Dopo mesi di tensione accumulata per i tanti problemi e contenziosi irrisolti si è riacceso lo scontro aperto tra componenti della comunità israeliana e di quella palestinese. E’ stato sufficiente per riaprire il gioco delle parti nel quale tutti gli attori politici hanno trovato convenienza ad attizzare il fuoco. Ma il gioco da quelle parti è particolarmente pieno di imprevisti e può sfuggire facilmente di mano_Giuseppe Germinario
La NATO ha avviato esercitazioni a ridosso della Russia coinvolgendo soprattutto i paesi dell’Europa Orientale e interessando anche l’area del Mar Nero.
Alle esercitazioni partecipano militari dell’Ucraina e della Georgia, sostenute dagli Stati Uniti ma non appartenenti alla NATO. Una vera e propria provocazione nei confronti della Russia. Un ulteriore fattore di instabilità in uno scenario che vede il proliferare incontrollato di conflitti aperti in Medio Oriente, di inediti attriti al limite dell’incidente militare tra alleati, nella fattispecie tra Turchia, Francia e Italia; un peggioramento brusco delle relazioni diplomatiche tra alleati storici (Stati Uniti e Messico). Una situazione caotica cui corrisponde una situazione interna agli Stati Uniti nella quale l’amministrazione Biden non sembra avere il controllo della situazione e nemmeno una percezione accettabile della realtà. Una condizione ben lontana dal siparietto offerto dai nostri organi di informazione. L’opposizione pare invece radicarsi sempre più nella società e in settori della pubblica amministrazione e dello Stato. Lo stesso Trump pare essere una pedina importante del movimento alternativo, continua a subire le attenzioni faziose degli avversari, ma non è più il soggetto indispensabile alla sopravvivenza del movimento_Buon ascolto, ne vale proprio la pena_ Giuseppe Germinario
Per anni la gestione degli affidamenti dei minori ha potuto procedere sotto traccia, come un fiume carsico. Troppi anni che hanno permesso il consolidarsi di una fitta rete ispirata da linee di condotta intrise di atmosfere orwelliane. Una rete che si è nutrita di tragedie, forzature, connivenze a volte consapevoli a volte no, comunque giustificate da una vera e propria interpretazione patologizzante di un numero abnorme di comportamenti oggetto di terapie traumatiche e destabilizzanti, piuttosto che di protocolli educativi calibrati con la necessaria cautela. Una rete ben allignata in settori delicati dello Stato e della società. Il caso di Bibbiano si è librato come un vento in grado di sollevare la troppa polvere che ha coperto sinora pratiche che, coperte dall’aura di una nobile missione, definire scandalose è riduttivo per la loro dimensione e per la tragica “normalità” nel tempo durante il quale continuano a perpetuarsi sino ad alimentare una vera e propria “filiera psichiatrica”
Biden ha annunciato il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan dopo vent’anni di ostilità. Trump cacciato dalla porta, ma che entra dalla finestra. Per un fronte che dovrebbe chiudersi, se ne riaprono almeno due ancora più pericolosi. Intanto opzioni che durante la guerra fredda erano un tabù, strumenti di deterrenza con un semplice tweet appaiono ora fruibili con agghiacciante indifferenza. Ma negli States chi detiene il controllo delle leve?Buon ascolto, Giuseppe Germinario
“Multinazionali e politica” è il titolo assegnato ad un seminario organizzato da Unical (Università della Calabria) e Socint (Società di intelligence) tenutosi lunedì 12 aprile. Il titolo richiama un tema ricorrente e ampiamente dibattuto negli ambienti accademici, tra gli analisti e negli ambienti politici, compresi quelli più radicali. Le chiavi di interpretazione delle dinamiche che intercorrono tra i due ambiti, offerte dai due relatori, in particolare da Dario Fabbri, sono molto meno scontate in particolare nel panorama politico italiano.
Dario Fabbri di fatto riconosce al Politico, nella accezione di ambito, una funzione prevalente la cui prerogativa è la pervasività nei vari ambiti delle attività umane, compresa quella economica, piuttosto che la sua delimitazione comprendente in pratica l’intero spazio pubblico alternativo a quello privato e nella vulgata rispetto alle imprese. Da qui la subordinazione dei soggetti economici e delle loro logiche, comprese quelle delle multinazionali, agli indirizzi e alle manifestazioni di potere politici dei quali gli apparati statali sono la più grande espressione. Non è il capitalismo, né sono i capitalisti a determinare in assoluto le scelte politiche. I loro soggetti fanno certamente parte a pieno titolo dei vari centri decisionali in cooperazione e conflitto tra di loro, capaci di innervare i gangli istituzionali pubblici e privati; ma ne sono solo una parte. Per agire in quanto capitalisti, però, necessitano di regole, norme, strumenti persuasivi e coercitivi dei quali altri sono titolari.
Sulla base di queste chiavi interpretative viene meno quella sovradeterminazione del capitalismo, tanto più dei singoli capitalisti, siano essi proprietari o manager, rispetto all’azione dei politici, specie di quelli detentori delle leve istituzionali. Laddove questa sovradeterminazione dovesse apparire si tratterebbe più che altro di un inganno e tuttalpiù della manifestazione di debolezza e dipendenza politica e geopolitica di determinate formazioni sociali rispetto alle altre. L’Unione Europea ne è l’esempio più manifesto.
Non si tratta di negare l’importanza cruciale dell’affermazione di questo rapporto sociale di produzione, come definito da Marx meglio di altri, quanto piuttosto di ricollocarlo rispetto all’essenza del politico. Il rapporto capitalistico costituisce una delle basi fondamentali sulle quali si conformano i ceti sociali e quindi le classi dirigenti e poi ancora i centri decisionali; contribuisce significativamente ad alimentarne la dinamicità e il ricambio. Tutte prerogative ampiamente riconosciute da tutti, nel bene e nel male e in grado di garantire ad esso un futuro ancora senza scadenze; riconosciute di fatto anche da coloro i quali continuano a definirsi “anticapitalisti” quando in realtà essi stessi, al pari degli avversari/nemici, propugnano di fatto la regolazione di quel modo di produzione senza per altro riuscire a ridefinire sino in fondo il legame culturale e soprattutto “sentimentale” con i propri padri, che si chiamino Marx, Lenin, Mao e così via. Buon ascolto_Giuseppe Germinario
NB_ Non è stato possibile fornire una versione “You tube” della registrazione, probabilmente per la dimensione del file o per mia imperizia. La registrazione su “rumble” comprende sia l’intervento di Dario Fabbri di circa 80 minuti che il successivo di Mario Caligiuri. Per l’ascolto, premere sul link qui sotto
Proseguiamo con la nostra conversazione a tappe con Antonio de Martini. Il focus rimane il Mediterraneo, l’attenzione si incentra sulla Turchia. Un paese emergente che pretende l’ingresso a pieno titolo tra le potenze regionali protagoniste; quanto per merito proprio, quanto per le debolezze altrui? Uno scacchiere intricato dove le potenze regionali avranno sempre più nuove carte da giocare. Buon ascolto_Giuseppe Germinario
Türkische Kavallerie auf der Heeresstrasse südlich von Jerusalem. April 1917
Gli Stati Uniti devono risolvere entro pochi mesi un problema imbarazzante di leadership. Hanno un presidente sempre più evanescente e sempre meno presente non solo nelle grandi decisioni ma anche nella gestione degli affari quotidiani. La conduzione politica si sa che è un affare soprattutto di centri decisionali che agiscono preferibilmente nell’ombra. Solo nei momenti di crisi acuta sono costretti ad emergere; lo si è visto nei quattro anni di presidenza Trump. Non disporre però di figure adeguate in grado di gestire la scena, di mantenere la rete di relazioni e di costruire una immagine del potere sufficiente a giustificare le scelte può creare seri problemi di coesione, credibilità e legittimità in una situazione già di per sè complessa, contraddittoria e frammentata. Una situazione di stallo ma con problemi che rischiano di saltare tra le mani. Tempo di forzature e provocazioni. L’Europa si preannuncia un campo di azione ideale, a cominciare da est_Giuseppe Germinario
L’incidente ancora in via di soluzione nel canale di Suez dovrebbe contribuire a porre in primo piano la collocazione e il ruolo strategico dell’Italia nel Mediterraneo. I protagonisti esterni al paese hanno dimostrato più volte di esserne ampiamente consapevoli; paradossalmente lo stesso non si può dire riguardo alla classe dirigente italiana, soprattutto l’attuale. E se qualche barlume qua e là dovesse sorgere in proposito mancherebbe ad essa l’ambizione, la volontà e la capacità di utilizzo dei mezzi e delle opportunità che si aprirebbero nei vari frangenti. Dovrebbe essere questo il centro del dibattito politico propedeutico ad una svolta sempre più inderogabile, indispensabile a garantire l’esistenza dignitosa stessa della nazione_Buon ascolto, Giuseppe Germinario
PS_ Luigi Negrelli è nato in Trentino, a Fiera di Primiero
Israele è una realtà complessa e originale nello scacchiere mediorientale. E’ un oggetto di contesa, ma anche un pretesto di contesa tra i paesi che lo circondano. Dalla sua fondazione è un attore che si è imposto di fatto, ma negli ultimi decenni, in particolare dalla caduta del blocco sovietico, è un protagonista riconosciuto da una parte sempre più larga di stati e comunità arabe. Il cammino verso un definitivo riconoscimento reciproco è però ancora irto di ostacoli ed incognite in un quadro nel quale le opzioni militari assumono ancora grande spazio assieme a processi di convivenza ed integrazione_Giuseppe Germinario
Non è una novità che tra le dichiarazioni elettorali, le intenzioni e i comportamenti politici reali non ci sia, per usare un eufemismo, esatta corrispondenza. Con l’amministrazione Biden l’incertezza e la contraddittorietà stanno assumendo una caratteristica più inquietante. Non è ormai solo mera tattica elettorale. Sempre meno uno scontro politico aspro ma aperto, caratteristico della presidenza Trump, sempre più un confronto sordo tra centri di potere poco coordinati e scarsamente concordi. Frutto di una situazione geopolitica complessa che vede la partecipazione di un numero sempre più folto di protagonisti e di uno squilibrio della formazione sociale statunitense difficilmente ricomponibile. Un disorientamento che rischierà di accentuare ulteriormente le tendenze centrifughe dal centro egemonico e la formazione di più poli geopolitici attrattivi in competizione sempre più evidente. Buon ascolto, Giuseppe Germinario