Italia e il mondo

MIGRAZIONE SOSTITUTIVA: E’ UNA SOLUZIONE PER IL DECLINO E L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE?_ a cura di Gianfranco Campa

Qui sotto la traduzione della parte del rapporto delle Nazioni Unite riguardante la situazione e le proiezioni delle dinamiche demografiche riguardanti l’Italia. L’apparente oggettività delle proiezioni statistiche tende quasi sempre a rappresentare come inevitabili se non addirittura auspicabili gli attuali processi di mobilità demografica, in particolare i complessi fenomeni delle migrazioni, frutto in realtà di politiche. Come ogni interpretazione, anche le proiezioni statistiche si fondano sempre e comunque su delle ipotesi. E’ indubbio che in quasi tutte le società occidentali, ma anche in Cina e in Giappone, il costante e drammatico calo di fertilità in corso ormai da più di un decennio sta creando una voragine nell’indispensabile ricambio generazionale e nel mantenimento di un ragionevole rapporto tra popolazione attiva e in quiescenza. Il dato statistico, però, sta diventando un’arma che impedisce di considerare le cause del fenomeno, di individuare le possibili soluzioni, di adottare eventuali misure compensative, di evidenziare gli acceleratori di queste dinamiche. L’Italia è uno dei paesi che soffre maggiormente del processo di invecchiamento. E’ anche il paese, però, che soffre di un grave problema di emigrazione, specie delle leve più giovani e qualificate; di un tasso di occupazione specie di giovani e femminile largamente inferiore alla gran parte dei paesi industrializzati; di una economia industriale e dei servizi estesa ma organizzativamente e tecnologicamente piuttosto arretrata. E la tecnologia e il modello organizzativo sono strumenti utili a compensare i limiti fisici di una popolazione sempre più anziana. L’andamento demografico inoltre è legato al patrimonio culturale e alla rappresentazione ideologica dominante in una formazione sociale. Di fatto esso, di conseguenza la natalità stessa, è il riflesso delle caratteristiche di una formazione sociale e delle capacità e delle ambizioni di una classe dirigente in grado di tracciare, offrire e realizzare una prospettiva ambiziosa e realistica di forza, autorevolezza e sviluppo di un paese. Sarebbe bene iniziare a utilizzare gli strumenti statistici in funzione di questo piuttosto che dell’accettazione fatalistica di tendenze deleterie per il paese ma utili a procrastinare il dominio delle nostre siffatte classi dirigenti così decadenti e servili; tanto accoglienti nella loro retorica quanto inadeguate di fatto a gestire il problema dell’immigrazione specie di popolazioni dal bagaglio culturale e ideologico così distante e, spesso, ostile rispetto ai paesi ospitanti._Giuseppe Germinario

NB_ le statistiche e i grafici sono disponibili sui link originali

 

 

MIGRAZIONE SOSTITUTIVA: E UNA SOLUZIONE PER IL DECLINO E L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE?

 

Le proiezioni di studio delle Nazioni Unite indicano che nei prossimi 50 anni, le popolazioni di quasi tutti i paesi europei e quella giapponese dovranno affrontare il declino e l’invecchiamento della popolazione. Le nuove sfide del declino e dell’invecchiamento della popolazione richiederanno una revisione completa di molte politiche e programmi tradizionalmente consolidati, compresi quelli relativi alla migrazione internazionale.

Concentrandosi su questi due sorprendenti e critici trend sulle popolazioni, allo studio contenuto nel rapporto, si consiglia la migrazione sostitutiva per otto paesi a bassa fertilità (Francia, Germania, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) e in generale due regioni geografiche (Europa e Unione Europea). La migrazione sostitutiva si riferisce alla migrazione internazionale di cui un paese avrebbe bisogno per compensare il declino e l’invecchiamento della popolazione a causa della bassa fertilità e dei tassi di mortalità.

 

3.Italy

 

(a) Tendenze passate.

Il tasso di fertilità totale in Italia è passato da 2,3 nel 1950-1960 a 2,5 nel 1960-1970 e da allora è in costante calo. È sotto il livello di ricambio generazionale dal 1975 e nel 1995-2000 è stato stimato a 1,20 figli per donna, uno dei tassi di natalità più bassi del mondo. Dal 1950, la mortalità è diminuita costantemente, con un conseguente aumento dell’aspettativa di vita per entrambi i sessi da 66,0 anni nel 1950-1955 a 77,2 anni nel 1990-1995. Nonostante un’immigrazione annua stimata annua di 70.000 nel 1995-2000, la popolazione italiana è diminuita nel periodo 1995-2000. Tra le conseguenze di questi cambiamenti demografici c’era il più che raddoppiamento della percentuale della popolazione di oltre 65 anni, dall’8,3% della popolazione nel 1950 al 16,8% nel 1995.

Come conseguenza di questi cambiamenti, il potenziale indice di sostegno per l’Italia è diminuito da 7.9 persone di età compresa tra 15 e 64 anni per ogni persona di oltre 65 anni nel 1950 a 4.1 nel 1995.

(b) Scenario I

Questo scenario, che è la variante media della Revisione delle Nazioni Unite del 1998, presuppone che ci saranno 660.000 immigrati netti tra il 1995 e il 2020, dopo di che non ci sarà più alcuna migrazione verso l’Italia. In questo scenario, la popolazione italiana diminuirebbe del 28%, passando da 57,3 milioni nel 1995 a 41,2 milioni nel 2050 (i risultati delle proiezioni delle Nazioni Unite del 1998 sono riportati nelle tabelle allegate). La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni diminuirebbe del 44% nello stesso periodo, mentre la popolazione oltre i 65 anni aumenterebbe del 49%, da 9,6 milioni a 14,4 milioni. Le persone di età pari o superiore a 65 anni rappresenterebbero più di un terzo della popolazione italiana entro il 2050. Di conseguenza, il potenziale indice di sostegno diminuirebbe del 63%, da 4,1 nel 1995 a 1,5 nel 2050.

(c) Scenario II

Scenario II, che è la variante media con migrazione zero, ipotizza che la fertilità e la mortalità cambieranno in base alle proiezioni di variante media della Revisione delle Nazioni Unite del 1998, ma che non ci sarà alcuna migrazione in Italia dopo il 1995. I risultati sono molto simili a quelli dello scenario I. La popolazione italiana nel 2050 sarebbe 40,7 milioni, solo 475.000 persone in meno rispetto allo scenario I. Ci sarebbero rispettivamente 21,6 milioni e 14,2 milioni di persone di età compresa tra 15-64 e 65 anni, nel 2050. Come nello scenario I, il potenziale indice di sostegno diminuirà del 63% passando da 4,1 nel 1995 a 1,5 nel 2050.

(d) Scenario III

Si presume, per lo scenario III, che tra il 1995 e il 2050 la popolazione totale dell’Italia rimarrà costante nella sua dimensione del 1995 di 57,3 milioni di persone. Un totale di 12,9 milioni di migranti netti tra il 1995 e il 2050 sarebbe necessario per raggiungere questo obiettivo. L’immigrazione netta annuale aumenterebbe costantemente da 75.000 nel 1995-2000 a 318.000 nel 2045-2050. In questo scenario, entro il 2050 un totale di 16,6 milioni di persone, pari a circa il 29% della popolazione, sarebbero immigrati post-1995 o loro discendenti.

(e) Scenario IV

Questo scenario ipotizza che la popolazione italiana tra 15 e 64 anni rimarrebbe costante al livello del 1995 di 39,2 milioni, arrestando il calo delle dimensioni di questa fascia di età. Per raggiungere questo obiettivo, sarebbero necessari 19,6 milioni di immigrati tra il 1995 e il 2050. Il numero medio annuo di migranti lo farebbe variare, raggiungendo un picco di 613.000 persone all’anno tra il 2025 e il 2030 e poi abbassandosi a 173.000 all’anno nel 2045-2050. In base a questo scenario, la popolazione italiana crescerebbe del 16% passando da 57,3 milioni nel 1995 a 66,4 milioni nel 2050. Entro il 2050, il 39% della popolazione sarebbe stata costituita da migranti post-1995 o da loro discendenti. Il potenziale indice di sostegno diminuirà da 4,1 nel 1995 a 2,2 nel 2050.

(f) Scenario V

Scenario V non consente al potenziale rapporto di proporzione di scendere al di sotto del valore di 3.0. Per raggiungere questo obiettivo, non sarebbero necessari immigrati fino al 2010, e tra il 2010 e il 2040 sarebbero necessari 34,9 milioni di immigrati, una media di 1,2 milioni all’anno in quel periodo. Entro il 2050, su una popolazione totale di 87,3 milioni, 46,6 milioni, ovvero il 53%, sarebbero gli immigrati post-1995 o  loro discendenti.

(g) Scenario VI

Lo Scenario VI mantiene il potenziale indice di supporto al livello di 4.08 del 1995. Sarebbe necessario un totale di 120 milioni di immigrati tra il 1995 e il 2050 per mantenere questo rapporto costante, con una media complessiva di 2,2 milioni di immigrati all’anno. La popolazione italiana risultante nel 2050 in questo scenario sarebbe 194 milioni, più di tre volte la dimensione della popolazione italiana nel 1995. Di questa popolazione, 153 milioni, ovvero il 79%, sarebbero immigrati post-1995 o loro discendenti.

(h) Ulteriori considerazioni

Nel 1995-2000, il tasso di crescita della popolazione italiana era stimato a -0,01%. Questo calo della popolazione era previsto nonostante un’immigrazione netta di 70.000 persone all’anno. Il numero di stranieri nati in Italia è quasi raddoppiato, da 821.000 nel 1965 (1,6 per cento della popolazione totale) a 1,5 milioni nel 1995 (2,7 per cento della popolazione). Secondo lo scenario III, per mantenere la popolazione italiana in declino rispetto alle dimensioni del 1995, i flussi migratori annuali dovrebbero essere, in media, più grandi di tre volte tra il 1995 e il 2050 rispetto al periodo 1990/1995. Per mantenere la popolazione di l’età lavorativa in declino richiederebbe più di cinque volte il livello annuale di migrazione 1990-1995. Inoltre, per gli scenari III e IV, la proporzione della popolazione italiana nel 2050 che sarebbe costituita dagli immigrati post-1995 o dai loro discendenti, rispettivamente 29% e 39%, è più di 10 volte la proporzione di popolazione nata nel 1995. La figura 13 mostra, per gli scenari I, II, III e IV, la popolazione italiana nel 2050, indicando la quota che comprende i migranti post-1995 e i loro discendenti.

I cambiamenti demografici sono ancora maggiori nello scenario VI. Questo scenario richiede oltre il doppio di immigrati tra il 1995 e il 2050 come popolazione totale del 1995 nel paese. Inoltre, quasi i quattro quinti della risultante 2050 popolazione di 194 milioni sarebbero costituiti da immigrati post-1995 o dai loro discendenti.

In assenza di migrazione, i dati mostrano che sarebbe necessario aumentare l’età lavorativa a 74,7 anni per ottenere un rapporto di supporto potenziale di 3,0 nel 2050. Mantenere nel 2050 il rapporto del 1995 di 4,1 persone in età lavorativa per ogni persona anziana l’età lavorativa passata richiederebbe un aumento del limite superiore della durata dell’età lavorativa a 77 anni entro il 2050. Aumentare i tassi di attività della popolazione, se fosse possibile, sarebbe solo un palliativo parziale al declino del tasso di sostegno dovuto all’invecchiamento . Se i tassi di attività di tutti gli uomini e donne di età compresa tra 25 e 64 dovessero aumentare fino al 100 per cento entro il 2050, ciò rappresenterebbe solo il 30 per cento della perdita nel rapporto di sostegno attivo risultante dall’invecchiamento della popolazione.

https://www.un.org/en/development/desa/population/publications/pdf/ageing/replacement-chap4-it.pdf

https://www.un.org/en/development/desa/population/publications/pdf/ageing/replacement-at-it.pdf

 

IDEOLOGIA VERDE E POLITICA, di Vincenzo Cucinotta

Parto da lontano, ponendomi la domanda di quale sia la questione centrale della politica.

Non avrei dubbi, la questione al centro della politica è quella che riguarda il potere, chi ha il potere, in quali forme lo esercita, quali conseguenze pratiche ha sui modi di convivenza di quella società.

Affermando ciò, non intendo certo delimitare la politica a questo ristretto ambito, ma invece ricordare che ogni ipotesi strategica che non sia in grado di affrontare questa questione di fondo finisce per restare in un ambito che potremmo chiamare prepolitico.

Aggiungo che molte volte non c’è bisogno di entrare esplicitamente nel merito di questo fondamentale aspetto perchè esso appare scontato, ma credo sia buona norma ritornarci almeno di tanto in tanto per verificare se, magari seguendo un evento dell’attualità politica, non si finisca per trascurarlo finendo con l’uscire proprio dall’ambito politico.

Questa premessa risulta tanto più necessaria quando si parla di ambientalismo.

Il fatto è che l’ecologia risulta essere la scienza più difficile che ci sia, richiedendo così una pluralità di competenze, assieme alla necessità di raccogliere una gran mole di dati. Ciò porta automaticamente a una centralizzazione degli studi e di conseguenza della sede delle decisioni.

Se aggiungiamo a questo fatto obiettivo e sostanzialmente inevitabile gli enormi interessi che gravitano sulle politiche ambientali, tali che un dato provvedimento legislativo può determinare arricchimenti o impoverimenti formidabili, si capisce come l’attenzione di chi detiene il potere economico verso queste tematiche sia asfissiante e determini strategie di controllo ben più sofisticate della narrazione comune che vorrebbe che i capitalisti vogliano semplicemente negare i problemi ecologici, cosa forse vera in un passato nel quale se ne sapeva molto di meno a livello scientifico e figuriamoci poi a livello di cosiddetta opinione pubblica. Adesso, tanto per fare un semplice esempio, i produttori automobilistici potrebbero ben essere interessati a una conversione verso le auto elettriche, perchè porterebbe certamente a una maggiore obsolescenza delle attuali automobili a combustibile fossile e quindi aprire a un possibile aumento del ritmo di produzione di nuove autovetture.

Con tali premesse, ditemi chi potrebbe fidarsi di questi centri mondiali di studi scientifici. E’ evidente che uno scienziato non è un santo, e i rischi di corruzione sono oggettivamente enormi. Inoltre, data la complessità di questi studi come dicevo all’inizio, utilizzare l’enorme mole di dati accumulati in un modo piuttosto che in un altro, utilizzare un modello piuttosto di un altro, consente di confondere un caso esplicito di corruzione con una valutazione errata dei dati. Nè d’altra parte è possibile escludere clamorosi errori, anche dovuti ad esempio alla presenza di un fattore ignoto che viene tralasciato.

E’ per questo che testardamente continuo a insistere su un punto, che porre alla ribalta i problemi ambientali non solo non aiuta a risolverli, ma addirittura, visto il controllo sostanzialmente monopolistico dei media da parte di questa ristretta elite finanziaria, serve a fare confusione.

La vicenda di Greta del resto in questo senso è emblematica. Essa dice agli adulti “avete creato danni ambientali e siamo molto incazzati, ora dovete fare qualcosa per riparare”.

Cosa vi colpisce in questa espressione? Che Greta non mette minimamente in dubbio la sede del potere, si affida anzi esplicitamente a questi, anche se sotto la forma della pretesa imperiosa.

La cosa colpisce, perchè come puoi affidare la soluzione del problema proprio a coloro che l’hanno creato? Che senso ha dare agli assassini la delega a condurre le indagini e a comminare le sanzioni necessarie?

Cosa osserviamo? Che Greta evidentemente non affronta per niente il tema principale della politica, chi deve avere il potere, con il che non fa che adeguarsi a una lunghissima tradizione ambientalista, quella di pensare che la causa dei danni ambientali è sostanzialmente dovuto a un mix di ignoranza e di eccesso di interessi privati, tale che basti un atto di buona volontà perché una politica ambientalista venga avviata.

Insomma, l’ambientalismo non viene ancora oggi considerata una vera teoria politica, come tale autonoma e autoconsistente, ma innanzitutto un problema di natura scientifica che quindi va risolto dalla stesso incontrollato sviluppo tecnologico che ne è stato la causa.

E qui veniamo a un altro enorme tematica, quella dello sviluppo tecnologico e il suo rapporto con la scienza.

Come dicevo di recente, la scienza è solo un metodo, il metodo sperimentale, quelle che chiamiamo scienze sperimentali andrebbero piuttosto chiamate discipline sperimentali. La differenza sta nel fatto che così si elimina alla radice la pretesa di far coincidere tecnologia e scienza.

Visto che d’altra parte si è diffusa questa strana tesi che la scienza sia la verità, negando così la filosofia della scienza nella sua interezza, si usa questa scienza portatrice di verità indiscutibili per giustificare e anzi imporre ogni sviluppo tecnologico, in verità trainato da interessi economici, visto che l’economia costituisce l’ordinatore supremo della società contemporanea.

In questo quadro, è quasi inevitabile che gli scienziati, e in particolare quelli ambientali per ciò che oggi significa (in verità, non si è ancora formata una generazione completa di scienziati dell’ambiente, perchè a livello accademico ogni disciplina difende gelosamente il proprio campo di interesse e l’ecologia tende a infrangere quest’ordine, invadendo tutta una serie di discipline tradizionali, così che ad esempio un chimico ambientale rimane prima di tutto un chimico) finiscano per assumere il ruolo di supremi sacerdoti. La logica sottesa è quella che dicevo, che le tematiche ambientali possano essere affrontate sotto il profilo tecnico e essendo buoni, e quindi andiamo avanti con gli scienziati da una parte, le Greta dall’altra. D’altra parte, sapete che si è diffusa l’espressione “ecosocialismo” con il che si intende che il socialismo possa essere avveduto e attento alle tematiche ambientali, e tutto automaticamente si risolverà.

Come si capisce, io sono molto critico su l’intera storia dell’ambientalismo in politica, proprio perché sono convinto che invece l’ambientalismo è una teoria politica compiuta, e che come tale è autosufficiente e alternativa ad altre politiche.

Ma torniamo alla questione dell’uso strumentale che si fa della scienza, e ciò lo riscontriamo anche in ambiti ben differenti da quelli ambientali.

Il caso che mi viene alla mente è quello dei vaccini e di personaggi come Burioni che come i giornalisti, fa il politico al 100%, ma finge di parlare da scienziato e zittisce tutti sulla base dell’autorità della scienza. Da persona che ha dedicato la propria vita alla scienza, sono sconcertato da simili atteggiamenti. La scienza sin dai suoi fondamenti filosofici, non ha nulla a che fare con la verità, e coltiva sistematicamente il dubbio , così che ogni risultato raggiunto è automaticamente di tipo provvisorio e quindi suscettibile di modifica. Invece, cosa ti fa il Burioni? Non fa scienza, fa il politico della tecnologia, e il vaccino in sè è un prodotto tecnologico e come tale è prodotto prima di tutto per tornaconto economico. Seppure c’è un contenuto di disciplina medica, questa si aggiunge a interessi economici, e a una politica complessivamente portata avanti. Nello stesso tempo, non esita a invocare l’autorità della scienza per zittire ogni genere di obiezione.

Ad esempio, questa cosa di protezione degli immunodepressi come motivazione per costringere tutti a vaccinarsi, ha veramente elementi di demenza. Mi chiedo perchè le persone sane dovrebbero eventualmente mettere a rischio la propria stessa salute per garantire quella di persone che hanno problemi loro propri. Può uno stato senza chiamarsi etico obbligare i cittadini a una generosità che appare francamente eccessiva, il potenziale sacrificio di sè come dono mi pare non possa essere richiesto come obbligo, al massimo ci sarà qualcuno che lo vorrà fare per proprie personali convinzioni. Se proprio lo stato vuole intervenire, dovrebbe farlo in senso inverso, garantendo innanzitutto la salute dei cittadini sani, non pretendendo di difendere lo stato di buona salute di chi ha qualche problema sanitario probabilmente di natura genetica, a danno di chi può e vuole fare a meno dei vaccini. E in ogni caso, questo è un campo del tutto opinabile, tipico della politica: che c’entra invocare qui l’autorità della scienza?

La mia impressione è che i media distraggano l’attenzione dal problema fondamentale, quello del potere, attraverso le più improbabili digressioni, andando dietro alla Greta di turno, e perseguano implacabilmente un disegno autoritario che passa attraverso una estrema centralizzazione. Si toglie quindi potere agli stati moltiplicando sedi internazionali che finiscono per occupare spazi decisionali a danno proprio degli stati, e non si esita a usare anche la fama comune della scienza per imporre le più diverse decisioni.

Questo pericolo mi pare particolarmente attuale proprio nell’ambito ambientale. Ci sono tutte le condizioni, prima si nega la natura politica dell’ambientalismo, i vari partiti verdi finiscono per fare i predicatori, semplicemente imponendo le conclusioni degli scienziati e pretendendo che possano costituire una politica, e così si finisce per rivolgersi agli scienziati-sacerdoti perchè ci concedano la verità. A questo punto, è fatta, gli scienziati sono facilmente controllati dal capitale che può continuare a fare i propri porci comodi, e inoltre continuando a iniettare dosi crescenti di senso di colpa a un pubblico del tutto istupidito che penserà che l’ambiente è sempre più inquinato per i suoi colpevoli comportamenti individuali.

Io mi convinco sempre più che la democrazia effettiva richieda una certa vicinanza tra rappresentanti e rappresentati, quando dipendiamo completamente da una distante equipe di scienziati per stabilire misure legislative, la democrazia è definitivamente persa.

Sono infine pervenuto alla conclusione che esiste un sovranismo anche in ambito ambientale, ovvero un localismo che ci dovrebbe permettere di prescindere dai moniti di scienziati ignoti e distanti.

Sembra un paradosso, perchè se uno stato produce troppo biossido di carbonio, il peso va a ricadere anche sugli stati che fossero virtuosi. Ciò sottintende che bruciare combustibili fossili sia una cosa che porta vantaggi, e quindi imporre ai propri cittadini di non farlo, significherebbe svantaggiarli. Se però le cose non stessero così, e non stanno così se si guarda all’ambientalismo come una teoria complessiva e non come uno specifico tema trattabile all’interno di qualsiasi sistema di governo, allora lo stato che iniziasse a fare una vera politica ambientalista potrebbe divenire un modello imitabile da altri.

Ma la temperatura media della terra sta davvero aumentando? In effetti non possiamo essere certi che sia così, visto che non possiamo controllare l’intero procedimento richiesto per pervenire a questo dato. Però qualcosa la possiamo sapere egualmente, ad esempio il fatto che la temperatura superficiale del mediterraneo è certamente aumentata, fatto confermato da un cambiamento di flora e fauna. Tale aumento sta provocando variazioni climatiche che non possono essere ignorate, almeno qui dove vivo. Abbiamo avuto il 4 gennaio del 2018 un vero e proprio uragano con punte di velocità superiori ai 140 km/h, cosa che a memoria d’uomo non si è mai prima verificato, e da allora sembra sia intervenuta una modifica permanente nel regime dei venti, prima sempre deboli in questa specifica zona, mentre quest’anno, pur senza raggiungere questi estremi, abbiamo avuto, mi pare a fine febbraio un vento intenso che non si è chetato per circa 48 ore. Queste osservazioni, che naturalmente non implicano alcuna conclusione sul clima globale, ci dicono che la temperatura localmente è di certo aumentata, e che sembra ragionevole tentare di ridurre questo aumento con i mezzi disponibili, cioè intervenendo sui fattori che controlliamo, senza per questo dovere attendere chissà quale sentenza degli scienziati. Poi, ovviamente, nulla osta a convocare una conferenza dei paesi del mediterraneo e proporre a tutti di prendere provvedimenti simili a quelli che si vogliono introdurre nel proprio paese, e quindi in una logica di accordi multilaterali, ma senza delegare a un’incontrollabile unità centrale l’autorità di definire cosa dobbiamo fare.

E’ ovviamente un approccio del tutto nuovo e che andrebbe meglio approfondito, spero di avervi fatto cosa gradita nel proporvelo allo stato di elaborazione a cui sono giunto.

Introduzione a geopolitica e Internet Di  Laurent BLOCH

Introduzione a geopolitica e Internet

Di  Laurent BLOCH , 23 marzo 2017  Stampa l'articolo  lettura ottimizzata  Scarica l'articolo in formato PDF

Precedentemente responsabile dell’informatica scientifica presso l’Institut Pasteur, direttore del sistema informativo dell’Università Paris-Dauphine. È autore di numerosi libri sui sistemi di informazione e sulla loro sicurezza. Si dedica alla ricerca nella cyberstrategia. Autore di “Internet, vettore di potenza degli Stati Uniti”, ed. Diploweb 2017.

Internet è un fattore di potenza degli Stati Uniti? Se sì, come? Perché? fino a quando? Lo scopo di questo libro è di fornire alcune risposte a queste domande.

Laurent Bloch presenta in questa introduzione il suo approccio e il suo piano.

Diploweb.com , pubblica questo libro di Laurent Bloch, Internet, vettore del potere degli Stati Uniti?; fornisce a tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della situazione. Questo libro è già disponibile su Amazon in formato digitale Kindle e in formato cartaceo stampato . Sarà pubblicato qui in serie, capitolo per capitolo, ad una velocità di circa uno per trimestre.

introduzione

Internet è un fattore di potenza degli Stati Uniti? Se sì, come? Perché? fino a quando?

Lo scopo di questo libro è di fornire alcune risposte a queste domande.

Il primo capitolo ricorda brevemente il processo di creazione di Internet , non come spesso si legge per scopi militari, ma attraverso finanziamenti militari statunitensi, e in gran parte da cittadini statunitensi, nonostante importanti contributi europei come French Louis Pouzin  [ 1 ] . Il fatto di essere gli inventori di Internet ha dato agli Stati Uniti un’egemonia in quest’area. Sarebbe irragionevole aspettarsi che desistessero di propria iniziativa.

Il secondo capitolo specifica precisamente la natura di questo dominio che è Internet e introduce a questo scopo la nozione di cyberspazio , a cui verrà data una definizione e un modello operativo. Il cyberspazio sarà paragonato ad altri spazi pubblici globali (Global Commons) come l’alto mare, lo spazio aereo e lo spazio esterno. Come si esercita l’egemonia nel cyberspazio? Come si muovono gli Stati Uniti e le aziende statunitensi? Perché ora nel cyberspazio viene decisa l’attribuzione dell’egemonia globale?

Le polemiche sulla corsa alle elezioni presidenziali americane del 2016 hanno suggerito che la Russia sarebbe in grado di sfidare il dominio degli Stati Uniti sul cyberspazio: vedremo che non è così, anche supponendo che la Russia sia stata in grado di trarre vantaggio abilmente delle sue abilità in un approccio classico da debole a forte. Se l’egemonia americana nel cyberspazio è effettivamente soggetta a sfide, vengono piuttosto dall’Asia orientale, così come le debolezze interne della società americana, incluso il suo sistema educativo (vedi capitolo 7).


Un libro pubblicato da Diploweb.com, Kindle e formato tascabile


Il capitolo 3 analizza il funzionamento delle istituzioni di fatto che regolano il funzionamento di Internet e la posizione dominante degli americani. Capitolo 4 è dedicato alle grandi dati (Big Data) e il suo utilizzo da parte delle imprese (quasi tutti americani) per aumentare il loro potere . Il capitolo 5 esamina gli aspetti legali degli equilibri di potere nel cyberspazio . Nessuna egemonia politico-militare duratura è possibile senza egemonia culturale: questo è il tema del capitolo 6 sull’egemonia culturale nel cyberspazio . In un universo economico dove avere ricercatori e ingegneri di alto livello è un fattore di successo cruciale,il sistema educativo , che è l’argomento del capitolo 7, ha un ruolo decisivo.

Per comprendere le lotte di potere nel cyberspazio è necessario collocarle nel loro contesto storico, e per far ciò tornare alla guerra economica che ha contrapposto il Giappone agli Stati Uniti negli anni ’70 e ’80 , riassunto nel capitolo 8 Cercheremo di estrapolare le lezioni di questo conflitto all’ipotesi di conflitti sino-americani e russo-americani nel futuro (anche nel presente!).

Nel cyberspazio, come in altri spazi, le questioni topografiche hanno una grande influenza sull’esito delle battaglie, e nel Capitolo 9 esamineremo le ragioni che fanno di una posizione centrale una risorsa decisiva nel cyberspazio; questa posizione è occupata oggi dagli Stati Uniti .

Per comprendere tutti gli eventi che avvengono nel cyberspazio, oggi a vantaggio degli Stati Uniti, è necessario collocarli nel contesto di una rivoluzione industriale in atto dalla metà degli anni ’70, che mette il calcolo e Internet nel cuore del sistema industriale contemporaneo, al posto dell’elettricità industriale e del motore a combustione interna che dominava la grande industria del secolo precedente. Per fare luce sul nostro argomento, abbiamo aggiunto al nostro testo un allegato A che spiega brevemente la nozione della rivoluzione industriale e come si applica al nostro oggetto.

Molti aspetti dell’equilibrio di potere descritti nelle linee seguenti sono difficili da capire se non abbiamo un’idea abbastanza precisa degli aspetti materiali del cyberspazio, l’enorme quantità di investimenti da fare per occupare una posizione di potere. , la pesantezza dell’infrastruttura di Internet. Queste realtà devono essere lette, che è l’argomento dell’Appendice B, per capire che il cyberspazio non è solo uno spazio “virtuale” .

1 ]  Louis Pouzin, ingegnere e ricercatore francese, ha inventato alcuni importanti artefatti ancora in uso nell’informatica contemporanea: la shell per comunicare con un sistema operativo, e specialmente il datagramma, descritto nel primo capitolo di questo libro, concetto base rivoluzionaria del funzionamento di Internet

Tulsi Gabbard, di Giuseppe Germinario

Qui sotto il video di Tulsi Gabbard, membro del Congresso Americano e candidata alle primarie del Partito Democratico per le elezioni presidenziali del 2020. In calce la traduzione in italiano del suo appello. Segue qualche considerazione.

“Ho rivendicato con forza che si consentisse a Muller di completare l’ indagine sulle accuse al Presidente Trump di aver tramato con la Russia per influenzare le elezioni del 2016. Mi fa molto piacere che Muller abbia potuto concludere le sue indagini, e presentarne le risultanze. Il popolo americano deve poter accedere al rapporto di Muller. Ma ora che Muller ha dichiarato che dalle indagini non risulta alcuna cospirazione, dobbiamo tutti mettere in secondo piano i nostri interessi di parte e riconoscere che è bene per il nostro Paese che il Presidente degli Stati Uniti non abbia cospirato con la Russia per manipolare le elezioni, perché se il Presidente fosse stato posto in stato d’accusa per aver cospirato con la Russia allo scopo di manipolare le elezioni e influenzarne l’esito, il nostro Paese sarebbe precipitato in una crisi terribile, che avrebbe potuto sfociare nella guerra civile. Dunque, dovrebbe essere un sollievo per tutti che il Presidente Trump non sia stato trovato colpevole di collusione con i russi. Ora dobbiamo superare questo tema divisivo, e agire per proteggere il corretto svolgimento delle nostre elezioni, proteggere il corretto svolgimento delle elezioni del 2020, e approvare la mia proposta di legge, il Securing the American Elections Act, che consentirebbe a tutti gli Stati di usare schede elettorali cartacee verificate da scrutatori, e renderebbe impossibile per la Russia, qualunque altro paese straniero o gruppo criminale di manipolare o cambiare il risultato delle nostre elezioni. E’ essenziale che mettiamo in secondo piano gli interessi di parte, lavoriamo insieme per unire il nostro Paese, per affrontare i seri compiti che ci attendono, come ricostruire le nostre infrastrutture in pessime condizioni, porre fine alle guerre combattute per impiantare regimi democratici, proteggere l’ambiente, assicurare a tutti l’assistenza sanitaria, implementare una riforma complessiva dell’immigrazione, e tanto altro.”

Tulsi Gabbard sembra avere i requisiti necessari all’investitura di candidata alle elezioni presidenziali. Di origine multietnica, postura solenne, sguardo solare ma determinato, aspetto attraente ma non vistoso, eloquio chiaro e diretto, ma anche determinato, atteggiamento autorevole ma non autoritario.

 

I suoi trascorsi di militare e di sportiva ne hanno forgiato il carattere; gli studi le hanno dato gli strumenti culturali necessari a sostenere il confronto politico; la gavetta e gli antefatti paterni in politica le hanno garantito, pur alla sua relativamente giovane età (38 anni), una sufficiente esperienza.”

Tulsi Gabbard sembra possedere i crismi necessari all’investitura a candidata democratica alle elezioni presidenziali del 2020.

 

 

Fedele al partito sin dagli albori del suo impegno politico; sostenitrice, ma senza eccessi, come deve esserlo un potenziale uomo di stato, dell’affermazione di tutto il catalogo dei diritti umani proprio di quel partito, a cominciare dall’aborto in stato avanzato di gravidanza per finire  con il matrimonio tra omosessuali e con le rivendicazioni LGBT.

Eppure Tulsi Gabbard certamente non gode del sostegno dello stato maggiore democratico; la stessa componente radicale di quel partito non sembra particolarmente convinta delle sue potenzialità. L’onnipresente George Soros, proprio lui, le ha messo alle calcagna, nel suo stesso collegio elettorale delle Hawaii, un avversario apparentemente ben più radicale nelle posizioni politiche, ma soprattutto dotato di un sostanzioso corredo di svariati milioni di dollari. Un impegno spropositato, non per le tasche del noto filantropo, certamente per il peso politico di quel collegio nell’agone statunitense.

Quali possono essere i motivi di tanta attenzione e di altrettanta avversione?

Come qualsiasi persona, in particolare personaggio politico, anche Tulsi sembra nascondere qualche ombra agli occhi di costoro.

La sua conversione alla causa dei diritti civili è un po’ tardiva e stride leggermente con precedenti prese di posizione; qualche sospetto sulla effettiva genuinità delle posizioni può insinuarsi. Non si sa se sia stato il suo fermo proposito di maggior impegno nel Partito Democratico a determinare la conversione o se sia stata quest’ultima a spingerla ad un maggiore impegno politico. Sia Soros che la dirigenza democratica hanno accettato e sostenuto per altro operazioni trasformistiche ben più stridenti e clamorose senza batter ciglio e garantendo il necessario conforto, anche il più prosaico. Non pare quindi un motivo sufficiente di ostracismo.

Con coerenza Tulsi si è sempre schierata apertamente contro gli interventi militari americani a sostegno dei cambiamenti di regime, in particolare in Iraq, in Libia e in Siria. Una posizione che certamente può destare qualche inquietudine in quegli ambienti. I suoi trascorsi recenti da militare impegnato in alcune di quelle campagne le danno più autorevolezza e potrebbero offrirle qualche antidoto e qualche resistenza in più a possibili ripensamenti più o meno indotti. Ma i circoli sorosiani e i centri dello stato profondo sono riusciti facilmente a travisare gli impegni più solenni; è ancora vivo il ricordo dell’impegno solenne di Obama, il primo premio Nobel per la pace preventivo, ad uscire dalle guerre di Bush e la sua repentina conversione a paladino della destabilizzazione e della sovversione caotica nel Nord-Africa, nel vicino e medio oriente e nell’est europeo. In tempi più incerti, ma per loro orribili ed ostici, sono riusciti comunque a neutralizzare i propositi di Trump favorevoli ad una distensione con la Russia. Non hanno ragione quindi di temere particolarmente i propositi di una ragazza proveniente dalla periferia politica e ancora ancorata a quella terra.

Con vigore, ma senza eccessi agonistici, la Gabbard ha sempre sostenuto diritti e stato sociali, dal salario minimo alla assistenza sanitaria generalizzata al diritto universale allo studio. Argomenti che la collocano e la rendono popolare negli ambienti più radicali interni e ai margini del Partito Democratico sula scia del successo di Bernie Sanders. Ambienti attualmente in auge in quell’area politica; non si sa, però, quanto stabilmente.  Personaggi navigati come Soros e come quelli presenti nei centri decisionali strategici sanno benissimo che spesso è necessario cedere, nei momenti più critici e almeno temporaneamente, sulle rivendicazioni economiche e sociali pur di mantenere le prerogative di potere e di controllo politico. Nemmeno questo, appare quindi un motivo dirimente per tanta avversione e circospezione verso la Gabbard.

Non rimangono da esaminare che due altre posizioni della neofita tra quelle che possono aver scatenato tante attenzioni.

  • Il primo è rappresentato dall’appello alla riconciliazione nazionale a seguito dell’esito del Russiagate e dall’evidente compiacimento riguardo all’assoluzione di Trump. Una sconfessione pacata ed impietosa della partigianeria e della faziosità che ha informato l’azione politica democratica e dei neocon. Soprattutto, il campanello di allarme su di una possibile futura saldatura di fatto, se non proprio dichiarata, tra la componente trumpiana dello schieramento conservatore ormai prevalente nel Partito Repubblicano e quella radicale di sinistra, su alcune tematiche fondamentali di politica estera e politica economica. Una prospettiva fantasmagorica sino ad un paio di anni fa, ma che deve aver cominciato a rovinare i sonni di più di qualche stratega politico dell’ “ancien regime”. Personaggi scafati come Soros e come gli alti strateghi hanno comunque la possibilità di tentare appelli retorici alla riconciliazione, per quanto compromessi siano dai comportamenti recenti particolarmente faziosi
  • George Soros per altro ci ha rivelato da sempre la sua particolare sagacia e attenzione ai problemi di indirizzo e di strategie politiche confortata da altrettanto dispendio di risorse finanziarie per altro ben remunerate. Il suo inedito attivismo mediatico negli ultimi due anni ci ha svelato un aspetto inedito del suo impegno politico: la certosina attenzione agli aspetti pratici della azione politica sino ai particolari più minuti. Nell’ “annus horribilis” a cavallo dell’elezione di Trump George Soros ha infatti confessato apertamente alcuni propri fallimenti sia nella selezione delle classi dirigenti, sia nella inaspettata sconfitta nelle elezioni dei procuratori in diverse contee americane. Una notazione apparentemente astrusa e di tono minore. Tulsi Gabbard d’altro canto è stata componente del DNC (comitato di controllo) del Partito Democratico sino alle sue dimissioni per protesta, avvenute una volta emersa la truffa ai danni di Bernie Sanders ad opera del clan dei Clinton. La stessa Gabbard ha sottolineato più volte, anche in questa breve registrazione, la necessità di tornare al voto abolendo il sistema elettronico di votazione e introducendo un sistema certo di registrazione degli aventi diritto al voto. Il motivo conclamato è quello di limitare le influenze esterne, comprese quelle russe, sugli esiti elettorali. Il motivo reale è quello di mettere fine al sistema truffaldino di manipolazione delle espressioni di voto, particolarmente facilitato dalle modalità elettroniche di esercizio del diritto nelle elezioni americane. Un sistema che avvicina l’attendibilità del voto americano a quello delle primarie del PD italiano e delle consultazioni on line pentastellate. Una mossa tanto abile nella modalità di presentazione, tesa a neutralizzare la componente russofoba sul suo stesso terreno, quanto dirompente nella ordinaria gestione interna del consenso elettorale. Tanto più che la raccolta e la gestione elettronica dei dati elettorali è da tempo in mano ad una società di George Soros, il noto filantropo, così impegnato nelle sue opere di bene anche a favore dei più riottosi a riceverle da chiudere spesso gli occhi sui mezzi per rifilarle.

Sarà, ma probabilmente è proprio questa la soglia banalmente prosaica che Tulsi non avrebbe dovuto oltrepassare per evitare attenzioni così malevoli. La “Pianta” (il significato di tulsi) però sembra avere radici più forti addirittura del corpo emerso. Che a Trump si aggiunga una Trumpina con l’asinello? Il confronto è assolutamente impari. Lo era anche quello tra Clinton e Trump

La trentottenne Tulsi Gabbard, o chi per lei, tanto ingenua probabilmente non è. George Soros, da uomo di mondo quale è, & C qualche ragione profonda a temerla e soprattutto a prevenirla devono averla. Buona fortuna, Tulsi. Di tanto in tanto guardati alle spalle.

IL PROCESSO DI VERONA…, di Antonio de Martini

IL PROCESSO DI VERONA…
( tardivo ma non privo di ragioni, proprio come l’altro)

Leonardo Da Vinci nacque mezzo millennio fa da una relazione, illegale secondo il congresso di Verona .
Anche Lawrence d’Arabia fu frutto di una relazione adulterina.

La mancanza della possibilità di abortire ha provocato la nascita di numerosi inutili contemporanei che conosciamo bene.
Leonardo scrisse “ molti non lasciano dietro di se che cessi pieni”.

La materia è complessa e, chi voglia regolamentarla dovrebbe tener conto sia dei diritti naturali che di alcune esigenze della società.

Esempi.

a) Divorzio. Ogni essere umano ha diritto a sbagliare e avere un’altra opportunità , ma non indefinitamente. Dopo un secondo matrimonio/unione la terza volta dovrebbe essere preceduta da un test psicologico che assista chi ha evidentemente difficoltà a non ripetere scelte che lui/lei stesso considera poi errate.

Uomini molto ricchi o donne intraprendenti che si sposano cinque o sei volte non dovrebbero essere disponibili per pubblici uffici o impiegati nel media mainstream.
In alcune zone del mondo ( America Latina, Africa, Asia ) viene riconosciuto uno status pubblico alle amanti ( e diritti ereditari ai figli). Ma siccome di amanti tutti i congressisti ne hanno una/o, sull’argomento si sorvola.

b) Aborto. È certamente un diritto dei concepitori abortire, ma , se non si è psicolabili capricciosi e non vi sono inderogabili esigenze terapeutiche, cinque mesi sono un lasso di tempo sufficiente per prendere una decisione tanto drammatica e abortire ripetutamente non può essere consentito, salvo serie ragioni mediche.
Abortire è un diritto, ma – non illudiamoci- specie se fatto dopo il quinto mese, resta un omicidio. In Francia, un deputato ottenne la bocciatura delle legge facendo sentire in aula il battito del cuore del nascituro. A Verona hanno fatto il “ gadget” del feto. “ Convenscion molto lumbard “.

Gli esempi di famiglie non abbienti e numerose sono troppo noti perché ci si debba soffermare.
I figli sono, dovrebbero essere, frutto di amore, non cagione di bonus ad personam. I servizi sociali collegati alla vita familiare dovrebbero essere impeccabili ed avere una qualche forma riconosciuta di priorità.

Coi fondi del MOSE si sarebbero potuti assistere tutti i bambini del paese , mentre il MOSE è servito ad assistere qualche decina di figli di donne che non usufruitono, a suo tempo, del diritto all’aborto.

Il presidente del Consorzio “ Venezia Nuova” Zanda ( nato Zanda Loi , ma che non si vuole far ricordare la discendenza dal capo della polizia degli anni in cui il PCI prese potere) è quello stesso che adesso – tesoriere del PD dopo essere stato capo del gruppo parlamentare- ha proposto di aumentare le indennità dei Deputati.

Si, sono tanto favorevole all’aborto che a volte lo vorrei retroattivo.

c) Adozioni. L’ideale è che i bambini vengano dati in adozione a una coppia rappresentativa della famiglia tipo , ma , in mancanza, qualsiasi altra soluzione è preferibile all’orfanatrofio.
Numerose coppie si rivolgono all’estero per aggirare una legge che favorisce attese secolari, pone paletti illogici, pretende la perfezione dei candidati e favorisce in realtà lo sfruttamento dei bambini da parte di industriali dell’infelicità.

d) Unioni omosessuali. Sono sempre esistite e non vedo perché proibirle. Hanno certamente alcuni dei diritti e doveri tipici di una unione familiare. Possono ottenere ogni cosa, ma non l’equiparazione alla famiglia perché non sono la strada maestra per la perpetuazione della società. Sono una strada privata.

MEDIOEVO E DINTORNI

La TV del TG1 ieri sera ha presentato le tesi del presidente del “ convegno mondiale sulla famiglia” e il parere contrario di una decina di oppositori della stessa.

In coro tutto gli intervistati, accuratamente scelti, hanno lamentato un – da loro paventato – ritorno al Medioevo.

Guardandoli e ascoltandoli , ho pensato che ho ragione io ad essere ostinatamente favorevole all’aborto retroattivo.

Si continua a credere che il Medioevo sia un periodo di oscurantismo, vessazioni, infelicità.

Il povero Umberto Eco sta rigirandosi nella tomba al vedere che nessuno di questi virgulti progressisti , accuratamente scelti lo ripeto, ha letto i suoi testi.

È nell’alto Medioevo che sono nate le signorie comunali di cui tutta Italia mena ancor oggi vanto.

In quel periodo l’Italia ha creato il mestiere bancario e lo ha diffuso nel mondo, ha ripreso la guida culturale e spirituale del consorzio umano.

In quel periodo sono diminuite le tasse a causa dell’abitudine a pagare i soldati in terre e del conseguente diminuito bisogno di denaro da parte delle autorità.

La crescita di ricchezza provocò la reintroduzione delle monete d’oro come strumento di pagamento. Nacquero le Repubnliche marinare. Si iniziò a commerciare con la Cina.

È in quel periodo che nacque e si sviluppò l’Islam e vennero preservati – grazie a questo- secoli di cultura e sapienza greca che altrimenti sarebbero andati perduti.
Fu inventato lo zero e l’algebra, introdotta la bussola.
Nacquero gli ospedali e la scuola salernitana, la lingua italiana, il movimento benedettino è quello francescano , l’amor cortese, Dante, Petrarca e Boccaccio non hanno partecipato alla Resistenza, ma alla cultura medioevali come Chaucer e Shakespeare.
Federico I e II e la riforma gregoriana del calendario sono prodotti della cultura medievale. Nacquero le Università tra cui prime tra tutte Padova e Bologna .
Guglielmo di Occam , Bruno, Campanella e tanti altri pensatori iniziarono la marcia verso l’era moderna.
Ritenere negativo questi periodi medioevali e positivi questi tempi odierni può essere spiegato solo con la psicoanalisi.
Approfondita.

La Santa Inquisizione, la persecuzione e le torture degli alchimisti e filosofi, lo sterminio degli indiani del centro e Sud America , la reintroduzione della schiavitù ( finita con la nascita, medioevale, delle città) , le guerre di religione e di successione e dei trenta anni , sono tutti frutti del tardo cinquecento e del seicento.
Roba da scuola dell’obbligo ragazzi.

Al presidente RAI mi permetto di suggerire la buona pratica di mettere in sovrimpressione – come fanno nei paesi “avanzati”- nomi e cognomi degli intervistati invece di quelli dei cameraman di cui non ci importa nulla.

La religione del progetto europeo_Intervista a Régis Debray

http://www.lefigaro.fr/vox/societe/2019/03/29/31003-20190329ARTFIG00111-regis-debray-a-force-de-vouloir-accueillir-toutes-les-identites-l-europe-n-a-plus-d-identite.php

Il progetto europeo è, secondo Régis Debray, una religione prima ancora che un’impresa politica. Per questo motivo, sostiene, nonostante il fallimento politico dell’Unione Europea, i nostri leader continuano a crederci. Come infestato dall’Europa fantasma.

Le Figaro.- il tuo libro, l’Europa fantasma *, sotto la collana “Tracts”, esce a tre mesi dalle elezioni europee. È un caso?

Régis Debray.- No, ma l’attualità è solo un aggancio; Antoine gallimard e Alban Cerisier hanno ripreso il titolo di una collezione degli anni ‘ 1930, che ha pubblicato gide, Thomas Mann, giono e altri. L’ idea è di richiedere a scrittori  testi brevi, senza gergo e senza ingiurie, sul momento storico. Per tanto non è l’elezione europea, con le sue pie intenzioni, che mi ha interessato, ma le basi spirituali di un’utopia politica. Non dimentichiamo che la sua bandiera blu cielo procede dall’apocalisse di San Giovanni. Le Dodici stelle sono quelle di Notre Dame.

Cosa significa questo titolo, l’Europa fantasma?

E’ un occhiolino all’Africa fantasma di Michel Leiris dove rivela la sua delusione di occidentale che sperava con il raid Dakar-Gibuti, nel 1932, di diventare un altro uomo al contatto di un’altra civiltà, e che finisce con ” Rifiutare la pienezza di esistenza a questa Africa in cui avevo trovato molto ma non il rilascio “. Anche noi aspettavamo di essere rilasciati dal nostro pesante passato, dai nostri egoismi, dalle nostre passioni assassine, da un’Europa serenamente unita ed ecco che tornano in forza, questi egoismi e che questa costruzione ideale si rivela in realtà evasiva, randagia e senza corpo. Una non-persona. Questo non ha solo svantaggi. Un essere galleggiante e sfocato può continuare a perseguitare gli spiriti, come un ritorno. E di fatto, da lontano, in lontananza arriva il rilancio, il piano miracoloso, l’annuncio di Rinascimento, per resuscitare la fiamma e i cuori. Il ritmo è decennale.

Stai paragonando il progetto europeo a un messianismo, a una religione. In che modo lo è?

Da molti lati, l’europeismo è l’oppio delle nostre elite, espressione del loro sconforto politico e protesta contro questo sconforto. Io faccio una parodia della formula marxiana, ma accanto al comunismo e al nazionalismo, il supplemento d’anima del techno fa una religione laica molto debole, che non mobilita nessuna influenza, non ricorda nessun passato e non definisce alcun futuro. “in nazionalità è proprio come in geologia, il calore è giù”, diceva Michelet. Per L’ Unione Europea il calore è in alto e non scende. È una locomotiva senza carri, constata proprio Védrine. A Pechino non importa, e le elezioni europee sono in realtà un sondaggio di opinione a grandezza naturale, ad uso domestico, e che interessa solo professionisti, politici e media.

Detto questo, c’è stato in partenza, all’indomani della guerra, un fervore, uno slancio grazie alla convergenza di due messianismi, il cristiano e il progressista – una giunzione miracolosa tra l’impero della grazia, per un ritorno di Cristianesimo, e l’impero della ragione, come vuoto unificante e pacificatore. Jacques Delors è servito da ponte tra questi due versanti, da cui il consenso sul suo nome. Purtroppo, i due pilastri del tempio, il democratico cristiano e il socialdemocratico, sono crollati, e non resta altro che un neoliberalismo secco e crudo. Non molto motivante. Ma alla fine, religione viene dal latino religare, collegare, raccogliere. Questo pone una base comune agli eletti, come testimonia l’ultima conversazione del presidente con i suoi consiglieri e gli intellettuali del suo cenacolo. La Fede è sparita, ma l’autostima rimane. È un narcisismo al più. Umiliante per il gregge delle grandi menti allineate dall’Eliseo, ma gratificante per il maestro d’opera.

Se è una religione, il numero dei suoi fedeli appare oggi in declino?

Il piccolo numero di fedeli, e la debolezza delle adesioni sempre più titubanti, mi sembra abbiano diverse cause. Il mondo è cambiato dal trattato di Roma, nel 1957. Si è globalizzato nella sua dimensione e saccheggiato nella sua composizione – questo spiega quello. Che la globalizzazione techno-economica sfoci in una balcanizzazione culturale e politica, con una crescente frammentazione dei set organizzati, è una prova. Ne parlo ripetendolo da quarant’anni, e tutto ciò finisce per imporsi alla vista di tutti. Poi non siamo più all’età dei blocchi politico-militari, e non ne esistono più, a parte la Nato. C’ era un nemico, una cortina di ferro, una nicchia da tenere. Di fronte a Stalin, fare blocco è giustificato. Oggi l’Unione Europea è un anacronismo: troppo piccolo per le sfide mondiali, economiche, ecologiche e altri, e troppo grande, a 27, per una qualsiasi coerenza. È diventato un giogo, non un trampolino di lancio.

L’ Europa attuale è tedesca o americana?

Entrambi non sono incompatibili. L’ Europa dei fondatori è iniziata a matrice americana, nella sua ispirazione e nel suo finanziamento più o meno segreto; è diventata a preponderanza tedesca, dopo l’allargamento che ha spostato ad est il centro di gravità. È normale che un’Europa fondata sul primato dell’homo oeconomicus sia dominata dalla prima economia del continente.

L’ homo oeconomicus americano si è unito a una fede in Dio, “in Dio noi confidiamo”. E da noi si vuole autosufficiente. Confronta un biglietto da 10 dollari, che articola una metafisica su una storia concreta e una geografia precisa, con un biglietto di 10 euro, che è un biglietto di monopoli senza valuta, senza volto e senza luogo, e capirai tutto … Non una silhouette sotto questi archi in sospensione tra cielo e terra, come apparizioni spettrali. Da un lato, un popolo, quindi una storia. Dall’altro, un aggregato, fuori terra e fuori dalla storia.

Cosa ne pensa dell’idea che l’Europa avrebbe portato la pace?

Non è l’Europa di Bruxelles che ha fatto la pace, è la pace mondiale che ha fatto questa Europa, quando la dissuasione nucleare ha congelato da una parte e dall’altra i conflitti in ogni campo, ogni signore, Stati Uniti e URSS , non avendo alcun interesse a vedere i suoi protetti dvidersi. E questa Europa ha dovuto chiamare gli Stati Uniti per riportare la pace nell’ex Jugoslavia, incapace di restaurarla da sola. Non può né fare guerra né fare pace. Che peccato.

Lei dice che istituzionalizzandosi, l’Europa si è sconfitta…

La vostra domanda mi fa sovvenire una risposta di de De Gaulle a Malraux nelle querce che si abbatte: ” L’ Europa le cui nazioni si odiavano aveva più realtà di oggi.” bisogna rileggere questa intervista del 1969, premonitrice, come tutti I PRONOSTICI GAULLIANI. ” senza dubbio assistiamo, disse, alla fine dell’Europa. Buona fortuna a questa federazione senza soggetto federativo.” potrebbe essere l'” Anglobal ” il grande e unico federativo. La famosa parola apocrifo di Jean Monnet, “se avessi saputo avrei iniziato con la cultura”, non ha senso, visto che la cultura è prima la lingua! Se vai a Bruxelles, vedrai che è diventata una città inglese, mentre Ginevra è rimasta francofona. A forza di voler accogliere tutte le identità, l’Europa non ha più identità. Il nostro grande promulgatore di allarmi ha lanciato nei suoi ultimi giorni un avviso sul quale i nostri responsabili nella loro fuga in avanti avrebbero interesse a meditare: ” non ho mai creduto bene di affidare il destino di un paese a ciò che svanisce.”

A domani de Gaulle?

Non facciamone un nazionalista. E’ lui che ha assicurato e formalizzato la riconciliazione franco-tedesca, con Adenauer; instaurato l’ufficio Franco-tedesco della gioventù. E ha sinceramente voluto un’Europa europea con il trattato dell’Eliseo e il piano Fouche. Purtroppo il Bundestag, consigliato da Jean Monnet, l’ha inviato sulle rose. Da qui la sua battuta: ” i trattati sono come le ragazze e le rose. Dura quello che dura.” uscire dal protettorato americano è sembrato sacrilego ai nostri amici tedeschi. Speriamo che questa paura non durerà per sempre. Possiamo dubitarne.

Non vi riconoscete nell’opposizione tra nazionalisti e progressisti concettualizzata da Emmanuel Macron?

No, affatto. Questa opposizione è stata concettualizzata, non molto tempo fa, da Drieu la Rochelle, eminente progressista che chiedeva a “L’ Europa nuova” di trascendere i vecchi nazionalismi mortiferi.

Ecco perché, disse, lui così come un numero di intellettuali e accademici di questo periodo, per liberarsi degli sciovinismi che ci hanno fatto tanto male, bisognava difendere tutti insieme la fortezza Europa contro le orde bolsceviche, ciò di cui si sono caricati nel 1944 le waffen ss della divisione Carlo Magno, con i suoi 7000 volontari. Dovremmo riaprire i nostri libri di storia, ma non è mai troppo tardi per fare bene. Non c’è solo l’economia nella vita.

Questa opposizione, Ariel contro Calibano, un imperium economico e giuridico contro le culture locali maltrattate, l’ovest contro l’est, fa ovviamente il profitto dei nazionalisti. Per resistere agli imperi, l’Europa centrale e balcanica non ha mai potuto riposare su uno stato, ma sulla sua cultura ancestrale, e la resistenza passa sempre lì attraverso la lingua e la religione. Perché riaccendere questa brutta tradizione?

Andiamo verso il ritorno delle nazioni o l’Europa delle tribù?

Fai la domanda chiave. Bisogna assicurare un futuro alla Nazione civica, la nostra, fondata sul “è francese chi lo vuole”, e impedire a tutti i costi che la nazione etnica, fondata sulla legge del sangue, non venga a sostituirla. Questo è il grande pericolo. La tribù, contrariamente a ciò che si crede, è una forma di organizzazione ahimè sempre più moderna, e l’Europa, che doveva federare, diminuisce e frammenta gli stati nazioni, accelera i separatismi, vedi la Spagna, il Belgio, la Gran Bretagna, la Padania italiana. Auguriamo che la Repubblica dei cittadini resista al grande ritorno del feudalesimo, a cosa porta, paradossalmente, il sovranazionale.

Come si fa a fare questo insieme?

Non ne ho idea. Bisogna lasciare tempo al tempo. Ci saranno soprassalti, effetti di traino e senza dubbio un’unione doganale mantenuta, e alcune giurisprudenze. Ma i popoli rischiano di stancarsi di vedere giudici non più servi della legge, ma medici di norme che dimenticano che la legge repubblicana è l’espressione di una volontà generale, deliberata dai rappresentanti del popolo e applicata nel suo nome. La giuridizzazione di tutti i crini della vita pubblica, sono già le dimissioni della politica.

Esiste un popolo europeo?

Purtroppo no, anche se si mette l’aratro prima dei buoi, pensando che un parlamento possa provocare un popolo. Un popolo, non è solo una comunità di interessi economici ma una comunità immaginaria. Questa suscita una comuni societatis, una solidarietà affettiva, intima e istintiva. Un calaisien è interessato a ciò che sta accadendo a Marsiglia. Un francese non è interessato a ciò che sta accadendo in Polonia o in Estonia.

C’ è un cinema americano ma non c’è cinema europeo, colpa di una lingua comune e di star che parlano a tutti i paesi. “gli unici attori che si hanno in comune in Europa sono americani”, nota Jean-Jacques Annaud. E’ un sintomo interessante, anche se un po’ triste.

Sei un euroscettico?

In nessun modo. La domanda non è sapere se si è pro o contro l’Europa ma di quale Europa si parla. È come se ti chiedessero: sei pro o contro la Francia? Ma quale Francia, quella di Michelet o quella di Maurras? Di Jean  Moulin o di Le pen? Quale Europa? Ce ne sono diverse. C’ è l’Europa medievale del cattolico nostalgico, l’Europa dei lumi cara a Valéry, l’Europa carolingia del tempo dell’occupazione e l’Europa tecnocratica della Commissione. Perdonami, ma io opto per quella di Valéry.

Parigi brucia! E lui…?_di Michel Onfray

On l’aura désormais bien compris, en matière de crise des gilets-jaunes, Macron joue la pourriture… [ Si sarà ben compreso, a proposito di crisi di giubbotti gialli, Macron gioca nel torbido …] C’est bien sûr une option éminemment dangereuse. [ Questa è ovviamente un’opzione particolarmente pericolosa.]  C’est celle de la ville dont le prince est un enfant… [ È la città il cui principe è un bambino …] Elle peut sembler rentable à cet enfant-roi qui sait que, dans la logique binaire installée par ses grands prédécesseurs, tout a été fait pour qu’aux présidentielles le choix final oppose un candidat maastrichtien et un autre qui ne l’est pas -le premier présentant le second comme le chaos fasciste. [ Può sembrare redditizio a questo re-bambino che sa che nella logica binaria introdotta dai suoi grandi predecessori, tutto è stato fatto perché la scelta presidenziale finale scelta fosse tra un candidato Maastrichtiano opposto a un altro che non  lo era -con il primo a presentare il secondo come caos fascista.] De ce fait, pareille logique contraint à porter au pouvoir n’importe quel homme lige de l’Europe maastrichtienne. [ Pertanto, tale logica stringente spinge a portare al potere ogni qualsivoglia uomo ligio all’Europa di Maastricht.] Il est l’un des serviteurs de ce pouvoir-là et s’en sait fort. [ È uno dei servitori di questo potere e lo sa bene.] Mais c’est la force d’un domestique. [ Ma è la forza di un servo.]

Voilà pour quelles raisons, dans le chaos actuel, la liste macronienne arrive malgré tout en tête des intentions de vote aux prochaines élections européennes. [ Questo è il motivo per cui, nell’attuale caos, la lista dei Macroniani è ancora in testa al voto nelle prossime elezioni europee.] De sorte qu’après dix-huit semaines de mépris, d’insolences, d’insultes, de désinformation, de fausses nouvelles, de morgue, d’injures, d’offenses, d’affronts à l’endroit des gilets-jaunes, Macron persiste dans une communication dont il sait qu’elle lui est rentable: pendant que Paris brûle, que des banques sont incendiées, que le Fouquet’s est en flammes, qu’un feu dans un immeuble menace de faire périr ses habitants, que les échauffourées sont démultipliées, que des leaders pilotés en sous-main par des politicards appellent désormais à l’insurrection violente, que les mêmes souhaitent une convergence des luttes entre Blacks Blocs et “gens des cités” sous prétexte de gilets-jaunes, que l’arrivée en masse de Blacks Blocs est annoncée par le ministère de l’Intérieur sans que rien ne soit fait en amont pour les empêcher de nuire,  Emmanuel Macron skie… [ Così, dopo diciotto settimane di sfida, di insolenza, insulti, disinformazione, notizie false, obitorio, insulti, offese, affronti all’indirizzo dei gilet gialli, Macron persiste in una comunicazione che sanno che è redditizia: mentre Parigi sta bruciando, in quanto le banche sono state bruciate, il Fouquet è in fiamme, un incendio in un edificio minaccia di distruggere i suoi abitanti, siccome gli scontri sono moltiplicati, siccome i leader controllati segretamente dai politicanti ora richiedono l’insurrezione violenta, che lo stesso desiderio di una convergenza di lotte tra blacks blocs e la ‘gente delle città’ sotto il pretesto del soccorso dei gialli, l’arrivo in massa di Blacks Blocs viene annunciato dal Ministero degli Interni senza che nulla venga fatto a monte per impedire loro di fare del male, Emmanuel Macron scia…] Le roi fait du ski! [ Il re sta sciando!] En compagnie de sa femme, de sa famille, de ses amis, peut-être même avec son ami Benalla, il fête la vie à grand renfort de raclette et de fendant! [ In compagnia di sua moglie, della sua famiglia, dei suoi amici, forse anche con il suo amico Benalla, celebra la vita con un sacco di raclette e cracking!] Tout va bien à Versailles… [ Tutto va bene a Versailles …]

Pourquoi en effet devrait-il se ronger les sangs? [ Perché in realtà dovrebbe rodersi il fegato?]

Car, si la dissolution de l’Assemblée nationale avait lieu, Macron sait bien qu’il resterait président de la République. [ Perché se lo scioglimento dell’Assemblea nazionale avesse luogo, Macron sa bene che sarebbe rimasto Presidente della Repubblica.]   Son obligation constitutionnelle et politique se limiterait à nommer un Premier ministre issu de la nouvelle majorité… [ Il suo obbligo costituzionale e politico sarebbe limitato alla nomina di un primo ministro uscito dalla nuova maggioranza …] qui ne manquerait pas d’être macronienne! [ che non mancherebbe di essere macroniano!]

Si, par une très improbable extravagance, le Rassemblement national arrivait en tête de ces élections législatives après cette hypothétique dissolution, Macron nommerait Marine Le Pen à Matignon. [ Se, con una stravaganza molto improbabile, il Rassemblement National dovesse arrivare in testa a queste elezioni legislative dopo questo ipotetico scioglimento, Macron desinerebbe Marine Le Pen a Matignon.] Le premier travail de cette dame serait de faire du Chirac des années 80 en prenant bien soin de ne toucher ni à l’euro, ni à l’Europe libérale, ni à Maastricht et de n’envisager en aucun cas un Frexit -elle a déjà prévenu… [ Il primo impegno di questa signora sarebbe quello di imitare Chirac degli anni ’80, che non si preoccupasse di toccare l’euro, né l’Europa liberale, né Maastricht e di non considerare in ogni caso un Frexit -è già avvertita …]  Ajoutons à cela que, conditionnée par des années de propagande, la rue refuserait cette nomination après que les médias aux ordres eussent fait fuiter le projet: Macron aurait alors la rue pour lui… [ Aggiungete a ciò che, condizionata da anni di propaganda, la strada rifiuterebbe questo appuntamento dopo che i media agli ordini avranno fatto trapelare il progetto: Macron avrebbe quindi la strada spianata per lui …] Pour éviter pareil scénario, il pourrait alors préférer Dupont-Aignan qui arriverait en courant pour occuper le poste. [ Per evitare un simile scenario, potrebbe quindi preferire Dupont-Aignan che arriverbbe di corsa a riempire la posizione.] La réélection de Macron lors des présidentielles suivantes serait assurée. [ La rielezione di Macron sarebbe assicurata]

Si Macron démissionnait, ne rêvons pas, il sait également que ni le Parti socialiste, qui à cette heure confie les clés européennes du parti de Jaurès à Raphaël Glucksmann qui n’en a pas même la carte, ni la France insoumise, qui a montré en boucle sur les médias un Mélenchon psychiquement problématique, ni le parti de Wauquiez, qui tente de survivre en exhibant une chimère politique faite d’un jeune philosophe catholique flanqué de quelques chevaux de retour du sarkozysme guère encombrés par la morale catholique, ne sont à même de lui succéder à l’Élysée. [ Se Macron dovesse dimettersi, non illudiamoci, sa anche che né il Partito socialista, che al momento ha affidato la chiave europea del partito di Jaurès a  Raphael Glucksmann  senza disporre della mappa, né la France insoumise che ha mostrato un Mélenchon sul precipizio, psicologicamente problematico con i media, né Wauquiez, che cerca di sopravvivere, mostrando una chimera politica fatta di un giovane filosofo cattolico affiancato da alcuni cavalli di ritorno del Sarkozysmo gravati da morale cattolica, sono in grado di succedergli all’Eliseo.]

Tout va donc très bien pour lui. [ Tutto sta andando bene per lui.]

Choisir le pourrissement, parce qu’on sait qu’il fera notre affaire, même si tout cela dessert le petit peuple, les pauvres, les miséreux, les sans grades et tous ceux qui constituent le fond ontologique de la rébellion des gilet-jaunes, c’est agir comme Attila ou n’importe quel autre chef barbare: c’est opter pour la politique de la terre brûlée. [ Scegliere il torbido, perché sappiamo che farà il nostro interesse, anche se questo serve il piccolo popolo, i poveri, i diseredati, senza gradi e tutti coloro che costituiscono lo sfondo ontologico del ribellione dei gilet-gialli, è agire come Attila o qualsiasi altro capo barbaro: è optare per la politica della terra bruciata.] Après moi, ou sans moi, ou hors de moi, le déluge! [ Dopo di me, o senza di me, o fuori di me, il diluvio!]

C’est donc prendre en otage les Français en croyant qu’ils sont là pour nous et non qu’on se trouve là pour eux. [ È quindi prendere in ostaggio i francesi credendo che loro sono lì per noi e non che noi siamo lì per loro.]  Cet homme qui fait semblant de placer son quinquennat sous les auspices de Jupiter et du général de Gaulle le place finalement sous celui de Peter Pan, cet enfant qui ne veut pas grandir. [ Quest’uomo che finge di porre il suo mandato quinquennale sotto gli auspici di Giove e del Generale de Gaulle lo pone infine sotto quello di Peter Pan, questo bambino che non vuole crescere.]

Pour qui prend-il les gens? [ Come pensa di trattare le persone?]

Il a d’abord méprisé les maires, puis il a prétendu qu’ils étaient le sel de la démocratie, avant de partir à leur rencontre pour leur faire la leçon comme un instituteur d’antan avec sa classe d’élèves en blouse et aux ordres. [ Inizialmente ha disprezzato sindaci, poi ha affermato che erano il sale della democrazia, prima di andare loro incontro per impartire loro la lezione come un ex insegnante con la sua classe di studenti in camicie e agli ordini.] Les premiers magistrats, choisis et triés sur le volet par les préfets payés pour relayer la politique du Président, ceints de leur écharpe tricolore, n’en sont pas revenus que le chef de l’État daigne monologuer devant eux pendant des heures. [ I primi magistrati, selezionati e estratti con cura tra i prefetti pagati per trasmettere la politica del Presidente, cinti con la loro sciarpa tricolore, sono tornati perché il capo dello stato si degna di monologizzare davanti a loro per ore.]

Il a ensuite méprisé les Français, des Gaulois rétifs aux changements, des râleurs éternellement rebelles, des crétins incapables de comprendre la nécessité des changements voulus par sa majesté, au contraire des peuples luthériens du nord de l’Europe, avant d’organiser de faux débats, vrais monologues, tout en délaissant son métier qui est de présider la France et non de militer pour lui-même, sa cause et son succès aux prochaines élections européennes. [ Ha poi disprezzato i francesi, i Galli restii a cambiare, i brontoloni eternamente ribelli, gli idioti incapaci di capire la necessità di cambiamenti desiderati da sua maestà, a differenza dei popoli luterani del nord Europa, prima di organizzare falsi dibattiti, veri monologhi, mentre abbandona il suo lavoro che è quello di presiedere alla Francia e non combattere per se stesso, la propria causa e il proprio successo nelle prossime elezioni europee.]

Il a enfin méprisé les intellectuels qui ne lui léchaient pas les bottes avant d’en inviter une soixantaine triée sur le volet -il est intéressant d’ailleurs de voir qui a été convié. [ Alla fine ha disprezzato gli intellettuali che non leccavano gli stivali prima di invitarne una sessantina scelti a mano: è interessante vedere chi è stato invitato.] Frédéric Lordon, gauchiste en chef, mais subventionné par le contribuable via le CNRS où il est directeur de recherche, l’aurait été et a bruyamment fait savoir qu’il n’irait pas. [ Frédéric Lordon, capo della sinistra, ma sovvenzionato dal contribuente attraverso il CNRS, dove è direttore della ricerca, lo è stato ma a gran voce ha detto che lui non sarebbe andato.] Michel Wieviorka, “sociologue”, mais est-ce vraiment le cas pour ce monsieur qui affirme sans barguigner sur Canal+ que le A entouré d’un cercle est un symbole d’extrême-droite, fait bien sûr partie des élus. [ Wieviorka, ‘sociologo’, ma è davvero il caso per il signore che afferma senza esitazione su Canal+ che A in un cerchio è un simbolo della destra, è, naturalmente, una parte degli eletti.] Après avoir dit qu’il n’y avait pas de culture française, Macron invite donc six dizaines de ses représentants pour débattre avec eux sur France-Culture, haut lieu de liberté intellectuelle s’il en est. [ Dopo aver detto che non c’era cultura francese, Macron invita sei dozzine dei suoi rappresentanti a discutere con loro su France-Culture, un grande luogo di libertà intellettuale, se esiste.] Gageons que débattre avec soixante personnes à la fois le contraindra à une performance longue d’une quinzaine de jours non-stop, à défaut, cette rencontre ne sera rien d’autre qu’une danse du ventre présidentiel devant une assemblée captive. [ Speriamo che discutere con sessanta persone alla volta lo costringerà a una prestazione che durerà quindici giorni senza sosta, in caso contrario, questo incontro non sarà altro che una danza del ventre presidenziale di fronte a un’assemblea prigioniera.] A moins qu’on lui offre la grille d’été sur cette chaîne du service public, le créneau est disponible, je crois, après qu’il eut été occupé pendant seize années par un philosophe viré par ses soins. [ A meno che non gli venga offerta la griglia estiva su questo canale di servizio pubblico, lo slot è disponibile, credo, dopo essere stato occupato per sedici anni da un filosofo trasferito dalle sue cure.]

Il méprise les gilets-jaunes depuis le début et traite leur souffrance par l’insulte: antisémites, homophobes, racistes, xénophobes, incultes, illettrés, avinés, fascistes, lepénistes, vichystes, pétainistes, tout est bon qui permet de dire à ceux qui se sont contentés de manifester leur souffrance sociale qu’ils sont des salauds de pauvres. [ Egli disprezza i gilet gialli dal principio e tratta la loro sofferenza insultando: semita, omofobo, razzista, xenofobo, ignoranti, analfabeti, ubriaco, fascista Le Pen, Vichy, Pétain, tutto è buono ciò che permette di dire a coloro che hanno semplicemente manifestato la loro sofferenza sociale che sono dei bastardi, dei poveri.] Cette maladie sociale que sa politique maastrichtienne brutale diffuse comme une épidémie foudroyante est traitée par lui avec arrogance, suffisance, provocation. [ Questa malattia sociale, che la sua brutale politica Maastrichtiana si diffonde come un’epidemia tuonante, è trattata da lui con arroganza, sufficienza, provocazione.] A quoi bon, sinon, s’afficher en train de boire un coup avec ses amis en terrasse dans une station de ski à l’heure même où Paris brûle? [ Qual è il punto, se non di mostrare di bere un drink con gli amici sulla terrazza in una stazione sciistica nello stesso momento in cui brucia Parigi?]  Plus cynique que cela, tu meurs… [ Più cinico di così, muori …]

Choisir l’humiliation n’est pas de bon profit. [ Scegliere l’umiliazione non è una buona cosa.] Il faut être un demeuré fini pour l’ignorer. [ Devi essere un uomo finito per ignorarlo.] L’un de ces soixante intellectuels choisis par le prince pour lui servir de miroir devrait offrir à ce faux intellectuel vrai cynique un livre que Marc Ferro a publié en 2007 et qui s’intitule “Le Ressentiment dans l’histoire”. [ Uno di questi sessanta intellettuali scelti dal principe come specchio dovrebbe offrire a questo cinico vero falso intellettuale un libro che Marc Ferro ha pubblicato nel 2007 intitolato ‘Il risentimento nella storia’.] Ce livre est rapide, indicatif et vite fait, on l’aimerait avec mille pages de plus tant ses intuitions et ses informations sont justes. [ Questo libro è veloce, indicativo e veloce, vorremmo farlo con migliaia di pagine in più perché le sue intuizioni e le informazioni siano accurate.] Quelle est sa thèse? [ Qual è la sua tesi?] On n’humilie jamais impunément les peuples et l’avilissement un jour génère une réplique toujours. [ Le persone non vengono mai umiliate impunemente e l’umiliazione un giorno genera sempre una risposta.]

A quoi peut bien ressembler cette réplique? [ A cosa può somigliare questa replica?]

Personne ne peut imaginer que ce fameux débat puisse accoucher d’autre chose que d’une souris. [ Nessuno può immaginare che questo famoso dibattito possa dare alla luce qualcosa di diverso da un topolino.] Macron avait prévenu dès le départ que le bavardage national allait avoir lieu mais qu’à son issue, il n’était pas question de changer de cap. [ Macron aveva previsto sin dall’inizio che il pettegolezzo nazionale avrebbe avuto luogo ma che alla fine non si trattava di cambiare rotta.] A quoi bon, dès lors, un débat si l’on fait savoir en amont qu’il ne changera rien à l’essentiel? [ A che serve un dibattito se si sa in anticipo che non cambierà nulla all’essenziale?] On ne pouvait mieux avouer qu’il s’agirait de parler pour ne rien dire. [ Non potrebbe essere meglio ammettere che sarebbe una questione di parlare per non dire nulla.]

Il a nommé des médiateurs, des coordinateurs, des animateurs, il a créé un dispositif pour faire remonter, centraliser, synthétiser les demandes exprimées dans des Cahiers de doléances aux marges étroites et aux contenus guindés, il a trouvé des budgets pour financer tout ça, il a parlé tout seul en prétendant qu’il dialoguait, il a saturé les médias avec sa présence logomachique, il a voyagé partout en France et s’est montré dans les endroits les plus improbables de la province, il s’est fait annoncer et il est venu, il est venu sans se faire annoncer, il a pris des notes devant les caméras qui en profitaient pour effectuer un gros plan rentable d’un point de vue de la communication- cet homme écoute attentivement se disait le péquin moyen, la preuve, il a sorti son stylo…-, il a tombé la veste, mouillé la chemise, fait des bons mots, il a même, rendez-vous compte, pris place auprès d’un gilet-jaune qui arborait sa fluorescence à côté de lui… [ Ha nominato mediatori, coordinatori, animatori, ha creato un dispositivo per rintracciare, centralizzare, sintetizzare le richieste espresse in Cahiers de graces con margini ristretti e contenuti soffocanti, ha trovato budget per finanziare tutto ciò, ha parlato da solo, sostenendo che stava parlando, ha saturato i media con la sua presenza logomachica, ha viaggiato in tutta la Francia e si è presentato nei luoghi più improbabili della provincia, è stato annunciato e è venuto, è venuto senza essere annunciato, ha preso appunti di fronte alle telecamere che hanno colto l’occasione per fare un grande piano redditizio da un punto di vista della comunicazione – quest’uomo ascolta attentamente si dice che il peixe medio, la prova, ha tirato fuori la sua penna …-, ha lasciato cadere la giacca, ha bagnato la maglietta, ha proferito delle belle parole, anche lui, ti rendi conto, ha avuto luogo vicino a un giubbotto giallo che sfoggiava la sua fluorescenza vicino a lui …] Mais on le sait, tout ça ne servira à rien puisque le cap, qui est le bon, sera maintenu! [ Ma sappiamo, tutto questo sarà inutile perché il tappo, che è buono, sarà mantenuto!]

Ce grand enfumage procède de ce qu’en son temps Ségolène Royal avait appelé la démocratie participative sans s’apercevoir que la nécessité de recourir à ce pléonasme était bien la preuve qu’en démocratie le peuple avait cessé de participer… [ Questa grande cortina fumogena deriva dal fatto che a suo tempo Ségolène Royal aveva definito la democrazia partecipativa senza rendersi conto che la necessità di ricorrere a questo pleonasma era la prova che in democrazia il popolo aveva smesso di partecipare …] C’est la même personne, Ségolène Royal, qui avait recruté et appointé le scénariste des Guignols de l’info afin qu’il lui trouve des petites phrases assassines pour truffer ses discours et qui soient susceptibles d’être retenues et reprises par les journalistes. [ è la stessa persona, Ségolène Royal, che aveva reclutato e nominato lo scénariste des Guignols delle informazioni così che trovasse piccole frasi omicide per blandire i suoi discorsi suscettibili di essere riprese dai giornalisti.] Déléguer la démocratie participative à un guignol, fut-il de l’info: tout était dit, déjà… [ Delegare la democrazia partecipativa a un guignolo, era la notizia: tutto è stato detto, già …]

A quoi bon partir à la rencontre des gens dans les sous-préfectures pour leur demander ce qu’ils souhaitent quand on aspire à la magistrature suprême de la Cinquième République, comme madame Royal en son temps, voire quand on s’y trouve, comme monsieur Macron aujourd’hui? [ A che serve incontrare persone nelle sotto-prefetture per chiedere loro cosa vogliono quando aspiriamo all’ufficio supremo della Quinta Repubblica, come la signora Royal ai suoi tempi o quando siamo lì, come Mr. Macron oggi?] La réponse est simple: pour les images des journaux de vingt-heures, il faut en effet laisser entendre par ces mises en scène qu’en choisissant de se trouver au centre d’une assemblée réunie en rond autour du mâle dominant qui feint de jouer le rôle de Gentil Organisateur du Club Med, on écoute, on se renseigne, on prend des avis, on descend dans l’arène, on n’a pas peur, on va au contact et, surtout, qu’on est proche des gens… [ La risposta è semplice: per le immagini di giornali di venti ore, deve essere implicitamente indovinato da queste messe in scena scegliendo di essere al centro di un’assemblea riunita in circoli attorno al maschio dominante che finge di giocare il ruolo di Gentil Organizzatore Club Med, ascoltiamo, otteniamo informazioni, prendiamo consigli, scendiamo nell’arena, non abbiamo paura, entriamo in contatto e, soprattutto, siamo vicini alle persone …]

On peut ne pas souscrire à cette thèse de communicant d’un niveau Bac moins cinq. [ Non si può sottoscrivere questa tesi comunicativa di un livello Bac meno cinque.] Car, une personne qui aspire à ce poste ou, pire, qui s’y trouve déjà et a malgré tout encore besoin de ces rencontres pour savoir ce que pense le peuple avoue clairement de la sorte qu’il ignore la vie de ceux dont il souhaite administrer l’existence et, de ce fait, qu’il ne mérite pas son poste sinon de candidat encore moins de premier élu de la Nation. [ Perché, una persona che aspira a questa posizione o, peggio, chi è già lì e ha ancora bisogno di questi incontri per sapere cosa la gente pensa chiaramente ammette di ignorare le vite di coloro che desidera amministrare l’esistenza e, quindi, che non merita la sua posizione se non addirittura candidato ancora meno da premier eletto dalla nazione.]

Macron dit qu’il écoutera mais n’en fera rien, il l’a dit lui-même; il organise à grand renfort de médias complices cette rencontre sous prétexte d’apprendre ce que veut le peuple; or, les souhaits des gilets-jaunes sont connus depuis le premier jour, bien avant que la pourriture voulue par le chef de l’État ne s’y installe. [ Macron dice che ascolterà ma non farà nulla, lo disse lui stesso; organizza a gran beneficio dei media complici questo incontro col pretesto di apprendere ciò che la gente vuole; Ora, i desideri delle giacche gialle sono stati conosciuti fin dal primo giorno, molto tempo prima che la putredine voluta dal Capo dello Stato fosse stabilita lì.]

Roi de la manœuvre, avec ce Grand Débat national, Emmanuel Macron a créé la diversion parce qu’il en avait besoin pour jouer la carte du pourrissement. [ Re della manovra, con questo Grande dibattito nazionale, Emmanuel Macron ha creato il diversivo perché ne aveva bisogno per giocare la carta del decadimento.] Toute semaine passée sans que les gilets-jaunes ne parviennent à s’organiser jouait en sa faveur. [ Ogni settimana trascorsa senza le giacche gialle siano organizzate gioca a suo favore.] C’était autant de temps utile pour organiser la riposte non pas politique mais policière, qui plus est de basse police: laisser les casseurs agir, laisser faire les dépavages, donc laisser les pavés voler, laisser les Blacks Blocs taguer et piller, laisser les casseurs des banlieues se joindre à ces Black Blocs afin que quelques-gilets-jaunes s’y agrègent afin de disposer d’images de vandalisation à associer aux gilets-jaunes: les Champs Élysées, parfait, l’Arc de Triomphe, mieux encore, des incendies, super, des voitures retournées et en feu, génial… [ Era tanto il tempo utile per organizzare la risposta non politica, ma di polizia, di bassa polizia: lascia agire i demolitori, lascia i saccheggiatori, quindi lascia volare i blocchi, lascia che i Blacks Blocks taggano e depredano, lascia che i demolitori della periferia si uniscano a questi Black Blocks in modo che alcuni giubbotti gialli vengano uniti lì per avere immagini di vandalismo da associare alle giacche gialle: gli Champs Elysees, perfetto, l’Arc de Triomphe, meglio ancora, fuochi, super, macchine alzate e infuocate, geniale …] Roulez BFM & C°! [ Rotolo BFM * C °!] Entre deux soirées en boîtes de nuit, le ministre de l’Intérieur, couvert par les médias, dénonçait ce que le pouvoir avait laissé faire: c’est ainsi qu’on instille le virus dans un corps social. [ Entro due serate in discoteca, il Ministro degli Interni, coperto dai media, ha denunciato ciò che il potere aveva permesso di fare: è così che instilliamo il virus in un corpo sociale.] Il suffit ensuite de laisser faire: incubation, fièvre, symptômes, la maladie est bel et bien là, il n’y a plus qu’à attendre qu’elle progresse, qu’elle empire, puis souhaiter que la mort soit au rendez-vous. [ Basta quindi lasciar fare: incubazione, febbre, sintomi, la malattia è davvero lì, c’è più che aspettare che progredisca, che dia potere, poi auguri che la morte sia all’appuntamento.] Voilà la stratégie de Macron, elle lui permet, en attendant le trépas, d’aller aux sports d’hiver tout en sachant que pareille activité n’est réservée qu’aux privilégiés de cette société malade. [ Questa è la strategia di Macron, che gli consente, in attesa della morte, di andare agli sport invernali pur sapendo che tale attività è riservata ai privilegiati di questa società malata.] Cynique, arrogant, prétentieux, sûr de lui et de sa méthode, quand Paris brûle, il skie… [ Cinico, arrogante, pretenzioso, sicuro di se stesso e del suo metodo, quando Parigi brucia, lui scia …]

Mais, à la manière d’un apprenti sorcier, cet homme qui a lâché les virus pour contaminer ce corps social des gilets -jaunes a pris le risque d’une infection bien plus grande. [ Ma, come un apprendista stregone, quest’uomo che ha fatto cadere i virus per contaminare il corpo sociale dei giubbotti gialli ha rischiato un’infezione molto più grande.] Quand son Grand Débat va accoucher de réformettes sociales (pourquoi pas le retour à 90 km/h sur certaines routes de campagne dont la réglementation en la matière pourrait être rendue aux conseils départementaux ou régionaux comme un signe qu’on donne à la France périphérique le pouvoir qu’elle souhaitait lui voir revenir…), ou de réformes techniques en matière de fiscalité (auxquelles personne ne comprendra rien, sauf les professionnels des impôts), quand il décevra avec des réformes en trompe l’œil (du genre: faux référendum qu’in fine les élus contrôleraient par des dispositions techniques leur permettant de reprendre d’une main ce qui aurait été donné de l’autre), quand, donc, les gilets-jaunes verront que le Président leur offre finalement de la poudre aux yeux pour tout traitement de leurs blessures, alors le ressentiment sera plus grand encore -et avec lui la colère majuscule. [ Quando il suo grande dibattito darà vita a riforme sociali (perché non il ritorno a 90 km / h su alcune strade di campagna la cui regolamentazione in materia potrebbe essere restituita alla contea o ai consigli regionali come segno che diamo alla Francia periferica il potere che voleva che tornasse …), o riforme tecniche sulla tassazione (che nessuno capirà nulla se non i professionisti delle tasse), quando deluderà con le riforme ingannevoli (come: un falso referendum che nei benemeriti funzionari avrebbe il controllo di disposizioni tecniche che permettessero loro di riprendere con una mano ciò che sarebbe stato dato con l’altra), quando, quindi, le giacche gialle vedranno che il Presidente finalmente offrirà ai loro occhi della polvere per qualsiasi trattamento delle loro ferite, allora il risentimento sarà ancora maggiore – e con esso la rabbia maiuscola.]

Et que fera-t-il de cette colère décuplée lui qui a déjà répondu à une moindre colère par une vague de répression tellement disproportionnée que le Haut-Commissariat aux droits de l’Homme à l’Organisation des nations unies, via   Michelle Bachelet qui fut présidente du Chili, lui a fait savoir qu’il installait la France dans le pays qu’internationalement on remarque pour son non-respect des droits de l’Homme? [ E che cosa farà con questa rabbia accresciuta lui che ha già risposto a una rabbia minore con un’ondata di repressione così sproporzionata che l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani alle Nazioni Unite, attraverso Michelle Bachelet che è stato presidente del Cile, lo ha informato che ha inserito la Francia tra i paesi internazionalmente noti per il suo mancato rispetto dei diritti umani?]

La même Michelle Bachelet a formidablement résumé la nature du mouvement des gilets-jaunes en affirmant: “En France, les gilets-jaunes protestent contre ce qu’ils perçoivent comme une exclusion des droits économiques et de la participation aux affaires publiques.” [ La stessa Michelle Bachelet ha riassunto la natura del movimento dei giubbotti gialli, affermando: \”In Francia, le giacche gialle protestano contro ciò che considerano un’esclusione dai diritti economici e dalla partecipazione agli affari pubblici\”.] Pour Emmanuel Macron, on sait qu’il n’en est rien et qu’il s’agit bien plutôt d’un mouvement de factieux d’extrême-droite homophobes, racistes, antisémites, climato-sceptiques et conspirationnistes -autrement dit: une offense faite à sa propre personne… [ Per Emmanuel Macron, sappiamo che questo non è il caso e che è piuttosto un movimento di omofobi di estrema destra, razzisti, antisemiti, scettico-ambientalisti e cospirazionisti – in altre parole: un offesa fatta alla propria persona …]

J’ai eu recours à l’histoire de l’apprenti sorcier. [ Ho usato la storia dell’apprendista stregone.] Rappelons comment elle se termine chez Goethe: le jeune sorcier a besoin de son vieux maître qui arrive pour arrêter le délire. [ Ricordiamo come finisce con Goethe: il giovane mago ha bisogno del suo vecchio maestro che viene a fermare il delirio.] Sauf que, dans notre réalité, il n’y a pas un vieux maître sage en attente (que Sarkozy & Hollande ne rêvent pas…), mais de jeunes sorciers aussi dépourvus de cervelles que le président de la République. [ Solo che, nella nostra realtà, non c’è un vecchio maestro saggio in attesa (che Sarkozy * Holland non sognano …), ma giovani maghi privi di cervello come il Presidente della Repubblica.] C’est désormais violence d’État contre violences populeuses. [ Ora è la violenza di stato contro la violenza populista.]

Le peuple est mort étranglé par Macron en dix-huit semaines. [ Il popolo è morto strangolato da Macron in diciotto settimane.] Ce populicide en chef lui a préféré la populace qui lui doit sa généalogie. [ Questo populicida in capo ha preferito il popolaccio cui deve la sua genealogia.] La populace, c’est le peuple moins son cerveau, c’est la foule reptilienne, la masse acéphale, un corps sans tête, un Léviathan conduit par les instincts; elle est l’animal aux babines retroussées, aux crocs menaçants, aux griffes sorties; elle est faite d’hommes au cortex grillé -elle est aussi et surtout le meilleur ennemi du peuple. [ Il popolaccio è la gente, meno il cervello, la folla rettiliana, la massa acefala, un corpo senza testa, un Leviatano guidato da istinti; lei è l’animale con le labbra arrotolate, zanne minacciose, artigli fuori; è fatto di uomini con una corteccia unta: è anche e soprattutto il miglior nemico del popolo.]

Pour empêcher la naissance de cette bête enragée désormais très dangereuse, il suffisait d’écouter le peuple, de l’entendre dès les premiers jours et de lui répondre dignement. [ Per impedire la nascita di questa bestia rabbiosa ora molto pericolosa, bastava ascoltare la gente, ascoltare i primi giorni e rispondergli con dignità.] C’eut été dans la logique du contrat social qui lie le chef et son peuple par la grâce d’un transfert de souveraineté républicaine synallagmatique -et non unilatéral donc despotique. [ Era nella logica del contratto sociale, che lega il capo e il suo popolo per la grazia di un  trasferimento di una sovranità répubblicana synallagmatica – non un sovrano unilaterale dunque dispotico.]

Au lieu de cela, comme un vulgaire tyranneau de république bananière, il a lancé sa soldatesque. [ Invece, come una volgare tiranno da repubblica delle banane, ha lanciato la sua soldataglia.] Une partie du peuple s’est retirée pour laisser place au ressentiment pur et simple de la populace. [ Una parte della gente si è ritirata per lasciare il posto al risentimento totale del popolaccio.] La bonhomie des ronds-points a laissé place à la logique incendiaire. [ La bonarietà delle rotonde ha lasciato il posto alla logica incendiaria.] Avec ce poison d’une hyper toxicité qu’est le ressentiment, quelques gouttes suffisent pour abattre une civilisation qui se trouve dans l’état de la nôtre. [ Con questo veleno di iper-tossicità che è il risentimento, bastano poche gocce per abbattere una civiltà che è nella nostra condizione.] Loin du général de Gaulle, Emmanuel Macron prend le risque de laisser son nom dans l’Histoire entre ceux de Néron et Caligula. [ Lontano dal generale de Gaulle, Emmanuel Macron si assume il rischio di lasciare il suo nome nella storia tra quelli di Nerone e Caligola.] On retiendra que, quand Paris brûlait, il skiait… [ Ricorderemo che quando Parigi bruciava, stava sciando …]

Michel Onfray [ Michel Onfray]

tratto da https://michelonfray.com/interventions-hebdomadaires/paris-brule-t-il-

Crisi climatica? Quattro importanti parametri che dicono un’altra verità_traduzione di Giuseppe Germinario

Questa settimana abbiamo assistito ad una perfetta combinazione di eventi che ha consentito a tutto il sistema mediatico di suonare in coro la gran cassa dei più potenti stereotipi cui sono aggrappati i circoli del “politicamente corretto”. Una combinazione talmente opportuna da lasciare dubitare della loro casualità. Del primo, legato al problema dei cambiamenti climatici, ne illustreremo la genesi nell’articolo apparso in contemporanea https://italiaeilmondo.com/2019/03/16/terrorismo-climatico_-traduzione-di-gianfranco-campa/. Del secondo, l’efferata strage nelle moschee in Nuova Zelanda, si può ragionare su supposizioni. L’autore della strage è certamente un fanatico razzista; ha agito per altro in buona compagnia; è nutrito da un odio psicotico impressionante; come da copione non ha fatto niente per nascondere il proprio punto di vista e le proprie intenzioni specie sui social network; è difficile quindi che sia passato inosservato agli osservatori delle forze dell’ordine e dell’intelligence. E’ così difficile ed improbabile far scattare la molla omicida nel momento propizio in persone così labili ed infervorate psicologicamente ed ideologicamente?_Buona lettura_Giuseppe Germinario

Crisi climatica? Quattro importanti parametri che dicono un’altra verità

Joe Bastardi · 13 marzo 2019
Per molto tempo ho sostenuto che i climatologi seguono l’andamento sulle previsioni a lungo termine in modo che possano capire meglio gli errori intrinseci al tentativo di prevedere il tempo o il clima. Nel dibattito sul destino del pianeta, dove una parte sta sempre spingendo verso l’isteria, il tempo chiaramente non agisce a favore del messaggio.

I meteorologi prendono lezioni di climatologia e ora viene loro insegnata la narrativa unilaterale del clima; ma in generale i climatologi non devono imparare come prevedere. Se lo facessero, avrebbero dovuto affrontare il peso degli errori. Ho dovuto confrontarmi con il mio; l’ultimo esempio è la pessima previsione di questo inverno passato per il sud-est. Poiché i climatologi non sono esposti alla verifica preventiva, ha portato a un’iniziativa audace che semplicemente spinge un problema perché nessuno lo mette in discussione.

Dalle prove che ho visto, non solo la causa del riscaldamento è discutibile (non c’è dubbio che si scaldi, la domanda è perché si sta surriscaldando), ma gli impatti negativi impliciti sono anche discutibili, perché ci sono esempi concreti di eventi opposti .

Non sto cercando di dire cattiverie. Questa non è la mia missione. La mia missione nello scrivere un pezzo come questo è mostrare ciò che guardo e perché metto in discussione ciò che mi viene detto. Non mi fa bene impegnarmi nel tipo di attività che vedo oggi con un’etichettatura spregiativa. In effetti, sto cercando di andare dall’altra parte.

L’assunzione, ovviamente, è che tutti sono veramente alla ricerca della risposta giusta. Ma se questo è il caso, il messaggio è spinto sino al punto di usare il frutto di un albero avvelenato, in cui i mezzi giustificano i fini? Cosa succede se i fini non sono affatto ciò che si pretende di essere? Se una catastrofe che sta spingendo i bambini a citare in giudizio il governo è effettivamente in corso, perché ci sono parametri importanti opposti rispetto a ciò che viene richiesto?

Da bambino, non avevo interesse a denunciare il governo. Mi è stato dato un libro in cui un intero capitolo era dedicato al clima. Diceva che se la terra si riscaldava, nevicava di più perché il riscaldamento non sarebbe stato sufficiente a prevenire la neve in luoghi molto freddi, e il riscaldamento sarebbe dovuto a più vapore acqueo. E a causa del deflusso di acqua nell’oceano da ulteriore scioglimento della neve, avrebbe avuto inizio un ciclo di raffreddamento. L’ho letto 55 anni fa.

Quando sono arrivato al college, è proprio quello che ci è stato insegnato in climatologia. Naturalmente, il sole è coinvolto, e ci sono persone che sostengono che la bassa attività solare comporti un po’ di glaciazione. Credo che nel corso degli anni sia cresciuto troppo il calore negli oceani a causa dei processi naturali (forse inclusi 200 anni di alte macchie solari) affinché si realizzassero. In breve, vedo un stato di equilibrio naturale del sistema che si verifica e gli umani lo osservano – ogni persona con un modo diverso di vedere le cose. Ho scritto in precedenza sulla prospettiva, e penso che sia molto importante.

Non si può negare che il pianeta sia più caldo ora di quanto lo fosse all’inizio dell’era satellitare, e si vede chiaramente un collegamento con gli oceani. Detto questo, il luogo in cui si verifica il riscaldamento ci dà un indizio sul motivo per cui il pianeta si sta scaldando. Più riscaldamento nelle zone più fredde e più asciutte è una funzione dell’aumento del vapore acqueo, non della CO 2 . Poiché gli oceani si sono riscaldati, c’è più vapore acqueo nell’aria. Comprendo l’argomentazione di feedback sulla CO 2 , ma come affermato in precedenza, di fronte all’intera storia del pianeta, perché non dovremmo mettere in discussione tale argomento?

In ogni caso, uno sguardo al manto nevoso lungo l’emisfero settentrionale mostra l’incremento in corso, che è in linea con la teoria del ciclo climatico naturale.

Quindi, ecco la domanda: se hai imparato qualcosa quando eri giovane e poi lo hai visto accadere di fronte a te, non metteresti in discussione le idee che dicono che è il risultato di qualcosa di diverso? È irragionevole farlo? Perché le grida “niente più neve” che abbiamo sentito nel 2000 non sono state messe in dubbio?

Il back-end del freddo nel periodo DOP 2007-2013 ha prodotto molta siccità negli Stati Uniti. Questa è stata trasformata in un messaggio di perma-siccità, prima in Texas poi in California. E, naturalmente, se guardiamo all’indice Palmer Drought, vediamo che nel 2012 era asciutto.

All’epoca, la mia azienda prese l’iniziativa di sottolineare le somiglianze con gli anni ’50 nelle pianure meridionali. E puntualmente si è trasformato. Lo abbiamo detto perché avevamo interessi non nel cambiamento climatico, ma nel fornire ai clienti idee accurate su dove stavano andando i modelli. Se si versa cemento o si raccolgono raccolti o si devono programmare partite di baseball della Little League, è utile sapere se sarà più secco o più umido della media. Questo è quello che facciamo. Questo è sempre il mio obiettivo principale.

Ma puoi vedere come ciò può entrare in conflitto con un messaggio che dice qualcosa di molto diverso. Se quasi tutti dicono che sei in una condizione di siccità, e una voce solitaria sta dicendo che invertirà, allora qualcuno deve avere ragione e qualcuno deve sbagliare. La mia domanda è perché nessuno si è preso la briga di richiamare l’isteria dopo i grandi anni di siccità. Da allora si è inumidito in California quando la Pacific Decadol Oscillation (PDO) si è riscaldata.

Il risultato è il contrario dell’isteria. Tanto che ora la missiva è troppa pioggia, che ovviamente si invertirà come sempre nei prossimi anni.

Le temperature superficiali del mare sono passate da questo (si noti l’anello freddo nel Pacifico) …

… a questo negli ultimi 5 anni:

Il PDO è un noto driver principale del tempo, eppure le persone che spingono la narrativa della perma-siccità non riconosceranno nemmeno il collegamento diretto.

I tornado sono un grosso problema, ovviamente. Ma su tutta la linea, le metriche mostrano il contrario dell’isteria che viene spinta. La frequenza del tornado diminuisce:

Anche la frequenza dei tornado da forte a violento sta diminuendo:

Avrai sempre una fonte di aria calda per i tornado. Ma se si riscalda di più dove l’ambiente è naturalmente più fresco, diminuisce il potenziale di scontro complessivo. I periodi freddi del passato hanno chiaramente caratterizzato i tornado più forti rispetto ai tempi caldi recenti. Quest’anno pensiamo che il conteggio dei tornado sarà un po ‘inferiore alla media, ma puoi scommettere se sopra o sotto la media, qualsiasi tornado distruttivo verrà rappresentato come prova della catastrofe climatica in cui ci troviamo.

La diminuzione delle morti è un riconoscimento agli uomini e alle donne che stanno aprendo la strada nell’emissione di allarmi. Questo mostra esattamente come adattarsi al tempo con una tecnologia migliore, non provare a cambiare ciò che non possiamo. Hai una possibilità molto migliore di allontanarti abbastanza da salvarti la vita con un avvertimento di 10 minuti rispetto a un avviso di due minuti – il che, ancora una volta, è un grande tributo al progresso fatto nelle previsioni e al grande lavoro fatto da NOAA nel provvedere alla difesa comune. Non posso esagerare abbastanza la mia ammirazione.

Dato che più persone stanno vivendo in pericolo, questo grafico è un dito negli occhi di coloro che affermano che la situazione sta peggiorando.

La tendenza è chiaramente in generale. Eppure, perché i giornalisti mainstream non sono curiosi di questo?

Infine, per quanto riguarda gli uragani, quante volte abbiamo sentito che è peggio che mai? O che l’aberrazione di una stagione attiva è un presagio di disastri futuri?

Il dott. Phillip Klotzbach fornisce questi grafici che mostrano un netto declino nella frequenza degli uragani e dell’intensità degli approdinegli Stati Uniti.

Qualunque giornalista mainstream resisterà alle persone affermando il contrario?

Con l’arrivo della stagione estiva, ci allontaniamo dalla stagione delle nevi per concentrarci su siccità, trombe d’aria e uragani. Riteniamo che sarà una nuova estate umida nel suo insieme per gli Stati Uniti, con la siccità che si terrà sotto pressione – il che, ovviamente, farà crescere l’isteria per la pioggia eccessiva.

Ha piovuto molto in California, quindi indovina un po’? Un’altra grande stagione di incendi boschivi è in arrivo lì come abbiamo dimostrato per voi negli ultimi due anni.

Penso che il conteggio dei tornado sia leggermente inferiore alla norma, ma non è così basso come in altre fonti. Tuttavia, se capita di essere al di sopra del normale, sarà un’aberrazione contro la tendenza.

Prevediamo anche una stagione di uragani inferiore alla media, ma dovresti sapere bene che se ne colpisce uno grande, ne scaturirà l’isteria.

Puoi vedere quanto sono diventate fangose ​​le acque. La purezza di ciò che amo viene distrutta. Come può essere? Vi è stato detto che i numeri sono fuori controllo, tuttavia ho fornito quattro parametri principali secondo i quali chiaramente non è il caso. Non sono un “cherry picking”. Lo sono le persone che insistono sul fatto, che continuano a insistere sul fatto anche se sta accadendo l’opposto, e stanno usando le loro affermazioni per cercare di portare a casa un punto che credo sia basato su un ordine del giorno. Le loro affermazioni sono chiaramente non in linea con gli esempi mostrati sopra. Ecco perché dico alla gente che il dialogo odierno sul clima e le condizioni meteorologiche in realtà ha poco a che fare con il clima e le condizioni meteorologiche. Questa è la più grande vergogna di tutti.


Joe Bastardi, un pioniere in condizioni meteorologiche estreme e previsioni a lungo raggio, contribuisce a The Patriot Post sulle questioni ambientali. È l’autore di “The Climate Chronicles: Scomode rivelazioni che non ascolterai da Al Gore – e da altri”.

intellettuali e popolo, di Andrea Zhok

SU INTELLETTUALI E POPOLO – (PRIMA PARTE)

Il tema del rapporto tra ‘élite’ e ‘popolo’ e quello del rapporto tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’ si è spesso intrecciato nell’ultimo secolo e mezzo, da quando due intellettuali borghesi rispondenti ai nomi di Karl Marx e Friedrich Engles hanno prodotto la più radicale critica sistemica del nuovo “modo di produzione delle élite”, il Capitalismo.

Leggendo recentemente il “Diario di uno scrittore” di Dostoevsky mi sono sorpreso della straordinaria similitudine tra i problemi che in quel testo il grande scrittore si poneva e quelli con cui ci troviamo a trattare oggi. Il testo risale agli anni ’80 del ‘800 e discute insistentemente, quasi ossessivamente, del problema dell’identità del popolo (russo); dei rischi di abbrutimento del popolo medesimo; del contrasto tra dimensione cosmopolita delle élite e radicamento del popolo alla terra; della difficile collocazione degli intellettuali, socialmente spesso prossimi alle élite, ma altrettanto spesso critici delle stesse e delle loro forme di vita inautentiche; del rapporto tra la normatività della tradizione, talvolta ottusa e talaltra saggia, e le pretese emancipative delle élite liberali, talvolta illuminate e talatra nichiliste.

Come osservato più volte, lo sviluppo europeo tra il 1870 e il 1914 presenta davvero analogie fortissime con lo sviluppo innescatosi a partire dagli anni ’80 del ‘900. (Ciò, incidentalmente, non lascia presagire niente di buono.) Ma soprattutto ciò ci dovrebbe mettere all’erta rispetto a quella rilevante massa di intellettuali che, siccome ora smanettano su di uno smartphone e fanno il check-in in aeroporto, pensano di essere di fronte a chissà quale straordinario, inedito, rinnovamento dell’umanità, che ne rende la natura e i problemi incommensurabili con tutto quanto c’era prima.

In quest’ottica il problema annoso del rapporto tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’, quel problema su cui litigavano Vittorini e Togliatti, dovrebbe essere rimesso al centro della riflessione.
Questo per una ragione tanto semplice quanto radicale: le speranze di un popolo, qualunque popolo, dipendono in modo cruciale dal ruolo giocato dai suoi intellettuali.
Questa frase può suonare come ‘presunzione intellettualistica’ o magari come ‘compiacimento inopportuno’, tuttavia esprime un punto forse frustrante, ma ineludibile. Se l’opposizione ‘popolo’-‘élite’ viene sovrapposta all’opposizione ‘popolo’-‘ceto intellettuale’ – tentazione non rara – l’esito non può che essere catastrofico, e specificamente catastrofico per il popolo.

Tutto questo discorso è oggi rischiosamente avvelenato dalla presunzione con cui una ristretta selezione di rappresentanti ortodossi della ‘ragione liberal-liberista’ sono stati imposti mediaticamente come il ceto ‘competente’ per definizione.
Questa sovrapposizione di tutela ideologica di interessi costituiti e di dichiarazione di ‘competenza’, anche quando non viene accolta nel senso di chi la propone, finisce però spesso per creare davvero una cesura percepita, un sospetto che ‘intellighentsia’ e ‘popolo’ siano in qualche modo destinati a muoversi su binari paralleli e incomunicanti (o difficilmente comunicanti). Questo sospetto, questo pregiudizio serpeggia in molte discussioni, in molte contrapposizioni, in molti argomenti che fanno opinione pubblica, dove la stizza nei confronti di criteri epistemici e di solide pezze d’appoggio argomentative è palese.

Come precisamente siano da configurarsi i rapporti tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’ dovrebbe essere oggetto di un’analisi separata, ma una cosa dovrebbe essere tenuta ferma: nessun popolo è in grado di emanciparsi ‘contro’ la ‘cultura dei libri’, ‘contro’ la riflessione economico-sociale, ‘contro’ il sapere storico, ‘contro’ la scienza.
L’idea di sostituire una proficua sintesi tra lavoro intellettuale e lavoro non intellettuale con una qualche idea di ‘popolo’, ‘collettività’, ‘movimento’ o ‘partito’ inteso come un’intelligenza collettiva è un errore fatale, un errore che semplicemente sostituisce, secondo forme note da due millenni e mezzo, la retorica e l’autorità alla ragione e alla ricerca del vero. E ‘ragione’ e ‘ricerca del vero’ non sono qualcosa da plaudire in omaggio a qualche desueta tradizione, ma semplicemente perché restano le armi migliori che abbiamo per far funzionare le cose, che si tratti di processi tecnici e locali o macroscopici e spirituali.

Algeria: dietro le enormi manifestazioni di rigetto della candidatura di Abdelaziz Bouteflika a un quinto mandato, il salto verso l’ignoto è assicurato …, di Bernard Lugan

Qui sotto la traduzione di un bollettino informativo di Bernard Lugan riservato agli abbonati. La situazione in Algeria ormai si sta incancrenendo a dispetto o forse a causa delle enormi riserve di idrocarburi alcune delle quali in via di esaurimento altre immobilizzate dalla situazione di paralisi politica e sociale. La maledizione delle economie monoculturali sta per colpire una nazione dal passato glorioso,in prima linea nei movimenti anticolonialisti, ma incapace di completare il processo di emancipazione. L’Italia dipende in buona parte dalle forniture di petrolio e soprattutto di gas del paese. La gestione delle condotte è in condominio con l’azienda di stato algerina SONATRAC, la quale detiene le partecipazioni azionarie maggioritarie sia dei pozzi che dei dotti_Giuseppe Germinario

L’offerta di un quinto mandato al presidente Abdelaziz Bouteflika, morto-vivente silenziato e paralizzato nelle uscite, legato ad una sedia a rotelle, caduto nel patetico, è molto mal vista in Algeria.

La portata delle manifestazioni di rigetto di questa candidatura e con essa di tutti i profittatori del regime, FLN in testa è tale che, senza svolta, il tempo di sopravvivenza del clan Bouteflika sembra contato. Tanto più che le forze di sicurezza appaiono vinte dal dubbio e che l’esercito non è più monolitico.

In ogni caso, si tratta di  un’Algeria in rovina e divisa che erediteranno coloro che hanno il compito molto difficile di cercare di evitare l’affondamento di un Paese fratturato tra arabismo e berberismo con sullo sfondo gli islamisti in agguato. Come faranno a raddrizzare un paese colpito al cuore dall’esaurimento delle sue riserve di petrolio quando il 60% delle entrate di bilancio e il 95% delle entrate in valuta estera dipendono dagli idrocarburi? Secondo l’Ufficio nazionale di statistica del 12 gennaio 2019, nel corso del 3 ° trimestre 2018, il settore degli idrocarburi nel suo complesso è sceso del 7,8%, petrolio greggio e produzione di gas naturale è diminuito del 3% e la raffinazione del petrolio greggio del 12%.

Il calo di produzione e del corso dei prezzi degli idrocarburi comporta una caduta delle rimesse e la necessità che lo stato attinga alle sue riserve in valuta estera per finanziare le importazioni. L’Algeria non produce nulla o in quantità insufficiente, deve infatti comprare tutto sui mercati esterni, sia per l’alimentazione, che semplicemente l’abbigliamento, gli equipaggiamenti e la cura della popolazione.

Le riserve valutarie dell’Algeria che erano di 170 miliardi di euro nel 2014, prima del crollo del prezzo del petrolio, sono poco più di 62 miliardi nei primi mesi del 2019, secondo le proiezioni, si raggiungeranno 34 miliardi entro il 2021.

In queste condizioni, come può  comprare la pace sociale con la crescita della popolazione che cancella ogni possibilità di sviluppo? Come affrontare un Algeria sul punto di deflagrare con un tasso di disoccupazione giovanile pari ad almeno il 40%, un enorme miseria sociale, un settore industriale inesistente, un’agricoltura in rovina, il sistema bancario d’altri tempi e una amministrazione apoplettica?

Come riavviare l’Algeria saccheggiata dai satrapi della nomenklatura incistata intorno al clan Bouteflika e che tra il 2000 e il 2015, quindi prima del crollo dei prezzi, ha “sperperato”  600 miliardi di $ provenienti dalla vendita di idrocarburi, in ” deflussi “di diverse centinaia di miliardi di dollari più oltre 100 miliardi di dollari spesi” a discrezione dei governi “(El Watan 31 Gennaio 2016), eufemismo delicata che maschera l’opacità della loro destinazione …?

Nessuno vorrà rivendicare una tale eredità, nessuno vuole associare il suo nome con decenni di implementazione delle risorse pubbliche a servizio di un clan familiare; la rottura è quindi annunciata. A beneficio di chi? Il futuro ormai prossimo lo dirà.

Bernard Lugan

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