Tag: crisi pandemica
Noterella a margine, di Roberto Buffagni
INTERVISTA a Deepti Gurdasani , uno dei maggiori esperti mondiali di COVID-19. a cura di Maria Modica (tratto da facebook)
PIU’ STRATEGIA MENO STRAWMEN, di Andrea Zhok
Le grandi bugie dietro il green pass, di Max Bonelli e Gilles Gallizzi
Qui sotto un interessante articolo che puntualizza alcuni aspetti critici e opachi della gestione della crisi pandemica. Preme sottolineare che alcuni dati segnalati nel testo rappresentano campioni o universo di dati talmente ridotti, aspetto per altro segnalato dagli autori, da essere probabilmente soggetti a variabili non considerate o non considerabili; trattati quindi con una qualche sospensione di giudizio. L’approssimazione e l’utilizzo poco accurato dei dati, per altro, sono parte integrante di una gestione approssimativa, disastrosa e manipolatoria, a volte anche omissiva (vedi la cancellazione dell’elenco degli effetti collaterali dei vaccini da parte dell’AIFA) di questa crisi ormai sempre più asservita strumentalmente ad altre finalità delle varie parti. Su questo anche il “supercompetente” Governo Draghi sta sempre più confermando di adagiarsi progressivamente sul trend quotidiano emerso chiaramente in questi due anni ma ormai in corso da decenni. Un politico, tanto più uno statista, non può esentarsi dall’assumere responsabilità e chiarezza di motivazione dei provvedimenti https://www.governo.it/it/articolo/conferenza-stampa-draghi-cartabia-speranza/17509_Giuseppe Germinario
Le grandi bugie dietro il green pass
In questo articolo scritto a due mani vi sveliamo tutte le falsità propinate al pubblico come verità indiscutibili dai media e dal governo Draghi che vengono usate come giustificazioni all’imposizione di fatto dell’obbligo vaccinale tramite green pass.
La prima menzogna:
“i vaccini (in realtà terapia antigeniche in quanto non inoculano il virus covid19) proteggono dal contagio del virus e dalle conseguenze”.
Affermazione falsa andando a guardare i dati forniti dai due paesi con più alto tasso di vaccinazione a doppia dose, Inghilterra ed Israele ci si accorge che almeno per quanto riguarda la letalità i dati clinici dicono che i vaccinati corrono un pericolo di morte da coronavirus sei volte maggiore dei non vaccinati. In particolare dati che vengono dagli ospedali inglesi ci dicono che su 4087 persone vaccinate a doppia dose, e risultate positive nonostante questo alla variante delta, sono stati registrati 26 casi di decessi con una letalità 6 volte maggiore dei 35521 casi positivi tra i non vaccinati e che hanno registrato 34 morti.(1)
Sia ben chiaro parliamo di una letalità molto bassa ma d’altronde la variante delta pur essendo molto contagiosa non è altrettanto pericolosa.
La seconda menzogna:
“i vaccini darebbero luogo ad una produzione di anticorpi maggiore e più duratura rispetto agli anticorpi prodotti dopo una infezione da coronavirus in soggetti non vaccinati”
Guardiamo i dati israeliani, paese con la più alta percentuale al mondo di vaccinati; osservando i dati da maggio in poi su 7700 casi di infettati da Covid 19 solo 72 avevano già avuto il coronavirus ed avevano sviluppato anticorpi naturali quindi parliamo di meno dell’1 % mentre circa 3000 casi (quasi il 40% ) erano vaccinati a doppia dose.
Gli autori del rapporto affermano che chi era vaccinato correva 6,7 volte il rischio di contrarre l’infezione rispetto a chi aveva contratto il coronavirus senza essere vaccinato.
Quindi emerge chiaramente che tutte le categorie non a rischio elevato (sotto i 60 anni) sarebbero più tutelate da un incontro naturale con il virus che da un incontro post vaccino.
Dopo questi dati le autorità israeliane hanno abbassato l’efficacia del vaccino Pfizer dall’ottimistico 98% al 67%.(2)
La terza falsità:
“vaccinarsi impedisce la proliferazione delle varianti”.
Grandi virologi come il Prof. Tarro hanno sempre detto il contrario. Vaccinarsi in piena pandemia e con un virus mutevole per definizione essendo virus a RNA messaggero, significa implementare le variazioni del virus stesso. Guarda caso, la variante Delta si è diffuso soprattutto in due paesi ad alto tasso di vaccinazione Israele e Inghilterra.
Quando in autunno si diffonderà la variante epsilon già presente in Sud America e che sembra resistente ai vaccini cosa racconterà il governo Draghi?
Che la colpa è dei non vaccinati? Quando è l’esatto contrario.
Dare all’untore di manzoniana memoria a chi rifiuta una terapia sperimentale di cui il produttore non si assume la responsabilità non aiuterà a tenere sotto controllo la pandemia.
Infine quarta falsità: “i vaccini sono ben tollerati”.
Volevo rispondere con la pagina dell’AIFA che elencava il numero di segnalazioni avverse….
Vi allego il link sull’argomento che era presente sul sito dell’AIFA ora rimosso per ovvi motivi di opportunità politica….(3)
Si parlava di oltre 66.000 casi di effetti indesiderati tra gravi e non.
Chiudo questa piccola carrellata con una nota di colore; 100 marinai dell’ammiraglia della flotta inglese la portaerei HMS Queen Elisabeth sono risultati positivi al covid….erano tutti vaccinati a due dosi.(4) e adesso passiamo ad una visione più strategica e d’insieme della emergenza Covid
Stiamo dunque seguendo un’agenda di interventi che si è resa inefficace sin dalla sua entrata in vigore.
Se è vero che la prima ondata di contagi colse di sorpresa il mondo intero e soprattutto l’Italia a causa non solo dell’avvento su larga scala di una nuova e forte manifestazione di un patogeno conosciuto e studiato, ma di una insufficiente catena di informazioni, quando non proprio deficitaria per omissioni e la cui responsabilità verrà acclarata nelle sedi opportune, le successive due ondate hanno visto una gestione inidonea alla salvaguardia della salute pubblica e dell’interesse nazionale. Con la diffusione delle variante delta ci troviamo alle soglie di quella che viene già riconosciuta come la quarta ondata.
Ad oggi gli strumenti messi in campo dal governo e dai consulenti cui esso si rifà, si sviluppano secondo due filoni coercitivi: quello dei confinamenti a zone colorate e quello della campagna vaccinale e quindi della sua recente declinazione amministrativa: il lasciapassare verde. Queste, a distanza di diciassette mesi dall’inizio della crisi del Sars-CoV-2, sono le uniche due soluzioni individuate dal governo per la gestione della Nazione. Vi è di più: tali due strumenti coercitivi se dapprima venivano proposti come uniche due strade alternative a mutua esclusione, oggi si integrano laddove anche il conseguimento del lasciapassare verde non scongiura la possibilità di nuovi confinamenti dinnanzi ad una risalita dei contagi. Infatti la conclusione del ciclo vaccinale, mono o bidose, non è, come già esposto, garanzia di assenza di nuovi contagi tanto nella popolazione normale quanto in quella vaccinata che pertanto, di fronte a varianti sempre più infettive e sempre meno virulente, incrementeranno nuovamente con le stagioni autunnale ed invernale, come per ogni malattia infettiva respiratoria.
Il lasciapassare verde diviene inoltre strumento di esclusione di liberi cittadini da attività civili e dalla vita sociale sulla base di una presunta ed ipotetica infezione, peraltro sempre da dimostrare ma aprioristicamente attribuita. Viene invertito e sovvertito il principio di soggetto sano fino a prova contraria dacché la verginità dall’infezione è la condizione naturale e basilare, e non il contrario. Il lasciapassare verde si configura quindi quale strumento discriminatorio basato sull’attribuzione amministrativa, e non medica, di libertà di movimento e di partecipazione alla vita sociale e pubblica già costituzionalmente sancite. Tale strumento ha inoltre ampie e nefaste declinazioni, come quella paventata da Confindustria di utilizzarlo come autorizzazione ad una sospensione di stipendio sino al licenziamento per il dipendente che non lo avesse conseguito. Inoltre, questi lasciapassare contengono informazioni di carattere sanitario che in alcun modo dovrebbero giungere in mano ai datori di lavoro per l’utilizzo discriminatorio degli stessi, in piena violazione della propria intimità.
In considerazione della prevedibile risalita dei contagi, i più avveduti hanno proposto una rimodulazione dell’attribuzione delle zone a libertà limitata non più in base al numero dei nuovi positivi o della percentuale degli stessi all’esecuzione dei tamponi, quanto ad un più saggio numero di ospedalizzazioni. Anche questa soluzione, seppur migliore della precedente, condanna regioni come la Valle d’Aosta ad una perenne zona gialla anche con due ricoveri per covid.
La crisi sanitaria ha messo in evidenza soprattutto l’insufficienza in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale vittima dei drastici tagli di cui è stato oggetto negli ultimi 20 anni. Infatti, secondo un’inchiesta di Uninmpresa, partendo dai documenti della Corte dei Conti, dal 1998 al 2017 sono stati chiusi 381 ospedali, con una media di 20 all’anno. In associazione a tale dato va inoltre evidenziato come la distribuzione tra comparto pubblico e privato abbia subito un’inversione di rappresentanza dal 1998 in cui il Sistema Sanitario Nazionale deteneva il 61,3% delle strutture ospedaliere al 2017 in cui la presenza pubblica si è contratta sino al 48,2%. Il personale sanitario ha visto una riduzione di ben 45783 posti di lavoro negli ultimi dieci anni (5).
Cosa fare dunque?
La gestione dell’emergenza non può affidarsi univocamente alla vaccinazione come panacea del male corrente. La vaccinazione, è un’arma fondamentale a disposizione dello Stato il quale si deve prendere carico non solo degli oneri di somministrazione ma anche essere investito e rispondere direttamente quale responsabile delle conseguenze inerenti allo stesso. La macchina commerciale internazionale ha messo in evidenza come la cooperazione e la correttezza è venuta meno quando si è trattato di accaparrarsi le mascherine ed i vaccini sul mercato globale.
Quanto su esposto pone in evidenza la necessità di una nuova fase per la nazione italiana che deve vedere investimenti statali senza precedenti per adeguare la proposta e la garanzia sanitaria alle sfide del nuovo millennio, incrementando quindi le strutture ospedaliere, il personale sanitario, i posti di terapia intensiva ma anche investendo in ricerca ed innovazione nello sviluppo di tecnologia, di vaccini e strumentazione medica che permetteranno all’Italia non solo di essere meno soggetta ai ricatti del mercato globale ma di fungere da formidabile volano economico per la Nazione arrestando, inoltre l’emorragia di ricercatori e lavoratori che a migliaia ogni anno lasciano il Paese.
Max Bonelli
Gilles Gallizzi
(1)
https://www.lifesitenews.com/news/death-rate-
from-variant-covid-virus-six-times-higher-for-
vaccinated-than-unvaccinated-uk-health-data-
show
(2)
https://www.youtube.com/watch?v=4yFUFFi43Hg&t=521s
(3)
https://www.aifa.gov.it/content/segnalazionireazio
ni-avverse
(4)
https://www.bbc.com/news/uk-57830617
(5)
https://www.unimpresa.it/sanita-unimpresa-da-2007-chiusi-200-ospedali-e-tagliati-45-000-sanitari/35576
Il valore della vita (e non solo il costo), di Anne-Sophie Chazaud
OPINIONE . Dove sta andando Macronie? Sullo sfondo dell’annuncio della 4a ondata e dei dibattiti parlamentari sull’estensione della tessera sanitaria, la saggista Anne-Sophie Chazaud ritiene, in un post su Facebook (qui riprodotto), che stiamo entrando in una società del controllo digitale altamente discutibile.
Le autorità pubbliche hanno trasformato in caos la nostra irrinunciabile (e meritata) tregua estiva sullo sfondo di una strategia di paura e shock, dividendo ancora una volta – secondo il loro ormai consueto modus operandi – il popolo francese, riducendo volutamente i margini della dialettica e del dibattito con i soli limiti di un “pensiero” che vuole essere scientificamente sostenuto, ma che in realtà ne è l’esatto contrario: manicheo, violento, ideologico, settario, che presenta presupposti come tante certezze e così via. (e da questo punto di vista, del tutto ascientifica nonostante la fatica che si mette a dargli l’apparenza).
È difficile, se non impossibile (e forse un po’ colpevole) non parlare pubblicamente nel periodo che stiamo attraversando perché l’ora è tanto seria e va ben oltre la semplice gestione di un virus. È importante comprendere diversi punti per analizzare la reale natura di ciò che stiamo vivendo attualmente e la sua insopportabile brutalità e non sarò qui esaustivo, ma ci tornerò più avanti:
Come avevo detto nel marzo 2020 in vari articoli e interviste radiofoniche, il (sì, continuo a dire “il”) covid è apparso in Francia in un Paese che era già profondamente fratturato dalla brutale politica portata avanti sotto la sinistra squadra. .
L’opposizione sociale e politica, consapevolmente fuorviata dall’azione delle piccole SA del sistema che sono la feccia e i gruppi di estrema sinistra infiltrati nelle rivendicazioni iniziali dei gilet gialli, ha incontrato una repressione di incredibile violenza, che ha messo tutta una parte il popolo francese in un “campo” odiato, squalificato, caricaturale (facendo all’occorrenza entusiasmando i pochi – tra i veri manifestanti – che c’erano veramente), accusati di tutti i mali…
Ho poi detto, quando è arrivato il covid, che non dovevamo immaginare per un solo secondo che l’esecutivo avrebbe abbandonato la sua opera di distruzione del popolo francese, dei suoi valori, delle sue faticose conquiste, della sua unità, a causa della crisi sanitaria, ma che, al contrario, il movente sanitario sarebbe la sua fallace giustificazione e legittimazione a posteriori.
Siamo in questo momento.
In questo momento in cui le peggiori misure distopiche vengono prese in parodia di un processo democratico (che di fatto è diventato quasi inesistente, e difficilmente si può contare sulla sottomissione zelante del Consiglio di Stato o anche solo o solo ai margini dell’ordine costituzionale del Consiglio per chiamare all’ordine l’esecutivo e i suoi esecutori di lavori legislativi di basso livello), da un esecutivo in gran parte minoritario nel paese (che è stato ancora una volta con forza dimostrato dalle ultime elezioni amministrative), misure che rappresentano un cambiamento antropologico e sociale importante nella nostra storia. Cito a caso: rifiuto del ricovero di un non vaccinato, dimissione di un non vaccinato, vaccinazione senza il consenso dei genitori, ecc., il tutto in un contesto di passione burocratica per l’ammenda procedurale del popolo francese.
Come sempre in questi grandi momenti di frattura, una parte della popolazione avalla il peggio (quello che Jérôme Sainte-Marie descrive, dal punto di vista socio-economico, come un “blocco d’élite”), cauta, spaventata, odiosa, trattando tutti che non la pensano come lei di “fascista” (perché, per queste persone, è chiaramente autorizzato il ricorso costante al punto Godwin) o di “rimasta”, di ignorante, pronta a tutti i compromessi e a tutte le rinunce pur di’ ‘ per assicurare il suo comfort consumistico piuttosto che far prevalere l’umano, la libertà, la vita in tutto il suo valore e non solo nel suo costo.
Sì, il modello di società proposto dalla macronia è proprio segregazionista, opera in modalità deliberata di apartheid, e alcuni, molto attivi sulle reti, onnipresenti nei media, lo trovano perfettamente normale.
Poiché alcuni deficienti hanno scandalosamente sfoggiato una stella gialla, i sostenitori di questo insopportabile sistema sociale possono ora svolgere il consueto ragionamento: ridurre l’opposizione al pass sanitario a un movimento di oscurantisti anti-ascia, il che è ovviamente conveniente e del tutto falso (l’autore di queste linee è vaccinato eppure radicalmente ostile al libretto sanitario), trattarli come antisemiti (ribellandosi alla retorica dei giubbotti antigialli può ricomparire dormire serenamente in frigo, funziona sempre), squalificarli come necessariamente stupidi (basta vedere l’arroganza disonorevole mostrata dal ministro Véran in varie occasioni e dichiarazioni per capirlo), ostile alla scienza, sottosviluppato e così via.
Richiamo l’attenzione sul fatto che tali provvedimenti sono inammissibili in quanto stabiliscono in modo duraturo e irreversibile (le rinunce in tema di libertà non vengono mai successivamente riviste al ribasso) un modo di vivere che ci fa ricadere in un mondo che molti di respingiamo, perché ci sono persone lucide che non si accontentano di vedere tutta questa faccenda attraverso il mignolo dell’occhiale covidista. È stato addirittura respinto un emendamento che chiedeva la fine del passaggio della vergogna quando l’epidemia sarà finita, il che dovrebbe essere sufficiente per gettare milioni di combattenti della resistenza nelle strade. Perché il problema non è la vaccinazione ma proprio questa modalità di sorveglianza di lunga durata ora in atto.
Questo spostamento antropologico (perfettamente denunciato da una magnifica tribuna di François-Xavier Bellamy che qui salva l’anima di una destra classica troppo spesso cauta e compromessa) ci fa entrare a pieno titolo in tutto l’orrore della digitalizzazione delle nostre vite. questa volta in tutti gli atti e in tutti i momenti di questo, anche nei nostri corpi, nell’intimità dei nostri corpi e della nostra salute, ed è in questo che occorre sia comprendere la dimensione grave sia combatterla.
Questa gestione costante delle nostre vite, insieme strumento e obiettivo del capitalismo più amorale (a cui non riduco tutto il liberalismo che ci si chiede di sfuggita dove sia attualmente scomparso) trova, con questa segregazione e questo tracciamento digitale di ogni , la chiave ultima di una politica dura, disumana, divisiva, che cerca soprattutto di estendere su ogni permanente il controllo dei corpi, il controllo delle masse produttrici e consumatrici, quelle che il filosofo Peter Sloterdijk chiama le regole per la gestione del “parco umano”.
Un esempio: ora favoriremo il licenziamento dei non vaccinati piuttosto che la pista del telelavoro (dato che questo progresso digitale ha permesso di allentare, horresco referens , la morsa sui corpi dei dipendenti). La tecnologia digitale consente al biopotere di dispiegarsi in tutta la sua orribilità. Per comprendere la portata della pericolosità di questo cambiamento, è opportuno fare riferimento alla relazione senatoriale del giugno 2021 dal titolo perversamente “Crisi sanitarie e strumenti digitali: rispondere efficacemente per riconquistare le nostre libertà” : le misure proposte sono davvero strabilianti e agghiacciante follia e ad essa rimandiamo fortemente il lettore. Contrariamente alla vulgata media-sociale concordata, parlare di dittatura per evocare un tale sistema non è un eccesso semantico.
Il fatto che questo tentativo di tagliare le nostre vite completamente regolamentate coincida con l’affare Pegasus lo dimostra su un altro livello: le nostre libertà, ovunque, sono minacciate dall’intrusione digitale.
Comprendiamo che in questa gigantesca logica di sottomissione dei popoli (stile cinese), l’attuale esecutivo francese è particolarmente zelante poiché trova qui attraverso l’opportunismo e l’effetto inerte sufficiente per alimentare i suoi obiettivi antisociali e realizzare la sua tabella di marcia iniziale.
Dobbiamo resistere con tutte le nostre forze al mondo che verrà, perché noi siamo i veri progressisti che mettono l’umano e il suo valore (e non il suo costo) al centro di tutto.
Ciarpame mediatico, di Giuseppe Germinario
Il quotidiano “la Repubblica” del 20 giugno scorso ha pubblicato da pagina 45 un lungo articolo, a nome di Gianluca di Feo e Floriana Bulfon, dal titolo “Bergamo_virus, spie e vaccini”. L’articolo è purtroppo disponibile solo a pagamento e non può, quindi, essere riprodotto integralmente alla fonte https://www.repubblica.it/esteri/2021/06/17/news/bergamo_virus_spie_e_vaccini-306329555/?ref=RHTP-BH-I295744712-P13-S4-T1 , ma disponibile comunque integralmente su https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/bergamo-virus-spie-e-vaccini/ar-AAL7nOl?li=BBqg6Qc
Il 21 giugno ha risposto a stretto giro di posta l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov. Qui sotto il testo della lettera aperta:
Stimato Direttore,
ha richiamato la nostra attenzione l’ampio articolo intitolato “Bergamo, virus, spie e vaccini” pubblicato sul Suo quotidiano il 20 giugno, in cui il giornale ripercorre i fatti di marzo-aprile 2020, quando un gruppo di medici virologi ed esperti disinfettatori russi ha operato nel Nord Italia.
Tre righe e mezzo dell’articolo contengono l’ammissione che “i soldati russi a Bergamo hanno fornito assistenza concreta, curando decine di pazienti, durante le ore più buie della storia recente e disinfettando decine di centri per anziani”. Le restanti quasi 500 sono una congerie di invenzioni sul contenuto reale di quella che sarebbe stata una missione militare dell’intelligence russa nello spirito delle “guerre ibride”, “una campagna di disinformazione e propaganda”, con addirittura elementi della “competizione per riscrivere la mappa geopolitica del pianeta”. Tentare un’analisi dettagliata di tutta questa serie di invenzioni sarebbe una perdita di tempo. Prendiamo in considerazione solo alcuni fatti.
Ricordo bene come un anno fa questo stesso giornale e un certo numero di altri media italiani cercò, senza alcuna prova, di individuare la natura spionistica della nostra missione che avrebbe tentato di ottenere informazioni sulle strutture militari italiane e della NATO a Bergamo e Brescia, dove erano impegnati i nostri specialisti. I chiarimenti in merito al fatto che quelle aree erano state individuate dalle autorità italiane sono stati semplicemente ignorati. C’è voluto più di un anno perché gli autori di “La Repubblica” ammettessero finalmente quello che era ovvio e cioè che le strutture militari italiane e della NATO, come è risultato, non erano l’obiettivo della nostra missione umanitaria (pare non siano avvezzi a scusarsi per la palese disinformazione, attivamente diffusa nella primavera del 2020).
Ma, come si dice, ciò che è storto non si può raddrizzare (Ecclesiaste 1:15). Ora gli scrittori di “La Repubblica” ci attribuiscono la colpa di aver inviato in Italia i nostri migliori medici virologi ed epidemiologi, dotati di grande esperienza (è vero, ne abbiamo orgogliosamente parlato fin dall’inizio), di aver utilizzato sul posto un moderno laboratorio mobile, che avrebbe analizzato “la struttura genetica del virus e inviato i dati a Mosca con il sistema satellitare di comunicazione criptata”. Sì, anche allora abbiamo parlato di questo laboratorio mobile che era impegnato esclusivamente nel monitoraggio della salute del contingente, nella messa a punto delle metodiche e delle dosi di protezione immunitaria, nell’analisi PCR e nella genotipizzazione. (A proposito, effettivamente abbiamo registrato casi di infezione da coronavirus tra i nostri militari che hanno lavorato nelle zone più pericolose d’Italia). Di quali altri compiti e possibilità nascoste di questo laboratorio possono parlare gli autori, se loro stessi ammettono che nessun estraneo ha potuto accedervi.
Poi, l’affermazione forse più ridicola e sacrilega dell’articolo: “il vaccino Sputnik V è nato dal virus italiano”. (I russi hanno rubato il COVID italiano?!) Gli autori cercano di tracciare un legame causale e temporale diretto tra il lavoro della nostra missione e l’invenzione del vaccino russo. E cioè: i dati clinici acquisiti in Italia “con un’operazione di spionaggio” avrebbero permesso ai nostri specialisti di produrre un vaccino nel più breve tempo possibile. I conti non tornano. Fonti sanitarie e militari in Italia – dice il giornale – confermano che “i russi non erano autorizzati a portare campioni e provette fuori dagli ospedali dove curavano i pazienti”. Inoltre, la Russia ha iniziato a testare lo Sputnik V su volontari già a giugno e ad agosto questo vaccino è stato il primo al mondo ad essere certificato. È chiaro anche a un profano che l’invenzione del vaccino non poteva che essere il risultato di molti anni di ricerca su altre malattie virali.
È assolutamente ovvio che il lavoro eroico dei nostri militari in Italia, durato ben 46 giorni, ha fornito una certa esperienza nella comprensione del pericolo di questa malattia, della velocità e delle peculiarità della diffusione dell’infezione, arrivata in Russia, com’è noto, tre o quattro settimane dopo l’Italia. E questa esperienza è stata debitamente utilizzata per sviluppare le nostre misure contro la pandemia. Ma dove sarebbe qui il crimine?! Si tratta di un percorso di collaborazione assolutamente naturale e generalmente accettato, che peraltro prosegue ancora oggi. Al momento, l’Istituto Spallanzani di Roma sta conducendo studi clinici scientificamente importanti sul vaccino Sputnik V con la partecipazione di specialisti russi. Altre prove sono previste nell’ambito del rispettivo Memorandum di cooperazione firmato nell’aprile di quest’anno. Se il giornale Repubblica dedicasse anche solo un centesimo del suo voluminoso materiale a tale lavoro comune, volto a combattere l’epidemia, a nostro parere offrirebbe un servizio migliore e più interessante ai lettori dell’autorevole quotidiano.
E infine, un’ultima cosa. Gli autori definiscono Bergamo “un campo di prova per nuovi conflitti ibridi”. Noi invece partiamo dall’assunto che questo è il luogo in cui al popolo italiano in difficoltà i vertici e il popolo della Russia hanno disinteressatamente dato una mano. Qui sta la principale divergenza con la redazione del giornale, la cui politica provoca la nostra reazione a questo genere di informazioni.
L’Ambasciatore della Russia in Italia
21.06.2021
L’articolo è un concentrato di rara intensità di infantilismo meschino e vile in un panorama giornalistico che certamente non brilla per serietà e fondatezza di analisi.
L’ambasciatore ha avuto buon gioco quindi nel replicare con ferma diplomazia, senza neppure infierire.
Non ce n’era del resto bisogno.
Su quali comportamenti e intenzioni hanno avuto da recriminare i nostri segugi colti da sospetta crisi olfattiva?
A denti stretti hanno dovuto ammettere che lo scopo reale della missione sanitaria russa non era lo spionaggio delle installazioni militari o quantomeno non ci sono elementi sufficienti a suffragare l’ipotesi; sempre che non si possano considerare tali le inevitabili sbirciatine dai finestrini nel lungo viaggio di avvicinamento a Bergamo. Il bersaglio era però ancora più importante: catturare la Covid italiana, portarsela in Russia e carpirne i segreti; sperimentare sul campo le proprie procedure di gestione di una pandemia e di guerra batteriologica, analizzare quelle adottate da un paese occidentale, verificare l’andamento epidemiologico e patologico della sindrome. Come spiegarsi altrimenti il livello così alto e specialistico e la natura militare dei protagonisti, in particolare la loro provenienza dai laboratori chimico-biologici militari? L’accusa velata era di ricondurre il loro interesse alla logica della guerra batteriologica più che alla finalità umanitaria; accusa velata, ma strumentale e maldestra vista la analoga attività svolta da tanti laboratori americani, francesi ed inglesi civili e militari sparsi nei propri paesi e nel mondo. I missionari in colbacco del resto non hanno sentito ragioni nel condividere i dati acquisiti, la sofisticata strumentazione in possesso con gli ospitanti così smarriti in tanto tragico caos. Hanno così ingannato “Giuseppi” e l’intera compagine governativa, piombando come falchi su di un paese smarrito, prendendo alla sprovvista i custodi della sicurezza del paese, carpendo i segreti del mostriciattolo per ricavarne un efficace vaccino in colpevole anticipo rispetto agli amici occidentali, per trarne insegnamenti utili nella gestione ormai prossima a venire della pandemia nel loro paese.
Il senso di privazione che pervade i nostri due segugi è evidente, ammirevole, ma tardivo. In un quotidiano che per trenta anni ha sostenuto attivamente e con entusiasmo, pur in buona compagnia, la spoliazione e la privazione di beni del proprio paese, ai pochi giornalai di buon cuore non è rimasto che aggrapparsi al poco che è rimasto in Italia, difendendolo a denti stretti. In quel poco è rimasto evidentemente la Covid 19 italiana. I tapini non si sono accorti per altro di dare involontariamente ragione ai rivali cinesi i quali, per nascondere le proprie magagne, hanno cominciato a vendere nel mondo l’insinuazione dei virus nazionali, compreso quello tricolore.
L’angoscia da privazione non fa che fissare i pregiudizi e impedire di porre correttamente le domande e soprattutto di porle alle persone giuste.
Hanno accusato i russi di strumentalizzare a fini geopolitici e di propaganda il loro intervento; li hanno incriminati di lesa maestà per aver tentato di scombussolare l’Unione Europea; si sono risentiti, colti da un malinteso orgoglio nazionale, per i loro giudizi sferzanti sulla gestione italiana della pandemia.
Hanno dimenticato in buona sostanza di essere dei giornalisti e di porre le giuste domande:
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come mai non ha funzionato la solidarietà europea nei momenti più acuti della crisi pandemica?
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Da dove arriva l’ostracismo al vaccino russo e il fallimento della ricerca scientifica europea?
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Come mai le implicazioni e il conflitto geopolitici hanno riguardato non solo i paesi dichiarati ostili (Russia e Cina), ma anche quelli “fratelli ed amici”?
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Come mai il Governo e il paese si è affidato alla improbabile coppia costituita da un manager-finanziere di terza fila (Arcuri) e da un contabile della Protezione Civile (Borrelli), con la consulenza esclusiva di virologi impegnati più che altro ad apparire sugli schermi, piuttosto che ad una struttura composta da esperti di logistica, igienisti, manager della salute nella quale i militari avrebbero dovuto avere un ruolo di primo piano e non di serventi tuttofare?
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Come mai il Governo non è stato in grado di concordare le modalità di intervento e di scambio delle informazioni con tutti gli interlocutori internazionali, oltre che con russi e cinesi? Anni fa ad un alto ufficiale americano fu chiesto come mai tante basi erano state spostate dalla Germania in Italia. Da buon anglosassone la risposta fu lapidaria: “in Germania per muoversi occorre compilare protocolli di almeno dieci pagine, in Italia una telefonata.”
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Come mai si sono omesse le analisi epidemiologiche e diagnostiche che accelerassero l’individuazione dei decorsi e la definizione di terapie efficaci?
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Come mai è quasi completamente saltata quella medicina di base e preventiva sulla quale dovrebbe fondarsi il sistema sanitario nazionale, stando almeno alle dichiarazioni fondative di principio come pure è rimasto impolverato il piano di emergenza nazionale?
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Come mai in una situazione di grave emergenza non si è risolto rapidamente il disordine istituzionale e lo si è piuttosto strumentalizzato per scaricarsi reciprocamente le responsabilità della cattiva gestione della crisi?
Le giuste domande, ma alle persone giuste: al ceto politico italico, alla sua classe dirigente e ai suoi quadri amministrativi, agli alleati o sedicenti tali piuttosto che alla missione russa rea di aver fatto quello che avrebbero dovuto fare tutti. Le cui giuste risposte avrebbero probabilmente consentito di non pietire interventi esterni a scatola chiusa e di non porre alla radice il problema.
Si sa purtroppo che l’orgoglio nazionale serve a suscitare le migliori energie di un paese, ma anche, spesso e volentieri, a coprire le peggiori magagne e speculazioni.
La soluzione non può arrivare da segugi di tal fatta. Sono parte in causa di una categoria a pieno titolo corresponsabile di una gestione fatta e condizionata da allarmismo, disinformazione, schizofrenia, superficialità e irresponsabilità. Una gestione che ha ridotto l’emersione di un problema serio ad una manipolazione inquietante senza una soluzione di continuità prevedibile in una emergenza senza fine. Un vero e proprio ossimoro. Mario Draghi è arrivato a risolvere alcuni dei problemi posti. Probabilmente ci riuscirà, ma non sarà la gran parte del paese a giovarsi del risultato. Lo abbiamo intravisto negli ultimi due vertici mondiali del G7 e della NATO sui quali continueremo a soffermarci.
Ai due segugi, dal cuore ingrato e dall’indole meschina, non rimane che replicare a loro volta a due semplici domande: a chi, a quale pifferaio devono rispondere dei loro sproloqui infantili e mal posti? Non certo ai lettori, vista la crescente disaffezione. Siete voi stessi agenti terminali di una guerra ibrida?
In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli
NB_L’articolo risale al 19 aprile scorso e risente quindi in alcune parti del successivo corso degli avvenimenti. Nell’affrontare un problema come quello della crisi pandemica da Covid 19 le strumentalizzazioni e le manipolazioni sono insite nell’azione politica. Da una parte sono conseguenze di calcoli e gelida pianificazione, dall’altra di dinamiche, spesso sempre più perverse, che inducono a comportamenti reattivi. Vi sono, però, altri fattori determinanti. Nel caso tragico di Camilla, la cui morte pare essere codeterminata da patologie in corso, risaltano anche altri aspetti altrettanto gravi, come l’inadeguatezza e la confusione frutto di disordine istituzionale e scompensi organizzativi. E’ mai possibile che, tra le tante mancanze che non tarderanno ad emergere e a portare all’affossamento e al discredito di gran parte di questa classe dirigente e politica, nel 2021 la sicurezza di un individuo sia legata ancora all’autocertificazione anziché all’accesso digitale alla cartella clinica del paziente da parte del personale sanitario? _Giuseppe Germinario
In medicina le bugie hanno le gambe corte, di Max Bonelli
La vulgata dei vaccini come panacea per l’emergenza covid
sta manifestando tutti i suoi punti deboli complice un governo che non ha saputo indirizzarli sulle vere categorie a rischio ed invece li ha proposti come soluzione a 360 dell’emergenza.
Il lettore abbia la pazienza di esaminare queste semplici cifre estratte da
un sito di statistica collegato all’Istituto Superiore di Sanità. che analizza i macro dati del covid-19 in Italia al 31 marzo 2021.(1).
Da questo sito si può calcolare la letalità (rapporto contagiati -deceduti) per fasce di età. Su un campione di circa tre milioni e mezzo di contagiati. Al 31 marzo risultavano cento seimila deceduti la cui età media era 81 anni.
Con una letalità del 3% ,una delle più alte al mondo.
Se focalizziamo la fascia di età delle persone sotto i 50 anni abbiamo cifre completamente meno drammatiche.
Letalità sotto i 50 anni 0,034% (1188 decessi )e se scendiamo di dieci anni ci sono stati solo 282 morti entro i 40 anni
Letalità sotto i 40 anni 0,008% .
Di questi 164 avevano gravi patologie concomitanti (oncologiche, cardiovascolari etc). Dei restanti 118 abbiamo
80 pazienti di cui non si conosce la storia cllinica e per eccesso di zelo li diamo morti da Covid. Pari ad una percentuale 0,0033% di letalità.
Vuol dire 1 morto ogni 30.000 contagiati sotto i 40 anni che non hanno altre patologie (ammesso e non concesso che gli 80 senza storia clinica erano senza patologie concomitanti).
Il vaccino Astra Zeneca si è attestato su 1 morto ogni 300.000 vaccinazioni secondo le ultime rilevazioni aggiustate ad i decessi di persone che non avevano patologie concomitanti e di cui la storia clinica era nota, con una maggioranza significativa di donne ed uomini sotto i 50 anni.
In realtà sono state scartati a favore dei vaccini tutte le persone che avevano avuto eventi avversi ma che avevano malattie concomitanti che potevano essere collegati agli eventi avveri
Facciamo un esempio semplice se un vaccinato che aveva una storia di patologie cardiovascolare moriva dopo il vaccino per un evento trombotico veniva escluso dalla lista degli eventi avversi da vaccino.
Se si fosse applicato lo stesso principio sui decessi con covid ed avremmo esclusi quelli dove l’evento covid non era predominante come causa di morte avremmo sicuramente altri numeri su tutte le fasce d’età.
Una riflessione viene spontanea perché utilizzare un metodo di conteggio
di eventi avversi più restrittivo per i vaccini?
Considerando che sono terapie fatte in grande affanno e con iter sperimentali accelerati e con i produttori che non si assumono responsabilità ne civili ne penali per l’uso dei loro prodotti, questo doppio standard lascia perplessi.
Come lascia dubbiosi l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari spesso in fasce di età entro i 50anni dove il rischio di letalità da covid-19 è estremamente basso ancor più se si pensa che la vaccinazione non li rende esenti dalla trasmissione del virus ma solo nel migliore dei casi di aver meno rischi di ammalarsi e di eventuali ricoveri ospedalieri.
L’obbligo fa sorgere un quesito etico sulla imposizione di terapie vaccinali che giorno dopo giorno suscitano punti interrogativi da parte degli organi di controllo internazionali con indicazioni di queste alle fasce di età più a rischio e si arriva fino allla sospensione,, come in Danimarca nei confonti del vaccino Astra Zeneca.
La campagna vaccinale del governo è in ritardo sugli anziani dove dati alla mano vale la pena rischiare effetti indesiderati, in quanto il virus risulta pericoloso.
Viceversa si è voluto forzarlo sulle categorie a basso rischio nel tentativo di avere meno ricoveri ospedalieri mentre scrivo è arrivata la notizia che Astra Zeneca è stata sospesa la somministrazione alle forze dell’ordine.
Forse la risposta a questa ricerca insensata della panacea vaccinale sta nel rifiuto nel rivedere il profilo di investimenti a lungo termine nel settore sanitario dove 30 anni da tagli hanno prodotto una incapacità palese a rispondere alle emergenze.
Il governo Draghi impedito dai vincoli europei a rivedere gli scarsi investimenti di lungo respiro nella sanità è costretto a rincorrere scorciatoie se non a raccontare mezze verità dalle gambe corte.
Max Bonelli
(1)
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia
pubblicato il 19 aprile 2021 anche su https://www.lavocedelpatriota.it/in-medicina-le-bugie-hanno-le-gambe-corte/
Volano gli stracci tra Stati Uniti e Cina sul covid 19, di Max Bonelli
L’articolo del giornalista scientifico Nicholas Wade ex collaboratore del NY Times,(uno non proprio arrivato con la piena del fiume Po) ha ribaltato con argomentazioni difficilmente confutabili la narrazione del Covid 19 frutto di un salto di specie da pipistrello ad uomo.
Anzi con grande probabilità il poco simpatico virus dai 3 milioni e passa di morti su scala mondiale non è altro che un prodotto di ricerca di laboratorio.
Wade (ma a dire il vero ancora prima anche Franco Fracassi) ha dimostrato che il laboratorio di Wuhan era finanziato in queste ricerche su virus pericolosi da una fondazione la Eco Healta Alliance(EHA) su cui gravitano diversi soggetti da ditte farmaceutiche a studi legali prestanome della Cia.
Il presidente della EHA Peter Daszak era anche il manovratore dietro la lettera firmata da diversi noti virologi apparsa sul Lancet il 19 febbraio 2020 che smentiva l’ipotesi del virus nato in laboratorio.
L’articolo di Wade (che non svela solo queste notizie di qui sopra ma che va nel dettaglio scientifico pro e contro le due ipotesi sull’origine del virus) è stato pubblicato dal sito Oltre la linea in italiano.(1) Ci vuole una buona preparazione scientifica per afferrare le finezze di questo pregevole pezzo di giornalismo scientifico.
L’imbarazzo alla casa bianca è stato evidente da qui la dichiarazione ufficiale di Biden per una indagine esaustiva sull’argomento.
Dopo questo passo i media nostrani hanno effettuato la contromanovra alla “contrordine compagni” ed hanno rivitalizzato con qualche imbarazzato articolo l’ipotesi laboratorio.
Purtroppo devo riscontrare che anche un paio di media in teoria alternativi come La voce del patriota (2)e il Primato nazionale(3) sono caduti (volutamente o meno?) nella trappola “del al virus cinese”.
Questa tendenza al facile messaggio dei cinesi cattivi che si sono lasciati scappare il virus dal laboratorio e poi hanno nascosto il fattaccio è una semplificazione nel migliore dei casi dovuta alla mancanza di approfondimento da parte degli autori.
In realtà Wade ed anche Fracassi hanno dimostrato che lo sviluppo di funzioni su virus era frutto di un piano d’investimenti occidentali nel laboratorio di Wuhan con qualche traccia di capitali cinesi privati. Tutto al di fuori del controllo di Pechino.
Ma anche questa verità ha un lato imbarazzante per la Cina e cioè la mancanza di controllo sul proprio territorio.
Si sono fatti delocalizzare una ricerca pericolosa in casa loro senza accorgersene.
Laboratorio di Wuan in Cina
La mia teoria che il Covid 19 sia stato diffuso volutamente dal Deep State americano sta ancora in piedi anzi è suffragata dal lavoro di Nicholas Wade.(4).
Il lettore che vuole approfondire consiglio la lettura di quell’articolo all’epoca definito complottista…ma ci sono abituato
all’etichetta. Dai tempi in cui scrissi nel 2015 sul mio libro Antimaidan che gli sniper a Kiev erano baltici e georgiani addestrati dalla Nato.
Purtroppo la realtà degli avvenimenti geopolitici degli ultimi anni è spesso frutto di veri complotti ai danni di milioni di persone.
(1)
(2)
USA, l’Intelligence rivela: virus circolava in laboratorio a Wuhan già a novembre 2019.
(3)
(4)
già ripreso da https://www.ariannaeditrice.it/articoli/volano-gli-stracci-tra-stati-uniti-e-cina-sul-covid-19
Corrado Ocone Salute e libertà, a cura di Teodoro Klitsche de la Grange
Corrado Ocone Salute e libertà. Un dilemma storico-filosofico Rubbettino Soveria Mannelli 2021, pp. 125, euro 14,00
Il dilemma a cui si riferisce il titolo può lato sensu essere riportato al più generale potere e libertà, o anche paura e libertà e al ruolo della paura nella formazione-concezione dello Stato e nella modernità.
Ossia un’opposizione che ricorre nel pensiero politico, filosofico e giuridico moderno, riproposta da un anno a questa parte con riferimento alla pandemia, quindi attualizzazione di un dilemma costante. E in effetti, il rapporto paura/libertà è esaminato dall’autore riepilogando brevemente ciò che ne pensavano alcuni tra i maggiori filosofi: da Hobbes a Locke, da Machiavelli a Hegel (limitandoci ai più noti). Scrive Ocone sulla paura della modernità distinguendo i ruoli che aveva in Hobbes e Machiavelli: nel primo “È proprio sull’istinto di sopravvivenza dei singoli, sul loro conato ad autopreservarsi, che nasce lo Stato … E il suo compito è legato al raggiungimento di questo fine, cioè dare sicurezza /relativa) e allontanare (nella misura del possibile) la sempre incombente possibilità di morte … Il meccanismo securitario messo qui in campo assume su di sé il monopolio della forza legittima proprio per garantire la vita, l’esistenza dei contraenti”. Così la paura è resa “produttiva di politica” generando (e giustificando) l’ “istituzione di protezione”. Non era così nel mondo pre-moderno, dove il ruolo aggregante (e legittimante) era rivestito dal coraggio e dalla virtù; ma “In epoca moderna questo scenario cambia: la paura è intrinsecamente unita alla politica, ne è il centro e l’origine, il fondamento … Potremmo individuare due modalità in cui questa intrinsecità si manifesta: una, sicuramente trionfante, che è quella di Hobbes; l’altra, facente invece capo a Machiavelli. Da una parte, assistiamo pertanto alla neutralizzazione politica della paura; dall’altra, a una politica che incorpora la paura, per così dire. Al razionalismo formale dell’una corrispondente la ragione concreta e intrisa di passioni, sia “positive” o “calde” sia “negative” o “fredde”, dell’altra”. Tuttavia la democrazia liberale contemporanea ha rimosso tale origine; peraltro costantemente sottesa; probabilmente perché il “loro meccanismo funzionava nella prassi. Oggi ci poniamo con più forza la questione da un punto di vista teorico perché quel meccanismo si è inceppato, e andato in crisi e noi viviamo in quella crisi”. Riemerge prepotentemente con l’emergenza, e quindi con la crisi pandemica, con il “terrore sanitario” e il governo che limitava i diritti, anche garantiti dalla Costituzione, ponendo così la domanda se “La suddetta politica di controllo e disciplinamento esiste effettivamente? È intenzionale o una conseguenza di fatto? Ed è diretta al mero dominio, o anche a un dominio indirizzato verso certi fini o non altri?”. Con la conseguenza di doverla affrontare – anche per il futuro – evitando di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”. Cioè di tenere insieme sia il meccanismo sanitario-securitario che la garanzia di spazi di libertà individuale e sociale (che è poi il problema principale del pensiero politico) e del liberalismo. Scriveva De Maistre su sovranità e libertà che “il più grosso problema europeo è di sapere come si possa ridurre il potere sovrano senza distruggerlo”. Ed in effetti (quasi) tutti i pensatori, soprattutto liberali se lo sono posto.
Lo Stato liberale, come scrive Carl Schmitt è uno Status mixtus, in cui sono compresenti sia principi di forma politica cioè fondativi del potere sia dello Stato “borghese di diritto” cioè limitativi del potere. Conciliarli non è facile, ma è sicuro che nella storia probabilmente il più raffinato sistema di controllo e limitazione del potere è quello organizzato nello Stato di diritto. Già la disciplina dello Stato di eccezione – che giustamente Agamben vede istituito proprio dalla rivoluzione borghese – ne appare il massimo possibile. Oltre quello c’è solo la rivoluzione o il colpo di Stato. Ma anche nella regolamentazione della giustizia politica, di quella amministrativa, del potere amministrativo-burocratico è evidente la volontà di conservarli tenendoli insieme. Come scritto nel Federalista se ad esser governati dovessero essere degli angeli, non ci sarebbe nessun bisogno di governi. Se a governare fossero gli angeli, non sussisterebbe la necessità di controlli sul governo. Ma dato che gli angeli stanno in cielo e non sulla terra, occorrono i governi e i controlli sui medesimi. Che è poi, il fondamento di quell’antropologia realistica comune al liberalismo come ad altre ideologie politiche.
Tuttavia è stato prospettato che la crisi si debba prorogare proprio per far durare i poteri d’emergenza e “approfittare del Covid non per tornare allo status quo ante ma per fare le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno”. Ma oltre “a una eccessiva dose di costruttivismo sociale, una frase del genere contiene di fatto una volontà di controllo del potere non indifferente. L’emergenza viene vista come opportunità, o “felice” coincidenza, per imporre un controllo diverso”.
E a farlo sono sempre i soliti noti, ragione principe per diffidarne.
Teodoro Klitsche de la Grange