Da circa quarant’anni l’Afghanistan contemporaneo sta confermando la fama di un groviglio talmente complesso da impedire a qualsiasi potenza, per quanto poderosa, di uscire indenne dalle proprie scorribande. Gli Stati Uniti non fanno eccezione; hanno addirittura raggiunto una tale grossolanità nella loro azione da trasformare in farsa una evidente sconfitta politica. Hanno comunque ancora parecchie carte da giocare o da rispolverare. Ha evidenziato in contrasto la sagacia e la maturità politica del movimento talebano il quale sembra aver imparato parecchio da questi venti anni di occupazione. Dalla sua la possibilità di giocare con numerosi interlocutori geopolitici, praticamente ininfluenti appena vent’anni fa. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
Gli Stati Uniti sono stati in guerra per quasi l’intero 21° secolo, ed è appena il 2021. Al contrario, gli Stati Uniti sono stati in guerra solo per il 17% dell’intero 20° secolo, durante il quale hanno vinto le guerre mondiali, subito sconfitte che hanno portato a trasformazioni esistenziali del Paese e quindi dell’ordine internazionale. Ma proprio come ha perso la Corea e il Vietnam – guerre che non erano una minaccia esistenziale – così ha perso anche in Iraq e Afghanistan.
Ciò potrebbe suggerire che gli Stati Uniti si impegnano in troppi conflitti che sono subcritici e sono negligenti nel modo in cui li combattono, mentre combattono guerre critiche con grande precisione. Ma per capire perché, dobbiamo iniziare a capire la realtà geopolitica degli Stati Uniti. La geopolitica definisce gli imperativi e i vincoli di una nazione. La strategia modella quella realtà in azione. E la sconfitta degli Stati Uniti in Afghanistan dopo 20 anni impone una rivalutazione della strategia nazionale americana, non solo di come combattiamo le guerre, ma anche di come determiniamo quali guerre dovrebbero essere combattute.
Il problema delle grandi guerre, però, è che sono rare, o dovrebbero esserlo. Il sistema internazionale in genere non si sviluppa abbastanza rapidamente da permettere alle grandi potenze di sfidarsi a lungo. Eppure, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Corea sono passati solo cinque anni. Il Vietnam è arrivato 12 anni dopo, poi Desert Storm e Kosovo negli anni ’90, e ovviamente Iraq e Afghanistan nei primi anni 2000. La frequenza delle guerre solleva la questione critica se siano state imposte agli Stati Uniti o selezionate da loro, e se la storia si stia muovendo così rapidamente ora che anche il ritmo della guerra ha accelerato. Se quest’ultima dinamica non è reale, allora c’è una forte possibilità che gli Stati Uniti stiano seguendo una strategia difettosa che indebolisce profondamente il suo potere, limitando la sua capacità di controllare gli eventi mondiali.
La misura chiave della strategia è la sua relativa semplicità. La geopolitica è complessa. Le tattiche sono dettagliate. La strategia dovrebbe, in teoria, essere semplice nella misura in cui rappresenta la spinta principale degli imperativi di una nazione. Per gli Stati Uniti, quella strategia potrebbe consistere nel controllare le strettoie oceaniche evitando piani dettagliati per altre aree del mondo. Una strategia di successo deve rappresentare il nucleo essenziale dell’intento di una nazione. L’eccessiva complessità rappresenta incertezza o, peggio, un compendio di imperativi strategici che superano la capacità di una nazione di eseguire o comprendere. Una nazione con un eccesso di obiettivi strategici non ha fatto le scelte difficili su cosa conta e cosa no. La complessità rappresenta una riluttanza a prendere quelle decisioni. L’inganno è una questione tattica. L’autoinganno è un fallimento strategico. Solo così si può fare tanto; comprendere le priorità senza ambiguità e resistere all’espansione strisciante della strategia è l’arte indispensabile dello stratega.
La realtà geopolitica degli Stati Uniti
1. Gli Stati Uniti sono virtualmente immuni agli attacchi terrestri. È affiancato da Canada e Messico, nessuno dei quali è in grado di costituire una minaccia. Ciò significa che le forze armate statunitensi sono principalmente progettate per proiettare il potere piuttosto che difendere la patria.
2. Gli Stati Uniti controllano gli oceani del Nord Atlantico e del Pacifico. Un’invasione dall’emisfero orientale dovrebbe sconfiggere le forze aeree e navali statunitensi in uno di questi oceani in modo tale da impedire l’interdizione di rinforzi e rifornimenti.
3. Qualsiasi minaccia esistenziale per gli Stati Uniti proverrà sempre dall’Eurasia. Gli Stati Uniti devono lavorare per limitare lo sviluppo di forze, soprattutto navali, che potrebbero minacciare il controllo statunitense degli oceani. In altre parole, la chiave è deviare l’energia militare eurasiatica dal mare.
4. Le armi nucleari sono una forza stabilizzatrice. È improbabile che la Guerra Fredda sarebbe finita così senza che due potenze nucleari gestissero il conflitto. Le armi nucleari hanno essenzialmente impedito la terza guerra mondiale. Il mantenimento di una forza nucleare stabilizza il sistema e impedire l’emergere di nuove potenze nucleari è auspicabile ma non del tutto essenziale.
5. La posizione degli Stati Uniti in Nord America ne ha fatto la più grande economia del mondo, il più grande importatore di beni e la più grande fonte di investimenti internazionali. Gli Stati Uniti sono anche un generatore di cultura internazionale. Definisce anche la cultura IT in tutto il mondo. Questo può essere un sostituto del potere militare, in particolare prima di situazioni di prebelliche.
6. L’interesse primario degli Stati Uniti è mantenere un sistema internazionale stabile che non metta in discussione i confini statunitensi. Ha poco interesse nell’assunzione di rischi. Il rischio maggiore viene dai tentativi di mantenere il controllo dei mari poiché solo le grandi potenze possono minacciare l’egemonia marittima statunitense.
7. La grande debolezza degli Stati Uniti dalla seconda guerra mondiale consiste nel fatto che viene trascinata in conflitti che non sono nell’interesse geopolitico degli Stati Uniti e che diffondono il potere degli Stati Uniti per un lungo periodo di tempo. Ciò viene fatto principalmente, ma non esclusivamente, dal terrorismo strategico attuato da nazioni o attori non nazionali.
8. Gli Stati Uniti sono un progetto morale e, come tutti i progetti morali, pensano che il proprio modello sia superiore agli altri. L’intervento morale è raramente nell’interesse geopolitico degli Stati Uniti e non finisce quasi mai bene. Per gli Stati Uniti, la tentazione di impegnarsi in queste guerre dovrebbe essere evitata per concentrarsi sugli interessi diretti e perché questi interventi spesso fanno più male che bene. Se l’intervento è ritenuto necessario, dovrebbe essere spietatamente temporaneo.
Attuazione della strategia
1. Nord America: mantenere il dominio e l’armonia degli Stati Uniti in Nord America è fondamentale per tutta la strategia degli Stati Uniti. Messico e Canada non possono minacciare militarmente gli Stati Uniti, ed entrambi sono legati agli Stati Uniti economicamente. Tuttavia, qualsiasi potenza ostile agli Stati Uniti accoglierebbe con favore l’opportunità di coinvolgere entrambi i paesi in una relazione con essi. È imperativo che gli Stati Uniti seguano una strategia che renda sempre una relazione con gli Stati Uniti molto più attraente di un’alleanza di terze parti.
2. Atlantico e Pacifico: il controllo degli oceani è principalmente un problema tecnico. Mentre un tempo veniva raggiunto dalle corazzate e poi dalle portaerei, ora è una questione di missili a lungo raggio e altre armi. La chiave è conoscere la posizione del nemico in un ambiente in cui gli aerei non possono sopravvivere facilmente su una flotta. Poiché la chiave per il comando del mare è ora la ricognizione per il targeting delle informazioni, i sistemi spaziali seguiti da veicoli aerei senza equipaggio sono la variabile critica nel controllo del mare. La US Navy e la US Space Force (man mano che maturano) saranno i servizi più importanti che controlleranno i mari d’ora in poi.
3. Eurasia: gli Stati Uniti affrontano l’Eurasia su due fronti: attraverso l’Atlantico si affacciano sull’Europa e attraverso il Pacifico si affacciano sull’Asia orientale. Dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa era l’obiettivo principale di Washington. La minaccia dell’epoca era l’Unione Sovietica. L’idea era che una penisola europea conquistata dall’Unione Sovietica avrebbe fornito la tecnologia e il personale per costruire una flotta che potesse sfidare gli Stati Uniti. La soluzione era creare la NATO. La NATO e il concetto di distruzione reciprocamente assicurata bloccarono l’espansione sovietica verso ovest e, nel caso scoppiasse la guerra, avrebbero dissuaso la marina sovietica dal tentativo di controllare le rotte marittime a tentare di interdire i convogli statunitensi che rafforzavano la NATO. La minaccia ora è il tentativo della Cina di assicurarsi l’accesso al mare. Gli Stati Uniti hanno creato un’alleanza informale che si estende dal Giappone all’Oceano Indiano per contenere la Cina. Ha anche usato il potere economico per fare pressione sulla Cina. La chiave in entrambe le strategie era una risposta tempestiva e l’uso della potenza militare per aumentare il rischio di guerra da parte sovietica o cinese e poi aspettare di vedere le loro mosse.
4. Armi nucleari: la soggezione e il senso di sventura generati dalle armi nucleari sono diminuiti dalla fine della Guerra Fredda, ma le armi nucleari sono ancora l’arma americana per antonomasia. La strategia degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale consiste nel costruire confini contro nemici significativi per vedere come reagiscono, ad esempio spingendo i confini o invitando a uno scontro stabile. In questo caso, le armi nucleari sono il muro. Non sono uno strumento offensivo per un Paese che dovrebbe evitare operazioni offensive. Sono stabilizzatori per un Paese che ha bisogno di perseguire lo status quo.
5. Economia: nella maggior parte dei paesi, l’economia limita sia la prontezza che il potere deterrente di un esercito. Negli Stati Uniti, l’economia in realtà fornisce entrambi. In termini di potere d’acquisto, crea una base interna stabile in grado di generare tecnologia militare e una forza significativa. In termini di gestione delle relazioni globali, l’economia prevede incentivi e sanzioni non militari. Essendo il più grande importatore al mondo, la capacità degli Stati Uniti di limitare gli acquisti può rimodellare la politica. Usata con prudenza, la disponibilità ad acquistare beni da un Paese può creare relazioni che prevengono la necessità di un’azione militare. Washington ha bisogno di sviluppare un programma economico strategico che riduca il rischio di combattimenti e aumenti i potenziali alleati che potrebbero essere preparati a sostenere l’onere dei conflitti condivisi.
6. Raggiungere l’interesse primario: l’interesse primario degli Stati Uniti è proteggere la patria dall’invasione straniera. Lo scopo di tale sicurezza è mantenere un sistema economico in grado di fornire ricchezza al pubblico americano e mantenere il regime. In parole povere, alcune cose minacceranno la sicurezza e altre no. Per quelle cose che minacciano la nazione, ci deve essere un attento calcolo se la minaccia e il costo della mitigazione della minaccia sono allineati. Il grande pericolo degli Stati Uniti è stato quello di riconoscere le minacce senza riconoscere né il costo né la probabilità di contenerle con successo. Ciò ha portato a una serie di guerre che gli Stati Uniti non hanno vinto e che hanno distolto l’attenzione dagli interessi fondamentali mentre a volte destabilizzavano la nazione.
7. Terrorismo: i gruppi terroristici sono piccoli e diffusi e quindi non possono essere contrastati con l’azione militare tradizionale. Di volta in volta, i militari lottano per determinare dove si trovano questi gruppi e contenerli, anche se si trovano in un paese noto per ospitarli (l’Afghanistan, per esempio). Le organizzazioni di intelligence e le forze speciali sono essenziali in questo senso. La strategia nazionale non può essere deviata dagli interessi geopoliticamente definiti perché così facendo disperde il potere degli Stati Uniti contro un gruppo che non rappresenta una minaccia esistenziale contro gli Stati Uniti.
Ci sono, ovviamente, questioni di politica estera che devono essere gestite ma che non costituiscono una parte significativa della strategia nazionale. Il dilemma è che coloro che lavorano su tali questioni le considerano estremamente importanti, come dovrebbero. Ma questo si trasforma in una questione burocratica o politica. I funzionari del Dipartimento di Stato Minore cercheranno l’importanza e i presidenti cercheranno i voti. La strategia nazionale può essere chiara, ma la sua amministrazione è complessa. Alla fine spetta al presidente stabilire i confini sempre mutevoli e preservare il carattere essenziale della strategia nazionale. Altrimenti, questioni minori possono diventare grandi guerre e distruggere una presidenza.
Guerre non strategiche: Vietnam e Afghanistan
La decisione di entrare in guerra in Afghanistan era radicata in un fraintendimento della geopolitica e della strategia americana, non diversamente da quanto accaduto in Vietnam decenni prima. Gli Stati Uniti hanno combattuto la seconda guerra mondiale per impedire il consolidamento dell’Europa sotto un’unica potenza. Ciò si basava su un imperativo americano prevalente: impedire una sfida al dominio americano dell’Atlantico. La seconda guerra mondiale dissolse la Germania, ma l’Unione Sovietica emerse come la nuova minaccia in grado di dominare l’Europa. Un’alleanza americana, la NATO e il pericolo di una guerra termonucleare hanno bloccato l’espansione sovietica. L’Europa è stata effettivamente bloccata.
Gli Stati Uniti l’hanno interpretata come una lotta contro il comunismo. In parte, questo era corretto, dal momento che i sovietici volevano indebolire gli Stati Uniti. Con le armi nucleari che rendevano impossibile lo scontro diretto, l’unica strategia aperta ai sovietici era tentare di aumentare la presenza dei regimi comunisti al di fuori dell’Europa, nella speranza che gli Stati Uniti riducessero la loro presenza in Europa per affrontarli. Gli Stati Uniti erano sensibili alla diffusione dei regimi comunisti ma generalmente rispondevano solo con pressioni politiche ed economiche e operazioni segrete. Un’eccezione è stata la crisi missilistica cubana, che è stata una minaccia fondamentale alla sicurezza del Nord America e che gli Stati Uniti hanno contrastato minacciando una guerra, portando alla capitolazione sovietica. Dopo la Corea, non ci furono più guerre anticomuniste su vasta scala fino al Vietnam. Gli Stati Uniti considerarono l’ascesa di un’insurrezione comunista in Vietnam più minacciosa di quando lo stesso accadde in Congo o in Siria.
Il Vietnam non rappresentava una minaccia strategica per gli Stati Uniti. Anche unificato non poteva minacciare il controllo statunitense del Pacifico, e la caduta del Vietnam rappresenterebbe solo un’estensione del Vietnam del Nord. Ma gli Stati Uniti hanno visto due ragioni per intervenire lì. Uno era la teoria del domino, in cui la caduta del Vietnam avrebbe portato alla diffusione del comunismo in tutto il sud-est asiatico. La seconda ragione era la credibilità. Il sistema di alleanze degli Stati Uniti, in particolare la NATO, dipendeva dalla convinzione che gli Stati Uniti avrebbero adempiuto agli obblighi di resistere all’espansione comunista. Gli Stati Uniti erano particolarmente preoccupati per l’Europa, dove il presidente francese Charles de Gaulle sollevava dubbi sull’affidabilità americana e sosteneva un deterrente nucleare indipendente. Qualsiasi cambiamento nell’alleanza sarebbe parziale ma indebolirebbe il muro che contiene i sovietici.
Le parole “domino” e “credibilità” hanno orientato la causa dell’intervento in Vietnam. Non è stata menzionata la possibilità che una sconfitta possa accelerare questi processi. Alla fine, il fatto che si trattasse di un’espansione comunista ha prevalso su qualsiasi considerazione che si trattasse di una guerra non strategica. Un altro fatto è stato ignorato. Durante la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti stavano rispondendo all’aggressione piuttosto che iniziare la guerra. Ciò ha fatto una differenza fondamentale nel dinamismo politico interno. In Vietnam, gli Stati Uniti dovevano avere successo in una guerra non strategica, una guerra che non sembrava essenziale e non era essenziale.
La necessità di mantenere un consenso politico per la guerra del Vietnam non era un lusso. È stato cruciale. Ma i leader americani credevano che le forze statunitensi avrebbero potuto schiacciare rapidamente i Viet Cong e l’esercito nordvietnamita. Il problema era che l’esercito americano era stato creato per una guerra europea, una guerra strategica. È stato addestrato a combattere contro una spinta corazzata sovietica usando aerei, corazze e la complessa logistica necessaria per supportare tale operazione. L’esercito non è stato formato per combattere una guerra contro la fanteria leggera e mobile in un terreno che va dalle colline alle giungle. Washington presumeva che gli attacchi aerei su Haiphong avrebbero costretto alla capitolazione e non comprendeva né l’impegno quasi religioso delle truppe vietnamite né la spietatezza del regime nordvietnamita. Gli Stati Uniti si sono avvicinati il più possibile alla vittoria dopo la fallita offensiva del Tet, ma i fallimenti del comando, problemi logistici e vincoli operativi, insieme al rapido rafforzamento da parte del Nord, lo rendevano impossibile. E questo è stato integrato da un fraintendimento dell’evento da parte della stampa americana che è stato determinante nel portare il pubblico americano contro la guerra.
Il problema con la guerra del Vietnam era che non era strategicamente necessario. L’opinione pubblica degli Stati Uniti sancirebbe una vittoria a buon mercato, ma non una guerra senza fine. Sapeva che né la teoria del domino né la credibilità dell’America dipendevano da questo. I comandanti in guerra avevano combattuto nella seconda guerra mondiale, dove entrambi i fronti erano strategicamente essenziali. Loro e le loro truppe non erano abituati ad accettare una guerra che sarebbe durata sette anni prima della capitolazione americana.
Un processo simile è avvenuto in Afghanistan. Come nazione, l’Afghanistan non era strategico per gli Stati Uniti. Al-Qaeda aveva pianificato l’attacco dell’11 settembre da lì, e l’uso iniziale della CIA, di alcune forze speciali statunitensi e delle tribù anti-talebane per sconfiggere il gruppo aveva senso. Ma al-Qaeda fuggì in Pakistan, e dovette essere presa la decisione di ritirarsi o tentare di prendere il controllo dell’Afghanistan. La risposta ovvia era andarsene, ma quella scelta era restare e cominciare lanciando attacchi aerei su varie città afgane. I talebani controllavano quelle città e l’attacco aereo aveva lo scopo di distruggerle. Lasciarono le città e c’era speranza che la guerra fosse vinta. Ma i talebani si erano semplicemente ritirati e dispersi, e nel tempo si sono raggruppati nelle aree da cui provenivano e che conoscevano meglio.
La missione si è evoluta nel tentativo di distruggere una forza profondamente radicata nella società e nella geografia afghane. I talebani potevano essere contenuti nelle loro aree, con un costo di vittime, ma era impossibile farli cadere. Se i Viet Cong hanno combattuto con un impegno quasi religioso, i talebani hanno combattuto con un impegno religioso genuino. Gli Stati Uniti hanno cercato di creare un esercito nazionale afghano filoamericano come avevano creato l’esercito della Repubblica del Vietnam. L’idea di creare un esercito nel bel mezzo di una guerra ha molti difetti, ma il più grande è che le prime reclute che avrebbero ricevuto sarebbero state inviate dai comunisti o dai talebani. Il risultato fu un esercito che aveva il nemico in posizioni strategiche. Il nemico avrebbe anticipato qualsiasi offensiva che il nuovo esercito avrebbe potuto organizzare.
Viene creata una forza militare per soddisfare gli imperativi strategici. Quando viene combattuta una guerra non strategica, le probabilità sono schiaccianti che la forza, e in particolare la struttura di comando, non sia pronta. Il Vietnam ha impiegato sette anni. L’Afghanistan ha impiegato 20 anni. Nessuna delle due guerre è finita per mancanza di pazienza da parte degli americani. Sono finite perché il nemico era maturato; in Vietnam e Afghanistan, mentre le truppe statunitensi entravano e uscivano a rotazione, il nemico era in casa. E finirono perché ciò che era stato vero per anni era diventato manifesto: gli Stati Uniti non potevano vincere e nessun grande danno ai segreti americani sarebbe derivato dalla fine della guerra.
Nessuna guerra rientrava nella strategia imposta agli Stati Uniti dalla realtà geopolitica. Nessun esercito è stato progettato per combattere una guerra contro una fanteria leggera impegnata, esperta e agile. Combattere una guerra non strategica indebolisce inevitabilmente i militari schierati. E in entrambe le guerre, il nemico potrebbe essere stato sottovalutato, ma una forza americana mal preparata è stata notevolmente sopravvalutata. Ciò che ne seguì non fu il fallimento delle truppe a terra. È stato un fallimento dell’addestramento, del comando e, soprattutto, del fatto che le truppe statunitensi volessero tornare a casa. I talebani erano a casa.
La geopolitica definisce la strategia. La strategia definisce la forza. Il prezzo di impegnarsi in una guerra non strategica è alto e la tentazione di combattere guerre non strategiche è grande. Si aprono con vero allarme e scendono lentamente verso il fallimento. Altrettanto importante, distraggono dalle priorità strategiche della nazione. La guerra del Vietnam ha notevolmente indebolito le capacità statunitensi in Europa, una debolezza di cui i sovietici non hanno approfittato. L’Afghanistan non ha indebolito la forza, ma ancora una volta ha scosso la sua fiducia e la fiducia del pubblico statunitense. Tuttavia, non ha diminuito il potere americano.
Le due guerre sono durate quanto sono durate perché i presidenti coinvolti (è sempre il presidente) hanno trovato più facile continuarle che finirle. Perdere una guerra è difficile. Decidere di aver perso una guerra ancora in corso e fermarla è più difficile. E questo è il prezzo da pagare per le guerre non strategiche.
Dal non strategico all’estremamente strategico: la Cina
La minaccia sovietica all’Europa e all’Atlantico fu gestita senza guerra. La natura strategica della minaccia ha imposto una chiara comprensione, forze appropriate e sostegno politico. A tempo debito la parte più debole, i sovietici, si incrinò sotto la pressione economica imposta dagli Stati Uniti. Questo è il risultato strategico ideale.
La minaccia in Europa è notevolmente diminuita. I russi stanno cercando di riconquistare i territori perduti, ma non sono in grado di minacciare l’Europa. La struttura dell’alleanza transatlantica creata dagli Stati Uniti non è più rilevante e non lo sarà per anni, se non mai. Le alleanze sono vitali per generare ulteriore potere militare ed economico. Forniscono vantaggi geografici e spostano la psicologia degli avversari. Ma con l’evolversi della condizione strategica, anche l’alleanza evolve. La realtà strategica del 1945 era una Russia potente e un’Europa debole. La situazione strategica oggi è una Russia indebolita e un’Europa prospera. La necessità della NATO, quindi, si sposta su qualcosa di meno centrale nella politica statunitense e meno definita da ciò che deve essere fatto, così come si sposta negli altri membri. Il pericolo di alleanze che sopravvivono alla loro utilità è una distorsione della strategia nazionale tale da poter indebolire gli Stati Uniti invece di rafforzarli. Lo scenario peggiore è che possano trascinare gli Stati Uniti in politiche e guerre che minano piuttosto che rafforzare la loro sicurezza nazionale.
Il ridimensionamento del teatro europeo lascia gli Stati Uniti liberi di fare i conti con l’Oceano Pacifico e la potenziale minaccia della Cina. La Cina ha urgente bisogno di costringere gli Stati Uniti a ritrarsi, lontano dalle sue coste e più in profondità nel Pacifico. Ciò è iniziato con la richiesta americana di parità di accesso al mercato cinese, il rifiuto della Cina e l’imposizione di dazi alla Cina da parte degli Stati Uniti. La questione economica non era critica, ma la Cina ha ragionevolmente tratto la conclusione che la visione degli Stati Uniti della Cina era cambiata e che la Cina doveva essere preparata per uno scenario peggiore.
Il caso peggiore sarebbe che gli Stati Uniti impongano un embargo ai porti della costa orientale della Cina e/o lungo le strettoie dell’isola a est della Cina. La Cina è una potenza mercantile dipendente dal commercio marittimo. La chiusura dei porti, così come dello Stretto di Malacca, paralizzerebbe la Cina. Gli Stati Uniti non l’hanno minacciato, ma la Cina deve agire nello scenario peggiore. Gli Stati Uniti hanno creato una struttura di alleanza informale che riguarda la Cina. Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Indonesia, Vietnam e Singapore sono tutti formalmente o informalmente allineati con gli Stati Uniti, o semplicemente ostili alla Cina. Inoltre, India, Australia e Regno Unito sono attivamente coinvolti in questa quasi-alleanza. La Cina deve presumere che a un certo punto gli Stati Uniti cercheranno di fare pressione se non sui porti, quindi con un blocco di questa linea di isole.
Gli Stati Uniti sono grosso modo nella posizione in cui si trovavano durante la Guerra Fredda. Ha un’alleanza che gli fornisce la geografia necessaria per affrontare un attacco cinese, per lanciare un attacco o semplicemente per mantenere la sua posizione. La Cina deve agire per cambiare questa realtà. Un’opzione sono le maggiori concessioni economiche agli Stati Uniti e ad altre di questo gruppo. Un’altra opzione è lanciare un attacco progettato per rompere la linea di blocco. Un altro è semplicemente mantenere questa posizione a meno che e fino a quando gli Stati Uniti non si muovano. O forse la Cina potrebbe fare ciò che hanno fatto i sovietici: creare una minaccia non strategica a cui gli Stati Uniti non possono resistere, dato il suo noto appetito per il non strategico.
Lanciare una guerra apre le porte alla sconfitta oltre che alla vittoria. La Cina non può essere certa di cosa accadrebbe, e non è chiaro quale sarebbe il conto di una sconfitta. L’economia cinese è sempre sotto pressione, con un vasto numero di persone relativamente povere. Le concessioni economiche non sono una possibilità. Rimanere in questa posizione consente agli Stati Uniti di fare la prima mossa e, dato quello che la Cina vede come avventurismo militare statunitense, Pechino non è sicura che gli Stati Uniti non sopravvaluteranno il potere della Cina. Pertanto, la scelta più probabile sarebbe un diversivo.
I cinesi hanno la capacità di imporre un cambio di regime in qualsiasi numero di paesi che agli Stati Uniti sembrerebbe una sfida diretta, come hanno fatto Vietnam e Afghanistan. La tendenza degli Stati Uniti ad accettare queste sfide non strategiche include anche l’Iraq e, in una certa misura, la Corea. La Cina potrebbe trarre la stessa conclusione dei sovietici, ovvero che gli Stati Uniti risponderanno a una minaccia anche se non strategica. La Cina non è impegnata in tali attività da molto tempo, ma la situazione attuale è più rischiosa di prima. La creazione di un diversivo potrebbe essere vista come l’opzione a basso rischio.
Questo è l’ultimo problema con il secolo americano: è reattivo e talvolta reagisce all’amico gettato sull’acqua dai suoi nemici nella speranza che gli Stati Uniti mordano. Il problema centrale è che la strategia degli Stati Uniti non è guidata dallo strategico e, di conseguenza, è stato difficile distinguere il non strategico dallo strategico. È necessaria una nuova strategia americana per fornire la disciplina per evitare un tentativo cinese di deviare gli Stati Uniti.
L’esito ideale della controversia tra Stati Uniti e Cina è una soluzione negoziata. Nessuno dei due può assorbire il costo della guerra, sebbene gli Stati Uniti abbiano un vantaggio geografico che può neutralizzare qualsiasi vantaggio bellico che la Cina potrebbe aver guadagnato. E questo è il punto della strategia. Primo, la guerra deve essere rara, non la norma. Evitare la guerra richiede un pensiero geopolitico, strategico e disciplinato. Gli Stati Uniti sono stati in prima linea in Europa per 45 anni e hanno posto fine al conflitto con l’Unione Sovietica in modo pacifico, ad eccezione della guerra del Vietnam, che non era materiale. Gli Stati Uniti e la Cina manovreranno sul Pacifico occidentale, ma se gli Stati Uniti si concentrano sulla strategia, probabilmente non finiranno in guerra. La preparazione alla guerra è essenziale. Buttare via quella preparazione su distrazioni non strategiche e sanguinose è l’abitudine che la classe dirigente americana deve superare.
Con l’evidenza di nuovi particolari che stanno emergendo nella dinamica della ”ripresa” di Kabul, cioè del loro paese, da parte dei talebani si può cominciare a mettere insieme alcune considerazioni.Continua a leggere
Questo articolo, del quale avevamo già annunciato la traduzione https://italiaeilmondo.com/2021/08/12/stati-uniti-nato-e-unione-europea-lillusione-di-un-addio-il-miraggio-dellautonomia_di-giuseppe-germinario/ rappresenta la perfetta fotografia delle contraddizioni e della confusione imperante nei centri decisori statunitensi. Della serie: “conosciamo i problemi dei nostri avversari; contiamo sul fatto che saranno dirimenti nel creare fratture insanabili; agiremo per questo; non abbiamo nulla da offrire a uno dei due contendenti perché ciò avvenga”. Può darsi che i due ci caschino; mi pare però che prevalga in entrambi, giustificatamente, la diffidenza riguardo l’affidabilità del presunto portatore di carte. A meno che la classe dirigente statunitense non abbia la certezza di un’ulteriore implosione della Russia. A quel punto non resterebbe che spartirsi il bottino con una Cina strettamente contenuta sul Pacifico e con una valvola di sfogo a nord-ovest. Non pare una ipotesi fondata e nemmeno auspicabile dagli stessi avversari visto l’arsenale disponibile e la dimensione del “che fare” dopo. Buona lettura, Giuseppe Germinario
Mentre Washington cerca una strategia efficace per gestire l’ascesa della Cina, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ragione a fare affidamento su uno dei vantaggi più evidenti degli Stati Uniti: la sua rete globale di alleanze. Ma anche se Biden costruisce una coalizione per domare Pechino, deve anche lavorare dall’altra parte dell’equazione indebolendo le partnership internazionali della Cina. Non può fermare l’ascesa della Cina, ma può limitarne l’influenza cercando di allontanare dalla Cina il suo principale collaboratore: la Russia.
La partnership sino-russa accresce significativamente la sfida che l’ascesa della Cina pone agli Stati Uniti. Il lavoro di squadra tra Pechino e Mosca amplifica l’ambizione e la portata della Cina in molte regioni del mondo, nella battaglia per il controllo delle istituzioni globali e nella competizione mondiale tra democrazia e alternative illiberali. Appoggiarsi al crescente potere della Cina consente alla Russia di superare il suo peso sulla scena globale e dà energia alla campagna di Mosca per sovvertire il governo democratico in Europa e negli Stati Uniti.
Il legame tra Cina e Russia sembra essere forte, ma ci sono crepe sotto la superficie. È una relazione asimmetrica, che associa una Cina ascendente, fiduciosa e egocentrica con una Russia stagnante e insicura. Questa asimmetria offre a Biden un’apertura: per mettere distanza tra i due paesi, la sua amministrazione dovrebbe sfruttare i dubbi della Russia sul suo status di partner minore della Cina. Aiutando la Russia a correggere le vulnerabilità che le sue relazioni con la Cina hanno messo in netto rilievo, in effetti, aiutando la Russia ad aiutare se stessa, Biden può incoraggiare Mosca ad allontanarsi da Pechino. Separare la Russia dalla Cina metterebbe fine alle ambizioni di entrambi i paesi,
UNA PARTNERSHIP INEGUAGLIATA
Cina e Russia possono essere in un matrimonio di convenienza, ma è molto efficace. La Cina generalmente va da sola sulla scena internazionale, preferendo rapporti transazionali e di libera concorrenza con altri paesi. Eppure fa un’eccezione per la Russia. Oggi Pechino e Mosca hanno stretto un rapporto che è “simile ad un’alleanza”, per usare il termine del presidente russo Vladimir Putin. Comprende l’approfondimento dei legami economici, compresi gli sforzi per ridurre il dominio del dollaro USA nell’economia globale; l’uso congiunto della tecnologia digitale per controllare e sorvegliare i cittadini cinesi e russi e seminare il dissenso all’interno delle democrazie mondiali; e la cooperazione in materia di difesa, come esercitazioni militari congiunte e il trasferimento di sistemi e tecnologie d’arma avanzati dalla Russia alla Cina.
L’inclinazione della Russia verso la Cina ha accompagnato il suo allontanamento dall’Occidente, che si è approfondito con l’estensione della frontiera orientale della NATO al confine occidentale della Russia. Il contatto di Mosca con Pechino si è intensificato dopo che l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia a seguito dell’annessione della Crimea del 2014 e dell’intervento militare nell’Ucraina orientale. Pechino ha ricambiato, appoggiandosi a Mosca per amplificare l’influenza della Cina nel mezzo della crescente rivalità economica e strategica con gli Stati Uniti. Da quando Xi Jinping è diventato presidente della Cina nel 2013, lui e Putin si sono incontrati o si sono parlati al telefono circa 40 volte.
La relazione sino-russa è fondata su una visione realistica del mondo, ed entrambi i paesi ne traggono benefici reciproci e individuali. Il lavoro di squadra diplomatico porta avanti il loro obiettivo unificante di resistere a ciò che vedono come l’invadente ambizione geopolitica e ideologica dell’Occidente. La partnership consente alla Russia di concentrare la sua attenzione strategica sulla sua frontiera occidentale e alla Cina di concentrarsi sul suo fianco marittimo. La Russia ottiene notevoli entrate dalla vendita di energia e armi alla Cina, e la Cina alimenta l’espansione della sua economia e aumenta la sua capacità militare con l’aiuto delle armi russe.
Il rapporto tra Cina e Russia ha cominciato a somigliare allo stretto accoppiamento cinese-sovietico degli anni ’50.
Ma i due paesi non sono partner naturali; storicamente, sono stati concorrenti, e le fonti della loro rivalità di lunga data non sono certo scomparse per sempre. Il Cremlino è estremamente sensibile alle realtà del potere e sa benissimo che una Russia fiacca di circa 150 milioni di persone non può competere con una Cina dinamica di quasi un miliardo e mezzo di persone. L’economia cinese è circa dieci volte più grande di quella russa e la Cina è in una lega completamente diversa quando si tratta di innovazione e tecnologia. La Belt and Road Initiative (BRI) della Cina ha fatto breccia nella tradizionale sfera di influenza della Russia in Asia centrale, e il Cremlino è giustamente preoccupato che la Cina abbia anche progetti sulla regione artica.
Che la Russia sia ancora attaccata alla Cina nonostante tali asimmetrie è un potente segno della disaffezione di Mosca dall’Occidente. Eppure lo squilibrio crescerà solo nel tempo e diventerà una fonte di disagio sempre più grande per il Cremlino. Washington ha bisogno di capitalizzare su quel disagio e convincere la Russia che sarebbe meglio geopoliticamente ed economicamente se si proteggesse dalla Cina e si inclinasse verso l’Occidente.
Una mossa del genere non sarà facile da realizzare. Putin ha rafforzato a lungo la sua presa in casa giocando al nazionalismo russo e tenendo testa all’Occidente. Lui e i suoi apparatchik potrebbero dimostrarsi troppo risoluti nei loro modi e non disposti a sostenere una politica estera che non si basi su tale atteggiamento. Di conseguenza, l’amministrazione Biden deve avvicinarsi a Mosca con gli occhi ben aperti; mentre cerca di attirare la Russia verso ovest, non può acconsentire al comportamento aggressivo del Cremlino o permettere a Putin di sfruttare la mano tesa di Washington.
La sfida di Biden sarà più complicata di quella affrontata dal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon negli anni ’70, quando si avvicinò alla Cina e riuscì a turbare le relazioni sino-sovietiche e ad indebolire il blocco comunista. Al momento della visita di Nixon in Cina nel 1972, Pechino e Mosca si erano già separate. Nixon ha avuto vita facile; il suo compito era costruire, non iniziare, una frattura. Biden affronta l’ostacolo più alto di rompere una partnership intatta, motivo per cui la sua migliore scommessa è alimentare le tensioni latenti nella relazione cinese-russa.
LA STRANA COPPIA
La Cina e la Russia hanno a lungo gareggiato per il territorio e lo status. Il confine terrestre tra i due paesi attualmente corre per più di miglia 2,600 e le loro controversie sul territorio, l’influenza nelle regioni di confine e il commercio risalgono a secoli fa. Durante i secoli XVII e XVIII, la Cina ha avuto il sopravvento e generalmente ha prevalso. La situazione è cambiata nel diciannovesimo e ventesimo secolo, con la Russia e altre potenze europee che ricorrono a un mix di predazione militare e diplomazia coercitiva per strappare il controllo del territorio alla Cina e imporre condizioni di sfruttamento dello scambio.
L’avvento al potere del Partito Comunista Cinese (PCC) nel 1949 ha aperto la strada a un periodo storicamente senza precedenti di cooperazione strategica tra Cina e Unione Sovietica. Basandosi sul loro comune impegno per il comunismo, i due paesi conclusero un’alleanza formale nel 1950. Migliaia di scienziati e ingegneri sovietici si trasferirono in Cina, condividendo tecnologia industriale e militare e persino aiutando i cinesi a sviluppare un programma di armi nucleari. Durante la guerra di Corea, i sovietici fornirono alla Cina rifornimenti, consiglieri militari e copertura aerea. Il commercio bilaterale è cresciuto rapidamente, rappresentando il 50 percento del commercio estero della Cina entro la fine del decennio. Il leader cinese Mao Zedong ha affermato che i due Paesi avevano “un rapporto stretto e fraterno.
Sembra che il compagno di Xi non giochi bene in casa per Putin.
Ma l’alleanza si è presto erosa con la stessa rapidità con cui si era formata. Mao e Krusciov iniziarono a separarsi nel 1958. Il loro litigio derivava in parte da differenze ideologiche. Mao cercò di mobilitare i contadini, alimentando il fervore rivoluzionario e lo sconvolgimento sociale in patria e all’estero. Krusciov, al contrario, sostenne la moderazione ideologica, il socialismo industrializzato e la stabilità politica in patria e all’estero. I due paesi hanno iniziato a competere per la leadership del blocco comunista, con Mao che ha osservato che Krusciov “teme che i partiti comunisti . . . del mondo non crederà in loro, ma in noi».
Tali differenze sono state amplificate dal disagio della Cina per le asimmetrie di potere che hanno decisamente favorito l’Unione Sovietica. In un discorso del 1957, Mao accusò l’Unione Sovietica di “sciovinismo delle grandi potenze”. L’anno seguente, si lamentò con l’ambasciatore sovietico a Pechino che “pensi di essere in grado di controllarci”. Secondo Mao, i russi consideravano la Cina “una nazione arretrata”. Krusciov, da parte sua, incolpò Mao per la scissione. Dopo che le truppe cinesi e indiane si scambiarono il fuoco attraverso il confine conteso nel 1959, Krusciov commentò che Pechino “desiderava la guerra come un gallo da combattimento”. A una riunione dei capi di partito del blocco comunista, ha deriso Mao definendolo “un ultra-sinistra, un ultra-dogmatista”.
Questa rottura tra i due leader ha portato al disfacimento della collaborazione sino-sovietica. Nel 1960, i sovietici ritirarono i loro esperti militari dalla Cina e interruppero la cooperazione strategica. Nei due anni successivi, il commercio bilaterale è crollato di circa il 40%. Il confine è stato remilitarizzato e i combattimenti scoppiati nel 1969 hanno quasi innescato una guerra su vasta scala. All’inizio degli anni ’70, Nixon ha capitalizzato e ha esacerbato la spaccatura raggiungendo la Cina, un processo che è culminato nella normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina nel 1979. Solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica le relazioni tra Mosca e Pechino si riprenderebbe.
CERCANDO DI FARE BELLO
Dopo la fine della Guerra Fredda, Cina e Russia hanno cominciato a sistemare le cose. Nel corso degli anni ’90, i due paesi hanno risolto una serie di controversie sui confini rimanenti e nel 2001 hanno firmato il Trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole. Hanno gradualmente approfondito la cooperazione militare e i legami commerciali, con il primo oleodotto dalla Russia alla Cina completato nel 2010. Pechino e Mosca hanno anche iniziato ad allineare le loro posizioni presso le Nazioni Unite e hanno collaborato a iniziative volte a contrastare l’influenza occidentale, come la creazione dello Shanghai Organizzazione per la Cooperazione nel 2001 e il cosiddetto raggruppamento economico BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) nel 2009.
Questi passi incrementali verso la cooperazione bilaterale si sono approfonditi e accelerati sotto Xi e Putin, alimentati dalla rottura di Mosca con l’Occidente a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della crescente rivalitàtra Stati Uniti e Cina. Negli ultimi anni, il rapporto tra Cina e Russia ha iniziato a somigliare allo stretto accoppiamento cinese-sovietico degli anni ’50. Basandosi sulla cooperazione militare iniziata negli anni ’90, la Russia ha aiutato la Cina ad affrontare le sue principali priorità di difesa fornendo caccia a reazione, sistemi di difesa aerea all’avanguardia, missili antinave e sottomarini. Negli ultimi anni circa il 70% delle importazioni di armi cinesi è arrivato dalla Russia. La vendita di petrolio e gas alla Cina sostiene l’economia russa e riduce la dipendenza della Cina da rotte di approvvigionamento marittimo più vulnerabili. La Russia ora rivaleggia con l’Arabia Saudita come principale fornitore di petrolio della Cina e la Cina ha sostituito la Germania come principale partner commerciale della Russia. Sotto Xi e Putin, Cina e Russia hanno unito le forze per contrastare le norme liberali negli organismi internazionali e diffondere un marchio di governance basato sul governo autocratico e sul controllo statale delle piattaforme di informazione. In molte parti del mondo, le campagne di disinformazione e le operazioni di intelligence russe si stanno combinando con la leva coercitiva offerta dagli investimenti cinesi per sostenere i regimi illiberali.
Questa cooperazione su più dimensioni è impressionante e consequenziale. Ma poggia su una base fragile e manca di un fondamento di fiducia reciproca, come ha fatto il partenariato sino-sovietico all’inizio della Guerra Fredda. Negli anni ’50, gli stretti legami tra la Cina e l’Unione Sovietica erano altamente personalizzati, rendendoli vulnerabili ai capricci del rapporto tra Mao e Krusciov. Oggi, la cooperazione sino-russa dipende fortemente dalla relazione imprevedibile tra due individui, Xi e Putin. Durante il primo decennio della Guerra Fredda, Mosca ha cercato stabilità in patria e all’estero, mentre Pechino ha favorito la rivoluzione continua. Oggi Pechino punta sulla stabilità interna e internazionale per accelerare la sua ascesa, mentre Mosca mostra i muscoli oltre i suoi confini per favorire il disordine. Durante gli anni Cinquanta, Il dominio di Mosca sulla partnership ha alimentato il risentimento a Pechino. Oggi la Cina ha il sopravvento e le forti asimmetrie di potere assalgono la Russia.
Il divario di potere è particolarmente difficile da ingoiare per il Cremlino; sembra che il compagno di Xi non giochi bene in casa per Putin, il cui marchio politico si basa sul suo tentativo di riportare la Russia allo status di grande potenza. Ma la disparità tra i due paesi è lampante e crescente. Il commercio con la Cina rappresenta oltre il 15% di tutto il commercio estero della Russia, mentre il commercio con la Russia rappresenta circa l’1% del commercio estero della Cina. E questo squilibrio sta aumentando con l’avanzare del settore high-tech cinese. Nell’Estremo Oriente della Russia, circa sei milioni di russi vivono oltre il confine da circa 110 milioni di cinesi nelle tre province della Manciuria, e la regione sta diventando sempre più dipendente da beni, servizi e manodopera cinesi. Dmitri Trenin, un importante analista russo,
La Russia ha aiutato e favorito la modernizzazione militare della Cina, forse a proprie spese.
È passato molto tempo da quando i due paesi hanno litigato apertamente per il territorio e l’influenza nelle regioni di confine. Ma il nazionalismo e l’etnocentrismo sono profondi in entrambe le culture politiche e potrebbero riaccendere dispute territoriali di vecchia data. Il South China Morning Post ha recentemente pubblicato un commento sostenendo che “il corteggiamento di Mosca da parte di Xi non ha senso perché ignora l’animosità che ha definito le relazioni sino-russe dal . . . XVII secolo”. E il sentimento anti-cinese in Russia continua a prendere piede, alimentato, come altrove, dalle origini cinesi del COVID-19. Ma tali pregiudizi sono antecedenti alla pandemia, sostenuti in parte dagli stessi pregiudizi razziali di cui Mao si lamentò circa sei decenni fa.
La crescente dipendenza economica della Russia dalla Cina la rende sempre più esposta alla leva coercitiva di Pechino e approfondisce la dipendenza della Russia dall’esportazione di combustibili fossili, la cui vendita rappresenta oltre i due terzi delle entrate delle esportazioni russe e un terzo del bilancio federale. Questo difficilmente rappresenta una buona scommessa sul futuro mentre il mondo si rivolge a fonti di energia rinnovabili. La BRI cinese sta diffondendo investimenti e infrastrutture in tutta l’Eurasia, ma l’iniziativa aggira principalmente la Russia, fornendole pochi vantaggi. Negli ultimi anni sono stati aperti solo pochi nuovi valichi di frontiera e gli investimenti cinesi in Russia sono stati irrisori.
I russi prevedono di collegare la propria Unione economica eurasiatica alla BRI, ma i due sistemi competono più che complementari. Nel 2017, l’EAEU ha proposto alla Cina 40 progetti di trasporto e Pechino li ha rifiutati tutti. Il ministro degli Esteri russo non si è presentato a una riunione ad alto livello sulla BRI lo scorso anno, indicando, secondo Ankur Shah, un analista che si concentra sulle relazioni russo-cinese, che Mosca “non si sente più obbligata a inchinarsi davanti alla cintura di Pechino e Strada.” La Cina ha di fatto sostituito la Russia come potenza economica dominante in Asia centrale e l’interesse di Pechino a sfruttare lo sviluppo economico e nuove rotte marittime nell’estremo nord, quella che la Cina chiama “la via della seta artica”, pone una chiara sfida alla strategia della Russia nel regione. I piani della Cina per l’Artico sono apparentemente complementari a quelli russi,
Nel frattempo, il rapporto di difesa tra Cina e Russia ha perso parte del suo slancio precedente. L’esercito cinese ha beneficiato dei trasferimenti di armi e tecnologie russe e Mosca ha accolto con favore le entrate e la cooperazione militare risultanti. Tuttavia, i progressi nell’industria della difesa cinese, resi possibili in parte dal furto della tecnologia bellica russa da parte delle aziende cinesi, stanno rendendo la Cina meno dipendente dalle importazioni russe. Anche l’acquisizione da parte della Cina di missili a raggio intermedio (apparentemente destinati a contrastare la presenza avanzata degli Stati Uniti) rappresenta un’ipotetica minaccia per il territorio russo. E Mosca sta senza dubbio monitorando da vicino l’arsenale in espansione della Cina di missili intercontinentali e la costruzione di nuovi silos di lancio nella Cina occidentale. La Russia ha aiutato e favorito la modernizzazione militare della Cina, forse a proprie spese.
AIUTA LA RUSSIA AIUTA SE STESSA
Se la Russia deve essere attirata verso ovest, non risulterà dalle aperture o dall’altruismo di Washington, ma dalla fredda rivalutazione del Cremlino sul modo migliore per perseguire il proprio interesse personale a lungo termine. Un’offerta di Washington per ridurre le tensioni con l’Occidente non avrà successo da sola; dopotutto, Putin fa affidamento su tali tensioni per legittimare la sua ferrea presa politica. Invece, la sfida che deve affrontare Washington è quella di cambiare il più ampio calcolo strategico del Cremlino dimostrando che una maggiore cooperazione con l’Occidente può aiutare la Russia a correggere le crescenti vulnerabilità derivanti dalla sua stretta collaborazione con la Cina.
Il primo passo di Washington dovrebbe essere quello di abbandonare la definizione della strategia statunitense “democrazia contro autocrazia”. Gli Stati Uniti e i suoi partner ideologici, ovviamente, devono assicurarsi di poter offrire ai propri cittadini e superare le alternative illiberali. Ma definire la competizione in termini apertamente ideologici serve solo a spingere la Russia e la Cina più vicine. Invece, l’amministrazione Biden dovrebbe avere una discussione sincera con Mosca sulle aree in cui gli interessi nazionali a lungo termine degli Stati Uniti e quelli della Russia si sovrappongono, anche quando si tratta della Cina.A dire il vero, Russia e Stati Uniti rimangono in disaccordo su molti fronti. Ma piuttosto che accontentarsi di un continuo allontanamento, Washington dovrebbe cercare di trovare un terreno comune con Mosca su una vasta gamma di questioni, tra cui la stabilità strategica, la sicurezza informatica e il cambiamento climatico. Questo dialogo, anche in assenza di rapidi progressi, segnalerebbe a Mosca che ha opzioni diverse dall’allineamento con la Cina.
L’amministrazione Biden dovrebbe spingere i suoi alleati democratici ad avere conversazioni simili con la Russia; anche loro possono sondare aree di reciproco interesse ed evidenziare come la crescente forza della Cina vada a scapito dell’influenza e della sicurezza della Russia. Dati i legami di lunga data dell’India con la Russia e la sua visione scettica delle intenzioni cinesi, Nuova Delhi potrebbe essere particolarmente abile nel riportare a Mosca i meriti del mantenimento dell’autonomia strategica e i potenziali pericoli di avere un rapporto troppo stretto con Pechino. Per incoraggiare l’India ad aiutare ad allontanare la Russia dalla Cina, Washington dovrebbe rinunciare alle sanzioni attualmente pendenti contro l’India per il suo acquisto del sistema di difesa aerea S-400 della Russia.
Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero anche contribuire a ridurre la crescente dipendenza economica della Russia dalla Cina. Sebbene la Cina sia ora il principale partner commerciale della Russia, il commercio della Russia con l’UE è molto più ampio del suo commercio con la Cina, rappresentando quasi il 40% del commercio estero della Russia. La decisione di Biden di dare il via libera al controverso gasdotto Nord Stream 2, che porterà il gas russo in Germania, è stato un saggio investimento nell’incoraggiare legami commerciali più profondi tra la Russia e l’Europa. E sebbene le sanzioni occidentali contro la Russia fossero una risposta necessaria al comportamento aggressivo di Mosca, hanno avuto l’effetto di spingere ulteriormente la Russia nell’abbraccio economico della Cina. Di conseguenza,
Il primo passo di Washington dovrebbe essere quello di abbandonare la definizione della strategia statunitense “democrazia contro autocrazia”.
Gli Stati Uniti e i suoi partner dovrebbero anche indicare che sono pronti ad aiutare la Russia a combattere il cambiamento climatico e a far passare la sua economia dalla dipendenza dai combustibili fossili. A breve termine, tale compito comporta la condivisione delle migliori pratiche per la cattura del metano, l’assistenza allo sviluppo di alternative verdi alla produzione di petrolio e gas e l’adozione di altre misure per limitare le emissioni russe di gas serra. A lungo termine, gli Stati Uniti dovrebbero aiutare la Russia a passare a un’economia della conoscenza, un passo che Putin non ha mai fatto, a scapito del suo Paese. La Cina condivide raramente la tecnologia; è un ricevente, non un donatore. Gli Stati Uniti dovrebbero cogliere l’opportunità di condividere il know-how tecnologico con la Russia per facilitare la sua transizione verso un’economia più verde e diversificata.
Gli Stati Uniti dovrebbero basarsi sulla conversazione sulla stabilità strategica che Biden e Putin hanno lanciato nel loro incontro a Ginevra a giugno. La violazione da parte della Russia del Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio ha spinto gli Stati Uniti a ritirarsi da esso nel 2019. Gli Stati Uniti e la Russia devono ora trovare una soluzione alla loro incombente corsa missilistica e anche spingere la Cina ad accettare un accordo successivo che porrebbe dei limiti al vasto e diversificato arsenale cinese di missili a medio raggio. Anche se un patto tripartito si rivelasse irraggiungibile, tentare di negoziare potrebbe illuminare le fessure tra Mosca e Pechino, data la tradizionale riluttanza della Cina a stipulare accordi sul controllo degli armamenti.
L’Artico è un’altra area in cui Washington può aiutare Mosca a vedere gli svantaggi strategici di favorire le crescenti ambizioni di Pechino. Il cambiamento climatico sta aumentando drasticamente l’accessibilità dell’estremo nord, suscitando un nuovo interesse russo per l’importanza economica e strategica della regione e suscitando il disagio russo con la dichiarazione della Cina che è una “potenza vicino all’Artico”. Washington e Mosca difficilmente vedono d’accordo la regione, ma attraverso sia il Consiglio Artico che il dialogo bilaterale, dovrebbero sviluppare un insieme più solido di regole della strada che regolino l’attività economica e militare nell’Artico e che affrontino le loro reciproche preoccupazioni riguardo Disegni cinesi.
Infine, Washington dovrebbe incoraggiare Mosca a contribuire a controllare la crescente influenza della Cina nelle aree in via di sviluppo, compresa l’Asia centrale, il Medio Oriente in generale e l’Africa. Nella maggior parte delle regioni, la politica russa va regolarmente contro gli interessi statunitensi; Mosca vede ancora Washington come il suo principale concorrente. Tuttavia, mentre Pechino continua ad estendere la sua portata economica e strategica, Mosca capirà che è la Cina, non gli Stati Uniti, a indebolire regolarmente l’influenza russa in molte di queste aree. Washington dovrebbe sostenere questo caso, aiutando a portare gli interessi russi e statunitensi ad un maggiore allineamento e creando opportunità per coordinare la strategia regionale.
Dato l’antagonismo e la sfiducia che attualmente affliggono le relazioni tra Russia e Stati Uniti, Washington richiederà tempo e una diplomazia mirata per cambiare il calcolo strategico di Mosca. La Russia potrebbe benissimo seguire il suo corso attuale, forse fino a quando Putin non lascerà l’incarico. Ma alla luce del ritmo impressionante e della portata dell’ascesa geopolitica della Cina, ora è il momento di iniziare a seminare i semi di una spaccatura sino-russa, specialmente tra i quadri più giovani di funzionari e pensatori russi che prenderanno le redini dopo che Putin se ne sarà andato. .
Gli sforzi degli Stati Uniti per gestire l’ascesa della Cina con successo e pacificamente saranno significativamente avanzati se la Cina dovrà affrontare una pressione strategica oltre il suo fianco marittimo e non potrà più contare sul costante sostegno militare e diplomatico della Russia. Attualmente, la Cina è in grado di concentrarsi sull’espansione nel Pacifico occidentale e oltre, in parte perché ha mano relativamente libera lungo i suoi confini continentali e gode del sostegno di Mosca. Gli Stati Uniti farebbero bene a investire in una strategia a lungo termine per cambiare questa equazione, aiutando a rimettere in gioco le relazioni della Cina con la Russia. Farlo sarebbe un passo importante verso la costruzione di un ordine pluralistico multipolare e scongiurare i potenziali sforzi di Pechino per costruire un sistema internazionale sinocentrico.
Heilbrunn: Ilpresidente Vladimir Putin ha recentemente pubblicato un nuovo saggio sull’Ucraina in cui afferma che ucraini e russi sono la stessa gente. Ha anche indicato che ci sono linee rosse che né l’Ucraina né la NATO potrebbero attraversare. Alcuni dicono che Putin stia gettando le basi per un’azione più dura contro l’Ucraina. Ha comunicato qualcosa del genere all’amministrazione Biden?
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Antonov: L’articolo del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha avuto un’enorme risonanza a Washington. Per molti qui è stato un nuovo sguardo sulle relazioni tra russi e ucraini, un’opportunità per conoscere le radici del popolo. Sfortunatamente, ci sono malvagi che negano il bene, specialmente quando si tratta della Russia. Cercano di pervertire l’immagine, di presentare l’articolo come se fosse un ultimatum contro la nazione indipendente. Dobbiamo riconoscere che ci sono molti rappresentanti dell’amministrazione che condividono questo punto di vista. Ignorano la tesi principale del leader russo che una vera, reale e forte sovranità dell’Ucraina è possibile solo in partnership e buone relazioni con la Russia.
Dobbiamo combattere le bugie e le fake news praticamente ogni giorno. Prima che l’articolo fosse pubblicato, avevamo affrontato una campagna diffamatoria da parte di politici ed esperti in merito ai colloqui tra il presidente Putin e il presidente Biden a Ginevra. Come sapete, i capi dei nostri paesi hanno discusso in modo costruttivo del conflitto intraucraino. Hanno convenuto che gli accordi di Minsk fungono da unico quadro per la soluzione politica del conflitto in Donbass. Invece di lavorare sui modi per attuare gli accordi di Minsk, alcuni funzionari del Dipartimento di Stato incolpano la Russia di tutti i problemi in Ucraina e etichettano il mio paese come “aggressore”.
Abbiamo più volte avvertito l’amministrazione che tali affermazioni controproducenti non hanno nulla a che fare con la realtà. Le soluzioni possono essere trovate solo attraverso mezzi diplomatici senza propaganda. In questo momento gli Stati Uniti possono influenzare il governo dell’Ucraina incoraggiandolo a impegnarsi in un dialogo sostanziale con i rappresentanti di Donetsk e Lugansk, ritirare le armi pesanti dalla linea di contatto e intraprendere misure concrete e tangibili per quanto riguarda lo status autonomo dell’Ucraina sud-est.
Heilbrunn: Gli Stati Uniti e la Russia hanno concordato di avviare un nuovo dialogo sulle questioni informatiche. Quali sono i progressi in questo settore e vede qualche motivo di ottimismo dopo anni di aspri disaccordi?
Antonov: L’accordo per avviare un dialogo sulla sicurezza informatica è uno dei risultati chiave del vertice Russia-Usa di Ginevra. Esperti di entrambi i paesi hanno già iniziato a comunicare. I Consigli di sicurezza russo e statunitense forniscono un coordinamento generale.
Per ora ci sono state diverse tornate di consultazioni, ed è sicuramente un segnale importante e promettente. I colleghi americani, tuttavia, preferiscono concentrare le discussioni principalmente sulle attività di ransomware, mentre la sicurezza informatica è molto più ampia. Mi auguro che questo dialogo acquisisca un carattere globale nel prossimo futuro. Come opzione, possiamo discutere sulle minacce informatiche ai sistemi di controllo degli armamenti, ecc.
È ovvio che i nostri paesi soffrono ugualmente di criminali informatici. I casi di recenti attacchi contro il sistema sanitario della regione di Voronezh in Russia e l’azienda Kaseya qui negli Stati Uniti lo confermano.
Abbiamo costantemente cercato di stabilire una cooperazione professionale su questioni di sicurezza informatica a Washington. In particolare, dal 2015, abbiamo compiuto sei tentativi per avviare tale interazione. Inoltre, il 25 settembre 2020, il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha proposto un programma completo di misure per ripristinare la cooperazione Russia-USA nel campo della sicurezza internazionale dell’informazione (IIS). Sfortunatamente, finora non c’è stata alcuna reazione ufficiale dagli Stati Uniti.
A proposito, anche le richieste delle autorità competenti russe in merito agli attacchi informatici rimangono senza reazione da parte degli Stati Uniti. Erano quarantacinque nel 2020 e trentacinque nei primi sei mesi del 2021. Da parte nostra, abbiamo soddisfatto pienamente dieci richieste dagli Stati Uniti lo scorso anno e due ricorsi nella prima metà dell’anno in corso. Questo indica che abbiamo molto su cui lavorare.
Vorremmo ribadire che la Russia è pronta per una cooperazione onesta e reciprocamente vantaggiosa, senza politicizzazione e agende nascoste. Adottiamo un approccio responsabile ai problemi di sicurezza informatica. In questo contesto, siamo orgogliosi di annunciare che il nostro Paese è diventato il primo stato a sviluppare e presentare all’ONU un progetto di Convenzione sul contrasto all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini criminali. La presentazione ufficiale del documento è avvenuta il 27 luglio a Vienna.
Un’altra cosa da menzionare. Quasi ogni giorno ci occupiamo di materiale mediatico sugli attacchi degli hacker, che si presume vengano effettuati dal territorio russo. Le prove non sono mai fornite. Tali questioni dovrebbero essere sollevate non dai giornalisti, ma dai professionisti. I colleghi americani se lo richiedono possono contare su un’assistenza rapida e di alto livello da parte russa. Il nostro National Computer Incident Response and Coordination Center è pronto a collaborare strettamente.
Heilbrunn: Come valuta le prospettive del dialogo strategico Russia-USA?
Antonov: Negli ultimi dieci anni si sono accumulati una miriade di problemi nel controllo degli armamenti e nella stabilità strategica. Indipendentemente dalla congiuntura politica, sono necessari complessi negoziati bilaterali per risolverli.
Il problema del superamento della crisi in questo settore è stato uno dei temi chiave del primo incontro russo-statunitense del 28 luglio a Ginevra. I rappresentanti dei due paesi hanno scambiato le loro percezioni sulla direzione in cui è necessario muoversi per ridurre i rischi strategici. Nonostante le notevoli differenze negli approcci a molte questioni, entrambe le parti hanno dimostrato la loro volontà di impegnarsi in un dialogo regolare e costruttivo e di cercare un terreno comune. È sicuramente un segnale positivo. Tuttavia, siamo solo all’inizio di una lunga strada. Il difficile compito che ci attende è ripristinare la fiducia in questo ambito.
Vorrei sottolineare che la parte russa è aperta alla discussione di qualsiasi questione relativa al controllo degli armamenti. Non ci sono argomenti tabù per il nostro Paese. Siamo pronti a considerare le preoccupazioni degli Stati Uniti per quanto riguarda i nuovi sistemi strategici della Russia.
Tuttavia, tale conversazione non dovrebbe essere una strada a senso unico. È necessario che anche le controparti statunitensi prestino ascolto alle nostre affermazioni e tengano conto degli interessi di sicurezza nazionale della Russia. Il dialogo non può essere fruttuoso senza un equo scambio di opinioni.
Heilbrunn : Lei è tornato a Washington dopo il vertice di Ginevra di un mese fa e il suo omologo statunitense John Sullivan è tornato a Mosca. Ha qualcosa di positivo da riferire, in particolare sulla controversa questione del lavoro delle ambasciate nelle due capitali? Ci sono nuovi sviluppi sullo stato dei consolati degli Stati Uniti e della Russia che sono stati chiusi negli ultimi anni?
Antonov: Purtroppo la situazione non cambia in meglio. Le missioni diplomatiche russe negli Stati Uniti sono ancora costrette a lavorare sotto restrizioni senza precedenti che non solo rimangono in vigore, ma vengono intensificate. Al di là delle dichiarazioni dell’amministrazione Biden sull’importante ruolo della diplomazia e sulla volontà di sviluppare relazioni stabili e prevedibili con il nostro Paese, la presenza diplomatica russa subisce continui scioperi.
I colleghi statunitensi diventano persistenti e creativi in questo business. Le espulsioni dei diplomatici vengono attuate di tanto in tanto con pretesti inverosimili. Lo scorso dicembre il Dipartimento di Stato ha stabilito unilateralmente un limite di tre anni al periodo di assegnazione del personale russo negli Stati Uniti che, per quanto ne sappiamo, non viene applicato a nessun altro Paese. Inoltre, abbiamo ricevuto un elenco di ventiquattro diplomatici che dovrebbero lasciare il paese prima del 3 settembre 2021. Quasi tutti partiranno senza rimpiazzi perché Washington ha improvvisamente inasprito le procedure di rilascio dei visti.
Si è arrivati al punto in cui le autorità statunitensi annullano i visti validi di coniugi e figli del nostro personale senza fornire alcuna motivazione. I diffusi ritardi nel rinnovo dei visti scaduti mirano anche a spingere i lavoratori diplomatici russi fuori dal Paese. Di conseguenza, una sessantina dei miei colleghi (130 insieme ai membri della famiglia) non possono tornare in patria nemmeno in circostanze umanitarie urgenti.
Abbiamo mostrato moderazione per molto tempo, ma dopo un’altra ondata di sanzioni aggressive da parte degli Stati Uniti ad aprile siamo stati obbligati a prendere ulteriori misure per equiparare le condizioni di lavoro per le missioni statunitensi in Russia, compreso il divieto di assumere personale locale. È certo che nessuno beneficia di una situazione del genere. C’è bisogno di soluzioni basate sul principio di parità. Siamo convinti che il modo più semplice e veloce per farlo sia quello di abrogare completamente tutte le misure e contromisure che stanno vincolando l’attività dei diplomatici.
Washington non mostra la disponibilità a prendere una tale decisione mentre cerca di garantire vantaggi unilaterali per la parte americana. Lo stesso vale per le prospettive di ripresa dei lavori dei Consolati Generali della Russia a San Francisco e Seattle che sono stati chiusi per coercizione. Anche l’accesso temporaneo delle squadre di manutenzione ai locali confiscati della proprietà diplomatica russa è ancora negato, il che porta a un ulteriore deterioramento delle condizioni lì.
Ci auguriamo che prevalga il buon senso e che saremo in grado di normalizzare la vita dei diplomatici russi e americani negli Stati Uniti e in Russia sul principio della reciprocità. I nostri presidenti hanno concordato a Ginevra di continuare le consultazioni tra il Ministero degli affari esteri della Russia e il Dipartimento di Stato al fine di risolvere questo problema.
Heilbrunn : Una questione che ha destato preoccupazione negli ultimi anni è la questione dell’accesso ad alto livello per i diplomatici russi e americani a Washington e Mosca? Credi di avere un accesso adeguato ora? È migliorato? Ci sono gravi delusioni?
Antonov: Dopo essere tornato a Washington all’indomani del vertice di Ginevra, ho avuto l’opportunità di incontrare alcuni alti funzionari dell’amministrazione. Tuttavia, questi incontri sono stati per lo più incidenti isolati. Secondo la prassi diplomatica, sono state inviate decine di richieste per effettuare “visite di cortesia” dell’ambasciatore russo ai vertici delle principali autorità americane di nuova nomina. La stragrande maggioranza di loro è stata negata o ignorata.
A volte non riusciamo a organizzare conversazioni di alto livello, anche quando abbiamo bisogno di trasmettere determinati segnali per conto di Mosca.
La situazione con i contatti a Capitol Hill è ancora deprimente. Tutte le mie richieste di riunione indirizzate ai capi dei partiti, alle fazioni di entrambe le camere del Congresso, nonché alle commissioni per gli affari esteri, sono apparentemente andate nel vuoto. Rimangono semplicemente senza risposta. Allo stesso tempo, il Dipartimento di Stato alza le spalle e afferma di non poter fornire alcuna assistenza a causa della “separazione dei poteri”.
Heilbrunn : Nel 2017 c’è stato un vertice tra l’ex presidente Donald Trump e il presidente Putin a Helsinki. Mentre l’incontro stesso è stato molto controverso, c’erano anche grandi aspettative che le relazioni tra Washington e Mosca potessero migliorare. Meno controverso si è rivelato l’incontro tra Biden e Putin a Ginevra. Vedete un nuovo slancio o più affari come al solito?
Antonov: È troppo presto per esprimere giudizi al riguardo. A questo punto, possiamo valutare positivamente l’accordo tra i due presidenti per ripristinare un dialogo professionale e di sistema su temi chiave di reciproco interesse. Questi includono le questioni già menzionate: stabilità strategica, sicurezza informatica e funzionamento delle missioni diplomatiche.
Hai ragione sul fatto che, come abbiamo visto in precedenza, l’impulso positivo dei nostri leader è annegato nei corridoi della burocrazia statunitense ed è stato condannato all’inutilità. Speriamo che le relazioni Russia-USA non siano più una moneta simbolica nella rivalità politica interna degli Stati Uniti. Il loro miglioramento serve interessi di sicurezza cruciali della Russia, degli Stati Uniti e del mondo intero. Ci vorrà tempo e sforzi da entrambe le parti. E siamo pronti per tale lavoro.
Il vezzo molto americano di ottimizzare i vorticosi viaggi esteri del Presidente ha finito per mettere definitivamente in crisi quel che resta della NATO così com’é oggi.
Premuta dalla Russia che sembra avere in mano tutte le carte utili all’America ( in specie l’approvvigionamnto energetico della Cina e dell’Europa, l’alternativa – via transiberiana – alla via della seta che gli USA vogliono controllare e le relazioni militar-industriali col plateau turco-iranico che condiziona gli equilibri del mondo arabo), Joe Biden e consorte in Cornovaglia hanno ottenuto poco più che il sospirato thé con la regina e una dichiarazione d’amore appassionato del premier inglese, ma – con l’eccezione di Mario Draghi che ha definito l’altlantismo “ una colonna della nostra politica estera” ( senza spiegare come mai e perché Pacciardi che ne fu il proponente sia stato poi ostracizzato a vita )- ha ricevuto sorrisi e pacche sulle spalle ma nessun risultato concreto: una generica e quindi non vincolante adesione a un , per adesso ancora inesistente, progetto di alternativa alla via della seta cinese.
Macron, ha aperto le ostilità diplomatiche togliendo focus all’evento ancor prima di partire per Londra.
Ha avvertito con veemenza che non avrebbe preso in considerazione nessun cambiamento agli accordi dello scorso semestre sull’Irlanda e ponendo altrimenti dubbi sulla affidabilità inglese a mantenere gli impegni sottoscritti.
Questo contenzioso é andato ad aggiungersi alla guerra del baccalà sui diritti di pesca tra francesi e inglesi.
Non registravamo un contenzioso navale tra loro dai tempi della distruzione preventiva della flotta francese a Mers el kebir ( 1940).
Una volta sul posto il presidente francese ha annunziato che appena arriverà, al 1 luglio, alla presidenza di turno della UE, pretenderà a spese dell’inglese, l’uso del francese in tutti i documenti dell’Unione e per sottolineare la mancanza del sostegno americano ha annunciato “ il ritiro” – in realtà un dimezzamento scaglionato su tre anni – delle forze francesi da triangolo del Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger) della operazione “Barkhane” che nacque- col sostegno logistico americano- nel quadro della lotta al terrorismo voluta dagli USA e che dovrebbe in teoria trascinarsi con aiuti europei scarsi e tenui.
Per compiere l’opera demolitrice della immagine NATO, dopo l’ex premier tedesco Schroeder diventato lobbista della Gasprom russa, ieri l’annunzio che l’ex premier francese Francois Fillon seguirà analoga strada nell’ente petrolifero statale russo.
Se a questi si aggiungono gli ex premier di seconda fila Blair e Prodi che fanno da consulenti al Kazakistan e incassando ricche parcelle ai seminari annuali a San Pietroburgo con Putin, la frana sotto i piedi di Joe e della NATO é completa.
La Germania evidentemente non si é accontenta della levata del veto USA sul gasdotto “ nord stream” e si intravede la manina merkelliana che ha bisogno di una maggiore “autonomia strategica” europea per fronteggiare l’estrema destra tedesca alle imminenti elezioni.
Tutta la dirigenza tedesca , da Bismarck in poi, ha predicato l’allargamento a est e il surplus monstre di 500 miliardi di euro registrato l’altro anno dalla Germania é dovuto in buona sostanza ai rapporti commerciali con la Cina.
Che si aspettavano?
La NATO, premuta dall’esterno dalla Russia e dall’interno dalla Turchia potrebbe essere recuperabile alla sola condizione di cambiare politica e con essa il segretario generale Stoltenberg rivelatosi inadeguato come leader e inaffidabile per la Germania ( si é bruciato aiutando la CIA a spiare la Merkel che ha fatto accusare la Danimarca di inaffidabilità) va cambiato con urgenza.
L’annunzio della dipartita potrebbe già essere fatto domani alla riunione NATO presente un frastornato Biden che sta raccogliendo la gramigna seminata da Trump e deve farlo con attenzione: La FOX che ha preso le distanze dall’ex Presidente ha perso un tre mesi il 45% dell’audience e conseguenti introiti pubblicitari.
Iniziano domani in Belgio le manovre per sostituire il danese alla NATO.
Non può essere un tedesco. Non si può premiare il ribelle e imprevedibile francese, Il portoghese é già all’ONU, resta – di prima fila- solo una possibile candidatura italiana a patto che non sia improvvisata ( 5 stelle) o inaffidabile per varie ragioni ( PD, Fdi, Berlusconiano o altri personaggi folcloristici del nostro panorama).
Di affidabili per un incarico NATO tipo Manlio Brosio, Figliuolo docet, potrebbe esserci solo un militare con un minimo di preparazione politica e in età non veneranda: Camporini. Who else?
Dichiarazione di Donald J. Trump, 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America
In qualità di Presidente, ho avuto un incontro fantastico e molto produttivo a Helsinki, in Finlandia, con il presidente russo Putin. Nonostante la tardiva rappresentazione dell’incontro da parte delle Fake News, gli Stati Uniti hanno ottenuto molto, compreso il rispetto del presidente Putin e della Russia. Grazie alla farlocca Russia, Russia, Russiagate, inventata e pagata dai Democratici e dalla corrotta Hillary Clinton, gli Stati Uniti sono stati messi in posizione di svantaggio, uno svantaggio che è stato comunque recuperato da me. Per quanto riguarda di chi mi fido di più, mi hanno chiesto, se della Russia o della nostra “Intelligence” dell’epoca di Obama, con ciò intendendo se mi fido di più di gente come Comey, McCabe, i due amanti, Brennan, Clapper e numerosi altri cialtroni o della Russia, la risposta, dopo tutti i trascorsi scoperti e scritti, dovrebbe essere ovvia (Si fida piu della Russia e di Putin)… Raramente il nostro governo ha avuto dei farabutti come questi che lavorano per lui (Biden). Buona fortuna a Biden nel trattare con il presidente Putin: non addormentarti durante l’incontro e per favore porgigli i miei più cordiali saluti!
Il Washington Post ha annunziato un nuovo mega contratto russo con l’Iran che minaccia di migliorare la posizione strategica iraniana e quella dei suoi alleati.
Il sistema satellitare Canopus-V dotato di una attrezzatura fotografica e di rilevamento ben più efficace e rapida dei mezzi a disposizione dell’Iran oggi.
L’imminente entrata in azione di questo strumento permetterebbe – ad esempio- all’hezbollah o agli houtis- di non essere piu colti di sorpresa e di tenere sotto controllo le basi israeliane da cui potrebbero partire azioni offensive.
La diffusione di questa notizia negli USA, nel silenzio russo e iraniano, significa che al dipartimento di stato prevale la corrente di pensiero che rifiuta l’ipotesi di fare richieste aggiuntive agli iraniani al negoziato di Vienna sul “rientro USA nell’accordo nucleare” come suggerito da alcuni falchi che sottovalutano la determinazione iraniana a non cedere e il fair play russo che continua a fornire solo mezzi difensivi.
Se la Russia rompesse il tacito accordo con Washington e fornisse il sistema antiaereo S400 a Teheran, cambierebbe significativamente la situazione strategica con Israele e nell’area.
Ecco un dossier serio – come quello cinese- sul tavolo della bilaterale russo americana di mercoledi invece che le chiacchiere sulla Crimea, l’Ucraina e i diritti umani ad uso delle folle.
NORD STREAM 2/ Una lezione per la futura Forza Nuova su come sostenere l’Eni
Ripubblichiamo il commento di Paolo Annoni della rivista online Il Sussidiario che ci sembra cogliere alcuni punti decisivi degli ultimi sviluppi della questione Nord Stream 2 che questo blog ha seguito fin dalle origini e poi continuativamente qui, qui e qui sulla base della teoria del Conflitto Strategico promossa da Gianfranco La Grassa.
Il primo punto da considerare è il riconoscimento della necessità del gas russo a basso costo per la Germania. I rigassificatori del GNL americano si faranno ma non possono avere la rilevanza strategica del gas russo da pipeline.
Questo vincolo interno ha comportato sia la forte determinazione della classe dirigente tedesca sia la presa d’atto degli USA di non poter proseguire oltre sulla linea delle sanzioni, pena la rottura dei rapporti con la Germania. Rottura strategicamente intollerabile per gli USA, considerato l’imperativo geopolitico di evitare la saldatura della penisola europea con la Russia.
La lezione da portare a casa per noi è che fare di necessità, virtù … paga anche se si hanno le forze armate americane in casa (dedicato agli alternativi critici-critici tutto no-gas/no-NATO) .
Il secondo punto è la consapevolezza che le politiche europee denominate Green Deal sono ad esito del tutto incerte, perché basate su tecnologie inaffidabili, costose o ancora da sviluppare (vedi in particolare alla voce Idrogeno Verde). Seppure la Germania può permettersi qualche lusso in proposito, ma con un sicuro ed affidabile back-up costituito da carbone e nucleare previsti durare ancora decenni, per l’Italia l’alternativa non esiste: “ … Il Nord Stream 2 italiano, la garanzia di poter far sopravvivere il nostro sistema economico e industriale mentre si vive il sogno, o l’utopia, delle rinnovabili tutte e subito si chiama Eni che non a caso è stata la protagonista dell’industrializzazione italiana..”. Tesi più volte sostenuta in questo blog e riconfermata nel recente libro “Per una Forza Nuova” di G.La Grassa/G. Petrosillo, da cui estraggo questo passaggio assai pertinente alla vicenda trattata in questo articolo: “… E’ indispensabile che sul piano geopolitico globale, si partecipi alla lotta tra “predoni” nell’attuale multipolarismo e si dovrebbero prendere la misure adatte a sviluppare la propria potenza. In ogni caso anche se non sarà gran cosa per un lungo periodo di tempo, in Italia andrebbero difese quelle poche grandi imprese che agiscono in settori di punta, tecnologici ed energetici…”
Gli Stati Uniti hanno dovuto accettare il fatto che la Germania completi il Nord Stream 2. Una lezione per l’Italia sulla difesa di Eni
L’Amministrazione Biden ha deciso che non applicherà le sanzioni contro la società che sta costruendo il Nord Stream 2 e il suo amministratore delegato. Il portavoce del Segretario di Stato Blinken ha dichiarato che la decisione riflette l’impegno del Presidente americano per “ricostruire le relazioni con i nostri alleati e partner europei” anche se ha ribadito che “l’opposizione al progetto rimane risoluta”.
Gli Stati Uniti ritengono che il gasdotto sarebbe decisivo per ampliare l’influenza russa in Europa, ma evidentemente i rapporti con Berlino sono stati ritenuti prioritari. La Germania, infatti, si è dimostrata determinata a completare il progetto nonostante le minacce e le pressioni dell’alleato americano.
A questo punto della vicenda e a pochi mesi dal completamento del gasdotto bisogna interrogarsi su quello che sembra essere l’epilogo di una vicenda che ha messo i due partner su lati opposti per anni. L’epilogo oltretutto arriva in una fase in cui i rapporti tra gli Stati Uniti e la Russia sono ai minimi termini con il Presidente americano che dà in pubblico dell’assassino a Putin e gli ambasciatori rientrati in patria. L’unica spiegazione possibile alla svolta americana e alla determinazione tedesca è che sia la Germania ad aver bisogno della Russia e del suo gas e non viceversa. La necessità di avere gas a buon prezzo e per molti anni evidentemente deve essere così importante che anche l’alleato americano alla fine ha dovuto “mollare”. La Russia potrebbe vendere il suo gas altrove tanto più in una fase in cui si minaccia il blocco dell’esplorazione in idrocarburi che gli Stati in via di sviluppo non saranno mai in grado di sostituire con fonti rinnovabili. La Germania invece non ha alternative.
Il costo energetico tedesco è già alto e riflette anni di investimenti in rinnovabili. Lo sforzo europeo sulle emissioni rischia di minare l’industria tedesca e di metterla fuori gioco nella competizione globale oltre che abbassare irrimediabilmente gli standard di vita dei suoi cittadini; la Germania ha quindi più che mai bisogno di un complemento affidabile ed economico ed eventualmente di un ripiego nel caso in cui la transizione verde si dovesse rilevare impraticabile e incompatibile con le esigenze di un Paese sviluppato. I Paesi sviluppati, infatti, si basano su un’enorme premessa: la disponibilità di energia a basso costo e affidabile. Tolto questo elemento che oggi si dà per scontato salta tutto.
Le rinnovabili oggi hanno enormi problemi di costi e di affidabilità. Non sono in grado di sostituire gli idrocarburi in un’ottica di 10/20 anni se non a patto di gravare imprese e cittadini di rincari molto consistenti e magari di esporli al rischio di blackout periodici. Tralasciamo poi i lati sporchi delle rinnovabili a partire dall’auto elettrica che richiede l’estrazione di materie prime che pongono tanti problemi ambientali e sociali nei Paesi produttori; il fatto che l’Occidente non li veda e per questo si senta la coscienza ambientale pulita è un fattore non secondario.
La Germania, quindi, è perfettamente consapevole di non poter garantire un futuro al suo sistema economico e industriale senza il gas russo. Gli Stati Uniti sanno perfettamente che in un contesto di investimenti green miliardari in tecnologie acerbe privare la Germania del gas russo rischia di far saltare l’alleato europeo. Questo è il quadro.
A questo punto si impone una riflessione sull’alleato italiano che ha perso la partita sul South Stream. Oggi si invoca in Italia una transizione decisa verso il green che non si guardi indietro e bruci i ponti. È una posizione da incoscienti alla luce non di qualche oscura contro teoria ma proprio di quello che è successo questa settimana tra Stati Uniti e Germania. Il Nord Stream 2 italiano, la garanzia di poter far sopravvivere il nostro sistema economico e industriale mentre si vive il sogno, o l’utopia, delle rinnovabili tutte e subito si chiama Eni che non a caso è stata la protagonista dell’industrializzazione italiana. Chi oggi cerca di impedire a Eni di fare il suo mestiere è nella stessa posizione di chi voleva impedire all’industria tedesca di completare il Nord Stream 2. La Germania ha percepito immediatamente la minaccia mortale e per questo ha sfidato ogni sorta di pregiudizio. C’è solo da imparare.
Sami Ramdani è uno studente di dottorato presso l’Istituto francese di geopolitica (IFG) dell’Università di Parigi 8. La sua tesi, “Analisi geopolitica del progetto Nord Stream 2”, è supportata dalla Direzione generale delle relazioni internazionali e della strategia (DGRIS) . È associato all’Istituto di ricerca strategica della scuola militare (IRSEM) e all’Istituto di studi geopolitici applicati. La sua ricerca si concentra sulla fornitura di gas all’Unione Europea.
Geopolitica dell’energia. In questo articolo, Sami Ramdani presenta brillantemente 5 anni di politica americana verso il gasdotto Nord Stream 2. Spiega chiaramente l’impatto dell’azione legislativa del Congresso per capire il contesto in cui la nuova amministrazione americana sta recuperando il Nord Stream 2 mentre Joe Biden esprimeva il suo desiderio di placare le relazioni transatlantiche, in particolare con la Germania. Illustrato con una mappa delle sedi delle società sanzionate e degli stati opposti, favorevoli o neutrali.
NORD STREAM 2 è un gasdotto che deve collegare direttamente la Russia alla Germania, senza paesi di transito, attraverso il Mar Baltico. Ha una capacità annua di 55 miliardi di metri cubi, che corrisponde all’11% del consumo annuale dell’UE. Raddoppierà il Nord Stream 1 commissionato nel 2012. Il progetto consentirebbe alla Germania di diventare l’operatore centrale nella distribuzione del gas nell’UE. Il progetto è finanziato dalla ditta Gazprom fino al 50% e dai suoi partner europei, la francese Engie, i tedeschi Uniper e Wintershall, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell fino al 10% ciascuno. La società responsabile del progetto, Nord Stream 2 AG, è comunque controllata al 100% da Gazprom perché nell’agosto 2016,l’autorità polacca garante della concorrenza ha reso impossibile la costituzione di un consorzio che comprenda i partner europei. Il costo del progetto è stimato in 11 miliardi di euro. Il suo completamento era previsto per il 2019 ma i numerosi ostacoli incontrati dal sito fanno sì che non sia ancora finito ad oggi.
Alla fine di agosto 2016, Joe Biden, allora vicepresidente degli Stati Uniti, ha visitato Stoccolma per dichiarare l’opposizione del suo paese al progetto Nord Stream 2.. Joe Biden operava allora come responsabile del fascicolo ucraino all’interno dell’amministrazione Obama. I leader americani temono che Nord Stream 2 indebolirà strategicamente ed economicamente l’Ucraina aumentando la dipendenza dell’UE dal gas russo, in particolare limitando la politica europea di diversificazione degli approvvigionamenti intrapresa nell’Europa centrale e orientale. Al di là del tradizionale desiderio di limitare l’influenza russa in Occidente, la politica statunitense nei confronti del Nord Stream 2 è anche influenzata dalle necessità della propria industria locale del gas di assicurarsi sbocchi per le esportazioni. La combinazione di questi elementi ha portato all’adozione di misure aggressive nei confronti di alcuni interessi europei sotto l’amministrazione Trump.
In questo articolo torneremo su queste misure in dettaglio, con particolare attenzione alle reazioni tedesche. L’obiettivo è capire il contesto in cui la nuova amministrazione americana sta recuperando il fascicolo Nord Stream 2 mentre Joe Biden ha manifestato la sua volontà di acquietare i rapporti transatlantici, in particolare con la Germania.
Per questo torneremo cronologicamente agli eventi. Evidenzieremo gli interessi commerciali che si riflettono nelle prime azioni dei parlamentari statunitensi e dell’amministrazione Trump. In secondo luogo, analizzeremo la materializzazione delle minacce americane correlate all’ascesa del Congresso. Infine, presenteremo le prospettive emerse da quando la questione è stata ripresa dall’amministrazione Biden.
Mappa delle sanzioni americane il cui impatto va oltre i confini degli stati che sostengono il progetto Nord Stream 2
Fare clic sulla miniatura per ingrandire la mappa. Design e produzione: Sami Radmani per Diploweb.com
I. Le prime azioni americane che rivelano interessi commerciali
A. Un primo tentativo di imporre sanzioni a Nord Stream 2 (estate 2017)
A metà giugno 2017, il Senato degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge che minaccia multe, restrizioni bancarie ed esclusione dalle gare statunitensi per tutte le società europee che avrebbero partecipato alla costruzione di gasdotti russi. Nord Stream 2 è stato uno dei principali obiettivi del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), che ha causato preoccupazione tra le società europee coinvolte Engie, Shell, Uniper, Wintershall e OMV. A quel tempo, Isabelle Kocher, amministratore delegato di Engie, ha sottolineato: ” La dimensione commerciale [del testo] è ovvia ed esplicita ” [ 1 ] . Gli obiettivi mercantili si riflettevano in un emendamento che specificava che ” Il governo degli Stati Uniti dovrebbe dare la priorità all’esportazione di risorse energetiche [statunitensi] al fine di creare posti di lavoro negli Stati Uniti, aiutare alleati e partner statunitensi e rafforzare la politica estera [degli Stati Uniti]. ” [ 2 ] .
In risposta, il cancelliere austriaco Christian Kern e il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel hanno dichiarato in una dichiarazione congiunta: “ L’approvvigionamento energetico dell’Europa è una questione europea che non riguarda in alcun modo gli Stati Uniti. Spetta a noi [i paesi europei] e non agli Stati Uniti decidere chi ci dà le nostre energie e come. “. Due settimane dopo, il 29 giugno 2017, Sigmar Gabriel ha continuato ad essere indignato durante una visita ufficiale in Russia: ” Crediamo che sia inaccettabile che una legge [americana] possa chiedere agli europei di rinunciare al gas russo per vendere quello americano [gas ] invece, a un prezzo molto più alto ” [ 3 ] .
La natura unilaterale delle minacce di sanzioni statunitensi ha posto la Commissione europea in una posizione scomoda, persino paradossale. Sebbene si opponga a Nord Stream 2 e desideri sviluppare il settore del GNL, l’aggressività americana ha costretto la Commissione a proteggere il gasdotto a difesa delle grandi società europee [ 4 ] . Dopo i negoziati con i partner europei, il testo non è stato adottato così com’era. Nella versione adottata il 28 luglio 2017, ratificata il 2 agosto, l’articolo 257 afferma che gli Stati Uniti perseguono una politica di ” collaborazione con gli Stati membri e le istituzioni europee per promuovere la sicurezza energetica sviluppando mercati energetici diversificati e liberalizzati che forniscono fonti, fornitori e rotte diversificate ” [ 5 ] . È importante sottolineare che nell’ottobre 2017 il Dipartimento di Stato ha emesso una direttiva contenente un’esenzione concessa ” ai contratti di investimento e prestito decisi prima del 2 agosto 2017 “, data di entrata in vigore della CAATSA. Pertanto, il pacchetto finanziario per Nord Stream 2, completato il 24 aprile 2017, è stato escluso dalle sanzioni.
B. Una campagna diplomatica di intimidazione (2018-2019)
Questo compromesso intorno a CAATSA non ha impedito all’amministrazione Trump di continuare a esercitare un’intensa pressione diplomatica sugli attori favorevoli al Nord Stream 2. L’11 luglio 2018, è stato organizzato uno scambio tra Donald Trump e il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, prima del apertura del vertice NATO a Bruxelles. Il presidente americano ha colto l’occasione per accusare la Germania di rappresentare un rischio per l’Alleanza atlantica costruendo questo gasdotto, ritenendo che “la Germania sia totalmente controllata dalla Russia, perché otterranno dal 60 al 70% della loro energia dalla Russia e un nuova pipeline ” [ 6 ]. A quel tempo, secondo l’ex consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca John Bolton, Donald Trump voleva annunciare agli stati membri della NATO che avrebbe lasciato l’alleanza se la realizzazione di Nord Stream 2 fosse continuata. Nel suo libro ” The Room Where It Happened: A White House Memoir “, John Bolton spiega di aver convinto, con l’aiuto di Mike Pompeo, il presidente americano a non usare questa minaccia. [ 7 ] .
Due settimane dopo il vertice della NATO, Jean-Claude Juncker era in visita a Washington per rispondere al desiderio di Donald Trump di riequilibrare la bilancia commerciale tra l’UE e gli Stati Uniti. In una dichiarazione congiunta pubblicata al termine di questo incontro, la promessa europea in materia di energia si esprime con queste parole: ” abbiamo deciso oggi di rafforzare la nostra cooperazione strategica in materia di energia. L’Unione Europea desidera importare più gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti per diversificare le sue scorte energetiche ” [ 8 ]. Con l’obiettivo di diventare indipendente dal gas russo nel 2022, la Polonia è uno degli Stati membri più interessati al gas americano. Visitando il paese nel novembre 2018, il segretario all’energia degli Stati Uniti Rick Perry ha dichiarato che l’opzione di sanzioni contro Nord Stream 2 era stata mantenuta [ 9 ] .
Il 7 gennaio 2019, il quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha riferito le parole di Richard Grenell, ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, secondo il quale le aziende che lavorano su Nord Stream 2 “sono ancora in pericolo, perché le sanzioni sono ancora possibili” [ 10 ] . A Berlino si sperava che il compromesso del 2017 fosse ancora valido e che queste dichiarazioni appartenessero solo a un individuo che Martin Schulz, ex presidente del Parlamento europeo, ha definito “un ufficiale coloniale di estrema destra. ” [ 11 ]. Le minacce sono diventate più gravi quando si è appreso una settimana dopo che Richard Grenell aveva avvertito BASF, di cui Wintershall è una filiale, e Uniper per posta del rischio di sanzioni se avessero continuato a partecipare a Nord Stream 2. Un portavoce di Richard Grenell ha poi spiegato che la lettera non dovrebbe essere vista come una minaccia ma piuttosto come un “messaggio chiaro” sulla politica statunitense. Tuttavia, è stato effettivamente un tentativo di intimidazione come è stato percepito da parte tedesca [ 12 ] .
Il mese successivo, il vice segretario all’energia degli Stati Uniti Dan Brouillette si è recato a Berlino per partecipare alla conferenza tedesco-americana sullo sviluppo del mercato di importazione del GNL ospitata dal ministro tedesco dell’economia, Peter Altmaier. Questo evento ha fornito una piattaforma per le aziende tedesche e americane per “negoziare modelli di business”. La conferenza ha anche contribuito allo sviluppo del quadro giuridico tedesco al fine di promuovere lo sviluppo di progetti di infrastrutture GNL. Il nuovo regolamento, in vigore dal 20 giugno 2019, esonera gli operatori di terminali GNL dal 90% dei costi di costruzione e di esercizio dei gasdotti di collegamento alla rete del gas [ 13 ]. Durante il loro incontro, Dan Brouillette e Peter Altmaier hanno insistito sul fatto che non c’era stato alcun accordo per gli Stati Uniti per abbandonare l’offensiva contro Nord Stream 2 in cambio del supporto tedesco per la costruzione di terminali GNL.
A seguito della visita di Jean-Claude Juncker a Washington nel luglio 2018, la Direzione generale dell’Energia ha organizzato, il 2 maggio 2019 a Bruxelles, il primo forum B2B sull’energia nell’ambito del Consiglio UE-USA per l’energia. Questo forum è un evento che riunisce i decisori del governo americano ed europeo, nonché le aziende del settore del GNL. Rafforzando i legami tra gli attori del settore, l’obiettivo è stimolare gli investimenti lungo l’intera catena di approvvigionamento transatlantica. Alla vigilia dell’apertura del forum, Rick Perry, ha proclamato: ” Gli Stati Uniti offrono ancora una volta una forma di libertà al continente europeo e piuttosto che sotto forma di giovani soldati americani, è sotto forma di gas naturale liquefatto ” [ 14 ]. A seguito di ciò, un giornalista di EURACTIV ha chiesto se “Freedom gas” fosse un modo adeguato per descrivere le esportazioni di GNL degli Stati Uniti in Europa ottenendo l’approvazione del Segretario per l’Energia degli Stati Uniti. Durante il forum sull’energia B2B, Rick Perry, ha voluto convincere che il gas americano è “più affidabile” [ 15 ] del gas russo e ha ricordato di nuovo riguardo a Nord Stream 2 che “l’idea che le sanzioni siano possibili è ancora buona. Reale”. A poche settimane dallo scambio tra Rick Perry e il giornalista di Euractiv, l’espressione “freedom gas” è diventata uno slogan dell’amministrazione americana, testimoniato dal comunicato stampa che annunciava l’autorizzazione all’esportazione concessa al futuro impianto di liquefazione del terminale GNL di Freeport in Texas: ” aumentare la capacità di esportazione di Freeport LNG è essenziale per diffondere il gas della libertà in tutto il mondo, fornendo agli alleati degli Stati Uniti una fonte di energia pulita, diversificata e conveniente ” [ 16 ] .
Infine, i parlamentari americani hanno deciso di prendere di mira i subappaltatori del progetto Nord Stream 2 e non i promotori Engie, Uniper, Wintershall, OMV e Shell. Il 14 maggio 2019, il repubblicano Ted Cruz e la democratica Jeanne Shaheen hanno presentato un disegno di legge, il “Protecting Europe’s Energy Security Act”, che prende di mira le navi che posano il tubo [ 17 ]. Alle persone che noleggiano o vendono tali navi sarebbe vietato viaggiare negli Stati Uniti e i loro beni negli Stati Uniti sarebbero congelati. Il disegno di legge prevede anche sanzioni per chi fornisce servizi finanziari e tecnici alle navi oltre che per chi li fornisce. L’obiettivo principale di questo testo è la società svizzera Allseas. Il disegno di legge richiede inoltre al Segretario di Stato di presentare una relazione annuale al Congresso che esamini le attività di tutte le società che partecipano al progetto Nord Stream 2 al fine di individuare eventuali violazioni delle sanzioni statunitensi contro la Russia e le sue società. Nei mesi successivi all’introduzione del testo, il processo legislativo non è progredito con vigore ma le cose sono state accelerate ottenendo la licenza edilizia danese da Nord Stream 2.
II. La realizzazione delle minacce americane
A. L’adozione di sanzioni finalmente determinata dalla caduta della diga danese (dicembre 2019)
Nord Stream 2 AG ha presentato la sua prima domanda di autorizzazione edilizia all’Agenzia Danese per l’Energia nell’aprile 2017. Questa domanda è stata ritirata nel giugno 2019, a causa di una modifica alla Legge Danese sulla Piattaforma Continentale entrata in vigore il 1 ° gennaio 2018. Questa modifica fornisce al Ministero danese degli Affari Esteri il diritto di veto alla posa di condotte nelle acque territoriali sulla base di considerazioni di sicurezza e difesa nazionale. Nell’agosto 2018, Nord Stream 2 AG ha presentato una domanda di costruzione nella zona economica esclusiva danese a nord-ovest dell’isola di Bornholm. Tuttavia, alla fine di marzo 2019, l’Agenzia danese per l’energia ha richiesto la valutazione ambientale di una nuova rotta che attraversa la zona economica esclusiva della Danimarca a sud-est dell’isola di Bornholm.L’esplorazione di questa nuova opzione è diventata possibile in seguito alla risoluzione di una controversia territoriale con la Polonia ed è giustificata da considerazioni ambientali secondo l’Agenzia Danese per l’Energia. Una richiesta di costruzione per questo percorso alternativo è stata presentata nell’aprile 2019 da Nord Stream 2 AG che ha percepito nel requisito danese ” un tentativo deliberato di ritardare il completamento del progetto. ” [ 18 ] . Infine, il 30 ottobre 2019, dopo due anni di discussioni, l’Agenzia danese per l’energia ha concesso a Nord Stream 2 AG una licenza edilizia per il percorso a sud-est dell’isola di Bornholm.
Caduto l’ostacolo principale alla realizzazione del Nord Stream 2, i legislatori americani non hanno avuto altra scelta che passare le sanzioni in modo che i lavori del Nord Stream 2 venissero interrotti prima che Allseas posasse gli ultimi 160 chilometri del gasdotto. Il 23 novembre 2019, il presidente della commissione per gli affari esteri del Senato Jim Risch ha annunciato l’incorporazione del Protecting Europe’s Energy Security Act (PEESA) nel progetto di legge sul bilancio della difesa nazionale degli Stati Uniti, il National Defense Authorization Act del 2020 [ 19 ] . Il 3 dicembre, durante un’audizione sulla politica statunitense nei confronti della Russia, Ted Cruz ha esortato il sottosegretario di Stato per gli affari politici David Hale a chiudere definitivamente Nord Stream 2: ” Una strategia per dire “perseguiamo le nostre opzioni diplomatiche” a questo punto è una strategia per non fare nulla. […] Una strategia che porterà con certezza al 100% al completamento del gasdotto […] ” [ 20 ] . Il senatore del Texas, principale produttore ed esportatore di gas negli Stati Uniti, ha fatto pressione su questo rappresentante dell’amministrazione sottolineando il consenso esistente sulla questione del Nord Stream 2 tra i membri del Congresso. Ted Cruz ha denunciato la procrastinazione dell’amministrazione, compreso il Dipartimento del Tesoro, che ha detto che ha impedito l’imposizione di sanzioni fino a quel momento.
Una settimana dopo, il russo Sergei Lavrov si è recato a Washington per incontrare Donald Trump e ha detto: “Il Congresso sembra piuttosto ossessionato dalla distruzione delle nostre relazioni. Continua a perseguire la politica avviata dall’amministrazione Obama. Come ho detto, siamo abituati a questo tipo di attacchi. Sappiamo come rispondere a loro. ” [ 21 ] . Il 17 dicembre, il Congresso ha approvato il National Defense Authorization Act del 2020. Il giorno successivo, i senatori Ted Cruz e Ron Johnson hanno inviato una lettera di avvertimento al CEO di Allseas Edward Heerema: “le conseguenze del fatto che la tua attività continui a funzionare – anche per un giorno dopo che il presidente ha firmato la legislazione sulle sanzioni – esporrebbe la tua azienda a sanzioni legali ed economiche schiaccianti e potenzialmente fatali “. Donald Trump ha firmato il testo il 20 dicembre 2019 e il giorno successivo Allseas ha dichiarato di aver sospeso i suoi lavori.
Il giorno stesso della firma del testo da parte di Donald Trump, Ulrike Demmer, vice portavoce del governo tedesco, si è interrogata pubblicamente sulle motivazioni americane. Ha sottolineato che il gesto del presidente americano segue di un giorno la conclusione di un accordo di principio tra russi e ucraini per la continuazione del transito: ” Alla luce delle discussioni di ieri sul transito del gas da parte dell’Ucraina, queste misure degli Stati Uniti sono ancora più difficili da capire, perché gli Stati Uniti si sono principalmente giustificati invocando la protezione dell’Ucraina ” [ 22 ]. Il ministro tedesco dell’Economia e dell’Energia, Peter Altmaier, è stato ringraziato da Maroš Šefčovič per l’azione decisiva nella stesura dell’accordo di transito [ 23 ] . Ma anche se la Germania è un appoggio fondamentale di Ucraina, Yuriy Vitrenko, capo degli affari internazionali presso Naftogaz, ha osservato che le sanzioni degli Stati Uniti hanno avuto un impatto significativo sulla posizione della Russia permettendo così il raggiungimento di un accordo. [ 24 ]
B. L’ampliamento del campo di applicazione del PEESA, culmine delle tensioni tra rappresentanti tedeschi e americani (seconda metà del 2020)
Dalla paralisi del sito nel dicembre 2019, gli osservatori si sono concentrati sui mezzi che Gazprom potrebbe utilizzare per riprendere la costruzione del Nord Stream 2 da sola. I legislatori statunitensi hanno risposto all’elusione delle sanzioni da parte della Russia concettualizzando un ampliamento del loro campo di applicazione. Ancora una volta, le minacce provenivano dalla voce di Richard Grenell, giorni prima che lasciasse il suo incarico di ambasciatore in Germania. Il 26 maggio 2020, ha dichiarato al quotidiano tedesco Handelsblatt che l’adozione di una nuova legislazione con sanzioni “potrebbe andare avanti rapidamente”, nonostante la campagna elettorale americana in quanto l’idea incontra l’approvazione bipartisan. Continuando con il suo tono poco diplomatico ha aggiunto: “La Germania deve smettere di nutrire la bestia pur non pagando abbastanza per la NATO ” [ 25 ] .
I senatori Ted Cruz e Jeanne Shaheen hanno annunciato il disegno di legge il 4 giugno 2020. Intitolato ” Protecting Europe’s Energy Security Clarification Act “, include nel campo delle attività sanzionabili la fornitura di servizi di posa di tubi, ispezione, assicurazione e certificazione necessari per il completamento del progetto Nord Stream 2. Questo testo è un’arma a doppio taglio. In primo luogo, si rivolge in modo più specifico alle navi responsabili della costruzione e al loro ambiente di lavoro. In secondo luogo, prevede sanzioni contro le parti che forniscono “servizi di test, ispezione o certificazione necessari o associati al funzionamento del gasdotto Nord Stream 2″.Così, i senatori danno agli Stati Uniti i mezzi per impedire la messa in servizio del Nord Stream 2 anche se sarà completato.
Questa versione iniziale ha suscitato proteste da parte delle autorità tedesche che hanno ritenuto che il disegno di legge minacci le azioni amministrative e tecniche dei servizi pubblici in relazione al completamento o all’esercizio del gasdotto [ 26 ] . Un documento interno del ministero dell’Economia tedesco considera questa escalation di aggressioni nei confronti di un governo alleato uno “sviluppo completamente inedito“. In una riunione dei membri della commissione per gli affari economici del Bundestag il 17 giugno 2020, la maggioranza dei legislatori presenti si è espressa a favore delle contromisure, nonostante le loro opinioni divergenti nei confronti del Nord Stream.2.
Il 25 giugno 2020, i membri della Camera dei rappresentanti, i repubblicani Adam Kinzinger e Mike Turner, i democratici Denny Heck e Ruben Gallego, hanno presentato un disegno di legge bipartisan relativo alla legge sul chiarimento della sicurezza energetica per la protezione dell’Europa . Questi rappresentanti della camera bassa americana sembrano essere stati sensibili alle preoccupazioni delle autorità tedesche. La loro versione del testo elimina le misure restrittive nei confronti delle aziende che effettuano test, ispezioni e certificazioni nell’ambito di un progetto energetico [ 27 ]. Come per le sanzioni del dicembre 2019, la versione del disegno di legge del Senato e quella della Camera dei rappresentanti sono state discusse nell’ambito dell’adozione del bilancio della difesa nazionale degli Stati Uniti, il “National Defense Authorization Act of 2021“.
Il 5 agosto 2020, i senatori repubblicani Ted Cruz, Tom Cotton e Ron Johnson hanno promesso in una lettera di “schiacciare sanzioni legali ed economiche” contro Fährhafen Sassnitz GmbH, l’operatore del porto di Murkan, il centro logistico del cantiere. La lettera, che funge da ” costituzione in mora “, accusa Fährhafen Sassnitz di ” fornire consapevolmente beni, servizi e supporto importanti ” al Nord Stream 2 e richiede che la società, di proprietà della città di Sassnitz e del Land del Meclemburgo-Pomerania occidentale , ” cessi la sua attività ” per sostenere la costruzione del gasdotto, pena il rischio di “provvedimenti potenzialmente fatali” Ciò interromperà i legami commerciali e finanziari del porto con gli Stati Uniti [ 28 ] . Questi metodi sprezzanti provocarono un movimento di unione nazionale tra i rappresentanti politici tedeschi. Heiko Mass, il ministro degli Esteri tedesco, ha poi espresso il suo disappunto durante uno scambio telefonico con il segretario di Stato Mike Pompeo.
Infine, i negoziatori della Camera dei Rappresentanti e del Senato hanno concordato una versione del ” Protecting Europe’s Energy Security Clarification Act ” rivolto agli assicuratori e alle società di certificazione tecnica, ma escludendo gli enti governativi dal campo di applicazione delle sanzioni. Il senatore del New Jersey Bob Menendez, un membro democratico della commissione per gli affari esteri, ha detto che il Congresso vuole ” chiarire che la Germania, come alleata, e i funzionari in Germania, non sarebbero inseriti tra queste sanzioni ” [ 29 ]. Inoltre, il testo entrato in vigore il 1 ° gennaio 2021 impone agli Stati Uniti di informare i propri alleati prima di imporre sanzioni. Questa disposizione è stata aggiunta dopo che il presidente della commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti, Eliot Engel, in rappresentanza di New York, ha espresso il timore che le sanzioni danneggerebbero i paesi europei più della Russia.
L’entrata in vigore della ” Protecting Europe’s Energy Security Clarification Act ” ha portato al ritiro di quasi venti società dal progetto Nord Stream 2. Si tratta principalmente di compagnie di assicurazione come la società francese Axa o la Swiss Zurich Insurance, ma anche di ingegneria e consulenti come il danese Ramboll, il tedesco Bilfinger o il texano Baker Hughes. Il 4 gennaio 2021, DNV GL, la società norvegese di servizi di qualità e gestione del rischio, ha annunciato che ” cesserà tutte le attività di verifica del sistema di gasdotti Nord Stream 2 in conformità con le sanzioni e fino a quando le sanzioni saranno in vigore. “Aggiungendo che” Allo stato attuale, DNV GL non può rilasciare un certificato al completamento della pipeline ” [ 30 ] . L’azienda norvegese, incaricata di fornire i servizi di certificazione necessari per la messa in servizio del Nord Stream 2, lavorava su questo gasdotto da cinque anni. È stato quindi costruito secondo le norme e gli standard di DNV GL che è uno dei pochi al mondo in grado di svolgere questo compito. A causa delle difficoltà che Nord Stream 2 AG potrebbe incontrare nel trovare un sostituto, è improbabile che il completamento dei lavori sia immediatamente seguito dalla messa in servizio del gasdotto.
C. Il ritorno di CAATSA: una prima entità russa sanzionata e grandi aziende europee colpite
Insieme all’ampliamento del campo di applicazione del PEESA, l’accelerazione dell’elusione delle sanzioni da parte di Nord Stream 2 AG ha anche spinto l’amministrazione Trump a revocare la direttiva applicativa CAATSA dell’ottobre 2017 che ha risparmiato gli ” accordi di prestito e investimento decisi prima del 2 agosto, 2017 “. Il 15 luglio 2020, il Dipartimento di Stato ha emesso una direttiva rivista che include esplicitamente il Nord Stream 2 e il secondo ramo di TurkStream [ 31 ] nell’ambito delle sanzioni ai sensi della sezione 232 della CAATSA [ 32 ] . La nuova direttiva fornisce un’ampia definizione del termine “investimento” che può includere più servizi bancari di base [33 ] .
Alcuni rappresentanti del settore industriale tedesco hanno sollecitato l’amministrazione di Angela Merkel ad adottare contromisure alle sanzioni. È il caso della ” German Eastern Business Association ” (OAOEV), inizialmente contraria a questa idea, che ha rafforzato la sua posizione dopo che l’ambasciata degli Stati Uniti a Berlino ha imperativamente proposto date per i negoziati ad alcune parti in relazione al Nord Stream 2 [ 34 ] . Tuttavia, l’amministrazione tedesca ha favorito l’opzione di costruire una risposta europea collettiva. Il 17 luglio 2020, l’Alto rappresentante dell’UE Josep Borrell si è detto ” profondamente preoccupato »Con il crescente utilizzo degli Stati Uniti per sanzioni contro le società e gli interessi europei. “ In linea di principio, l’UE si oppone all’uso di sanzioni da parte di paesi terzi contro le società europee che svolgono attività legittime. Inoltre, ritiene che l’applicazione extraterritoriale di sanzioni sia contraria al diritto internazionale ”, ha dichiarato. [ 35 ]. Il 12 agosto 2020, una delegazione dell’UE a Washington, sostenuta da 24 dei 27 membri, si è formalmente opposta alla minaccia degli Stati Uniti di ulteriori sanzioni contro Nord Stream 2. La delegazione dell’UE ha inviato una nota di protesta al Dipartimento di stato degli Stati Uniti durante una videoconferenza. Nel suo contenuto, la nota ripete la dichiarazione di Josep Borrel del 17 luglio 2020. [ 36 ] .
La nuova direttiva sull’applicazione della CAATSA ha consentito all’amministrazione Trump, il giorno prima della sua partenza il 19 gennaio 2021, di designare il primo soggetto sanzionato per le sue attività relative alla costruzione del Nord Stream 2. Riguarda la società russa KVT-RUS, proprietaria della Fortuna, la nave utilizzata per la posa del gasdotto. Le autorità tedesche erano state informate solo un giorno prima [ 37 ] , nonostante le disposizioni del CAATSA ottenute dagli europei nel 2017 stabilissero che l’amministrazione americana “coordinerà con gli alleati degli Stati Uniti l’imposizione di queste sanzioni “.
Inizialmente, i partner europei di Gazprom si erano impegnati a finanziare il 10% della costruzione del Nord Stream 2, quindi stimato sui 9,5 miliardi di euro a 950 milioni di euro. Tuttavia, la direttiva CAATSA rivista non consente alle società europee di continuare il loro sostegno finanziario. Infatti, nella sua relazione annuale del 24 febbraio 2021, Wintershall Dea ha affermato che non andrebbe oltre i prestiti per un valore di 730 milioni di euro effettuati prima della revisione del 15 luglio 2020. Nel 2021 un funzionario Uniper ha anche affermato che la sua azienda non sta pianificando nuovi finanziamenti per Nord Stream 2 rifiutandosi di rivelare l’ammontare degli investimenti effettuati. Il 25 marzo 2021, OMV ha annunciato che non sarebbe andato oltre i prestiti del valore di 729,3 milioni di euro nonostante il contratto di finanziamento prevedesse un importo di 953 milioni di euro [ 38 ] . Secondo l’agenzia di stampa russa TASS, Shell ha anche completato il finanziamento del progetto [ 39 ] . Sembra probabile che Engie abbia agito nella stessa direzione. Se tutti i partner europei cessassero i loro finanziamenti nella stessa fase, ciò costringerebbe Gazprom a compensare trovando un ulteriore miliardo di euro.
Tuttavia, un portavoce di Nord Stream 2 AG ha affermato che la sua azienda ha i finanziamenti necessari per completare la pipeline: “Nord Stream 2 è un progetto interamente finanziato e ha il supporto finanziario necessario per completare la fase di investimento ed essere messo in funzione. “. Questa affermazione contraddice quella del 20 luglio 2020 in cui Nord Stream 2 AG ha annunciato che gli investimenti necessari per il completamento del gasdotto potrebbero essere bloccati dalle sanzioni statunitensi. Il portavoce di Nord Stream 2 AG ha poi ricordato che le sanzioni americane, se fossero imposte, potrebbero colpire direttamente più di 120 aziende provenienti da più di 12 Paesi europei: ” In un periodo economicamente difficile, le sanzioni bloccherebbero investimenti per circa 700 milioni di euro per il completamento del gasdotto ” [ 40 ] . ” Queste sanzioni metterebbero a repentaglio anche gli investimenti di circa 12 miliardi di euro nelle infrastrutture energetiche dell’UE “, ha aggiunto. Questo importo include 8 miliardi di euro di investimenti in Nord Stream 2, nonché 3 miliardi di euro di investimenti da parte di società europee in infrastrutture a valle in Germania e 750 milioni di euro nella Repubblica Ceca.
III) Un’amministrazione Biden che vuole salvare capra e cavoli
R. Un primo giro di osservazione tra la nuova amministrazione e il Congresso
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato durante la sua audizione di conferma al Senato il 19 gennaio 2021 che Joe Biden è d’accordo con il Congresso sul fatto che Nord Stream 2 sia una ” cattiva idea ” [ 41 ] . Alla domanda di Ted Cruz che voleva sapere se il nuovo presidente avrebbe mantenuto la linea della precedente amministrazione e avrebbe impedito il completamento dell’oleodotto, Antony Blinken ha risposto che non aveva ancora discusso a lungo la questione con Joe Biden ma che avrebbe usato ” ogni strumento di persuasione “a disposizione per convincere i partner statunitensi, in particolare la Germania, a non procedere con il progetto.
Il 26 gennaio 2021, la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha ricordato che Biden si è opposto a Nord Stream 2 da quando era il vice presidente di Barack Obama. ” Noi continuiamo a credere, il presidente continua a credere, che Nord Stream 2 sia un cattivo affare per l’Europa,” ha detto, aggiungendo che l’amministrazione potrebbe “riesaminare ” le disposizioni contenute nel ” difesa nazionale”. Authorization Act ” [ 42 ] . Dopo l’annuncio della revisione delle sanzioni, il quotidiano tedesco Handelsblatt ha affermato che l’amministrazione Biden potrebbe essere pronta ad avviare i colloqui con le autorità tedesche sul loro allentamento [43 ] . Secondo Handelsblatt , un possibile allentamento delle sanzioni sarebbe soggetto a condizioni preliminari. Le nuove autorità americane vorrebbero in particolare ottenere la garanzia che il flusso di gas russo attraverso l’Ucraina verrà mantenuto al termine del contratto di transito con Gazprom nel 2024.
Nel caso in cui l’amministrazione Biden desideri assumere una posizione più conciliante nei confronti del Nord Stream 2, dovrà affrontare un Congresso degli Stati Uniti unito nel suo desiderio di sanzionare gli interessi russi. La Camera dei Rappresentanti e il Senato hanno concordato in modo bipartisan di integrare le sanzioni contro Nord Stream 2 nei testi del bilancio della difesa nazionale del 2020 e 2021. Il “National Defense Authorization Act” è una direttiva annuale che rappresenta un’indicazione fondamentale per la definizione degli orientamenti della politica estera americana. Mentre i repubblicani sono stati tradizionalmente i più radicali nei confronti della Russia, l’accordo bipartisan sulla politica delle sanzioni scaturisce dalle elezioni presidenziali del 2016 che i democratici ritengono di aver perso a causa dell’interferenza russa. Mentre Joe Biden ha segnalato la sua volontà di correggere il danno apportato da Donald Trump al rapporto tedesco-americano, l’apertura dei negoziati sul Nord Stream 2 rappresenta un rischio politico per la nuova amministrazione a causa del sostegno bipartisan alle sanzioni.
Il 12 febbraio 2021, Reuters ha riferito che il senatore repubblicano Jim Risch e il senatore democratico Jeanne Shaheen in una lettera chiedevano al Dipartimento di Stato di non ritardare il rilascio di un rapporto al Congresso, richiesto dalle sanzioni adottate ai sensi del ” National Defense Authorization Act of 2021 ” [ 44 ] . I senatori hanno ricordato che questo rapporto dovrebbe essere presentato entro il 16 febbraio 2021. La funzione del rapporto è identificare le società coinvolte nella costruzione, assicurazione e certificazione di Nord Stream 2 al fine di imporre sanzioni a questi enti. Nella loro lettera, i senatori sono preoccupati per i resoconti della stampa secondo i quali ” il governo tedesco avrebbe fatto un’offerta chiedendo agli Stati Uniti di ignorare le sanzioni imposte dalla legge ”. I parlamentari ritengono che ” Il rapporto degli Stati Uniti con la Germania sia una pietra angolare dell’alleanza transatlantica “, “Ma consentire il completamento del Nord Stream 2 non è un percorso costruttivo per questa partnership “. L’offerta tedesca a cui fanno riferimento i legislatori è contenuta in una lettera parzialmente divulgata da Die Zeit nel settembre 2020 e poi pubblicato integralmente dall’associazione ambientale tedesca DUH il 9 febbraio 2021. In questo documento del 7 agosto 2020, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz (SPD) propone al suo omologo americano Steven Mnuchin ” di aumentare massicciamente il sostegno pubblico alla costruzione “dei terminali GNL di Brunsbüttel e Wilhelmshaven mettendo a disposizione fino a un miliardo di euro”, ” In cambio, gli Stati Uniti consentiranno il completamento e il funzionamento senza ostacoli del Nord Stream2“. Senza lasciare dubbi sul loro scopo, Jim Risch e Jeanne Shaheen si sono detti ansiosi di lavorare con il Dipartimento di Stato “per porre fine a questo pericoloso progetto”.
Successivamente, il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha ricordato la posizione della sua amministrazione nei confronti del Nord Stream 2: “ È un brutto affare perché divide l’Europa, espone l’Ucraina e l’Europa centrale alla manipolazione russa, va contro gli obiettivi energetici e di sicurezza fissati dall’Europa stessa ”. Poi Ned Price ha affermato che “le sanzioni sono solo uno strumento ” e che il Dipartimento di Stato lavorerà a stretto contatto con i suoi alleati e partner per rafforzare la sicurezza energetica europea e proteggersi da “comportamenti predatori”. “. Alla domanda sull’intenzione del Dipartimento di Stato di rispettare la scadenza del 16 febbraio 2021, Ned Price ha affermato di essere impegnato a collaborare con il Congresso per garantire che i legislatori “abbiano le informazioni di cui hanno bisogno. Il più rapidamente che siamo in grado di fornire loro“.
Il 16 febbraio 2021, il rapporto non è stato pubblicato e il portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, si è accontentato di annunciare che Joe Biden determinerà se le sanzioni fermeranno il progetto [ 45 ] . Ciò ha provocato l’invio di una nuova lettera, questa volta dalla Camera dei rappresentanti e indirizzata ad Antony Blinken [ 46 ] . In questa lettera, i repubblicani Michael McCaul e Adam Kinzinger così come i democratici Marcy Kaptur e Ruben Gallego chiedono all’amministrazione di chiarire lo stato del rapporto. I rappresentanti chiedono al Segretario di Stato di informare il Congresso su come vede Nord Stream 2. I legislatori hanno anche chiesto che l’esecutivo rendesse nota ” Qualsiasi proposta avanzata all’amministrazione Biden sul futuro del gasdotto che cerchi di persuadere l’amministrazione a rinunciare o indebolire le sanzioni obbligatorie “. La lettera elenca quindici navi che sarebbero punibili ai sensi della legislazione in vigore dal 1 ° gennaio 2021. Come i senatori, i membri della Camera dei rappresentanti si sono detti pronti a collaborare con il Dipartimento di Stato ” per contrastare l’influenza dannosa della Russia, compreso garantire che Nord Stream 2 non sarà mai completato come previsto dalle sanzioni del Congresso obbligatorie volte a chiudere il gasdotto ”.
B. La strategia della massima pressione da parte dei parlamentari
Il 19 febbraio 2021, il Dipartimento di Stato ha finalmente rilasciato il suo rapporto al Congresso. Il rapporto identifica la nave Fortuna e il suo proprietario, KVT-RUS, come obiettivi di nuove sanzioni dopo quelle imposte il 19 gennaio 2021 sotto CAATSA. Il documento identifica anche 18 aziende che hanno terminato il loro lavoro sul progetto dopo gli avvertimenti degli Stati Uniti [ 47 ] . Questo rapporto, che non include le società europee e in particolare le società tedesche negli enti sanzionabili, mostra chiaramente la volontà dell’amministrazione Biden di risparmiare i partner europei.
L’emarginazione di un certo numero di società da parte del rapporto dell’amministrazione Biden non è stata accettata dai membri del Congresso. Jessica Skaggs, portavoce di Ted Cruz, ha affermato che “il senatore Cruz si aspetta che l’amministrazione Biden adempia ai suoi mandati legali per imporre sanzioni a qualsiasi nave, assicuratore o certificatore coinvolto nelle attività di posa dei gasdotti, in parte perché sa che il Dipartimento di Stato dispone già di tutte le informazioni di cui ha bisogno per imporre queste sanzioni . “ Ha aggiunto: ” È pronto a utilizzare l’intera gamma di prerogative del Senato per garantire che soddisfino questo requisito “. Da parte sua, Michael McCaul ha ritenuto che ” Le designazioni delle sanzioni odierne sono del tutto inadeguate “mentre Jim Risch ha stabilito che” questo rapporto non chiarisce quali ulteriori passi l’amministrazione Biden ha intrapreso per far rispettare pienamente la legge e porre fine a questo progetto “.
Il 23 febbraio 2021 si è tenuta una riunione telefonica riservata tra il Dipartimento di Stato e le squadre del Congresso. Secondo le informazioni di Axios [ 48 ], le domande dei funzionari del Congresso si sono concentrate sul motivo per cui l’amministrazione Biden non ha sanzionato più navi che lavorano sul Nord Stream 2, dato che si dice che un certo numero di loro sia identificabile. Dopo mezz’ora, la chiamata si è conclusa improvvisamente in quello che alcuni repubblicani hanno interpretato come un atto volontario del Dipartimento di Stato mentre il Dipartimento di Stato ha perorato l’incidente tecnico. Due giorni dopo fu organizzato un nuovo incontro, questa volta non classificato. I funzionari repubblicani hanno mostrato una crescente ostilità nei suoi confronti. Uno di loro ha chiesto ai membri dell’amministrazione perché non avevano sanzionato direttamente Nord Stream 2 AG da quando la società ” si identifica come la società incaricata della progettazione, costruzione e esercizio del gasdotto . “. I funzionari hanno spiegato che determinare le attività sanzionabili è un processo lungo. Mentre una portavoce del governo tedesco aveva fatto riferimento a ” uno scambio tra il governo americano e la Germania riguardante il gasdotto Nord Stream 2 Molly Montgomery, vice segretario dell’Ufficio per gli affari europei ed eurasiatici, ha negato qualsiasi trattativa su un accordo che consentirebbe la costruzione del gasdotto. I funzionari del Dipartimento di Stato hanno detto alle persone con cui hanno parlato al Congresso che la parola “scambio” non dovrebbe essere interpretata come negoziazione. Si dice che l’amministrazione Biden abbia semplicemente espresso preoccupazione per l’oleodotto ai tedeschi.
Secondo Politico , la direttrice del Consiglio di sicurezza nazionale per l’Europa, Amanda Sloat, si preoccuperebbe di un’adozione troppo rapida di sanzioni aggiuntive mentre l’amministrazione cerca di ristabilire le relazioni tra Stati Uniti e Germania [ 49 ] . Tuttavia, in una lettera a Joe Biden del 3 marzo, 40 senatori repubblicani hanno chiesto all’amministrazione Biden di imporre ulteriori sanzioni ” senza indugio “. Due giorni dopo, sono stati i repubblicani alla Camera dei rappresentanti a inviare una lettera ad Antony Blinken in cui richiedono la valutazione del Dipartimento di Stato sulla situazione di quindici navi e tre entità (il promotore Nord Stream 2 AG, l’assicuratore LLC Insurance Company Constanta e il Russian Shipping Register) che i parlamentari considerano impegnati in attività sanzionabili. Il radicalismo di questi parlamentari li porta a chiudere la porta a qualsiasi proposta di accordo che consentirebbe la messa in servizio del Nord Stream 2 anche se la Germania offre un risarcimento significativo: ” Inoltre, se l’amministrazione Biden accetta un accordo con la Germania che rinuncia alle sanzioni obbligatorie del Congresso in cambio di un vago impegno per il transito del gas ucraino o un impegno a investire in infrastrutture energetiche europee, non solo gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti e dell’Europa , ma sarebbe anche un affronto alle prerogative costituzionali del Congresso. “.
I rappresentanti repubblicani alludono qui a proposte sia interessanti che ambiziose trasmesse in particolare da eminenti membri del “ Consiglio Atlantico ” in un articolo intitolato “ Riconciliare le differenze transatlantiche sul Nord Stream 2 ” pubblicato il 2 febbraio 2021 [ 50 ] . I tre ex alti funzionari del Dipartimento di Stato, Richard Morningstar e Daniel Stein, che in particolare hanno lavorato duramente per costruire il corridoio sud, così come Daniel Fried, coordinatore della politica di sanzioni dell’amministrazione Obama, delineano alcune strade con l’obiettivo di limitare i potenziali rischi che il Nord Stream 2 genererebbe, in particolare nell’Europa centrale e orientale:
. Gli autori chiedono un’estensione dell’accordo di transito del gas russo attraverso l’Ucraina oltre il 2024 al fine di garantire una fonte continua di entrate per l’Ucraina. Come per la conclusione di questo accordo nel 2019, la sua estensione richiederebbe il coinvolgimento della Commissione europea e della Germania nei negoziati. Le garanzie finanziarie di sostegno e le sanzioni contro gli interessi russi potrebbero essere concordate tra gli occidentali per compensare il mancato guadagno se Gazprom avesse rinunciato ai suoi impegni.
. Gli autori propongono di incoraggiare gli acquirenti di gas europei a designare il confine russo-ucraino come punto di consegna per parte dei loro acquisti di gas russi e ad aumentare questo volume nel tempo. Questi acquirenti, piuttosto che Gazprom, potrebbero essere responsabili del pagamento del transito attraverso l’Ucraina, garantendo così una fonte di entrate di transito più affidabile rispetto ai pagamenti russi a seconda dei capricci politici.
.Nell’ambito dell’accordo di associazione con l’Unione europea, l’Ucraina si è impegnata a liberalizzare i suoi mercati energetici nazionali, decarbonizzare la sua economia e integrarsi nei mercati energetici europei. Sono necessari massicci investimenti in particolare nello sviluppo della rete elettrica, nel campo dell’efficienza energetica, nello sviluppo della produzione di energia e in particolare delle energie rinnovabili e dell’idrogeno verde. Per raggiungere questi obiettivi, l’Ucraina ha bisogno di aiuto esterno. La Germania è il principale contributore economico dell’Ucraina attraverso aiuti bilaterali e istituzioni finanziarie europee e multilaterali. Gli Stati Uniti sono i principali sostenitori politici e di sicurezza dell’Ucraina. Sulla base di questa osservazione, gli autori di ” Atlantic Council ”raccomandano che la Germania e gli Stati Uniti approfondiscano il loro coordinamento per sostenere l’Ucraina nelle riforme del settore energetico e nella transizione energetica.
.Gli autori chiedono alla Germania di intensificare il suo sostegno alla Three Seas Initiative imitando l’impegno finanziario di 1 miliardo di dollari che gli Stati Uniti hanno promesso a questa organizzazione. La Three Seas Initiative mira a rafforzare la resilienza dell’Europa centrale e orientale sostenendo lo sviluppo di infrastrutture e interconnettori GNL che consentono al gas di fluire in tutte le direzioni tra i paesi della regione. Gli autori ritengono che la Germania, come gli Stati Uniti e la Polonia, dovrebbe sostenere l’adesione dell’Ucraina alla Three Seas Initiative. Questa adesione contribuirebbe all’integrazione europea dell’Ucraina dandole accesso a nuove fonti di finanziamento.Gli autori sostengono che questo finanziamento sarebbe tanto più importante in quanto i fondi europei a sostegno delle infrastrutture energetiche fossili, in particolare gli interconnettori del gas, si stanno prosciugando nel contesto delGreen Deal .
. Sebbene la responsabilità della regolamentazione delle operazioni di Nord Stream 2 spetti alla Germania e all’Unione, gli autori suggeriscono che gli Stati Uniti siano consultati nel processo di sviluppo dell’ambiente normativo in cui Nord Stream 2 si registrerà. Gli autori ritengono che la competenza americana potrebbe rivelarsi utile su questioni come l’accesso di terzi alla rete [ 51 ] .
Mentre i punti esposti sopra mostrano che una via d’uscita dalla crisi basata sull’azione collaborativa piuttosto che sullo scontro sarebbe possibile, i repubblicani della Camera dei rappresentanti concludono così la loro lettera del 5 marzo 2021 ad Antony Blinken: ” Conto Data la finestra di restringimento prima del completamento del gasdotto Nord Stream 2, ti invitiamo a presentare nuove designazioni di sanzioni al Congresso non appena le informazioni richieste saranno disponibili, piuttosto che aspettare fino al 17 maggio, quando l’attuale periodo di 90 giorni termina e il prossimo rapporto obbligatorio al Congresso è previsto. “.
Lo stesso 5 marzo 2021, il senatore del Texas Ted Cruz annunciò su Twitter che avrebbe ritardato la nomina del nuovo direttore della CIA, William Burns: ” Solleverò il blocco quando l’amministrazione Biden adempirà al suo obbligo legale di denuncia e sanzione delle aziende che costruiscono il gasdotto di Putin “. Il 10 marzo 2021, Antony Blinken ha dichiarato alla Commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti che il Dipartimento di Stato stava esaminando le possibilità di ulteriori sanzioni. Il giorno dopo, il Segretario di Stato si è prestato allo stesso esercizio davanti alla Commissione del Senato. Ted Cruz non era convinto della schiettezza dell’annuncio e ha risposto sospendendo la nomina di Brian McKeon come assistente del segretario di Stato per la gestione e le risorse e Wendy Sherman come assistente del segretario di Stato.
Il texano ha sostenuto il suo gesto affermando che la ripresa del cantiere Nord Stream 2 negli ultimi mesi è stata il risultato di ” segnali contraddittori da parte dell’amministrazione Biden ” circa la sua disponibilità ad applicare le sanzioni adottate ” con il massiccio sostegno bipartisan del Congresso per due volte. “. Ted Cruz sembra quindi dimenticare che i preparativi per il riavvio del sito sono stati intrapresi sotto l’amministrazione Trump e che la Fortuna ha iniziato a posare i tubi nelle acque danesi il 6 febbraio 2021, visibilmente poco imbarazzata dalle sanzioni specificamente mirate giorni prima sotto l’autorità di Mike Pompeo. Sembrerebbe, tuttavia, dalle informazioni di Bloomberg, che l’amministrazione Trump si stesse preparando nelle sue ultime settimane a sanzionare le entità tedesche ma alla fine non ha avuto il tempo di farlo. Tra i potenziali obiettivi c’era Matthias Warnig, l’amministratore delegato tedesco di Nord Stream 2 AG [ 52 ] .
Il 18 marzo 2021, Antony Blinken ha rilasciato una dichiarazione in cui indicava il suo impegno a far rispettare la legislazione. Subito dopo, Ted Cruz ha revocato la sospensione delle nomine di William Burns e Brian McKeon mantenendo la sospensione di Wendy Sherman fino a quando l’amministrazione non imporrà completamente le sanzioni alle entità identificate dai membri del Congresso. Nonostante il segno di buona volontà rappresentato dal comunicato di Antony Blinken, la pressione parlamentare non si è allentata ed è stata nuovamente espressa il 23 marzo 2021 attraverso la voce di due senatori democratici. Nella loro lettera, Jeanne Shaheen e Bob Menendez hanno invitato l’amministrazione a impegnarsi in una ” spinta diplomatica completa ” per fermare Nord Stream 2: ” L’amministrazione Trump non è riuscita a chiudere definitivamente questo gasdotto e per quasi quattro anni non ha mai utilizzato gli strumenti di sanzioni disponibili per farlo, quindi apprezziamo la tua leadership in questo momento critico in cui il gasdotto è in fase di completamento ” [ 53 ] .
Oltre a ricevere questa chiamata a essere ancora più deciso dei suoi predecessori, Antony Blinken ha partecipato al suo primo incontro a Bruxelles con i suoi omologhi della NATO. Il Segretario di Stato, con le spalle al muro, ha rilanciato le richieste del Congresso dichiarando: ” Una legge negli Stati Uniti ci obbliga a sanzionare le società che partecipano agli sforzi per completare il gasdotto ” [ 54 ] . Alcuni membri dell’amministrazione sembrano ancora rimanere determinati a limitare i danni. Secondo Politico , durante il mese di marzo 2021, il Dipartimento di Giustizia ha dato l’approvazione legale ad almeno due serie di sanzioni contro Nord Stream 2 AG e il suo CEO Matthias Warnig [ 55 ]. Ma questa approvazione sarebbe stata annullata nella prima metà di aprile 2021 perché alcuni funzionari avrebbero stimato che queste entità europee non hanno raggiunto, per il momento, la ” soglia legale ” necessaria per essere sanzionate. Da parte del Congresso, questa ” soglia legale ” è fortemente denunciata come una nozione vaga.
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Il PEESA autorizza il presidente a porre fine alle sanzioni se l’amministrazione certifica al Congresso ” che sono state messe in atto adeguate misure di salvaguardia ” per ridurre al minimo la capacità della Russia di utilizzare il progetto di gasdotto sanzionato ” come strumento di coercizione e leva politica “, e a garantire ” che il progetto non porterà a una diminuzione di oltre il 25% del volume delle esportazioni energetiche russe che passano attraverso i gasdotti esistenti in altri paesi, in particolare in Ucraina ” [ 56 ]. La legislazione e gli intellettuali, come Richard Morningstar, Daniel Stein e Daniel Fried, consentono di immaginare un’uscita dalla crisi costruttiva e non conflittuale. Ma i legislatori statunitensi lo permetteranno? L’appetito parlamentare per le sanzioni è il risultato di profonde dinamiche economiche e politiche. Da un lato, i repubblicani sono strettamente legati all’industria del gas americana, che ha un bisogno vitale di assicurarsi sbocchi. D’altra parte, la volontà di attaccare gli interessi russi è una delle uniche fonti di comprensione bipartisan. Affinché Biden possa revocare le sanzioni, dovrà essere armato di una volontà politica molto forte e di una proposta importante dalla Germania.
Le disposizioni della legge sull’autorizzazione della difesa nazionale del 2021 » prevedono un periodo indefinito per consultare gli alleati prima di imporre sanzioni. Alcuni membri del Congresso temono che Joe Biden approfitterà di questo periodo per ritardare l’imposizione di misure più severe al Nord Stream 2. Il tempo di gioco potrebbe essere un’opzione favorita da Joe Biden, sperando nell’emergere di un nuovo governo tedesco co-guidato dai Verdi. In effetti, i Verdi dovrebbero diventare i principali partner della CDU all’interno della prossima coalizione di governo prodotta dalle elezioni federali tedesche nel settembre 2021. Il 19 marzo 2021, Reuters ha riferito che i Verdi avevano incluso nel loro programma elettorale la loro intenzione di impedire la realizzazione di Nord Stream 2 considerando che ” Il progetto del gasdotto Nord Stream 2 non è solo un progetto politico per le sue implicazioni climatiche ed energetiche, ma anche perché provoca danni geopolitici – soprattutto in considerazione della situazione in Ucraina – e deve quindi essere arrestato ” [ 57 ] .
Il ruolo primordiale che il Congresso gioca nell’atteggiamento che gli Stati Uniti stanno adottando nei confronti del Nord Stream 2 evidenzia il fatto che le differenze strategiche che attraversano la comunità transatlantica sono strutturali e non il risultato di un solo Uomo , il presidente Trump , sebbene la sua personalità cristallizzasse le tensioni. La posizione estremamente dura dell’amministrazione Trump e del Congresso pone l’amministrazione Biden nella posizione di chiedere un significativo quid pro quo nei negoziati con la Germania.
Da parte russa , l’estensione del contratto di transito attraverso l’ Ucraina fino al 2024 significa che la messa in servizio di Nord Stream 2 non è un’emergenza. Grazie a questo accordo, Gazprom ha una capacità sufficiente per i volumi che esporta. Le condizioni sembrano quindi mature perché la battaglia attorno al Nord Stream 2 continui per un po’ . È probabile che gli innumerevoli punti di tensione nel dossier producano molti altri colpi di scena.
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