Italia e il mondo

Il florido commercio di armi ed armamenti, di Giuseppe Gagliano

Nonostante la guerra in corso tra Russia e Ucraina, l’import-export di armi procede, anche se non senza qualche difficoltà dovute alle implicazioni della guerra stessa. Vi sono casi in cui l’esportazione di armi assume una valenza strutturata e non episodica, come ad esempio quello che vede coinvolta l’Argentina: il ministro dell’Economia argentino Massa ha deciso di inviare una delegazione in Danimarca allo scopo di acquisire ben 12 aerei F-16 da Lockheed Martin. Questa decisione non deve sembrare peregrina o casuale, poiché è anche il risultato sia delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti che dalla vice presidente Cristina Kirchner. A proposito del ruolo degli Stati Uniti non va dimenticato che una volta nominato ministro, Sergio Massa è andato negli Stati Uniti per cercare il sostegno di Joe Biden per la sua candidatura alle primarie che si terranno in Argentina nel 2023. Questa richiesta di sostegno è stata accettata e condivisa almeno fino a questo momento da Biden, ma tale appoggio è condizionato dalla volontà da parte Argentina di boicottare qualunque partnership con la Cina.
Tra la Germania e la Germania è invece in funzione un sistema di contenimento anti-turco, con Berlino disposta a vendere alla Grecia carri armati Leopard e 205 veicoli da combattimento KF-41 Lynx infantry (IFV) di Rheinmetall. L’uomo chiave di questa relazione bilaterale è l’amministratore delegato dell’industria greca EODH, Andreas Mitsis, che ha un rapporto di stretta collaborazione con due importanti industrie militari tedesche e cioè la KMW e la Rheinmetall.
Mitsis non è stato soltanto un imprenditore di successo, bensì è stato consigliere dell’ex ministro della Difesa greco Akis Tsochatzopoulos, del partito socialdemocratico Pasok e segretario generale per l’Industria. Questi ruoli gli hanno consentito di avere rapporti molto stretti non solo con il Ministero della Difesa greco, ma anche con le principali industrie militari tedesche.
Indipendentemente dai rapporti tra l’imprenditore greco e i vertici del potere politico, rimane però il fatto che la crisi energetica legata all’attuale guerra in Ucraina potrebbe costituire un ostacolo serio per la Grecia nel finalizzare gli ordini con la Germania. Il fatto che il capo di Stato maggiore della Marina greca, Stylianos Petrakis, abbia chiesto all’industria navale tedesca ThyssenKrupp Marine Systems di abbassare il prezzo richiesto per modernizzare quattro fregate di classe Hydra (MEKO 200HN), da 700 milioni di euro a 600 milioni di euro, dimostra oggettivamente le difficoltà nelle quali si trova attualmente la Grecia.
Il fatto poi che la Grecia abbia rinunciato, almeno al momento attuale, ad acquistare le corvette proposte sia da Fincantieri che da Naval Group è una ulteriore dimostrazione della difficoltà in cui versa Atene.

https://www.notiziegeopolitiche.net/il-florido-commercio-di-armi-ed-armamenti/?fbclid=IwAR3WGVHlVIiBmaUk0OJeCxC65eqNpDzSYsqHoFZ6azzvuwSvQOdUmpbshqU

La Russia e l’Africa, di Bernard Lugan

Con tutte le difficoltà che sta incontrando il regime di Putin dispone di un fattore fondamentale: il tempo e, quindi, la possibilità di resistere. Con esso la possibilità di portare il confronto anche lontano dai propri confini in aree sempre più vitali per i paesi europei man mano che accentuano il loro scisma dalla Russia ma dove la credibilità delle classi dirigenti occidentali è ostaggio del proprio retaggio coloniale e neocoloniale. La tentazione li porterà ad assumere un ruolo sempre più destabilizzante, fondato sull’istigazione delle divisioni etniche, tribali e religiose. L’Italia e la Francia, ancora una volta, sono destinate ad assumere il ruolo delle vittime sacrificali; la prima in silenzio, la seconda con la spocchia. Il paradosso più impresentabile dei profeti delle “società aperte” e della democrazia. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Un cartone animato russo in francese proiettato nei cinema centrafricani raffigura un leone – implicando l’Africa – attaccato dalle iene – implicando paesi occidentali. L’orso russo interviene quindi, aiutando il padrone della boscaglia a riportare l’ordine delle cose, cioè il rispetto che dobbiamo al leone. L’allegoria è stata ben compresa dagli spettatori entusiasti. È così che, attraverso il sostegno incondizionato dato alle potenze forti, le uniche rispettabili e rispettate in Africa, la Russia sta gradualmente cacciando gli occidentali. Tanto più facilmente poiché gli africani sono stufi del diktat democratico-moralizzante che pretende di far loro cambiare natura. Basta con le follie della “teoria del genere” e le delusioni patologiche LGBT che sono diventate i “valori” sociali di un Occidente che ha perso ogni riferimento all’ordine naturale. Ecco perché, come ha affermato il generale Muhoozi Kainerugaba, figlio del presidente dell’Uganda Museveni, “la maggioranza dell’umanità sostiene l’azione della Russia in Ucraina. Putin ha assolutamente ragione”. Tanto più che la politica russa non ha come alibi il miraggio dello sviluppo. Russi e africani sanno benissimo che è impossibile “sviluppare” secondo i criteri definiti dall’Occidente, un continente che, entro il 2030, vedrà la sua popolazione aumentare da 1,2 miliardi a 1,7 miliardi, con oltre 50 milioni di nascite per anno. E che, per governare queste masse umane, i principi democratici occidentali sono sia inefficaci che crisogenici. In realtà, se Vladimir Poutin riesce in Africa, è perché ha preso esattamente il contrario del diktat democratico che François Mitterrand ha imposto nel 1990 al continente durante la conferenza di La Baule. Un diktat che ha causato un caos infinito perché, poiché le elezioni in Africa sono tanti sondaggi etnici a grandezza naturale, portano quindi automaticamente all’etnomatematica elettorale. Da qui la crisi permanente. I popoli meno numerosi essendo infatti esclusi dal potere, o non si riconoscono negli Stati, o si ribellano contro di loro. Al contrario, lontana dalle nuvole ideologiche, la politica africana della Russia è centrata sulla realtà, sulle forze armate che costituiscono i circoli del vero potere. E mentre la NATO avanza le sue pedine contro la Russia ottenendo nuove adesioni o domande di adesione nel Nord Europa, Mosca muove le sue pedine in Africa, contro l’Occidente, firmando accordi militari con la maggior parte dei paesi del continente. Quanto alla Francia, si è estromessa dal continente a causa della nullità dei suoi dirigenti e dei continui e colossali errori politici che non ho mai smesso di evidenziare nei successivi numeri di Real Africa. Tanto più che, essendosi completamente sottomessa alla NATO, e quindi agli Stati Uniti, si è mostrata ostile agli interessi russi, in particolare in Libia, Siria, Bielorussia e oggi in Ucraina. In Africa, Mosca ha restituito quindi in un certo senso “la sua moneta”…

http://bernardlugan.blogspot.com/

Biforcazione, di Pierluigi Fagan

BIFORCAZIONE. Con due post del 7 e 9 ottobre scorso, aggiornammo le analisi sul conflitto ucraino dicendo che si era arrivati ad un punto critico. Il “punto critico” è quel punto di una traiettoria in cui si propone una biforcazione tra catastrofe prolungata o repentina e risalita a forme di nuovo ordine ed equilibrio dinamico.
Seguivamo certo gli eventi ma, consapevoli che noi siamo esposti ad informazione manipolata e manipolante nelle notizie date nonché a molte notizie non date proprio, seguendo quindi con maggior confidenza nostre letture di logica del conflitto più generali. Tant’è che, nonostante nel frattempo si sia oscillati tra speranze di pace e timori dell’Armageddon atomico, siamo in effetti arrivati più di un mese dopo ad una situazione sul campo ed a bordocampo che sembra accettare quantomeno lo stallo operativo, presupposto per congelare il conflitto armato ed iniziare il confitto di trattativa.
La trattativa riguarda almeno cinque soggetti interessati.
Naturalmente i due confliggenti diretti, la Russia e l’Ucraina con, un po’ sul campo stesso ed un po’ intorno al campo, l’Europa, gli USA-NATO (con dentro europei più bellicisti ed altri meno), i terzi del sistema multipolare che non sono alleati dei russi ma pensano che i russi non debbano perdere del tutto o anche gli americani non debbano vincere. Questi ultimi, soprattutto, vorrebbero che il conflitto armato terminasse -anche momentaneamente- per non turbare ulteriormente il precario equilibrio internazionale. C’è forse una sponda indiretta e silente a questa posizione all’interno del cluster europeo soprattutto tedesco-occidentale. Ma attenzione, quando si tratta di democrazie liberali e di mercato, è sempre un’impresa sintetizzare la posizione con chiarezza in quanto ci sono sempre, nei gorghi di politica interna, quinte colonne.
Arriviamo al punto critico, più o meno messi così. Il generale americano Milley ha stimato in 100.000 le perdite russe, ma ha anche aggiunto -e per la prima volta- un dato silenziato ovvero che si stimano in altrettante le perdite ucraine. Non è importante l’effettiva quantificazione oggetto anch’essa di intenti propagandistici, è importante la segnalata parità o giù di lì. Al di là delle fantasiose stime di alcuni analisti televisivi, è ovvio che i “centomila” ucraini pesino sul totale potenziale più dei centomila russi. Se non altro perché l’Ucraina conta da meno di un terzo a poco più di un quarto della popolazione russa. Le armi occidentali, in quantità e qualità, fanno talvolta sentire meno questa sproporzione (su terra, non su aria), ma la guerra alla fine rimane conquista di terra con stivali su campo. Inoltre, gli USA si son messi a comprare proiettili dai coreani ed anche le forniture europee sono al limite.
Altresì, si va verso dicembre e sul campo, da dicembre a marzo, tra fango, ghiaccio, freddo, neve e pioggia fredda, la logistica bellica sarebbe fortemente alterata e complicata. Così, i russi sanno che conquistare il rimanente del Donetsk è quasi impossibile o molto e molto gravoso, così ucraini ed alleati sanno che penetrare ulteriormente dalla riva orientale del Dnepr, lo è altrettanto o quasi. I russi hanno anche il problema della rotazione truppe tra gli operativi stanchi e provati e le riserve appena preparate e non ancora affidabili appieno. Ma gli ucraini potrebbero non aver proprio truppe da far ruotare.
Gli europei NATO si dividono tra quelli nord orientali disposti ad andare avanti quanto più e possibile e quelli sud occidentali che forse preferirebbero assecondare il congelamento del conflitto.
Gli USA hanno un nuovo Congresso con i repubblicani in capo alla Camera ed una probabile maggioranza democratica grazie al voto della vice-presidente, al Senato. Almeno questo sembra profilarsi con i tre stati che mancano ancora al conteggio con uno, la Georgia, che avrà un ballottaggio suppletivo. Ma gli americani finita una elezione ne hanno anche un’altra in prospettiva e quindi la loro postura è sensibile anche ai giochi di conflitto o cooperazione tra repubblicani e democratici in vista delle presidenziali fra due anni. Con, da segnalare, anche la possibile competizione interna al GOP tra Trump e De Santis e nel campo democratico tra Biden e chi gli sta dietro e un/a nuovo/a cavallo/a. A dire che i repubblicani possono minacciare ostracismo alla Camera o ottenere concessioni da Biden nei giochi di potere da spendere poi fra due anni davanti le opinioni pubbliche. In politica estera, le due parti potrebbero avere cooperazione se si parla di Cina, molto meno se si parla di Ucraina-Russia. Ma tutto poi si mischia con mille altre questioni di equilibrio interno. Sappiamo anche che dal punto di vista americano quanto a Biden, si è ottenuto un obiettivo importantissimo ovvero la perfetta cattura egemonica dell’Europa, un obiettivo di centralità strategica inestimabile. Che fosse reale o solo vantato per esigenze narrative l’obiettivo di forte corrosione del potere russo risulta assai poco a portata di mano sebbene colpi strutturali siano stati comunque inferti (difficile oggi dire di quale entità).
Il consenso internazionale alla causa unipolare americana ovviamente non ha fatto alcun passo in avanti ed anzi, forse ha mostrato qualche smagliatura ad esempio in Medio Oriente La nuova presidenza brasiliana, il solido non allineamento indiano ed i nuovi interessi strategici energetici che legheranno sempre più asiatici ai russi oltre la perdurare delle varie penetrazioni (russe, cinesi, indiane) in Africa, dicono che in questo campo largo le posizioni sono quelle raggiunte e non si avrà nulla di più. Anzi forse di meno se gli europei occidentali dovessero destabilizzarsi nel lungo inverno dei nostri vari scontenti.
L’ipotesi di mettersi intorno ad un tavolo porta a dover scrutare varie questioni. Due principali.
La prima è che occorre tenere conto della complessità del conflitto che solo i limitati mentali hanno pensato di poter ridurre alla faccenda russi vs ucraini. In realtà lì c’è un triangolo con tendenze quadrilatere. Ad esempio, l’altro giorno è stata fatta uscire su certa stampa, l’ipotesi possano iniziare dialoghi sul problema del Trattato START (i missili a medio raggio) tra USA e Russia, una faccenda che non ha nulla di diretto a che fare col conflitto ucraino, apparentemente. Invece, ed assieme ad una vasta matassa di altre questioni tutte interne ai rapporti tra i due poteri nucleari, sono forse più alla base della decisione di Putin di fine febbraio che non le questioni dei russofili e russofoni ucraini. Questo eventuale secondo tavolo dirà molto di ciò che si potrà ottenere al primo.
La seconda questione decisiva saranno i soldi ovvero cosa, da chi ed a che condizioni, gli ucraini otterranno dai partners. L’Ucraina, più che “ricostruita” va costruita visto che era praticamente uno stato fallito prima della guerra. Quindi, gli ucraini, avranno interesse a metter il broncio la tavolo ma più che perché contro questa o quella proposta russa, per ricevere il corrispettivo da parte dei partners. E non è escluso che almeno gli americani non vogliano a quel punto richiamare anche i non allineati a far la loro parte per pagare il prezzo della pace o quantomeno un certo assetto di strano equilibrio. Forse una pace con un trattato scritto potrebbe esser rimandata di molto nel tempo, ma un conflitto sedato a congelato vi corrisponderebbe in pratica. Anche se investimenti provenienti vedremo da dove necessitano di una certa stabilizzazione abbastanza affidabile. Così i russi potrebbero fra qualche tempo picchiare duro da qualche parte se insoddisfatti di come le cose potrebbero andare al tavolo delle chiacchiere. Così gli ucraini potrebbero colpire i russi per poi riceverne la reazione e dire ai partners che trattare coi russi è impossibile e quindi “alzare il prezzo” del loro consenso sempre comunque poco convinto.
Insomma, sarà una partita tutta da seguire, lenta, contradditoria e come sempre incomprensibile ai più manipolati dal concerto dis-informativo.
Questo il menù previsto per i prossimi mesi. Al profilarsi della primavera, se dai vari tavoli non è uscito nulla di rilevante, si tornerà sul campo d’armi, ma è presto per far previsioni del genere.

20 critiche costruttive all’operazione speciale russa, di ANDREW KORYBKO

Riconoscere con calma le battute d’arresto e condividere critiche costruttive in seguito si allinea allo spirito di ciò che il presidente Putin ha suggerito all’inizio dell’estate quando ha sconsigliato di abbandonarsi a un pio desiderio. Nessuno che sostenga sinceramente questa potenza mondiale appena restaurata e la sua leadership de facto del Movimento Rivoluzionario Globale nella Nuova Guerra Fredda potrebbe in buona coscienza evitare la propria responsabilità morale di incoraggiare l’auto-miglioramento della Russia attraverso questi mezzi ben intenzionati.

L’operazione speciale della Russia in Ucraina si avvicina al suo nono mese, periodo durante il quale ha sperimentato la sua parte di successi e battute d’arresto. I primi citati sono stati ampiamente amplificati dalla Alt-Media Community (AMC), ma molti di loro hanno anche nascosto molti di questi ultimi attraverso una combinazione di teorie del complotto degli “scacchi 5D” e pio desiderio (che insieme possono essere riferite come ” copio “). Lo scopo del presente pezzo è far luce su queste “dure verità”.

Riconoscere con calma le battute d’arresto e condividere critiche costruttive in seguito è in linea con lo spirito di ciò che il presidente Putin ha suggerito all’inizio dell’estate quando ha sconsigliato di abbandonarsi a un pio desiderio . Nessuno che sostenga sinceramente questa potenza mondiale appena restaurata e la sua leadership de facto del Movimento Rivoluzionario Globale nella Nuova Guerra Fredda potrebbe in buona coscienza evitare la propria responsabilità morale di incoraggiare l’auto-miglioramento della Russia attraverso questi mezzi ben intenzionati.

Per essere assolutamente chiari, ” La Russia sta conducendo una lotta esistenziale in difesa della sua indipendenza e sovranità ” dopo che la NATO ha attraversato le sue linee rosse di sicurezza nazionale in Ucraina, spiegando così perché ha cercato di denazificare e smilitarizzare questo progetto geostrategico “anti-russo” . Gli Stati Uniti si sono rifiutati di rispettare le richieste di garanzia di sicurezza della Russia e quindi hanno dato la priorità al contenerla rispetto alla Cina perché consideravano questa Grande Potenza eurasiatica il cosiddetto “anello debole” nella transizione sistemica globale alla multipolarità .

Come si è scoperto, ” Tutte le parti nel conflitto ucraino si sottovalutavano a vicenda “, ma ” La Russia vincerà comunque strategicamente anche nello scenario di uno stallo militare in Ucraina ” poiché la sua operazione speciale ha messo in moto processi rivoluzionari a livello globale che richiedono semplicemente sopravvivere in modo che abbiano successo. Questa valutazione rimane in vigore nonostante la recente battuta d’arresto nella regione di Kherson . Dopo aver inserito tutto nel contesto appropriato, verrà ora condiviso un rapido disclaimer prima di procedere oltre.

Nessuno dovrebbe interpretare erroneamente l’imminente raccolta di critiche costruttive sull’operazione speciale della Russia come implicante un cosiddetto “approccio sa tutto” suggerendo che ogni difetto era evidente con largo anticipo e quindi avrebbe potuto essere facilmente evitato. Tutto è sempre molto più chiaro col senno di poi, e queste critiche non suggeriscono che gli eventi avrebbero potuto svolgersi diversamente. Vengono condivisi esclusivamente per la documentazione storica e per aiutare l’auto-miglioramento della Russia in futuro:

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1. Il 2022 potrebbe essere stato un po’ tardi per avviare l’operazione speciale

Tra le critiche patriottiche più popolari c’è che l’operazione speciale è stata avviata un po’ troppo tardi, il che ha così ostacolato la sua efficacia poiché Kiev aveva otto anni per prepararsi. Coloro che aderiscono a questo punto di vista ritengono che avrebbe dovuto iniziare nell’estate 2014 o al più tardi entro l’estate 2020/2021. Detto questo, la Russia non aveva ancora sottoposto a sanzioni la sua economia o modernizzato le sue forze armate entro l’estate 2014, mentre nutriva ancora grandi speranze in una soluzione diplomatica a questo dilemma di sicurezza nell’estate 2020/2021.

2. La Russia ha imparato troppo tardi che l’Occidente non negozia in buona fede

Basandosi su quest’ultimo punto, il motivo principale per cui la Russia ha aspettato fino a febbraio 2022 per iniziare la sua operazione speciale è a causa della convinzione malriposta della sua leadership che l’Occidente negozia in buona fede. Il presidente Putin – che è lontano dal mostro, dal pazzo o dalla mente che i suoi nemici e amici lo caricano come se fosse per i propri motivi egoistici – ha imparato questa lezione troppo tardi, ma non può essere biasimato per la sua fede di principio e razionale in diplomazia poiché aveva senso provare in quel momento.

3. La discrezione diplomatica ha lasciato le forze armate e la cittadinanza psicologicamente impreparate al conflitto

La Russia non ha rivelato pubblicamente i dettagli sulla minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dall’espansione clandestina della NATO in Ucraina al fine di mantenere la discrezione diplomatica e quindi aiutare i colloqui correlati al successo fornendo una copertura per gli Stati Uniti per “salvare la faccia” nel caso in cui avessero accettato di le richieste di garanzia di sicurezza. Il compromesso, tuttavia, è che ciò ha lasciato le forze armate e la cittadinanza psicologicamente impreparate al conflitto. Se fossero stati informati di questa minaccia, avrebbero potuto prepararsi a quello scenario.

4. La tempistica dell’operazione speciale è stata praticamente decisa dagli Stati Uniti e da Kiev

Il presidente Putin alla fine ha rivelato i dettagli della minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dall’espansione clandestina della NATO in Ucraina, inclusa la sua affermazione che l’operazione speciale è stata lanciata per prevenire la terza offensiva contro il Donbass che Kiev stava per iniziare con il sostegno degli Stati Uniti. È stato quel secondo sviluppo credibile più di ogni altra cosa che ha spinto la Russia ad agire quando lo ha fatto, il che significa che i suoi due oppositori hanno praticamente deciso i tempi di questa campagna.

5. La Russia non ha mai avuto l’iniziativa strategica nel conflitto ucraino

Visto che gli Stati Uniti, la NATO e Kiev non stavano mai negoziando in buona fede sulle richieste di garanzie di sicurezza del Donbass e della Russia, ma sfruttando tali colloqui come copertura per prepararsi a una terza offensiva nell’allora guerra civile ucraina, erano sempre loro e non Mosca che ha tenuto l’iniziativa strategica. In quanto tali, sebbene credessero erroneamente che il rischio di un intervento convenzionale russo su larga scala rimanesse basso, non lo scartavano nemmeno e quindi si preparavano di conseguenza a quello scenario.

6. La discrezione diplomatica ha screditato controproducente la diplomazia russa

I Mainstream Media (MSM) occidentali guidati dagli Stati Uniti hanno manipolato le percezioni globali in vista dell’operazione speciale della Russia allarmando il rafforzamento militare di Mosca, cosa che il Cremlino ha continuato a negare per discrezione diplomatica. Rifiutando di rivelare dettagli su come l’espansione clandestina della NATO in Ucraina abbia minacciato i loro interessi di sicurezza nazionale fino a dopo l’inizio dell’operazione speciale, molti hanno avuto la falsa impressione che fosse la Russia e non l’Occidente a sfruttare la diplomazia come copertura.

7. La sicurezza operativa si è verificata a spese della Russia che ha perso circa $ 300 miliardi di riserve estere

Allo stesso modo, per quanto comprensibile fosse la suddetta discrezionalità diplomatica all’epoca, essa e la necessità di preservare la sicurezza operativa al momento della decisione presa di iniziare la campagna alla fine si sono verificate a spese del congelamento di circa $ 300 miliardi di riserve estere. La Russia era indiscutibilmente in un dilemma, anche se, poiché portare a casa quei fondi in anticipo avrebbe informato l’Occidente sulle intenzioni militari di Mosca e quindi accelerato i loro piani per una terza offensiva nel Donbass.

8. La Russia non si aspettava che l’Occidente censurasse i suoi media o rendesse loro impossibile il funzionamento

Non c’è dubbio che la Russia sia stata colta completamente alla sprovvista quando l’Occidente ha censurato i suoi media e creato altre condizioni che hanno reso loro impossibile operare. Apparentemente pensava che i suoi oppositori non avrebbero screditato il loro autoproclamato soft power “democratico”, eppure è esattamente quello che è successo. Mosca avrebbe dovuto prevederlo, diversificare preventivamente la sua sproporzionata dipendenza da ammiraglie come RT e Sputnik attraverso mezzi creativi, e quindi preservare il suo soft power in Occidente.

9. Obiettivi militari non coordinati tra i comandanti hanno complicato l’operazione

L’inizio dell’operazione speciale ha visto le forze armate russe entrare in Ucraina da più direzioni, anche se con il senno di poi sembra che questo fosse molto meno coordinato di quanto molti inizialmente pensassero. Lungi dall’essere parte di un piano generale volto ad accerchiare il nemico, ora sembra essere stato il risultato di obiettivi militari scoordinati avanzati da comandanti più o meno largamente autonomi, ognuno dei quali ha cercato di perseguire i propri obiettivi sul campo senza lavorando a stretto contatto con i loro coetanei.

10. Le regole di ingaggio guidate dalla politica hanno ostacolato l’efficacia militare della campagna

La Russia ha limitato le regole di ingaggio per mesi al fine di portare avanti i suoi obiettivi politici previsti. Ciò ha portato le sue forze armate a combattere proverbialmente con una mano dietro la schiena in modo da ridurre le vittime civili lasciando anche aperta la possibilità di una soluzione diplomatica al conflitto, quest’ultimo sabotato dal Regno Unito in primavera per volere degli Stati Uniti . Ripensandoci, questi sforzi ben intenzionati non sono riusciti a ottenere dividendi strategici e quindi hanno inavvertitamente prolungato il conflitto.

11. L’intelligence russa sembra aver giudicato erroneamente la resilienza della sicurezza morbida dell’Ucraina

Alla luce dell’intuizione di cui sopra, l’unica spiegazione logica per la mancanza di coordinamento tra i comandanti è che l’intelligence russa ha giudicato male la resilienza socio-politica (sicurezza morbida) del regime neonazista sostenuto dagli Stati Uniti. Se si fossero aspettati qualcosa di diverso da un rapido collasso all’inizio dell’operazione speciale, soprattutto dietro le linee del fronte, non c’è dubbio che l’intera campagna sarebbe stata coordinata molto più strettamente nel senso militare convenzionale.

12. Anche l’intelligence russa sembra aver valutato in modo impreciso l’impegno americano nei confronti di Kiev

Allo stesso modo, sembra che anche l’intelligence russa abbia valutato in modo impreciso quanto fosse impegnata l’America nei confronti dei suoi delegati a Kiev. Mosca non si aspettava che un così massiccio aiuto militare occidentale si riversasse in Ucraina alla scala, alla portata e al ritmo che ha finora, per non parlare di quanto tempo è stato sostenuto. Questo sviluppo ha neutralizzato l’impatto strategico della Russia , distruggendo completamente il complesso militare-industriale del suo avversario entro la fine di marzo e quindi ha portato il conflitto a continuare fino ai giorni nostri.

13. Un’altra carenza di intelligence riguarda la vera autonomia strategica dell’UE

L’intelligence russa sembra essere convinta che l’UE a guida tedesca fosse molto più strategicamente autonoma dall’America di quanto non fosse in realtà e quindi nutriva grandi speranze che avrebbe ostacolato l’aiuto militare di Washington a Kiev, mediando contemporaneamente una rapida soluzione del conflitto. Il rapporto energetico-centrico di complessa interdipendenza tra Bruxelles/Berlino e Mosca è stato inaspettatamente rovinato dai primi a scapito dei loro interessi oggettivi a causa delle pesanti pressioni statunitensi.

14. L’intelligenza difettosa e il pio desiderio hanno catalizzato una reazione a catena di complicazioni per la Russia

Se la Russia avesse valutato accuratamente la situazione strategica in Ucraina e più in generale tra l’Occidente prima di iniziare la sua operazione speciale, avrebbe potuto evitare la reazione a catena delle complicazioni che ne sono seguite. Tutto avrebbe potuto essere potenzialmente molto più coordinato in senso diplomatico e militare, il primo per quanto riguarda l’informazione in anticipo del mondo sul perché alla fine si sarebbe potuto ricorrere a mezzi militari mentre il secondo avrebbe potuto assumere la forma di “shock and awe”.

15. I gesti di buona volontà non sono riusciti a convincere Kiev a compiere progressi tangibili nel processo di pace

Il ritiro della Russia da Kiev quello corrispondente da Snake Island e l’accordo sul grano sono stati tutti gesti di buona volontà intrapresi con la ben intenzionata aspettativa che avrebbero convinto Kiev a compiere progressi tangibili nel processo di pace, ma quel risultato non si è mai materializzato. Non c’è dubbio che ognuno di loro ha contrastato le false affermazioni del MSM secondo cui Mosca sarebbe stata ossessionata da “guerra, conquista e carestia”, ma questa è una compensazione inadeguata per non aver raggiunto il suo obiettivo principale.

16. I guadagni sul campo duramente combattuti sono stati dati per scontati e quindi difesi in modo improprio

Le battute d’arresto nelle regioni di Kharkov e Kherson avrebbero potuto essere evitate se quei fronti fossero stati adeguatamente difesi, ma ciò non è accaduto perché questi guadagni sul campo duramente combattuti sono stati probabilmente dati per scontati per ragioni che esulano dallo scopo del presente pezzo. Al momento non è chiaro quali altri guadagni avrebbero potuto essere dati per scontati e quindi rimanere difficili da difendere senza perdite inaccettabili, ma almeno ora le autorità competenti sembrano aver finalmente riconosciuto queste sfide.

17. La mobilitazione parziale e la legge marziale avrebbero potuto essere ordinate un po’ prima

In risposta a quanto sopra, la decisione è stata presa tardivamente di ordinare la parziale mobilitazione di riservisti esperti insieme alla promulgazione della legge marziale nella regione ora riunificata di Novorossiya, ma entrambi avrebbero potuto essere ordinati un po’ prima per essere più efficaci . Questi passaggi sono stati probabilmente ritardati per evitare la percezione che l’operazione speciale stesse lottando per raggiungere i suoi obiettivi, il che suggerisce quindi che un’attenzione sproporzionata sia stata prestata a tale preoccupazione.

18. Il pubblico non era precondizionato ad aspettarsi l’evoluzione del conflitto in un conflitto difensivo

I continui bombardamenti di insediamenti da parte di Kiev all’interno dei confini della Russia prima del 2014, insieme al suo attacco suicida contro il ponte di Crimea e alla riconquista della riva destra della regione di Kherson appena riunificata, confermano che il conflitto è passato da un’offensiva a una difensiva per Mosca. Né il pubblico nazionale né quello internazionale erano precondizionati dagli influencer di quel paese ad aspettarsi questo, tuttavia, il che ha contribuito a confusione, delusione e persino indignazione.

19. Le preoccupazioni sulla gestione della percezione vaga hanno avuto la precedenza sugli obiettivi militari concreti

La tendenza generale fino a poco tempo fa era che le vaghe preoccupazioni sulla rappresentazione dell’operazione speciale al pubblico nazionale e internazionale avevano la precedenza sul raggiungimento di obiettivi militari concreti. Questo spiega le limitazioni autoimposte alle regole di ingaggio, la follia di gesti di buona volontà, la costante priorità di una soluzione diplomatica, le battute d’arresto di Kharkov e Kherson e il mancato precondizionamento per tutti per l’evoluzione del conflitto in uno difensivo.

20. La fine del gioco militare rimane sfuggente e la Russia sta lottando sempre più per dare forma agli eventi

L’inaspettata evoluzione del conflitto da offensivo a difensivo per la Russia ha portato la Russia a lottare sempre più per plasmare gli eventi militari, portando così i suoi avversari a rubare lo slancio strategico e quindi a trovarsi in una posizione più sicura per dettare la fine del gioco. A parte la guerra totale per riguadagnare le sue perdite, il meglio che la Russia può fare ora è fortificare la linea di controllo, congelare il conflitto, rendere le sue conquiste sul campo un fatto compiuto e quindi “salvare la faccia” in mezzo alla de-escalation .

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Per ricordare al lettore, queste 20 critiche costruttive all’operazione speciale della Russia non implicano che tutto sarebbe potuto andare diversamente visti i limiti di ciò che si pensava all’epoca e la mentalità che ha influenzato gli sforzi della leadership russa per risolvere il loro dilemma di sicurezza con la NATO . Detto questo, è anche innegabile che le priorità diplomatiche e di gestione della percezione, unite a gravi carenze di intelligence, abbiano inavvertitamente ostacolato l’efficacia militare di questa campagna.

Comunque sia, sarebbe prematuro per i sostenitori della Russia in patria e all’estero sottomettersi a previsioni di sventura e oscurità sull’operazione speciale. L’ironia è che mentre questo leader multipolare continua a lottare per raggiungere i suoi obiettivi politici, militari e strategici nel conflitto ucraino, è riuscito inconsapevolmente a scatenare potenti processi che hanno costretto l’ attuale fase intermedia bipolare della transizione sistemica globale ad accelerare la sua evoluzione alla multipolarità complessa .

La traiettoria speculativa della superpotenza cinese è stata compensata (se non deragliata) da quest’ultima fase del conflitto ucraino che ha paralizzato i processi di globalizzazione da cui dipendeva la sua grande strategia. L’ India ha svolto un ruolo importante in questo risultato, sfruttando magistralmente gli eventi per emergere come il creatore del re nella Nuova Guerra Fredda attraverso la perfezione del suo equilibrio tra il golden billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il Global South guidato da BRICS SCO di cui fa parte.

La sua politica pragmatica di neutralità di principio ha aperto la strada alla base per far rivivere il precedentemente defunto Movimento dei Non Allineati in una nuova forma (” Neo-NAM “), che faciliterà l’ascesa collettiva del Sud del mondo come terzo polo di influenza insieme ad America e Cina. Inoltre, l’ emergente polo di influenza trilaterale tra Russia, India e Iran ha un’immensa promessa di rivoluzionare gli affari geostrategici dell’Eurasia in questo contesto più ampio, che accelera anche l’ ascesa dell’Arabia Saudita e di Turkiye .

Questi sviluppi rivoluzionari a livello globale si abbinano perfettamente alla leadership de facto russa del Movimento Rivoluzionario Globale per suggerire che Mosca sta vincendo la Nuova Guerra Fredda. Dopo che il presidente Putin ha nominato il generale dell’esercito Surovikin come comandante dell’intera operazione speciale, c’è una speranza credibile che la situazione militare si stabilizzi lungo la linea di controllo, si traduca in una situazione di stallo strategicamente favorevole a Mosca e quindi completi la transizione sistemica globale al multipolarismo.

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Su Kherson, di Scott Ritter

“Chi sa quando può combattere e quando non può, vincerà” – Sun Tzu, The Art of War

La guerra ha una qualità terribilmente avvincente. Le persone sono affascinate dal potere distruttivo che la guerra mette in primo piano e, anche se sono respinte dalla violenza, sono attratte dal fascino di guardare l’uomo fare ciò che l’uomo sa fare meglio: la distruzione organizzata. In passato, persone molto lontane dal conflitto seguivano il corso di una guerra leggendo le battaglie molto tempo dopo che erano state combattute e tracciando i progressi su una mappa. Oggi, con l’avvento delle reti di notizie 24 ore su 24 e dei social media basati su Internet, le persone possono seguire gli eventi quasi in tempo reale. L’intimità fornita da questo accesso alle informazioni trasforma anche le persone lontano dal tipo di tempo e distanza misurati dagli analisti imposti in passato, ad attivisti appassionati oggi auto-potenziati per indovinare le azioni di coloro a cui non è solo affidata la responsabilità di fare la guerra ,

È facile essere un eroe mentre si digita su una tastiera lontana dalla realtà del campo di battaglia.

È un’altra cosa prendere decisioni di vita o di morte mentre gli eventi si evolvono in una zona di guerra attiva.

Quando il generale Sergey Vladimirovich Surovikin assunse il comando dell’operazione militare speciale (SMO), ereditò una situazione che potrebbe essere meglio descritta come “instabile”. L’SMO aveva operato con una struttura di forze non all’altezza del compito, con segmenti significativi della prima linea indeboliti, spesso con soli 30-60 uomini allocati per chilometro e nessuna difesa in profondità. L’esercito ucraino che esisteva all’inizio della SMO era stato sventrato dalle forze russe. Tuttavia, la decisione degli Stati Uniti e dei suoi alleati della NATO di rafforzare l’Ucraina con decine di miliardi di dollari di armi pesanti (carri armati, veicoli corazzati da combattimento, artiglieria e aerei) e di fornire una profondità strategica vitale alle forze ucraine per essere organizzato, addestrato ed equipaggiato senza timore dell’interdizione russa,

Con l’assistenza degli Stati Uniti e della NATO (e aiutata da migliaia di combattenti stranieri), l’Ucraina è stata, a metà estate, in grado di ricostituire una forza di circa 50.000 uomini addestrati ed equipaggiati secondo gli standard NATO. In accordo con un piano operativo ideato con l’aiuto della NATO, questa nuova forza è passata all’offensiva contro le forze russe nelle regioni di Kharkov e Kherson. Per prevenire l’inutile perdita di vite umane, la Russia ha deciso di cedere il territorio di fronte alle forze ucraine superiori, consolidando infine le proprie linee lungo un terreno più difendibile.

Il prezzo pagato dall’Ucraina in termini di vite e attrezzature perse è stato pesante, con circa 20.000 soldati ucraini uccisi o feriti e centinaia di carri armati e veicoli corazzati da combattimento distrutti. Le perdite furono così pesanti che, per sostenere l’offensiva, l’Ucraina fu costretta a rinunciare alla formazione di una seconda unità delle dimensioni di un corpo di 50.000 uomini, lanciando invece nell’attacco le unità designate per questa seconda ondata non appena furono rese disponibili .

Scott Ritter discuterà questo articolo e risponderà alle domande del pubblico venerdì sera su Ask the Inspector .

In risposta a questa offensiva ucraina, la Russia ha intrapreso una “mobilitazione parziale” di circa 300.000 uomini; si stima che tra 80-100.000 “volontari” aggiuntivi siano stati assimilati contemporaneamente dai centri di reclutamento russi.

Le forze mobilitate erano tutti uomini con una precedente esperienza militare. Alcuni, che erano stati recentemente rilasciati dal servizio e le cui abilità di combattimento erano ancora fresche, sono stati sottoposti a un periodo di addestramento “rinfrescante” e inviati direttamente allo SMO, dove sono stati integrati nelle formazioni esistenti, rafforzandoli. Il presidente russo Vladimir Putin ha stimato il numero di tali truppe a circa 80.000.

Altri sono stati assegnati alle unità di combattimento di riserva, dove continuano a ricevere una formazione specializzata su tattiche e operazioni a livello di unità. Si stima che queste forze, che contano circa 200.000 uomini, completeranno il loro addestramento a dicembre. Quando verranno inviati alla SMO, saranno organizzati in una forza di circa 10-15 divisioni, completamente equipaggiate e pronte per essere utilizzate al fronte secondo necessità.

Il 16 ottobre il generale Surovikin ha preso il comando della SMO. Due giorni dopo, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha descritto la situazione sul campo nella regione di Kherson come “tesa”. Su suo ordine, le autorità civili hanno iniziato a evacuare persone non combattenti dal territorio detenuto dalle forze russe sulla sponda occidentale del fiume Dnepr, inclusa la città di Kherson vera e propria. Uno dei motivi addotti per giustificare questa azione è stata la crescente preoccupazione da parte dei funzionari russi che l’Ucraina si stesse preparando a distruggere un’importante diga sul Dnepr, a nord di Kherson, presso la centrale idroelettrica di Nova Kakhovka. Se questa diga fosse distrutta, un muro d’acqua alto tra i 5 ei 15 metri spazzerebbe il fiume, spazzando via le infrastrutture critiche, uccidendo migliaia di persone e intrappolando i sopravvissuti, militari e civili allo stesso modo, sulla sponda occidentale. Circa 200, 000 civili e 30.000 soldati russi sarebbero messi a rischio. L’evacuazione dei civili dalla sponda occidentale del fiume Dnepr, vista in quest’ottica, è stata una mossa umanitaria prudente nel totale rispetto delle responsabilità assunte da un comandante militare ai sensi del diritto di guerra.

Durante questa evacuazione, le forze russe hanno resistito agli attacchi concertati dell’esercito ucraino addestrato ed equipaggiato dalla NATO. Questi attacchi furono tutti, senza eccezioni, sconfitti dai difensori russi. Nel solo mese di ottobre, la Russia stima che l’Ucraina abbia perso 12.000 uomini a sostegno di queste operazioni, mentre le perdite russe furono limitate a 1.300-1.500 uomini. La maggior parte delle vittime russe è avvenuta a causa del bombardamento di artiglieria da parte delle forze ucraine, utilizzando la loro artiglieria pesante fornita dall’Occidente, che è stata guidata verso i loro obiettivi dall’intelligence in tempo reale condivisa dagli Stati Uniti.

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Questa guerra di artiglieria veniva condotta a condizioni che favorivano espressamente gli ucraini. In circostanze normali, gli attacchi di artiglieria assumono il carattere di un duello, con ciascuna parte che cerca di localizzare le risorse di artiglieria dell’altra prima o dopo che hanno sparato i loro colpi a distanza. Nonostante le affermazioni occidentali secondo cui i sistemi di artiglieria occidentali forniti all’Ucraina superano i loro sistemi equivalenti russi, questo semplicemente non è vero, e su un terreno di gioco uniforme, la Russia possiede sistemi di artiglieria che, se combinati con tecniche di identificazione del bersaglio (droni, radar di controbatteria, SIGINT, ecc.), consentirebbe all’artiglieria russa di effettuare efficaci colpi di controbatteria contro gli ucraini.

Ma quando gli ucraini possono utilizzare la loro artiglieria in un modo che consenta loro di interdire la logistica russa, rendendo difficile rifornire le unità di artiglieria russe o fornire un supporto operativo e di intelligence efficace (cioè, l’interdizione del comando e controllo russo), il duello di artiglieria diventa uno -laterale, e sono le truppe russe a pagarne il prezzo. Tirando fuori le forze russe dalla riva occidentale del Dnepr, il comando russo stava eliminando il vantaggio dell’artiglieria che l’Ucraina aveva accumulato.

Con le forze russe scavate sulla sponda orientale del Dnepr, l’artiglieria russa sarebbe stata in grado di essere impiegata in modo da massimizzarne i vantaggi qualitativi e quantitativi. In breve, qualsiasi forza ucraina che cercasse di avvicinarsi al fiume Dnepr sarebbe stata presa di mira da incendi di massa, interrompendo la loro avanzata. Allo stesso modo, l’artiglieria ucraina si troverebbe in una posizione insostenibile, incapace di concentrare i propri fuochi o di essere impiegata in modo tatticamente valido per paura di essere rilevata e distrutta dai fuochi della controbatteria russa.

Le forze russe potrebbero benissimo essere state in grado di sostenere una presenza sulla sponda occidentale del Dnepr, ma a quale costo? La razione di vittime altamente favorevole prodotta nei combattimenti di ottobre si sarebbe stabilizzata o addirittura modificata per favorire gli ucraini. La domanda fondamentale che doveva affrontare la leadership russa era questa: quale prezzo era disposta a pagare la Russia per mantenere la sponda occidentale del fiume Dnepr? Nessun leader russo era disposto a sacrificare fino a 3.000 soldati per sostenere una linea del fronte che offriva all’Ucraina tutti i vantaggi. Il generale Surovikin ha raccomandato l’adeguamento e il generale Sergei Shoigu, il ministro della Difesa russo, ha accettato.

Le madri, le mogli e i bambini russi dovrebbero applaudire a questa decisione, così come chiunque tenga in grande considerazione la vita di un soldato russo.

Inoltre, non si può mai dimenticare la minaccia rappresentata dalla potenziale distruzione della diga di Nova Kakhovka. Come potrebbe un comandante responsabile rischiare la vita delle sue truppe sotto una tale minaccia? Immaginate l’indignazione che sarebbe stata espressa da questi stessi eroi della tastiera quando avrebbero cercato di quadrare la morte di migliaia di soldati russi e la potenziale cattura di altre migliaia, all’indomani di una tale catastrofe? Perché i comandanti russi non hanno fatto qualcosa per impedirlo, avrebbero pianto.

Il generale Surovikin l’ha appena fatto.

L’Ucraina ei suoi sostenitori della NATO, ovviamente, si vanteranno di questa significativa vittoria. Ma l’acquisizione di titoli non si traduce in successo sul campo di battaglia. Allo stesso tempo, la Russia sta preservando la sua risorsa più preziosa, la sua forza lavoro, l’Ucraina sperpererà migliaia di vite in più per ottenere valore propagandistico dalle fotografie che mostrano la bandiera ucraina issata a Kherson. La “vittoria” ucraina a Kherson ricorda quella dell’antico sovrano greco Pirro, sconfiggendo i romani ad Asculum in Puglia nel 279 a.C. Mentre le sue forze tenevano il campo, è stato realizzato solo a caro prezzo. “Se vinciamo in un’altra battaglia con i romani”, disse Pirro dopo la battaglia, “saremo completamente rovinati”. Pirro non riuscì a richiamare più uomini ei suoi alleati in Italia si stavano stancando del conflitto. I romani, invece,

Se l’esperienza di Pirro suona familiare, è perché rispecchia direttamente la situazione incontrata dall’Ucraina nell’affrontare la Russia a Kherson nei tempi attuali. L’Ucraina ha perso più di 12.000 uomini nelle settimane precedenti il ​​ritiro russo dalla sponda occidentale del fiume Dnepr e ne perderà altre migliaia nel tentativo di consolidare e mantenere il territorio evacuato dalla Russia. Mentre l’Ucraina è in procinto di addestrare ed equipaggiare circa 20.000 nuove truppe, la capacità di generare più forze oltre a quella è discutibile, data la scarsità di attrezzature moderne che rimangono nell’inventario che può essere trasferito in Ucraina.

La Russia, d’altra parte, sta finalizzando l’organizzazione, l’addestramento e l’equipaggiamento di 200.000 truppe fresche. Quando arriveranno sul campo di battaglia a dicembre, l’Ucraina avrà difficoltà a rispondere in modo significativo. Come Pirro, l’Ucraina, prendendo Kherson, è stata “completamente rovinata”.

E presto le truppe russe saranno come una “fontana che zampilla”.

https://www.scottritterextra.com/p/on-kherson

Approccio critico analitico aggiornato a quanto sta accadendo in Ucraina_Di Claudio Martinotti Doria

Coloro che festeggiano il ritiro delle truppe e della popolazione russa dalla parte settentrionale dell’Oblast di Kherson temo non abbia mai letto Sun Tzu: L’arte della guerra.

Probabilmente sono gli stessi che hanno ritenuto fosse una grande vittoria la conquista ucraina dell’oblast di Kharkiv un paio di mesi fa, che in realtà è stata possibile grazie a una ritirata russa, eseguita ordinatamente e con pochissime perdite di uomini e mezzi.

In estrema sintesi il generale Sergey Surovikin (denominato Armageddon), fin da quando ha assunto il comando delle operazioni militari in Ucraina, aveva anticipato che avrebbe dovuto prendere decisioni difficili e facilmente equivocabili, cioè che avrebbero assunto il sapore della sconfitta.

Questo perché dallo studio della situazione sul campo, si era subito reso conto di come alcune posizioni fossero alla lunga indifendibili, soprattutto tenendo conto di alcuni fattori oggettivi.

In primo luogo il forte incremento di apporto e supporto NATO in uomini e mezzi fornito all’Ucraina, soprattutto a livello di intelligence, comando e controllo e comunicazioni: in soldoni significa che la NATO sorveglia le posizioni e mosse russe e le segnala all’artiglieria ucraina e alle forze armate.

Inoltre il regime nazista ucraino non si fa alcuno scrupolo morale e conduce una guerra sporca, esattamente come farebbero dei veri nazisti, bombardando obiettivi civili, uccidendo i civili ritenuti collaborazionisti (e basta veramente poco per essere considerati tali), bombarda le centrali nucleari per provocare un incidente radioattivo, prepara una bomba sporca (radioattiva) da far esplodere per poi accusare i russi, compie atti di sabotaggio in territorio russo su addestramento anglosassone, non esiterebbe a far saltare delle dighe per allagare i territori controllati dai russi, provocando numerose vittime civili, ecc..

Consapevole di questi rischi il generale Armageddon ha valutato l’elevata probabilità che tutte queste opzioni fossero adottate dagli ucraini, anche in modalità contemporanea o in rapida sequenza, e le ha anticipate.

Apparentemente le sue mosse, approvate dal Ministero della Difesa russo, sembrano sconfitte, o a essere indulgenti, delle ritirate strategiche, che lasciano ampi margini di manovra militare ma soprattutto politica propagandistica all’avversario, cioè alla NATO e ai suoi utili idioti sacrificabili, cioè gli ucraini.

Oppure, sempre a essere indulgenti, potrebbero preludere a degli accordi sottobanco tra la NATO (leggasi USA) e la Russia per un cessate il fuoco, una tregua o un vero e proprio accordo, come avrebbero dovuto negoziare fin dallo scorso autunno (un anno fa). Ma quest’ultimo caso è il meno credibile, a meno che serva solo a guadagnare tempo per consentire a entrambe le parti in causa di organizzare i loro veri progetti e obiettivi, perché non potrà mai esserci alcuna fiducia reciproca. I russi perché sanno benissimo che gli USA sono totalmente inaffidabili e non esiterebbero un istante a infrangere un accordo (anche se lo farebbero insidiosamente salvando le apparenze), e gli USA non applicherebbero mai un accordo a loro sfavorevole avendo come obiettivo risaputo la distruzione della Russia e la sua frantumazione e sfruttamento intensivo.

Pertanto alla pace non si perverrà mai, proseguiranno fino alla sconfitta di uno dei due avversari.

Dopo queste precisazioni doverose, veniamo alla realtà dei fatti.

Le scelte recentemente operate dalla Russia derivano dalla loro cultura e dottrina militare, la priorità per loro è salvare vite umane, non sacrificare invano i propri soldati o esporre a rischi la propria popolazione. Quindi all’occorrenza ci si ritira su posizioni più difendibili e meno rischiose, anche se potrebbe sembrare una sconfitta dal punto di vista militare.

Dopo di che ci si organizza nel migliore dei modi possibili per conseguire i propri obiettivi.

Il generale Inverno si sta avvicinando, ed è la stagione nella quale i russi combattono al meglio delle loro prestazioni.

Circa 80mila soldati di rinforzo sono già arrivati nel sud dell’Ucraina e altri 220mila arriveranno antro fine mese e i primi di dicembre, raddoppiando di fatto le risorse umane militari disponibili, compresi i mezzi bellici. L’inferiorità numerica rispetto agli ucraini verrà annullata. Nel frattempo continuerà il bombardamento alle infrastrutture ucraine per ridurli al buio, al freddo, riducendo drasticamente i collegamenti, le comunicazioni, i trasferimenti di truppe e mezzi, le riserve alimentari, gli approvvigionamenti, ecc..

Ogni tentativo ucraino di condurre offensive sarà stroncato sul nascere, continuando a colpire duramente con la superiorità dell’artiglieria provocando gravi perdite allo schieramento avversario, le loro difese sull’altra sponda del fiume Dnepr diverranno invalicabili.

Dopo di che si attenderanno gli eventi, cioè lo sviluppo della situazione in Ucraina, nell’UE e nella NATO.

Il tempo lavora a favore dei russi, perché la situazione in occidente e in Ucraina può solo peggiorare.

Se l’Occidente non scenderà a più miti e intelligenti consigli, se al contrario riterrà di essere a un passo dalla vittoria e abuserà della pazienza russa, allora quando sarà il momento propizio, l’orso russo colpirà dando delle zampate feroci dove meno se lo aspettano, e questa volta saranno dolorose, andranno fino in fondo, con determinazione.

Del resto l’unico linguaggio che capiscono è quello della forza, e siccome per eccesso di superbia e supponenza, si ritengono i più forti, solo di fronte a una evidente e sonora sconfitta possono rendersi conto della loro effettiva debolezza.

Il terreno ceduto finora di russi non significa nulla rispetto a quello che potrebbero ottenere al momento propizio, cogliendo i segnali di debolezza dello schieramento nemico, intervenendo con tutta la loro potenza di fuoco e di proiezione con un’adeguata tempistica e accurata organizzazione.

C’è un particolare esiziale che è stato sottovalutato finora, anzi, è stato interpretato al contrario. I russi sono una nazione e un popolo coeso (più popoli uniti) con una guida coerente nella quale ripongono fiducia. L’Occidente è un calderone eterogeneo, disunito, comandato dalla NATO a guida USA, che persegue esclusivamente gli interessi anglosassoni a scapito degli europei, pertanto i dissapori e le conflittualità interne aumenteranno sempre più esasperandosi, anche se inizialmente si manifesteranno in maniera sotterranea e subdola, non è affatto una vera alleanza con un’unità d’intenti, ma un’accozzaglia di egoismi tenuti insieme dall’ipocrisia, dalla minaccia e dal ricatto. Di fronte a rischi gravi e concreti quest’accozzaglia crollerà come un castello di carte. Ognuno andrà per la sua strada e si salvi chi può.

E’ solo questione di tempo, e non si dovrà aspettare molto.

Articolo pubblicabile citando la fonte.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

L’Ucraina è una cartina tornasole_con Antonio de Martini

L’Ucraina si sta rivelando una vera e propria cartina di tornasole in grado di rivelare gli interessi di fondo, la coerenza dell’azione dei vari attori rispetto a questi e la postura e statura di questi nell’agone internazionale. La Russia, l’Ucraina, la Turchia e l’Italia sono l’oggetto di attenzione di questa conversazione con Antonio de Martini. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1tdr6y-lucraina-una-cartina-tornasole-con-antonio-de-martini.html

I tre scenari più probabili dopo il parziale ritiro della Russia dalla regione di Kherson, di ANDREW KORYBKO

Le tre interpretazioni seguenti forniscono la spiegazione più probabile per l’ultimo sviluppo: 1) Kiev sta respingendo con successo le forze russe con il pieno sostegno occidentale; 2) Mosca sta preparando un’intelligente trappola militare per i suoi oppositori; o 3) ritirarsi parzialmente da Kherson è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco.

L’annuncio del Ministero della Difesa russo mercoledì sera che le sue forze si stanno ritirando oltre il fiume Dnepr nella regione meridionale di Kherson, recentemente riunificata, è stato accolto con shock da coloro che in tutto il mondo sono solidali con l’ operazione speciale di Mosca in Ucraina. Anche se le autorità avevano evacuato i civili dalla riva destra nell’ultimo mese e il generale dell’esercito Surovikin aveva precedentemente detto al suo popolo in quel periodo di aspettarsi decisioni militarmente difficili in futuro, pochi da questa parte della Nuova Guerra Fredda si aspettavano ancora un altro ritiro russo.

Ciò segue la battuta d’ arresto a sorpresa nella regione di Kharkov due mesi fa, che è stata molto più caotica e disorganizzata del parziale ritiro dalla regione di Kherson, sebbene la prima menzionata non fosse una parte costitutiva della Federazione Russa quando ciò è accaduto a differenza della seconda. L’ottica dell’ultimo sviluppo è quindi estremamente scomoda e non può essere ricoperta di zucchero, anche se a loro merito il Ministero della Difesa russo non ha tentato di farlo. Invece, il generale dell’esercito Surovikin e il ministro della Difesa Shoigu hanno apertamente informato il popolo russo sul motivo per cui ciò stava accadendo.

Secondo loro, mantenere quel territorio ha poco senso militare, soprattutto perché la spada di Damocle di Kiev che attacca la vicina diga di Kakhovka è sospesa sulla testa di tutti e alla fine potrebbe isolare quelle delle sue forze che rimangono sulla riva destra in quello scenario. Con questo in mente, è stata presa la decisione di iniziare il ritiro delle loro forze da lì. La cosa più dolorosa di tutte, tuttavia, è che anche l’omonima capitale della regione sarà evacuata come parte di questo processo. Per questo motivo, Kiev, i suoi mecenati occidentali e i loro sostenitori stanno celebrando selvaggiamente ciò che è appena accaduto.

Le tre interpretazioni seguenti forniscono la spiegazione più probabile per l’ultimo sviluppo:

1. Kiev sta respingendo con successo le forze russe con il pieno supporto occidentale

Questa interpretazione convenzionale degli eventi postula che la guerra per procura della NATO guidata dagli Stati Uniti contro la Russia attraverso l’Ucraina che ha provocato l’operazione speciale di Mosca in primo luogo si è evoluta al punto da respingere con successo le forze del suo avversario dallo stesso territorio che ora rivendicano come proprio .

2. Mosca sta preparando un’intelligente trappola militare per i suoi avversari

La seconda interpretazione più speculativa è sospettare che le cose non siano come sembrano e che Mosca stia preparando una trappola intelligente per i suoi oppositori per indurli a allungare eccessivamente le loro linee di rifornimento, esporsi più facilmente agli scioperi e combattere una svolta decisiva alla Stalingrado. battaglia nella città di Cherson.

3. Ritirarsi parzialmente da Kherson è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco

L’ultima interpretazione è puramente speculativa e si basa sulla sequenza di segnali che gli Stati Uniti hanno inviato prima di questa settimana ( dettagliata qui ) e sulla riaffermazione della portavoce del ministero degli Esteri Zakharova degli interessi della Russia nei colloqui di mercoledì per suggerire che questo ritiro è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco .

Per quanto riguarda la prima interpretazione, sarà considerata credibile se si verifica quanto segue:

1A) Le forze sostenute dall’Occidente di Kiev occupano con successo l’intera sponda destra da cui la Russia si è ritirata;

1B) Hanno quindi attraversato con successo il fiume Dnepr nella regione di Kherson;

1C) E questo li porta a scheggiare o schiacciare rapidamente il “corridoio di Crimea” russo.

La seconda interpretazione richiede che avvenga quanto segue per essere considerata credibile:

2A) Le forze di Kiev sostenute dall’Occidente lottano per occupare l’intera riva destra della regione di Kherson;

2B) Allo stesso modo lottano per occupare la città di Kherson;

2C) E i loro sforzi si concludono con la riva destra della regione di Kherson che diventa una zona cuscinetto (smilitarizzata?).

Infine, deve presto accadere quanto segue affinché la terza teoria non venga respinta come coping:

3A) La riva destra della regione di Kherson rimane smilitarizzata o solo leggermente militarizzata da Kiev;

3B) I combattimenti tra le forze appoggiate dall’Occidente di Kiev e quelle russe nella regione di Kherson rallentano o si fermano;

3C) E si ottiene una svolta diplomatica prima, durante o immediatamente dopo il G20 della prossima settimana.

Per concludere, ecco i tre punti principali di ciò che è appena accaduto:

1. La Russia si è ritirata dal territorio che rivendica come proprio con disappunto dei suoi sostenitori;

2. È più probabile che Kiev continui ad avanzare o si impantani in un pantano piuttosto che accettare un cessate il fuoco;

3. E c’è la possibilità che Kiev e/o la Russia reagiscano in modo asimmetrico all’ultimo sviluppo.

https://korybko.substack.com/p/the-three-most-likely-scenarios-after?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=83553511&isFreemail=true&utm_medium=email

Pensiero semplice, mondo complesso di JEAN-BAPTISTE NOÉ

Quante volte l’America è stata dichiarata morta? Dopo lo scioglimento dei Bretton Woods (1971), dopo la loro disfatta del Vietnam, alla fine degli anni ’70, dopo la terribile presa in ostaggio della loro ambasciata in Iran, ecc. Il 2001 avrebbe segnato la fine dell’impero americano. Poi sono arrivati ​​gli annunci di Stati disuniti, frammentati, soggetti a opposizioni etniche e politiche. L’euro doveva competere con il dollaro e tagliare i crupper al suo dominio economico. Dopo la frettolosa partenza dall’Afghanistan (2021), la Russia ha dovuto occupare lo spazio lasciato libero. Certo gli Stati Uniti hanno le loro fragilità, i loro difetti, le loro difficoltà, ma sono sempre i primi. Sono loro che garantiscono la sicurezza dell’Europa, tramite la NATO. È a loro che gli europei si rivolgono spaventati dal vicino russo. A casa, anche di fronte al wokismo, è possibile esprimere un pensiero contraddittorio, avere dibattiti di idee, creare scuole e università, avere una certa libertà di stampa. Cosa che non è possibile in molti altri paesi al di fuori della sfera occidentale. L’annuncio del declino dell’impero americano non nasce forse da una pigrizia intellettuale, che si rifiuta di pensare ai cambiamenti e di adattarsi ad essi? Sì, gli Stati Uniti non possiedono più, come nel 1945, tre quarti dell’oro mondiale. Ma hanno Google e Facebook. Ciò che troppo rapidamente chiamiamo declino non è semplicemente un’evoluzione e una trasformazione del potere? Cosa che non è possibile in molti altri paesi al di fuori della sfera occidentale. L’annuncio del declino dell’impero americano non nasce forse da una pigrizia intellettuale, che si rifiuta di pensare ai cambiamenti e di adattarsi ad essi? Sì, gli Stati Uniti non possiedono più, come nel 1945, tre quarti dell’oro mondiale. Ma hanno Google e Facebook. Ciò che troppo rapidamente chiamiamo declino non è semplicemente un’evoluzione e una trasformazione del potere? Cosa che non è possibile in molti altri paesi al di fuori della sfera occidentale. L’annuncio del declino dell’impero americano non nasce forse da una pigrizia intellettuale, che si rifiuta di pensare ai cambiamenti e di adattarsi ad essi? Sì, gli Stati Uniti non possiedono più, come nel 1945, tre quarti dell’oro mondiale. Ma hanno Google e Facebook. Ciò che troppo rapidamente chiamiamo declino non è semplicemente un’evoluzione e una trasformazione del potere?

Pensiero povero. La conoscenza corre sempre il rischio di accontentarsi della pigrizia intellettuale e del conforto delle fortezze consolidate. Una specie di ricotta pensata, comoda, dolce e infantile, che rifiuta la complessità e che si accontenta di pochi semplici giudizi. Vedere l’islamismo in un paese dove ci sono musulmani, vedere la mano degli Stati Uniti in qualsiasi crisi politica in America Latina, spiegare tutto con la finanza, o con il potere cinese o con qualche altro fattore semplice e unico. Un pensiero semplice che considera che è l’altro, necessariamente, che vive tagliato fuori dalla realtà e che è rinchiuso nel politically correct. Affrontare un pensiero complesso è necessariamente più delicato. Pensare alle molteplici cause, assegnarle priorità, distinguerle, valutare la natura dei cambiamenti, pensare al tempo.

Determinismo e libertà.Che la geopolitica sia usata sempre di più non può che rallegrarci. Bandito dall’università nel 1950, ora è una disciplina di maturità. I libri e le pubblicazioni abbondano, il che è positivo. Ognuno segue la sua teoria e la sua spiegazione del mondo, a volte giusto, a volte fumoso. A forza di essere utilizzata, la geopolitica rischia di non significare più nulla. Procede però da un metodo epistemologico, che va rispettato a rischio di diventare una sciocchezza. C’è naturalmente l’iscrizione geografica, l’analisi a più scale, l’incrocio delle discipline. C’è anche il caso e l’imprevisto. Se la Russia fosse riuscita a conquistare Kiev in tre giorni, se Zelensky se ne fosse andato subito dopo l’assalto del 24 febbraio, la guerra avrebbe preso un altro corso. La geopolitica studia l’uomo nel suo ambiente; tuttavia l’ambiente può essere trasformato e sviluppato dall’uomo e quest’ultimo è libero nelle sue azioni e nei suoi pensieri. Ci sono certamente invarianti, ma non c’è determinismo. Ci sono certamente tracce di storia e di permanenza, ma né la geografia né la storia possono spiegare tutto. Se la Valtellina è stata per molto tempo un punto caldo in Europa, ora è una zona fredda che pochissimi possono individuare su una mappa. Se la Francia punta sull’Africa occidentale, sembra aver completamente dimenticato il Pacifico e l’Asia, che tuttavia facevano parte del suo impero coloniale. Le mappe sono belle, spiegano, danno chiavi, ma sono fatte da uomini e quindi soggette a sospetto. Cambia scala, colore, del pittogramma cambia il messaggio e quindi la comprensione dell’equilibrio di potere. Alla base di ogni giusta analisi in geopolitica c’è la libertà dell’uomo; un pensiero multiplo per un mondo complesso.

https://www.revueconflits.com/pensee-simple-monde-complexe/

LEBENSRAUM (Spazio vitale), di Pierluigi Fagan

LEBENSRAUM (Spazio vitale). Nella foto, un ponte su autostrada a Singapore che cerca di tenere un contatto ecologico tra due parti di spazio eco-naturale diviso dalla strada. Le specie che vivono lo spazio naturale sono un sistema complesso in equilibrio dinamico, se lo spazio si restringesse perché tagliato e porzionato dalle strade, l’intero sistema ecologico subirebbe modifiche esiziali. Così si mantengono collegamenti per dargli la possibilità di continuare ad usare tutto lo spazio a loro necessario. In Germania li fanno anche più semplici. In quel caso è l’autostrada ad interrarsi un po’ di modo che il “ponte” che deve esser largo ed invitante altrimenti rimane barriera, dia l’idea di continuum.
Tale accortezza proviene dagli studi di uno dei principali fondatori della geografia moderna, il tedesco Friedrich Ratzel che, nel 1897, usò il concetto di “spazio vitale” o Lebensraum in un abito di pensiero noto come biogeografia. Ratzel poi morì nel 1908 ma il concetto venne trasposto dai nazisti in teoria geopolitica. Ratzel quindi venne retroattivamente accusato di aver fornito armi ideologiche travestite da scienza ai nazisti, cosa del tutto impropria visto che Ratzel, nel suo lavoro, aveva ben chiara la differenza di complessità tra animali ed esseri umani e comunque morì anni prima si formasse l’immagine di mondo dei nazisti. In effetti, questo trasferimento di concetto, l’aveva fatto uno svedese, Rudolf Kjéllen, uno svedese conservatore che poi è colui che inventò il termine “geopolitica”. Da Kjellén, l’idea passò poi ai geopolitici tedeschi con tendenza molto deterministe come Haushofer e da lì entrò nell’immagine di mondo nazista a supporto dell’espansionismo tedesco.
Per la verità, questa liaison tra pensiero geopolitico tedesco e decisioni strategiche del Reich durò fino ad un certo punto. La geopolitica tedesca nasce e rimane a lungo, ancora in buona parte ancor oggi, euroasiatica. Del resto, fu la geopolitica anglosassone (Mackinder 1904, poi Spykman, poi Brzezensky) ad inquadrare il problema continentale come minaccia si venisse a formare un potere al centro dell’isola mondo che chiamò Heartland, coincidente con la Russia. La Germania diventava candidato problematico a creare un sistema di relazioni con la Russia realizzando così l’eterno incubo geopolitico anglosassone, la Gerussia. Quello che per gli anglosassoni era ed è un problema, ai tedeschi e russi sembrava una opportunità, geografie diverse, idee diverse.
La geopolitica tedesca, quindi, era sì a base, ad esempio, del patto Molotov- Ribbentrop ovvero la realistica decisione di superare opposizioni ideologiche per perseguire l’interesse appunto geopolitico, ma e per la stessa logica, del tutto inorridita dall’idea di Hitler in infrangere il patto e tentare l’invasione della Russia. Lì, la relazione tra geopolitici e nazisti si fratturò. Buona parte di questa storia, manipolata e resa narrativamente più semplice, fu alla base del bando completo della geopolitica dalle sfere di conoscenza, dal 1945 alla fine degli anni ’80, in quanto disciplina nazista.
Americani e sovietici furono almeno su un punto d’accordo: cancellare ogni riferimento alla variabile geografica nei sistemi di pensiero. La geografia e più la geografia politica ha ovviamente i suoi problemi in termini di interpretazione e teorizzazione, ma il fatto che di base si riferisca allo spazio fisico la tiene quasi sempre nell’ambito del realismo. Il conflitto tra americani e sovietici, capitalisti e comunisti era invece uno scontro tipicamente idealista o forse solo tale vestito. Così cominciò Harvard a chiudere nel dopoguerra il dipartimento di geografia, seguita poi dal resto della Ivy League. Gli americani perseguitarono addirittura in pieno maccartismo, un povero geografo americano, tale Lattimore, accusandolo di tramare in aiuto dei comunisti cinesi, cosa del tutto surreale. Per i sovietici la cosa era ancora più semplice, ogni fenomeno politico è lotta di classe, la variabile spaziale per i sistemi umani non serve a niente, non determina niente. Così, ad entrambi risultava utile impacchettare geopolitica con nazismo facendo sì che il peso del secondo trascinasse in fondo al mare del pensiero la prima.
È in parte da questa storia che nasce in America l’altra disciplina che studia questo genere di cose: le Relazioni Internazionali. Disciplina nata in America e lì da sempre sviluppata in alternativa a geopolitica che rimarrà più “continentale”. Nonostante la disciplina nacque realista (Morgenthau) poiché proveniente dal pensiero geopolitico (Spykman, Kennan), ebbe da sempre la tendenza a scivolare nell’idealismo, lì detto liberalismo. Oggi, in America, nonostante il prestigio di Mearsheimer o lo stesso Kissinger (che più che un teorico è un politico intellettuale), il dominio del paradigma idealistico detto liberale, è totale.
Le Relazioni Internazionali sono una disciplina dallo statuto assai problematico poiché partono sì dall’unità metodologica che poi è la stessa della geopolitica ovvero lo Stato, ma lo qualificano come Stato di potenza. Ma gli Stati-potenza, sono in verità solo una frazione del complesso degli Stati (più di 200), sono una proiezione della volontà di potenza, a partire da quella americana, una malattia che non tutti gli Stati hanno poiché non propria dello Stato tout court ma del sistema concreto ed ideologico di specifici popoli-Stato. Per questo, agli studiosi di international relations, risulta assai difficile comprendere fenomeni come il mondo multipolare. Hanno in effetti il concetto di “equilibrio di potenza” nel loro armamentario gnoseologico, ma hanno poi difficoltà a comprenderne ragioni e dinamiche visto che tagliano la conoscenza in modo molto riduttivo.
Se volessimo provare ad applicare il concetto di Lebensraum agli americani, cosa che abbiamo detto impropria nel rispetto del pensiero originario di Ratzel ma che ci permettiamo togliendo ogni determinismo al concetto stesso, cosa ne risulterebbe? Nulla. Gli americani sono sì tanti (circa 332 milioni) ma in uno spazio immenso e ricchissimo, tanto da risultare al 186° posto per densità abitativa e davvero con poco territorio del tutto inabitabile. Si dirà, be’ è il loro stile di vita a richiedere molto più spazio disponibile per alimentare il sistema interno. Gli americani fanno il 25% del Pil mondiale (IMF) sebbene siano solo il 4,5% della popolazione, diciamo che gli piace stare comodi in termini di benessere. Parzialmente vero perché gli stessi Stati Uniti hanno un indice di Gini che li colloca al 121° posto per distribuzione eguale media del reddito, tra Haiti ed il Congo. Ne consegue che dovremmo allora dire che una frazione degli americani, un 10% circa diciamo, monopolizza una porzione enorme di reddito tanto da dover avere un reddito nazionale complessivo ovvero Pil abnorme rispetto alla media popolazione, per comunque aver qualcosa da distribuire anche a questo altro 90%. È questo bizzarro assetto che ha spinto gli americani a promuovere o partecipare in giro per il mondo a ben 25 confitti dal dopoguerra ad oggi, più svariate operazioni militari minori ed altri conflitti non armati ma operati in via economica, finanziaria, culturale, politica e diplomatica.
Lo spazio vitale degli americani ovvero dell’assetto sbilenco della società americana piuttosto che della stragrande maggioranza degli americani, necessita di questo controllo e dominio su uno spazio-Mondo che esubera di molto il loro spazio naturale, ampio e ricco già di suo. Ovviamente non giustificano tutto ciò come necessità di spazio vitale ma come spazio di cui va difesa la libertà. Ovvero la loro unilaterale libertà o meglio la libertà di una trentina di milioni di americani bianchi di varia origine (a maggioranza anglo-tedesca, praticamente sempre i soliti Sassoni), di utilizzare più o meno a piacimento lo spazio-Mondo per alimentare il loro sbilenco ordine interno che regga la sproporzione di reddito e ricchezza che pone il solo suo 10% al vertice del paradiso del benessere terrestre. Data ovviamente la loro unilaterale definizione di Ben-Essere che spacciano per un “universale”.
Prendendo un attimo gli indiani come stile di vita, se tutto il mondo vivesse come gli indiani medi, il pianeta basterebbe ed avanzerebbe un po’. Se invece adottassimo come parametro gli americani, ci vorrebbe cinque Terra. Convincere gli americani a vivere come gli indiani sempre improbabile, ma lo sta diventando anche convincere il Resto del mondo, indiani, cinesi e tutti gli altri 150 Stati non occidentali, a non aspirare ad aver anche loro legittime porzioni di benessere derivato dallo sfruttamento dello spazio.
Da qui il conflitto epocale che segnerà il prossimo decennio, conflitto per lo spazio vitale e per la definizione stesso di “vitale” secondo la risposta alla domanda “cos’è la vita, la buona vita o la vita giusta, adatta?” per i diversi popoli o classi sociali di questi con relative ideologie ed immagini di mondo riflesse.
[Alcune informazioni sono tratte da Cerreti, Marconi, Sellari, Spazi e poteri. Geografia politica, economica, geopolitica. Laterza]
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