LA GUERRA SU DELEGA E IL RUOLO DELL’OCCIDENTE, di Marco Giuliani

LA GUERRA SU DELEGA E IL RUOLO DELL’OCCIDENTE

La crisi tra Kiev e Mosca, ma non solo, è ormai una questione di logoramento

 

C’è ancora qualcuno che crede a Zelensky quando, collegandosi con le tv di mezzo mondo, sostiene di trattare (per modo di dire) personalmente le condizioni riguardo al conflitto? C’è ancora chi è disposto a pensare che i contatti – sia quelli bilaterali con la Russia, sia quelli a livello consultivo con i suoi alleati (per modo di dire) occidentali – siano intrapresi in base alle sue iniziative? Forse qui in Italia qualcuno finge di esserne convinto, ma probabilmente la maggior parte dell’opinione pubblica internazionale si sta pian piano rendendo conto del gioco (sempre più pericoloso) per corrispondenza che si sta perpetrando nell’Est europeo. Lo si intuisce anche guardando le reazioni in rete.

Kiev, e chiunque stia approcciando una debole, debolissima bozza per riuscire ad aprire un tavolo di negoziato (vedi Erdogan), devono per forza tener conto delle variabili dipendenti: la Nato, che vuol dire Biden e Stoltenberg, e l’Ue, che vuol dire Von Der Leyen e Borrell. Ergo, coloro che sembrano favorevoli a che la guerra prosegua pur di indebolire Mosca. Sta diventando infatti ogni giorno più evidente che, qualora alcuni partners atlantici dovessero riuscire a fare fronte comune contro Putin (che ha un consenso interno altissimo), i relativi sviluppi non interesserebbero nella stessa misura tutte le parti in causa, a cominciare da Washington. E nonostante buona parte dei media occidentali – in prima fila le maggiori testate italiane – continui a negare l’evidenza, cioè che la guerra non si ferma con le sanzioni e l’indiscriminato invio di armi agli ucraini (l’Italia sta stanziando individualmente un cash più alto del Pil pre-pandemia 2019), ormai solo i propagandisti costruiti ad hoc potranno contare su un ritiro dei russi dal Donbass e dal confine sudorientale con la forza. Probabilmente è tutta una tattica, rispetto alla quale il gioco sporco viene lasciato fare al governo ucraino, che registra tra l’altro una certa stanchezza del suo apparato militare e, sembra, anche l’impossibilità di continuare i combattimenti presso alcune zone del fronte.

Oggi, dopo più di tre mesi dall’inizio del conflitto, verrebbe spontaneo chiedersi: in Ucraina c’è un’opposizione politica disposta a dire “stop” alle ostilità – ovviamente rivendicando le sue ragioni – e a proporre le condizioni per dare luogo a un percorso di pace? A Washington, c’è o meno una corrente parlamentare che intimi a Biden di rallentare la sua immane spesa rivolta a spedire bombe e cannoni a Kiev? Qualche avvisaglia c’è stata, ma si è trattato solo di voci isolate e in netta minoranza; secondo alcune stime, per sovvenzionare la guerra di Zelensky la Casa Bianca sinora ha speso circa nove miliardi e seicento milioni di dollari, e sembra non aver intenzione di fermarsi. E di riflesso, neanche Mosca, che pure ha posto al centro dell’attenzione mondiale la questione delle minoranze russe dall’ormai lontano 2014.

Che tipo di alleanza è quella secondo cui c’è un committente che spedisce il materiale bellico e poi dice al destinatario “ok, adesso vai e combatti” senza sporcarsi gli stivali sul campo oppure senza offrire uno straccio di appoggio in termini di soldati? Si vis pacem para bellum, diceva Vegezio, e lo stesso stanno dicendo Usa e UE all’Ucraina. Ma il prezzo, eccetto la drammatica realtà delle sanzioni e dei blocchi del granturco da Est per cui le difficoltà si estendono su scala globale, lo stanno pagando unicamente le due parti in causa. È plausibile che l’establishment di Kiev non tenti (almeno) di far sentire la sua voce per indurre l’icona televisiva Zelensky a trattare? È molto strano che ciò non avvenga, a meno che anche questo non sia abilmente celato dai media main stream. Ma sinceramente, anche il più fazioso mistificatore con poco sale in testa farebbe fatica a credere che l’opinione pubblica ucraina accetti di buon grado le perdite e il sangue versato sino a questo momento tacendo tout court, oppure accettando di buon grado la situazione in segno sacrificale. Tutto ciò si inserisce in un contesto di logoramento che non è più solo militare e politico, ma anche e soprattutto psicologico, come accadde negli anni di guerra fredda. Così, mentre l’alleanza atlantica, previa campagna d’informazione a senso unico telecomandata da Washington e Bruxelles prepara l’ennesimo pacchetto di sanzioni, nei cieli del Mar del Giappone russi e cinesi svolgono le loro esercitazioni militari mostrando i muscoli. Ricompattate e unite come prima, più di prima.

 

  MG

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

insideover.com/difesa

notiziegeopolitiche.net

repubblica.it, 30 aprile 2022, sezione news

www.agi.it/estero/news

www.quifinanza.it,https://quifinanza.it/economia/ucraina-ma-a-europa-conviene-appiattirsi-su-biden/627345/

wired.it, Le conseguenze della guerra, 24 maggio 2022

L’Europa sta precipitando nel medioevo, di Alexey Osinsky

L’Europa sta precipitando nel medioevo
12 APRILE 2022

L'Europa sta precipitando nel medioevo

Poiché in Europa non ci sono quasi risorse naturali significative, in termini di volumi, cadrà molto al di sotto del XIX secolo, cioè nel Medioevo, quando praticamente non c’erano industrie su scala industriale. L’Europa non sfuggirà ad altri problemi connessi: le guerre eterne dei paesi europei tra di loro.

L’entità delle sanzioni anti-russe adottate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti colpisce non solo l’economia della Russia stessa, ma anche il mercato globale, compresi gli autori dell’idea stessa. Prima dell’inizio della globalizzazione economica, era ancora possibile tentare di isolare alcuni paesi. Ma anche questo esperimento non avrebbe portato gli iniziatori delle sanzioni ai risultati sperati, per non parlare del fatto che l’isolamento è impossibile in linea di principio, se parliamo della Russia.

Il presidente degli Stati Uniti Biden ha affermato che l’economia russa sarebbe stata riportata al “XIX secolo”. Allo stesso tempo, il capo della Casa Bianca ha dimenticato di menzionare in quale secolo di storia mondiale l’Unione Europea apparirà automaticamente come principale partner e alleato di Washington. La risposta a questa domanda è semplice. Poiché in Europa non ci sono quasi risorse naturali significative, in termini di volumi, cadrà molto al di sotto del XIX secolo, cioè nel Medioevo, quando praticamente non c’erano industrie su scala industriale. L’Europa non sfuggirà ad altri problemi connessi: le guerre eterne dei paesi europei tra di loro.

L’indebolimento della stabilità europea avviato dall’Occidente è senza precedenti. Il pacchetto di sanzioni anti-russe comprende molti settori dell’economia, a cominciare dalle materie prime e dal settore bancario per finire con la logistica, le catene di trasporto che si sono formate per decenni tra la Federazione Russa e l’UE, dall’Unione Sovietica. Una delle aree è la fornitura di petrolio e gas russo all’Europa. L’Europa è stata costretta a farlo ai tempi dell’URSS e al culmine della Guerra Fredda, non per una bella vita, ma perché semplicemente non c’erano altre alternative. Allo stesso tempo, non si è mai parlato del fatto che la Mosca sovietica avrebbe “ricattato” qualcuno legandolo deliberatamente ai suoi gasdotti. L’Occidente stesso ha chiesto la posa di tali tubi,

Al momento, tutti questi paesi sono rimasti al loro posto, mentre la domanda energetica dell’Europa è aumentata molte volte. Ne consegue che l’Europa scende volontariamente nel periodo del Medioevo, quando al suo interno non c’erano particolari richieste di materie prime. In altre parole, l’Europa non sarà in grado di risolvere il compito di sostituire gli idrocarburi russi. Anche il gas stoccato negli impianti di stoccaggio europei non sarà una salvezza, poiché è completamente selezionato. Non si può nemmeno menzionare l’aumento dei prezzi del gas nell’UE, questo parametro è entrato in modalità disastro.

Per quanto riguarda l’argomento bancario, è importante ricordare che dal 2014 la Russia pratica il proprio analogo di SWIFT, si tratta di un sistema di trasmissione di messaggi finanziari (SPFS), che è abbastanza in grado di soddisfare le richieste di queste istituzioni.

Interessanti anche altri ambiti delle sanzioni anti-russe. Se l’Occidente è pronto a sottrarre ai partner russi una parte significativa della flotta aerea di aerei civili che sono stati noleggiati, in questo caso, la stessa Europa non avrà bisogno di questi aerei. Senza collegamenti aerei con la Russia, in condizioni di forte riduzione di voli, rotte, flussi di passeggeri e carburante per aerei, gli europei non avranno presto nessun posto e nessun motivo per volare. E all’interno della stessa Europa, tenendo presente il suo territorio relativamente piccolo, sarà del tutto possibile viaggiare in bicicletta, con un trasporto ecologico. Nel Medioevo non c’erano biciclette e aerei senza carburante e al minimo, e questa sarà l’unica differenza rispetto a circa 1400.

La stessa Federazione Russa subirà molto meno un duro colpo per l’industria aeronautica, poiché la piccola Europa, situata sul bordo occidentale, in linea di principio non limita l’ampio raggio di tutte le altre compagnie aeree. Soprattutto se si considera che i russi preferiscono rilassarsi vicino ai mari caldi, in cui l’Europa è relativamente povera. In una situazione del genere, la Russia rafforzerà automaticamente i legami con un certo numero di paesi in Asia, America Latina e Africa, il che più che bloccherà la direzione europea, che si suggellerà.

Secondo le leggi fondamentali dell’economia, le sanzioni imposte da Bruxelles nei confronti della Federazione Russa colpiranno la stessa Europa, che non potrà tornare al suo stato abituale, che le ha permesso di posizionarsi come uno dei centri del moderno, mondo high-tech non molto tempo fa. Per definizione, il mondo moderno ha assunto il massimo grado di partenariato e cooperazione, che gli ha permesso di far avanzare il sistema economico globale.

L’Europa, ovviamente, sarà in grado di cuocere separatamente il pane e fare il vino dall’uva, ma è improbabile che questo formato affronti le sfide del XXI secolo. Una tale tendenza parlerà della sua immersione nel passato ora per sempre. Soprattutto se ricordiamo che nel medioevo in Europa non c’era nemmeno acqua potabile pulita e fresca, il che provocava la necessità di bere vino regolarmente. Se gli europei considerano tale intossicazione, illusioni come la migliore via d’uscita dalla situazione, resta da augurare loro un interessante viaggio nella propria antichità.

Nello stesso periodo, in Russia appariranno sicuramente nuovi Sikorsky, Zworykin e Tchaikovsky, che attireranno nuovamente l’attenzione di tutto il mondo. Per quanto riguarda l’economia, negli ultimi otto anni, la Russia ha dimostrato che le restrizioni occidentali non hanno avuto molto effetto su di essa. Ciò significa che non verranno forniti in futuro. C’è solo una cosa che si può dire con certezza: i principali processi mondiali stanno affluendo rapidamente dai paesi occidentali all’Asia, anche con l’aiuto dell’Occidente stesso. Non sarà possibile invertire questo processo.

https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2731

Ucraina, il conflitto militare 5a parte_con Max Bonelli

Quinta puntata del reportage di Max Bonelli. Una breve scorribanda sulla situazione economica della Russia raffrontata alle intenzioni delle politiche sanzionatorie decise dagli Stati Uniti e da buona parte dello schieramento occidentale. Una breve disamina della situazione sul fronte. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v15xz4e-ucraina-il-conflitto-5a-parte-con-max-bonelli.html

PUNTO DI VISTA DEL GENERALE FRANCESE JACQUES GUILLEMAIN: Situazione Russia-Ucraina

Sempre dalla Francia_Giuseppe Germinario

In questi tempi in cui la ragione sembra aver lasciato le cancellerie occidentali e le redazioni europee, in questi tempi in cui l’isteria di massa anti-Putin sembra prendere il posto di una profonda riflessione e di una inevitabile risposta politica, mi limiterò a ricordare alcune realtà che il mondo, in delirio, sembra aver dimenticato.

Ma non mettiamo troppo alle strette l’orso russo, perché l’Ucraina non vale un olocausto nucleare. È bene ricordare ai guerrafondai che giocano con il fuoco, il fuoco nucleare va d’accordo. Quando la pace sarà tornata e gli animi si saranno calmati, gli storici analizzeranno questa guerra per identificare oggettivamente le vere responsabilità.
L’oltraggiosa demonizzazione di un nemico non fa parte della panoplia ad uso di storici degni di questo nome. Nel frattempo, ecco alcuni promemoria: sono
stati gli americani a rifiutare, nel 1990, che la Russia fosse ancorata all’Europa.
Furono ancora gli americani a promettere a Gorbaciov di non espandere mai la NATO a est.
Quando il Patto di Varsavia è stato sciolto nel 1991, l’Occidente ha mantenuto la NATO con i suoi 16 membri, per lo più europei. Vincitori della Guerra Fredda, gli americani, invece di costruire la pace, hanno integrato 14 paesi dell’ex URSS nell’Alleanza e hanno installato i loro missili ai confini della Russia, che non minacciava più nessuno.
Nel 2022, cinque paesi della NATO hanno ancora armi nucleari americane sul loro suolo. Chi minaccia chi?
Dal 1990, la NATO non ha più nulla di un’alleanza difensiva, è, al contrario, uno strumento offensivo agli ordini di Washington di governare il mondo.
La NATO è sempre l’aggressore, in Serbia, in Libia, in Iraq, in Siria, in Afghanistan. Con i successi che conosciamo…
Nel 1999 la Nato ha bombardato la Serbia alleata con Mosca con un’armata di 800 aerei e ha smembrato il Paese amputandolo dalla provincia del Kosovo, divenuta uno stato mafioso, sede di tutti i traffici: esseri umani, armi, narcotici e organi.
L’Occidente piange la sorte dell’Ucraina, ma ha applaudito ai bombardamenti della sfortunata Serbia, ingiustamente accusata di genocidio. Questi attentati criminali contro un piccolo paese che non aveva attaccato nessuno sono durati 78 giorni. Gli aerei della NATO hanno effettuato 38.000 sortite, provocando numerose vittime e vittime civili.
La ripresa della Crimea da parte di Mosca è quindi solo il giusto ritorno del boomerang per l’indipendenza del Kosovo, imposto a Belgrado in totale violazione del diritto internazionale ea dispetto della Russia, ancora troppo indebolita per opporsi a questa ignominia.
Quando Putin si rifiuta di vedere l’Ucraina diventare una base NATO avanzata ai confini della Russia, è esattamente ciò che Kennedy rifiutò nel 1962, quando Krusciov volle installare i suoi missili nucleari a Cuba.
No, non è stato Putin a seppellire gli accordi di Minsk. È l’Ucraina che non li ha mai rispettati rifiutandosi di concedere l’autonomia al Donbass filorusso.
L’Occidente geme per la sorte dell’Ucraina, ma dal 2014 anche gli abitanti del Donbass sono stati oggetto di perpetui bombardamenti ucraini senza che l’Europa o l’America ne siano state mosse. 13.000 morti in 8 anni.
Cosa ne pensa Zelensky, colui che fa piangere tutte le cancellerie occidentali? Cosa ne pensa BHL, il paladino della disinformazione su tutti i televisori? Il reggimento Azov, che tortura e decapita i soldati russi, sconvolge il nostro grande combattente per i diritti umani, o ci sarebbero vittime più degne di interesse di altre?
Tutto l’Occidente presumibilmente vuole la pace, ma una ventina di paesi stanno armando l’Ucraina e alimentando le braci. Alcuni di loro vogliono persino consegnare aerei da combattimento! Pura follia. Le armi individuali finiranno nelle mani dei gruppi mafiosi ucraini, poi nelle cantine delle nostre periferie, come quelle dell’ex Jugoslavia.
Zelensky continua ad alimentare le braci e a chiedere sanzioni sempre più severe contro il popolo russo. Vuole che la Russia sia bandita dai porti e dagli aeroporti di tutto il mondo. Vuole bandirlo da tutti gli organismi internazionali. È un guerrafondaio che la stampa europea elogia.
Quello che vuole è un impegno della NATO a rischio di una conflagrazione generale. Il sostegno degli occidentali gli dà le ali e continua a fare pressione sull’Europa. L’Occidente fa di lui un eroe, mentre lui peggiora le sofferenze del suo popolo solo rimanendo rinchiuso nel suo bunker.
Ma Zelensky non è un santo. Guida un paese corrotto. Il reggimento Azov è davvero un’unità nazista, che l’Occidente si rifiuta di riconoscere. Moralità eterna a geometria variabile del poliziotto del mondo… Annunziando brutalmente che l’Ucraina sarebbe stata la benvenuta all’interno dell’UE, Ursula von der Leyen ha dimostrato, ancora una volta, la sua incompetenza e la sua totale irresponsabilità, mentre Putin si oppone a questa adesione e a qualsiasi integrazione nella NATO . Niente di meglio per guidare ancora di più l’orso russo ed è difficile fare di più stupido! Non è Thatcher che vuole!
Zelensky ha colto al volo l’occasione, parlando davanti al Parlamento europeo per chiedere una procedura di adesione accelerata. Come se l’Europa dovesse integrare immediatamente uno stato corrotto e in bancarotta circondato da elementi nazisti!!
Nessuno sa come finirà questa guerra fratricida. Ma se gli occidentali avessero ascoltato le legittime richieste di Putin, per garantire la sicurezza della Russia, il mondo non sarebbe qui. È tempo che gli europei non si comportino più come vassalli degli Stati Uniti, che hanno fatto di tutto per infiammare la regione e togliere i marroni dal fuoco di questo conflitto, senza sparare un solo colpo.
Hanno ravvivato la moribonda NATO, hanno rilanciato la Guerra Fredda per 30 anni, hanno seppellito per sempre il grande progetto di una vasta Europa dall’Atlantico agli Urali, tanto caro a de Gaulle. Possono gioire. E gli europei ingenui applaudono, in nome della pace e del diritto internazionale, mentre seminano odio per la loro escalation permanente delle sanzioni.
Quando sento Bruno Le Maire voler distruggere l’economia russa, facendo precipitare così il popolo russo nella miseria, mentre Putin vuole solo tagliare la testa al corrotto Stato ucraino, limitando il più possibile le vittime civili, dico che non è l’Ospite del Cremlino che ha perso il controllo. Se gli hacker russi bloccano il suo ministero, non dovrebbe sorprendersi. Con i nostri 3.000 miliardi di debiti, la nostra industria e la nostra agricoltura che sono andate avanti, questo ministro della bancarotta dovrebbe essere più discreto. Auspicare il naufragio economico della Russia è criminale.
Continua a mettere alle strette l’orso russo con sanzioni folli e avremo la nostra guerra nucleare. Hiroshima alla potenza di 20! Per cinque giorni l’Occidente ha fatto la scelta dell’escalation senza mai parlare di trattative.
A torto, perché né l’Europa né gli Stati Uniti hanno i mezzi per impegnarsi in un vero confronto con la Russia, in prima linea per molti armamenti convenzionali.
Pertanto, Putin andrà fino in fondo con i suoi obiettivi. Per 30 anni l’Occidente ha ingannato e umiliato i russi. Questa era è finita, ora sarà un equilibrio di potere tra Mosca e l’Europa. Aver vinto la Guerra Fredda per tornare al punto di partenza 30 anni dopo è sicuramente il fallimento politico più clamoroso dal 1945. Grazie zio Sam, grazie élite europee!
Tutta la pace in Europa deve essere ricostruita. E noi francesi lasciamo la NATO. Non dobbiamo essere gli ausiliari degli Stati Uniti nelle loro guerre di dominio. Con i russi ci conosciamo bene, abbiamo una lunga storia in comune. Ci apprezziamo e ci rispettiamo a vicenda. Abbiamo visto i cosacchi per le strade di Parigi, certo, ma chi oltre alla Grande Armée è arrivato fino a Mosca? Nel 1942 fu creato un gruppo di caccia FFL francese per combattere al fianco degli aviatori russi.
Il gruppo Normandia-Niemen. È l’unica unità occidentale che ha combattuto all’interno dell’Armata Rossa contro i tedeschi. Questa unità si distinse presto e conquistò la stima dei piloti russi in combattimento. E oggi la popolazione fiorisce la tomba di questi piloti francesi sepolti sul posto. Alla fine della guerra, il comando russo lasciò che questi piloti multidecorati tornassero in Francia con gli aerei su cui avevano combattuto. “Il dono al reggimento ”Normandie-Niemen” di tutti gli aerei su cui avevano volato era una manifestazione della sincera amicizia tra il popolo francese e quello sovietico”. — Il maresciallo Aleksandr Novikov. Vi ricordo anche che sono stati i russi a vincere la guerra.
Hitler inghiottì l’80% del suo esercito nelle steppe russe. Senza il sacrificio del popolo russo, gli Alleati non sarebbero mai stati in grado di sbarcare. Gli occidentali hanno la memoria corta.
Pertanto, vedere oggi la Francia di Macron considerare i russi come nemici è infinitamente triste. Bruno Le Maire trasuda odio, ululando stupidamente con i lupi, senza la minima conoscenza del problema, della posta in gioco e dei rischi della guerra. Un’altra luce da Macronie!
Mandare alla disperazione la prima potenza nucleare del mondo facendola morire di fame, detto da un ministro della Repubblica, non è solo questione di stupidità senza nome, ma anche di psichiatria.
JG

https://tribune-diplomatique-internationale.com/jacques_guillemainrussieukraine/

Differenza nella leadership degli eserciti della Russia e della NATO sul fronte ucraino, del Generale Dominique Delaward

 

Risposta a Mr. Myard, sul confronto tra Stati Uniti e Russia in Ucraina.

Se buona parte della tua analisi sui rischi che il conflitto ucraino sfugga di mano mi sembra corretta, torno alla frase: “Le informazioni fornite dagli americani sono state decisive per contrastare l’avanzata russa, di cui l’esercito ha dimostrato incapace di adattarsi, a causa di concetti militari obsoleti.

Ex capo del Joint Operational Planning Staff “Situation-Intelligence-Electronic Warfare”, non condivido affatto questa parte dell’analisi che si basa su una “valutazione della situazione” imprecisa che è, in effetti, la conclusione di un atlantista di parte posizione, volta a far credere agli ucraini che la Russia sia debole, per spingere l’Ucraina a resistere fino alla fine e farle prevedere, con l’aiuto occidentale, una vittoria. Ecco la mia argomentazione:

Fino a prova contraria, la Russia non ha dichiarato una mobilitazione parziale e ancor meno generale delle sue forze per svolgere questa “operazione speciale”. Nell’ambito dell’operazione Z, finora ha utilizzato solo il 12% dei suoi soldati (professionisti o volontari), il 10% dei suoi aerei da combattimento, il 7% dei suoi carri armati, il 5% dei suoi missili e il 4% della sua artiglieria. Tutti osserveranno che il comportamento delle élite dominanti occidentali è, finora, molto più febbrile e isterico del comportamento del governo russo, più calmo, più placido, più determinato, più sicuro e padrone di sé, della sua azione e della sua discorso. Questi sono fatti.

La Russia non ha quindi utilizzato le sue immense riserve (riserve che quasi non esistono più nell’UE). Ha più di una settimana di munizioni come dimostra ogni giorno sul campo. Non siamo così fortunati in Occidente dove la carenza di munizioni, l’obsolescenza dei principali equipaggiamenti, la loro insufficiente manutenzione, il loro basso DTO (Technical Operational Availability), l’assenza di riserve, la mancanza di formazione del personale, la natura campionaria delle moderne equipaggiamenti e molti altri elementi non ci permettono di considerare seriamente, oggi, una vittoria militare della NATO contro la Russia. Per questo ci accontentiamo di una guerra “economica”, sperando di indebolire l’orso russo.

Veniamo alla qualità della leadership militare della parte russa e confrontiamola con quella della “coalizione occidentale”.

Il 24 febbraio i russi hanno intrapreso urgentemente una “operazione speciale” preventiva, che ha preceduto di pochi giorni un assalto delle forze di Kiev contro il Donbass.

Questa operazione era speciale perché la maggior parte delle operazioni di terra si sarebbero svolte in un paese gemello e in aree in cui gran parte della popolazione non era ostile alla Russia (Donbass). Non si trattava quindi di una classica operazione ad alta intensità contro un nemico irriducibile, si trattava di un’operazione in cui la tecnica del rullo compressore russo, schiacciando con l’artiglieria le forze, le infrastrutture e le popolazioni avversarie (come in Germania durante la seconda guerra mondiale) era impossibile da prevedere. Questa operazione era speciale perché era più, nel Donbass, un’operazione per liberare una popolazione amica, ostaggio dei battaglioni di rappresaglia ukro-nazisti, e martire per 8 anni ., un’operazione in cui le popolazioni civili e le infrastrutture dovevano essere risparmiate il più possibile.

Questa operazione fu quindi davvero speciale e particolarmente difficile da condurre, tenendo sempre presenti le esigenze contraddittorie di ottenere la vittoria avanzando e occupando il terreno, risparmiando la popolazione e le infrastrutture civili e la vita dei propri soldati.

Inoltre tale operazione è stata effettuata, finora, in inferiorità numerica (quasi uno contro due), mentre il rapporto delle forze a terra richieste in offensiva è di 3 contro 1, e addirittura 5 contro 1 in zona urbanizzata. Anche le forze di Kiev hanno compreso perfettamente l’interesse di trincerarsi nelle città e di utilizzare le popolazioni civili di lingua russa e russofila come scudo umano…

Osservo che, sul campo, le forze russe continuano ad avanzare, giorno dopo giorno, lentamente ma inesorabilmente contro un esercito ucraino che ha raggiunto la sua mobilitazione generale, che è aiutato dall’Occidente, e che dovrebbe combattere per la sua terra. ..

Mettere in discussione la qualità della dirigenza russa, impegnata in un’operazione militare molto complessa, condotta in inferiorità numerica, in cui bisogna fare di tutto per evitare eccessivi danni collaterali. mi sembra un grosso errore di valutazione. Troppo spesso, inoltre, prestiamo ai russi, in Occidente, intenzioni o obiettivi di guerra che non hanno mai avuto, solo per poter dire che questi obiettivi non sono stati raggiunti.

È vero che la NATO non si è mai preoccupata con scrupolo di schiacciare sotto le bombe le popolazioni civili dei paesi che ha attaccato (spesso con falsi pretesti), per costringere questi paesi a chiedere pietà. (Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia, ecc.). Più di un milione di bombe NATO sono state sganciate dal 1990 sul pianeta, causando la morte diretta o indiretta di diversi milioni di individui nella più totale indifferenza dell’opinione pubblica occidentale.

Prima di passare all’esame della leadership occidentale, per il confronto con la leadership russa, ricordiamo che la NATO ha impiegato 78 giorni di bombardamenti e 38.000 sortite aeree per costringere la piccola Serbia a chiedere l’armistizio. Ricordiamo che la Serbia è 8 volte più piccola dell’Ucraina e 6 volte meno popolata, e che è stata attaccata dalla NATO, senza un mandato dell’ONU, in un equilibrio di potere di oltre dieci a uno. Qualcuno in Occidente si è allora interrogato sulla qualità della leadership della NATO, che ha impiegato 78 giorni per sconfiggere il suo avversario serbo con un tale equilibrio di forze? Qualcuno ha messo in dubbio la legittimità di questa azione avviata con un falso pretesto (falso massacro di Racak) e senza un mandato delle Nazioni Unite?

Conosco bene, avendolo misurato io stesso negli USA per diversi anni, la qualità della leadership statunitense, che è anche quella della Nato e che, siamo onesti, non è buona, con poche eccezioni. Nel tentativo di valutare la qualità della loro leadership e le possibilità di vittoria in un possibile conflitto, gli USA utilizzano due metodi:

1 – Per High Intensity Warfare, le valutazioni si svolgono presso un grande accampamento militare situato in Nevada: Fort Irwin.
Tutte le brigate meccanizzate o corazzate dell’esercito americano effettuano soggiorni di addestramento e controllo in questo campo, a intervalli regolari. Ho avuto il privilegio di frequentarne molti. Dopo tre settimane di addestramento intensivo in questo campo, con tutte le attrezzature principali, c’è un’esercitazione su vasta scala per concludere il periodo, prima che la brigata torni alla sua città di guarnigione. La brigata si oppone a un piccolo reggimento dotato di equipaggiamento russo e che applica la dottrina militare russa. Si chiama OPFOR (Forza di opposizione).

Statisticamente, secondo l’ammissione del generale comandante del campo e direttore di queste esercitazioni militari ad alta intensità, la brigata statunitense perde la partita 4 volte su 5 contro l’OPFOR russa. Pochi sono i comandanti delle brigate americane che possono vantarsi di aver prevalso sulla “OPFOR russa” a Fort Irwin.

Alla domanda su questa stranezza, il comandante del campo ci ha sempre risposto: “non importa, il comandante di brigata impara dai suoi errori e non li ripeterà in una situazione reale”. Possiamo sempre sognare…

Dal mio punto di vista di osservatore esterno, i fallimenti dei comandanti di brigata statunitensi sono stati semplicemente legati al loro addestramento, che consiste nel seguire alla lettera schemi e regolamenti senza mai discostarsene, anche se la situazione si presta a prendere iniziative. e/o azioni opportunistiche, al di fuori della normativa. Il “principio di precauzione” o “filosofia del difetto zero” paralizza i leader, ritarda il processo decisionale, riduce lo slancio e molto spesso porta al disastro nei combattimenti ad alta intensità.

A Fort Irwin, questa catastrofe si osserva nell’80% dei casi a danno delle brigate statunitensi. È un fatto.

2 – Per formare lo Stato Maggiore Generale, e cercare di valutare le possibilità di successo in un possibile conflitto, vengono organizzate ogni anno esercitazioni ad alto livello di Stato Maggiore (Giochi di Guerra). Questi wargames sono anche intesi, infatti, come prove delle azioni militari previste. Alla fine della catena, ci sono le unità dei tre eserciti per concretizzare le decisioni prese dallo Stato Maggiore degli Stati Uniti.

Va notato che tutti i wargame previsti contro la Cina sono andati perduti dal campo statunitense, il che potrebbe spiegare la cautela degli Stati Uniti nei loro rapporti con la Cina.

Io stesso ho partecipato nella primavera del 1998 a uno di questi wargame che non era altro che la ripetizione, prima del tempo, della guerra in Iraq del 2003.

Va anche notato che i wargame contro l’Iran sono stati persi dalla parte statunitense e in particolare, nel 2002, il wargame Millennium Challenge. Quell’anno, il generale del Corpo dei Marines Van Riper , che comandava l’OPFOR iraniana , affondò un intero gruppo di portaerei statunitensi (19 navi) e 20.000 uomini in poche ore, prima che la leadership statunitense si rendesse conto di cosa gli stava succedendo.

Non parlerò qui di wargame contro le forze russe perché non conosco i risultati.

Se a tutto ciò aggiungiamo le guerre perse dagli USA dalla guerra del Vietnam al pietoso ritiro dall’Afghanistan nell’ottobre 2021, non possiamo che essere molto scettici sulla qualità della leadership statunitense, quindi la NATO.

In conclusione, direi che dobbiamo stare attenti prima di menzionare le carenze della leadership russa. Forse sarebbe opportuno togliere il raggio che ostruisce gli occhi della dirigenza occidentale prima di evocare il puntino che si può trovare negli occhi della dirigenza russa. Se la leadership russa ha, agli occhi di alcuni, sottovalutato la capacità di resistenza dell’esercito ucraino, la leadership occidentale ha sottovalutato la capacità di resistenza russa alle sanzioni economiche occidentali e la sua capacità di immaginare contro-sanzioni molto efficaci che danneggeranno le economie di l’UE e li indebolisce sempre più nei confronti degli USA e nella loro concorrenza con la Cina.

La leadership occidentale ha anche sottovalutato il sostegno su cui la Russia potrebbe contare nella guerra economica contro di essa (sostegno della SCO, dei BRICS, di molti paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina e persino dei paesi del Golfo , produttori di gas e petrolio). Tutti questi paesi che rifiutano di sanzionare la Russia sono spesso paesi esasperati dall’egemonia del mondo unipolare occidentale e dalle sanzioni che vengono loro applicate unilateralmente per la minima deviazione dalle regole stabilite dagli Stati Uniti per servire i loro interessi.

Sul piano militare e in vista di una guerra nucleare, gli occidentali guadagnerebbero finalmente non sottovalutando le prestazioni dei vettori e delle tecnologie russe .

Dobbiamo stare attenti prima di prendere alla lettera e riferire le perentorie dichiarazioni e analisi dei servizi di intelligence occidentali e tenere a mente la superba dichiarazione di Mike Pompeo, ex Segretario di Stato americano :

Ero direttore della CIA e abbiamo mentito, imbrogliato, rubato. Era come se avessimo avuto interi corsi di formazione per imparare a farlo.

Da parte mia, preferisco condividere/ritrasmettere il bellissimo articolo del generale Jacques Guillemain sulla crisi ucraina che mi sembra ricordare alcune verità che è sempre bello sentire .

Generale (2S) Dominique Delawarde

Dopo periodi di supervisione delle unità militari della Legione Straniera (2° RE e 3° REI) e dei Cacciatori alpini (6°, 7° e 11° A.C.), poi alla supervisione dei cadetti, in particolare a Saint Cyr, il generale (2S) Dominique Delawarde fu capo della Situazione-Intelligence -Guerra Elettronica presso lo Staff di Pianificazione Operativa Congiunta.
Ha servito più di 8 anni fuori dalla Francia: negli Stati Uniti, in Sud America e in Medio Oriente nell’ambito dell’ONU, più di un anno nei Balcani nell’ambito dell’ONU e della NATO, e più di sei mesi in Medio Oriente (Emirati, Qatar, Kuwait).

https://stratpol.com/comparatif-du-leadership-des-armees-de-russie-et-de-lotan/

La battaglia del grano, di Antonio de Martini

LE FALSE INFORMAZIONI E LE CONTINUE VISITE DEI GOVERNANTI ” AMICI” A KIEV RINCUORANO I MORITURI MA ALLUNGANO INUTILMENTE I TEMPI DELLA GUERRA

UN ESEMPIO ECLATANTE E MOLTO GETTONATO E’ LA BATTAGLIA DEL GRANO. LEGGERE PER CREDERE.

Non un giornalista che controlli le notizie. Non un politico che si renda conto che le sue “visite al fronte” servono unicamente a far resistere gli ucraini alla paura e alla sofferenza e consentire forniture in esenzione delle regole d’appalto per quaranta miliardi USA e quasi altrettanti Europei.

Prendiamo in esame, oggi, le balle sull’approvvigionamento di dei poveri africani e mediorientali.

La prima balla è che il grano americano e canadese è insufficiente, la seconda e che il mercato africano e mediorientale è un mercato già divenuto americano dato che il grano made in USA gode di sovvenzioni doppie rispetto a quello prodotto in Europa ed è ultraconcorrenziale.

La terza balla è che l’Ucraina è il maggior produttore mondiale di grano e più in generale cereali.

Messe assieme , si crea la grande crisi alimentare mondiale destinata ad arricchire ulteriormente i satrapi della Continental grains e della Borsa Merci di Chicago.

Come prova che la verità è un’altra eccoti, caro lettore, le statistiche della FAO. L’ente delle Nazioni Unite per il rilevamento della produzione agricola mondiale che gli USA dichiarano nato a Hot Springs ( USA) nel secondo dopoguerra e che il resto del mondo sa essere nata a Roma come Istituto Internazionale d’Agricoltura nel 1905 a iniziativa del signor David Lubin ( un mecenate ebreo polacco naturalizzato americano) sotto gli auspici di re Vittorio Emanuele III di Savoia.

I dati reali sono reperibili sul web e se le ho rimediate io, può rimediarle qualsiasi giornalista che aspiri a meritarsi questo titolo senza arrossire.

https://www.fao.org/faostat/en/#country/185

https://www.fao.org/faostat/en/#country/230

Apri i link, soprastanti, ( uno riguarda la produzione russa e l’altro quella ucraina) vai in fondo dove vedi l’ultima tabella ( “production”); passaci sopra col mouse e trovi l’ipertesto con tutte le spiegazioni e dati anno per anno. Guardando l’anno più recente, ma anche altri anni a piacere, troverai che la Russia è il primo produttore mondiale e sforna più del doppio della produzione di cereali dell’Ucraina.

La narrativa occidentale accredita l’Ucraina come primo produttore e la colpa del rincaro dei cereali sarebbe dei russi…..

Se queste notizie circolando provocano rialzi enormi dei prezzi e migliaia di persone moriranno, agli strateghi del Dipartimento di Stato e del Foreign Office britannico non importa.

L’importante è che la notizia passi come una ennesima colpa dei russi.

Dopo una dozzina di balle coordinate di questa portata – tutte con esiti letali per migliaia di innocenti sparsi nel mondo – ogni paese sarà, pensano loro, pronto a fare e sostenere la guerra contri i cattivi russi che affamano e speculano. Diventerà una guerra di difesa, quindi accettabile ai palati delicati delle opinioni pubbliche.

Questa è la ragione per cui cerco, nel mio piccolo e coadiuvato da pochi amici, di sventare il castello di bugie nel quale vogliono imprigionarci per condurci a morire, chi per bombe, chi per fame, chi per fifa.

L’importante è che il manipolo di psicotici pazzi attorno al presidente Biden, continui ad arricchire e il mondo continui a credere allo zio Sam e ai suoi schiavetti che danno la colpa ai russi.

BEI TEMPI, GRANDI AFFARI, GRANDI INVIDIE.

Si dice – ma non si sa chi lo dice- che la neutralità non è più di moda. Due paesi sono stati indotti a fare richiesta di adesione alla NATO. Ebbene, vedrete che presto, smontato il castello di carte truccate, dovremo ringraziare Tajip Erdogan che ha dichiarato che “non vuole rompere né con Putin , né con Zelenski.” Ha aggiunto che “non vuole la terza guerra mondiale“. Si chiama neutralità positiva costruzione della pace e non mi importa perché lo faccia.

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ERDOGAN SCEGLIE L’INGHILTERRA COME ALLEATO PREFERENZIALE, di Antonio de Martini

ERDOGAN SCEGLIE L’INGHILTERRA COME ALLEATO PREFERENZIALE E SI APRE NUOVI SPAZI POLITICI E INDUSTRIALI IN ASIA E AFRICA.

E’ l’INTERMEDIARIO IDEALE E DISCRETO CON CUI L’U.K. VUOLE TORNARE A EST DI SUEZ E A OVEST DEL CAIRO.

Mentre in Europa si chiacchiera e si affidano gli Affari Esteri a giovanotti di pessime speranze, l’Inghilterra si muove con fulminea rapidità e , forte dell’esperienza politica e diplomatica che nessuno ha più su entrambe le sponde dell’Atlantico avendo bruciato ogni classe dirigente degna di nota, Boris Johnson ha evidentemente offerto al governo USA la propria capacità relazionale coi fratelli Mussulmani e il mondo ” east of Suez” – dal quale il laburista Wilson si era ritratto per lasciare il posto agli USA – per fungere da sub appaltatore delle ambizioni americane. E da bravo Robinson Crusoe, si é trovato il suo Venerdì.

Liberatosi delle pastoie della Unione Europea, ha ripreso i contatti privilegiati, mai interrotti, con l’ex “Zona di libero scambio” (che, come associazione, ha continuato ad esistere con sede in Svizzera) e ha ripreso i legami tra i servizi di intelligence che non aveva mai abbandonato dagli anni trenta quando mise a punto una rete di servizi di intelligence in funzione anti hitleriana per ordine di Chamberlain.

La richiesta di adesione alla NATO della Svezia ( e del suo stato vassallo Finlandia) sono state il primo visibile – anche se non confessato- frutto della nuova cooperazione USA-UK, dopo l’alleanza con l’Australia cui hanno promesso la tecnologia nucleare; La virulenza del danese segretario Generale NATO Jens Stoltenberg é spiegabile con questa stessa ottica, come l’evidente impegno diretto inglese nella guerra ucraina

La Turchia di Erdogan é passata, causa la storica ammirazione ( anche di Ataturk) per gli inglesi, da “rascal” dell’alleanza a brillante diplomatico che surroga l’Inghilterra ovunque questa scandalizzerebbe per la sua disinvoltura antieuropea: in Libia, in Katar, In Nigeria, in un periplo africano completo che come risultato ha portato una fase di unrest solo nei paesi francofoni. E noi ci vediamo solo un venditore di tappeti…

Le minacce a Cipro e alla Grecia sono un ricordo, con Israele é pace fatta, le limitazioni poste all’export di armi e tecnologie dall’Inghilterra sono state completamente tolte ( il che equivale alla fine dell’embargo USA…) , il ricordo delle guerre fatte assieme agli inglesi contro gli Zar , rivive e il presidente Biden può guardare più serenamente alle elezioni di mezzo termine se riuscirà a far reggere Zelenski fino a novembre e a smantellare i bastioni del neutralismo nordico per portarli nella NATO che acquisterà più armi con riduzione degli esborsi USA….

Le obiezioni turche all’adesione degli scandinavi verrà presto presentata come ” un alleggerimento del fianco destro dell’alleanza” e conseguente alleggerimento della pressione russa al sud grazie al nuovo ipotetico fronte.

Icurdi verranno barattati per la quarta volta in nome degli interessi superiori dell’alleanza e anche per riallacciare al meglio il rapporto con il regime di Teheran..

Intanto il partito dei Mullah, che gli americani definivano sprezzantemente ” a british hobby” sembra essere diventato utile come la rocca di Gibilterra che Churchill rinfacciò a Roosevelt in risposta alla critica fatta agli inglesi di volersi impossessare di isolette e basi un pò dappertutto.

Alla fine, tutto torna utile.

Dell’acquisto del sistema d’arma S400 ( non 300 come si ostina a dire il corrispondente del TG1 da Mosca)si vedrà il bicchiere mezzo pieno ( studiare la tecnologia), Ankara non rientrerà nel programma F35 che ha bisogno di clienti e la Svezia ha aerei suoi SAAB…., perché Erdogan ha ambiziosi progetti per la costruzione di un aereo militare tutto turco da vendere da Islamabad a Doha e, perché no? a Teheran e ai mullah che con gli inglesi hanno avuto sempre ottimi rapporti finanziari.

Se fossi in Leonardo, ( Augusta Westland) mi preoccuperei per le sorti della Joint Venture con la Westland che potrebbe ambire a mercati ben più vasti.

La Turchia ritornerebbe al suo ruolo storico di protettrice del mondo sunnita ( e questo include anche l’Africa francofona).

Intanto la pacifica Costa d’Avorio e il Ghana attraverso i suoi presidenti improvvisamente affratellati dalle visite di Erdogan, ( Nana Akupo Asso e Alassan Guattara) hanno scoperto di produrre il 60% del cacao del mondo e vorrebbero raddoppiare il prezzo di 2600 a tonnellata ( che sarebbe comunque inferiore a quanto gli europei pagano la Cina di circa 7000 a tonnellata). Devono essere stati informati dall’intelligence della Costa d’Avorio che, come noto, ha ottimi agenti in Cina. Come gli inglesi.

Hakan Fidan, capo del servizio segreto turco: Erdogan gli deve la vita essendo colui che ha monitorato e sventato il tentativo di colpo di stato del luglio 2016. E’ diventato deputato senza lasciare l’incarico al servizio e si dice che potrebbe succedere al presidente. quando sarà il momento. Sulla parete del suo ufficio troneggia la foto di Mustafa Kemal a testimonianza della continuità nazionale e di destino dei turchi.

I protestanti della Nigeria che non sopportano di dover dipendere da una Vescova ufficialmente lesbica americana, preferiscono una interlocuzione mediata da Machos turchi per affinità culturale e i 17 milioni di protestanti tornerebbero a dialogare con gli anglicani.

Questo nuovo posizionamento spiegherebbe l’acrimonia del presidente Emmanuel Macron nei confronti della Turchia che lo ha sostituito nel cuore della anziana regina, e la conseguente strategia dell’amicizia nei nostri confronti per non essere del tutto espulsi dal Mediterraneo dopo il fiasco libanese e quello siriano.

https://corrieredellacollera.com/2022/05/21/erdogan-sceglie-linghilterra-come-alleato-preferenziale-e-si-apre-nuovi-spazi-politici-e-industriali-in-asia-e-africa/

IL CONGELAMENTO DI AGOSTO e strategia USA, di pierluigi fagan

IL CONGELAMENTO DI AGOSTO.

Raccolgo qui una serie di informazioni, articoli, opinioni lette in questi giorni sulla stampa internazionale, per tentare la risposta alla domanda su quanto manchi alla fine del conflitto russo-ucraino. Sviluppiamo il ragionamento in forma ovviamente ipotetica, sebbene riteniamo di aver solide ragioni che limitano il campo delle ipotesi. E la risposta alla domanda è simile a quella data, se ben ricordo, poco tempo fa da un generale ucraino ed altri analisti che indicava agosto come termine dello scontro armato. Perché?

Chiariamo innanzitutto che con “termine del conflitto” intendiamo non la pace, ma la sospensione delle operazioni sul campo, quello che chiamano “congelamento del conflitto”, il conflitto rimane, diventa diplomatico o prende altre forme politiche ed economiche e perde quelle militari. Agosto è la stima del tempo che i russi potrebbero impiegare per prendere territorio dell’est fino ai confini amministrativi pieni dei due oblast del Donbass. Quasi raggiunto l’obiettivo per il Lugansk, manca ancora un bel po’ per il Donestsk. A quel punto, i russi potrebbero vantare appunto tutto il Donbass, la striscia sud fino all’antistante di terra della Crimea, il Mar d’Azov trasformato in un lago russo, la Crimea che già avevano annessa, il blocco navale completo nell’antistante Odessa, Kherson, la centrale di Zaporizhzhia (la più grande d’Europa) e altri annessi.

I russi avevano dato gli obiettivi dell’operazione militare speciale già il 7 marzo in una intervista Reuters a Peskov e da allora sono stati ribaditi ogni volta che ne hanno avuto occasione. Che fossero i veri obiettivi o gli obiettivi di minima qui non ci interessa, ci interessa fossero la versione ufficiale perché è rispetto a questa che il Cremlino chiederà alla propria opinione pubblica e quella internazionale, di esser giudicato.

Il pacchetto prevedeva 3+2 punti. 1) De-militarizzazione. Si potrà dire che le strutture militari ucraine sono state in buona parte degradate anche se il bilancio reale nessuno lo potrà fare anche perché l’obiettivo così espresso era sufficientemente vago. Vedremo se effettivamente ci saranno prove dei fatidici laboratori biologici o delle temute manipolazioni di materiale atomico per bombe sporche. In più, se le strutture logistiche e le dotazioni originarie sono state senz’altro colpite, i grandi trasferimenti d’arma dalla NATO ed in particolare UK ed USA, non erano previsti e non possono entrare nel bilancio; 2) de-nazificazione. Obiettivo semmai anche più vago del precedente. Senz’altro la fine dell’epica di Azovstal (non ancora del tutto conclusa), gli interrogatori, le foto, i processi, le condanne dei superstiti dell’Azov e tutto l’intorno, daranno dimostrazione che tale obiettivo è stato raggiunto o almeno così si potrà sostenere all’ingrosso; 3) dopodiché, che l’Ucraina non possa entrare dalla porta d’ingresso nella NATO rimarrà proprio nella misura in cui il conflitto non terminerà formalmente forse per anni, lo vieta un articolo del regolamento di accettazione nell’organizzazione, 4) che la Crimea non sarà riconosciuta legittimamente russa non è un problema tanto la richiesta aveva come fine farsi togliere le sanzioni relative e s’è capito che quelle sanzioni rimangono ben poca cosa dopo quelle comminate in questi tre mesi; 5) il punto chiave ovvero il riconoscimento delle due repubbliche popolari, verrà superato dal fatto che avranno ottenuto il doppio di territorio originario, più tutto ciò che va dal Donbass alla Crimea, con un bel po’ di materie prime ed industrie con le quali pagarsi le spese per il conflitto. Con prigionieri e prove di malefatte, da una parte e dell’altra, più il blocco navale, discussioni sui confini da provvisori a definitivi, c’è materia per almeno dieci anni di inconcludenti trattative. Ecco il perché della stima di agosto manca ancora il pieno controllo soprattutto dell’oblast di Donetsk. Infine, i russi potranno sempre dire che Zelensky si dovrà politicamente accollare tutti i morti e la distruzione materiale dell’Ucraina perché tanto alla fine ha perso anche più di quanto non avrebbe perso trattando il 7 marzo. Zelensky ed alleati potranno sempre dire “visto? se non ci battevamo avremmo preso ben di più”.

Si renderà anche chiara la logica del conflitto almeno sul piano militare e del perché è stata definita “operazione militare” e non guerra. Ripetiamo, non ci interessa quanto di tutto ciò fosse o sia vero o meno, va valutata la sostenibilità pubblica del discorso ed il discorso (che è stato così preparato strategicamente sin dall’inizio) così messo sta più che in piedi, piaccia o meno. Soprattutto a coloro che in questi mesi hanno scambiato i fatti con la fog-of-war propagandistica che ha lungamente vaneggiato di blitzkrieg, annessione di tutta l’Ucraina, cavalli russi che si abbeverano alle fontane del Vaticano ed eliminazione di Capitan Ucraina, tutta narrazione quale si conviene in casi del genere. Per altro speculare a quelle russe che hanno minacciato Armageddon un giorno sì e l’altro pure.

Tutto ciò, sarà la base su cui trattare, per anni. Un giorno gli ucraini apriranno al riconoscimento delle due repubbliche ma poi si ritrarranno, allora i russi diranno che stanno valutando l’annessione dell’intero Donbass nella Federazione rendendo il possesso del territorio irreversibile. Un giorno qualcuno farà qualche azione militare al confine per forzare la mano nelle trattative, poi la farà l’altro. Si tenga però conto che la piena perdita del Mar d’Azov ed il blocco navale di fatto nell’antistante Odessa, sono mani stringenti intorno al collo economico di ciò che resta dell’Ucraina. Aprire un po’ e poi richiudere il blocco sarà la tattica negoziale principale. Nei fatti, entrambi potrebbero aver interesse a non finire mai davvero la tenzone ufficialmente poiché il conflitto sottostante, rimane. Interesse della Russia tenere l’Ucraina per il collo, interesse degli ucraini andare a piangere dagli occidentali, interesse degli americani per sgridare gli europei sul fatto che non fanno abbastanza (svenandosi ancora di più ed a lungo, il che li renderà viepiù docili ed impegnati dal divide et impera di Washington), interesse di nuovo dei russi che vogliono vedere se e quando gli europei occidentali troveranno forza e coraggio di ribellarsi. Inoltre, né i russi, né gli ucraini sono politicamente in grado di giustificare internamente l’eventuale compromesso che ogni trattato di pace comporta.

Vediamo un po’ di saggiare la logica dell’ipotesi da entrambe le parti, partiamo dai russi. Che i russi volessero effettivamente più o meno questo e non altro, si deduce in chiarezza dalle poche truppe schierate in campo. Nell’est del fronte, sino ad oggi, si son visti più ceceni e repubblicani locali che russi veri e propri. Le dichiarazioni pubbliche di Putin da dopo il 9 maggio, si sono fatte meno urlate ed aggressive. Il supporto interno è ai massimi, quindi da qui in poi può solo scendere. Khodaryhonok, l’esperto militare russo che parla alla trasmissione di punta del primo canale russo, voce che ha l’aria di parlare con la voce più propria del Cremlino presentata però come opinione personale, giorni fa ha escluso la mobilitazione generale per chiari motivi di opportunità e sostenibilità che qualcuno invocava anche in Russia e l’altro giorno ha fatto una impietosa disamina della situazione motivazionale sul campo che vede senz’altro favoriti gli ucraini. Viepiù con l’arrivo dei nuovi sistemi d’arma americani. Più passa il tempo più le sanzioni faranno effetto. Si deve presumere, come poi verificheremo dall’altra parte, che tutta la comunità internazionale se non a favore, non contraria a Mosca, spinga alla cessazione delle operazioni, il disordine mondiale (soprattutto economico) è già oltre i livelli di sopportabilità. Così per la carestia alimentare e la turbolenza sul mercato delle materie prime. Ricordo che l’obiettivo reale dell’iniziativa russa travalica le questioni ucraine e se tale motivo era più che sufficiente per Putin, non lo è come possibile ed aperta condivisione sia interna, che esterna, più passa il tempo e si alzano i costi politici, economici, diplomatici. Quindi, fin qui va bene, ora basta.

Vediamo nell’altro campo. L’altro campo va diviso quantomeno in tre. C’è Zelensky e la sua banda che vuole un futuro per sé ed il proprio paese, l’asse anglosassone ed europei orientali, gli europei occidentali che hanno visioni diverse da quelli orientali.

Partiamo dagli ucraini. Gli ucraini hanno sin qui ottenuto grande visibilità e prestigio internazionale, molte promesse, armi, hanno contenuto i russi sul campo o almeno così si è percepito, si sono uniti come un solo uomo (non lo erano affatto). Ora debbono gestire la seconda fase. Ieri un ministro ucraino ha detto che lì c’è da sminare un territorio pari all’Italia, ogni giorno in più di guerra sono 30 giorni di sminamento ulteriore. Hanno fatto stime sulla necessità iniziale di un piano di ricostruzione di almeno 600 miliardi, più 5 di mero funzionamento amministrativo mensile, più le armi. Il Paese è nullo come attività economica, Pil, tassazione, insomma è a terra, completamente, manca pure la benzina. Hanno la questione del grano dove se non si sbrigano a svuotare i silos, non potranno riempirli col nuovo raccolto. Problemi con le altre esportazioni che sostenevano la magra economia ucraina. Hanno perso quasi 6 milioni di abitanti e la natalità già bassissima, si sarà ulteriormente bloccata. Si può immaginare che le precedenti élite economiche (oligarchi o meno), siano in fermento per non dire di peggio. Col tempo, gran parte della popolazione rimasta che è lontana dal fronte attivo, sentirà viepiù i morsi della crisi profonda e sempre meno lo spirito di patria compenserà la manca di pane e companatico, lavoro, requisiti minimi di normalità di esistenza.

Si apre così la partita con l’Europa occidentale. È l’Europa occidentale che dovrà contribuire più di ogni altro al futuro piano Marshall ed è la stessa che dovrà trovare il modo di inglobare l’Ucraina (paese che non era definito “democratico” prima delle guerra, corrotto a livelli stratosferici, privo di effettivo stato di diritto, con un Pil pro-capite a livello di repubblica centro-americana -133° posto-, senza politiche di genere e tratta delle donne giovani avviate alla prostituzione industriale della loro ampia malavita organizzata in affari con la ndrangheta, primo hub europeo per traffico d’armi e droga, con livelli di garanzia democratica e per i partiti e per la stampa inesistenti e da ultimo pure peggiorati) non certo pienamente nell’UE (impossibile per via dei parametri e del tempo richiesto per adeguarvisi, decenni su decenni, ma con l’opzione “Confederazione” che però è tutta da sviluppare). Ecco allora che il governo ucraino dipende dall’Europa occidentale per due ottimi motivi: a) il riconoscimento come candidato, obiettivo da vantare sul piano interno per le prossime elezioni in cui Zelensky rischia la testa (se non la rischia prima per altre ragioni); b) i soldi. È l’Europa occidentale che imporrà all’Ucraina di adeguarsi al congelamento del conflitto. Le armi debbono tacere, le luci si debbono spegnere, l’attenzione deve scemare per poter gestire il complesso dopoguerra. Crisi alimentare, commodities, milioni di esuli che già si lamentano, in attesa si comincino a lamentare le popolazioni che li ospitano una volta terminata la fase Eurovision, impossibile rinuncia sia al petrolio per non parlare del gas, inflazione ai massimi, migranti afro-arabi affamati, relazioni commerciali sovvertite, investimenti persi, catene logistiche da ristrutturare, mercato finanziario in contrazione mondiale, costo delle sanzioni, cisti del riarmo, un vero disastro.

Così dopo un certo allineamento delle intenzioni tra russi, europei occidentali che costringeranno gli ucraini ad adeguarsi, rimarrà l’asse anglosassone. Qui la situazione Biden in vista delle elezioni di mid-term (dall’inflazione agli effetti del terremoto economico-finanziario) è molto critica. Molte le altre cose da fare. Dal gestire il bottino NATO con i nuovi candidati scandinavi (al di là delle impuntature truche, ci vorrà ancora un anno prima di ottenere tutte le approvazioni e la strada potrebbe non esser così piana come ad alcuni sembra), alla ripresa dell’offensiva diplomatica soprattutto in Asia. In fondo, lo sfregio di reputazione russa si è ottenuto almeno per le platee occidentali, il declassamento d’immagine come superpotenza in parte, l’Europa che si riarma e stacca i legami con Mosca è forse il bottino più succoso, le sanzioni faranno il loro corso ed anzi ci sarà da tenere a bada gli europei che tenteranno qualche reversibilità e compromesso come stanno già facendo col fatidico pagamento in rubli a Gazprom.

Insomma, del Grande Conflitto per o contro l’Ordine Multipolare, che è la ragione propria di tutto questo macello, si potrà chiudere la prima fase, aprendo la seconda che si dovrà gestire a livello economico, finanziario, monetario, diplomatico e di alleanze, gestendo la complessa fase post-bellica, trasferendone il fulcro in Asia mentre si prepara la nuova puntata dell’Artico che è poi ciò che ha mosso al repentino assorbimento dei due scandinavi. Svezia e Finlandia hanno decenni di pacifica convivenza coi russi, nessun contenzioso, nessuna enclave russofona, nessuna ricchezza da disputarsi, la Svezia non ha neanche un confine di terra con la Russia. La Finlandia ce l’ha ma è esageratamente lungo, pianeggiante, disabitato e freddo, sostanzialmente indifendibile. Ma non si capisce cosa della Finlandia possa mai attrarre i russi. La loro frettolosa e sin troppo festeggiata adesione, non può che riferirsi a ben altro conflitto quale quello che si sta approntando per le risorse e la viabilità dell’Artico.

Il seguito di questo conflitto a scala planetaria non è facilmente ipotizzabile. Se lo è sul piano delle strategie generali, manca chiarezza sulla forza del suo soggetto ovvero l’attuale presidenza Biden. Quasi certa la perdita del Senato alle prossime mid-term, potrebbe perdere anche la Camera ed i due anni che, a quel punto, separeranno dalle presidenziali sarebbero una ghiotta occasione per i repubblicani per fargli perdere più punti di quanto ne potrebbe acquisire. Il tutto, in un contesto mondiale ormai disordinato irreversibilmente, con prospettive economiche plumbee. Di contro, potrebbe esser allora intenzione proprio dell’”anatra zoppa” drammatizzare il conflitto internazionale, specie se a quel punto diretto anche contro la Cina. Un richiamo a cui non potrebbero resistere neanche i repubblicani. L’enorme elargizione di dollari al complesso militare-industriale ha sempre affetti bipartisan.

Sin dall’inizio delle nostre cronache sul conflitto ucraino, ci siamo posti il problema tra l’estrema ambizione del piano americano e la sua forza relativa nel poterlo dispiegare nel tempo contro le avversità da esso stesso generate. Schematicamente, delle due l’una: o il piano è frutto di un entusiasmo poco avveduto strategicamente e realisticamente o si è prevista la necessità di alzare continuamente la posta per imporlo come unico schema di riferimento, forzando tutte le incertezze e contrarietà crescenti. Questo secondo caso sarebbe davvero preoccupante ed allora le continue uscite russe sull’opzione nucleare, passerebbero dal novero della semplice propaganda alla risposta a minacce strategiche che le opinioni pubbliche ancora non vedono con chiarezza.

https://pierluigifagan.wordpress.com/2022/05/19/il-congelamento-di-agosto/

STRATEGIA USA.
Continuiamo la nostra ricerca intorno al problema più volte qui segnalato ovvero l’apparente sproporzione tra l’ambizione che traspare nei piani americani e la forza effettiva dell’amministrazione Biden.
Quanto all’ambizione, non v’è dubbio che l’attuale amministrazione si sia data compito strategico di ampia portata ovvero fare i conti col destino apparentemente inevitabile di un ordine multipolare che annullerebbe ogni vantaggio sistemico per gli Stati Uniti. Fin qui nulla di particolarmente nuovo, il nuovo potrebbe essere nel modo di perseguire l’obiettivo o forse un nuovo molto antico. Nell’ambito del pensiero strategico americano, si è a lungo ritenuto la Cina il competitor a cui gli USA dovevano guardare. Alcuni realisti hanno anche prospettato come utile una “strategia Kissinger” che riproponesse il vecchio “divide et impera” applicato al tempo di Nixon, quando uno dei più conservatori presidenti americani venne portato a Beijing a stringere la mano addirittura a Mao Zedong, pur di separare comunisti cinesi da quelli russi che ai tempi erano il nemico principale. Secondo questa linea di pensiero, si sarebbe dovuto quindi cercare di staccare gli interessi russi da quelli cinesi. Ricordiamo che la Russia è una potenza armata non economica, la Cina il contrario, a grana grossa. Ha destato quindi un certo stupore verificare la foga e l’impegno materiale e politico straordinario con il quale Biden (qui come nome di una strategia collettiva di gruppi di potere di Washington) ha affrontato la, a lungo coltivata e poi scoppiata, guerra in Ucraina. Perché la Russia quando l’avversario strategico è la Cina?
Le strategie rispondono a problemi molteplici, quindi hanno ragioni molteplici ed applicazioni molteplici. La domanda semplice, quindi, non può non avere che una risposta complessa. Ma qui non abbiamo spazio e tempo per indagare questo campo di analisi. Diremo solo che ci sembra importante quanto dichiarato dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin il 25 aprile scorso ovvero che il fine dell’impegno USA nel conflitto ucraino ha come obiettivo “vedere la Russia indebolita” strutturalmente, cioè a lungo. “A lungo” va oltre il conflitto ucraino, si riferisce al conflitto multipolare che durerà anni, non mesi. Tre gli assi dell’agognato indebolimento: a) quello strettamente militare ovvero distruzione prolungata dei materiali bellici russi che richiedono anni per il rimpiazzo; 2) quello economico agito tramite sanzioni ed isolamento economico e finanziario, se non altro con il sistema occidentale, comunque, ancora ben al di sopra del 50% di ricchezza mondiale; 3) quello diplomatico che s’accompagna al secondo obiettivo. Come disegnato dal nuovo strategist della Casa Bianca, quel T. J. Wright ex direttore del Brookings Institute nel suo “All Measures Short of War” (2017), gli USA non possono recedere dalla prioritaria difesa dell’ordine “liberale” globale, senza arretrare di un millimetro nonostante la crescita dei problemi, dei concorrenti, del disordine del mondo sempre più complesso.
Solo che Wright proponeva una strategia complessa che non usasse più di tanto a leva bellica mentre ciò a cui assistiamo ed in conseguenza di ciò che ha detto Austin, va in senso contrario. Non si può fare i conti col desiderio strategico di voler vedere la Russia indebolita senza fare i conti con le questioni belliche poiché la forza della Russia è bellica, non economica. La loro stessa forza diplomatica che vediamo penetrare lentamente in Africa agisce tramite armi non investimenti come fanno i cinesi. Va qui precisato che la strategia generale di un sistema come gli USA, non è mai pensata e decisa da un solo attore, è vano cercare l’Autore originario in quanto non c’è, ci sarà un gruppo con molti attori neanche noti o visibili, di cui il presidente o il suo più stretto entourage politico, fa sintesi. Tra l’altro ciò permette il fatto che la strategia generale resti ignota nel suo disegno complessivo, poiché pochissimi ne condividono l’intera architettura. Quindi Wright va benissimo quando si tratta di sanzioni e diplomazia, ma non è affatto detto che si prenda sul serio la sua “Short of War”.
Torniamo allora al 14 aprile quando Biden convoca alla Casa Bianca i vertici degli otto maggiori produttori d’arma americani per un briefing generale. Ufficialmente, l’incontro è stato messo in relazione con i continui sforzi americani di armare gli ucraini. Pochi giorni prima, un think tank militare di Washington (CSIS) aveva sfornato un report in cui si diceva che già allora, gli americani avevano consumato un terzo delle proprie riserve di Javelin e Stinger e che ci sarebbero voluti tre-quattro anni per ripristinare le scorte per i Javelin, cinque per gli Stinger. Ma una fonte anonima della Casa Bianca ripresa dalla stampa americana, aggiungeva che non era solo per quello che s’era indetta la riunione. In effetti, se fosse stato solo per quello ce la si cavava con un paio di telefonate a Raytheon e Lockheed-Martin. La fonte faceva capire che: a) la prospettiva di fornitura e consumo d’armi sarebbe stata molto prolungata nel tempo; b) la questione non riguardava solo gli Stati Uniti e l’Ucraina, ma anche gli alleati.
Non passa giorno, incluso ieri, che Stoltenberg non ribadisca che il conflitto sarà molto, molto lungo. Ma non è questa la piega che sta prendendo il conflitto sul campo, gli ucraini non sono in grado per uomini e sostenibilità economica e psicologica di reggere un conflitto per “anni ed anni”. Né lo vogliono gli europei che poi son quelli che debbono mettere i soldi per la ricostruzione di cui tra l’altro Zelensky parla sempre più spesso come di cosa ormai anche più importante delle armi stesse. Altresì, la recente conversione armaiola di Germania, Europa e presto Giappone oltre ad Australia, Canada oltre a Gran Bretagna che sull’argomento fa da sé e si è già organizzata per tempo a riguardo (dichiarazioni Johnson già da molto prima del 24 febbraio ), chiama ad un impressionante incremento produttivo proprio americano poiché è l’unico competitivo sul mercato ad oggi e tale rimarrà almeno per i prossimi cinque-dieci anni o forse più visto il vantaggio tecnologico che ha su ogni altro tentativo di esplorare competitivamente questo particolare mercato.
Sono così andato a verificare cosa realmente producono non solo Raytheon e Lockheed-Martin, ma anche gli altri convocati alla famosa riunione, cioè: Boeing; Northrop Grumman; General Dynamics e L3Harris Technologies. Molti di questi non producono nulla che possa servire alla guerra in Ucraina, ad esempio forze aeree, spaziali, navali. Così, se a livello di radar, missili, droni e carri si poteva trattare la faccenda al telefono o a livello di singoli responsabili di approvvigionamento-produzione, per una grande stagione di riarmo generale, non solo americana ma occidentale in senso più ampio e tenuto conto se il riarmo occidentale trainerà il riarmo globale, la faccenda diventerà sistemica e quindi la riunione ci stava tutta.
Abbiamo qui già presentato la prossima puntata conflittuale dell’Artico che è poi quella che ha mosso la altrimenti inspiegabile entrata nella NATO dei due scandinavi (in pacifica convivenza coi russi da sempre, privi di contenziosi, di allettanti risorse, di russofoni maltrattati o di rilevanza strategica generale che la Scandinavia non ha mai avuto in nessun modo e quanto alla Svezia, addirittura di confini comuni coi russi). Riprendendo le analisi di un numero dedicato a suo tempo da Limes, Fabbri stesso l’altro giorno ricordava la base russa di Murmansk, l’unica libera dai ghiacci tutto l’anno, ad un tiro di schioppo dal confine finlandese, ma volendo anche svedese. Ma nell’incontro tra il turco Cavasoglu e Blinken, si è parlato anche di Caucaso (dove è in subbuglio l’Armenia, storico alleato di Mosca) e del centro-Asia i cui presidenti facenti parte della piccola NATO russa (CSTO) si sono di recente incontrati a Mosca, preoccupata dello scarso entusiasmo che gli alleati hanno sin qui mostrato per l’avventura russa in Ucraina. Pare in aumento anche il contingente americano in Siria, in Somalia, e si può sempre prevedere qualche ripresa delle dispute russo-giapponesi su Sakhalin (nientemeno che oro, argento, titanio, ferro, carbone e tra i più grossi giacimenti del mondo di gas e petrolio ancora non estratti) o la famosa disputa della Isole Curili in cui i russi hanno strategiche basi di navi e sottomarini.
Letti gli azionisti dei top-eight produttori d’arma ovvero il gotha finanziario dei grandi fondi di Wall Street che da mesi sta uscendo dalle posizioni sul hi-tech, si può riconsiderare il famoso sistema centrale del potere americano indicato da Eisenhower nel 1961 come oggi diventato: complesso militare-industriale-congressuale-finanziario. Il Congresso a cui Biden aveva chiesto da ultimo 30 mld per l’Ucraina, ha deciso invece di dargliene 40, sua sponte bipartisan poiché il sistema beneficia tutti e due i partiti. Il Congresso immette la liquidità, i militari chiedono all’industria di produrre per poi usare in proprio o vendere agli alleati ora avidi di armi che non sanno produrre in proprio. La finanza banchetta e così sono tutti felici. Industria e finanza, poi tornano parte del bottino in finanziamento dei partiti e dei singoli rappresentanti, anche col sistema delle porte girevoli, posti di lavoro per le corti di amici/amiche ed assistenti, think tank et varia. Le armi verranno regolarmente usate nella collana di perle di ferro dei mille conflitti che oscureranno la collana di perle di seta cinese. La Russia sarà sfiancata in attriti multipli, sotto sanzioni, punita diplomaticamente. Gli alleati non avranno scelta che seguire il capo branco anche perché non hanno forza, strategia ed intenzione alternative comparabili.
La forza del sistema denunciato più di settanta anni fa da un presidente che però era anche un generale ed anche repubblicano sebbene il suo famoso discorso d’addio vene scritto da un sociologo democratico (democratico ideologicamente, alla Dewey), può forse garantire la strategia anche dopo l’aspettata sconfitta alle prossime mid-term. Rimane una strategia ambiziosa, ma è calcolata. Bene o male lo vedremo. Chissà che alle prossime presidenziali americane non si sospenda il voto se gli USA, nel frattempo, saranno entrati in guerra in prima persona.
In questi giorni le frastornate opinioni pubbliche scoprono il problema alimentare globale noto già dai primi giorni di guerra ma inadatto ad esser allora posto vista l’urgenza della pressione comportamentista alla Watson-Skinner a base di “aggressore-aggredito”. Per questo, come per quello ecologico-climatico, come per quello geopolitico-economico-valutario-finanziario, gli USA hanno la soluzione, non è nuova ma funziona da cinquemila anni ed è obiettivamente forse l’ultimo loro esclusivo vantaggio comparato. Sempre che non sfugga di mano e non trascenda nell’atomico. Rischioso? Ce lo disse Ulrich Beck già nel 1986, la nostra è l’Età del rischio.

Korybko: corridoio transcaucasico, un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia

Le dinamiche geopolitiche stanno assumendo caratteristiche sempre più convulse e meno controllabili. Ad ogni azione, ad esempio le sanzioni americane ed occidentali contro la Russia, corrisponde una reazione non solo dell’oggetto delle azioni, ma anche degli spettatori sempre più partecipi del gioco, spesso riesumando vecchie ambizioni sopite nella fase bipolare. Il mondo è ancora troppo grande per realizzare il sogno per alcuni e l’incubo per i più di un dominio unipolare. Rimane per i primi la consolazione della ricerca di una nuova condizione bipolare in grado di consentire una spartizione concordata e di dirottare la competizione e il conflitto endemico nelle terre di nessuno che inevitabilmente resisteranno. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Korybko: corridoio transcaucasico, un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia

Teheran (Bazaar): il proposto polo geoeconomico del corridoio commerciale Georgia-Ucraina-Azerbaigian-Moldavia (GUAM) diventerà più importante in Eurasia nei prossimi anni, aggiungendo i paesi del Caucaso e quelli al di là di esso nell’Asia occidentale e nell’Asia centrale saranno incoraggiati ad espandere le loro relazioni commerciali con esso, il che contribuirà alla formazione di nuovi corridoi commerciali, ha detto Andrew Korybko a Bazaar in un’intervista esclusiva.

Dice anche che Molto più importante è il ruolo crescente della Polonia, l’economia più forte dell’Europa centrale, che mira ad espandere la sua influenza sulla regione attraverso la “Three Seas Initiative” (3SI) per l’integrazione dei paesi tra l’Adriatico, il Baltico, e Mar Nero.

Bazar: gli sviluppi geopolitici e geoeconomici nella regione del Caucaso hanno portato l’Iran a prestare particolare attenzione ai corridoi commerciali di transito. In effetti, Teheran ha cercato di offrire nuove iniziative, diverse rotte commerciali e nazionali nella regione. In che misura il corridoio Iran-Azerbaigian-Georgia-Mar Nero-Europa contribuisce ad aumentare la posizione dell’Iran nella regione?

La sua posizione geostrategica gli consente di fungere da fulcro per facilitare il commercio nord-sud ed est-ovest. Il primo è promosso attraverso il corridoio di trasporto nord-sud (NSTC) con se stesso, l’Azerbaigian, la Russia e l’India, mentre il secondo può essere avanzato attraverso la connettività transcaucasica con la regione del Mar Nero. Questi progetti sono complementari e migliorano collettivamente la posizione geoeconomica della Repubblica islamica in Eurasia.

Bazaar: Quali sono gli importanti vantaggi del lancio di questo corridoio che collega il Golfo Persico al Mar Nero per questi paesi, in particolare l’Iran?

Il commercio transcontinentale attraverso la Russia non è possibile a causa del regime di sanzioni senza precedenti e pianificato contro l’Occidente guidato dagli Stati Uniti, ma rimane importante garantire che il commercio tra l’Eurasia occidentale (Europa) e l’Eurasia orientale (Cina) continui. Il corridoio transcaucasico può fungere da scorciatoia tra questi due. Può anche diventare un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia per migliorare tutti i loro potenziali di sviluppo e connettersi con altri corridoi.

Bazaar: l’istituzione di questo corridoio aumenterà l’importanza di transito della Repubblica dell’Azerbaigian e della Georgia, nonché l’espansione delle relazioni commerciali dell’Iran con il Caucaso e l’Europa orientale. Cosa ne pensi di questo?

È un risultato reciprocamente vantaggioso, in cui si spera possano essere coinvolte anche l’Armenia e le società russe attive nel Caucaso meridionale. Tutti i paesi circostanti possono avvicinarsi combinando il loro potenziale geoeconomico e trasformando questa regione in una piattaforma per il coordinamento del commercio nord-sud ed est-ovest attraverso l’Eurasia. Ciò potrebbe aiutare a garantire stabilità e creare nuove possibilità di sviluppo nel tempo.

Bazaar: Quali effetti ha avuto la guerra ucraina nella regione del Mar Nero su Turchia e Russia in termini di energia, commercio, sicurezza e molti altri aspetti?

Nonostante abbia votato contro la Russia all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Turchia ha rifiutato di soddisfare le richieste degli Stati Uniti di sanzionarla. Ciò dimostra che i legami tra i due rimangono forti nonostante la loro rivalità transregionale in tutta l’Afro-Eurasia che i loro leader sono riusciti a regolare responsabilmente nel corso degli anni. I suoi interessi nazionali oggettivi sono serviti mantenendo la cooperazione economica strategica con la Russia e non diventando eccessivamente affidabili nei confronti dei suoi partner occidentali.

Bazar: nuovi ed emergenti collegamenti di trasporto tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Caspio creeranno un’architettura di comunicazione diversa e nuova che offrirà opportunità a tutti i paesi lungo le rotte, incluso il corridoio di trasporto GUAM, che diventa parte integrante di questa nuova architettura. La componente più importante per l’attuazione del Corridoio GUAM è l’instaurazione della pace nelle due regioni del Mar Nero e del Caucaso meridionale, anche se queste due regioni hanno molte tensioni. Quanto è lontana l’attuazione di questo corridoio nel Mar Nero?

Il proposto corridoio commerciale Georgia-Ucraina-Azerbaigian-Moldavia (GUAM) è stato discusso a lungo ed è già in qualche modo in vigore, sebbene non sia un importante asse geoeconomico ed è per questo che non ha ricevuto molta attenzione. Molto più importante è il ruolo crescente della Polonia, l’economia più forte dell’Europa centrale, che mira ad espandere la sua influenza sulla regione attraverso la “Three Seas Initiative” (3SI) per l’integrazione dei paesi tra Adriatico, Mar Baltico e Mar Nero.

Ci sono già progetti di connettività in costruzione per aprire la strada a un nuovo corridoio nord-sud tra l’Artico scandinavo e il Mediterraneo greco attraverso questi paesi. Questo polo geoeconomico sempre più influente diventerà più importante in Eurasia nei prossimi anni. I paesi del Caucaso e quelli al di là dell’Asia occidentale e centrale saranno incoraggiati ad espandere le loro relazioni commerciali con esso, il che contribuirà alla formazione di nuovi corridoi commerciali.

Finlandia e Svezia si uniranno alla NATO a spese di tutto_di Anatol Lieven

C’è un’ironia triste e piuttosto patetica sulla prevista richiesta di Finlandia e Svezia di aderire alla NATO.

Durante la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica è stata una superpotenza militare, ha occupato gran parte dell’Europa centrale, le sue truppe erano di stanza nel cuore della Germania e il comunismo sovietico, almeno per un po’, sembrava essere una vera minaccia alla democrazia capitalista occidentale . Per tutti quei decenni, tuttavia, Finlandia e Svezia rimasero ufficialmente neutrali.

Nel caso della Finlandia, la neutralità è stata una condizione del trattato con Mosca che ha concluso le guerre con l’URSS. Nel caso della Svezia, diciamo solo che c’erano grandi vantaggi pratici nell’essere in effetti sotto l’ombrello della sicurezza americana senza dover dare alcun contributo ad essa o correre alcun rischio per essa. C’erano anche grandi vantaggi psicologici nel godere di questa protezione de facto degli Stati Uniti pur rimanendo liberi in ogni occasione di sfoggiare la presunta superiorità morale della Svezia all’America imperialista e razzista.

Dalla fine della Guerra Fredda, la Russia si è ritirata mille miglia a est mentre la NATO e l’UE si sono espanse enormemente. Oggi le forze di terra russe stanno dimostrando in Ucraina di non essere in grado di rappresentare una seria minaccia per la NATO o la Scandinavia. Né lo facevano davvero in precedenza. Per arrivare in Svezia, la Russia dovrebbe attraversare la Finlandia o il Mar Baltico. E sia durante che dopo la Guerra Fredda, Mosca non ha mai minacciato la Finlandia. L’Unione Sovietica ha rigorosamente rispettato i termini del suo trattato con la Finlandia. Si ritirò persino da una base militare lì che per trattato avrebbe potuto reggere per altri quarant’anni.

Uno dei motivi era che, come l’Ucraina (ma in netto contrasto con la Svezia), l’eroica lotta della Finlandia contro l’esercito sovietico aveva convinto Mosca che la Finlandia era una persona troppo dura per cercare di schiacciare. Lo è ancora e rimarrebbe tale senza l’adesione alla NATO, perché, ancora una volta come l’Ucraina, i finlandesi sono determinati a difendere il loro paese.

Non c’era alcun motivo per pensare che la Russia avrebbe cambiato questa politica e avrebbe attaccato la Finlandia. Considerando che — per quanto si possa condannare fermamente l’invasione russa dell’Ucraina e le sue atrocità che l’accompagnano — le ragioni per cui Mosca l’ha attaccata sono ovvie. Da quando è iniziata l’espansione della NATO negli anni ’90, sia i funzionari russi che una serie di esperti occidentali, inclusi tre ex ambasciatori statunitensi a Mosca e l’attuale capo della CIA, hanno avvertito che era probabile la prospettiva che l’Ucraina si unisse a un’alleanza anti-russa per scatenare la guerra.

L’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia non è quindi necessaria per la loro sicurezza. Da parte loro, non portano nulla alla NATO. Se – Dio non voglia – la guerra in Ucraina provoca un’escalation della guerra tra Stati Uniti e Russia, loro saranno comunque in disparte. Per quanto riguarda gli impegni della NATO al di fuori dell’Europa, uno dei motivi per cui i membri europei della NATO hanno accolto così entusiasticamente il nuovo confronto con la Russia è che offre loro la scusa per evitare di inviare truppe in qualsiasi area (come l’Africa occidentale) dove potrebbero effettivamente dover combattere e muori; e dove la minaccia dell’estremismo islamista e della migrazione di massa crea vere minacce alla sicurezza interna europea e scandinava.

Aderendo alla NATO, la Finlandia sta buttando via qualsiasi remota possibilità esistente di svolgere un ruolo di mediazione tra Russia e Occidente, non solo per contribuire a porre fine alla guerra in Ucraina, ma in futuro per promuovere una più ampia riconciliazione. Invece, la Finlandia finirà di costruire l’ultima sezione di un nuovo confine della Guerra Fredda attraverso l’Europa, che probabilmente sopravviverà a qualsiasi tipo di regime alla fine succederà a quello di Putin in Russia.

L’adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO può anche essere considerata come il momento simbolico in cui i paesi europei nel loro insieme hanno abbandonato ogni sogno di assumersi la responsabilità del proprio continente e si sono rassegnati alla completa dipendenza da Washington. Tuttavia, (come con la Svezia durante la Guerra Fredda) questa dipendenza sarà senza dubbio mascherata da lamenti e ringhi europei impotenti quando un nuovo presidente simile a Trump dimenticherà la necessaria sottile pretesa di cortesia e consultazione.

Alla fine di un editoriale del Financial Times pieno di sentimenti aspramente anti-russi (basati in parte su una conoscenza estremamente e forse intenzionalmente scarsa dei fatti), l’ex primo ministro finlandese Alexander Stubb ha scritto:

“La sicurezza non è un gioco a somma zero. Spero che un giorno anche il regime russo capirà questo. Questo ci permetterà di ristabilire buone relazioni con la Russia. Nel frattempo, aiuteremo a massimizzare la sicurezza in Europa aderendo alla NATO. Non è contro nessuno, ma per noi. Tutti noi.”

Questa è la stessa ipocrisia compiaciuta che ha infastidito la politica occidentale nei confronti della Russia e quella statunitense nei confronti della maggior parte del mondo. Dalla fine della Guerra Fredda, la politica degli Stati Uniti e della NATO nei confronti della Russia è stata in effetti a somma schiacciante zero, e i paesi europei sono rimasti obbedienti. La Finlandia ora si unirà a questo entourage zoppicante e codardo. È improbabile che le buone relazioni con la Russia vengano mai ristabilite, qualunque sia il regime che salga al potere a Mosca.

D’altra parte, la completa espulsione della Russia dalle strutture europee – per così tanto tempo obiettivo aperto dell’America e della NATO – potrebbe, a lungo termine, rendere la Russia completamente strategicamente dipendente dalla Cina e portare la superpotenza cinese ai confini più orientali dell’Europa. Sarebbe una ricompensa ironica ma non immeritata per la fatuità strategica europea. Si potrebbe persino trovarlo divertente, se non si fosse europei.

https://responsiblestatecraft.org/2022/05/13/finland-and-sweden-will-join-nato-at-the-expense-of-everything/

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