Ucraina, il conflitto attraverso le immagini. 6a puntata a cura di Max Bonelli
Proseguiamo con la nostra opera di documentazione del conflitto ucraino attraverso le immagini. Buona visione, Giuseppe Germinario
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Il mondo occidentale, patrocinato dagli Stati Uniti, continua a offrire la propria rappresentazione come quella del mondo intero. Il conflitto in Ucraina non fa eccezione. La novità consiste proprio nel fatto che la verità che ci viene offerta in Europa e negli Stati Uniti questa volta è radicalmente diversa da quella accettata nel resto del mondo. L’amministrazione statunitense rivendica a buon diritto la compatezza conseguita, al momento, nel blocco di alleanze costruito nei decenni pur con qualche crepa; glissa nervosamente sulla neutralità e sulla aperta opposizione di un gran numero di stati nazionali e della gran parte della popolazione nel mondo al suo avventurismo. Dopo la Turchia, iniziano ad emergere nuovi attori di primo piano pronti ad esercitare una azione di mediazione. Lo stesso conflitto ucraino da essere l’oggetto univoco delle attenzioni si sta trasformando con il tempo nella leva per ridefinire le relazioni geopolitiche. La proposta impropria di mediazione della Cina assume questo significato. Nelle more, ancora una volta, i soggetti che vedranno restringere il proprio campo di azione saranno i centri politici europei. La direzione obbligata sarà quella dell’Africa. Ma in una condizione di estrema debolezza e con un retaggio coloniale e neocoloniale pesante come un fardello. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Definitisi in qualche maniera gli schieramenti attorno al gioco ucraino ed europeo i centri decisori prevalenti negli Stati Uniti volgono la loro attenzione verso quelle crepe che potrebbero far vacillare il muro costruito intorno alla Russia e, soprattutto, la suicida accondiscendenza delle leadership europee. Tornano alla ribalta i soliti arnesi, nella fattispecie Soros, in qualità di imbonitore impegnato a prefigurare gli scenari, e Samantha Power nella veste di braccio armato. Personaggi già visti all’opera negli Stati Uniti, in Europa, in Libia, in Siria, in ogni angolo dove occorre sostenere finti avversari e destabilizzare nemici dichiarati, amici superflui e figure che semplicemente vogliono tenersi lontano dalle cattive compagnie. La loro attenzione condita di perfidia, questa volta e non a caso, si è concentrata sull’Ungheria e l’India. Gli ossi da rosicare si stanno rivelando sempre più duri e meno digeribili. Nel frattempo i colorati e spensierati palloncini che solcano pazientemente il cielo si stanno rivelando un ostacolo imprevisto ai piani diplomatici tesi ad uscire dal cul de sac nel quale si è al momento cacciata la diplomazia statunitense. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Il regime ucraino ha deciso di mantenere il paese che pretende di rappresentare nella trappola in cui si è cacciato e nel quale lo hanno ingabbiato gli istigatori all’opera negli Stati Uniti e a vari livelli della NATO. La guerra è la sua ragione d’essere e la sua condizione di esistenza. Ma la guerra potrà durare solo a condizione che la NATO continui a fornire i mezzi alla carne da cannone, ormai decimata, destinata al sacrificio. Ancora una volta, come più volte ripetuto, sarà l’esito sul campo a dettare i termini di una trattativa. Il solco profondo, scavato dai centri decisori statunitensi, ha segnato direzioni diverse e di fatto contrapposte tra la Russia e l’altra metà dell’Europa. Solo la fine della guerra con una chiara vittoria della Russia potrà insinuare anche in Europa quel tarlo della mancanza di autorevolezza e credibilità della potenza americana ormai all’opera nel resto del mondo. Tante cose, però, dovranno ancora succedere per arrivarci. Siamo ancora ai primi giri di poker. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Improvvisamente, consuetudini tollerate diventano l’occasione e il pretesto per creare non ancora il casus belli, certamente l’ostacolo alla realizzazione di trame ed obbiettivi politici degli avversari. Negli Stati Uniti il caso dell’aerostato vagante è stato lo strumento e l’occasione sollevata ad arte per rimescolare le carte secondo tre linee di riferimento. Ad una componente decisa a condurre il confronto geopolitico ostile contestualmente con la Russia e la Cina si giustappone una componente russofoba ed una sinofoba. Tutte e tre imbevute di un trasporto ideologico che porta spesso a forzare l’interpretazione politica degli atti e conseguentemente il merito degli atti politici. Il tutto in un contesto di opinione pubblica sempre più ostile nei confronti della leadership cinese, ritenuta responsabile del processo di degrado economico e sociale negli Stati Uniti. Una partita a tre che espone sempre più le scelte politiche statunitensi ad una schizofrenia incapace di definire chiaramente le priorità. Una situazione che rischia di trascinare una parte significativa del movimento MAGA verso una deriva neocon suscettibile di ricreare su nuove basi avventuriste i vecchi equilibri interni. Un contesto nel quale sono fondamentali gli intrecci e le interrelazioni esterne di queste fazioni con parte dei centri decisori stranieri. Sempre più labili questi ultimi con quelli russi, ancora significativi e determinanti con quelli cinesi. Il contrasto sul “palloncino” ha per oggetto una contesa su scelte ben più impegnative: il raddoppio delle basi statunitensi nel Pacifico ed una separazione dei legami economici sino-statunitensi il più graduale e meno dirompente possibile per i due paesi. Un intrico della cui complessità rischia di sfuggire il bandolo a qualcuno dei tanti attori protagonisti nello scenario politico interno e geopolitico. Buon e attento ascolto, Giuseppe Germinario
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Da quaranta anni la costruzione e la designazione del nemico seguono lo stesso canovaccio. Dalle stelle alle stalle, personaggi come Saddam Husseyn, Milosevic, Gheddafi, per un pelo anche Assad, forse in un prossimo futuro Zelenski, hanno conosciuto una fine tragica, illudendosi per un attimo della benevolenza e delle grazie concesse dalla potenza aggrappata alle sue ambizioni egemoniche. Non sono altro che singoli punti di un cerchio che sta stringendo in una morsa ferrea ancora una volta l’Europa ed in particolare la Germania. Piuttosto che reagire, le vittime designate hanno scelto di divincolarsi il meno possibile. Così facendo pensano di guadagnare tempo; i più illusi ritengono di potersi ritagliare i resti di qualche pietanza. Saranno essi stessi la pietanza; il tacchino farcito da spolpare, senza nemmeno il ringraziamento. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Frenare l’ilarità di una vicepresidente, profusa irrefrenabilmente anche nei momenti meno opportuni ed imbarazzanti, è una missione impossibile. Non è l’unico personaggio da operetta che ha trovato posto nel caleidoscopio dei posti chiave dell’amministrazione statunitense. Un problema già serio in tempi ordinari dalle gerarchie politiche ben definite e dalle decisioni poco impegnative; drammatico in una fase di sconvolgimenti politici accompagnati da una disarticolazione dei centri di potere, laddove la riuscita dei colpi di mano dipendono dalle capacità proprie di controllo di parte delle leve di potere. Non è l’azzardo di pokeristi della domenica a guidare le scelte; è l’opera inquietante e gelida di troppi dottor stranamore in azione nell’ombra o appena dietro le quinte. Ancora una volta si deve partire dal battito d’ali a Washington per comprendere la tempesta attuale in Ucraina e le prossime annunciate qua e là per il mondo. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Un conflitto prolungato mette a dura prova la tenuta di qualsiasi regime. Un vero e proprio test, fondato sul sangue e sul sacrificio della popolazione, che può portare alla degenerazione e al disfacimento di uno stato e del tessuto sociale, come ad una capacità di adattamento e di rinnovamento impensabili in tempi di ordinaria amministrazione. In questo conflitto stiamo assistendo ad una dinamica speculare, vedremo se irreversibile. Se da una parte, quella russa, si sta affermando, anche nel senso comune, la realtà di un confronto esistenziale con l’intero blocco occidentale, dall’altra il regime ucraino è aggrappato ad una disperata resistenza fondata sull’aiuto esterno pressoché esclusivo, con tutte le degenerazioni che questa comporta: quello di un regime e di una economia e società fondato sullo stato di guerra e sulla speculazione del più infimo livello. Più simile, quest’ultima ad una struttura per bande di fatto anomica e prive di regole per come le intendiamo. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Biden ovvero la parabola discendente di una controfigura. Siamo al terzo ritrovamento di documenti riservati in casa Biden o dintorni. Non è più soltanto un avvertimento; si tratta di uno stillicidio destinato a mantenere alta la pressione e debilitare e compromettere definitivamente, sia pure in forma controllata, il personaggio, ormai patetico. Per il resto saranno le dinamiche ormai innescate al Congresso a completare l’opera. Una operazione parallela, ma anche un viatico al tentativo di estromettere Trump dall’agone politico e di sterilizzare il movimento cresciuto sotto le sue ali. Un movimento, per altro, che sta imparando sempre più a camminare sulle proprie gambe. L’amministrazione di Biden ha cercato in questo anno di cavalcare i temi sollevati dal suo acerrimo nemico. La sostanza, in realtà, a cominciare dal problema dei flussi migratori, dal contenuto degli accordi internazionali e dalle dinamiche geopolitiche sono in continuità con le passate politiche demo-neoconservatrici. Una fase comunque di transizione gravida di rischi dovuta alla mancanza di una gestione unitaria e controllata e, soprattutto, alla crescente divaricazione tra le ambizioni coltivate e i mezzi disponibili. Il conflitto in Ucraina, la situazione in Brasile, il recente accordo tripartito tra Messico, Canada e Stati Uniti sono solo la punta di un iceberg. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Una conversazione in due puntate. Nella prima tratteremo dei retroscena e dei possibili scenari futuri legati all’elezione di Kevin McCarthy a speaker della Camera del Congresso statunitense. Una narrazione del tuto estranea alla “creatività” con la quale è stata profusa dalla stampa italiana, sempre più dedita alla scopiazzatura sempre meno diligente delle veline d’oltreoceano. Seguirà a breve la seconda puntata sulle ultime prodezze di Biden, un presidente ormai dal destino segnato, ma cionondimeno impegnato in Brasile e nello scacchiere nordamericano. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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