GARANTE, MA DI CHI E DI COSA? di Augusto Sinagra e Vincenzo Cucinotta

ORA SI È SUPERATO OGNI LIMITE!

L’art. 74 della Costituzione dispone che “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”.
Bene, cosa fa Sergio Mattarella? Ben prevedendo che una seconda deliberazione avrebbe nuovamente approvato la legge sulla legittima difesa ed egli sarebbe stato obbligato a firmarla e a promulgarla, la firma e la promulga (non vedendovi – con questo – alcun profilo di incostituzionalità) e pone in essere un atto qualificabile come estraneo all’ordine giuridico costituzionale; cioè, manda uno strano “messaggio” ai Presidenti delle Camere mettendo “paletti”, come riferisce la stampa e indicando – radicalmente fuori da ogni sua competenza istituzionale – quali debbano essere i criteri interpretativi e applicativi della legge!
Non replico nel merito a quel che egli ha detto. Non scendo a certi livelli di discussione in materia giuridica. Su questo piano io discuto con i miei pari. Aggiungo solo che mi rifiuto di credere che egli non sia consapevole del contenuto, della finalità e del “senso” dell’art. 74 Cost.
Il profilo da sottolineare è l’ennesimo episodio posto in essere dal Capo dello Stato ancora una volta di molto personale interpretazione della Costituzione e oggettivamente finalizzato (e questo è l’aspetto più grave per come esso appare) a trasmettere attraverso un atto improprio un “messaggio” alla magistratura, ad una parte della magistratura, anticipando il suo personale, non richiesto ed eccentrico giudizio non solo in quanto Capo dello Stato ma anche in quanto Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Con ciò implicitamente si suggerisce di percorrere la strada di un artificioso ricorso alla Corte costituzionale da parte dei giudici con la conclusiva finalità di veder dichiarata l’incostituzionalità della legge e dunque la sua abrogazione.
Il tutto in spregio dei poteri sovrani del Parlamento e ancor più della sovranità popolare che il Parlamento rappresenta o dovrebbe rappresentare. Oltre che in spregio dell’autonoma e indipendente valutazione della magistratura in termini di interpretazione ed applicazione delle leggi.
Questo è radicalmente fuori dall’ordine giuridico e politico costituzionale. Come si legge nella giurisprudenza amministrativa, è un caso eclatante di eccesso di potere sotto l’aspetto sintomatico dello sviamento di potere e della funzione per il perseguimento (voglio sperare inconsapevole) di uno scopo indebito e lontano da quello che il legittimo esercizio del potere consente.
Non capisco perché ancora le forze politiche presenti in Parlamento non richiedano la messa in stato d’accusa di questo Presidente della Repubblica che ha smarrito ogni necessario criterio di imparzialità e di neutralità, e con esso ogni credibilità istituzionale.
AUGUSTO SINAGRA

VINCENZO CUCINOTTA

Mattarella pretende forse di riscrivere la costituzione?
Tra il controfirmare una legge approvata dal Parlamento o rinviarla alle Camere, se ne inventa una nuova di sana pianta, la firma, ma la accompagna con una serie di raccomandazioni o paletti che dir si voglia, una procedura non prevista dalla Carta e pertanto tassativamente proibita.
Cosa succede a latere, alimentando ipotesi di intese preconfezionate?
Da una parte la stampa interviene pesantemente attribuendo a quest’atto anticostituzionale chissà quale valenza legislativa, dall’altra la ANM plaude all’intervento del PdR, così incitando i magistrati a tenere conto delle sue parole di accompagnamento.
Per completare il quadro, ricordo che il PdR è anche di diritto il Presidente del CSM, e quindi qui il ruolo di controllo che il PdR dovrebbe esercitare verso i magistrati, si capovolge in una complicità ai danni del Parlamento.
Ma tutto tace, dalla maggioranza parlamentare non viene fuori neanche una flebilissima voce.
Dobbiamo forse concludere che si sia saldata una alleanza criminale contro la nostra beneamata costituzione?

CICERONE VOTA LEGA, di Teodoro Klitsche de la Grange

CICERONE VOTA LEGA

L’approvazione delle nuove norme sulla legittima difesa ha provocato una (scontata) serie di reazioni da parte del centrosinistra (e alleati).

La prima è che la riforma riguarda pochi casi, ed è quindi irrilevante. Sono d’accordo sul punto: i casi sono relativamente pochi (ma comunque non vanno dimenticati) e soprattutto meriti e demeriti di questa maggioranza dovranno valutarsi in altri ambiti.

La seconda che Salvini avrebbe una mentalità da sceriffo del Farwest: rozzo, ignorante e violento. La predilezione per l’uso delle armi e l’autodifesa denoterebbe addirittura una sottovalutazione dello Stato E perché? Perché facilitando i cittadini a difendersi da soli andrebbe a confliggere con la funzione dello Stato che è quella di dare protezione ai diritti (in primis, quello alla vita) di tutti i componenti la comunità. Ossia trascurerebbe (almeno) quattro secoli di Stato moderno che tra tutte le sintesi politiche è quella che più ha enfatizzato (e strutturato) detta funzione. Con ciò Salvini è dai politici ed intellos bocciato.

Ma è proprio vero che la legittima difesa è così in contrasto alla concezione dello Stato e che coloro che se ne sono occupati erano dei rozzoni dal modesto quoziente d’intelligenza? A fare qualche riscontro pare proprio di no.

Cominciamo da Cicerone. Questi difendendo Milone fece la più grande difesa dell’istituto. Definì legge naturale il diritto di difendersi “Esiste dunque, o giudici, una legge non scritta ma naturale, da noi né appresa né ereditata né letta, ma attinta dalla natura stessa, una legge che conosciamo non per insegnamento ma fin dalla nascita, non per educazione ma per istinto”, e la legge naturale (nel De re publica) per il grande oratore era “conforme alla natura, la si riscontra in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna”; a questa “non è lecito apportare modifiche né toglierne alcunché né annullarla in blocco, e non possiamo esserne esonerati … non sarà diversa da Roma ad Atene o dall’oggi al domani, ma come unica, eterna, immutabile legge governerà tutti i popoli ed in ogni tempo”. Questa legge è naturale perché conforme alla natura umana; è immutabile ed eterna e non dipende dalle decisioni di chi detiene il potere. Essendo, nel caso sia in pericolo la vita, l’unica possibilità di conservarla è rapportabile al conatus di Spinoza, per cui ogni vivente tende a “in suo esse perseverari”, ossia a conservare la propria esistenza.

Se poi passiamo al filosofo che più ha teorizzato lo Stato moderno e la funzione di protezione del potere politico, cioè Hobbes, il quadro non cambia. Il filosofo scriveva che né l’uomo può rinunziare a difendere se stesso, né il sovrano può pretendere l’obbedienza ad un tale precetto; così il suddito ha diritto, nel caso, a rifiutare obbedienza. E potremmo continuare ad elencare le legislazioni, le più varie, le quali, per quanto se ne sa, non dispongono di porgere l’altra guancia, ma, per continuare con Cicerone a legittimare che, in casi estremi, vim repellere licet. Perché in sostanza sono quei casi in cui non è possibile al sovrano assicurare protezione. Ed è tragicamente comico che un uomo, minacciato da energumeni armati, li possa fermare minacciandoli di “fargli causa”. Neppure i teologi cristiani pretendono ciò: resistere o non resistere è una scelta morale, ma difendersi è un diritto.

Anzi secondo taluni, come Jhering, chi difende il proprio diritto è un buon cittadino, perché collabora (attivamente) all’attuazione del diritto oggettivo.

C’è da chiedersi per quale ragione, a parte la evidente necessità di propaganda, in certi ambienti politici si sostengano tesi così contrarie a qualche millennio di pensiero e così ragionevoli (se non razionali).

Probabilmente perché – per un vizio congenito della “sinistra” – questa ha l’abitudine di paragonare la realtà socio-politica non con altre realtà ma con le proprie idee e aspirazioni. Raffronto cioè tra realtà ed immaginazione, in cui questa è sempre vincente proprio perché svincolata dal “fattuale”, ossia dal concreto. Non conoscendo la fantasia i limiti della realtà, è possibile fantasticare di mondi e società perfetti dove gli uomini si vogliono tutti bene, oppure in cui lo Stato è così efficiente da impedire il compimento di qualsiasi delitto. Come in un film di fantascienza di successo, dove il tutto era affidato a mutanti con capacità di pre-cognizione (cioè da profeti); gratta, gratta si parte dal rivendicare utopie come “ragione” e si finisce per affidarsi a Nostradamus o alla Sibilla. Cioè a film, maghi, indovini (e ciarlatani). Diversamente da Cicerone, Hobbes e gli altri che si accontentavano della ragione umana e della realtà dei fatti.

Teodoro Klitsche de la Grange