SCENARIO UCRAINA/ La vera strategia Usa e Nato per indebolire Russia, Ucraina e Ue, a cura di Giuseppe Gagliano

La Nato è a completa trazione angloamericana ed solo uno strumento degli Usa per continuare a logorare la Russia. l’Italia può solo allinearsi

Un accordo sull’Ucraina è inevitabile, ha detto ieri il presidente russo Vladimir Putin, mentre diplomatici russi e americani si incontrano ad Istanbul. Dichiarazioni che si aggiungono all’altalena delle rispettive aperture che vanno avanti da più di un mese tra Washington e Mosca, senza tuttavia creare spiragli reali e modificare il quadro politico, né tantomeno quello dei rapporti di forza.

E l’Europa? “Non riesce a elaborare una strategia anche all’interno della Nato che salvaguardi i suoi interessi e si limita ad assecondare le linee guida anglo-americane. Le quali prevedono che la guerra debba continuare” spiega al Sussidiario Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa. Washington e Londra hanno un obiettivo molto chiaro, logorare la Russia attraverso l’Ucraina, e insieme a questa l’Unione Europea. Tutto questo ha rilevanti conseguenze geopolitiche anche per l’Italia.

Che ruolo potremmo assegnare alla Nato nell’attuale conflitto tra la Russia e l’Ucraina?

La Nato di fatto è a guida anglo-americana e il segretario generale Stoltenberg, ogni volta che parla, conferma che le sue parole sono espressione della politica anglo-americana. E questo è il grande limite dell’Alleanza, di cui il presidente Macron poco più di un anno fa disse che l’Alleanza è in stato di morte cerebrale.

Aveva ragione?

Sì, nel senso ormai rappresenta solo gli interessi degli angloamericani. Il problema si pone nel momento in cui gli europei non riescono a elaborare una strategia anche all’interno della Nato che salvaguardi i loro interessi ma si limitano ad assecondare le linee guida anglo-americane.

E quali sono?

Prevedono che la guerra debba continuare, come d’altra parte hanno detto chiaramente nei mesi scorsi. Non è un’interpretazione, sono dichiarazioni ufficiali. La guerra deve continuare per logorare la Russia, almeno finché Washington non riterrà che sia logorata a sufficienza.

E l’Europa?

L’Europa non si rende conto che l’Ucraina sta di fatto portando avanti gli interessi angloamericani che prevedono di logorare la Russia. E mentre la Russia si logora, l’Ucraina si annienta sul piano economico e sul piano infrastrutturale all’ombra degli americani.

Non dobbiamo dimenticare che la Nato è un’alleanza militare ma anche politica e in questo conflitto ci sono anche interessi economici e geopolitici. Di cosa stiamo parlando esattamente?

L’interesse degli angloamericani è indebolire l’Europa sul piano economico e industriale, vendendoci energia a prezzi dieci volte più alti di quelli che pagano le aziende americane e con misure anti-inflazione che rischiano di de-industrializzare l’Europa. Tutto ciò ci dice chiaramente quale sia l’obiettivo strategico di questa guerra.

Qual è al momento il ruolo dell’Italia all’interno della Nato? In modo particolare, gli investimenti che la Nato sta facendo in Italia sono finalizzati a potenziare l’apparato militare atlantico?

Il problema di potenziare la Nato in Italia o di potenziare l’Italia all’interno della Nato non si pone, perché l’Italia sta seguendo pedissequamente l’impostazione atlantista che Draghi ha esasperato rinunciando al tradizionale ruolo di Roma come “ponte” tra Occidente e Russia.

Questo significa che sia il governo Draghi che, per ora, il governo Meloni si limitano a seguire le indicazioni che provengono da Washington e cioè quello di dare armi all’Ucraina, come fanno d’altra parte quasi tutti gli altri Paesi europei e Nato. Armi che in Molti casi non sono troppo recenti e neppure troppo sofisticate.

Soffermiamoci per favore sulla situazione italiana nell’Alleanza.

Non c’è una posizione italiana diversa da quella che vogliono per noi gli angloamericani. Vale per noi come per tanti altri Paesi. Se di potenziamento possiamo parlare in relazione alle infrastrutture militari, questo è finalizzato semmai a potenziare la strategia americana. Non dimentichiamoci tuttavia che l’Italia, anche se non ricopre una posizione di natura operativa – cioè non è coinvolta direttamente in teatri di combattimento – mantiene un ruolo molto rilevante in Lettonia, Romania, Polonia, Ungheria e Bulgaria, dove sono schierate forze aeree e terrestri italiane insieme a quelle di altri alleati. Un caso a sé stante rimane la Turchia.

Vediamolo in breve.

Pur non essendo nell’Unione Europea, è tuttavia nella Nato e ha chiesto di aderire alla Sco (Shanghai Cooperation Organization), richiesta per certi versi paradossale, perché è come se quarant’anni fa un paese della Nato avesse chiesto anche di aderire al Patto di Varsavia. D’altra parte la Turchia ha sempre rivestito un ruolo di grande autonomia all’interno dell’Alleanza atlantica.

Appunto. Come si spiega tale autonomia?

Non è legata alla ricchezza del Paese – in questo caso la Turchia –, semmai alla capacità della classe politica, che può essere in grado di dare più o meno autonomia ad una nazione all’interno di strutture sovranazionali come quella europea e quella della Nato.

Ha senso parlare allo stato attuale di un accordo tra Russia e Ucraina?

A mio avviso no, non ha molto senso, perché gli ucraini hanno lasciato mesi or sono il tavolo dei negoziati. E lo hanno lasciato perché i loro sponsor, gli angloamericani, hanno detto loro che non dovevano negoziare. L’Ucraina oggi non ha un’autonomia politica e strategica effettiva perché dipende per la sua sopravvivenza sociale, economica e militare dagli aiuti anglo-americani ed europei. di fatto solo Washington può imporre a Kiev di negoziare, considerato che l’Europa ha rinunciato a giocare da protagonista in questa crisi.

La disponibilità di Mosca c’è o no?

C’è, ma è una disponibilità legata a un negoziato che preveda che alcuni territori ucraini vengano ceduti. Quindi la guerra dovrà andare avanti ancora con tutti i rischi conseguenti.

E qui si torna all’Europa.

Sì, perché per noi europei il problema vero è che mentre la guerra va avanti, l’Europa continuerà ad avere numerosi problemi sul piano energetico, economico, sociale e anche della stabilità politica.

La Nato non dovrebbe rivedere la propria strategia?

La Nato si è completamente disinteressata del fianco sud dell’Alleanza, anche se l’Italia spinge per un maggior coinvolgimento proprio su questo fronte. Ma questa esigenza, assolutamente legittima sul piano strategico, non si è mai concretizzata, perché i maggiori azionisti della Nato non sono interessati a rivolgere la loro attenzione al Mediterraneo.

E questo ci riguarda direttamente.

Già negli anni scorsi gli Usa hanno detto all’Italia di occuparsi della Libia, nulla di sorprendente, dal momento che in questa fase storica gli Stati Uniti – insieme naturalmente alla Nato – sono impegnati sul cosiddetto “fianco est” a logorare la Russia. Ma l’Italia non ha dato un contributo militare alla guerra in Libia. Se l’avesse fatto, Tripoli oggi guarderebbe in modo diverso al nostro Paese. È stata semmai la Turchia a dare un contributo militare al conflitto contro le milizie del generale Khalifa Haftar e grazie a ciò ha scalzato l’Italia dalla Tripolitania.

Chi deciderà il destino della Libia?

Egitto, Emirati e Russia. Ma è certamente la Turchia ad avere un ruolo sempre più rilevante, soprattutto perché controlla i flussi migratori, sia del Mediterraneo che quelli balcanici. E per noi rimane di fatto un pericoloso competitore. Non dimentichiamoci che l’attuale presenza turca in Libia, vista da Ankara, si può considerare una rivincita nei confronti dell’Italia, che sconfisse l’impero ottomano nel 1911-12. Inoltre quando i turchi rivendicano una proiezione di potenza nel Mar Egeo, lo fanno perché ancora una volta l’Italia nel 1912 tolse alla Turchia anche il controllo delle isole del Dodecaneso, passate sotto il controllo greco dopo la seconda guerra mondiale.

Dunque nel Mediterraneo Turchia e Italia sono destinate ad essere rivali. Con quali possibili reciproci sviluppi?

Anche se l’egemonia in Libia rimarrà turca, l’Italia sarà costretta sia per ragioni legate agli interessi energetici, sia per la questione migratoria, ad avere obtorto collo ottimi rapporti con la Turchia.

(Giuseppe Gagliano)

https://www.ilsussidiario.net/news/scenario-ucraina-la-vera-strategia-usa-e-nato-per-indebolire-russia-ucraina-e-ue/2454208/?fbclid=IwAR0CIDbt8kigElVBI8csadCokvch04xaOHb0AgMeVVp1PtoTUIjJveuc-QE

Lezioni dal successo e dal fallimento: L’innovazione indigena in Cina nella industria dei semiconduttori Parte 2_di Jacopo1949

Globalizzazione e industria non statale

Il documento 18 e la liberalizzazione del mercato

Il Consiglio di Stato ha emanato “Diverse politiche per incoraggiare lo sviluppo dell’industria del software e dei circuiti integrati” (in cinese: 鼓励软件产业和集成电路产业发展的若干政策), noto anche come Documento 18 del Consiglio di Stato dell’anno 2000 (di seguito, Documento 18), nel luglio 2000, pochi mesi prima dell’adesione della Cina al WTO. Il documento 18 è la prima politica governativa top-down a livello industriale della Cina in forma legale nei confronti di un settore specifico. Per quanto riguarda l’importanza del Documento 18, uno studio del 2003 della U.S. Semiconductor Industry Association ha osservato che: “Con l’eccezione dell’industria automobilistica – un’altra priorità del governo cinese – nessuna misura settoriale specifica comparabile è stata emanata dal governo, un fatto debitamente notato dai funzionari governativi nazionali, regionali e locali”.Si tratta anche di un importante passo avanti rispetto agli interventi una tantum dello stile del Progetto 908/909, con il coinvolgimento diretto del governo nel finanziamento, nella pianificazione e nella gestione di specifiche imprese industriali. Dalla pubblicazione del Documento 18, la politica cinese per l’industria in senso lato si è spostata verso politiche e regolamenti basati su incentivi, più in linea con le economie industriali avanzate. Anche se il Documento 18 e misure simili non impedirebbero completamente l’ingerenza della burocrazia, va notato che i destinatari del Documento 18 sono tutti i livelli del governo (nazionale, provinciale e municipale), non una manciata di burocrati d’élite che svolgono una missione statale. Queste differenze non possono essere sopravvalutate. Lo sfondo del Documento 18 è l’anticipazione dell’ingresso della Cina nell’OMC nel 2001 e le relative restrizioni agli interventi statali nell’economia. Come le precedenti iniziative governative nei semiconduttori alla fine degli anni ’90 (ad esempio, il Progetto 909, la joint venture Huajing-CSMC), la formazione del Documento 18 ha comportato intense consultazioni con esperti di etnia cinese residenti all’estero , scienziati nazionali e consulenti stranieri. I trattamenti speciali e le politiche sperimentali sperimentate nel Progetto 909 hanno costituito la base del Documento 18. Questi principi guida includevano: 1) concentrarsi sullo sviluppo industriale piuttosto che sulla ricerca scientifica; 2) incoraggiare le imprese non statali e private (imprese minying, in cinese: 民营企业); 3) concentrarsi sulla progettazione di circuiti integrati, sul software e sulla produzione di circuiti integrati; 4) incoraggiare il capitale straniero a investire in tutti i segmenti dell’industria dei circuiti integrati, tra cui la progettazione, la fabbricazione, il confezionamento e il collaudo.L’attuazione del Documento 18 ha avuto un inizio difficile a causa della controversa politica di riduzione dell’IVA esterna che ha favorito i produttori locali. In base al Documento 18, i produttori locali di semiconduttori hanno ottenuto uno sconto fiscale del 14% sull’IVA cinese del 17%. Nel marzo 2004, il governo statunitense si è appellato al WTO per la violazione delle regole commerciali da parte della Cina, che utilizzava le tasse per discriminare i produttori esteri. La Cina ha rapidamente ritirato la politica di sconti sull’IVA nell’aprile 2005. Ma gli incentivi monetari offerti dagli sconti IVA non erano comunque significativi. All’inizio degli anni 2000, i parchi di sviluppo ad alta tecnologia istituiti dalle città cinesi offrivano ogni tipo di agevolazione fiscale. In confronto, la riduzione dell’IVA specificata nel Documento 18 era insignificante, a causa del complicato processo di richiesta, e poche aziende di semiconduttori sono state rimborsate dagli sconti.Il vero significato del Documento 18, tuttavia, non risiede nelle agevolazioni fiscali, ma nel chiarimento delle leggi che regolano l’industria dei semiconduttori in Cina. Il Documento 18 ha facilitato la formazione di imprese private e ad investimento straniero in un settore precedentemente considerato sensibile alla sicurezza e in cui l’ingresso di soggetti non governativi era considerato “off-limits”. Nel Documento 18, i responsabili politici cinesi hanno scritto che qualsiasi impresa di semiconduttori operante in Cina avrebbe goduto dei benefici specificati. Hanno incoraggiato gli investimenti stranieri in tutti i segmenti della catena di fornitura, dalla progettazione, alla produzione, al confezionamento e al collaudo. Hanno aperto canali di accesso al capitale nazionale ed estero. Il documento prevede che il governo investa in ricerca e sviluppo, nella formazione di lavoratori qualificati e nella protezione della proprietà intellettuale. La pubblicazione del Documento 18 ha messo in moto una potente ondata di innovazione e imprenditorialità nell’industria cinese dei semiconduttori. All’inizio degli anni 2000, il settore cinese dei semiconduttori ha visto l’ingresso di centinaia di società di progettazione fabless e di una manciata di fonderie pure-play nazionali e straniere che hanno abbracciato con decisione la struttura del settore a disintegrazione verticale. Nel settore della progettazione di circuiti integrati senza fabbrica, il numero di nuovi ingressi è aumentato vertiginosamente nei primi cinque anni del 2000. Per tutti gli anni ’90, l’ingresso di imprese di progettazione di circuiti integrati non ha mai superato le 20 nuove imprese all’anno. Dopo la pubblicazione del Documento 18, il numero di nuove imprese di progettazione è passato da 98 nel 2000 a quasi 471 nel 2004. La maggior parte delle imprese del nuovo settore cinese della progettazione di circuiti integrati è costituita da start-up senza fabbrica che esternalizzano la produzione di chip a fonderie locali e internazionali. Nel settore della produzione di chip, l’afflusso di talenti, tecnologie e capitali stranieri, unito a sovvenzioni aggressive da parte dei governi regionali, ha portato alla creazione di una nuova azienda campione nazionale, la Semiconductor Manufacturing International Corporation (in cinese: 中芯国际) o SMIC, a Shanghai. Dal 2004, SMIC è il più grande e tecnologicamente avanzato produttore di chip della Cina e si colloca tra le prime cinque fonderie a livello globale. Il modello di business di SMIC è quello di una fonderia “pure-play”, che produce chip per aziende di semiconduttori nazionali e straniere, tra cui aziende fabless e IDM. A differenza delle precedenti imprese cosiddette “campioni nazionali”, SMIC è un’azienda non statale con forti legami con le reti di produzione globali.

L’impresa globale SMIC

L’origine di SMIC è riconducibile alla forte influenza degli esperti di etnia cinese residenti all’estero sull’industria nazionale alla fine degli anni Novanta. Il fondatore della SMIC, Richard Ru-Gin Chang, è stato uno dei numerosi industriali consultati dal governo cinese in merito ai progetti 908 e 909. Egli è stato coinvolto nell’acquisizione di Huajing da parte di CSMC e successivamente gli è stato chiesto da funzionari del MEI di gestire la fabbrica da 8 pollici per il Progetto 909. Chang ha costruito una carriera costruendo nuove fabbriche per Texas Instruments. Nel 1997, Chang ha fondato la fonderia World Semiconductor Manufacturing Corporation (WSMC) a Taiwan per competere con il leader del settore TSMC. Nel 1999, gli azionisti di WSMC vendono l’azienda a TSMC contro la volontà di Chang. Allo stesso tempo, funzionari governativi cinesi di alto livello estesero i loro inviti a Chang, convincendolo che, con il sostegno del governo cinese, avrebbe potuto realizzare la sua ambizione di lanciare una fonderia di livello mondiale dalla Cina continentale. Nell’agosto 2000, SMIC è stata fondata nel parco scientifico di Zhangjiang a Shanghai, il più importante parco industriale di semiconduttori. Chang ha messo insieme un team di oltre 300 manager e ingegneri, per lo più di etnia cinese residenti all’estero, reclutati da fonderie e IDM leader negli Stati Uniti, a Singapore e a Taiwan. Per finanziare l’impresa da 1,48 miliardi di dollari, Chang ha raccolto capitali da investitori internazionali, tra cui le società di venture capital Walden International, Vertex Venture Holdings, H&Q Asia Pacific e Goldman Sachs, oltre a vari gruppi aziendali statali cinesi e ai bracci di investimento del governo municipale di Shanghai.L’obiettivo tecnologico iniziale di SMIC era un modesto nodo di processo da 8 pollici e 0,18 micron, ma l’azienda è stata aggressiva nell’aumentare la produzione. Nel gennaio 2002, la fabbrica di Shanghai di SMIC stava già entrando nella produzione di massa. SMIC è un nuovo tipo di impresa che molti studiosi hanno difficoltà a classificare. Essendo registrata nelle Isole Cayman, SMIC è un’impresa a capitale interamente straniero (WFOE) secondo la legge cinese. Sebbene diverse organizzazioni statali e legate al governo cinese detengano azioni della SMIC, la SMIC stessa non è mai entrata a far parte dei maggiori gruppi statali controllati dalla Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà statale del Consiglio di Stato (SASAC). Per questo motivo, alcuni studiosi la classificano come un’azienda di proprietà straniera.Il problema di questa classificazione è che, pur avendo capitale straniero e un managment di etnia cinese residente all’estero, le operazioni della SMIC sono saldamente basate in Cina. Ad eccezione di alcuni uffici all’estero, la SMIC non ha interessi commerciali al di fuori della Cina. L’azienda ha ricevuto ingenti investimenti dal governo cinese, che sono cresciuti nel tempo. L’ovvia contraddizione tra la classe giuridica della SMIC (cioè WFOE) e il comportamento di un’azienda nazionale ha portato a riconoscimenti bizzarri della SMIC. Alcuni studiosi considerano la SMIC un campione nazionale WFOE, descrivendola come un figlio adottivo del governo cinese.Altri sostengono che la SMIC sia simile alla Foxconn, il produttore di elettronica a contratto, in quanto appartiene a una classe unica di imprese a investimento estero gestite da cinesi etnici con una strategia operativa basata in Cina, tranne che per il fatto che Honghai/Foxconn è legata a una società madre estera, mentre la SMIC non lo è.La questione controversa è se la tecnologia avanzata della SMIC possa essere considerata cinese o estera. Tuttavia, nel 2020 è diventato chiaro che SMC è semplicemente un nuovo tipo di multinazionale cinese, poiché il governo degli Stati Uniti è disposto a sanzionare SMIC per la sua capacità attuale e potenziale di far progredire l’alta tecnologia cinese. Nei primi anni di vita, SMIC non era un campione nazionale designato come Huajing o Huahong-NEC fin dall’inizio. SMIC è diventata un campione di fatto solo dopo aver ottenuto vittorie in un’agguerrita competizione nazionale. Nel 2000, Huahong-NEC era ancora il campione nazionale ufficiale, ma il concorrente più forte di SMIC era un’altra fonderia in fase di avviamento, Grace Semiconductor Manufacturing Co. fondata nello stesso anno nello stesso parco industriale. Grace ha profondi legami con il governo cinese e con i gruppi imprenditoriali taiwanesi, dal momento che ha due insoliti co-fondatori: Winston Wang, figlio di Wang Yung-Ching, proprietario del conglomerato industriale taiwanese Formosa Plastics Group, e Jiang Mianheng, figlio dell’ex presidente cinese Jiang Zemin. Forse a causa di questi legami, nel 2001 le banche statali cinesi hanno concesso più prestiti a Grace (800 milioni di dollari) che a SMIC (430 milioni di dollari), fornendo a Grace un capitale iniziale leggermente superiore, pari a 1,63 miliardi di dollari, rispetto al fondo di avviamento di 1,48 miliardi di dollari di SMIC.Mentre il gruppo dirigente internazionalizzato di SMIC è stato reclutato a livello globale, Grace ha attinto dal pool di ingegneri specializzati in semiconduttori di Taiwan. Nonostante le differenze di origine, SMIC e Grace hanno gareggiato utilizzando strategie operative simili.

– Entrambe le aziende hanno puntato sulla tecnologia di processo a 8 pollici e 0,18 micron al momento del lancio, un livello tecnologico modesto, circa due generazioni indietro rispetto ai leader internazionali, anche se erano già più avanzate di Huahong-NEC. Entrambe hanno costruito mega fabbriche di dimensioni enormi con un volume di 100.000 wafer al mese per ottenere economie di scala sufficienti per la concorrenza internazionale. Entrambe le società hanno adottato il modello di fonderia “pure-play” inventato da TSMC, specializzandosi nella produzione di semiconduttori per case di progettazione indipendenti e IDM. All’inizio degli anni 2000, sia SMIC che Grace hanno investito molto nella produzione in outsourcing dagli IDM, una sorta di processo di esportazione con produzione avanzata, in cui le fonderie cinesi hanno importato attrezzature e materiali, hanno utilizzato progetti di IDM stranieri e hanno esportato i chip fabbricati. Gli ordini di outsourcing riempiono rapidamente le fabbriche, ma soprattutto aiutano ad assicurarsi la proprietà intellettuale dalle aziende di outsourcing. SMIC ha ricevuto IP da clienti come Toshiba, TI, Infineon ed Elpida, mentre Grace ha ricevuto IP da SST, OKI, Sanyo e Toshiba.Alla fine, la gara tra SMIC e Grace per il dominio del mercato è stata determinata dal successo commerciale piuttosto che dai legami politici. SMIC ha ottenuto i primi successi aumentando la produzione delle sue prime fabbriche molto più velocemente di Grace. Iniziata la costruzione nell’agosto 2000, la prima fabbrica da 8 pollici di SMIC a Shanghai è entrata in produzione di massa in meno di un anno e mezzo, compreso meno di un anno per la qualificazione del processo a 0,18 micron. Al contrario, Grace ha impiegato circa 21-4 mesi per qualificarsi per il processo da 0,18 micron.Probabilmente, SMIC disponeva di un team più esperto di ingegneri di produzione e di processo. Il collegamento di Grace con la base di competenze taiwanesi è avvenuto principalmente attraverso Nanya, un produttore di chip di memoria di secondo livello che fa capo al Formosa Plastics Group, mentre il team di fondatori di SMIC proviene dai migliori IDM e fonderie di tutto il mondo, tra cui Intel, Charted e TSMC. Come è stato rivelato in seguito nella causa TSMC-SMIC, gli ingegneri reclutati da SMIC hanno portato con sé importanti conoscenze tacite e segreti commerciali, tra cui la conoscenza di “flussi di processo dettagliati … tra cui l’obiettivo del processo e il tipo di apparecchiatura” dalle fonderie rivali.Il vantaggio di SMIC derivante dalla sua rapida accelerazione è stato accumulato non solo in termini commerciali, in quanto ha generato rapidamente entrate, ma anche per assicurarsi un ulteriore sostegno da parte del governo cinese. Quando Grace entrò in produzione nel 2003, SMIC aveva già i suoi stabilimenti di Shanghai pienamente operativi e stava cercando di aggiungere ulteriore capacità. Nel 2002, SMIC ha acquisito gli impianti da 8 pollici di Motorola a Tianjin e, con il sostegno del governo municipale di Pechino, ha iniziato a costruire il primo impianto cinese da 12 pollici a Pechino. Nel luglio 2003, la China Security Regulatory Commission ha allentato i requisiti di redditività triennale per le grandi imprese cinesi (definite con un valore di mercato superiore a 2 miliardi di dollari) per essere quotate alla Borsa di Hong Kong, una mossa ampiamente considerata come favorevole alle fonderie di semiconduttori. Nel marzo 2004, SMIC si è quotata in borsa a Hong Kong e a New York, raccogliendo un capitale aggiuntivo di 1,1 miliardi di dollari. Grazie alle sue enormi dimensioni, che nel 2004 rappresentavano più della metà della capacità di fonderia in Cina, e al sostegno di vari livelli del governo, SMIC è diventata chiaramente il nuovo campione nazionale dell’industria cinese dei semiconduttori. La formazione di SMIC, un nuovo tipo di multinazionale cinese con origini e legami globali a seguito della liberalizzazione dell’industria dei semiconduttori nel 2000, ha contribuito ad accelerare il tasso di aggiornamento tecnologico negli anni 2000. Questo progresso può essere sintetizzato grossolanamente da tre parametri: l’aumento della quota di produzione globale, la riduzione del divario con la frontiera tecnologica internazionale e l’espansione delle capacità di progettazione e produzione di semiconduttori sofisticati. In primo luogo, la quota della Cina nella produzione globale di semiconduttori è aumentata rapidamente negli anni 2000. Nel 2000, l’intera industria cinese dei semiconduttori aveva un fatturato di 2,88 miliardi di dollari, pari a meno del 2% della capacità produttiva globale. Un decennio dopo, grazie agli investimenti del settore privato nazionale, delle multinazionali e del governo cinese, l’industria è cresciuta fino a raggiungere un fatturato annuo di 38 miliardi di dollari, pari al 10,5% della capacità produttiva globale. Poiché l’industria cinese è emersa in un contesto di espansione delle catene del valore globali e di specializzazione verticale, le aziende cinesi hanno adottato il modello della fonderia dedicata, portando a una presenza eccessiva nel settore della fonderia. Dalla metà degli anni 2000, la Cina continentale è già diventata il secondo fornitore di capacità di fonderia, dopo solo la Taiwan.Alla fine degli anni 2020, tra le più grandi fonderie pure-play del mondo, SMIC si colloca tra le prime cinque, mentre Huahong Group è tra le prime dieci. In secondo luogo, negli anni Duemila, SMIC, in qualità di azienda leader cinese, era molto più vicina alle frontiere tecnologiche rispetto a qualsiasi altra azienda cinese. A metà degli anni Novanta, dopo diversi cicli di importazioni e trasferimenti di tecnologia, la tecnologia dei semiconduttori cinese era ancora un decennio indietro rispetto al mainstream. Il progetto statale 908/909 intendeva avvicinarsi alle frontiere tecnologiche, ma entrambi i progetti hanno incontrato grandi difficoltà nel creare imprese capaci di sostenere l’aggiornamento. Con l’emergere di aziende collegate a livello globale, il divario si è infine ridotto a una generazione o a un anno e mezzo circa alla fine degli anni 2000.Infine, le aziende cinesi di semiconduttori sono diventate produttori sofisticati di chip per computer veramente moderni per usi industriali e di consumo. A metà degli anni ’90, la principale azienda nazionale, Huajing, progettava e produceva principalmente dispositivi discreti, come transistor e diodi. Nel Progetto 909, il governo cinese ha dovuto organizzare un trasferimento di tecnologia da NEC per acquisire le tecniche di progettazione e produzione di chip IC per Smart Card, un tipo di chip di base piuttosto semplice e a basso costo nell’elettronica moderna. Grazie a Huahong-NEC, i cinesi sono diventati capaci di produrre in massa chip DRAM di base a un livello di qualità accettabile. A metà degli anni 2000, SMIC era in grado di offrire un’ampia gamma di capacità per produrre in serie varietà di chip per telecomunicazioni, multimedia e computer per clienti stranieri e nazionali. Si tratta di un progresso notevole: la produzione di DRAM di base consiste nel fabbricare ripetutamente progetti relativamente semplici, ma i circuiti integrati per applicazioni specifiche hanno progetti unici e personalizzati per ogni applicazione, che spesso richiedono alle fonderie di lavorare a stretto contatto con le case di progettazione per sperimentare e perfezionare i processi.

In terzo luogo, sebbene SMIC abbia fatto avanzare la tecnologia cinese più vicino alla frontiera tecnologica rispetto a qualsiasi altra azienda, SMIC si è comunque affidata pesantemente al trasferimento di tecnologia e alle licenze dall’estero per passare a ogni nuova generazione di nodi di processo per tutti gli anni 2000. I partner di SMIC per le licenze in ogni generazione di nodi di processo includono la giapponese Toshiba (per la logica a 0,13 micron), la giapponese Fujitsu (per le DRAM a 0,22-0,11 micron), la giapponese Elpida (per le DRAM a 90 nm e 100 nm), la tedesca Infineon (DRAM a 80 e 90 nm), Chartered di Singapore (per la logica a 0,10 micron) e IBM (per la logica CMOS a 45 nm). Questi accordi di licenza, da un lato, hanno permesso a SMIC di recuperare rapidamente il ritardo con bassi rischi di innovazione. Questo è il modello operativo che Dan Breznitz e Michael Murphree hanno descritto come il modello “Run of the Red Queen”: Le aziende cinesi sono brave a seguire velocemente i modelli di business e le tecnologie collaudate senza correre il rischio di spingersi oltre le frontiere tecnologiche.D’altra parte, questi accordi di licenza dipendono da relazioni intricate nell’industria globale che possono facilmente andare storte. I partner di SMIC per le licenze tecnologiche erano produttori di chip di memoria europei e giapponesi, tra cui Infineon, Fujitsu ed Elpida (nati dalla fusione delle attività DRAM di NEC e Hitachi), che concedevano in licenza le tecnologie di progettazione e di processo delle DRAM esternalizzando le produzioni a SMIC. In questi accordi, le licenze tecnologiche fanno parte di accordi di esternalizzazione della produzione che hanno esteso le protezioni dei diritti di proprietà intellettuale ai produttori a contratto. Tuttavia, questi produttori di chip di memoria si sono affidati all’outsourcing per ridurre i costi, perché erano già in svantaggio competitivo sul mercato. Nel 2007, SMIC aveva già abbandonato il settore dell’outsourcing per i produttori di DRAM, citando il “calo dei prezzi delle DRAM”.Nel giro di pochi anni, Infineon, Fujitsu ed Elpida sono uscite dal settore delle DRAM. Con il cambio di marcia di SMIC, che si è concentrata sulle sue attività di fonderia nella produzione di chip logici, è diventato sempre più difficile per SMIC acquisire IP da IDM e fonderie rivali. Nel 2007 SMIC ha ottenuto la licenza per il processo logico a 65 nm da IBM, ma a causa delle restrizioni del portafoglio IP di IBM, SMIC non può modificare il processo senza perdere le protezioni IP di IBM. Tuttavia, in qualità di fornitore di servizi di fonderia, SMIC compete nel fornire variazioni e personalizzazioni nelle tecnologie dei nodi di processo. Nello sviluppo del processo logico a 40 nm di nuova generazione, SMIC ha dovuto svolgere più attività di ricerca e sviluppo interne e ha sviluppato un portafoglio di proprietà intellettuale. Di conseguenza, il processo a 40 nm di SMIC è entrato in produzione di massa solo nel 2013, con almeno cinque anni di ritardo rispetto a TSMC. All’inizio degli anni 2010, l’apparente divario tra SMIC e i leader tecnologici all’avanguardia si è nuovamente ampliato. Nel 2009, il cofondatore e CEO di SMIC Richard Chang è stato costretto a dimettersi per aver perso le cause legali con TSMC. Purtroppo, gli investimenti aggressivi e il modello di recupero di SMIC nel primo decennio dipendevano fortemente dalla leadership di Chang. Con il dipartimento di Chang, i dirigenti successivi non sono stati in grado di formulare strategie coerenti né di mantenere un’organizzazione integrata, portando a un decennio di stagnazione. Con la partenza di Chang, è emersa la complicazione intrinseca della struttura azionaria internazionalizzata della SMIC. Questa struttura aveva permesso all’azienda di assicurarsi finanziamenti, talenti e clienti globali. Ma richiedeva l’integrazione di interessi diversi e talvolta incompatibili all’interno dell’azienda, in particolare i conflitti tra capitale statale, management internazionale e ingegneri locali. Nel 2009, David N. K. Wang, ex dirigente di Applied Material ed ex amministratore delegato di Huahong, è diventato amministratore delegato di SMIC. Sotto la guida di Wang, SMIC ha abbandonato l’espansione della capacità produttiva, ha interrotto gli accordi per la gestione delle fabbriche di Chengdu e Wuhan ed è tornata a registrare profitti in due anni. Tuttavia, la vendita della fabbrica di Chengdu a Texas Instruments nel 2010, soprattutto con il trasferimento di circa 300 ingegneri di SMIC, ha provocato insoddisfazione all’interno di SMIC. Il 27 giugno 2011, il presidente del consiglio di amministrazione di SMIC, Jiang Shangzhou, un alto funzionario governativo che bilanciava gli interessi all’interno dell’azienda, è morto improvvisamente per malattia. Due giorni dopo, il principale azionista statale, Datang Telecom, ha chiesto le dimissioni di David Wang e ha sostenuto l’assunzione del ruolo di Chief Operation Officer (COO) Yang Shining (o Simon Yang). La lotta tra l’amministratore delegato David Wang, sostenuto da capitali internazionali, e Simon Yang, appoggiato da Datang, è uscita allo scoperto. Alla fine, sia Wang che Yang sono stati costretti a dimettersi. Ma circa 100 ingegneri della fazione radicale si sono dimessi con Yang e si sono uniti a lui per avviare la ricerca e sviluppo della memoria flash NAND 3D a Wuhan Xinxin. Sulla base delle fondamenta di Xinxin, Simon Yang è stato successivamente sostenuto dalla Tsinghua Unigroup, di proprietà statale, per fondare la Yangtze Memory Technologies, una forza importante nel recupero della Cina nella tecnologia della memoria. Alla SMIC, le turbolenze del 2011 hanno portato a una pesante perdita di 165 milioni di dollari nel quarto trimestre dell’anno, la più grande dalla sua fondazione. Nell’agosto 2011, Chiu Tzu-yin è stato nominato nuovo CEO. Chiu è stato un membro del team fondatore di SMIC, ha studiato negli Stati Uniti presso gli AT&T Bell Labs e ha ricoperto posizioni chiave in TSMC. Nel 2003 Chiu ha lasciato SMIC per assumere la posizione di CEO di Huahong-NEC, dove ha contribuito in modo determinante alla trasformazione di Huahong-NEC in una fonderia pura. Dopo il ritorno a SMIC, Chiu ha continuato a enfatizzare i nodi di processo maturi per la redditività e ha sostanzialmente rallentato il ritmo di recupero. Sotto la guida di Chiu, SMIC si è concentrata maggiormente sulla varietà dell’offerta di servizi di fonderia e sulle esigenze delle case di progettazione locali. Dopo l’uscita dalla DRAM, l’attività di SMIC si è fortemente concentrata in due aree: i circuiti integrati di comunicazione (ad esempio, reti mobili e computer) e l’elettronica di consumo (ad esempio, carta multimediale, TV digitale, assistente digitale personale (PDA)). Queste aree sono quelle in cui eccellono le case di progettazione fabless nordamericane e cinesi. Dal 2012, SMIC opera con profitti sostenuti. Il nuovo motore di crescita di SMIC è il boom del settore della progettazione di semiconduttori a livello nazionale, guidato dalla domanda locale di elettronica di alta qualità e a basso costo. Fin dall’inizio, SMIC ha adottato una strategia per sostenere le aziende nazionali senza fabbrica, ma la strategia ha dato i suoi frutti solo nel 2015. Nel 2005, SMIC ha prodotto il primo chip di banda base 3G in Cina basato su un nodo di processo da 0,13 micron per lo standard indigeno TD-SCDMA, ma allora i clienti nazionali rappresentavano solo l’otto per cento del fatturato di SMIC. La quota dei clienti della Cina continentale è cresciuta gradualmente dal 20% nel 2009 a quasi il 50% nel 2016 (Figura 4.2). Nel 2015, le aziende nazionali di progettazione di semiconduttori hanno superato le aziende nordamericane diventando sia la principale fonte di reddito di SMIC sia il più grande gruppo di utenti per i nodi avanzati (definiti da SMIC come processo a 90 nm o inferiore). Mentre i clienti cinesi di SMIC tendono a progettare chip in nodi meno avanzati, Chiu ha collaborato con successo con Huawei per produrre chip di fascia bassa presso SMIC e nel 2015 ha formato una joint venture tra Huawei, Qualcomm, IMEC e SMIC per sviluppare la tecnologia logica a 14 nm.

Nel 2014, il governo cinese ha avviato il suo ultimo ciclo di investimenti statali nell’industria dei semiconduttori. A settembre è stato istituito il National Integrated Circuit Industry Investment Fund (noto anche come Big Fund), con un fondo totale di oltre 100 miliardi di RMB da investire in particolare nei settori della fabbricazione di circuiti integrati (47,8%) e della progettazione di circuiti integrati (19,7%). SMIC è il maggior beneficiario del National IC Fund, ricevendo un totale di 21 miliardi di RMB in investimenti azionari. L’iniezione di capitale statale ha sollevato SMIC dalle pressioni finanziarie, ma la pressione politica per far progredire le tecnologie dei semiconduttori cinesi è aumentata. Alla fine del mandato di Chiu Tzu-yin, la mancanza di un impegno a lungo termine per recuperare il ritardo aveva portato a un crescente divario in termini di tecnologie e di scala con la fonderia leader TSMC, anche se SMIC era diventata redditizia per anni. Nel 2017, SMIC era solo un decimo di TSMC in termini di fatturato e, mentre TSMC era pronta a produrre in massa chip a 7 nm per Apple e Huawei, SMIC stava lottando per l’avvio del processo a 28 nm, un nodo tecnologico in ritardo di almeno quattro generazioni rispetto a TSMC. Nel 2017 Chiu ha lasciato il posto a due co-CEO: Zhao Haijun, un insider di SMIC dal 2010, e Liang Mong Song, l’ex direttore di TSMC che ha aiutato Samsung a sviluppare i processi a 16 e 14 nm. Con l’arrivo di Liang, SMIC ha finalmente fatto breccia nella tecnologia FinFET a 14-nm. Tuttavia, quando i nodi a 14-nm di SMIC entreranno in produzione di massa alla fine del 2019, il ritardo rispetto a TSMC sarà di quasi sei anni. L’ulteriore sviluppo tecnologico di SMIC sarà impegnativo. Nel dicembre 2020, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha aggiunto SMIC all’elenco delle entità della BRI, dopo che il Dipartimento della Difesa ha dichiarato che SMIC è una società “posseduta o controllata” dall’esercito cinese. Queste sanzioni vietano a SMIC di acquistare attrezzature e materiali con tecnologie americane senza una licenza del governo statunitense. In particolare, SMIC non potrà acquistare attrezzature per la produzione di semiconduttori avanzati con nodi da 10 nm o superiori. Con le precedenti sanzioni a Huawei, a SMIC è stato anche vietato di lavorare con Huawei e le sue filiali, un importante cliente nazionale che ha la domanda e l’esperienza per i nodi avanzati di SMIC. Queste sanzioni hanno avuto effetti collaterali anche sull’integrazione organizzativa di SMIC. Alla fine di dicembre 2020, una lettera di dimissioni di Liang Mong Song è circolata bruscamente su Internet, aumentando le speculazioni sul fatto che Liang fosse diventato meno utile in quanto SMIC non è in grado di progredire al di sotto dei nodi a 10 nm. Alla fine, Liang è rimasto dopo che SMIC ha offerto ai suoi dipendenti più importanti delle stock option nel maggio 2021. Tuttavia, questi recenti sviluppi evidenziano le sfide che ci attendono: per entrare nelle tecnologie avanzate dei semiconduttori con nodi a 10 nm e inferiori, SMIC non può più fare affidamento sui principali fornitori stranieri di apparecchiature per trasferire le tecnologie, un vantaggio di cui ha goduto a lungo come seguace. Al contrario, SMIC deve collaborare con produttori di apparecchiature di secondo livello, non americani, per innovare nelle nuove generazioni di nodi di processo, un compito difficile che richiede la capacità di integrare le competenze tra le organizzazioni di SMIC e dei suoi fornitori. Sebbene lo Stato possa esercitare pressioni politiche e incentivi finanziari per spingere SMIC a innovare, non è chiaro se SMIC sia in grado di affrontare queste sfide come un’impresa innovativa, ossia formulando una strategia di investimento valida ed eseguendola con un’organizzazione integrata.

https://jacopo1949.substack.com/p/lezioni-dal-successo-e-dal-fallimento-437

Ucraina, il conflitto 22a puntata_il regime Con Max Bonelli e Stefano Orsi

Questa volta lasciamo da parte la cronaca militare per soffermarci su alcune caratteristiche e comportamenti del regime ucraino. Con l’accentuarsi della durezza del conflitto, si stringe la morsa del regime. Con esso emergono gli aspetti più torbidi e l’impronta ideologica sempre più marcata e dissonante dalla narrazione che ci viene propinata quotidianamente. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v204u3k-ucraina-il-conflitto-22a-puntata-con-stefano-orsi-e-max-bonelli.html

Peter Pan va in Ucraina, di AURELIEN

L’infantilizzazione della cultura occidentale nell’ultima generazione o giù di lì è una realtà accettata e spesso discussa. Ma credo che abbia avuto un impatto molto maggiore sulla politica occidentale di quanto pensiamo, e che spieghi buona parte del caos ucraino. Ecco perché.

Un sabato o due fa, nel clima freddo e piovigginoso di un inizio inverno nell’Europa continentale, sono uscito per fare un po’ di shopping nelle vicinanze, indossando cappotto, cappello e guanti. Nei negozi e nelle strade ho incrociato altri locali, da soli, in coppia o con bambini. In tutti i casi, gli uomini erano vestiti da bambini. Molti indossavano persino pantaloncini.

Suppongo di essere stato solo sorpreso di essere sorpreso. La strisciante infantilizzazione della cultura popolare è ormai così pervasiva da sembrare normale. Ci aspettiamo che gli adulti si comportino in modo leggermente diverso dai loro figli, e che la cultura popolare si concentri principalmente sulle banalità adolescenziali e su cose che non richiedono un uso serio del cervello. Questo mi ha colpito per la prima volta guardando il feed di notizie del Guardian qualche giorno fa e ricordando che il Grauniad(come era affettuosamente chiamato per i suoi famosi errori di stampa) un tempo era un vero giornale con notizie vere, che compravo ogni giorno da decenni con i miei soldi. In questi giorni, sfoglio i titoli alla ricerca di qualcosa che potrebbe davvero valere la pena leggere. È essenzialmente una fonte multimediale per adolescenti ora, o almeno il tipo di adolescenti che avevamo quando ero adolescente. Presenta: un sacco di storie di sport, intrattenimento, musica popolare, viaggi, sesso e interesse umano, punteggiate da capricci di vari rappresentanti di IdiotPol. Dovresti lavorare sodo per scoprire effettivamente qualcosa di utile sul mondo da esso. Ma questo è solo un esempio: ogni volta che vado su YouTube per guardare uno dei canali a cui mi iscrivo, devo passare davanti alla pagina di Benvenuto con la sua lista di video consigliati, la maggior parte dei quali sembra essere rivolta a persone con un’età mentale di circa dodici anni. E questo è il paese di Molière e Proust.

OK, non ho intenzione di continuare a parlare di come le cose siano peggiorate da quando ero giovane (anche se oggettivamente lo hanno fatto), ma piuttosto di speculare su come questo declino abbia influenzato la nostra cultura, e in particolare la nostra politica. Per esempio; nessuno, credo, può non aver riconosciuto la petulanza infantile, il broncio infantile e il pio desiderio che hanno caratterizzato l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti della crisi in Ucraina. Vale la pena ricordare che Putin e Lavrov sono abbastanza grandi per essere i padri di politici come Macron e Sunak, e c’è una netta sensazione dei due russi come genitori malvagi che dicono ai bambini che non possono avere ciò che vogliono: in questo caso, l’Ucraina . Ma da dove viene questo?

In definitiva, suggerisco, dobbiamo tornare al 1968: le rivolte studentesche di quell’anno erano lotte generazionali travestite da politiche. Quello che volevano gli studenti (per lo più della classe media) era più libertà dai loro genitori, sia quelli veri, sia quelli simbolici come le università. (La più recente mania per la distruzione di statue e la scomparsa di persone morte è solo un’altra manifestazione di rivoluzione simbolica contro i propri genitori.) Gli “eventi” del 1968 hanno avuto molte conseguenze, ma due sono particolarmente rilevanti per questa discussione.

Uno era l’esaltazione della giovinezza come virtù in sé. Le vecchie idee lascerebbero il posto a quelle nuove, l’idealismo giovanile sostituirebbe la prudenza e il cinismo degli anziani, l’energia della giovinezza soppianterebbe l’immobilismo del vecchio. (In altre parole, la cosa genitori/figli di nuovo). Ciò è stato applicato per la prima volta, in modo abbastanza interessante, nel mondo degli affari, e specialmente nel mondo della tecnologia dell’informazione, dove è stato predetto con sicurezza dagli anni ’80 in poi che “i giovani” avrebbero avuto una comprensione istintiva dei computer, e quindi avrebbero continuato a dominare il mondo. Un’intera serie di giovani nerd, da Gates a Zuckerberg, avrebbero trasformato il mondo, per poi trasformarlo di nuovo regalando tutti i soldi che avevano guadagnato. Eppure tutto ciò che veramente distingueva queste persone era che provenivano da ambienti privilegiati e che erano spietati, ambiziosi e molto fortunati. Quando effettivamente gli veniva richiesto di fare qualcosa che non comportasse righe di codice o semplici subdolezze, erano sostanzialmente impotenti. Ricordo di aver visto le foto di Zuckerberg interrogato in qualche forum politico qualche anno fa: sembrava un adolescente spaventato, e per molti versi lo è. Ma si supponeva che i giovani “sconvolgessero” i vecchi modelli di business e quei modelli, abbiamo appreso in seguito, includevano effettivamente la realizzazione di cose che le persone volevano acquistare a prezzi che erano disposti a pagare e trarne profitto. Era così antiquato, rispetto all’entusiasmante mondo dei beni elettronici puramente fittizi, come recentemente perpetrato da quell’idiota americano di cui non mi preoccupo di cercare il nome (Qualche frode bancaria? Qualcosa del genere).

Ma abbastanza rapidamente, la stessa logica ha cominciato ad applicarsi alla politica. Il politico tradizionale è entrato in gioco piuttosto tardi, con l’esperienza di fare prima qualcos’altro. (Anche Kennedy aveva prestato servizio nella seconda guerra mondiale ed era circondato da persone esperte.) In questi giorni, la giovinezza e l’ambizione sono considerate di per sé qualifiche perfettamente adeguate. Il politico di oggi raramente ha fatto prima qualcos’altro di valore (e no, il merchant banking non è qualcosa di valore). La politica è diventata semplicemente un gioco per scalare la scala del partito, da assistente ricercatore a scribacchino di partito a consigliere politico a membro del parlamento a ministro. Non sono richieste qualifiche o esperienze di alcun tipo, motivo per cui gran parte del mondo occidentale è ora gestito da una generazione di pigmei politici che non capiscono che ci sono alcuni problemi che i social media non possono affrontare.

La seconda conseguenza fu l’idea del primato assoluto dei desideri individuali e del potere quasi magico del volere stesso. “Sii ragionevole” dicevano tutte quelle magliette di Che Guevara, “chiedi l’impossibile”. Lo slogan più importante del 1968 era “è vietato proibire”. Quindi il mondo dovrebbe soddisfare tutti i nostri desideri e desideri. Fai ciò che vuoi sarà tutta la legge. I nostri genitori e la società non dovrebbero essere in grado di dettare il nostro comportamento. Quel genere di cose. Ha portato in vari modi all’ossessione New Age con l’idea che “tu crei la tua realtà”, alla convinzione neoliberista che se sei povero e affamato è perché non hai il giusto approccio mentale e, insieme a quell’altro grande slogan del 1968, “creiamo nuove perversioni sessuali!

E quindi non sorprende che la classe politica occidentale abbia un approccio essenzialmente New Age alla guerra in Ucraina. Vogliono davvero sbarazzarsi dell’attuale classe politica russa e sostituirla con persone come loro. E come tutti sappiamo, se vuoi davvero qualcosa abbastanza, lo otterrai. E così l’approccio è di fantasia, dove cose banali come il terreno, il tempo, i numeri, la potenza di fuoco e così via vengono astratte. Soprattutto, non devi dire che i russi stanno vincendo, altrimenti potrebbero farlo. Shhh! Le PMC occidentali vogliono l’Ucraina e vogliono la Russia, e se le vogliono devono averle. È vietato proibire. Quindi si tratta solo di desiderare una stella e battere le mani se credi nelle fate. Oh, aspetta, questo è un pensiero interessante. Ci tornerò tra un minuto.

Parte del problema è che l’infanzia stessa non è più quella di una volta, e molti della nostra attuale generazione di leader politici sono stati cresciuti o fortemente influenzati da cambiamenti nella concezione stessa di cosa fosse l’infanzia e del suo rapporto con il resto della tua vita. Tradizionalmente, l’infanzia era una preparazione alla vita adulta, un momento di apprendimento e socializzazione. I bambini sono entrati nel mondo degli adulti molto presto: i miei genitori sono usciti entrambi per lavorare quando avevano quattordici anni. Sia la scuola che la famiglia avevano lo scopo di prepararti alle “responsabilità” (questa era la parola) della vita adulta. Le scuole insegnavano ai ragazzi come lavorare il legno e alle ragazze come cucinare, perché era quello che la maggior parte di loro avrebbe dovuto essere in grado di fare circa un decennio dopo. I genitori, da parte loro, cercavano di trasmettere competenze pratiche ai figli, e i figli, a quei tempi,fare cose . Ero tutt’altro che pratico, ma all’età di dodici o tredici anni sapevo leggere una mappa, come accendere un fuoco e cucinare cose, come fare un semplice primo soccorso, orientarmi per le strade e svolgere compiti semplici come collegare un tappo. Così hanno fatto tutti gli altri. Sono andato in campeggio e ho aiutato a scavare una latrina, piantare una tenda e cucinare il cibo su un fuoco aperto. (Ho il sospetto che presto avrò bisogno di quelle abilità di nuovo.) I genitori, in generale, avevano una serie di abilità in casa: riparare la lavatrice e l’auto, cambiare i fusibili, sapere come utilizzare al meglio cibo avanzato e rimuovi quella macchia sulla cravatta della scuola. Se vuoi qualche indicazione su quale fosse una figura genitoriale ideale, pensa a Mark Rylance nel film Dunkirk di Christopher Nolan del 2017 : calmo e competente nella sua barchetta, di fronte alle difficoltà e al grande pericolo, sapendo sempre cosa fare. Quando lui e suo figlio salvano un pilota di Spitfire da un aereo che affonda, non hanno il tempo di cercare su YouTube per vedere come farlo.

E la letteratura per ragazzi dell’epoca lo rifletteva: i personaggi erano capaci e, secondo i nostri standard, straordinariamente adulti per la loro età. Nessuno allora pensava che fosse insolito che i personaggi bambini di Enid Blyton andassero in vacanza da soli in una roulotte e vivessero avventure. I bambini avevano libero arbitrio e autonomia nei libri, come nella vita reale. Devo aver letto un numero qualsiasi di storie su un gruppo di bambini, diciamo, che lanciano accidentalmente l’astronave sperimentale a raggi cosmici del padre o dello zio e partono per avventure in tutto il sistema solare. I libri della serie Narnia di CS Lewis (oggi non pubblicabili, sospetto) contenevano in realtà allegorie religiose e bambini che si comportavano come eroi mitici.

I bambini di allora volevano crescere, fare ciò che i loro genitori erano in grado di fare, così come molti adulti oggi vogliono rimanere bambini, o almeno adolescenti permanenti. Ma c’era un altro aspetto di questo processo: la temuta parola “responsabilità”. Crescere significava dover fare tutti i tipi di cose complicate e spesso sgradite, e assumersene la responsabilità, come lamentava Tom Waitstrenta anni fa. La magica Isola che non c’è di Peter Pan in cui potresti rimanere un bambino per sempre era una fantasia confortante, ma alla fine i bambini di Darling sono tornati a casa e senza dubbio sono cresciuti. E crescere significava passare attraverso una serie di tappe riconosciute verso la maturità, spesso segnate da riti di passaggio; come ha sempre fatto, e come fa ancora in molte altre culture. Questo era particolarmente vero per i ragazzi: di questi tempi tendiamo a pensare all’idea del capofamiglia maschile come tutto blah-blah patriarcato blah-blah. Ma in realtà, era molto chiaro ai ragazzi che dovevano “sistemarsi”, trovare un buon lavoro, sposarsi, avere figli ed essere pronti a mantenere la famiglia per tutto il tempo necessario. Le vecchie zitelle erano accettabili, i vecchi scapoli molto meno.

Ora non sorprende che per alcune persone tutto questo sembrasse ingiusto. Perché non potresti divertirti a essere un adulto senza avere la responsabilità? Perché non potresti essere un adolescente per sempre? E questo è in gran parte, infatti, dove la nostra società è andata, poiché le persone crescono biologicamente senza necessariamente passare attraverso le fasi di crescente maturità. Ora, non sono un sociologo o uno psicologo, né mi immagino un critico sociale, quindi non ho intenzione di speculare su come e perché la società si sia infantilizzata in questo modo: mi limiterò a discutere alcuni delle conseguenze. Uno, certamente, è sulla classe politica e sui suoi tirapiedi. È sorprendente, ad esempio, che la maggior parte dei leader politici di questi tempi sia guidata dall’ambizione di diventareun leader, piuttosto che fare davvero qualsiasi cosa: piuttosto come essere votato calciatore dell’anno. Anzi, molti di loro (Sunak è forse l’ultimo esempio) sembrano un po’ sorpresi di trovarsi obbligati a fare cose e prendere decisioni. La vita da adulti non è così divertente come pensavano che sarebbe stata. E come osservarono all’epoca i critici di Boris Johnson, sembrava trattare l’essere Primo Ministro come una specie di scherzoso gioco di ruolo postmoderno, non come un lavoro serio. Per molti politici, infatti, una carriera politica sembra essere solo un modo per fare soldi, un po’ come scambiare beni virtuali. Lo riferisce Le Monde l’altro giorno che su 41 ministri dell’attuale governo francese, diciannove sono milionari. Voglio dire, perché dovresti andare al governo se non per soddisfare i tuoi desideri e fare soldi?

La manifestazione più evidente di questa immaturità di cui ho discusso è il rifiuto di assumersi la responsabilità di qualsiasi cosa. Ora da bambini, ovviamente, decliniamo la responsabilità dove possiamo (“non sono stato io, è stato un ragazzo grande che l’ha fatto ed è scappato.”) Ma parte del diventare adulti era sentire la pressione per davvero assumersi la responsabilità di cose che avevi fatto o non hai fatto. I politici di oggi, però, sono cresciuti in una cultura in cui tutto è sempre colpa di qualcun altro: la menzogna sfacciata che abbiamo visto dalla classe politica occidentale negli ultimi due anni non è solo una normale scivolosità politica e farla franca con quello che puoi, è quasi patologico. In effetti, probabilmente lo èpatologico: è la semplice incapacità di assumersi responsabilità da adulti, e la necessità di ricorrere a menzogne ​​dirette per eluderle.

Di tutti gli ambiti in cui l’infantilismo ha trionfato nella nostra vita politica, il più grande e preoccupante è quello della guerra e della pace. Si tratta principalmente, ma non esclusivamente, di una questione anglosassone, perché nel continente europeo il servizio militare è stato la norma fino a dopo la fine della Guerra Fredda. Un’ampia percentuale della popolazione, quindi, non si era limitata a indossare un’uniforme e portava un’arma, ma era consapevole che avrebbe potuto prestare servizio, o addirittura essere richiamata a prestare servizio, in un’altra terribile guerra. E ovviamente l’esperienza storica europea della guerra (non importa quella russa) è un po’ diversa: andate a visitare Verdun, se dubitate di me. Ma ora è cresciuta una nuova generazione di leader europei per i quali la guerra non è mai stata una minaccia personale, solo una storia in TV da qualche altra parte del mondo.

I nostri riferimenti culturali anglosassoni sulla guerra non provengono semplicemente dalla seconda guerra mondiale, ma, cosa molto più importante, da trattamenti popolari che vengono assorbiti durante l’infanzia e raramente modificati con l’avanzare dell’età. Ora in Europa, invece, le storie familiari includono parenti maschi uccisi in prima linea o trascorsi anni nei campi di prigionia, combattendo nella Resistenza, collaborando, prendendo parte a terribili atrocità o semplicemente scomparendo. Tra loro ci sono le parenti donne in fuga con i figli sotto le bombe, che tirano su famiglia da sole o che hanno anche un ruolo nella Resistenza o nel mercato nero. Includono famiglie lacerate da differenze politiche e membri che si uniscono a schieramenti diversi, così come intere comunità cacciate dalle loro case e paesi alla fine della guerra. I bambini europei, in generale,

Non è proprio la stessa cosa nel mondo anglosassone. Le forze britanniche combatterono solo brevemente contro i tedeschi, le forze statunitensi ancora meno. L’esercito che fu evacuato da Dunkerque nel 1940 era di professionisti. Gli eserciti di leva britannici e americani hanno combattuto con onore in Nord Africa e in Italia dal 1942, ma solo in numero molto ridotto. Gli eserciti che sbarcarono in Normandia nel 1944 erano ancora molto ridotti rispetto a quelli del fronte orientale. Patton, il più famoso generale alleato, non ebbe mai più di 100.000 uomini al suo comando. L’Armata Rossa ha perso più vittimedurante l’operazione Bagration nel 1944, quando distrusse il German Army Group Center, infliggendo circa 400.000 vittime all’invasore. La vastità della guerra in Oriente, le distanze e i massicci eserciti coinvolti, così come la natura industriale e di logoramento dei combattimenti, sarebbero andate oltre la comprensione anglosassone in seguito, anche se il ruolo sovietico nella sconfitta della Germania nazista avrebbe potuto sono state politicamente riconosciute. (Da qui, tra l’altro, la totale incapacità di capire come si combatte oggi la guerra in Ucraina.)

La versione della guerra con cui sono cresciuti coloro che sono nati subito dopo (e che ha creato le norme per pensare alla guerra nel suo insieme) è rimasta sostanzialmente stabile da allora e ha resistito agli sforzi di generazioni di storici per sfumarla. Abbiamo imparato a conoscere la guerra dalla generazione dei nostri genitori, ovviamente, ma anche dal tipo di riviste che i ragazzi leggevano in quei giorni, e che erano praticamente il momento clou della mia settimana quando sono arrivate. Avevano nomi come Wizard Hotspur, e presentava, sorprendentemente per gli standard odierni, forse diecimila parole di storie per numero con poche illustrazioni. Una era sempre una storia di guerra, anche se poche persone sono state effettivamente uccise. Tali riviste, insieme alla prima ondata di libri sulla guerra e ai film di guerra in bianco e nero a basso costo da guardare la domenica pomeriggio, hanno costituito l’educazione di un’intera generazione sulla guerra, e le norme stesse sono sopravvissute più a lungo. o meno intatto nella cultura popolare fino ad oggi.

La guerra fu presentata come un affare di piccola scala, di incursioni di commando, missioni di bombardamento, fughe di prigionieri e operazioni di resistenza, come del resto fu per la maggior parte del tempo per gli anglosassoni. Di conseguenza, l’intero progresso della guerra, riflesso nella cultura popolare, era molto sconcertante: dopo che avevano invaso l’Europa, sembrava che il morale tedesco fosse stato distrutto dai bombardamenti e dagli effetti psicologici di così tanti prigionieri in fuga, prima degli inglesi ( con l’aiuto di Stati Uniti e canadesi) sciamarono a terra per guidare fino a Berlino nel 1944. E questo è il modello che è sopravvissuto nella cultura popolare fino ad oggi: uno sguardo al sito di Amazon rivela che i libri più venduti e più popolari sul mondo War II riguarda ancora audaci incursioni, piccole unità, esperienze personali e rivelazioni sorprendenti.in realtà ha vinto la guerra contro la Germania, è molto più noioso e non vende molte copie. Da qui anche forse le acrobazie come far saltare in aria i ponti in Crimea, con i loro echi di temerarietà nella seconda guerra mondiale. (Vedo che al momento c’è una serie della BBC sulle origini dello Special Air Service: molto appropriato.)

La relativa purezza dell’esperienza anglosassone – nessuna invasione, nessuna collaborazione – ha reso facile per i bambini giocare ai soldati, come fanno ancora. (L’unico problema imbarazzante era chi avrebbe interpretato i tedeschi.) Negli ultimi anni, questa mentalità si è diffusa praticamente ovunque in Occidente e il pacifismo, un tempo un movimento potente, ora è essenzialmente moribondo. In particolare, i movimenti sociali progressisti e gli umanitari, un tempo bastioni del pacifismo, hanno ora abbracciato con gusto il militarismo interventista. Sfortunatamente sono ancora ignoranti sulle questioni militari come sempre, e traggono le loro idee in questi giorni dalla cultura popolare giovanile dei film sui supereroi e dal feticismo delle armi. (Coloro che chiedevano a gran voce una “No-Fly Zone” sull’Ucraina presumevano chiaramente che fosse un incantesimo tratto da un libro di Harry Potter.)

La convinzione che esistano risposte magiche a problemi reali nel mondo non è nuova, ma è diventata molto più potente negli ultimi anni, poiché il controllo e l’influenza su questioni di guerra e pace sono passati sempre più nelle mani di coloro che ne sanno poco o. Vogliamo che le crisi e i conflitti internazionali finiscano come fa Star Wars , con i buoni che vincono, e andremo agli estremi per sospendere la nostra incredulità, così da evitare di affrontare la realtà. Vogliamo credere che ci siano poteri che faranno andare le cose come vogliamo noi, siano esse super-armi o supereroi. Mezzo addormentato durante un lungo volo alcuni anni fa ricordo i primi minuti di un film —ho poi scoperto che si trattava di Watchmen—che ritraeva una storia alternativa in cui un singolo supereroe americano sconfisse i vietcong e cambiò il corso della storia. Se solo ciò potesse accadere in Ucraina…

Quindi, quando in questi giorni si svolgono incontri internazionali sull’Ucraina, è utile pensarli come raduni di eterni bambini, giocare a giochi fantasy collaborativi come Dungeons and Dragons e condividere le loro ultime acquisizioni di modelli militari e film di supereroi. L’Ucraina è la nuova Isola che non c’è, e il nuovo Capitan Uncino è… beh, devo proprio dirtelo? Alla fine i bambini Darling dovettero tornare a casa, perché non volevano rimanere bambini per sempre. Ma i politici di oggi, per i quali l’infanzia è fine a se stessa e non più una preparazione alla vita reale, possono restare nell’Isola che non c’è più a lungo di quanto possano restare i loro paesi interi.

Le leadership politiche in Occidente in questi giorni esistono in un mondo fantastico infantile permanente, un’illusione collettiva basata su modelli culturali tramandati loro, in molti casi da prima che nascessero. La vita reale è troppo impegnativa e troppo noiosa, quindi al momento stanno guardando un film d’azione pieno di emozioni. In passato, Hollywood ha aspettato un intervallo decente prima di riciclare conflitti reali come film d’azione stupidi. In questo caso (con l’aiuto di un attore di Kiev) avviene in tempo reale. Heroes of Kiev , classificato PG, sta trasmettendo sulla tua televisione ora, dove prima c’era il programma di notizie.

https://aurelien2022.substack.com/p/peter-pan-goes-to-ukraine?utm_source=post-email-title&publication_id=841976&post_id=89217579&isFreemail=true&utm_medium=email

La richiesta sottolineata dalla Russia all’India di aumentare le esportazioni di 5 volte è strategicamente significativa, di Andrew Korybko

La Russia non si sta “sganciando” dalla Cina, ma si sta attivamente diversificando da essa con l’intento di scongiurare in modo sostenibile lo scenario della sua dipendenza potenzialmente sproporzionata dalla Repubblica popolare, precedentemente compensata dall’India che fungeva da valvola alternativa della Russia dalla pressione occidentale. La completa espansione della connettività economica con l’India attraverso il corridoio di trasporto nord-sud integra gli sforzi correlati della Russia con l’Iran per aprire la strada a un nuovo asse eurasiatico per accelerare le tendenze multipolari.

Rapporto rivelatore di Reuters

Reuters ha riferito all’inizio di questa settimana che la Russia ha condiviso con l’India una lista dei desideri di 14 pagine di oltre 500 prodotti industriali e materie prime che spera che il suo partner dia la priorità all’esportazione nel prossimo futuro. Fonti anonime dell’outlet hanno affermato che ciò include “parti per automobili, aerei e treni”, nonché “materie prime per produrre carta, sacchetti di carta e imballaggi di consumo e materiali e attrezzature per produrre tessuti, inclusi filati e coloranti”.

Nessuna delle due parti ha reagito al rapporto, ma Reuters ha condiviso le seguenti cifre che suggeriscono l’interesse dell’India a soddisfare la richiesta: “Le importazioni indiane dalla Russia sono cresciute di quasi cinque volte fino a raggiungere i 29 miliardi di dollari tra il 24 febbraio e il 20 novembre rispetto ai 6 miliardi di dollari nello stesso periodo di un anno fa. Le esportazioni, nel frattempo, sono scese a 1,9 miliardi di dollari da 2,4 miliardi di dollari, ha detto la fonte. L’India spera di aumentare le sue esportazioni a quasi 10 miliardi di dollari nei prossimi mesi con l’elenco delle richieste della Russia, secondo la fonte governativa”.

Questi dati mostrano che la Russia sta sostanzialmente chiedendo all’India di aumentare le sue esportazioni di un fattore cinque, il che aiuterebbe a soddisfare i bisogni materiali di Mosca di fronte alle sanzioni occidentali, aiutando anche Delhi a far fronte al crescente deficit commerciale. Gli interessi economici non sono gli unici che sarebbero serviti se ciò accadesse, tuttavia, poiché la lista dei desideri riportata è in realtà strategicamente significativa nel contesto più ampio della Nuova Guerra Fredda .

L’ascesa dell’India come grande potenza di importanza mondiale

La neutralità di principio dell’India nei confronti del conflitto ucraino , che è la principale guerra per procura in questo momento nella lotta mondiale tra il golden billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il Sud del mondo guidato congiuntamente da BRICS SCO nel corso della transizione sistemica globale , è stata responsabile dell’ascesa astronomica di questo stato dell’Asia meridionale come grande potenza di importanza mondiale. Quei lettori che non l’hanno ancora capito dovrebbero rivedere le seguenti analisi per aggiornarsi:

* ” Tre articoli recenti dimostrano che il mondo sta finalmente apprezzando il bilanciamento dell’India 

* ” Analizzare l’interazione USA-Cina-Russia-India nella transizione sistemica globale 

* “ ‘Conviverci’: la schietta risposta dell’India alle critiche occidentali alla sua politica nei confronti della Russia 

* ” The Economist ha torto: l’India non è ‘affidabilmente inaffidabile’ 

* ” Korybko a Rajagopalan: la neutralità di principio dell’India garantisce effettivamente la sua sicurezza 

L’ultimo pezzo include un elenco di quasi quattro dozzine di analisi correlate per quegli intrepidi lettori che vogliono saperne di più su come il partenariato strategico russo-indiano abbia letteralmente cambiato il corso degli affari globali. Tra quelli di più diretta pertinenza con il presente articolo c’è quello enumerato su come “ Russia, Iran e India stanno creando un terzo polo di influenza nelle relazioni internazionali ”, che assume un’importanza accresciuta alla luce di una recente dichiarazione di un alto funzionario iraniano.

Il nuovo asse eurasiatico

Il capo dell’Organizzazione per la promozione del commercio del paese Alireza Peyman-Pak ha dichiarato all’International Forum-Exhibition Russian Industrialist che “Abbiamo raggiunto accordi quadro sulle questioni dei progetti congiunti di costruzione e progettazione, progettazione e produzione congiunte di turbine, costruzione navale, materiale rotabile, elicotteri e costruzione di aeromobili, jet, nonché trattori e attrezzature agricole. Questa divulgazione integra l’elenco delle richieste che la Russia avrebbe presentato all’India.

Abbinando i due insieme, diventa chiaro che la Russia mira ad accelerare l’emergente connettività economica globale tra se stessa, l’India e l’Iran facendo in modo che i suoi due partner di grande potenza esportino le loro merci lungo il corridoio di trasporto nord-sud (NSTC). Si prevede che tale percorso costituisca la base fisica di un nuovo asse eurasiatico che massimizzerà le capacità di bilanciamento della Russia nei confronti della Cina, scongiurando in modo sostenibile lo scenario di una potenziale dipendenza sproporzionata da quel paese.

Tale possibilità era già compensata dal fatto che l’India fungeva da valvola alternativa della Russia dalla pressione delle sanzioni occidentali all’inizio della sua operazione speciale, eliminando quindi preventivamente quello scenario dall’equazione strategica, ma deve essere tangibilmente sostenuta, ergo i piani di Mosca per accelerare la connettività economica globale con Delhi tramite l’NSTC come guidato dall’elenco di richieste riportato. Per addolcire l’affare, c’è anche la possibilità di aggiungere un’allettante dimensione energetica anche a questo asse emergente.

Geopolitica Energetica

Il rapporto della scorsa estate secondo cui Gazprom si è impegnata a investire 40 miliardi di dollari nel settore energetico iraniano ha notevolmente aumentato la probabilità di scambi di risorse tra di loro per soddisfare in modo più efficiente le crescenti esigenze dell’India. L’ unione del gas trilaterale che il presidente Putin ha proposto all’inizio di questa settimana durante un incontro con la sua controparte kazaka tra i loro paesi e l’Uzbekistan potrebbe integrare quanto sopra facilitando la costruzione di un gasdotto trans-afghano verso l’India attraverso il Pakistan.

Questa valutazione è stata condivisa da Alexey Grivach, vice capo del National Energy Security Fund ed esperto del prestigioso Valdai Club, che è ampiamente riconosciuto come il think tank più influente della Russia. Secondo lui, “per accedere (direttamente) [al mercato dell’Asia meridionale], dobbiamo coinvolgere il Turkmenistan nel progetto e risolvere il problema della sicurezza in Afghanistan. Il lavoro in questa direzione è già in corso, ma è evidente che si tratta di un compito molto difficile”.

Questa intuizione aggiunge un contesto più profondo ai legami amichevoli della Russia con i talebani e al suo riavvicinamento con il Pakistan nell’ultimo mezzo decennio, il primo dei quali considera quella grande potenza eurasiatica come il partner prioritario per il suo atto di equilibrio geoeconomico, mentre il secondo ha mantenuto relazioni pragmatiche con Mosca nonostante il colpo di stato postmoderno orchestrato dagli Stati Uniti di aprile rimane interessata a concludere accordi energetici. Come ha detto Grivach, “questo è un compito molto difficile”, ma non è impossibile e aiuterebbe l’India se avesse successo.

Lo scopo nel richiamare l’attenzione sulle possibilità di cui sopra è sottolineare che la Russia sta dando la priorità alla connettività tra la metà settentrionale e quella meridionale dell’Eurasia al fine di integrare i corridoi est-ovest esistenti, che servono anche a bilanciare in modo più sostenibile la Cina. La geopolitica energetica della Russia con Cina e India è reciprocamente vantaggiosa, ma la tendenza generale è che l’India sta rapidamente sostituendo la Cina come partner più affidabile della Russia nel mondo.

L’India è un partner più affidabile per la Russia rispetto alla Cina

Il tacito rispetto da parte della Cina delle sanzioni anti-russe e la sua dichiarata pausa delle importazioni di petrolio in vista dell’incombente tetto massimo dei prezzi dell’Occidente (nonostante quest’ultimo sia solo minuscolo rispetto alle importazioni di gasdotti) si stanno verificando durante le discussioni con gli Stati Uniti su una nuova distensione . Quei colloqui sono stati catalizzati dalle conseguenze sistemiche del conflitto ucraino che si sono sommate prima di quelle della guerra commerciale e del COVID per rendere la Repubblica popolare strategicamente più vulnerabile che in qualsiasi momento negli ultimi 50 anni .

Per essere assolutamente chiari , il potenziale esito di queste due superpotenze che accettano una serie di compromessi reciproci volti a ripristinare l’equilibrio di interessi tra di loro non dovrebbe avvenire a scapito delle relazioni strategiche della Cina con la Russia. Tuttavia, Mosca è consapevole di queste dinamiche emergenti e cerca comprensibilmente di riequilibrare in modo proattivo i propri interessi di conseguenza al fine di proteggersi dai rischi latenti, da qui l’entusiasmo con cui prevede di ridimensionare economicamente i legami con l’India.

Quello stato dell’Asia meridionale ha respinto tutte le pressioni degli Stati Uniti per prendere le distanze dalla Russia e ha invece raddoppiato il suo impegno per espandere in modo completo le relazioni strategiche con Mosca, nonostante la vicinanza di Delhi con il Golden Billion. Al contrario, nonostante la vicinanza della Cina con la Russia, si attiene tacitamente alle sanzioni anti-russe ed è ora in trattative con gli Stati Uniti per “normalizzare” le loro relazioni. Tuttavia, né l’India né la Cina stanno “tradendo” gli Stati Uniti o la Russia, poiché ognuno sta solo riequilibrando le proprie grandi strategie.

Speculazioni screditanti su un “disaccoppiamento” russo-cinese

La transizione sistemica globale verso il multipolarismo ha preceduto di gran lunga l’operazione speciale che la Russia è stata provocata dalla NATO a iniziare in Ucraina, ma ne è stata accelerata senza precedenti, dopodiché i processi caotici si sono moltiplicati in tutto il mondo e hanno portato a reazioni inaspettate da parte dei principali attori. Nessuno aveva previsto che l’India sarebbe intervenuta per scongiurare preventivamente la dipendenza potenzialmente sproporzionata della Russia dalla Cina, né nessuno aveva previsto che la Cina avrebbe successivamente cercato di ricucire i suoi legami con gli Stati Uniti.

Questi due sviluppi interconnessi possono essere entrambi descritti come tra i cigni neri più significativi emersi dall’ultima fase del conflitto ucraino in quanto nessuno se li aspettava, ma alla fine hanno avuto un impatto importante sul corso delle relazioni internazionali. Tornando all’evento di cronaca che ha ispirato il presente pezzo, questo è il grande contesto strategico all’interno del quale, secondo quanto riferito, la Russia ha chiesto all’India di aumentare di cinque volte le sue esportazioni.

Quella grande potenza eurasiatica non si sta “separando” dalla Repubblica popolare, ma si sta attivamente diversificando da essa con l’intento di scongiurare in modo sostenibile lo scenario della sua dipendenza potenzialmente sproporzionata dalla Cina che era stata precedentemente compensata dall’India che fungeva da valvola alternativa della Russia dalla pressione occidentale . L’espansione completa della connettività economica con l’India tramite l’NSTC integra gli sforzi correlati della Russia con l’Iran per aprire la strada a un nuovo asse eurasiatico per accelerare le tendenze multipolari.

Pensieri conclusivi

Il risultato previsto è che questi tre partner formino collettivamente un terzo polo di influenza nell’ordine mondiale emergente per infliggere un colpo mortale alla gestione finora de facto delle relazioni internazionali del duopolio di superpotenza sino-americana attraverso il loro sistema di bi-multipolarità . Ognuno di loro ha un interesse nella transizione sistemica globale superando quella suddetta impasse al fine di continuare la sua evoluzione verso la tripolarità prima della sua forma finale di multipolarità più complessa (“multiplexity”) .

Proprio come le discussioni in corso tra Cina e Stati Uniti su una nuova distensione non sono intese da Pechino a spese della Russia, dell’India o dell’Iran, né le mosse coordinate di questi tre verso la tripolarità/multiplessità sono destinate a essere a carico della Cina. In virtù del fatto che la Cina è praticamente una superpotenza e che queste tre sono grandi potenze, hanno naturalmente interessi sistemici diversi a causa dei loro diversi posti nella gerarchia internazionale de facto.

Queste sono le grandi dinamiche strategiche come discutibilmente esistono, la cui analisi dettagliata nel corso di questo pezzo dovrebbe, si spera, infondere agli osservatori una comprensione più profonda degli interessi correlati di ciascuna parte. Nessuno dei due dovrebbe essere giudicato o sospettato di “tradire” l’altro poiché stanno semplicemente perseguendo i propri interessi così come li intendono. Tutti e quattro rimangono ancora impegnati nello spirito del multipolarismo, lo stanno solo facendo in modo diverso, il che dovrebbe essere riconosciuto e non negato.

Corte incostituzionale o incompetente?_ di Davide Gionco

Riceviamo e pubblichiamo. Giuseppe Germinario

640 giorni prima di pronunciarsi
Lo scorso 1° dicembre 2022 la Corte Costituzionale si è pronunciata
in merito alla legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale e della sospensione dal lavoro e dallo stipendio per gli operatori sanitari inadempienti all’obbligo di vaccinazione contro il Covid-19. Responso: “Le scelte del legislatore sull’obbligo vaccinale del personale sanitario sono non irragionevoli, né sproporzionate”.

Non intendo entrare nel merito dell’imparzialità politica della Corte . I meccanismi di nomina dei membri sono noti e ciascuno è in grado di giudicare se le nomine vengano fatte per garantire i cittadini o altri interessi di parte del mondo della politica.

La Corte si è dovuta pronunciare a seguito del ricorso fatto da uno dei soggetti aventi diritto. Lo aveva fatto il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, in una ordinanza del 22.03.2022, contro il Decreto Legge 44/2021 del 01.03.2021, successivamente convertito in legge il 28.05.2021, dopo che già il Consiglio di Stato si era pronunciato favorevolmente al provvedimento con la sentenza n. 7045 del 20.10.2021.
Per chi non ne fosse al corrente, il D.L. 44/2021 prevedeva la sospensione dal lavoro e dallo stipendio degli operatori del settore sanitario (compresi gli amministrativi), i docenti ed il personale della scuola, i militari e le forze di polizia.

Ora non vogliamo entrare nel merito della correttezza formale della sentenza, in quanto il sottoscritto non ha le competenze.
Come cittadino, per quel poco che ho studiato di educazione civica, so che la Corte Costituzionale è il massimo organo di garanzia a tutela dei cittadini contro eventuali violazioni della Costituzione da parte del legislatore.
Ovvero è un organismo che dovrebbe evitare che i cittadini subiscano a motivo di leggi non conformi alla Costituzione delle gravi privazioni dei loro diritti fondamentali sanciti nella prima parte della Carta, in primis il diritto al lavoro (art. 1), il diritto alla solidarietà politica, economica e sociale (art. 2), eccetera.
Tutti diritti che, obiettivamente, sono stati limitati e ridotti dal D.L. 44/2021 e da moltissimi altri provvedimenti elaborati dal parlamento o dal governo durante il periodo della pandemia del covid-19. E questo fatto ha riguardato milioni di persone, che in questi 2 anni hanno subito danni economici molto rilevanti per la sospensione dal lavoro, nonché gravi danni alla salute per gli effetti avversi da vaccino. Al di là del merito della decisione, possiamo oggettivamente dire che si tratti di una questione molto rilevante.

Come cittadino constato che la Corte Costituzionale non solo non si è preoccupata di intervenire con urgenza per verificare la costituzionalità o meno di tutti i provvedimenti anti-covid, ma addirittura ha atteso ben 254 giorni per pronunciarsi, solo dopo il ricorso della Regione Sicilia, su alcuni di questi provvedimenti e ben 640 giorni dopo la pubblicazione del decreto legge.

Gli esperti di diritto mi risponderanno che è normale, che l’intervento della Corte Costituzionale può avvenire solo dietro richiesta di certi organismi della repubblica, che la Corte ha un calendario molto fitto di impegni, per cui le richieste che le pervengono hanno bisogno di tempi lunghi per essere trattate.
Io, da cittadino, rispondo che non è normale che dei provvedimenti legislativi così rilevanti, che:
– riducono per milioni di persone, e pesantemente, il diritto al lavoro
– che privano milioni di persone del diritto a potersi sostenere economicamente
– che obbligano di fatto milioni di persone a subire un trattamento sanitario contro la propria volontà
– che portano per mesi centinaia di migliaia di persone in piazza a protestare
Non è normale che il massimo organo di garanzia non intervenga con urgenza per verificare la costituzionalità o meno di tali provvedimenti.
Anzi, non è neppure normale che il Governo e il Parlamento, prima di emanare un decreto e votare una legge con tali gravi ricadute, non si siano neppure preoccupati di verificare se fosse costituzionale o meno e che la Corte Costituzionale non sia disponibile, in tempi ragionevolmente rapidi, a fare da supporto agli organi legislativi nel verificare la costituzionalità di un provvedimento rilevante.

Non stiamo parlando di provvedimenti che impongono di modificare (ad esempio) l’etichettatura dei salumi, ma di provvedimenti che hanno oggettivamente creato degli enormi problemi a milioni di cittadini, privandoli di diritti fondamentali riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Se anche quanto avvenuto è formalmente legittimo, non possiamo dire che sia “normale”.
Se il 1° dicembre la Corte Costituzionale avesse dichiarato la sostanziale incostituzionalità del D.L. 44/2021, milioni di persone si sarebbero ritrovate per ben 640 giorni “ufficialmente” private di diritti costituzionali fondamentali, senza essere state tutelate dal supremo organo di garanzia.
Se domani il governo di Giorgia Meloni emanasse un decreto incostituzionale che leda i diritti umani fondamentali di altri milioni di italiani, dovremmo ancora attendere altri 640 giorni prima che gli organi di garanzia dello stato dichiarino che è incostituzionale?

I tempi e le modalità di intervento della Corte Costituzionale a garanzia dei cittadini sono costituzionali o incostituzionali? Garantiscono i diritti fondamentali dei cittadini?
Non è sufficiente che i diritti siano garantiti formalmente, ma che lo siano fattivamente. Quindi i modi e i tempi dei pronunci

Legittimo e ragionevole non significa “scientificamente fondato”
La sentenza della Corte del 1° dicembre 2022 non ha rilevato degli estremi di incostituzionalità dei provvedimenti esaminati, né una loro “irragionevolezza“.
Secondo la Corte il supposto fine di tutelare la salute pubblica ha costituzionalmente giustificato i provvedimenti che hanno causato a milioni di persone la sospensione dal lavoro, la perdita dello stipendio ed il sostanziale obbligo di “vaccinarsi” con un farmaco per le persone che volessero evitare quelle conseguenze, anche se quelle persone lo ritenevano un farmaco non sicuro per la propria salute
La Corte si è pronunciata sia sulla legittimità costituzionale, sia sulla ragionevolezza.

Il requisito fondamentale di costituzionalità che avrebbe giustificato i provvedimenti è la “tutela della salute pubblica” (art. 32) La Corte ha stabilito che le supposte esigenze di salute pubblica devono prevalere sul diritto di una parte rilevante della popolazione a poter lavorare e mantenersi con il reddito del proprio lavoro, nonché la legittimità del trattamento obbligatorio, in quanto “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (seconda parte dell’art. 32).

Effettivamente, se in Italia ci fosse realmente una grave epidemia di peste bubbonica, con il rischio concreto della morte di 1/3 della popolazione, come avvenne alla metà del XIV secolo, e se davvero esistesse un farmaco in grado di evitare tutte queste morti, senza causare effetti avversi rilevanti, nessuno avrebbe dubbi sulla legittimità costituzionale e sulla ragionevolezza di provvedimenti legislativi che obblighino la popolazione ad assumere quel farmaco, pena la sospensione dal lavoro, dallo stipendio e magari anche dal diritto di circolare liberamente.

Viceversa, se in Italia non vi fosse alcuna pandemia, senza rischio alcuno di morte né di malattia grave per nessuno, sarebbe con ogni evidenza del tutto incostituzionale e irragionevole imporre a chicchessia l’assunzione di un farmaco per curarsi da una malattia che non costituisce un pericolo o sospendere milioni di persone dal lavoro per inesistenti ragioni di salute pubblica.
Lo stesso potremmo dire, persino in caso di epidemia conclamata di peste bubbonica, se il legislatore volesse imporre alla popolazione di curarsi assumendo cianuro di potassio, un noto veleno. Sarebbe a tutti evidente, anche ai membri della Corte, la contrarietà al diritto alla salute e l’irragionevolezza del provvedimento.

Ma…
Se arrivassero dei medici in televisione a sostenere che non esistono cure alla peste bubbonica, tranne che il cianuro di potassio, da assumersi in piccole dosi, secondo modalità approvate dall’autorità sanitaria, ripetendoci ogni giorno su TV e giornali che si tratta dell’unica cura possibile alla pandemia di peste bubbonica in corso…
Che cosa crederebbe la gente? Che cosa crederebbero i legislatori? Che cosa crederebbero i giudici costituzionali?
La paura di morire e la mancanza di cure efficaci, di fronte all’autorevolezza dei medici su TV e giornali potrebbero portare molte persone, compresi i membri della Corte, a ritenere “ragionevole” la proposta.
Questo anche se, scientificamente parlando, il cianuro di potassio continuerebbe a restare un pericoloso veleno.

Finalmente abbiamo centrato i termini della questione su cui i giudici costituzionali si sono pronunciati.
La legittimità costituzionale e la ragionevolezza dei provvedimenti legislativi esaminati non si fondano su questioni giuridiche, sulle quali la Corte è certamente esperta, ma su questioni che hanno a che fare con i fondamenti scientifici delle decisioni del legislatore e, se vogliamo, con la credibilità dei mezzi di informazione, che hanno il potere di far credere come vero qualcosa che potrebbe in realtà essere scientificamente falso.

La Corte Costituzionale ha emesso la sua sentenza del 1° dicembre 2022 dando per certo che la situazione sanitaria del paese, al momento dell’emanazione del D.L. 44/2021, fosse realmente della gravità dichiarata dal governo e che la soluzione proposta fosse realmente adeguata alla supposta gravità della situazione, ovvero che l’assunzione obbligatoria del “vaccino” per poter lavorare, fosse scientificamente l’unica soluzione possibile ed una soluzione priva di rischi di gravi effetti avversi per la salute.

La Corte non poteva avere le competenze (e probabilmente neanche la volontà, per evitare lo scontro con il potere politico) per pronunciarsi sui fondamenti scientifici dei provvedimenti legislativi esaminati. Si sono “fidati ciecamente” dei fondamenti di verità in base ai quali il legislatore ha deciso. Hanno giudicato “legittimo” e “ragionevole” il fatto che il legislatore si sia fidato dei propri consulenti scientifici, con la conferma di credibilità garantita dai mezzi di informazione.

Per diventare giudici costituzionali non è necessario conoscere il metodo scientifico, né l’epistemologia della Scienza di Karl Popper.
Né è necessario avere competenze sui metodi stabiliti a livello internazionale per la validazione dei farmaci e dei vaccini e sul rischio per la salute di milioni di persone se sottoposti a rischi di effetti avversi sconosciuti, causati da farmaci non sufficientemente testati.
Per essere nominato membro della Corte Costituzionale non è neppure necessario conoscere le tecniche della propaganda mediatica, anche se conoscibili da tutti leggendo i libri dei vari Edward Bernays e Walter Lippmann, per cui è altamente probabile che i membri della Corte vengano ingannati da chi manipola i mezzi di informazione di massa esattamente come succede alla maggior parte degli altri cittadini.
E’ solo il caso di evidenziare come il sostenere a priori che la propaganda non esista non è un approccio scientifico alla questione, ma fideistico (non ci credo, perché non potrebbero arrivare a tanto). L’approccio scientifico è verificare con il metodo scientifico ciò che TV e giornali scrivono.
I giudici costituzionali non sono neppure chiamati a conoscere i fondamenti della logica aristotelica e di un ragionamento rigoroso, il che potrebbero evitare loro di arrivare a conclusioni “ragionevoli” sbagliate, per vizio di ragione.
Allo stesso modo tutte queste competenze non sono richieste a coloro che fanno i legislatori, i quali, a loro volta, si fidano dei loro consulenti scientifici e dei mass media.

La brutta notizia per noi non è solo che la Corte Costituzionale non abbia saputo tutelare in questa occasione (come in diverse altre, peraltro) i diritti fondamentali di milioni di cittadini a poter lavorare, guadagnarsi uno stipendio per vivere e non doversi forzatamente inoculare un farmaco non sufficientemente testato, nonostante tutte le evidenze ed i dubbi provenienti dai dati scientifici reali (senza limitarci a quelli ritenuti dalle autorità pubbliche), come ben evidenziato nei dossier presentati dai vari avvocati come i benemeriti Mauro Sandri o Augusto Sinagra.

La brutta notizia è che i cittadini italiani, compresi i legislatori, non dispongono di alcun organo di garanzia che li tuteli dal fatto che i consulenti tecnici del legislatore forniscano informazioni scientificamente non fondate.
E non dispongono di alcun organo di garanzia che li tuteli dall’azione manipolatoria dei mass media che usano le tecniche della propaganda per diffondere informazioni false.
Se gli italiani disponessero di tali organi di garanzia, attualmente non previsti dalla “costituzione più bella del mondo”, i loro diritti fondamentali potrebbero certamente essere garantiti un po’ di più.
Nel frattempo, ogni volta che i consulenti tecnici del legislatore ed i mezzi di informazione, per una qualche ragione, offriranno informazioni oggettivamente (scientificamente) false, nessuno potrà tutelare i cittadini da violazioni, anche gravi, dei diritti costituzionali fondamentali.

Questa non è purtroppo solo una ipotesi teorica o un fatto raro, ma è probabilmente la ragione principale per cui in Italia i diritti fondamentali stabiliti dalla Costituzione sono, nella sostanza, sempre meno garantiti.

Rivolgo quindi un invito agli studiosi costituzionalisti affinché elaborino delle soluzioni di riforma migliorativa della Costituzione da proporre al Parlamento, introducendo nell’ordinamento istituzionale dei nuovi organi di garanzia indipendenti (come lo dovrebbe essere la Corte Costituzionale) e che non siano limitati alle sole competenze giuridiche, perché gli attacchi ai nostri diritti fondamentali non arrivano solo da violazioni formali dal punto di vista del diritto, ma anche e soprattutto da violazioni sostanziali, derivanti da falsi fondamenti tecnico-scientifici.
A poco possono servire organismi tecnici come il famoso CTS (Comitato Tecnico Scientifico) di nomina politica, senza che nessuno a nome dei cittadini abbia avuto modo di verificare le competenze e l’assenza di conflitti di interessi dei consulenti tecnici nominati.
Si tratta quindi di elaborare anche dei meccanismi di nomina che consentano di evitare questi problemi.

E se non sarà possibile riformare le attuali istituzioni, vorrà dire che, per tutelare i nostri diritti fondamentali, saremo obbligati a rifiutare le attuali istituzioni, per costituircene delle altre, scrivendo una nostra costituzione.
Perché, ricordiamocelo, la sovranità appartiene al popolo. Se lo vogliamo, abbiamo sempre la libertà di accettare o di rifiutare il sistema che ci governa, costituendone uno alternativo.

Lezioni dal successo e dal fallimento, di jacopo1949

Lezioni dal successo e dal fallimento: L’innovazione indigena in Cina nella industria dei semiconduttori

Un estratto esclusivo del libro di Yin Li della Fudan Univeristy, pubblicato per Routledge

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Questo era un altro post che volevo scrivere da un po’,dato che è un argomento di cui si parla ormai quotidianamente nei media,think thank e università internazionali,le cosiddette “élite” insomma : l’industria dei semiconduttori,ed in particolare modo i semiconduttori cinesi,uno dei principali,per non dire IL principale, nodo dello scontro tecnologico ormai dichiarato tra Cina e Stati Uniti. In questa newsletter,sono orgoglioso di presentarvi una traduzione integrale del capitolo dedicato a tale industria nel libro uscito a giugno per Routledge “China’s Drive for the Technology Frontier : Indigenous Innovation in the High-Tech Industry”

La Cina è diventata una potenza innovativa nelle industrie ad alta tecnologia, ma l’opinione diffusa presume che il modello cinese sia costruito sul contrabbando tecnologico e sul capitalismo di Stato. Questo libro sfata i miti che circondano il modello cinese con una nuova visione delle strategie cinesi per l’innovazione tecnologica. L’argomento centrale è che l’innovazione indigena svolge un ruolo cruciale nella trasformazione dell’industria high-tech cinese. Come ogni nazione industrializzata di successo nella storia, l’innovazione interna in Cina consente alle imprese industriali di assimilare le conoscenze sviluppate altrove, di utilizzare le risorse scientifiche e tecnologiche e le capacità umane accumulate nel Paese e, infine, di avvicinarsi alla frontiera tecnologica. La domanda è: in che modo le imprese e i governi cinesi si impegnano nell’innovazione interna? Il libro presenta casi di studio dettagliati di due settori critici dell’alta tecnologia – l’industria delle apparecchiature per le telecomunicazioni e l’industria dei semiconduttori – e, al loro interno, le storie aziendali dei principali innovatori cinesi.

L’autore è Yin Li, professore assistente presso la Scuola di Relazioni Internazionali e Affari Pubblici dell’Università di Fudan, 复旦大学. I suoi interessi di ricerca si concentrano sull’economia dell’innovazione, sulla politica industriale e sulla governance delle tecnologie emergenti. Le sue ricerche sono state pubblicate sulle principali riviste di studi sull’innovazione, tra cui Research PolicyTechnovation e JASIST. Li ha conseguito una laurea in economia presso la Renmin University of China, un master in economia presso l’Università del Massachusetts e un dottorato in politiche pubbliche presso il Georgia Institute of Technology.

N.B. L’estratto è risalente a qualche mese prima delle recenti scelte della amministrazione Biden in materia di controllo delle esportazioni per i semiconduttori. Qua potrete essere informati sulle implicazioni di questa azione.

Dato che è molto lungo,questa è la prima parte. Le altre due arriveranno prossimamente.

L’industria dei semiconduttori: recuperare terreno nella tecnologia d’avanguardia

I semiconduttori, tra cui diodi, transistor e circuiti integrati (IC), sono la spina dorsale della tecnologia informatica avanzata. Questi minuscoli dispositivi elettronici sono alla base di tutto nella società dell’informazione di oggi, dai computer ai telefoni cellulari, dagli elettrodomestici alle automobili, fino alla robotica e alle reti elettriche. Con l’avanzamento del 5G, dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie dell’Internet delle cose (IoT), l’uso di chip per computer e semiconduttori avanzati sarà probabilmente onnipresente nel prossimo futuro. La padronanza della tecnologia dei semiconduttori, quindi, non è solo la chiave per catturare i driver tecnologici e i centri di valore nella produzione di elettronica, ma è anche fondamentale per assicurarsi la leadership nel settore globale. L’innovazione nella tecnologia dei semiconduttori è estremamente dinamica e globalizzata. Dagli anni ’70, l’evoluzione tecnologica dei semiconduttori ha seguito all’incirca la legge di Moore: ogni due anni le prestazioni dei circuiti integrati raddoppiano e il loro prezzo si dimezza.Per stare al passo con il ritmo dell’evoluzione tecnologica è necessario un ampio ventaglio di competenze e capacità, nonché un ingente investimento finanziario. Mentre un tempo l’industria dei semiconduttori era dominata dai produttori di dispositivi integrati (IDM) che progettavano, producevano e vendevano i propri semiconduttori, oggi la ricerca e sviluppo (R&S) e la produzione dell’industria dei semiconduttori sono organizzate in reti globalizzate da aziende specializzate, tra cui le fonderie (che producono chip su scala enorme e sofisticati sulla base dei progetti dei clienti) e le case di progettazione fabless (che si concentrano sui progetti dei chip e affidano i compiti di produzione alle fonderie). Prendendo come esempio la produzione dei SoC (system on chip) mobili di Apple, il chip utilizzato nell’iPhone viene progettato da Apple nella Silicon Valley, fabbricato da Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation (TSMC) a Hsinchu, utilizzando attrezzature fornite dall’azienda olandese ASML con prodotti chimici e materiali giapponesi, e infine testato e assemblato nella Cina continentale. Questo sistema di produzione globale è dominato da una manciata di grandi aziende con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia orientale. Ma la capacità di produzione dei chip a semiconduttore più avanzati, con nodi di 10 nm o inferiori, è detenuta solo da tre aziende: Intel, Samsung e TSMC. Oggi, sebbene la Cina sia diventata il più grande produttore di elettronica al mondo, il Paese fa ancora molto affidamento sulle aziende straniere per la fornitura di chip e dispositivi semiconduttori. Dal 2006, l’importazione di semiconduttori, compresi i circuiti integrati e altri tipi di dispositivi al silicio, ha superato il petrolio greggio, diventando la principale merce importata dalla Cina. Il valore annuale delle importazioni cinesi di circuiti integrati ha raggiunto i 200 miliardi di dollari nel 2013 e i 300 miliardi di dollari nel 2018. La Cina persegue da tempo l’autosufficienza nella tecnologia dei semiconduttori. La Cina ha una lunga storia di sviluppo delle tecnologie dei semiconduttori che risale agli anni Cinquanta. Negli anni ’80 e ’90, il governo cinese ha speso miliardi per importare tecnologie straniere avanzate per potenziare le sue aziende statali di semiconduttori. Negli anni 2000, la Cina ha abbracciato la globalizzazione invitando le imprese multinazionali e private a espandere rapidamente la propria capacità produttiva di semiconduttori. Negli ultimi anni, la Cina ha deciso di far progredire l’industria nazionale dei semiconduttori utilizzando attivamente gli strumenti della politica industriale. La dipendenza della Cina dai fornitori stranieri e la sua ricerca dell’autosufficienza dei semiconduttori hanno reso l’accesso alla tecnologia avanzata dei semiconduttori un punto di rottura nella rivalità tecnologica emergente tra Stati Uniti e Cina. Nell’ottobre 2018, il Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha aggiunto Fujian Jinhua, una start-up cinese di proprietà statale produttrice di memorie dinamiche ad accesso casuale (DRAM), all’elenco delle entità BIS per il controllo delle esportazioni, vietando a Jinhua di procurarsi attrezzature e materiali di produzione statunitense che alla fine hanno portato al collasso di Jinhua. Il 15 maggio 2020, il BIS ha vietato a Huawei Technologies, il gigante cinese delle tecnologie di telecomunicazione, di acquistare semiconduttori progettati e prodotti con tecnologie americane dopo un anno dall’inserimento di Huawei nella BIS Entity List per il controllo delle esportazioni, come menzionato nel capitolo precedente. Quattro mesi dopo, il Dipartimento del Commercio ha stabilito controlli sulle esportazioni del principale produttore cinese di chip, Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC), imponendo alle aziende statunitensi di ottenere licenze prima di vendere a SMIC tecnologie e apparecchiature specifiche. La sentenza ha di fatto vietato a SMIC di acquistare attrezzature con tecnologie statunitensi per la produzione di semiconduttori avanzati di lunghezza pari o inferiore a 10 nm. Con l’aumento delle tensioni con gli Stati Uniti, è logico supporre che la Cina raddoppierà il percorso di sviluppo interno. Nel 2016, il Presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato: “Avere una tecnologia di base controllata da altri è il più grande pericolo nascosto”.Nel 2020, il Presidente Xi ha nuovamente invitato a compiere sforzi per perseguire “tecnologie strategiche e che richiedono un impegno a lungo termine” nei settori “che si basano su componenti, parti e materie prime importate”.Riuscirà la Cina a colmare il divario con i leader mondiali nella produzione e nella tecnologia dei semiconduttori? In che modo l’industria e le imprese cinesi si sono impegnate nell’apprendimento e nell’innovazione tecnologica? Quali sono gli insegnamenti dell’innovazione interna nell’industria dei semiconduttori? Per rispondere a queste domande, ripercorriamo l’evoluzione dell’industria cinese dei semiconduttori e delle sue principali imprese commerciali dalla loro nascita negli anni Cinquanta a oggi. Esaminiamo l’importante spinta dello Stato cinese verso la tecnologia avanzata dei semiconduttori e il modo in cui le principali aziende cinesi di semiconduttori hanno organizzato la produzione e l’innovazione in risposta alle politiche governative e ai cambiamenti industriali globali. Prima di addentrarci nel settore, nella storia e nei casi di aziende specifiche, è necessaria una breve panoramica della struttura dell’industria dei semiconduttori e delle caratteristiche tecnologiche per comprendere il contesto dello studio.

La struttura dell’industria dei semiconduttori.

La moderna industria dei semiconduttori è composta da tre parti principali, che corrispondono alle tre fasi principali della produzione di chip a semiconduttore: progettazione, fabbricazione, confezionamento e collaudo (Figura 4.1)La produzione di semiconduttori può essere organizzata come parte di un’operazione commerciale integrata in un’impresa più grande che produce semiconduttori come componenti per i suoi prodotti finali o come attività separata per produrre semiconduttori per i clienti. In quest’ultimo caso, un produttore di chip di questo tipo è chiamato fonderia commerciale. Una fonderia commerciale che esegue tutte e tre le fasi principali di progettazione, fabbricazione, confezionamento e collaudo dei semiconduttori è chiamata IDM. Intel, ad esempio, è un IDM che progetta e produce processori per computer ad alte prestazioni. Anche i produttori di chip di memoria (ad esempio, memoria flash NAND e DRAM), come Samsung, Hynix e Micron, sono IDM, poiché la produzione di chip di memoria richiede una stretta integrazione tra progettazione e produzione. A partire dagli anni Novanta, l’industria globale dei semiconduttori è diventata molto frammentata e ognuna delle tre fasi di produzione dei chip viene svolta da aziende diverse e specializzate, spesso situate in zone distanti del mondo. Un’azienda manifatturiera specializzata nella produzione di semiconduttori secondo i progetti di un cliente è chiamata “fonderia pura”. Un’azienda di progettazione di semiconduttori che si concentra sulla progettazione di chip, esternalizzando tutte le operazioni di produzione alla fonderia, viene definita un’azienda di semiconduttori “fabless” o un’azienda di progettazione “fabless”, poiché “fab” è il gergo del settore per le linee di produzione. In generale, le aziende fabless americane come Qualcomm, Nvidia e AMD guidano il settore della progettazione di circuiti integrati, mentre l’Asia orientale (cioè TSMC e Samsung) domina i servizi di fonderia di circuiti integrati. Ogni parte dell’industria dei semiconduttori è supportata da una serie di attrezzature, materiali e software. Ad esempio, la progettazione di circuiti integrati necessita di software specializzato, come gli strumenti di automazione della progettazione elettronica (EDA) e i nuclei IP (proprietà intellettuale) forniti da aziende di software specializzate, mentre la produzione di circuiti integrati si affida a produttori di apparecchiature specializzate per la fornitura di macchinari avanzati (ad esempio, macchine per litografia) e a fornitori di materiali per la fornitura di wafer di silicio di alta qualità e di vari prodotti chimici speciali.

Misure della tecnologia dei semiconduttori. La tecnologia dei semiconduttori può essere misurata in due modi: per nodo litografico o per dimensione del wafer. I nodi litografici misurano le dimensioni minime delle caratteristiche di un circuito integrato, il che li rende una buona misura sia per la progettazione dei semiconduttori sia per la tecnologia dei processi di fabbricazione. In generale, più piccoli sono i nodi tecnologici, più avanzata è la tecnologia. Negli anni ’90, i nodi litografici erano tipicamente misurati in micron (1 micron o 1 μm = 1/1000 di millimetro); alla fine degli anni 2000, la tecnologia dei semiconduttori era avanzata fino alla scala dei nanometri (1 nm = 1/1000 μm). Un’altra misura della tecnologia di produzione dei semiconduttori è la dimensione del wafer, che si riferisce alla dimensione del wafer di silicio utilizzato per la fabbricazione dei semiconduttori nelle fonderie. Poiché su un wafer di dimensioni maggiori è possibile fabbricare più circuiti integrati per wafer, riducendo il costo per chip, le linee di produzione più avanzate utilizzano wafer di dimensioni maggiori per compensare i costi più elevati delle tecnologie dei nodi avanzati. Le principali fonderie hanno iniziato la transizione dalle linee di wafer da 8 pollici a quelle da 12 pollici per i nodi avanzati negli anni 2000, ma le linee di wafer da 6 pollici rimangono valide per la fabbricazione di chip prodotti nei nodi maturi.

L’origine dell’industria

La Cina è stata tra le prime nazioni a sviluppare le tecnologie dei semiconduttori. Nel 1956, la campagna del governo cinese “Marcia verso la scienza” (in cinese: 向科学进军) identificò i semiconduttori come una priorità fondamentale per il futuro della Cina. Negli anni Cinquanta, l’Accademia delle Scienze cinese organizzò seminari per scienziati stranieri di ritorno per tenere lezioni sulla teoria e la produzione dei semiconduttori e cinque università cinesi d’élite, tra cui l’Università di Pechino, l’Università di Fudan, l’Università di Jilin, l’Università di Xiamen e l’Università di Nanchino, istituirono dipartimenti di fisica dei semiconduttori. Già nel 1957 si è laureata la prima classe del dipartimento di fisica dei semiconduttori dell’Università di Pechino; tra questi, molti hanno poi assunto posizioni di leadership nel governo, nell’industria e nel mondo accademico, tra cui Wang Yangyuan (presidente di SMIC), Xu Juyan (ingegnere capo di Huajing) e Yu Zhongyu (ingegnere capo del Ministero dell’Industria Elettronica, MEI).

Nel 1965, i ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze (CAS) svilupparono il loro primo circuito integrato, solo sette anni dopo l’invenzione del circuito integrato da parte di Texas Instrument nel 1958. Nel 1972, il CAS aveva sviluppato circuiti di integrazione su larga scala con più di mille transistor su un singolo chip. Successivamente, CAS ha sviluppato memorie ad accesso casuale (RAM) da 4K nel 1979 e da 16K nel 1980, consentendo a questi circuiti integrati prodotti internamente di alimentare i computer mainframe adottati dall’esercito cinese, dalle università e dai laboratori statali. Tuttavia, l’industria civile dei semiconduttori era piccola e arretrata, costituita da decine di fabbriche di proprietà statale strutturate attraverso un’economia pianificata a livello centrale. I prodotti principali di queste fabbriche erano semplici diodi e transistor, un tipo di semiconduttore di base “a dispositivi discreti” non qualificabile come microelettronica avanzata. L’industria statale cinese dei semiconduttori prima della riforma soffriva dei problemi prevalenti in un’economia pianificata, tra cui strutture organizzative burocratiche e gerarchiche, un sistema di incentivi basato sul raggiungimento di quote di produzione, che comportava un uso inefficiente dei materiali e disincentivavava il profitto e l’innovazione, la separazione organizzativa tra R&S e produzione, nonché percorsi di carriera rigidi e la mancanza di incentivi per i singoli individui.Tuttavia, vi erano tre problemi particolarmente rilevanti per l’industria dei semiconduttori. In primo luogo, la separazione tra R&S e produzione a causa di barriere burocratiche è inefficiente per lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia. In uno studio sull’industria dei semiconduttori di proprietà statale a Shanghai negli anni ’80, i ricercatori hanno scoperto che le fabbriche statali spesso producevano progetti sviluppati nei laboratori da 10 a 15 anni prima, perché le fabbriche avevano difficoltà a riattrezzarsi per i progetti più recenti.In secondo luogo, le fabbriche statali soffrono di modelli di gestione scadenti e di scarse competenze dei lavoratori. Negli anni ’80, le fabbriche cinesi di semiconduttori avevano rendimenti inferiori al 20-40%, il che significa che il 60-80% dei semiconduttori prodotti era difettoso, rispetto ai produttori giapponesi, competitivi a livello internazionale, che avevano rendimenti superiori al 70%.Infine, lo sviluppo indipendente della tecnologia dei semiconduttori non è solo lento, ma anche isolato dai paradigmi tecnologici mainstream internazionali. Al momento della riforma, alla fine degli anni ’70, l’industria statale era rimasta molto indietro rispetto alla frontiera tecnologica internazionale per quasi due decenni. Per tutti gli anni ’70 e i primi anni ’80, le fabbriche di semiconduttori e le organizzazioni di ricerca cinesi hanno iniziato a importare apparecchiature straniere per espandere la produzione e aggiornare la tecnologia. All’inizio degli anni ’80, è stato fatto un grande sforzo per importare attrezzature per 33 siti di semiconduttori (tra cui fabbriche e istituti di ricerca) per un costo totale di 1,3 miliardi di RMB (150 milioni di dollari), finanziato dai governi nazionali e locali. Tuttavia, poiché i fondi erano distribuiti e limitati per ogni sito, gli importatori hanno scelto di acquistare attrezzature di seconda mano in pezzi. La maggior parte di queste linee erano linee da 3 pollici obsolete che i produttori stranieri intendevano eliminare. Tuttavia, le organizzazioni cinesi coinvolte non avevano le capacità necessarie per distribuire, utilizzare e mantenere le attrezzature importate. Di conseguenza, solo poche di queste linee di produzione importate sono state messe in uso.Negli anni ’80, il governo cinese ha avviato una serie di riforme dell’economia pianificata e del sistema di S&T. Nei settori economici, la riforma ha allentato il controllo dello Stato e ha permesso il decentramento dell’industria: i ministeri dell’industria hanno dismesso centinaia di migliaia di imprese statali e hanno trasferito la proprietà alle autorità provinciali, municipali e locali; è stata concessa maggiore autonomia alle imprese; è stato introdotto un sistema fiscale per la riscossione delle entrate, consentendo alle imprese di trattenere una parte dei loro redditi; sono state tollerate forme di proprietà non statali, che hanno portato all’emergere di imprese straniere e private. Nel sistema di S&T, al fine di ridurre gli oneri fiscali e creare un mercato per la tecnologia, i finanziamenti per gli istituti di ricerca sono stati notevolmente ridotti, con alcuni istituti non prioritari che sono stati completamente defiscalizzati e costretti a lavorare con il mercato e le imprese. I singoli ricercatori sono stati inoltre incoraggiati ad abbandonare le “ciotole di riso di ferro” (cioè il lavoro a tempo indeterminato) e ad avviare un’attività in proprio, dando vita ad alcune delle prime imprese cinesi di S&T.Poiché la natura della riforma cinese è graduale, le misure di riforma sono state attuate lentamente, soprattutto nelle imprese statali, dove la struttura burocratica e gerarchica dell’industria di Stato è rimasta fino alla fine degli anni Novanta. Nel 1982, il Consiglio di Stato ha creato il “Lead Group for Electronics, Computers, and Large-Scale IC” (电子计算机和大规模集成电路领导小组), il primo organismo governativo di alto livello per il coordinamento interministeriale e la definizione di politiche industriali strategiche, presieduto dal vicepremier Wan Li. Nel 1984, il Gruppo guida è stato rinominato “Gruppo guida del Consiglio di Stato per la promozione dell’industria elettronica” (国务院振兴领导小组), un nome che ricorda da vicino le analoghe campagne di promozione dell’industria elettronica promosse in Giappone e Corea negli anni Cinquanta e Sessanta.Il Gruppo guida comprendeva importanti funzionari governativi di alto livello, tra cui Jiang Zemin, allora Ministro dell’Industria elettronica e successivamente Presidente della Repubblica Popolare. Tuttavia, il Gruppo guida durò solo quattro anni. La politica principale del Gruppo Guida era quella di consolidare l’industria elettronica di proprietà dello Stato e di costruire un piccolo numero di imprese chiave. Queste misure erano una risposta ai fallimenti, ampiamente percepiti, della già citata importazione di massa di apparecchiature straniere da parte di 33 siti di semiconduttori all’inizio degli anni Ottanta. I leader cinesi consideravano l’industria dei semiconduttori “frammentata” (散) e “caotica” (乱). Era frammentata perché c’erano troppe organizzazioni piccole e rivali, e caotica perché non c’era un coordinamento efficace tra le organizzazioni nell’acquisizione e nell’aggiornamento della tecnologia. La misura del Gruppo Guida fu quella di forzare i consolidamenti, spingendo l’industria statale dei semiconduttori a concentrarsi in tre regioni designate: due grandi basi industriali nel delta del fiume Yangtze (comprendenti Shanghai, Jiangsu e Zhejiang) e Pechino e un piccolo cluster a Xi’an per le operazioni aerospaziali. A metà degli anni ’80, il MEI ha ceduto la maggior parte delle organizzazioni di semiconduttori di proprietà del governo centrale. Tra il 1988 e il 1995, grazie alla fusione di imprese statali e alla joint-venturing con multinazionali, sono nate cinque fabbriche di semiconduttori di proprietà statale di dimensioni relativamente grandi, tra cui Huayue Microelectronics, Shanghai Belling, Shanghai Philips, Huajing Electronics e Beijing Shougang-NEC13. Le cinque imprese chiave hanno ricevuto finanziamenti speciali per l’acquisizione di tecnologie straniere e l’aumento delle dimensioni. Tre delle cinque imprese chiave nazionali (Shanghai Belling, Shanghai Philips e Shougang-NEC) erano joint venture (JV) sino-straniere, che coinvolgevano rispettivamente la belga ITT, l’olandese Philips e la giapponese NEC. Le loro origini, la tecnologia e i mercati sono brevemente riassunti di seguito: Huayue Microelectronics a Shaoxing, Zhejiang, ex fabbrica statale #871, fondata nel 1988, ha costruito la prima linea di fabbricazione cinese da 4 pollici per la produzione di dispositivi analogici e circuiti integrati bipolari per televisori e telefoni. Shanghai Belling è uno spin-off della Shanghai Bell Telephone Equipment Manufacturing Corporation, la prima joint venture cinese di microelettronica, fondata nel 1988. Shanghai Bell è nata dalla fusione delle aziende statali #14 Factory e Shanghai Electronics and Operation Instruments Holding Company in una joint venture con la belga ITT. Shanghai Belling produce circuiti integrati per gli interruttori telefonici di Shanghai Bell. Shanghai Philips è nata dalla fusione delle fabbriche #5, #7 e #19 e dalla joint venture con Philips dei Paesi Bassi nel 1988. Nel 1991 ha costruito la prima linea da 5 pollici in Cina. Shanghai Philips ha iniziato come fonderia, ricevendo il trasferimento di vecchie tecnologie da Philips e producendole per l’esportazione. Nel 1995, Shanghai Philips ha cambiato il suo partner estero con la canadese Nortel e l’ha ribattezzata Advanced Semiconductor Manufacturing Corporation, o ASMC. Beijing Shougang-NEC è stata fondata nel 1991 da Beijing Shougang (Capital Steel) come joint venture con la giapponese NEC. Era l’unica azienda delle cinque imprese chiave situata al di fuori del delta del fiume Yangtze. Nel 1995 Shougang-NEC ha costruito la prima linea di produzione cinese da 6 pollici con nodi di processo avanzati da 1,2 micron per produrre circuiti integrati per TV a colori, condizionatori d’aria, VCD e schede IC. Huajing è nata nel 1989 dalla fusione della Wuxi Jiangnan Wireless Device Factory (fabbrica #742) di Wuxi, Jiangsu, e dell’Istituto #24 di Sichuan. Produceva dispositivi discreti e circuiti integrati bipolari e complementari a ossido di metallo (CMOS), principalmente per televisori e apparecchiature audio. Huajing era tra le aziende statali con le prestazioni più elevate ed è stata quindi selezionata per realizzare il Progetto di Stato 908, il primo grande investimento cinese in aziende di semiconduttori.

Trasferimenti di tecnologia e Progetto 908

Negli anni ’70 e ’80, l’innovazione nella tecnologia dei semiconduttori stava accelerando nel mondo sviluppato. Negli anni Settanta, la scoperta della tecnologia di integrazione su larghissima scala (VLSI) ha permesso di creare circuiti integrati con milioni di transistor su un singolo chip di silicio, consentendo lo sviluppo di complesse tecnologie informatiche e di telecomunicazione. Grazie a questa tendenza, Texas Instrument, Fairchild, Intel e altre fonderie commerciali si sono affermate come innovatori del mercato. Nel frattempo, il progetto VLSI giapponese del 1975-9, che combinava i poteri di R&S delle agenzie governative e delle aziende private per sviluppare tecnologie avanzate, ebbe un grande successo, consentendo ai produttori giapponesi di chip di memoria di superare la concorrenza degli americani negli anni ’80.Nel 1981, il gigante informatico IBM adottò una strategia di innovazione aperta per entrare nel mercato dei personal computer (PC), rifornendosi di componenti chiave dei suoi nuovi PC da fornitori esterni, tra cui Intel per i chip dei computer e Microsoft per i sistemi operativi. Il successo dei PC IBM e dei loro cloni ha permesso a Intel di diventare l’azienda di semiconduttori più grande e tecnologicamente più avanzata.Osservando questa tendenza, nel 1989 un gruppo di scienziati e ingegneri cinesi di spicco ha proposto al Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese di investire nella prima fonderia mercantile cinese di livello mondiale, puntando sulla tecnologia a 1 micron.Il Consiglio di Stato ha approvato la proposta nel 1990, chiedendo al MEI di sponsorizzare un progetto significativo che avrebbe fatto avanzare la tecnologia cinese verso la frontiera mondiale. Questo progetto, successivamente chiamato in codice Progetto 908 per il suo lancio nell’agosto del 1990, è il progetto cinese di integrazione su larga scala (LSI) per la realizzazione di circuiti LSI che integrano decine di migliaia di transistor su un chip e sono prodotti in un nodo litografico sub-micron (1,0-0,8 μm). Il Progetto 908 ha previsto un investimento di 2 miliardi di RMB per aggiornare varie parti della catena di fornitura dei semiconduttori nazionali, tra cui progettazione, fonderia, imballaggio e test, materiali e attrezzature, ma la priorità del progetto è la costruzione di una fonderia di semiconduttori di livello mondiale. Una delle cinque imprese chiave sopra menzionate, Huajing, è stata selezionata per intraprendere il progetto di fonderia, con un investimento statale di 970 milioni di RMB (inclusi 380 milioni di RMB di prestiti dalla China Development Bank), per introdurre una linea di produzione con tecnologia di nodo di processo da 0,8μm e wafer da 6 pollici proveniente dall’estero. Il finanziamento rimanente dei due miliardi di investimento del Progetto 908 è stato utilizzato per creare nove centri di progettazione di circuiti integrati, un’azienda di test e confezionamento e sei progetti di fornitura di attrezzature di fabbricazione. AT&T Lucent è stata assunta nel 1994 come partner straniero per trasferire a Huajing la tecnologia di processo, formare gli ingegneri e fornire strumenti e biblioteche per la progettazione di circuiti integrati di comunicazione avanzati. Il predecessore di Huajing è la fabbrica statale #742 situata a Wuxi, Jiangsu, una città industriale nel delta del fiume Yangtze a circa 80 miglia a ovest di Shanghai. La #742 è stata una delle prime imprese statali a importare linee di produzione di semiconduttori dall’estero. Nel 1980, la fabbrica ha importato una linea di seconda mano da 3 pollici con un nodo da 5 micron da Toshiba e ha fatto formare i suoi ingegneri in Giappone. I prodotti principali della linea sono circuiti integrati bipolari e CMOS utilizzati nell’elettronica domestica. Con un certo senso del mercato, i dirigenti della fabbrica #742 si sono concentrati sulla produzione di circuiti integrati bipolari di fascia bassa per i televisori in bianco e nero e, grazie alla buona qualità e agli alti rendimenti, la fabbrica ha tratto profitto dai mercati di consumo in crescita in Cina. Alla fine degli anni ’80, la fabbrica #742 ha persino lavorato a stretto contatto con gli istituti di ricerca locali per sviluppare alcune capacità di R&S, tra cui la progettazione, il collaudo e la produzione del primo circuito LSI in Cina, una RAM da 64k, nel 1987. In confronto, la maggior parte delle fabbriche statali dell’epoca erano dei silos di produzione, che raramente collaboravano con gli istituti di ricerca e avevano una scarsa percezione della produzione per i mercati. All’inizio del Progetto 908, la Fabbrica #742 aveva 5.000 dipendenti e una linea di fonderia da 5 pollici autocostruita, che la rendeva la più grande e sofisticata fabbrica di semiconduttori ed elettronica della Cina dell’epoca. Nell’agosto 1990, Huajing è stata fondata come nuova impresa dalla fusione della fabbrica #742 di Wuxi, Jiangsu, e dell’Istituto #24 della provincia di Sichuan per intraprendere il Progetto 908. Il Progetto 908 avrebbe dovuto essere completato durante l’ottavo piano quinquennale (1991-5), ma la costruzione della parte centrale del progetto, una linea di produzione da 6 pollici, è iniziata solo nel dicembre del 1995. I lunghi ritardi sono stati in gran parte dovuti a ostacoli burocratici. I ministeri del governo centrale hanno impiegato due anni per approvare i finanziamenti e altri tre per approvare i trasferimenti di tecnologia da AT&T Lucent. Hu Qili, all’epoca ministro dell’Industria elettronica, ha successivamente illustrato nel suo libro di memorie come l’inefficiente coordinamento tra i ministeri abbia causato i lunghi ritardi nella fase di pianificazione:

-se Huajing voleva importare una macchina litografica, doveva presentare diverse proposte a diversi settori del MEI per l’approvazione, il che poteva richiedere mesi; poi, dopo l’approvazione iniziale del MEI, quest’ultimo doveva negoziare il budget dell’investimento con il Ministero delle Finanze per un altro lungo periodo, e infine il piano del progetto doveva essere approvato dal Comitato di Pianificazione dello Stato prima di essere attuato.Quando i fondi furono disponibili e Huajing iniziò la costruzione della linea da 6 pollici nel 1997, la linea era già in ritardo rispetto alle frontiere internazionali.Le sfide più grandi per Huajing furono tuttavia l’utilizzo della linea di fabbricazione avanzata che costava quasi un miliardo di yuan per essere importata. A quanto pare, c’era un enorme divario di competenze tra i circuiti integrati di comunicazione che i pianificatori centrali intendevano realizzare per il Progetto 908 e la base di competenze esistenti di Huajing. Secondo diversi resoconti sulle capacità della Huajing, quest’ultima e la fabbrica precedente #742 producevano circuiti integrati relativamente semplici, basati sul reverse engineering di chip stranieri. A differenza delle industrie tecnologiche meccaniche tradizionali (come automobili e macchinari), dove il reverse engineering – il processo di smontaggio di prodotti esistenti per ottenere informazioni sulla loro struttura e sul loro design – può produrre un apprendimento significativo, il reverse engineering nella produzione di semiconduttori produce poche conoscenze. Questo perché i circuiti integrati, come dice il nome, sono essenzialmente circuiti miniaturizzati stampati su silicio. Pertanto, il reverse engineering di un chip non è altro che la fotocopiatura della cianografia, ma non è possibile acquisire la conoscenza critica e il know-how degli strumenti e della messa a punto dei macchinari di produzione. Sebbene Huajin sia stata in grado di effettuare il reverse engineering di semplici circuiti integrati bipolari per televisori, la sua limitata esperienza non era sufficiente per progettare e fabbricare sofisticati circuiti integrati di comunicazione ai nodi micron. Di conseguenza, Huajing ha continuato a produrre circuiti integrati basati sul reverse engineering e gli ingegneri di Lucent hanno riferito che la libreria IP trasferita non è stata utilizzata affatto.Il MEI potrebbe aver riconosciuto la debolezza di Huajing. Nell’attuazione del Progetto 908, il MEI ha organizzato la fusione tra Huajing e l’Istituto #24, trasferendo quest’ultimo dalla provincia interna del Sichuan alla sede centrale di Huajing nella provincia costiera del Jiangsu, per rafforzare le capacità di R&S di Huajing. L’Istituto #24 era un prestigioso e avanzato istituto di ricerca sui semiconduttori del complesso militare-industriale cinese negli anni ’70 e ’80, con l’esperienza di aver intrapreso diversi progetti statali per il progresso delle tecnologie IC. Tuttavia, anche con l’aiuto di scienziati e ingegneri dell’Istituto #24, Huajing non era in grado di sviluppare un numero sufficiente di prodotti che potessero utilizzare la linea di fabbricazione avanzata. Di conseguenza, nel 1997 Huajing ha prodotto solo 800 wafer al mese nella sua nuova fabbrica da 6 pollici con una capacità di 12.000 wafer al mese. A metà degli anni ’90, la situazione finanziaria di Huajing si stava già rapidamente deteriorando a causa della forte concorrenza delle importazioni. Era chiaro che Huajing non poteva né utilizzare la linea di produzione importata né permettersi i costosi prestiti bancari. Nel 1997, la Huajing ha registrato una perdita di 240 milioni di RMB. Fortunatamente, una serie di contatti con l’industria dei semiconduttori di Taiwan tra il 1997 e il 1999 ha offerto l’opportunità di salvare la Huajing. All’inizio del 1997, il MEI invitò un gruppo di industriali taiwanesi del settore dei semiconduttori a visitare la fabbrica di Huajing e, grazie a questa visita, alcuni di questi industriali iniziarono a negoziare con il MEI la possibilità di rilevare la fabbrica. Alla fine, un gruppo di manager e ingegneri taiwanesi trovò una start-up chiamata Central Semiconductor Manufacturing Co. (CSMC) a Hong Kong e, attraverso una joint venture tra CSMC e Huajing, affittò la fabbrica da 6 pollici di Huajing con i suoi 200 dipendenti. CSMC era guidata da Peter Chen (in cinese: 陈正宇), che aveva conseguito il dottorato in ingegneria elettronica negli Stati Uniti e aveva fondato aziende di semiconduttori nella Taiwan cinese negli anni Ottanta. Alla fine del 1997, l’accordo è stato approvato dal Consiglio di Stato. Nel 1999, le due parti hanno concordato di creare una società mista, Huajing-CSMC, con CSMC che detiene il 51% delle azioni e Huajing il 49%. Sotto la gestione di CSMC, la fabbrica da 6 pollici di Huajing si è trasformata con successo. In 15 mesi, Huajing-CSMC ha raggiunto il pareggio. Il relativo successo di Huajing-CSMC può essere attribuito a due fattori. Uno è l’introduzione del modello di fonderia “pure-play”, sviluppato da TSMC nel 1987. Adottando un modello di fonderia pura, Huajing-CSMC ha fabbricato chip come produttore a contratto per le aziende di progettazione di semiconduttori all’estero e ha esportato i loro prodotti. Il modello di fonderia ha permesso a Huajing-CSMC di utilizzare la sua linea di produzione avanzata e di superare la mancanza di capacità interne di progettazione di chip. L’altro fattore è rappresentato dai manager e dagli ingegneri di etnia cinese reclutati dalla Silicon Valley e da Taiwan, che hanno portato con sé capitali, management e accesso a clienti stranieri. Pur impiegando la stessa forza lavoro, le stesse attrezzature e gli stessi impianti di Huajing, Huajing-CSMC è riuscita a sfruttare meglio le risorse produttive. Perché la Huajing non è riuscita ad aggiornarsi e a padroneggiare le tecnologie avanzate? In quanto impresa statale (SOE) ad alte prestazioni, Huajing e i suoi predecessori avevano accumulato alcune capacità tecnologiche, come dimostra la linea da 5 pollici autocostruita, ed erano abili tra le SOE nell’accedere ai mercati appena emersi. Negli anni ’90, Huajing è stata spesso definita “l’Accademia di Huangpu” per la formazione di un gran numero di ingegneri e manager. Le sue scarse prestazioni nel Progetto 908 e il suo fallimento finale come azienda indipendente sono stati in gran parte dovuti alla mancanza di controllo strategico. Non avendo l’autorità per formulare una strategia indipendente, la Huajing ha dovuto perseguire l’alto obiettivo del governo, irraggiungibile con la sua base di conoscenze. Una strategia sensata sarebbe stata quella di investire nel miglioramento della tecnologia e del portafoglio di prodotti esistenti, accumulando nel frattempo scala e capacità. Tuttavia, senza autonomia strategica, i manager di Huajing non sarebbero stati in grado di mobilitare finanziamenti e attrarre talenti, anche se avessero pensato a una strategia del genere. Questo problema non era certo di Huajing, ma era molto diffuso nelle aziende di Stato cinesi nel rigido sistema economico pianificato. A metà degli anni ’90, l’intera industria statale cinese era già sull’orlo del fallimento di fronte all’intensificarsi della concorrenza da parte di aziende non statali e straniere in seguito alla Riforma e all’Apertura. Il Progetto 908 era già in disgrazia nel 1995, quando il governo cinese annunciò il 9° Piano quinquennale (1996-2000). Senza realizzare gli obiettivi di aggiornamento tecnologico del Progetto 908, Huajing non è mai diventata l’azienda di semiconduttori all’avanguardia immaginata dallo Stato cinese. Nel 1999, la linea da 6 pollici utilizzata da Huajing-CSMC era già una tecnologia all’avanguardia e Huajing-CSMC non ha cercato di recuperare il ritardo. Ciononostante, la trasformazione di Huajing da fabbrica di proprietà statale a fonderia JV ha segnato una svolta importante nell’approccio della Cina all’industria dei semiconduttori. Tuttavia, permettendo alla CSMC, con sede a Hong Kong, di rilevare un ex campione nazionale, lo Stato cinese ha segnalato l’adozione di un sistema economico più aperto anche in un settore considerato critico per la sicurezza nazionale, in quanto fa progredire l’alta tecnologia cinese. Huajing-CSMC non è stata solo la prima fonderia di semiconduttori puramente operativa in Cina, ma ha anche dimostrato la possibilità di gestire una moderna fonderia di semiconduttori utilizzando infrastrutture e forza lavoro ingegneristica cinese. In definitiva, ha fatto da ponte tra l’industria nazionale statale degli anni ’80 e l’industria non statale collegata a livello globale degli anni 2000.

Progetto 909 e joint venture sino-estere

A metà degli anni ’90, mentre il Progetto 908 procedeva lentamente, i leader cinesi cercavano nuovi approcci per affrontare la stagnazione dell’industria statale. Da un lato, come in molti settori controllati dal governo, come le automobili e le telecomunicazioni, la creazione di joint venture con aziende straniere era una delle principali politiche industriali per i semiconduttori. Tre delle cinque “imprese chiave” dei primi anni ’90, tra cui Shanghai Belling, Shanghai Philips e Beijing Shougang-NEC, erano joint venture sino-straniere. Shanghai Philips e Beijing Shougang-NEC hanno costruito le prime linee di wafer da 5 e 6 pollici in Cina rispettivamente nel 1991 e nel 1995, prima di Huajing. Per tutti gli anni ’90, queste joint venture hanno gestito le fonderie di semiconduttori più avanzate in Cina, ottenendo il favore del governo cinese. Tuttavia, queste JV di semiconduttori dipendevano fortemente dai partner stranieri per i trasferimenti di tecnologia e raramente si aggiornavano dopo i trasferimenti iniziali di tecnologia specificati negli accordi di JV, spingendo il governo cinese a creare nuove imprese per tutti gli anni ’90.D’altra parte, i funzionari cinesi di alto livello hanno iniziato a stabilire contatti frequenti con la comunità etnica cinese d’oltremare nei centri tecnologici globali. Ingegneri e manager etnici cinesi sono stati attivi nei centri dell’industria dei semiconduttori, dalla Silicon Valley a Hsinchu, e sono stati a lungo considerati un’importante fonte di conoscenze e competenze per lo sviluppo dell’industria dei semiconduttori nella Taiwan cinese. Il presidente Jiang Zemin, che negli anni ’80 era ministro dell’Industria elettronica e membro del “Gruppo di punta del Consiglio di Stato per la promozione dell’industria elettronica”, è diventato presidente della Cina nel 1993 e ha continuato a mostrare un grande interesse personale per la sponsorizzazione dell’industria dei semiconduttori. Jiang espresse apertamente la sua ammirazione per le moderne aziende di semiconduttori su larga scala della Corea del Sud e si dimostrò ricettivo nei confronti degli esperti cinesi etnici d’oltremare.Dal 1995 al 1999, gli esperti cinesi etnici d’oltremare furono pesantemente coinvolti nella pianificazione del successivo progetto statale cinese nel settore dei semiconduttori, il Progetto 909, e nella formulazione di un documento formale di politica industriale, il Documento 18. Fu in questo contesto che fu consentita la già citata acquisizione della Huajing da parte di dirigenti cinesi etnici d’oltremare. Nel dicembre 1995, il governo cinese ha pubblicato il 9° Piano quinquennale (1996-2000) per l’industria dei semiconduttori, in cui si proponeva la costruzione di una fabbrica da 8 pollici dotata di tecnologia di processo con nodi da 0,35 a 0,5 micron. Inoltre, il 9° Piano quinquennale prevedeva la creazione di diverse case di progettazione di semiconduttori commerciali per utilizzare la fabbrica. Con un’attenzione di alto livello, l’esecuzione del piano è stata rapida. Nell’aprile 1996, il Consiglio di Stato si è associato alla città di Shanghai per finanziare il Progetto 909, un nuovo progetto che avrebbe dovuto sostituire il Progetto 908 per realizzare le ambizioni high-tech della Cina. Il Progetto 909 è stato l’ultimo progetto statale nel settore dei semiconduttori con un coinvolgimento diretto del governo nell’investimento e nella gestione di un’impresa di semiconduttori. È stato anche il progetto più costoso dell’epoca, con un costo di oltre 10 miliardi di RMB, superiore alla somma di tutti i precedenti investimenti statali nel settore e più di quanto abbiano speso il Giappone o la Corea del Sud in una fase simile di recupero.Per evitare le impasse burocratiche che hanno ostacolato il Progetto 908, la pianificazione e l’esecuzione del Progetto 909 sono state deliberatamente condotte al di fuori della burocrazia consolidata. Per finanziare il progetto, il premier Zhu Rongji ha stanziato fondi per il progetto dal Fondo del premier, ovvero una categoria speciale della spesa discrezionale del governo centrale gestita dall’ufficio del premier. Per accelerare il processo decisionale è stato istituito un comitato intergovernativo con la consulenza di un gruppo di esperti composto da dieci specialisti dell’industria dei semiconduttori, tra cui cinque esperti di etnia cinese residenti all’estero. Nel giro di quattro mesi, il MEI e la città di Shanghai hanno avviato la costituzione di Huahong Group, una nuova impresa statale per la realizzazione del Progetto 909, con un capitale registrato di 4 miliardi di RMB, suddiviso tra il governo centrale e Shanghai in ragione di 60:40. Hu Qili, ministro dell’Industria elettronica e stretto alleato del presidente Jiang Zemin, è diventato presidente del consiglio di amministrazione della nuova impresa. Il fulcro del Progetto 909 era la costruzione di una linea di produzione da 8 pollici. Nella pianificazione sono stati presi in considerazione tre approcci: 1) sviluppare autonomamente la tecnologia e costruire la fabbrica; 2) investire in una fabbrica da far gestire a manager e ingegneri di etnia cinese residenti all’estero ; 3) creare una joint venture con una multinazionale. Secondo Hu Qili, i leader del Progetto 909 erano convinti che “Dobbiamo dipendere dalla collaborazione, non dallo sviluppo indipendente “ e quindi l’opzione uno è stata esclusa per prima. Hu ha anche sostenuto che il Progetto 909 aveva bisogno non solo di attrezzature straniere, ma anche di talenti internazionali, esperienza manageriale, proprietà intellettuale e accesso ai mercati. Per dirla con le parole di Hu, “dobbiamo coinvolgere partner tecnici e manageriali internazionali, come hanno fatto altri Paesi. Dal 1995 al 1999, la MEI di Hu Qili è entrata in contatto con molti industriali di etnia cinese residenti all’estero, tra cui Richard Ru-Gin Chang, che alla fine sarebbe venuto nella Cina continentale per avviare le sue fonderie. Tuttavia, Chang e altri industriali non erano ancora pronti ad assumersi il compito. Alla fine è stata scelta l’opzione della joint venture perché considerata la meno rischiosa e perché un’azienda straniera affermata sarebbe stata in grado di offrire tecnologia, gestione e, soprattutto, proprietà intellettuale. Come sosteneva Hu, per realizzare l’obiettivo del Progetto 909 di “interrompere il circolo vizioso del recupero tecnologico… dobbiamo avere la proprietà intellettuale…” acquisita dall’estero. L’ostacolo maggiore nell’approccio della joint venture è stato trovare un partner straniero capace e disposto. Le difficoltà erano duplici. Da un lato, a differenza di molti settori in cui il governo cinese ha attuato con successo politiche di “mercato commerciale per la tecnologia” per attrarre partner stranieri di joint venture, dall’altro il governo non disponeva di un mercato dei semiconduttori controllato dallo Stato da poter offrire. Nel 1997, il ciclo economico del mercato globale dei semiconduttori stava passando da un boom a un crollo dei prezzi a causa della sovraccapacità. Senza un mercato garantito, le aziende straniere di semiconduttori erano scettiche sulla prospettiva di investire in una fonderia avanzata in Cina in un periodo di crisi del settore. D’altro canto, le tecnologie dei nodi di processo avanzati oggetto del Progetto 909 sollevavano preoccupazioni circa l’acquisizione di attrezzature e macchinari dall’estero, dato il controllo sulle esportazioni degli Stati Uniti che limitava la vendita di attrezzature avanzate per la produzione di semiconduttori alla Cina.Il governo cinese ha letteralmente creato un nuovo mercato interno per sostenere il Progetto 909. Nel 1996, il governo ha lanciato il “Progetto Carta d’Oro”, una serie di progetti di e-government per il lancio di carte d’identità nazionali, carte intelligenti (prepagate) e carte SIM per cellulari integrate con chip per computer. Il progetto Gold Card ha sostanzialmente creato un mercato di approvvigionamento governativo di circuiti integrati del valore di milioni di dollari all’anno. Il governo si riforniva di questi chip dalle aziende di semiconduttori create nell’ambito dei progetti 908 e 909, che si rifornivano della produzione della prevista linea da 8 pollici. Nel 1999, Huahong ha creato due case di progettazione, una a Pechino per la produzione di chip per schede SIM e una a Shanghai per i chip delle carte d’identità nazionali, per catturare questo mercato degli appalti.Utilizzando i mercati degli appalti pubblici come trampolini di lancio, il governo sperava che le società di semiconduttori create dal Progetto 909 sarebbero diventate imprese commercialmente redditizie.Dopo lunghe trattative con una serie di multinazionali statunitensi, giapponesi ed europee,alla fine NEC ha accettato di aderire al Progetto 909 e ha trasferito la tecnologia e le attrezzature per i nodi da 8 pollici e 0,5μm. All’epoca NEC era la seconda azienda di semiconduttori al mondo e aveva già avviato una vasta attività di produzione di elettronica attraverso partnership con le imprese statali cinesi, tra cui la già citata fonderia Shougang-NEC che ha portato in Cina la prima fabbrica da 6 pollici. Nel 1997 è stata costituita una joint venture da 1,2 miliardi di dollari, Huahong-NEC, con 200 milioni di dollari di NEC, 500 milioni di dollari di Huahong Group e altri 500 milioni di dollari di prestiti bancari. NEC ha trasferito l’attrezzatura e la tecnologia completa della fabbrica da 8 pollici, ha fornito la gestione e la formazione dei lavoratori e ha accettato di gestire la fabbrica e di acquistare il 35% della sua produzione nei primi cinque anni. Per compensare il contributo di NEC in termini di tecnologia e capacità di gestione, sia Huahong che NEC hanno condiviso il controllo dell’impresa comune, con due posti nel consiglio di amministrazione. Inoltre, NEC ha nominato il direttore generale e si è assunta la piena responsabilità della gestione della produzione, delle vendite e del marketing. La costruzione della fabbrica di Huahong-NEC è iniziata nel 1997 e la fabbrica è entrata in produzione pilota molto rapidamente all’inizio del 1999. I prodotti iniziali erano chip DRAM da 64 megabyte (MB) e i prodotti venivano esportati da NEC con il marchio NEC. Nei primi anni, i chip di memoria rappresentavano l’80% della produzione totale di Huahong-NEC, mentre il resto era costituito da chip per smart card destinati ai mercati nazionali. Grazie all’approvvigionamento, alla gestione e alla tecnologia di NEC, Huahong-NEC ha rapidamente incrementato la produzione di 8 pollici, migliorando la resa dal 50% a oltre il 90% nel giro di tre mesi, un livello di qualità generalmente considerato conveniente nella concorrenza internazionale. Huahong-NEC ha dichiarato di aver ottenuto un profitto di 350 milioni di RMB nel primo anno completo di produzione nel 2000, un risultato raro nei progetti statali cinesi per i leader del Progetto 909 che rivendicano vittorie precoci. Tuttavia, i dati di Huahong-NEC sono stati criticati da persone all’interno e all’esterno del governo cinese. Molti dubitano della redditività iniziale di Huahong-NEC, poiché di solito è difficile per le nuove fabbriche raggiungere la redditività nei primi anni di attività a causa degli elevati costi di ammortamento. Si ipotizza che Huahong-NEC non abbia avuto profitti sostenibili fino al 2004.Una controversia più grande riguardava tuttavia la gestione giapponese di Huahong-NEC. Mentre NEC ha aiutato l’impresa comune a raggiungere l’obiettivo principale di costruire la fabbrica da 8 pollici, altri aspetti del Progetto 909, tra cui l’apprendimento delle capacità gestionali e l’acquisizione di proprietà intellettuale, hanno avuto risultati contrastanti. Diverse relazioni e indagini condotte nei primi anni 2000 hanno evidenziato una mancanza di apprendimento tra i dirigenti e gli ingegneri cinesi di Huahong-NEC. L’esame del Progetto 909 da parte del Ministero della Scienza e della Tecnologia ha criticato il fatto che il personale cinese a Huahong-NEC fosse generalmente escluso dalle “operazioni principali”, anche se gli investigatori hanno ammesso che il personale cinese nominato dal governo era spesso costituito da burocrati piuttosto che da veri esperti tecnologici.I ricercatori hanno scoperto che i giapponesi hanno strategicamente limitato la formazione del personale ingegneristico cinese, che ha sviluppato solo competenze in compiti specifici senza una comprensione dell’intero processo di fabbricazione. In un caso di studio sorprendente, gli ingegneri cinesi di Huahong-NEC non erano in grado di confermare ai clienti se la fabbrica fosse in grado di produrre chip con determinate specifiche senza consultare gli ingegneri NEC in Giappone.La parte cinese aveva comunque esercitato pressioni su NEC affinché trasferisse più tecnologie. Huahong aveva speso circa dieci milioni di RMB per inviare ingegneri ad acquisire la tecnologia del nodo di processo da 0,18 micron dall’IMEC, il centro europeo di ricerca sui semiconduttori in Belgio. La tecnologia dell’IMEC non è stata effettivamente utilizzata, ma è stata usata come merce di scambio per chiedere a NEC di trasferire tecnologie equivalenti. Un’area in cui Huahong-NEC ha dato un contributo significativo all’economia nazionale è stata la riduzione del costo dei circuiti integrati per smart card. Le filiali di Huahong per la progettazione di semiconduttori hanno ricevuto da NEC una serie completa di strumenti di progettazione e librerie IP per i circuiti integrati per smart card. Dopo la produzione di massa di chip fatti in casa presso la fabbrica di Huahong-NEC, i prezzi dei circuiti integrati per smart card importati sono scesi da alcuni dollari per chip a pochi centesimi nel giro di un decennio. Quando i prezzi delle DRAM hanno iniziato a scendere in seguito al fallimento della bolla delle dot-com, le condizioni finanziarie di Huahong-NEC si sono deteriorate. Dal 2001 al 2003, Huahong-NEC ha perso denaro in un mercato delle DRAM debole. Solo nel 2002, Huahong-NEC ha registrato una perdita di 700 milioni di RMB.Huahong-NEC ha continuato a perdere denaro. Nel 2003, sia il governo cinese che NEC erano insoddisfatti dell’impresa comune. All’epoca, NEC era interessata a riportare la produzione nei propri stabilimenti in Giappone, dato che la sua attività nel settore dei semiconduttori era in declino. Nel 2003, entrambe le parti hanno deciso di rescindere il contratto di gestione quinquennale assegnato a NEC, e sono stati inseriti nuovi manager e ingegneri di etnia cinese della diaspora. Sotto la nuova gestione, Huahong-NEC si è trasformata da fabbrica di DRAM vincolata per NEC a fonderia pura per clienti nazionali e internazionali, anche se gli acquisti governativi di circuiti integrati per Smart Card sono rimasti un’importante fonte di reddito. Nel 2003 è stato invitato un nuovo partner straniero, Jazz Semiconductor, con sede negli Stati Uniti, per assicurarsi nuovi clienti ed espandersi in nuove aree applicative della memoria flash. Attraverso una serie di ristrutturazioni, nel 2009 il Gruppo Huahong è diventato un’azienda statale di proprietà del governo municipale di Shanghai. Nel 2010, Huahong ha ricevuto un’altra sovvenzione governativa, il “Progetto 909 Upgrade”, per investire in una linea da 12 pollici. Il progetto di upgrade è stato intrapreso da una nuova fonderia, Huali Microelectronics (HLMC), interamente controllata dal Gruppo Huahong. Nel 2013, Huahong-NEC si è fusa con Grace Semiconductors, una start-up di fonderia con sede a Shanghai, per formare Huahong Grace Semiconductors. Nel 2018, Huahong si è espansa a Wuxi per costruire nuovi impianti da 12 pollici. Oggi Huahong semiconductors è tra le prime dieci fonderie di semiconduttori pure-play a livello globale. Concentrandosi principalmente sulle memorie non volatili e sulle applicazioni discrete di potenza che utilizzano nodi di processo maturi, Huahong non è certo un concorrente per le tecnologie di punta che sono state pianificate dal governo più di 20 anni fa. Mentre Huahong-NEC ha ottenuto risultati contrastanti nel promuovere la tecnologia cinese, il Progetto 909, di alto profilo, potrebbe aver fatto più progressi nel sollecitare cambiamenti istituzionali e politici importanti per l’industria. Come ha affermato Wang Yangyuan, scienziato e consulente governativo di alto livello, “Huahong-NEC ha dato un enorme esempio per l’intero settore e ha spinto le politiche pertinenti… Huahong-NEC ha dimostrato che la Cina ha le condizioni e l’ambiente per l’industria dei semiconduttori… comprese le infrastrutture, il mercato, il talento e le politiche”.Un importante cambiamento politico è la riforma fiscale. A metà degli anni ’90, la Cina ha applicato un’imposta sul valore aggiunto della produzione (IVA) del 17% ai semiconduttori, alle materie prime e alle attrezzature importate. I leader del Progetto 909 hanno fatto pressione per ottenere varie agevolazioni fiscali per le attrezzature e le materie prime importate, che alla fine sono state estese all’intero settore. Nel 2002, la Cina ha eliminato le tariffe sui semiconduttori aderendo all’Information Technology Agreement, un accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). L’altro cambiamento è stato l’apertura dell’industria dei semiconduttori agli investimenti stranieri, in particolare l’introduzione di capitali di rischio stranieri. Nel 1999, il Ministero della Scienza e della Tecnologia ha confermato che le imprese di semiconduttori possono richiedere capitali di rischio che prima erano considerati off-limits. Hu Qili, l’architetto del progetto, ha concepito il progetto come una dimostrazione della possibilità di gestire imprese di semiconduttori avanzate sul territorio cinese, nonostante l’infrastruttura industriale e l’ambiente istituzionale legale del Paese siano relativamente deboli. Per raggiungere l’obiettivo, ha previsto un’impresa manifatturiera di base per sostenere una catena industriale più ampia.Huahong ha compiuto passi importanti verso la promozione dell’ecosistema industriale, anche se i progressi sono stati inferiori alle aspettative. Huahong ha partecipato al finanziamento di diverse aziende di semiconduttori fabless con sede nella Silicon Valley che si sono poi trasferite a Shanghai. Newave Semiconductor, una start-up fabless che ha ricevuto un terzo del capitale iniziale dal braccio di investimento di Huahong, Huahong International, è stata la prima azienda fabless cinese finanziata dal capitale di rischio. Newave è stata fondata da un gruppo di cinesi d’oltremare nella Silicon Valley e a Shanghai. L’azienda progettava chip a radiofrequenza (RF) per apparecchiature di telecomunicazione. Newave operava principalmente a Shanghai, dove poteva attingere a un ampio pool di ingegneri locali, pur mantenendo la sede centrale nella Silicon Valley per mantenere la vicinanza con i leader del settore. Newave ha avuto un grande successo ed è stata successivamente acquisita da IDT nel 2001 per 80 milioni di dollari, un record per le start-up cinesi di semiconduttori dell’epoca. Huahong International ha successivamente investito in diverse start-up locali, tra cui Spreadtrum Communications, che è cresciuta fino a diventare un’azienda di semiconduttori di punta specializzata in SoC per smartphone. Sebbene l’investimento di Huahong fosse in gran parte simbolico, è difficile non sottovalutare la sponsorizzazione statale dietro Huajing nell’incoraggiare l’afflusso di capitali, talenti e start-up di semiconduttori in Cina nel decennio successivo.

https://jacopo1949.substack.com/p/lezioni-dal-successo-e-dal-fallimento

La Cina e i cinesi! Come li vediamo, come si vedono_Con Daniela Caruso

Tempo fa Xi Jinping rimproverò a Trump la scarsa conoscenza della civiltà e del modo di pensare dei cinesi. Non è purtroppo una prerogativa esclusiva di quell’uomo politico. Una civiltà, un modo particolare di pensare proprio di una rappresentazione, può avvicinarsi soprattutto per analogie, specie nei primi impatti, alla comprensione di altre civiltà. Se poi a queste difficoltà si aggiungono l’ostinazione degli stereotipi e le forzature connesse alle dinamiche geopolitiche, al conflitto di interessi e alle manipolazioni del confronto politico, facilmente il conflitto e lo scontro politico possono assumere la veste di uno scontro di civiltà e di una lotta tra il bene e il male. La capacità critica e la conoscenza sul campo di Daniela Caruso ci aiutano a capire, già in questa prima puntata, le caratteristiche e le dinamiche di una formazione sociale e di una classe dirigente tutt’altro che arroccata ed avulsa, per non dire insensibile, dal contesto in cui vive e dalle esigenze espresse dalla popolazione. Una classe dirigente abituata al pragmatismo e ai tempi lunghi dai quali sembre spesso rifuggere chi pretende al contrario di darle ancora lezioni, non ostante gli antefatti dolorosi e ignobili dei quali sono responsabili. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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DILEMMI MULTIPOLARI, di Pierluigi Fagan

DILEMMI MULTIPOLARI. Inizia oggi la tre giorni di Xi Jinping in Arabia Saudita. Raro Xi prenda l’aereo e vada fuori il suo Paese. La visita si articolerà in tre giorni e tre riunioni: bilaterale, Cina e Paesi del Golfo, Cina a Paesi arabi. la composizione di quest’ultimo non è al momento chiara. Vediamo in breve il significato.
Il primo e più importante è il venirsi a formare di due modelli di relazioni internazionali. Da una parte quello centrato sugli USA che di recente sembra propendere per una astiosa contrapposizione contro tutti coloro che non uniformano alle forme del modello lib-dem e dall’altra tutti gli altri. Questi altri procedono condividendo relazioni economiche e finanziarie di mercato, in modalità “doux commerce” à la Montesquieu. La formula delle relazioni bilaterali tra questi Paesi è “il rispetto per la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale e la non interferenza negli affari interni reciproci” che è il focus di IR cinese ma che già lo fu alla fondazione settanta anni fa del forum dei paesi non allineati, una configurazione terza rispetto alla contesa tra i due blocchi della guerra fredda che i più si dimenticano di considerare nelle analisi su gli ultimi settanta anni di storia.
Questo punto è assai rilevante. La Cina si presenta non come modello ma come partner, una posizione basata sul principio di reciprocità. Il mondo è pieno di diversità, ma tutti vogliamo star meglio. Star meglio significa sostanzialmente pace e sviluppo economico da riversare in consenso sociale e politico. Questo sul piano formale, su quello sostanziale, la Cina è oggi il principale soggetto statale dotato di capacità di investimento. Ognuno poi a casa sua fa come crede ma ci si incontra poi al crocevia degli scambi, al mercato potremmo dire, antichissima istituzione umana che risale alla notte dei tempi e su cui arabi e cinesi sono storicamente maestri.
Per la Cina, il “mondo arabo” è triplicemente importante: in sé per sé, per sottrarlo all’egemonia occidental-americana, come cerniera verso l’Africa. Quanto all’in sé per sé si declina in questioni energetiche sulle quali gli USA sono ormai autonomi mentre la Cina ha interesse a diversificare i fornitori e non legarsi in maniera troppo esclusiva alla Russia. Ma intorno a questo nucleo ci sono altri tre aspetti. Il primo è il reciproco sviluppo. Il giovane bin Salman, ma è questione che riguarda anche tutte le altre monarchie del Golfo, sa che in prospettiva la rendita energetica diminuirà ed è ora che bisogna avviare ipotetici progetti di diverso sviluppo economico il che, per paesi mono-risorsa e con ben poco di dotazione naturale e tradizione culturale economica moderna, non è facile.
Il secondo è la nascente convinzione che anni e decenni di conflitto armato da quelle parti non hanno portato alcun vantaggio. Dalla fine del conflitto siriano, in generale, da quelle parti soffiano venti di pace sostanziale. Si va dalla riappacificazione tra Qatar e sauditi, ai viaggi israeliani di qui e di là, ai colloqui riservati che vanno avanti da tempo tra sauditi ed iraniani, iraniani e turchi e così via. Fatti apparentemente banali di semplice soft power come i mondiali di calcio in corso, la stessa vittoria ieri del Marocco che è diventato il simbolo della rinascenza arabo-musulmana, forse anche i crescenti dubbi iraniani sulla c.d. “polizia morale”, sembrano dire che da quelle parti si sta formando una idea di comunità internazionale a modo suo simile a quella storicamente intesa dagli stessi occidentali, ma senza gli occidentali dentro. Sauditi ed affini sono da un po’ i maggiori acquirenti di armi, ma prima o poi si presenterà il dilemma tra spesa in armi e spesa in sviluppo.
Il terzo è molto rilevante e poco conosciuto. Noi stessi abbiamo a lungo scritto anni fa di come dietro al Qaida e soprattutto ISIS ci fossero chiari segni di presenza saudita-emiratina. Questo nucleo salafita-wahhabita era poi collegato a quello di diversa origine ma sostanziale similarità pakistano. Questa interpretazione integralista e ultra-tradizionalista dell’islam arrivava a turbare vaste porzioni del mondo musulmano non solo arabo o africano ma anche asiatico, i quattro “-stan” e ovviamente il Xinjiang cinese. Sappiamo che molta manovalanza ISIS nel conflitto siriano proveniva da quelle parti via Turchia. Forse poco noto a noi autocentrati sui destini occidentali ma più del 90% delle vittime di attentati di queste galassie di organizzazioni armate islamiche negli ultimi anni, erano nei paesi musulmani. La stessa penetrazione cinese in Africa deve farci i conti di convivenza. Sembra ora che in accordo anche con gli altri due punti, la strategia geopolitica di questa parte del mondo stia cambiando, la leva ideologico-religiosa sembra diventare meno importante, la cooperazione è in ascesa.
Quanto alla relativizzazione occidental-americana la faccenda è complicata e forse anche non così come l’abbiamo espressa sbrigativamente. Di fatto, l’Europa si sta sottraendo o tentennando ai legami progettuali sul progetto Vie della Seta, nel frattempo però i cinesi puntano all’Asia minore e l’Africa. Le strategie giocano su tempi medio-lunghi e nei fatti, l’Europa potrebbe trovarsi accerchiata dalla rete cinese-multipolare.
Ad un osservatore terzo, tutto ciò non potrà che esser giudicato come sostanzialmente positivo. Che questi Paesi cerchino la loro Via, commercino, si allaccino in reti di reciproco investimento, si scambino culture, è il modo penso auspicato da tutti di trovare un modo di convivenza planetaria in un mondo complesso. Ma forse, “l’osservatore terzo” è una astrazione, siamo tutti geo-storicamente e geo-politicamente collocati.
E veniamo appunto ai “dilemmi”. Qualche giorno fa, le cancellerie tedesco Scholz, ha rilasciato un lungo articolo sulla testata principe delle IR occidentali cioè americane: Foreign Affairs. Scholz ha introdotto un nuovo concetto: lo Zeitenwende, lo “spostamento tettonico epocale”, unitamente al riconoscimento ormai stabilito che la cifra della fase storica è il mondo multipolare, suoi ordini, assetti, problemi ed opportunità.
Lo Zeitenwende è tutta colpa di Putin, la rottura dei principi di convivenza stabiliti dalla carta dell’ONU e per altro anche dal semplice buonsenso. Non una parola sulla responsabilità europee o sulle comprensibili paturnie russe in fatto di sicurezza come fatto di recente da Macron, anzi, è colpa di Mosca se non si sono implementati gli Accordi di Minsk che erano l’unica strada perseguibile in Ucraina.
Da leggere la lunga requisitoria di Scholz contro Putin, un saggio di argomentazioni accusatorie perfettamente in linea con la posizione americo-anglosassone ed anche sintoniche con le idee dell’est Europa su cui Berlino ha rischiato di perdere la storica egemonia con i tentennamenti iniziali. Il pezzo di Scholz vale la pena di esser letto anche perché disegna una strategia del riarmo tedesco e la sua chiara volontà di porsi come futura forza armata di riferimento per l’intera Europa, fatto di non secondaria importanza a cui è legato anche un certo tipo di sviluppo di ricerca tecnologica e produzione industriale. Forse è questa prospettiva imposta nei primi giorni dagli americani che ha portato i tedeschi a cambiare atteggiamento da un giorno all’altro, quasi un anno fa. Ipotizzo che a Macron la lettura dell’articolo non piacerà, ma non è delle questioni interne la nostra area che qui volevamo parlare.
Se Scholz si mostra allineato e coperto nella strategia antirussa degli USA con portati energetici importanti ed altrettanto in termini NATO-Europa centro-nord/orientale, si smarca con decisione dall’idea di accettare il format democrazie-vs-autocrazie americano, quindi di iscriversi alla guerra fredda 2.0 voluta da Washington per mettere ordine al -per loro- “disordine” del mondo complesso. Per Berlino quindi, Europa dentro, Russia sotto ma NON Cina fuori. Infatti, l’ha visitata da poco con codazzo di industriali e banche a ribadire gli storici legami. Tutta l’industrializzazione cinese anni ’80-’90 quella a capitale 51% cinese e 49% partner nelle zone industriali speciali e poi in tutto il paese, era coi tedeschi. Insomma, il mercantilismo tedesco non ha alcuna intenzione di uscire dai circuiti finanziario-commerciali globali.
Le cronache del mondo nuovo multipolare e complesso ci impegneranno molto nei prossimi anni. Un vero peccato che la cultura politica media del nostro Paese ne sia completamente estranea nel pensiero quando ne è e sempre più ne sarà, dipendente nella sostanza.

Golpe e colpi di mano, di Antonio de Martini

Il tentativo di golpe in Germania somiglia come una goccia d’acqua alla favola del “ golpe Borghese” organizzato dal capo della Polizia di allora, Vicari ai primi del 1971, per rendere plausibile la “ minaccia” fascista” e far accettare l’entrata del PCI nell’area della maggioranza prima e del governo poi.
Anche nel caso del “ Golpe Borghese” – a seguito della confessione registrata di tale Remo Orlandini consegnata al capitano dei CC , Antonio La Bruna, prima di scomparire nel nulla-  si arrestarono “ ex ufficiali” ( i tenenti colonnelli Rosa e De Rosa, avanzi della Repubblica sociale di trenta anni prima), c’era un parà (il solito Saccucci) e, ovviamente, nessun esponente delle Forze Armate.
In Italia aggiunsero il gustoso dettaglio dell’occupazione del ministero dell’interno e del “ prelevamento” di quattro mitra ( MAB) dall’armeria centrale del Viminale in guisa di souvenir da parte di “ un nostalgico”.
Si trattava di quattro mitra Beretta catturati dagli studenti Pacciardiani sulle “campagnole” abbandonate dai poliziotti in fuga durante lo scontro di Valle Giulia nel 1968 e “ trasferiti “in un primo tempo all’armeria centrale del Viminale per nascondere l’ammanco, la diserzione e l’0abbandono del materiale avuto in consegna.
Un ingegnoso soggetto, suggerì di aggiungere il dettaglio per poter scaricare l’imbarazzante mancanza che prima o poi avrebbe potuto nuocere al Capo.
La Marina, sottrasse la sua medaglia d’oro ( Borghese) al ludibrio, trasferendolo in sottomarino, sulle coste spagnole in un giorno in cui il comandante, il vice e il capo di SM della base di La Spezia, risultarono contemporaneamente assenti per licenza.
Anche in questa vicenda tedesca non c’é ombra di Forze armate coinvolte. Non c’é ombra di colpo di mano. Nulla.
In Italia si coinvolse la Forestale comandata dal colonnello Berti ( la battuta dell’epoca che affondò l’accusa era “ doveva occupare la RAi , perché é lì che c’é il sottobosco”) e il tenente colonnello Amos Spiazzi , un bello spirito privo di truppe che nei salotti si presentava :” Amos Spiazzi, extraparlamentare di destra”.

Se non si verifica un colpo di stato, impossibile che si realizzi la fattispecie del reato.
La magistratura sgonfiò il palloncino, ma L’Espresso ed altri fogli di estrema sinistra diedero la cosa per assodata e la manovra di avvicinamento del PCI  al potere proseguì, tramite Rodano e compagni,  come se il pericolo di un golpe fascista esistesse davvero.

Il fatto che questa grottesca sceneggiatasi ripeta pedissequamente in Germania mezzo secolo dopo, mi legittima il sospetto che la matrice  e la motivazione siano le stesse: cooptare l’estrema sinistra nell’area di governo.
E quel che l’Italia del 1970 ha in comune con la Germania2022, é la NATO. Non altro.

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