e Pompeo devono affrontare un difficile dilemma :

1: continuare a bulleggiare  selvaggiamente con sistemi di macelleria sociale – il Libano, forti dell’ottenuto, complice, inspiegabile, silenzio Vaticano- un piccolo paese che ha creato l’alfabeto e il commercio internazionale, da sempre amico dell’Occidente che ospita pacificamente un numero di profughi pari alla propria popolazione e sul quale si scaricano tutte le tensioni del Levante.

2: aiutare Israele a capire che è il momento di uscire dalla “Fortress Israel” con tutte le garanzie di una mediazione internazionale decisa e con le idee chiare di cui gli USA siano primi tra pari.

3: Affrontare l’aléa di una ennesima guerra in cui potranno annientare l’Iran e il Libano, ma il loro alleato israeliano subirà tutti i colpi e regnerà su un cimitero.

LA SIRIA

Esausta e vittoriosa  deve fare i conti con l determinazione USA che insiste nelle sanzioni e nell’aiuto a curdi e turchi per tenerla occupata e ha rincarato la dose inserendo la moglie di Assad- ASMA- nella lista dei criminali d punire con le sanzioni. Lei che pochi mesi fa è uscita da una feroce lotta contro il cancro ed è sempre stata lontana dalla politica e vicina al marito.

La viltà di questo atteggiamento mostra quanto gli USA siano disperati e a corto di idee: peggio di una battaglia perduta contro una fragile donna che aveva rifiutato le migliori cure russe pur di non lasciare il suo popolo e suo marito. La Siria distrutta nelle infrastrutture e nel commercio, ha ancora carte da giocare: dai rifornimenti a Hezbollah, ai tunnel segreti per entrare in Israele e al finanziamento di una intifada ben più cruenta in caso di annessione della valle del Giordano.

HEZBOLLAH

E forte nel suo territorio; rispettato da tutti perché “ fa quel che dice e dice quel che fa”,

In caso di attacco potrà contare sull’appoggio diretto di Iran e Siria e quello indiretto di Cina, Indonesia e Russia, ma anche dei palestinesi della striscia di Gaza e in una Intifada palestinese .

Ma sopratutto nei missile FATEH 100 e nel coltello che ogni arabo sa manovrare con maestria specie nelle notti senz luna.

Intanto il Libano, preda di stupidi privi di scrupoli, Domanica 5 luglio si farà sentire : tutti i libanesi alle sette ora Italia e nove ora di Beirut, in contemporanea su Facebook, you tube e in tutte le TV locali faranno sentire a tutto volume la loro voce di resistenza. Sintonizzatevi su

https://www.facebook.com/BaalbeckInternationalFestival/live/

Oppure

https://www.youtube.com/watctch?v=KQ0K8UE651E&feature=YouTube.be 

Vladimir Putin: Le vere lezioni del 75 ° anniversario della seconda guerra mondiale

Qui sotto un lungo articolo di Vladimir pubblicato sulla rivista americana National Interest https://nationalinterest.org/feature/vladimir-putin-real-lessons-75th-anniversary-world-war-ii-162982? . Importante la sede che ha ospitato il saggio; altrettanto importante il messaggio lanciato. I canali di comunicazione con gli Stati Uniti non sono stati evidentemente tutti recisi; al di là della inevitabile retorica distensivistica traspare la constatazione della fase policentrica ormai irreversibile_Giuseppe Germinario

Vladimir Putin: Le vere lezioni del 75 ° anniversario della seconda guerra mondiale

Il presidente russo offre una valutazione completa dell’eredità della seconda guerra mondiale, sostenendo che “Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Il tradimento di Monaco ha mostrato all’Unione Sovietica che l’Occidente i paesi si occuperebbero di problemi di sicurezza senza tener conto dei propri interessi “.

Sono trascorsi settantacinque anni dalla fine della Grande Guerra Patriottica . Diverse generazioni sono cresciute negli anni. La mappa politica del pianeta è cambiata. L’ Unione Sovietica che rivendicò una vittoria epica e schiacciante sul nazismo e salvò il mondo intero è sparita. Inoltre, gli eventi di quella guerra sono diventati a lungo un ricordo lontano, anche per i suoi partecipanti. Allora perché la Russia celebra il nono maggio come la più grande festa? Perché la vita si ferma quasi il 22 giugno? E perché si sente un nodo alla gola?

Di solito dicono che la guerra ha lasciato una profonda impronta nella storia di ogni famiglia . Dietro queste parole, ci sono destini di milioni di persone, le loro sofferenze e il dolore della perdita. Dietro queste parole c’è anche l’orgoglio, la verità e la memoria.

Per i miei genitori, la guerra significava le terribili prove dell’assedio di Leningrado, dove morì mio fratello di due anni, Vitya. Era il posto dove mia madre riuscì miracolosamente a sopravvivere. Mio padre, nonostante fosse esente dal servizio attivo, si offrì volontario per difendere la sua città natale. Ha preso la stessa decisione di milioni di cittadini sovietici. Combatté contro la testa di ponte Nevsky Pyatachok e fu gravemente ferito. E più passano gli anni, più sento il bisogno di parlare con i miei genitori e conoscere meglio il periodo di guerra delle loro vite. Tuttavia, non ho più l’opportunità di farlo. Questo è il motivo per cui faccio tesoro nel mio cuore delle conversazioni che ho avuto con mio padre e mia madre su questo argomento, nonché della piccola emozione che hanno mostrato.

Persone della mia età e credo sia importante che i nostri figli, nipoti e pronipoti comprendano il tormento e le difficoltà che i loro antenati hanno dovuto sopportare. Devono capire come i loro antenati sono riusciti a perseverare e vincere. Da dove viene la loro forza di volontà pura e incessante che ha stupito e affascinato il mondo intero? Certo, stavano difendendo la loro casa, i loro figli, i loro cari e le loro famiglie. Tuttavia, ciò che condividevano era l’amore per la loro terra natale, la loro Patria. Quella sensazione profonda e intima si riflette pienamente nell’essenza stessa della nostra nazione ed è diventata uno dei fattori decisivi nella sua eroica, sacrificale lotta contro i nazisti.

Mi chiedo spesso: cosa farebbe la generazione di oggi? Come agirà di fronte a una situazione di crisi? Vedo giovani dottori, infermiere, a volte neolaureati che vanno nella “zona rossa” per salvare vite umane. Vedo i nostri militari che combattono il terrorismo internazionale nel Caucaso settentrionale e hanno combattuto fino alla fine in Siria. Sono così giovani. Molti militari che facevano parte del leggendario, immortale 6 ° Paracadutisti società erano 19-20 anni. Ma tutti dimostrarono che meritavano di ereditare l’impresa dei guerrieri della nostra terra natale che la difesero durante la Grande Guerra Patriottica.

Questo è il motivo per cui sono fiducioso che una delle caratteristiche distintive dei popoli della Russia sia l’adempimento del loro dovere senza dispiacersi per se stessi quando le circostanze lo richiedono. Valori come l’altruismo, il patriottismo, l’amore per la loro casa, la loro famiglia e la Patria rimangono fino ad oggi fondamentali e integrali nella società russa. Questi valori sono, in larga misura, la spina dorsale della sovranità del nostro paese.

Oggi abbiamo nuove tradizioni create dal popolo, come il Reggimento Immortale. Questa è la marcia della memoria che simboleggia la nostra gratitudine, così come la connessione vivente e i legami di sangue tra le generazioni. Milioni di persone escono per le strade portando le fotografie dei loro parenti che hanno difeso la loro Patria e sconfitto i nazisti. Ciò significa che le loro vite, le loro prove e sacrifici, così come la Vittoria che ci hanno lasciato non saranno mai dimenticate.

Abbiamo la responsabilità del nostro passato e del nostro futuro di fare del nostro meglio per impedire che queste orribili tragedie si ripetano. Quindi, sono stato costretto a pubblicare un articolo sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Grande Guerra Patriottica. Ho discusso questa idea in diverse occasioni con leader mondiali e hanno dimostrato il loro sostegno. Al vertice dei leader della CSI tenutosi alla fine dello scorso anno, siamo tutti d’accordo su una cosa: è essenziale trasmettere alle generazioni future il ricordo del fatto che i nazisti furono sconfitti prima di tutto dal popolo sovietico e che i rappresentanti di tutte le repubbliche dell’Unione Sovietica hanno combattuto fianco a fianco in quella battaglia eroica, sia in prima linea che nella parte posteriore. Durante quel summit, ho anche parlato con le mie controparti del difficile periodo prebellico .

Quella conversazione ha suscitato scalpore in Europa e nel mondo. Significa che è davvero giunto il momento di rivisitare le lezioni del passato. Allo stesso tempo, ci furono molte esplosioni emotive, insicurezze mal mascherate e forti accuse che seguirono. Agendo per abitudine, alcuni politici si affrettarono a sostenere che la Russia stava cercando di riscrivere la storia. Tuttavia, non sono riusciti a confutare un singolo fatto o confutare un singolo argomento. È davvero difficile, se non impossibile, discutere con i documenti originali che, a proposito, possono essere trovati non solo negli archivi russi, ma anche negli archivi stranieri.

Pertanto, è necessario esaminare ulteriormente le ragioni che hanno causato la guerra mondiale e riflettere sui suoi complicati eventi, tragedie e vittorie, nonché sulle sue lezioni, sia per il nostro paese che per il mondo intero. E come ho detto, è fondamentale fare affidamento esclusivamente su documenti d’archivio e prove contemporanee evitando qualsiasi speculazione ideologica o politicizzata.

Vorrei ancora una volta ricordare il fatto ovvio. Le cause profonde della seconda guerra mondiale derivano principalmente dalle decisioni prese dopo la prima guerra mondiale . Il trattato di Versailles divenne un simbolo di grave ingiustizia per la Germania. Sostanzialmente implicava che il paese dovesse essere derubato, costretto a pagare enormi riparazioni agli alleati occidentali che hanno prosciugato la sua economia. Il maresciallo francese Ferdinand Foch, che servì come comandante supremo alleato, diede una descrizione profetica di quel trattato: “Questa non è pace. È un armistizio da vent’anni”.

Fu l’umiliazione nazionale che divenne un terreno fertile per sentimenti radicali di vendetta in Germania . I nazisti giocarono abilmente sulle emozioni della gente e costruirono la loro propaganda promettendo di liberare la Germania dall’eredità di Versailles e riportare il paese al suo antico potere, spingendo essenzialmente il popolo tedesco in guerra. Paradossalmente, gli stati occidentali, in particolare il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno contribuito direttamente o indirettamente a questo. Le loro imprese finanziarie e industriali investirono attivamente in fabbriche e impianti tedeschi che fabbricano prodotti militari. Inoltre, molte persone nell’aristocrazia e nell’establishment politico hanno sostenuto movimenti radicali, di estrema destra e nazionalisti che erano in aumento sia in Germania che in Europa .

L ‘”ordine mondiale di Versailles” ha causato numerose controversie implicite e conflitti apparenti. Girarono attorno ai confini dei nuovi stati europei stabiliti casualmente dai vincitori nella prima guerra mondiale. Quella delimitazione dei confini fu quasi immediatamente seguita da dispute territoriali e rivendicazioni reciproche che si trasformarono in “bombe a tempo”.

Uno dei maggiori risultati della prima guerra mondiale fu l’istituzione della Società delle Nazioni. C’erano grandi aspettative per quell’organizzazione internazionale di garantire pace duratura e sicurezza collettiva. Era un’idea progressiva che, se seguita in modo coerente, poteva effettivamente impedire che si ripetessero gli orrori di una guerra globale.

Tuttavia, la Società delle Nazioni dominata dalle potenze vittoriose di Francia e Regno Unito si dimostrò inefficace e fu appena sommersa da discussioni inutili. La Società delle Nazioni e il continente europeo in generale non hanno ascoltato le ripetute chiamate dell’Unione Sovietica a stabilire un sistema equo di sicurezza collettiva e firmare un patto dell’Europa orientale e un patto del Pacifico per prevenire l’aggressione. Queste proposte sono state ignorate.

La Società delle Nazioni non è riuscita a prevenire conflitti in varie parti del mondo, come l’attacco dell’Italia all’Etiopia, la guerra civile in Spagna , l’aggressione giapponese contro la Cina e l’Anschluss d’ Austria . Inoltre, nel caso del tradimento di Monaco che, oltre a Hitler e Mussolini , coinvolse leader britannici e francesi, la Cecoslovacchia fu smantellata con la piena approvazione della Società delle Nazioni. Vorrei sottolineare a questo proposito che, a differenza di molti altri leader europei di quel tempo, Stalin non si disonora incontrandosi con Hitler che era noto tra le nazioni occidentali come un politico abbastanza rispettabile ed era un gradito ospite nelle capitali europee .

Anche la Polonia era impegnata nella spartizione della Cecoslovacchia insieme alla Germania. Decisero insieme in anticipo chi avrebbe ottenuto quali territori cecoslovacchi. Il 20 settembre 1938, l’ambasciatore polacco in Germania Józef Lipski riferì al ministro degli Esteri polacco Józef Beck sulle seguenti assicurazioni fatte da Hitler: “… in caso di conflitto tra Polonia e Cecoslovacchia sui nostri interessi a Teschen, il Reich avrebbe stare dalla Polonia “. Il leader nazista ha persino sollecitato e avvisato che la Polonia ha iniziato ad agire “solo dopo che i tedeschi occupano i Sudeti”.

La Polonia era consapevole che senza il supporto di Hitler, i suoi piani annessionisti erano destinati a fallire. Vorrei citare a questo proposito un resoconto della conversazione tra l’ambasciatore tedesco a Varsavia Hans-Adolf von Moltke e Józef Beck che ebbe luogo il 1 ° ottobre 1938 e si concentrò sulle relazioni polacco-ceche e sulla posizione del Soviet Unione in questa materia. Dice: “Beck ha espresso vera gratitudine per il trattamento leale accordato [agli] interessi polacchi alla conferenza di Monaco, nonché per la sincerità delle relazioni durante il conflitto ceco. L’atteggiamento di Führer e cancelliere è stato pienamente apprezzato dal governo e il pubblico [della Polonia]. ”

La spartizione della Cecoslovacchia fu brutale e cinica. Monaco distrusse persino le garanzie formali e fragili rimaste sul continente. Ha dimostrato che gli accordi reciproci erano privi di valore. Fu il tradimento di Monaco a fungere da “innesco” e rese inevitabile la grande guerra in Europa.

Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Perché? Il fatto che una volta i loro paesi abbiano infranto i loro impegni e sostenuto il tradimento di Monaco, con alcuni di loro che hanno persino partecipato alla divisione della presa, non è l’unica ragione. Un altro è che è in qualche modo imbarazzante ricordare che durante quei drammatici giorni del 1938, l’Unione Sovietica fu l’unica a difendere la Cecoslovacchia.

L’Unione Sovietica, conformemente ai suoi obblighi internazionali, compresi gli accordi con la Francia e la Cecoslovacchia, ha cercato di impedire che accadesse la tragedia. Nel frattempo, la Polonia, alla ricerca dei suoi interessi, stava facendo del suo meglio per ostacolare l’istituzione di un sistema di sicurezza collettiva in Europa. Il ministro degli affari esteri polacco Józef Beck ne scrisse direttamente nella sua lettera del 19 settembre 1938 al summenzionato ambasciatore Józef Lipski prima dell’incontro con Hitler: “… l’anno scorso, il governo polacco ha respinto quattro volte la proposta di aderire all’Internazionale interferire in difesa della Cecoslovacchia “.

La Gran Bretagna, così come la Francia, che era all’epoca il principale alleato di cechi e slovacchi, scelsero di ritirare le loro garanzie e abbandonare questo paese dell’Europa orientale al suo destino. In tal modo, hanno cercato di dirigere l’attenzione dei nazisti verso est in modo che la Germania e l’Unione Sovietica si scontrassero inevitabilmente e si sanguinassero a vicenda.

Questa è l’essenza della politica occidentale di pacificazione, che è stata perseguita non solo verso il Terzo Reich, ma anche verso altri partecipanti al cosiddetto Patto anticomprano: l’Italia fascista e il Giappone militarista. In Estremo Oriente, questa politica culminò con la conclusione dell’accordo anglo-giapponese nell’estate del 1939, che diede a Tokyo una mano libera in Cina. Le principali potenze europee non erano disposte a riconoscere il pericolo mortale rappresentato dalla Germania e dai suoi alleati per il mondo intero. Speravano che sarebbero rimasti intatti dalla guerra.

Il tradimento di Monaco ha mostrato all’Unione Sovietica che i paesi occidentali avrebbero affrontato le questioni di sicurezza senza tener conto dei suoi interessi. In effetti, potrebbero persino creare un fronte antisovietico, se necessario.

Tuttavia, l’Unione Sovietica fece del suo meglio per sfruttare ogni possibilità di creare una coalizione anti-Hitler. Nonostante – lo dirò di nuovo – il doppio scambio da parte dei paesi occidentali. Ad esempio, i servizi di intelligence riferirono alla leadership sovietica informazioni dettagliate sui contatti dietro le quinte tra Gran Bretagna e Germania nell’estate del 1939. L’importante è che quei contatti fossero abbastanza attivi e praticamente coincidessero con i negoziati tripartiti tra la Francia , La Gran Bretagna e l’URSS, che sono state invece deliberatamente protratte dai partner occidentali. A questo proposito, citerò un documento dagli archivi britannici. Contiene istruzioni per la missione militare britannica arrivata a Mosca nell’agosto del 1939. Afferma direttamente che la delegazione avrebbe dovuto proseguire i negoziati molto lentamente e che il governo del Regno Unito non era pronto ad assumere alcun obbligo esplicitato in dettaglio e limitare la sua libertà di azione in qualsiasi circostanza. Noterò anche che, a differenza delle delegazioni britannica e francese, la delegazione sovietica era guidata dai massimi comandanti dell’Armata Rossa, che aveva l’autorità necessaria per “firmare una convenzione militare sull’organizzazione della difesa militare di Inghilterra, Francia e URSS contro l’aggressione in Europa “.

La Polonia ha giocato il suo ruolo nel fallimento di quei negoziati in quanto non voleva avere alcun obbligo nei confronti della parte sovietica. Anche sotto la pressione dei loro alleati occidentali, la leadership polacca ha respinto l’idea di un’azione congiunta con l’Armata Rossa per combattere contro la Wehrmacht. Fu solo quando venne a sapere dell’arrivo di Ribbentrop a Mosca che J. Beck con riluttanza e non direttamente, attraverso diplomatici francesi, notificò alla parte sovietica: “… in caso di azione comune contro l’aggressione tedesca, cooperazione tra Polonia e Unione Sovietica L’Unione non è fuori discussione, in circostanze tecniche che rimangono da concordare. ” Allo stesso tempo, ha spiegato ai suoi colleghi: “… Ho accettato questa formulazione solo per motivi di tattica, e la nostra posizione centrale nei confronti dell’Unione Sovietica è definitiva e rimane invariata”.

In queste circostanze, l’Unione Sovietica ha firmato il patto di non aggressione con la Germania. È stato praticamente l’ultimo dei paesi europei a farlo. Inoltre, è stato fatto di fronte a una vera minaccia di guerra su due fronti: con la Germania a ovest e con il Giappone a est, dove erano già in corso intensi combattimenti sul fiume Khalkhin Gol.

Stalin e il suo entourage, infatti, meritano molte legittime accuse. Ricordiamo i crimini commessi dal regime contro il suo stesso popolo e l’orrore delle repressioni di massa. In altre parole, ci sono molte cose per cui i leader sovietici possono essere rimproverati, ma la scarsa comprensione della natura delle minacce esterne non è una di queste. Hanno visto come sono stati fatti i tentativi di lasciare sola l’Unione Sovietica per trattare con la Germania e i suoi alleati. Tenendo presente questa vera minaccia, hanno cercato di guadagnare tempo prezioso necessario per rafforzare le difese del Paese.

Oggi sentiamo molte speculazioni e accuse contro la Russia moderna in relazione al Patto di non aggressione firmato allora. Sì, la Russia è lo stato successore legale dell’URSS e il periodo sovietico – con tutti i suoi trionfi e tragedie – è una parte inalienabile della nostra storia millenaria. Tuttavia, ricordiamo che l’Unione Sovietica ha dato una valutazione giuridica e morale del cosiddetto patto Molotov-Ribbentrop. Il Soviet Supremo nella sua risoluzione del 24 dicembre 1989 denunciò ufficialmente i protocolli segreti come “un atto di potere personale” che non rifletteva in alcun modo “la volontà del popolo sovietico che non ha alcuna responsabilità per questa collusione”.

Eppure altri stati hanno preferito dimenticare gli accordi che portano le firme dei nazisti e dei politici occidentali, per non parlare di dare valutazioni legali o politiche di tale cooperazione, inclusa la silenziosa acquiescenza – o persino il diretto abbattimento – di alcuni politici europei nei barbari piani del nazisti. Basterà ricordare la cinica frase pronunciata dall’ambasciatore polacco in Germania J. Lipski durante la sua conversazione con Hitler del 20 settembre 1938: “… per risolvere il problema ebraico, noi [i polacchi] costruiremo in suo onore … uno splendido monumento in Varsavia.”

Inoltre, non sappiamo se esistessero “protocolli” segreti o allegati agli accordi di un certo numero di paesi con i nazisti. L’unica cosa che resta da fare è prendere la parola per questo. In particolare, i materiali relativi ai colloqui anglo-tedeschi segreti non sono ancora stati declassificati. Pertanto, esortiamo tutti gli Stati a intensificare il processo di rendere pubblici i loro archivi e pubblicare documenti precedentemente sconosciuti della guerra e dei periodi prebellici, come ha fatto la Russia negli ultimi anni. In questo contesto, siamo pronti per un’ampia cooperazione e progetti di ricerca congiunti che coinvolgono gli storici.

Ma torniamo agli eventi immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale. Era ingenuo credere che Hitler, una volta fatto con la Cecoslovacchia , non avrebbe fatto nuove rivendicazioni territoriali. Questa volta le affermazioni riguardavano il suo recente complice nella spartizione della Cecoslovacchia – Polonia. Qui, l’eredità di Versailles, in particolare il destino del cosiddetto corridoio di Danzica, è stata ancora una volta utilizzata come pretesto. La colpa della tragedia che la Polonia ha poi subito ricade interamente sulla leadership polacca, che ha impedito la formazione di un’alleanza militare tra Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica e si è basata sull’aiuto dei suoi partner occidentali, gettando la propria gente sotto il rullo compressore della macchina di distruzione di Hitler.

L’offensiva tedesca è stata montata in pieno accordo con la dottrina della guerra lampo. Nonostante la feroce, eroica resistenza dell’esercito polacco, l’8 settembre 1939 – solo una settimana dopo lo scoppio della guerra – le truppe tedesche si stavano avvicinando a Varsavia. Il 17 settembre, i leader militari e politici della Polonia erano fuggiti in Romania, abbandonando il suo popolo, che ha continuato a combattere contro gli invasori.

La speranza della Polonia per l’aiuto dei suoi alleati occidentali era vana. Dopo che fu dichiarata la guerra contro la Germania, le truppe francesi avanzarono solo poche decine di chilometri nel territorio tedesco. Tutto sembrava una semplice dimostrazione di azione vigorosa. Inoltre, il Consiglio di guerra supremo anglo-francese, che tenne il suo primo incontro il 12 settembre 1939 nella città francese di Abbeville, decise di annullare del tutto l’offensiva in vista dei rapidi sviluppi in Polonia. Fu allora che iniziò la famigerata guerra fasulla. Ciò che Gran Bretagna e Francia fecero fu un palese tradimento dei loro obblighi nei confronti della Polonia.

Più tardi, durante le prove di Norimberga, i generali tedeschi spiegarono il loro rapido successo in Oriente. L’ex capo dello staff operativo dell’alto comando delle forze armate tedesche, il generale Alfred Jodl ha ammesso: “… non abbiamo subito la sconfitta già nel 1939 solo perché circa 110 divisioni francesi e britanniche di stanza in Occidente contro 23 divisioni tedesche durante la nostra guerra con la Polonia è rimasto assolutamente inattivo “.

Ho chiesto il recupero dagli archivi dell’intero corpus di materiali relativi ai contatti tra l’Unione Sovietica e la Germania nei drammatici giorni di agosto e settembre 1939. Secondo i documenti, il paragrafo 2 del Protocollo segreto al non-tedesco-sovietico Il patto di aggressione del 23 agosto 1939 affermava che, in caso di riorganizzazione territoriale-politica dei distretti che costituivano lo stato polacco, il confine delle sfere di interesse dei due paesi avrebbe “attraversato i fiumi Narew, Vistola e San” . In altre parole, la sfera di influenza sovietica includeva non solo i territori che ospitavano principalmente la popolazione ucraina e bielorussa, ma anche le terre storicamente polacche nell’interfaccia di Vistola e Bug. Questo fatto è noto a pochi in questi giorni.

Allo stesso modo, pochi sanno che, subito dopo l’attacco alla Polonia, nei primi giorni di settembre 1939 Berlino ha fortemente e ripetutamente invitato Mosca a unirsi all’azione militare. Tuttavia, la leadership sovietica ignorò quelle chiamate e progettò di evitare di impegnarsi negli sviluppi drammatici il più a lungo possibile.

Fu solo quando divenne assolutamente chiaro che la Gran Bretagna e la Francia non avrebbero aiutato il loro alleato e la Wehrmacht poteva occupare rapidamente l’intera Polonia e quindi apparire sugli approcci a Minsk che l’Unione Sovietica decise di inviare, la mattina del 17 A settembre, le unità dell’Armata Rossa entrano nei cosiddetti confini orientali, che oggi fanno parte dei territori di Bielorussia, Ucraina e Lituania.

Ovviamente, non c’erano alternative. Altrimenti, l’URSS si troverebbe ad affrontare seriamente maggiori rischi perché – lo dirò di nuovo – il vecchio confine sovietico-polacco passava solo a poche decine di chilometri da Minsk. Il paese dovrebbe entrare nell’inevitabile guerra con i nazisti da posizioni strategiche molto svantaggiose, mentre milioni di persone di diverse nazionalità, tra cui gli ebrei che vivono vicino a Brest e Grodno, Przemyśl, Lvov e Wilno, sarebbero lasciati morire per mano di i nazisti e i loro complici locali – antisemiti e nazionalisti radicali.

Il fatto che l’Unione Sovietica abbia cercato di evitare di affrontare il conflitto crescente il più a lungo possibile e non fosse disposta a combattere fianco a fianco con la Germania era il motivo per cui il vero contatto tra le truppe sovietiche e tedesche avveniva molto più a est dei confini concordato nel protocollo segreto. Non si trovava sul fiume Vistola, ma più vicino alla cosiddetta Curzon Line, che nel 1919 fu raccomandata dalla Triple Intente come confine orientale della Polonia.

Come è noto, non ha senso usare l’umore congiuntivo quando parliamo degli eventi passati. Dirò solo che, nel settembre del 1939, la leadership sovietica ebbe l’opportunità di spostare i confini occidentali dell’URSS ancora più a ovest, fino a Varsavia, ma decise di non farlo.

I tedeschi hanno suggerito di formalizzare il nuovo status quo. Il 28 settembre 1939 Joachim von Ribbentrop e V. Molotov firmarono a Mosca il Trattato di confine e di amicizia tra la Germania e l’Unione Sovietica , nonché il protocollo segreto sulla modifica del confine di stato, secondo il quale il confine era riconosciuto al limite delimitato dove i due eserciti si trovavano di fatto.

Nell’autunno del 1939, l’Unione Sovietica, perseguendo i suoi obiettivi strategici militari e difensivi, iniziò il processo di incorporazione di Lettonia, Lituania ed Estonia. La loro adesione all’URSS è stata attuata su base contrattuale, con il consenso delle autorità elette. Ciò era in linea con il diritto internazionale e statale di quel tempo. Inoltre, nell’ottobre 1939, la città di Vilna e l’area circostante, che in precedenza aveva fatto parte della Polonia, furono restituite in Lituania. Le repubbliche baltiche all’interno dell’URSS conservarono i loro corpi di governo, la loro lingua e rappresentarono le strutture statali superiori dell’Unione Sovietica.

Durante tutti questi mesi ci fu una lotta diplomatica e politico-militare invisibile in corso e un lavoro di intelligence. Mosca capì che stava affrontando un nemico feroce e crudele e che una guerra segreta contro il nazismo stava già accadendo. E non c’è motivo di prendere dichiarazioni ufficiali e note formali sul protocollo di quel tempo come prova di “amicizia” tra URSS e Germania. L’Unione Sovietica aveva contatti commerciali e tecnici attivi non solo con la Germania, ma anche con altri paesi. Considerando che Hitler tentò ancora e ancora di attirare l’Unione Sovietica nello scontro della Germania con il Regno Unito. Ma il governo sovietico rimase fermo.

L’ultimo tentativo di persuadere l’URSS ad agire insieme fu fatto da Hitler durante la visita di Molotov a Berlino nel novembre 1940. Ma Molotov seguì accuratamente le istruzioni di Stalin e si limitò a una discussione generale sull’idea tedesca dell’Unione Sovietica che si univa al Patto tripartito firmato da Germania, Italia e Giapponenel settembre 1940 e diretto contro il Regno Unito e gli Stati Uniti. Non c’è da stupirsi che già il 17 novembre Molotov abbia dato le seguenti istruzioni al rappresentante plenipotenziario sovietico a Londra Ivan Maisky: “Per vostra informazione … Nessun accordo è stato firmato o era destinato a essere firmato a Berlino. Abbiamo appena scambiato le nostre opinioni a Berlino … e questo è stato tutti … Apparentemente, i tedeschi e i giapponesi sembrano ansiosi di spingerci verso il Golfo e l’India. Abbiamo rifiutato la discussione su questa questione poiché riteniamo inappropriati tali consigli da parte della Germania. ” E il 25 novembre la leadership sovietica lo ha definito del tutto un giorno presentando ufficialmente a Berlino le condizioni inaccettabili per i nazisti, tra cui il ritiro delle truppe tedesche dalla Finlandia, il trattato di mutua assistenza tra Bulgaria e URSS e un certo numero di altre . Pertanto ha deliberatamente escluso qualsiasi possibilità di aderire al Patto. Tale posizione ha sicuramente plasmato l’intenzione del Fuehrer di scatenare una guerra contro l’URSS. E già a dicembre, mettendo da parte gli avvertimenti dei suoi strateghi sul disastroso pericolo di una guerra a due fronti, Hitler approvò il piano Barbarossa. Lo fece con la consapevolezza che l’Unione Sovietica era la forza maggiore che gli si opponeva in Europa e che l’imminente battaglia in Oriente avrebbe deciso l’esito della guerra mondiale. E non aveva dubbi sulla rapidità e il successo della campagna di Mosca.

E qui vorrei evidenziare quanto segue: i paesi occidentali, infatti, concordarono in quel momento con le azioni sovietiche e riconobbero l’intenzione dell’Unione Sovietica di garantire la sua sicurezza nazionale. In effetti, il 1 ° ottobre 1939 Winston Churchill, il Primo Lord dell’Ammiragliato allora, nel suo discorso alla radio disse: “La Russia ha perseguito una fredda politica di interesse personale … Ma che gli eserciti russi dovrebbero stare su questa linea [si intende il nuovo confine occidentale] era chiaramente necessario per la sicurezza della Russia contro la minaccia nazista “. Il 4 ottobre 1939, parlando alla House of Lords, il segretario agli Esteri britannico Halifax disse: “… va ricordato che le azioni del governo sovietico furono di spostare il confine essenzialmente sulla linea raccomandata alla Conferenza di Versailles da Lord Curzon …

Nelle comunicazioni informali con il rappresentante plenipotenziario sovietico Maisky, i diplomatici britannici e i politici di alto livello hanno parlato ancora più apertamente. Il 17 ottobre 1939 il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri RA Butler gli confidò che i circoli del governo britannico credevano che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di riportare l’Ucraina occidentale e la Bielorussia in Polonia. Secondo lui, se fosse stato possibile creare una Polonia etnografica di dimensioni modeste con una garanzia non solo dell’URSS e della Germania, ma anche della Gran Bretagna e della Francia, il governo britannico si sarebbe ritenuto abbastanza soddisfatto. Il 27 ottobre 1939, il consigliere senior di Chamberlain H.Wilson affermò che la Polonia doveva essere ripristinata come stato indipendente sulla base etnografica, ma senza l’Ucraina occidentale e la Bielorussia.

Vale la pena notare che nel corso di queste conversazioni sono state anche esplorate le possibilità di migliorare le relazioni britannico-sovietiche. Questi contatti hanno ampiamente gettato le basi per la futura alleanza e la coalizione anti-Hitler. Churchill si distinse tra altri politici responsabili e lungimiranti e, nonostante la sua famigerata antipatia per l’URSS, era stato a favore della cooperazione con i sovietici anche prima. Nel maggio del 1939, disse alla Camera dei Comuni, “Saremo in pericolo mortale se non riuscissimo a creare una grande alleanza contro l’aggressione. La peggiore follia sarebbe quella di scacciare qualsiasi cooperazione naturale con la Russia sovietica”. E dopo l’inizio delle ostilità in Europa, al suo incontro con Maisky il 6 ottobre 1939, confidò che non c’erano contraddizioni serie tra Regno Unito e URSS e, quindi, non c’era motivo di relazioni tese o insoddisfacenti. Ha anche detto che il governo britannico era ansioso di sviluppare relazioni commerciali e disposto a discutere qualsiasi altra misura che potesse migliorare le relazioni.

La seconda guerra mondiale non è avvenuta dall’oggi al domani, né è iniziata inaspettatamente o all’improvviso. E l’aggressione tedesca contro la Polonia non era dal nulla. Fu il risultato di una serie di tendenze e fattori della politica mondiale di quel tempo. Tutti gli eventi prebellici andarono a posto per formare una catena fatale. Ma, senza dubbio, i principali fattori che hanno predeterminato la più grande tragedia nella storia dell’umanità sono stati l’egoismo di stato, la codardia, la pacificazione dell’aggressore che stava guadagnando forza e la riluttanza delle élite politiche a cercare un compromesso.

Pertanto, è ingiusto affermare che la visita di due giorni a Mosca del ministro degli Esteri nazista Ribbentrop sia stata la ragione principale dell’inizio della seconda guerra mondiale. Tutti i paesi leader sono in una certa misura responsabili del suo scoppio. Ognuno di loro ha commesso errori fatali, credendo con arroganza di poter superare in astuzia gli altri, assicurarsi vantaggi unilaterali per se stesso o stare lontano dall’imminente catastrofe mondiale. E questa miopia, il rifiuto di creare un sistema di sicurezza collettiva è costato milioni di vite e perdite tremende.

Detto questo, non intendo assolutamente assumere il ruolo di giudice, accusare o assolvere chiunque, per non parlare dell’avvio di un nuovo ciclo di confronto internazionale di informazioni nel campo storico che potrebbe mettere i paesi e le persone ai margini. Credo che siano gli accademici con un’ampia rappresentanza di scienziati rispettati provenienti da diversi paesi del mondo a cercare una valutazione equilibrata di ciò che è accaduto. Tutti abbiamo bisogno della verità e dell’obiettività. Da parte mia, ho sempre incoraggiato i miei colleghi a costruire un dialogo calmo, aperto e basato sulla fiducia, per guardare al passato comune in modo autocritico e imparziale. Tale approccio consentirà di non ripetere gli errori commessi allora e di garantire uno sviluppo pacifico e di successo per gli anni a venire.

Tuttavia, molti dei nostri partner non sono ancora pronti per il lavoro congiunto. Al contrario, perseguendo i loro obiettivi, aumentano il numero e la portata degli attacchi informativi contro il nostro paese, cercando di farci fornire scuse e sentirci in colpa, e adottare dichiarazioni completamente ipocrite e motivate politicamente. Pertanto, ad esempio, la risoluzione sull’importanza del ricordo europeo per il futuro dell’Europa, approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, ha accusato direttamente l’URSS insieme alla Germania nazista di scatenare la seconda guerra mondiale. Inutile dire che non si fa menzione di Monaco.

Credo che tali “scartoffie” – poiché non posso chiamare questa risoluzione un documento – che è chiaramente inteso a provocare uno scandalo, sono piene di minacce reali e pericolose. In effetti, è stato adottato da un’istituzione di tutto rispetto. E cosa mostra questo? Purtroppo, questo rivela una politica deliberata volta a distruggere l’ordine mondiale del dopoguerra, la cui creazione è stata una questione di onore e responsabilità per gli Stati, un numero di rappresentanti dei quali hanno votato oggi a favore di questa ingannevole risoluzione. Pertanto, hanno contestato le conclusioni del Tribunale di Norimberga e gli sforzi della comunità internazionale per creare dopo le vittoriose istituzioni internazionali universali del 1945. Consentitemi di ricordare al riguardo che il processo stesso di integrazione europea che porta alla creazione di strutture pertinenti, incluso il Parlamento europeo, è diventato possibile solo grazie agli insegnamenti tratti dal passato e alla sua accurata valutazione giuridica e politica. E coloro che mettono deliberatamente in discussione questo consenso minano le basi dell’intera Europa postbellica.

Oltre a rappresentare una minaccia ai principi fondamentali dell’ordine mondiale, ciò solleva anche alcune questioni morali ed etiche. Dissacrare e insultare la memoria è meschino. La meschinità può essere deliberata, ipocrita e piuttosto intenzionale come nella situazione delle dichiarazioni commemorative del 75 °anniversario della fine della seconda guerra mondiale menzionare tutti i partecipanti alla coalizione anti-Hitler ad eccezione dell’Unione Sovietica. La meschinità può essere codarda come nella situazione in cui i monumenti eretti in onore di coloro che hanno combattuto contro il nazismo vengono demoliti e questi atti vergognosi sono giustificati dai falsi slogan della lotta contro un’ideologia sgradita e una presunta occupazione. La cattiveria può anche essere sanguinosa come nella situazione in cui coloro che escono contro i neonazisti e i successori di Bandera vengono uccisi e bruciati. Ancora una volta, la cattiveria può avere manifestazioni diverse, ma ciò non lo rende meno disgustoso.

Trascurare le lezioni della storia porta inevitabilmente a un duro rimborso. Sosterremo fermamente la verità sulla base di fatti storici documentati. Continueremo ad essere onesti e imparziali sugli eventi della seconda guerra mondiale. Ciò include un progetto su larga scala per istituire la più grande collezione russa di documenti d’archivio, materiale cinematografico e fotografico sulla storia della seconda guerra mondiale e sul periodo prebellico.

Tale lavoro è già in corso. Molti nuovi materiali, recentemente scoperti o declassificati sono stati usati anche nella preparazione di questo articolo. A questo proposito, posso affermare con tutta la responsabilità che non esistono documenti d’archivio che confermerebbero l’ipotesi che l’URSS intendesse iniziare una guerra preventiva contro la Germania. La leadership militare sovietica seguì davvero una dottrina secondo la quale, in caso di aggressione, l’Armata Rossa avrebbe prontamente affrontato il nemico, avrebbe iniziato l’offensiva e avrebbe fatto la guerra sul territorio nemico. Tuttavia, tali piani strategici non implicavano alcuna intenzione di attaccare prima la Germania.

Naturalmente, gli storici hanno a disposizione documenti di pianificazione militare, lettere di istruzione del quartier generale sovietico e tedesco. Infine, conosciamo il vero corso degli eventi. Dal punto di vista di questa conoscenza, molti discutono delle azioni, degli errori e dei giudizi errati della leadership militare e politica del Paese. A questo proposito, dirò una cosa: insieme a un enorme flusso di disinformazione di vario genere, i leader sovietici hanno anche ricevuto informazioni vere sull’imminente aggressione nazista. E nei mesi prebellici, hanno preso provvedimenti per migliorare la prontezza al combattimento del paese, incluso il reclutamento segreto di una parte dei responsabili del servizio militare per l’addestramento militare e la ridistribuzione di unità e riserve dai distretti militari interni ai confini occidentali .

La guerra non è stata una sorpresa, la gente se l’aspettava, preparandosi. Ma l’attacco nazista era davvero senza precedenti in termini di potere distruttivo. Il 22 giugno 1941, l’Unione Sovietica affrontò l’esercito più forte, più mobilitato e competente del mondo con il potenziale industriale, economico e militare di quasi tutta l’Europa che lavorava per esso. Non solo la Wehrmacht, ma anche i satelliti tedeschi, contingenti militari di molti altri stati del continente europeo, hanno preso parte a questa invasione mortale.

Le più gravi sconfitte militari nel 1941 portarono il paese sull’orlo della catastrofe. Il potere di combattimento e il controllo dovevano essere ripristinati con mezzi estremi, mobilitazione a livello nazionale e intensificazione di tutti gli sforzi dello stato e del popolo. Nell’estate del 1941, milioni di cittadini, centinaia di fabbriche e industrie iniziarono ad essere evacuate sotto il fuoco nemico ad est del paese. La produzione di armi e munizioni, che aveva iniziato ad essere fornita al fronte già nel primo inverno militare, fu lanciata nel più breve tempo possibile e, nel 1943, i tassi di produzione militare della Germania e dei suoi alleati furono superati. Entro sei mesi, il popolo sovietico fece qualcosa che sembrava impossibile. Sia in prima linea che in casa. È ancora difficile capire, capire e immaginare quali incredibili sforzi, coraggio,

L’enorme potere della società sovietica, unito dal desiderio di proteggere la loro terra natale, si ribellò contro la potente macchina d’invasione nazista a sangue freddo, armata fino ai denti. Si alzò per vendicarsi del nemico, che aveva spezzato, calpestato la vita pacifica, i piani e le speranze della gente.

Certo, paura, confusione e disperazione stavano prendendo il sopravvento su alcune persone durante questa terribile e sanguinosa guerra. Ci furono tradimento e diserzione. La dura scissione causata dalla rivoluzione e dalla guerra civile, dal nichilismo, dalla beffa della storia nazionale, dalle tradizioni e dalla fede che i bolscevichi tentarono di imporre, specialmente nei primi anni dopo l’ascesa al potere – tutto ciò ebbe il suo impatto. Ma l’atteggiamento generale della maggioranza assoluta dei cittadini sovietici e dei nostri compatrioti che si sono trovati all’estero era diverso: salvare e proteggere la Patria. Fu un impulso reale e irrefrenabile. Le persone cercavano supporto nei veri valori patriottici.

Gli “strateghi” nazisti erano convinti che un enorme stato multinazionale potesse essere facilmente portato al tallone. Pensavano che l’improvviso scoppio della guerra, la sua spietatezza e le insopportabili difficoltà avrebbero inevitabilmente aggravato le relazioni interetniche. E che il paese potrebbe essere diviso in pezzi. Hitler dichiarò chiaramente: “La nostra politica nei confronti dei popoli che vivono nella vastità della Russia dovrebbe essere quella di promuovere qualsiasi forma di disaccordo e divisione”.

Ma fin dai primi giorni, era chiaro che il piano nazista aveva fallito. La fortezza di Brest è stata protetta fino all’ultima goccia di sangue dai suoi difensori di oltre 30 etnie. Durante la guerra, l’impresa del popolo sovietico non conobbe confini nazionali, sia nelle battaglie decisive su larga scala che nella protezione di ogni punto d’appoggio, ogni metro di terra natia.

La regione del Volga e gli Urali, la Siberia e l’Estremo Oriente, le repubbliche dell’Asia centrale e della Transcaucasia divennero la dimora di milioni di sfollati. I loro residenti condividevano tutto ciò che avevano e fornivano tutto il supporto possibile. L’amicizia dei popoli e l’aiuto reciproco sono diventati una vera fortezza indistruttibile per il nemico.

L’Unione Sovietica e l’Armata Rossa, indipendentemente da ciò che qualcuno sta cercando di dimostrare oggi, hanno dato il contributo principale e cruciale alla sconfitta del nazismo. Questi erano eroi che combatterono fino alla fine circondati dal nemico a Bialystok e Mogilev, Uman e Kiev, Vyazma e Kharkov. Hanno lanciato attacchi vicino a Mosca e Stalingrado, Sebastopoli e Odessa, Kursk e Smolensk. Liberarono Varsavia, Belgrado, Vienna e Praga. Hanno preso d’assalto Koenigsberg e Berlino.

Contendiamo verità autentiche, non verniciate o imbiancate sulla guerra. Questa verità umana, nazionale, dura, amara e spietata, ci è stata tramandata da scrittori e poeti che hanno attraversato il fuoco e l’inferno delle prove sul fronte. Per la mia generazione, così come per gli altri, le loro storie oneste e profonde, i romanzi, la penetrante prosa di trincea e le poesie hanno lasciato il segno nella mia anima per sempre. Onorare i veterani che hanno fatto tutto il possibile per la Vittoria e ricordare coloro che sono morti sul campo di battaglia è diventato il nostro dovere morale.

E oggi, il semplice e grande nelle sue linee essenziali del poema di Alexander Tvardovsky “Sono stato ucciso vicino a Rzhev …” dedicato ai partecipanti alla sanguinosa e brutale battaglia della Grande Guerra Patriottica al centro della prima linea sovietico-tedesca sono sorprendenti. Solo nelle battaglie per Rzhev e Rzhevsky Salient dall’ottobre 1941 al marzo 1943, l’Armata Rossa perse 1.154, 698 persone, tra cui feriti e dispersi. Per la prima volta, chiamo queste figure terribili, tragiche e tutt’altro che complete raccolte da fonti d’archivio. Lo faccio per onorare il ricordo dell’impresa di eroi noti e senza nome, che per varie ragioni erano immeritatamente e ingiustamente poco discussi o non menzionati affatto negli anni del dopoguerra.

Lascia che ti citi un altro documento. Questo è un rapporto del febbraio 1954 sulla riparazione dalla Germania della Commissione Alleata per le riparazioni guidata da Ivan Maisky. Il compito della Commissione era definire una formula in base alla quale la Germania sconfitta avrebbe dovuto pagare per i danni subiti dai poteri vincitori. La Commissione ha concluso che “il numero di giorni di soldato trascorsi dalla Germania sul fronte sovietico è almeno 10 volte superiore a quello di tutti gli altri fronti alleati. Il fronte sovietico doveva anche gestire i quattro quinti dei carri armati tedeschi e circa i due terzi di Aereo tedesco “. Nel complesso, l’URSS rappresentava circa il 75% di tutti gli sforzi militari intrapresi dalla coalizione anti-Hitler. Durante il periodo di guerra, l’Armata Rossa “raddrizzò” 626 divisioni degli Stati dell’Asse, di cui 508 tedeschi.

Il 28 aprile 1942, Franklin D. Roosevelt disse nel suo discorso alla nazione americana: “Queste forze russe hanno distrutto e stanno distruggendo più potenza armata dei nostri nemici – truppe, aerei, carri armati e pistole – di tutte le altre Nazioni Unite mettere insieme”. Winston Churchill nel suo messaggio a Joseph Stalin del 27 settembre 1944, scrisse “è l’esercito russo che ha strappato le viscere alla macchina militare tedesca …”.

Tale valutazione ha risuonato in tutto il mondo. Perché queste parole sono la grande verità, di cui nessuno dubitava allora. Quasi 27 milioni di cittadini sovietici persero la vita sui fronti, nelle carceri tedesche, morirono di fame e furono bombardati, morirono nei ghetti e nelle fornaci dei campi di sterminio nazisti. L’URSS ha perso uno su sette dei suoi cittadini, il Regno Unito ha perso uno su 127 e gli Stati Uniti hanno perso uno su 320. Sfortunatamente, questa cifra delle perdite più gravi e gravi dell’Unione Sovietica non è esaustiva. Il lavoro scrupoloso dovrebbe essere continuato per ripristinare i nomi e le sorti di tutti coloro che sono morti: soldati dell’Armata Rossa, partigiani, combattenti sotterranei, prigionieri di guerra e campi di concentramento e civili uccisi dagli squadroni della morte. È nostro dovere E qui, membri del movimento di ricerca, associazioni militari-patriottiche e di volontariato, progetti come il database elettronico “Pamyat Naroda”, che contiene documenti d’archivio, svolgono un ruolo speciale. E, sicuramente, è necessaria una stretta cooperazione internazionale in un compito umanitario così comune.

Gli sforzi di tutti i paesi e tutti i popoli che hanno combattuto contro un nemico comune hanno portato alla vittoria. L’esercito britannico ha protetto la sua patria dall’invasione, ha combattuto i nazisti e i loro satelliti nel Mediterraneo e nel Nord Africa. Le truppe americane e britanniche liberarono l’Italia e aprirono il Secondo Fronte. Gli Stati Uniti hanno commesso potenti e devastanti attacchi contro l’aggressore nell’Oceano Pacifico. Ricordiamo gli enormi sacrifici fatti dal popolo cinese e il loro grande ruolo nella sconfitta dei militaristi giapponesi. Non dimentichiamo i combattenti di Fighting France, che non si innamorarono della vergognosa capitolazione e continuarono a combattere contro i nazisti.

Inoltre saremo sempre grati per l’assistenza fornita dagli Alleati nel fornire all’Armata Rossa munizioni, materie prime, cibo e attrezzature. E quell’aiuto fu significativo – circa il 7 percento della produzione militare totale dell’Unione Sovietica.

Il nucleo della coalizione anti-Hitler iniziò a prendere forma immediatamente dopo l’attacco all’Unione Sovietica, dove gli Stati Uniti e la Gran Bretagna lo sostenevano incondizionatamente nella lotta contro la Germania di Hitler. Alla conferenza di Teheran del 1943, Stalin, Roosevelt e Churchill formarono un’alleanza di grandi potenze, accettarono di elaborare la diplomazia della coalizione e una strategia comune nella lotta contro una comune minaccia mortale. I leader dei Big Three avevano una chiara comprensione del fatto che l’unificazione delle capacità industriali, di risorse e militari dell’URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito darà una supremazia incontrastata al nemico.

L’Unione Sovietica ha adempiuto pienamente ai suoi obblighi verso i suoi alleati e ha sempre offerto una mano. Pertanto, l’Armata Rossa ha sostenuto lo sbarco delle truppe anglo-americane in Normandia effettuando un’operazione Bagration su larga scala in Bielorussia. Nel gennaio del 1945, avendo sfondato il fiume Oder, pose fine all’ultima potente offensiva della Wehrmacht sul fronte occidentale delle Ardenne. Tre mesi dopo la vittoria sulla Germania, l’URSS, in pieno accordo con gli accordi di Yalta, dichiarò guerra al Giappone e sconfisse l’esercito di Kwantung, che aveva un milione di abitanti.

Nel luglio del 1941, la leadership sovietica dichiarò che lo scopo della guerra contro gli oppressori fascisti non era solo l’eliminazione della minaccia che incombeva sul nostro paese, ma aiutava anche tutti i popoli d’Europa che soffrivano sotto il giogo del fascismo tedesco. Entro la metà del 1944, il nemico fu espulso praticamente da tutto il territorio sovietico. Tuttavia, il nemico doveva essere finito nella sua tana. E così l’Armata Rossa iniziò la sua missione di liberazione in Europa. Ha salvato intere nazioni dalla distruzione e dalla schiavitù e dall’orrore dell’Olocausto. Furono salvati al costo di centinaia di migliaia di vite di soldati sovietici.

È anche importante non dimenticare l’enorme assistenza materiale fornita dall’URSS ai paesi liberati per eliminare la minaccia della fame e ricostruire le loro economie e infrastrutture. Ciò avveniva quando le ceneri si estendevano per migliaia di miglia da Brest a Mosca e al Volga. Ad esempio, nel maggio del 1945, il governo austriaco chiese all’URSS di fornire assistenza con il cibo, poiché “non aveva idea di come nutrire la sua popolazione nelle prossime sette settimane prima del nuovo raccolto”. Il cancelliere di stato del governo provvisorio della Repubblica austriaca Karl Renner descrisse il consenso della leadership sovietica a inviare cibo come un atto salvifico che gli austriaci non avrebbero mai dimenticato.

Gli Alleati istituirono congiuntamente il Tribunale militare internazionale per punire i criminali nazisti politici e di guerra. Le sue decisioni contenevano una chiara qualificazione giuridica dei crimini contro l’umanità, come il genocidio, la pulizia etnica e religiosa, l’antisemitismo e la xenofobia. Direttamente e senza ambiguità, il Tribunale di Norimberga ha anche condannato i complici dei nazisti, collaboratori di vario genere.

Questo vergognoso fenomeno si è manifestato in tutti i paesi europei. Figure come Pétain, Quisling, Vlasov, Bandera, i loro scagnozzi e seguaci – sebbene fossero travestiti da combattenti per l’indipendenza nazionale o la libertà dal comunismo – sono traditori e macellatori. Nella disumanità, hanno spesso superato i loro padroni. Nel loro desiderio di servire, come parte di speciali gruppi punitivi, eseguirono volentieri gli ordini più disumani. Erano responsabili di eventi sanguinosi come le sparatorie di Babi Yar, il massacro di Volhynia, l’incendio di Khatyn, gli atti di distruzione di ebrei in Lituania e Lettonia.

Anche oggi la nostra posizione rimane invariata: non ci possono essere scuse per gli atti criminali dei collaboratori nazisti, per loro non esiste uno statuto di limitazioni. È quindi sorprendente che in alcuni paesi coloro che sono sorrisi dalla cooperazione con i nazisti siano improvvisamente equiparati ai veterani della Seconda Guerra Mondiale. Credo che sia inaccettabile equiparare i liberatori con gli occupanti. E posso solo considerare la glorificazione dei collaboratori nazisti come un tradimento della memoria dei nostri padri e nonni. Un tradimento degli ideali che univano i popoli nella lotta contro il nazismo.

A quel tempo, i leader dell’URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito affrontarono, senza esagerare, un compito storico. Stalin , Roosevelt e Churchill rappresentavano i paesi con diverse ideologie, aspirazioni statali, interessi, culture, ma dimostravano una grande volontà politica, si alzavano al di sopra delle contraddizioni e delle preferenze e mettevano in primo piano i veri interessi della pace. Di conseguenza, sono stati in grado di raggiungere un accordo e raggiungere una soluzione di cui tutta l’umanità ha beneficiato.

I poteri vittoriosi ci hanno lasciato un sistema che è diventato la quintessenza della ricerca intellettuale e politica di diversi secoli. Una serie di conferenze – Teheran, Yalta, San Francisco e Potsdam – hanno gettato le basi di un mondo che per 75 anni non ha avuto una guerra globale, nonostante le contraddizioni più acute.

Il revisionismo storico, le cui manifestazioni osserviamo ora in Occidente, e principalmente riguardo al tema della Seconda Guerra Mondiale e al suo esito, è pericoloso perché distorce grossolanamente e cinicamente la comprensione dei principi di sviluppo pacifico, stabiliti a le conferenze di Yalta e San Francisco nel 1945. Il principale risultato storico di Yalta e di altre decisioni dell’epoca è l’accordo per creare un meccanismo che consenta alle potenze leader di rimanere nel quadro della diplomazia nel risolvere le loro differenze.

Il ventesimo secolo ha portato a conflitti globali su vasta scala e nel 1945 sono entrate in scena anche le armi nucleari in grado di distruggere fisicamente la Terra. In altre parole, la risoluzione delle controversie con la forza è diventata pericolosamente pericolosa. E i vincitori della seconda guerra mondiale lo capirono. Hanno capito ed erano consapevoli della propria responsabilità nei confronti dell’umanità.

Il racconto cautelativo della Società delle Nazioni è stato preso in considerazione nel 1945. La struttura del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata sviluppata in modo da rendere le garanzie di pace il più concrete ed efficaci possibile. È così che sono nati l’istituzione dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza e il diritto di veto come privilegio e responsabilità.

Qual è il potere di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ? Per dirla senza mezzi termini, è l’unica alternativa ragionevole a uno scontro diretto tra i principali paesi. È una dichiarazione di uno dei cinque poteri secondo cui una decisione è inaccettabile e contraria ai suoi interessi e alle sue idee sul giusto approccio. E altri paesi, anche se non sono d’accordo, danno questa posizione per scontata, abbandonando ogni tentativo di realizzare i loro sforzi unilaterali. Quindi, in un modo o nell’altro, è necessario cercare compromessi.

Un nuovo confronto globale è iniziato quasi immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale ed è stato a volte molto feroce. E il fatto che la guerra fredda non sia cresciuta fino alla terza guerra mondiale è diventata una chiara testimonianza dell’efficacia degli accordi conclusi dai Grandi Tre. Le regole di condotta concordate durante la creazione delle Nazioni Unite hanno permesso di minimizzare ulteriormente i rischi e di tenere sotto controllo lo scontro.

Naturalmente, possiamo vedere che il sistema delle Nazioni Unite attualmente sta vivendo una certa tensione nel suo lavoro e non è così efficace come potrebbe essere. Ma l’ONU svolge ancora la sua funzione principale. I principi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono un meccanismo unico per prevenire una grande guerra o un conflitto globale.

Le richieste che sono state fatte abbastanza spesso negli ultimi anni per abolire il potere di veto, per negare opportunità speciali ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono in realtà irresponsabili. Dopotutto, se ciò dovesse accadere, le Nazioni Unite diventerebbero in sostanza la Società delle Nazioni – un incontro per discorsi vuoti senza alcun effetto sui processi mondiali. Come è noto è noto. Ecco perché le potenze vittoriose si avvicinarono alla formazione del nuovo sistema dell’ordine mondiale con la massima serietà cercando di evitare la ripetizione degli errori dei loro predecessori.

La creazione del moderno sistema di relazioni internazionali è uno dei maggiori risultati della seconda guerra mondiale. Anche le contraddizioni più insormontabili – geopolitiche, ideologiche, economiche – non ci impediscono di trovare forme di convivenza pacifica e interazione, se c’è il desiderio e la volontà di farlo. Oggi il mondo sta attraversando un periodo piuttosto turbolento. Tutto sta cambiando, dall’equilibrio globale di potere e influenza ai fondamenti sociali, economici e tecnologici di società, nazioni e persino continenti. In epoche passate, cambiamenti di tale portata non sono quasi mai avvenuti senza importanti conflitti militari. Senza una lotta di potere per costruire una nuova gerarchia globale. Grazie alla saggezza e alla lungimiranza delle figure politiche delle Potenze Alleate, è stato possibile creare un sistema che si è frenato da manifestazioni estreme di tale competizione oggettiva, storicamente inerente allo sviluppo del mondo.

È nostro dovere – tutti coloro che si assumono la responsabilità politica e soprattutto i rappresentanti delle potenze vittoriose nella seconda guerra mondiale – garantire che questo sistema sia mantenuto e migliorato. Oggi, come nel 1945, è importante dimostrare volontà politica e discutere insieme del futuro. I nostri colleghi – Xi Jinping, Macron, Trump e Johnson – hanno appoggiato l’iniziativa russa di tenere una riunione dei leader dei cinque Stati con armi nucleari, membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Li ringraziamo per questo e speriamo che un incontro faccia a faccia possa aver luogo il prima possibile.

Qual è la nostra visione dell’agenda per il prossimo vertice? Innanzitutto, a nostro avviso, sarebbe utile discutere i passi per sviluppare principi collettivi negli affari mondiali. Parlare francamente delle questioni relative al mantenimento della pace, al rafforzamento della sicurezza globale e regionale, al controllo strategico degli armamenti, nonché agli sforzi congiunti per contrastare il terrorismo, l’estremismo e altre importanti sfide e minacce.

Un punto speciale all’ordine del giorno della riunione è la situazione dell’economia globale. E soprattutto, superare la crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus. I nostri paesi stanno adottando misure senza precedenti per proteggere la salute e la vita delle persone e per sostenere i cittadini che si sono trovati in situazioni di vita difficili. La nostra capacità di lavorare insieme e in concerto, come veri partner, mostrerà quanto sarà grave l’impatto della pandemia e quanto velocemente l’economia globale emergerà dalla recessione. Inoltre, è inaccettabile trasformare l’economia in uno strumento di pressione e confronto. Le questioni più comuni includono la protezione dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, oltre a garantire la sicurezza dello spazio informativo globale.

L’agenda proposta dalla Russia per il prossimo vertice dei Cinque è estremamente importante e rilevante sia per i nostri paesi che per il mondo intero. E abbiamo idee e iniziative specifiche su tutti gli articoli.

Non vi è dubbio che il vertice di Russia, Cina , Francia , Stati Uniti e Regno Unito possa svolgere un ruolo importante nel trovare risposte comuni alle sfide e alle minacce moderne e dimostrerà un impegno comune per lo spirito di alleanza, per quegli alti ideali e valori umanistici per i quali i nostri padri e nonni stavano combattendo spalla a spalla.

Attingendo a una memoria storica condivisa, possiamo fidarci l’uno dell’altro e dobbiamo farlo. Ciò servirà come solida base per negoziati di successo e azioni concertate per migliorare la stabilità e la sicurezza del pianeta e per il benessere e il benessere di tutti gli Stati. Senza esagerare, è nostro comune dovere e responsabilità verso il mondo intero, verso le generazioni presenti e future.

Vladimir Putin è Presidente della Federazione Russa. 

Iran, Cina e Russia: alleati ad hoc?, di Michel Nazet

I media occidentali sono stati ossessionati dalle posizioni anti-occidentali dell’Iran sin dalla Rivoluzione islamica del 1979 e dal suo presunto desiderio di acquisire armi nucleari. Le relazioni dell’Iran con la Russia, come con la Cina, sono quindi un po ‘il volto nascosto della politica estera iraniana e ne sono state completamente nascoste, fino ai piani per la (ri) costituzione dell’Eurasia per la Russia e la Terra Via della seta per la Cina.

 

I legami con la Cina sono attestati dai rapporti tra i Parti e i Cinesi, quindi dall’esistenza della via della seta che attraversava, dal II E  secolo prima di J. – C., tutto il nord della Persia, ed era un vettore di scambi di tutti i tipi. La Persia, la Cina e gran parte della Russia furono persino brevemente unificate dai mongoli tra il 1227 e il 1259, prima che il loro impero si spezzasse.

Quindi le relazioni con la Cina furono ridotte. Con la Russia, sono diventati sempre più difficili, la rimozione di Mosca a Persia numerosi territori nel XIX °  secolo (vedi mappa a pagina 47). Nel 1920, i comunisti incoraggiarono la creazione di una repubblica effimera di Gilan nel nord del paese; nel 1945 e nel 1946, Stalin cerca ancora di strappare l’Azerbaigian e il Kurdistan dalla Persia all’Iran. Queste minacce portano l’Iran a rivolgersi all’Alleanza occidentale e aderire al Patto di Baghdad.

L’Iran è alla ricerca di nuovi partner

La logica geopolitica contemporanea degli ultimi decenni ha avvicinato l’Iran alla Russia e alla Cina. Rompendo con gli Stati Uniti, sentendosi minacciato dall’accerchiamento delle potenze sunnite, molte delle quali sono ostili nei suoi confronti, traumatizzati dal suo isolamento durante la guerra con l’Iraq, Teheran adotta una politica estera “anti-egemonica”, neutralista e terzo mondo.

Pertanto, l’Iran si oppone principalmente agli Stati Uniti, influenti nel Golfo Persico, che si oppongono all’adesione al rango di potere internazionale dell’Iran.

Inoltre, ha sentito parlare a nome dei paesi del Sud, rifiutando il Washington Consensus (1) e facendo una campagna per un pianeta multipolare. Questo impegno si riflette in una posizione eminente all’interno del movimento non allineato, di cui Teheran è diventato il quartier generale dal 2012 e di cui Hassan Rohani è l’attuale segretario generale.

Queste posizioni hanno portato l’Iran ad avvicinarsi al suo vicino russo e alla Cina, che sono anche parte di una sfida all’attuale ordine mondiale e di una sfida a un egemonismo americano percepito come dinamico e minaccioso …

Verso un “nuovo impero mongolo”?

Di conseguenza, le relazioni tra i tre stati si sono intensificate solo a causa di molti interessi comuni (sensazione di essere circondati dagli Stati Uniti, lotta contro il terrorismo di ispirazione jihadista e traffico di droga in generale ed eroina in particolare).

L’Iran è quindi diventato, negli ultimi anni, un partner privilegiato della Russia, nell’ambito di un partenariato di cooperazione militare del 2001 rafforzato all’inizio del 2015, per gli acquisti di armi (quindi i missili antiaerei avanzati S-300 tra cui Mosca ha appena sbloccato la consegna), l’energia nucleare civile (costruzione della centrale di Bouchehr ), il settore del gas. Più recentemente, a marzo 2015, a seguito dell’embargo russo sui prodotti agricoli europei, l’Iran e la Russia hanno firmato un importante contratto che promuove le esportazioni iraniane di prodotti della pesca e dei prodotti lattiero-caseari, nonché i trasferimenti finanziari.

Allo stesso tempo, le relazioni economiche tra Iran e Cina si sono sviluppate fortemente dal 2004. Nonostante le pressioni, Pechino non applica le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite. La Cina è quindi diventata dall’inizio del decennio il primo partner economico dell’Iran (l’Unione Europea, da tempo in prima fila, essendo caduta al quarto posto); importa principalmente idrocarburi (50% di petrolio iraniano esportato) e prodotti petrolchimici. Il commercio, che ha raggiunto i 30 miliardi di dollari nel 2010, ora supera i 40 miliardi con l’obiettivo di 100 miliardi all’anno.

 

Allo stesso modo, mentre l’Iran ha posizioni molto vicine a quelle formulate dai BRICS e vi è collusione da parte degli organi di stampa iraniani, russi e cinesi, questo paese è diventato un osservatore presso la Shanghai Cooperation Organization ( dove Pechino e Mosca siedono già) nel 2005 e potrebbero diventare membri a pieno titolo al vertice di Ufa a luglio 2015. Infine, recentemente, il 3 aprile 2015, l’Iran ha aderito come membro fondatore dell’iniziativa bancaria cinese Asian Investment Bank , la Asian Infrastructure Investment Bank , alla quale gli Stati Uniti e il Giappone hanno rifiutato di aderire …

Sembra quindi prendere forma un asse Mosca-Teheran-Pechino che Thomas Flichy di La Neuville ha descritto come “il  nuovo impero mongolo (2)” e che Zbigniew Brzezinski aveva previsto dagli anni ’90.

Un’entità improbabile …

I tre paesi, plasmati da un acuto sentimento nazionale, sono lungi dall’avere dimensioni geografiche e umane comparabili. Sentono anche il bisogno assoluto di aprirsi agli Stati occidentali che rappresentano una domanda di solventi e sono fornitori di capitale e tecnologia … La loro capacità di opporsi all’egemonia è quindi limitata e irregolare.

Hanno anche interessi che possono rivelarsi divergenti. Ognuno aspira, sulla scala del continente asiatico, un luogo strategico che, se geograficamente complementare, compete anche con quello dei suoi due partner. Questa divergenza di interessi può quindi alimentare solo ulteriori motivi e sospetti, concretizzati dalle posizioni ambivalenti di Cina e Russia, ieri durante il conflitto iracheno-iraniano, oggi sull’energia nucleare iraniana. La Russia, in particolare, può sinceramente desiderare che Teheran acquisisca armi atomiche? D’altra parte, le controversie del passato hanno perso parte del loro significato poiché i due paesi non hanno più un confine terrestre dalla rottura dell’URSS. Né esiste, per il momento, una lotta per l’influenza in Asia centrale, anche nel Tagikistan della cultura iraniana. Qui la rivalità riguarda Mosca e Pechino.

 

Infine, questi paesi hanno poco in comune culturalmente e ideologicamente. I loro sistemi sociali non hanno nulla di paragonabile.

Tutto sommato, l’Iran, la Cina e la Russia condividono indubbiamente una visione divergente del mondo da quella trasmessa dall’Occidente, mentre la loro vicinanza geografica autorizza l’implementazione di complementarità economiche e collusione strategica. Ma hanno particolarità irriducibili che, se non ostacolano un inevitabile riavvicinamento, impediscono loro di essere troppo fuse. L’Iran ha quindi il suo progetto geopolitico per diventare una potenza regionale la cui influenza si estenderebbe sia al Medio Oriente che all’Asia centrale al fine di cessare di essere “una potenza limitata”. A medio termine, questo progetto prevede migliori relazioni con l’Occidente e anche con la Turchia, la chiave per il mondo di lingua turca.

Anche se la sua realizzazione, un vasto programma, richiederà non solo una normalizzazione del potere iraniano, ma anche una pacificazione regionale attualmente fuori portata, la straordinaria diplomazia iraniana, che si dice non sia mai buona come quando opera sul precipizio, tra cui lavoro…

 

  1. I principi delle politiche liberali incoraggiate dal FMI sono così chiamati: deregolamentazione, privatizzazioni, apertura, rigore di bilancio, ecc.
  2. Thomas Flichy di La Neuville, Cina, Iran, Russia, un nuovo impero mongolo? Lavauzelle, 2013.
  3. https://www.revueconflits.com/iran-chine-russie-allies-de-circonstance-michel-nazet/

THE TMP THEORY. (TMP=Trump-Macron-Putin), di Pierluigi Fagan

A fine agosto in occasione del G7 di Biarritz, a seguito del lungo colloquio tra Macron e Trump, avanzammo l’ipotesi di un patto tra i due per il quale Macron avrebbe cercato si risolvere il contenzioso russo-ucraino, con successiva normalizzazione dei rapporti tra UE e Russia (quindi uscire dallo stato sanzionatorio), onde permettere a Trump di invitare Putin al successivo vertice in Florida nel 2020, come per altro Trump aveva annunciato possibile. Su questa supposta operazione di diplomazia inclusiva si sommano una serie di interessi, alcuni a favore, altri contro.

Trump cerca di perseguire il dialogo con Mosca dalla sua elezione ma è stato a lungo tenuto sotto scacco dal Russiagate poi terminato in un nulla di fatto. Ora è sotto procedura di impeachment però questo non pregiudica la sua operatività in politica estera. Il fine è noto a chiunque sappia due-cose-due di geopolitica. Ostracizzando al contempo Russia e Cina, gli USA si creano un nemico bicefalo che compensa mancanze con punti di forza. Potenza militare la Russia ma non economica, potenza economica ma non militare la Cina, un vero capolavoro di stupidità strategica. Il fatto è che buona parte del Deep State americano non ha nulla di specifico contro la Cina mentre confinare la Russia nel corner dei nemici assoluti ha grande utilità soprattutto per alimentare la macchina militar-industriale, NATO annessa. Di contro, per Trump ed il suo gruppo di potere, le posizioni sono esattamente inverse. La Russia potrebbe su base gas-petrolifera addirittura esser un partner come lo è stato per lungo tempo prima dell’affaire ucraino (si pensi anche a gli sviluppi siberiano-polari che avevano portato alla nomina a Segretario di Stato dell’ex CEO di Exoxn-Mobil, Rex Tillerson, grande amico dei russi) , il nemico strutturale e prospettico è obiettivamente la Cina in quanto la partita dei poteri mondiali è certo economico-finanziaria e non certo militare, spingere i primi ad unirsi ai secondi è esattamente il contrario di ciò che fece a sui tempo Kissinger ai tempi di Mao e Nixon, quando Cina ed URSS erano oltretutto allineate ideologicamente.

Putin certo è consapevole delle trappole insite in questo disegno e certo non ha nessuna intenzione di ri-orientarsi strategicamente dal formato “strana coppia” (RUS-CHI) come la chiama Limes, ad un improbabile nuova amicizia con gli infidi occidentali però, realisticamente, ottenere una qualche possibilità di “bilanciamento” avrebbe un suo appeal. Questo aumenterebbe il potere negoziale russo ed aiuterebbe la Russia ad aprirsi ventagli di possibilità sul prezzo a cui vendere i suoi patrimoni energetici fossili e potersi comprare tecnologia per far fare qualche salto alla sua industria.

Macron ne otterrebbe molti vantaggi. Il prestigio del ruolo di Ministro degli Esteri nella diarchia di Aquisgrana in cui Merkel è il Ministro del Tesoro, la possibilità del ruolo di intermediario primo con ricadute di affari con i russi a seguire, la diminuzione del peso geopolitico dell’Europa del’Est vs Europa dell’Ovest, un credito nei confronti di Trump ma anche di Putin, la titolarità per portare avanti la sua idea di parziale sganciamento dell’Europa dalla NATO che è la precondizione per i progetti di costituzione di una potenza militare europea che è l’unica carta che le permetterebbe di sedersi al tavolo della nuova fase di geopolitica multipolare.

Merkel di fatto è già da tempo e nonostante le roboanti dichiarazioni pubbliche contrarie, di fatto partner commerciale coi russi, si pensi al raddoppio del North Stream 2. Per altro, larga parte della confindustria tedesca e della politica bavarese sarebbe entusiasta di una normalizzazione. Pubblicamente però non si espone per salvaguardare equilibri interni contrari e soprattutto per non creare tensioni con quell’Europa dell’Est che è il suo bacino egemonico naturale. Lascia fare a Macron con l’aria di chi deve pur permettere al junior partner di avere il suo protagonismo.

Zelensky ha ricevuto poteri largamente maggioritari in Ucraina anche se le minoranze nazionaliste sono agguerrite e poco disposte al disgelo. Nei fatti, il gruppo di potere attorno a Zelensky bada a gli interessi ucraini e l’Ucraina dopo esser stata sedotta dall’amministrazione Obama che ha pilotato il colpo di stato travestito da insurrezione popolare, è stata nei fatti abbandonata. La situazione economica e sociale in Ucraina è pessima ed è su questo scontento palese che Zelensky sta costruendo la sua fortuna politica. La relazione a due vie tra Ucraina e Russia è di logica geo-storica, si può far davvero poco per trovare una logica sostitutiva e certo non senza il favore di Trump, Macron e Merkel che nei fatti vanno in direzione opposta.

Contro questo movimento si segnano: l’Europa dell’Est in perenne paranoia anti-russa, i britannici al solito inorriditi dalle pretese geopolitiche degli euro-continentali viepiù se saldate in relazioni coi russi (l’incubo Heartland di Mackinder), la NATO che dal felice esito di questo movimento vedrebbe fortemente ridimensionati i suoi interessi (con un bel po’ di generali e funzionari disoccupati, nonché parte del complesso industriale americano connesso in crisi), buona parte del Deep State americano, i democratici americani, i loro alleati liberali europei.

Ecco allora che si fa fatica a trovare oggi notizie sul felice esito della riunione “formato Normandia” (Macron, Merkel, Putin, Zelensky) di ieri a Parigi, sia sulla stampa nazionale che internazionale, molto meglio la notizia del ban alle Olimpiadi e forse Mondiali di calcio, per presunto doping russo. Una spessa cortina di silenzio intorno alla notizia che quando data, è data con sospetto corredato da sfiducia e dubbi.

Nei fatti però, dopo Biarritz, Macron è andato in Ucraina e si è sentito spesso con Putin, Zelensky si è telefonato con Putin quattro volte, hanno cominciato e sono a buon punto nello scambio dei prigionieri reciproci, hanno annunciato una sospensione delle ostilità in Donbass sebbene non sempre rispettata da chi ha evidentemente interessi contrari (nazionalisti ucraini e del Donbass), ieri si sono stretti la mano e parlato a quattro occhi fissando un successivo piano di diplomazia attiva a scadenza marzo 2020. Difficile chiudere in tempo e con venti contrari il processo per firmare una pace ad aprile e revocare le sanzioni a maggio per il G8 americano che è a giugno, con le elezioni americane a novembre. Però sembra che più d’uno abbia voglia di provarci, vedremo …

Certo va notato che il tema “pace e diplomazia” non riscuote grande successo d’attenzione presso le opinioni pubbliche occidentali, il che denota una forte contraddizione adattiva a quello che volenti o nolenti sarà lo statuto multipolare del nuovo equilibrio mondiale. Meglio spingere senza tregua ad odiare qualcuno e poi inveire contro l'”odio dilagante”, no?

commenti:

https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/10219535446952376

 

Russia? Non solo gas ed armi, di Max Bonelli

 

Russia? Non solo gas ed armi

 

L’atterraggio dell’aereo è ben eseguito ma brusco, senza nessun riguardo

per gli ammortizzatori del carrello. Quando esco, una mattinata soleggiata mi accoglie all’aeroporto di Rostov sul Don. Mi rendo conto che la mia pesante giacca invernale è fuori luogo, per adesso, anche se siamo a metà ottobre nella grande città del sud della Russia alle porte del Caucaso. Siamo nell’area che storicamente apparteneva ai cosacchi del Don e l’aeroporto è intitolato all’Ataman cosacco Anatolj Solovjanenko. I cosacchi del Don hanno protetto il confine sud della Russia fin dai tempi di Pietro il Grande. L’aeroporto rimodernato per i mondiali di calcio è uno dei più importanti di tutta la Russia; collega la città di Rostov, circa 3 milioni di abitanti, con moltissimi altri centri dello stato-continente federazione di Russia. Già vedere la modernità delle struttura aeroportuale mi aveva fatto affiorare il ricordo di tanti articoli letti sui media atlantici di una Russia retrogada che si sostiene  a forza di vendite di armi e gas. Ma la discrepanza tra questo teatro mediatico e la realtà è aumentata a dismisura nelle 4 ore buone di macchina tra Rostov ed il confine con la Repubblica di Donetsk. Una distesa ininterrotta di migliaia di ettari di campi arati da trattori enormi e dall’aspetto moderno. Ricchi villaggi con case rinnovate o costruite recentemente dai tetti rossi fiammanti indice di una ricchezza diffusa tra gli imprenditori agricoli e tutto l’indotto che ruota intorno al settore.(1)

Un periodo d’oro per l’agricoltura in Russia che ha portato il paese a rivaleggiare con il Canada come esportatore di grano e renderlo nel 2017 il terzo produttore assoluto dopo Cina ed India di cui la produzione però si riversa per gran parte sul mercato interno. Gli Usa hanno una produzione di grano pari a poco più la metà di quella Russa.

La produzione cerealicola è solo la punta di diamante di una produzione agricola che sta conoscendo crescita in tutti i campi dal settore dell’allevamento per passare da quello ortofrutticolo e che grazie alle sanzioni dei paesi occidentali ha avuto sviluppo anche il settore di trasformazione di questi prodotti di base. Copie di formaggi francesi ed italiani sono ormai reperibili a buon mercato negli alimentari delle grandi città. Certo copie spesso non comparabili agli originali ma comunque produzione che prima del 2014 non trovava ne spazi ne incentivi da parte dello stato.

Uno dei maggiori incentivi sono sicuramente i bassi prezzi del carburante

che qui per i privati sta a 64 centesimi di euro al litro.

Questo balzo in avanti del paese nel settore agricolo è  uno dei  grossi successi della politica di Putin. La battaglia del grano vinta dallo “Zar” ha nel porto fluviale di Rostov uno degli importanti centri di smistamento. Qui le enormi chiatte smistano i carichi nei mercantili, che attraversando il mare di Azov e il ponte dello stretto della Crimea di Kerch, portano il grano russo nel Mar Nero e da lì nelle varie zone del mondo.

Il grano usato come strumento geopolitico, se si pensa che sia Venezuela che Siria hanno avuto accesso agevolato a questa risorsa. Strumento stabilizzante della politica russa in quei paesi.

Ma non solo, Egitto ed altri paesi arabi nelle loro crisi cicliche di aumento di prezzi alimentari sanno in caso di necessità di potersi rivolgere ad un altro interlocutore che non siano USA e Canada.

Questo aspetto della politica estera Russa viene volutamente censurato dai nostri media. In viaggio su strade provinciali non sempre perfette in questa  grande regione del sud della Russia europea, mi rendo conto con i miei occhi di quanto sia grande questa trasformazione e la ricchezza che essa produce. Il traffico è intenso, soprattutto di grandi automezzi e appena passiamo un centro abitato è un susseguirsi di bar, trattorie, bancarelle; segno di opportunità di commercio continue nella zona. Il conducente che mi sta portando al confine con la Repubblica Popolare di Donetsk,mi fa presente che la terra di Rostov è un po’ inferiore come qualità a quella della repubblica in quanto più argillosa. Facendo la tara sul patriottismo locale, deve essere vero; le enormi zolle sui campi testimoniano una terra che ha bisogno di trattori di massima potenza, come testimoniano la popolarità dei trattori Zavody, CNH -Kamaz  sui campi, esemplari giganteschi che emettono una visibile scia di fumo.

Con il passare delle ore ci avviciniamo al posto di confine Ustinovka. Si iniziano a vedere monumenti ai caduti della seconda guerra mondiale, ricordo dei sanguinosi scontri avvenuti oltre 70 anni fa. Dalla strada appaiono ben curati; la politica di Putin ha sempre sottolineato il significato unificante della “grande guerra patriottica”, definizione riattualizzata dopo il golpe in Ucraina e la guerra in Donbass.

L’obiettivo dei nazisti ieri e della Nato oggi erano e sono gli stessi: lo smembramento dell’immenso territorio dell’ex URSS vero continente minacciato dagli artigli del neoliberismo.

Il più importante di questi monumenti è il mausoleo di Matveyev Kurgan, posto su una altura strategica sul fiume Mius, su cui si incerniò una importante linea di difesa tedesca, avendo la bassa collina un valore strategico, dominando essa quel tratto di pianura del sud della Russia.

Decine di migliaia di anime russe sono sepolte su questi campi di grano tra i papaveri rossi come recitava in una sua canzone De Andrè.

Lo stato russo sta rinnovando radicalmente il mausoleo che diventerà un importante museo sulla guerra.

Segno di finanze statali non proprio malmesse e non potrebbe essere altrimenti visto che la Russia si appresta a superarci come riserve auree, continuando  a vendere titoli di stato statunitensi per acquistare tonnellate di oro.

In realtà essendo le nostre riserve auree depositate all’estero, il nostro controllo su di esse è meramente teorico, specialmente in un paese occupato come l’Italia; ma questa è un argomento che esula da questo articolo.

Ritornando ai dati economici della Russia, per me rimane un mistero come persona di buon senso, come un paese che ha un tasso di disoccupazione stabile sotto il 5% (4,5 2019), una inflazione che sta andando sotto il 5% nel 2019 viene costantemente additata come economia debole dipendente dal petrolio. Ma sono una persona di buon senso e non un economista quindi non percepisco la realtà come si deve ed a volte mi viene il dubbio che i dati economici siano un tantinello usati come una coperta corta, tirata  a coprire le convenienze del potere.

 

 

Max Bonelli

 

(1)

https://www.export.gov/article?id=Russia-Agricultural-Equipment

 

 

 

 

Il 1989 Visto da Mosca: declino o rinascita?, traduzione di Giuseppe Germinario

L’Europa tre decenni dopo l’apertura della cortina di ferro

Il 1989 Visto da Mosca: declino o rinascita?

Di  Cyrille BRET , 22 settembre 2019  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Cyrille Bret è un alto funzionario e geopolitico. Ispettore dell’amministrazione, ha lavorato nelle industrie aeronautiche, digitali e ora è di stanza in un gruppo di difesa pubblica. Dopo la formazione all’Ecole Normale Supérieure, alla Sciences Po e all’Ecole Nationale d’Administration, è stato revisore contabile presso l’Istituto di studi di difesa nazionale superiore (IHEDN).

C. Bret ci offre una magistrale dimostrazione delle rotture e inversioni degli ultimi tre decenni in Russia. Diamo un’occhiata a Mosca per capire meglio l’Europa geografica – cioè la Russia inclusa, almeno fino agli Urali – da non confondere con l’Unione Europea, che è comunque vicina ad essa.

1989, un evento per la Russia?

Visto da Mosca l’anno 1989 è molto diverso da quello celebrato a Berlino e Parigi. Considerato dalla capitale dell’URSS e poi dalla Russia, il 1989 è una delle tappe che guidano lo stato sovietico dall’apice del suo potere alla sua dissoluzione, nell’arco di un decennio. Dal 1979, anno dell’intervento sovietico in Afghanistan nel 1991, che consacrò lo scioglimento dell’Unione, fino al 1985, data dell’adesione di Mikhail Gorbachev alla carica di segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche si stava avviando da potenza mondiale a perdente geostrategico e al disastro economico. Tuttavia, visto da Mosca, l’anno 1989 segna anche un nuovo inizio: è l’anno delle prime elezioni libere dalla rivoluzione del 1917.

È da molto tempo che dobbiamo cogliere la giusta posizione di quest’anno nel passato della Russia– e nel suo immediato futuro. A livello regionale, il 1989 segna il fallimento della strategia europea che l’URSS ha messo in atto dopo la seconda guerra mondiale: il 1989 è la replica inversa della vittoria del 1945 (I) anno in cui l’URSS è presente ovunque nell’Europa orientale e in Germania. Sul fronte interno, questo è il punto in cui le riforme di Mikhail Gorbachev segnano il tempo e annunciano la fine del regime comunista: il 1989 sta preparando il 1991 (II). Infine, nelle rappresentazioni collettive, è l’anno che inaugura l’indebolimento degli anni ’90 e prepara la rinascita del potere russo: il 1989 annuncia il 1999, data di ascesa al potere di Vladimir Putin. Se il 1989 è un momento chiave nella storia dell’Europa, è anche una data importante per la Russia (III).

Vista di Mosca del 1989: declino o rinascita?
Cyrille Bret
Cyrille Bret è un alto funzionario e geopolitico

I. Dal 1945 al 1989: la fine dell’egemonia sovietica nell’Europa orientale

Il 1989 è un evento europeo prima di essere un evento intrinsecamente russo. È a Berlino, Bucarest, Budapest, Vienna o Vilnius che si svolgono i principali eventi dell’anno. Per la Russia , questo è il momento in cui l’Europa centrale e orientale esce dalla sua alleanza militare, politica, economica e culturale. Inizia quindi un movimento di “de-radicalizzazione del fianco orientale dell’Europa” che porterà all’estensione della NATO e all’ampliamento dell’UE in questa zona di influenza russa.

La rapida democratizzazione dell’Europa orientale

Numerosi eventi nel 1989 segnano la fine del potere mondiale per l’Unione Sovietica. Prima in Asia centrale: il 15 febbraio 1989, le autorità sovietiche annunciarono il ritiro definitivo delle loro truppe dall’Afghanistan. È la fine di un’operazione militare lunga un decennio e un’ammissione di fallimento. Questa campagna sovietica in Afghanistan (1979-1989) è soprannominata “Vietnam dell’URSS”. In effetti, una superpotenza militare e nucleare non è riuscita a sostenere un regime comunista in questo paese al confine con l’URSS. Questa confessione di impotenza geopolitica porta a una serie di eventi che portano alla disintegrazione, in un anno, dell’egemonia sovietica su quello che fu chiamato il blocco orientale. La caduta – o apertura – del muro di Berlino , 9 novembre 1989, è il punto più alto di questo vasto riflusso. Già in primavera, il 2 maggio 1989, l’Ungheria comunista ha aperto i suoi confini all’Austria, avamposto dell’Occidente, ha riabilitato Imre Nagy, una figura di resistenza all’URSS nel 1956, e ha posto fine al regime comunista il 23 Ottobre 1989 proclamando la Repubblica. Nell’agosto 1989 la Polonia non ha più un primo ministro comunista: Tadeusz Mazowiecki, membro di Solidarnosc, accede alla premierato. E l’effetto “palla di neve” è impressionante: i cittadini della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) stanno fuggendo dal regime comunista da Ungheria e Austria. In questo contesto di rapido ritiro sovietico, Mikhail Gorbachev, che è venuto a Berlino Est per celebrare il 40 ° anniversario della DDR, annuncia che nessun intervento armato frenerà il movimento al di fuori del comunismo. Ciò ha provocato la caduta del muro di Berlino, la fine della DDR e, successivamente, la riunificazione tedesca. Di fronte a questa passività esplicita e volontaria, le domande sono molte: è un trucco per riprendere in seguito il controllo dell’area? O un’ammissione di debolezza? o una strategia per superare la temporanea debolezza dell’URSS?

La guerra fredda è stata esplicitamente chiusa dal presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e dal leader sovietico Mikhail Gorbachev il 2 dicembre 1989 al vertice di Malta. Con la “rivoluzione rumena”, si conclude – tra il 16 e il 25 dicembre – l’anno 1989 smantellando un regime comunista alleato dell’URSS sul versante sud-orientale dell’Europa. Il suo sviluppo è sintomatico della fuga storica del 1989: di fronte ai movimenti di protesta a Timisoara nell’ovest del paese, la dittatura Ceausescu cerca di resistere organizzando, il 21 dicembre 1989, una manifestazione a sostegno del regime. Si ribella ai suoi organizzatori, costringendo il dittatore a fuggire, per essere perseguito e poi giustiziato, con sua moglie, Elena Petrescu, il 25 dicembre 1989.

Per l’URSS, il 1989 è un anno di inversione: quando inizia l’anno, il blocco orientale viene sfidato ma rimane al suo posto. Alla fine dell’anno, questo blocco è in declino.

Il fallimento della strategia stalinista della protezione occidentale

Per Mosca, gli eventi del 1989 hanno posto fine alla strategia europea ideata e messa in atto da J. Stalin sulla scia della seconda guerra mondiale. Il suo scopo era in effetti quello di costituire una fortezza comunista avanzata nell’Europa centrale e orientale. Con la presenza delle sue truppe sul suolo di questi stati, l’URSS aveva organizzato l’istituzione di “democrazie popolari”, ovvero regimi comunisti non democratici in Polonia (1944-1947), Romania (1947) Cecoslovacchia (Coup de Praga nel febbraio 1948), Ungheria (1949), ecc. La “liberazione” di questi paesi da parte delle truppe sovietiche contro la Germania nazista aveva permesso all’URSS di esercitare una vera amministrazione fiduciaria su quegli stati ridotti al ruolo di satelliti. Questa è la strategia della “cortina europea” per l’URSS,

Sul fronte economico, l’URSS aveva imposto la creazione del Comecon o Council for Mutual Economic Assistance (CMEA) per contrastare il Piano Marshall del 1947. Questa organizzazione internazionale stabilì una divisione del lavoro e una divisione dei ruoli tra i diversi Stati comunisti della regione. La sua missione era soprattutto quella di diffondere gli strumenti dell’economia pianificata sovietica, di organizzare il commercio tra questi Stati e l’URSS. A causa del ruolo centrale della valuta sovietica, del rublo e della dipendenza tecnologica dall’URSS, il Comecon permise all’URSS di assumere il ruolo di leader economico nell’Europa orientale. Se il CMEA non scompare ufficialmente fino al 1991, il 1989 segna la sua vera fine a causa della scomparsa dei regimi comunisti nelle principali economie della regione.

Sul versante militare, il Patto di Varsavia era lo strumento dell’egemonia sovietica nell’Europa centrale e orientale. Basato su un trattato multilaterale di amicizia e assistenza tra gli alleati dell’URSS, il Patto riunì, sotto la guida dell’Armata Rossa, le varie forze armate delle democrazie popolari. Nel 1989, è ancora in vigore ed è stato rinnovato per vent’anni nel 1985. Sebbene il Patto sia stato ufficialmente sciolto il 1 ° luglio 1991, è gradualmente scomparso nel 1989. In effetti, queste trasformazioni politiche hanno segnato il fine della cosiddetta dottrina della “sovranità limitata”, la cui paternità spetta a L. Breznev. L’evoluzione di un regime comunista verso un regime liberale è considerata a Mosca come una questione di interesse comune per tutti i regimi comunisti.

In breve, nel 1989 la rapida democratizzazione dell’Europa centrale e orientale segnò la fine di un progetto geopolitico di istituzione di un blocco e una zona cuscinetto tra la Russia e il resto dell’Europa. Si apre la strada a una “occidentalizzazione” di questa parte del continente. Si svolgerà già negli anni ’90.

II. Dal 1985 al 1991 fino al 1989: tentativi di riforme interne allo scioglimento dell’URSS

Per la politica interna sovietica e russa, il 1989 si avvicina secondo una sequenza più ampia che inizia con l’avvento di Mikhail Gorbachev al potere l’11 marzo 1985 e termina alla fine di dicembre 1991 con lo scioglimento ufficiale da parte di quest’ultima dell’URSS . Il 1989 replica quindi alla Rivoluzione del 1917.

Il regime comunista può riformarsi?

Consapevole delle debolezze economiche dell’URSS e della sua incapacità finanziaria di sostenere il costo della corsa agli armamenti con gli Stati Uniti, Mikhail Gorbachev è diventato Segretario Generale del Partito Comunista nel 1985. Ha lanciato un’ondata di riforme interne in URSS con l’obiettivo di consolidare il regime comunista e promuoverlo in Occidente. Sulla scena internazionale, dà priorità al disarmo simmetrico con gli Stati Uniti al fine di alleviare la pressione di bilancio che i programmi di armamento esercitano sulle finanze pubbliche sovietiche. Ma a livello nazionale, il 1986 segna l’inizio dei programmi di liberalizzazione politica ed economica. Il programma di “Trasparenza” (”  glasnost”)porta a misure ad alto contenuto simbolico: revoca dei divieti su molte produzioni culturali tra cui ”  Doctor Jivago  ” di Boris Pasternak; fine dell’esilio interno del fisico dissidente Andrei Sakharov a Gorkij.

Nel campo strettamente politico, la composizione del Partito Comunista viene rinnovata per portare i “riformatori” nei ruoli principali. In termini economici, la “ristrutturazione” o “ricostruzione” (”  perestrojka  “) impegna un nuovo NEP: i prezzi sono parzialmente liberalizzati, le società private sono autorizzate e emerge un intero settore informale. Questo movimento accelera nel 1989: per eleggere i due terzi dei deputati al Congresso dei deputati dell’Unione Sovietica, i cittadini dell’URSS possono scegliere tra diverse liste e vedere garantita la segretezza del voto. Questo è uno sviluppo decisivo per il Paese.

Il primo periodo delle riforme di Gorbachev assume un tono euforico … soprattutto all’estero: la ”  Gorbymania  ” in effetti ammalia gli Stati Uniti e in particolare l’Europa occidentale nel 1987. Tuttavia, la popolarità interna del leader sovietico è ben minore, a causa dei limiti delle sue riforme  [ 1 ] .

I limiti delle riforme e la fine dell’impero sovietico

Tuttavia, a partire dal 1989, iniziano a comparire i limiti delle riforme avviate. Sul fronte economico, le disuguaglianze si stanno allargando e l’inflazione sta aumentando, mettendo in discussione il patto sociale sovietico con i quali sono stati garantiti l’occupazione per tutta la vita, l’accesso a servizi pubblici a basso costo e l’uguaglianza sociale (relativa) in cambio di obbedienza politica. A livello rigorosamente politico i movimenti di scissione e secessione si moltiplicano. Sebbene Mikhail Gorbachev sia stato eletto presidente dell’URSS nel 1990, in parlamento i suoi sostenitori sono stati sopraffatti dai nazionalisti e dai liberali che preferivano la terapia d’urto. Così, già nel 1990, la Repubblica socialista federale russa della Russia è guidata da Boris Eltsin, la cui autorità è in aperta competizione con quella del leader sovietico. La tensione tra i riformatori liberali guidati da Eltsin e i conservatori sovietici sostenuti dall’esercito viene gradualmente esacerbata sulla scena politica. Culmina a terra e con le armi in mano nel tentativo di colpo di stato militare del 20 agosto 1991. Sostenuto dal presidente degli Stati Uniti, il presidente russo Eltsin si impone, eclissando il riformatore comunista e sospendendo il Partito comunista nel novembre 1991. La scacchiera politica russa, il movimento di decomunistizzazione iniziato timidamente nel 1989 termina, pochi mesi dopo, alla fine dell’URSS.

Nelle Repubbliche Federate, il 1989 vede le forze centrifughe risvegliate dal  glasnost  . Le aspirazioni all’indipendenza si manifestano in una forma che segna l’Europa. Negli Stati baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), le manifestazioni iniziate nel 1987 hanno avviato il processo di decomunistizzazione e di indipendenza nazionale. Questi movimenti pacifisti culminarono il 23 agosto 1989 formando una vasta catena umana, la Via Baltica, che univa le tre capitali (Tallin, Riga, Vilnius)oltre 500 chilometri. Questo è l’atto fondante di un processo di indipendenza per la Lituania (11 marzo 1990), l’Estonia (30 marzo 1990) e la Lettonia (4 maggio 1990). Durante il periodo dal 1989 al 1991, in questa parte dell’URSS, gli scontri armati sono strettamente evitati, ma le tensioni economiche e politiche sono più alte, specialmente in Lituania dove il blocco economico sovietico è rigoroso.

Il movimento di secessione degli Stati baltici lancia una spirale centrifuga che culmina con lo scioglimento dell’Unione Sovietica l’8 dicembre 1991. Nel Caucaso, l’Armenia diventa indipendente (23 agosto 1990), come la Georgia (9 aprile 1991) e Azerbaigian (18 ottobre 1991). L’Ucraina e le repubbliche dell’Asia centrale lasciano l’Unione tra il 1990 e il 1991. Che si tratti della strategia risoluta della Russia contro i costi dell’eccessiva estensione imperiale o dell’abbandono forzato, la Russia si sta liberando da queste periferie imperiali e sta permettendo a questi stati di allontanarsi dalla sua sovranità secolare. La fine dell’URSS, avviata dai movimenti del Baltico nel 1989, fu consacrata dalle dimissioni di Mikhail Gorbachev dalla sua posizione di Presidente dell’Unione Sovietica il 25 dicembre 1991 … che non esiste da due settimane (8 Dicembre 1991). È il Commonwealth of Independent States (CIS) che sostituisce l’Unione con una confederazione con legami istituzionali piuttosto ampi. La Repubblica, poi Federazione Russa, perde il posto centrale che occupava nel sistema istituzionale dell’URSS.

In sintesi, come visto da Mosca, in termini di politica interna, il 1989 è l’anno cardine di una rivoluzione al tempo stesso politica, territoriale ed economica. Lungi dal salvare il regime comunista adattandolo, il ”  glasnost” e l’introduzione di una dose di democrazia nelle istituzioni sovietiche hanno accelerato la caduta del PCUS. Allo stesso modo, la rinuncia alla violenza armata contro i movimenti centrifughi nel 1989 ha accelerato il processo di decomposizione.

III. Dal 1989 al 1999: dal declino al revanchismo russo

Se si considera l’immediato futuro della Russia, il 1989 apre un doloroso decennio che termina nel 1999 con l’ascesa di Vladimir Putin alla carica di presidente ad interim, eletto poi l’anno successivo.

Sul fronte economico, il fallimento delle “riforme” del periodo 1987-1989 porta a un’era di brutale liberalizzazione chiamata “terapia d’urto” in cui l’inflazione arriva fino al 1000% all’anno, dove esplode la disoccupazione e dove molte industrie statali scompaiono. Le disuguaglianze esplodono e lo stato sociale viene smantellato privando gran parte della popolazione russa dell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alle pensioni o all’energia. D’altra parte, alcune considerevoli fortune private sono costituite in pochi mesi dagli oligarchi che acquistano a prezzi economici i fiori all’occhiello dell’economia diretta nella metallurgia, negli idrocarburi e persino negli armamenti. Il crollo economico e il saccheggio delle risorse culminarono nel 1998 quando la Russia fu colpita da una violenta crisi economica.

Nella sfera domestica, la contrazione del PIL e il crollo delle finanze pubbliche russe stanno danneggiando le forze armate: le basi militari sono chiuse a decine e gli ordini industriali cessano. Unito all’ondata di indipendenza nazionale, l’indebolimento delle forze armate apre la strada a movimenti separatisti all’interno della stessa Federazione Russa. Pertanto, la prima guerra cecena, dal 1993 al 1996, ha visto la Nuova Russia reprimere in un bagno di sangue i movimenti di indipendenza spesso supportati da reti islamiste. Ciò che è in gioco allora è, per la Russia, la capacità di fermare il suo decadimento territoriale. La Russia degli anni ’90, nata dagli shock del 1998, coltiva la scomparsa politica.

In termini di geopolitica regionale, il 1989 si sta preparando per la perdita del vicino straniero. L’estensione della NATO alle porte della Federazione Russa è possibile solo perché la rete di alleanze sovietiche è stata rovinata nel 1989. In effetti, per la più giovane Federazione Russa nata nel 1991, il decennio 1989-1999 è il declino. Il 1999 ha segnato un grave rovesciamento militare nel continente: la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria hanno aderito all’Alleanza atlantica, seguite nel 2004 da molti altri stati precedentemente parte del Patto di Varsavia, tra cui tre ex Repubbliche socialiste sovietiche (Estonia, Lettonia, Lituania). Visto da Mosca, questo movimento è una battuta d’arresto strategica di significato storico. In effetti, l’Occidente è ai confini dello spazio russo. È in questo decennio e grazie alle rivoluzioni colorate in Georgia (rivoluzione delle rose nel 2003) in Ucraina (rivoluzione arancione nel 2004), che la Russia riattiva la diffidenza verso i propri interlocutori.

Ma il 1989 finì davvero nel 1999, quando Vladimir Putin mise gradualmente in atto sia il suo regime che gli elementi di un relativo rinascimento per la Russia. Il decennio 1989-1999 è il periodo fondativo per comprendere la Russia di oggi. Per concedere agibilità agli oligarchi, li subordina come clienti o li fa condannare, come nel caso di Khodorkovsky. Per porre rimedio all’espansione della NATO, sta lottando contro l’adesione di Ucraina e Georgia e contro lo spiegamento di batterie antimissile sul suolo europeo. Ultimo ma non meno importante, per alleviare la debolezza militare della Russia, nel 2009 ha lanciato un vasto piano di modernizzazione, crescita e riforma delle forze armate. La forza politica e geopolitica della Russia nel 2019 è direttamente radicata nel lungo trauma del decennio 1989-1999. In breve, Vladimir Putin si pone come uno che rimedia agli anni fatali 1989-1991.

*

1989, anno fondamentale per la Russia (anche)

Per la comunità europea, il 1989 è un anno altamente simbolico con una connotazione positiva. Questa data è sinonimo di margini di rilascio a Budapest, Varsavia o Bucarest . Le sovranità nazionali, indebolite dal XIX e XX secolo, sono state recuperate. A Parigi e Bonn, poi a Berlino, nel 1989 inizia l’incontro dell’Europa attorno al progetto portato avanti dalla Comunità e poi dall’Unione Europea . Dopo i conflitti dell’inizio del secolo e la divisione della guerra fredda, il 1989 annuncia la speranza di un periodo di convergenza e pace.

Vista di Mosca, 1989 ha uno status più ambiguo. L’anno ha una chiara carica negativa, soprattutto nelle attuali rappresentazioni collettive: all’esterno, segna il fallimento della strategia sovietica di barriere difensive in ​​Europa; all’interno, fa precipitare la fine del regime comunista e prepara il caos politico ed economico degli anni 1990. Ecco perché il 1989, associato al 1991, è, nel discorso del presidente Putin, un annus horibilis per la Russia. Tuttavia, il 1989 apre un decennio decisivo per la Russia contemporanea. Fu dal 1989 che la Russia di Putin iniziò a mettere radici: la creazione di un’oligarchia mafiosa, i fallimenti contro gli Stati Uniti, ecc. tutti questi fattori contribuiscono all’avvento di un regime centralizzato, forte e seduto su una potenza militare. Così, la Russia di oggi ha le sue origini nel 1989 e nel 1991 quanto nel 1999, l’anno del l’ascesa al potere dell’attuale presidente russo .

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LA MATASSA, di Antonio de Martini

LA MATASSA

L’Arabia Saudita si trova tra due fuochi da lei provocati: a sud la guerra con lo Yemen e a nord il conflitto siriano.

Gli Stati Uniti si trovano anch’essi tra due fuochi possibili: da una parte il conflitto in Irak con l’ISIS ( per combattere il quale hanno equipaggiato e autorizzato le milizie sciite) e dall’altra dovrebbero combattere e disarmare le stesse milizie sciite che secondo le accuse israeliane sono la base dell’attacco agli impianti petroliferi.

Entrambi i paesi stanno concertandosi oggi a Gedda circa il da farsi che consisterebbe nel decidere atti di guerra contro l’Iran, il quale nega tutto.

Gli Stati Uniti promettono di esibire alle Nazioni Unite le “ prove” che l’intelligence sta approntando, sempre che si trovi un Presidente USA disponibile a ripetere la scena di Colin Powell sulle armi di distruzione di massa irachene per avere il sostegno degli alleati.

Ne dubito.

Al massimo lo farà il fido Pompeo e tornerà con le pive nel sacco.

Il senato USA, anche repubblicani, dice che bisogna accertarsi che l’alleato saudita “ abbia tutte le armi necessarie” alla sua difesa . Escludono attacchi diretti di qualsiasi genere.
Alla peggio vorranno fare una Proxy war, ma ne stanno già facendo due….

La proxy war è una forma di lotta affidata nascostamente a terzi mirante a guerreggiare contro un paese terzo senza che appaia il mandante per non violare in forma sfacciata il principio di non ingerenza negli affari interni altrui fissato da Metternich nel Congresso di Vienna( 1815) .

Di fatto è impossibile trovare prove di una proxy war.

I dati di fatto sono che l’AS ha speso quest’anno 82,6 miliardi di dollari in armamenti e l’Iran 13,2.
Gli abitanti dichiarato dai sauditi sono 20 milioni e dagli iraniani 70.

L’Iran è stato oggetto di sanzioni da parte americana e gli europei stanno lavorando per farle togliere o attenuarne gli effetti.

Non credo vi siano dubbi su chi sia l’attaccante strategico, ne sulla fine che farebbero Riad e Tel Aviv in caso di scontro aperto.

Le conclusioni del vertice tra Mohammed ben Salman e Mike Pompeo dunque sono scontate.

La risposta di aumento delle sanzioni, inasprirebbe la situazione a danno degli interessi degli Stati Uniti, ma sarebbe ben vista dai sauditi.

Una decisione di intensificare qualche forma di proxy war sarebbe ben vista dagli americani ma danneggerebbe i sauditi destinati inevitabilmente a sostenere la reazione.

Una reazione nei confronti delle milizie sciite irachene ( incolpevoli) provocherebbe una nuova guerra in Irak e smentirebbe tre decenni di scelte politiche USA, dato che furono loro a dare il potere agli sciiti ed armarne le milizie.
Si passerebbe dalla tragedia alla farsa.

Parimenti impensabile è una rappresaglia contro gli Houti, dato che lo Yemen è stato da mesi dichiarato “ emergenza umanitaria” dalle Nazioni Unite e una serie di ben tre delibere senatoriali che proibivano di fornire armi e assistenza ai sauditi in guerra sono state fermate da un veto presidenziale.
Il quarto sarebbe di troppo.

Un’azione contro Hezbollah in Libano verrebbe vista come un diversivo e scatenerebbe una reazione contro Israele in un momento politico delicatissimo e alla vigilia della comunicazione del piano di pace coi palestinesi.

Le sole soluzioni sono un “ coup de teatre” di Trump alle Nazioni Unite con Rouhani ( che però agli occhi di molti potrebbe sembrare una sconfitta) o far fuori ( sei mesi) Mohammed ben Salman e dare tutte le colpe a lui.
Voi cosa scegliereste ?

Lumi sul Vicino Oriente, di Antonio de Martini

IL FLUIDO QUADRO STRATEGICO TURCO

IL bombardamento che ha bloccato il progredire del convoglio di rinforzi turchi all’avamposto di MOREK, non è rimasto senza conseguenze.

Già la settimana scorsa i turchi hanno abbattuto un aereo siriano lasciando nella indeterminatezza la sorte del pilota.

Subito dopo, Erdogan ha emesso un comunicato ufficiale annunziando di non riconoscere l’annessione russa della Crimea, dove era stato più volte in visita per incontrare Putin.

Non mi è chiaro se questa dichiarazione sia un episodio di baruffa tra innamorati o un secondo movimento di ritorno alla casa atlantica, dopo la commissione mista che studia i futuri pattugliamenti nella zona di sicurezza.

Aspettiamo l’esito della terza mossa che è la ripresa dell’attività diplomatica verso i comprimari della crisi siriana.

Mevut Cavusoglu , il Ministro degli Esteri che riesce a resistere ai cambiamenti di rotta più repentini, è appena rientrato da Beirut dove ha cercato appoggi.

La grande debolezza militare del Libano, ne ha fatto un interlocutore obbligato ad avere rapporti amichevoli con tutti i protagonisti dello scenario.il veicolo ideale.

Gli interessi in comune sono numerosi: il Libano ospita il secondo, per importanza, numero di sfollati siriani sul suo territorio ( Turchia 3,6 milioni; Libano 2,3).

A fronte di Cipro che gode della protezione israeliana grazie a una convenzione militare trilaterale coi Greci, il Libano ( che ha la sua quota di concessioni gaspetrolifere in mare), potrebbe volersi appoggiare alla Turchia dato che ha in contenzioso i limiti con Israele e Trump sta vanificando l’appoggio offerto da Obama ai libanesi.

I siriani hanno catturato alcuni militari turchi e per liberarli vogliono indietro il loro pilota.

Abbas Ibrahim, il capo dell’intelligence libanese ha relazioni eccellenti con tutto il Vicino Oriente, ma eccezionalmente buone coi siriani e potrebbe essere il veicolo negoziale ideale per un accordo Siro-Turco che renderebbe anche superflua la presenza militare russa al confine sud di Ankara .

Una mossa pacificatrice del genere sarebbe una vendetta verso i russi e, al contempo, un favore agli USA e un alleggerimento per i siriani, nonché un diminuito allarme per i curdi.

Un “ en plein” regionale.

Per atti ostili verso la Siria, i turchi avrebbero potuto rivolgersi più proficuamente verso la Giordania o l’Arabia Saudita, dunque la mossa verso il Libano mostra che Erdogan vuole stabilizzare la sua frontiera ed è più interessato a posizionarsi come potenza regionale.

Al posizionamento globale mostra sempre meno interesse.
E non è il solo.

KHAN CHEIKHUN: UOVO, GALLINA, FRITTATA.

Khan Cheikhun é il nome della località della provincia di Idleb (Siria) conquistata pochi giorni fa dall’esercito governativo siriano.

La provincia in questione é stata finora occupata dalla branca siriana di Al Kaida che ora ha cambiato nome in “Haya Tahrir el Sham “ per poter godere di assistenza e rifornimenti occidentali e della « protezione politica » della Turchia.

Lo SM turco ha, nella provincia, alcuni « punti di osservazione” il più avanzato dei quali è Morek, che in realtà è un caposaldo.

Dopo l’occupazione/liberazione di Khan Cheikhoun da parte siriana, i turchi si erano premurati di rifornire in armi e munizioni il loro “ punto di osservazione” più esposto a un attacco.

Numerosi media hanno informato l’Occidente di un bombardamento di un convoglio di rifornimento in marcia verso Morek ( 50 camion e 5 carri e alcuni VTT) inviato prevedendo una ulteriore avanzata siriana.

Il bombardamento potrebbe, ragionano i media, essere cagione del possibile deterioramento dell’intesa russo-turca del settembre 2018 costituente una zona di sicurezza congiunta in quell’area.

Il bombardamento, dicono gli analisti, non può essere stato realizzato nella ignoranza dei russi.

È la speranza di vedere uno screzio tra Russia e Turchia ( sempre i benedetti S400!) che ha indotto i media a dare, eccezionalmente, notizia di una vittoria di Assad.

Putant quod cupiunt.

L’artiglieria siriana e l’aviazione russa sono entrambe intervenute ma con distinte – politicamente raffinate – modalità di intervento.

I siriani hanno usato l’artiglieria provocando al convoglio 3 morti e 12 feriti civili (del MIT il servizio segreto turco?).

L’aeronautica russa ha invece effettuato una incursione davanti al convoglio distruggendo la strada ancora da percorrere ( ma nel contempo offrendo copertura aerea ai siriani per impedire agli F16 turchi ogni attacco),senza mirare ai turchi.

Si è trattato, a mio avviso, di una chiara messa in guardia a Erdogan e al suo Stato Maggiore: se volete a sud una zona di sicurezza con noi e a est un’altra con gli USA, state sognando.

Al contempo, la Russia sta mantenendo l’impegno coi siriani a difendere l’indipendenza e l’integrità del territorio nazionale.

Se i turchi cedono a Idlieb, Putin ha mantenuto la promessa alla Siria.

Se invece fermano la nuova fascia di sicurezza con gli USA, Putin ha messo un’altra zeppa nel rapporto Trump-Erdogan.

Non è – come affermato dagli analisti- la Russia che ha violato le intese di pacificazione di Astana : è la Turchia che ha creato una situazione nuova con la “ fascia di sicurezza” a pattugliamento congiunto turco-americano ( ancora in fieri) e ha incassato un “ caveat” dai russi.

Ora la Turchia deve scegliere tra l’uovo di oggi ( assieme agli alleati di sempre di Tahrir El Sham) della zona di Idleb e la gallina di domani ( in mezzo ai nemici curdi di sempre) verso Mossul.

Anche i russi han difeso il loro uovo siriano senza troppo turbare la gallina turca che potrebbe dare uova d’oro.

Temo proprio che la frittata la farà la commissione mista turco-americana incaricata di definire limiti e regole di ingaggio della “ zona di sicurezza” lungo la frontiera verso Hassake e Mossul.
Let’s wait and see.

Russia in America Latina: insidie ​​e opportunità, di Nicolas Dolo

Russia in America Latina: insidie ​​e opportunità

Il 23 gennaio 2019, Juan Guaido, presidente del parlamento venezuelano, si è proclamato Presidente della Repubblica agendo secondo le più discutibili disposizioni costituzionali. Il 35enne riceve immediatamente il sostegno di una sfilza di potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti, rivelando un’operazione di interferenza che assomiglia alla CIA in America Latina negli anni ’70 Qualunque cosa si possa pensare di questa auto-proclamazione, il secondo mandato di Nicolas Maduro sembra in ogni caso iniziare in condizioni particolarmente difficili. La Russia ha prontamente reagito e difeso il presidente venezuelano con le unghie e con i denti.

Pochi giorni prima del pronunciamiento di Guaido, tuttavia, la piattaforma online russa ” Colonel Cassad  ” , molto rilevante e “informata  “, ha ripreso un lungo articolo di Dmytro Strauss. Questo post, inizialmente pubblicato su un blog di informazione ucraino piuttosto marcato a sinistra, è una visione illuminata e severa del Venezuela, paese in cui l’autore risiede da diversi anni. Se ci fidiamo di lui, il presidente Maduro, finora poco considerato dai media internazionali, è personalmente responsabile della terribile situazione attuale nel suo paese.

Un’elezione totalmente anti-democratica

Strauss per prima cosa tratta il racconto dell’attuale leadership, che afferma che le ultime elezioni presidenziali sono innegabili, dal momento che Maduro avrebbe raccolto il 67% dei voti espressi.

I commissari politici del Partito socialista di unità socialista del Venezuela (PSUV) hanno, è vero, iniziato privando quasi la metà degli elettori del loro diritto al voto sfruttando la giustizia elettorale, e tra tutti quelli che potrebbero rappresentare un dimostrata opposizione politica al sistema. La stessa giustizia elettorale ha invalidato la maggior parte delle candidature dissenzienti, anche quelle del PSUV, a seguito di numerose accuse di atti di corruzione o di tradimento alla patria dei più sospetti.

Per stimolare l’elettorato, il governo ha anche costretto gli elettori a rinnovare la loro “Diario della Patria” (i tipi di tessere annonarie) direttamente in tende situate nelle exit poll. Nonostante questo dispositivo, vero ricatto al cibo, solo il 32% degli elettori si è alla fine recato alle urne nelle ultime elezioni presidenziali.

Supponendo che non ci fosse alcuna frode elettorale, di cui si possa legittimamente dubitare, Maduro sarebbe stato effettivamente eletto da appena l’11% dei venezuelani in età di voto. L’evidente mancanza di carisma del presidente venezuelano, a migliaia di miglia da quella di Hugo Chavez, non può da sola spiegare questa profonda disaffezione.

I Chavisti, rimossi dal potere, cercano la rivincita

Strauss torna quindi sulla capacità di Maduro, uomo d’apparato di prim’ordine che è riuscito a rivoltare gli organi di potere venezuelani in favore del suo entourage, e di escludere “chavisti”.

In occasione dei due colpi e movimenti di repressione dell’opposizione nel 2014 e 2017 Maduro ha approfittato degli eventi per emarginare in maniera massiccia i compagni di strada storici di Hugo Chavez dalla leadership politica, amministrativa, giudiziaria, diplomatico, economico e militari del paese con il pretesto di casi di corruzione o di accordo con un nemico invisibile. Questa epurazione ad esempio hanno costretto a “dimettersi” Rafael Ramirez, rappresentante permanente del Venezuela presso le Nazioni Unite e vecchio confidente di Chavez dal suo incarico nel 2017. Molto rispettato tra chavisti e come loro, sempre più critico delle derive del governo, è ancora minacciato da mille insidie dalla giustizia e dai servizi segreti del suo paese.

Dal suo esilio segreto, Ramirez ha iniziato a pubblicare all’inizio del 2018 testi aspri contro il potere venezuelano, e ha fatto inviti sempre più espliciti a rovesciare il “dittatore e traditore Maduro”. Proprio di recente, 27 membri della Guardia Nazionale Bolivariana sono stati arrestati dall’intelligence venezuelana. Sono sospettati di aver fomentato un ennesimo tentativo, vero o presunto, di colpo di stato militare. La loro incarcerazione, un segno dei tempi a Caracas, non ha mancato di provocare gravi disordini e scontri nelle strade della capitale, disordini ulteriormente esacerbati dalle dichiarazioni di Guaido.

Il disastro economico in corso

Strauss torna infine sul disastro economico del Venezuela e, questa è la più interessante, sulla percezione che i venezuelani hanno della assistenza dall’estero, tra cui Cina e Russia.

La realtà economica, sociale e della sicurezza del popolo venezuelano è tragica, con il paese che ha registrato un tasso di inflazione superiore all’800.000% nel 2018. Nei settori privato e pubblico, il reddito disponibile dei lavoratori è crollato. Molti dipendenti pubblici sono ora costretti a migliorare l’ordinario lavorando per la maggior parte del loro tempo da soli in proprio.I servizi pubblici di base non sono più assicurati, salute, polizia e istruzione inclusi. Le distribuzioni alimentari governative, che sono diventate indispensabili, sono esse stesse oggetto di diversione, la maggior parte dei “kit” concessi alle famiglie giungono loro mezzo vuoto. Il paese, considerato relativamente sicuro fino al 2013, è diventato allo stesso tempo il più pericoloso al mondo in termini di omicidi ogni 100.000 abitanti.

Più disastrose le une delle altre le scappatelle economiche del presidente Maduro hanno costituito un freno per la diversificazione economica, e hanno contribuito a svuotare più della metà delle riserve auree del paese. Queste ultime sono state sprecate come garanzia della creazione di una improbabile criptovaluta petrolifera,  un’alternativa alle transazioni in dollari ma già un clamoroso fallimento.

La Cina e la Russia sono volate in soccorso del Venezuela nel dicembre 2018. Le hanno concesso un prestito di $ 5 miliardi e un piano di investimento da $ 6 miliardi nei settori petrolifero e minerario. Strauss, tuttavia, ci dice che la popolazione venezuelana e i”chavisti” vedono questi piani di supporto con un occhio molto malevolo: essi lo considerano meno come un aiuto nella lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti che come un tentativo di “colonizzazione sino-russo -cubaine “, e quindi di interferenza diretta altrettanto riprovevole di quella degli Stati Uniti.

La Cina è sempre più presente in Sud America, dove è diventato il più grande investitore in molti paesi e il più grande partner commerciale del gigante brasiliano. Questo “piccolo” prestito di $ 5 miliardi probabilmente si inserisce nel quadro attuale della sua strategia di penetrazione commerciale “morbida” (alcuni direbbero di accerchiamento). Per quanto riguarda la Russia, d’altra parte, l’approccio sembra un po ‘diverso, e non senza rischi.

Lotta di influenza in America Latina

La Russia conosce poco l’America Latina, naturalmente dovuta a considerazioni geografiche, linguistiche e storiche. Nel nome della Dottrina Monroe, non abbandonata nonostante la relativa indifferenza di Donald Trump, lo stato profondo americano lo considera comunque come la sua zona privilegiata di influenza, con più o meno successo.

I russi hanno storicamente avvicinato questa parte del mondo durante la Guerra Fredda, principalmente attraverso il loro alleato cubano. Sebbene originariamente bolivariano stricto sensu(Dobbiamo ricordare qui che il Bolivarianismo era una dottrina nazionalista conservatrice che si opponeva alla dottrina liberale colombiana Santandériste). Hugo Chavez fu influenzato da alcuni pensatori marxisti. D’altra parte, Nicolas Maduro è un puro prodotto marxista-leninista, che è stato successivamente convertito dall’opportunismo al bolivarismo. In ogni caso, il Venezuela è gradualmente entrato in un processo di totale opposizione con gli Stati Uniti e, inversamente, in un riavvicinamento a Cuba e, indirettamente, alla Russia. Con grande pragmatismo, quest’ultima naturalmente non ha chiuso le porte a una nazione sudamericana che non era apertamente ostile ad essa.

Probabilmente in risposta alla strategia di accerchiamento del territorio russo ad opera di una NATO ormai completamente nelle mani dei neoconservatori, i russi, per la prima volta in Sud America, hanno condotto un’esercitazione militare su piccola scala all’inizio di dicembre 2018. Questo è stato l’atterraggio di due bombardieri in Venezuela e quindi un messaggio suggerendo agli Stati Uniti che la Russia ha i mezzi per far venire il “solletico” nella loro area diretta di influenza . A seguito di questo esercizio, e gli annunci di investimenti diretti nell’economia venezuelana, i rumori a Mosca dicono che i russi potrebbero pensare alla possibilità di aprire una base permanente di bombardieri in Venezuela.

Data la situazione politica quantomeno fragile di Caracas e l’ostilità della popolazione verso piani di aiuti stranieri, è tuttavia legittimo porre la questione della rilevanza di quest’ultima idea, e più in generale del sostegno fornito dalla Russia a Nicolas Maduro.

Un segno inosservato potrebbe segnalare l’inizio di un piccolo cambiamento strategico e confermare il realismo della diplomazia russa: in occasione della recente riunione del G20 a Buenos Aires, Putin ha ampiamente sottolineato il suo desiderio di sviluppare significativamente ulteriori rapporti con Argentina, e in particolare con il Brasile. Se non si mosso per il giuramento del Jair Bolsonaro del 1 ° gennaio 2019, Putin ha comunque delegato il Presidente della Duma di Stato Vyacheslav Volodin, a rappresentarlo. È stato in grado di parlare per qualche istante, e cordialmente, con il nuovo presidente brasiliano.

Convergenze di vedute tra russi e brasiliani

Nonostante la relativa ammirazione che Jair Bolsonaro dice di provare nei confronti del “Patriota” Donald Trump, e alcune battaglie comuni dei due presidenti, la linea di condotta del nuovo governo brasiliano in cui troviamo una percentuale molto alta di alti ufficiali, è in linea con la dottrina pragmatica del presidente Ernesto Geisel (1974-1979).

Come sviluppato in diversi articoli precedentemente pubblicati su Stratpol e altrove, è questa dottrina che ha causato il disallineamento strategico degli Stati Uniti nel 1977, e una relazione che può essere descritta come complicata tra le due nazioni. La dottrina militare brasiliana fu illustrata negli anni Venti per i suoi desideri di controllo del territorio e del destino nazionale, e l’esercito fu a favore quindi dell’iniziativa di sviluppo delle molte industrie strategiche del paese. Queste industrie hanno contribuito a limitare il più possibile la dipendenza del Brasile da paesi stranieri. Da un punto di vista geopolitico, l’esercito ha anche articolato l’idea di un eccezionalismo brasiliano e della necessaria leadership regionale del Brasile, che spera alla fine di diventare una delle grandi potenze mondiali.

In altre parole, le forze del nuovo Brasile, come quelle della Russia di Vladimir Putin, hanno un approccio multipolare, multilaterale, ragionevole e sovranista nelle relazioni internazionali. Le guardie del corpo di Bolsonaro sono estremamente sensibili ai segni di rispetto che altre grandi e medie potenze possono portare, e il fatto è che la Russia finora è stata estremamente misurata e rispettosa – a differenza, a proposito, dela Francia del presidente Macron.

Le relazioni commerciali tra Brasile e Russia sono ancora piuttosto limitate, e si concentrano principalmente sulle materie prime. Le possibilità di nuovi riavvicinamenti economici, tecnologici e strategici sono numerose ed evidenti. La Russia ha già dimostrato di essere l’unica grande sostenitrice del Brasile nelle sue ambizioni di seggio permanente nel Consiglio di sicurezza, e questo approccio dovrebbe essere in grado di influenzare la qualità delle relazioni tra i due paesi a medio e lungo termine.

In contrasto con il Venezuela, che fa parte di un approccio sociale libertario e marxista perfettamente compatibile con l’idea del globalismo, Bolsonaro in Brazil è al passo con la Russia nel suo approccio alla società civile. Totale neutralità del servizio pubblico, lotta contro la teoria del genere, ritorno ai valori tradizionali del rispetto per la chiesa e la patria, lotta contro l’influenza politica e sociale degli oligarchi, libertà d’impresa piuttosto che libertà d’impresa, maggiore rispetto per le industrie strategiche, la lotta contro l’influenza dannosa delle ONG straniere al servizio di interessi spesso discutibili, sono solo alcune delle scelte e dei punti in comune tra questo nuovo Brasile e la Russia di Vladimir Putin.

Maduro in Venezuela non è in una situazione sostenibile

Il socialismo venezuelano di Maduro, d’altra parte, chiaramente non ha il vento nelle sue vele in Sud America. Sembrerebbe persino che il senso della storia sia sbagliato, dal momento che il continente passa al campo opposto. Tornando forse a una definizione più tradizionale di Bolivarismo, il presidente boliviano Evo Morales si era recato al giuramento del nuovo presidente del Brasile, con calore lodando il suo “fratello” Jair Bolsonaro.

Il massiccio flusso di rifugiati economici dal Venezuela al Brasile ora aggiunge un importante problema di sicurezza, umano ed economico alla reciproca ostilità ideologica tra i due paesi. Anche la Colombia e il Perù sono direttamente o indirettamente colpiti dalla situazione umanitaria venezuelana. I tre paesi erano ansiosi di riconoscere le affermazioni di Guaido, in nome di un “tutto tranne Maduro” finalmente comprensibile.

Mentre scuote alcuni uffici editoriali, anche a Mosca, l’idea di un intervento militare brasiliano in Venezuela (forse con il sostegno della Colombia) sembra ancora irrealistica. Si scontra anche con le abitudini dell’esercito brasiliano, molto più esperto nell’esercizio del soft power che nei conflitti diretti. Per Bolsonaro, il “fronte” è comunque all’interno del Brasile stesso. Non poteva permettersi di schierare forze armate all’estero, e quindi di rompere le sue promesse elettorali di rapido ripristino dell’ordine, sicurezza e progresso economico sul territorio nazionale – almeno non durante questa prima legislatura.

Jair Bolsonaro ha effettivamente indebolito Maduro eliminando sine die molti programmi di scambio economico precedentemente organizzati (in perdita) tra Brasile, Venezuela e Cuba da Lula e Dilma Rousseff. L’apertura dei conti della Banca nazionale di sviluppo (BNDES) di Rio de Janeiro ha anche rivelato il finanziamento di massicce transazioni fraudolente tra il produttore brasiliano Odebrecht e il governo di Caracas (circa 12 miliardi di reals – 3 miliardi di euro), gettando il Venezuela in ulteriore imbarazzo.

Un’opportunità storica per la Russia in Sud America

La tentazione è grande (e in qualche misura legittima) per i russi di opporsi direttamente agli Stati Uniti sul dossier venezuelano. La legittimità e il sostegno popolare del presidente Maduro, tuttavia, sono particolarmente bassi; è impossibile prevedere anche quando l’esercito di questo paese, più patriottico che chavista possa continuare realmente a sostenere il regime. In queste circostanze, il sostegno incondizionato al governo venezuelano corrente è senza dubbio una scommessa rischiosa.

La Russia, tuttavia, ha un’opportunità storica per mantenere il suo attuale rapporto strategico con il Venezuela e per costruire forti legami con il Brasile. Basterebbe che sorgesse come garante obiettivo e ragionato delle discussioni che si terranno tra le varie parti coinvolte: governo, opposizione, militari, nazioni vicine. Tutti questi attori non mancheranno di notare rapidamente la accortezza della diplomazia russa, che contrasta nettamente con il solito compiacimento degli Stati Uniti. Un colpo da maestro sarebbe quello di riunire i militari venezuelani boliviani e brasiliani, la cui visione dell’indipendenza sudamericana è finalmente abbastanza vicina – e nessuno dei quali è un vera e propria emanazione dello stato profondo degli Stati Uniti.

Oltre a ciò, la Russia starebbe gettando le fondamenta per un lavoro certosino e approfondito volto a sedurre e persuadere un nuovo alleato potenziale che i suoi interessi geostrategici a lungo termine coincidano molto più di quanto s immagini con i propri.

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