La Germania non impara mai e persegue ancora una volta il “Drang nach Osten”.
Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente
Nel suo romanzo del 1998 “Veronika decide di morire”, lo scrittore brasiliano di fama mondiale Paulo Coelho ha affermato che “le persone non imparano mai nulla se glielo si dice, devono scoprirlo da sole”. Eppure, sembra che non solo le persone, ma interi Paesi non imparino nulla anche dopo aver “scoperto” per secoli. Peggio ancora, sembra che “scoprirlo” nel modo più difficile possibile non li dissuada dal provarci ancora e ancora.
È proprio questo il caso della Germania, una potenza imperialista risorgente, anche se ancora sotto la stretta dei suoi padroni anglo-americani. Anche prima dell’inizio dell’operazione militare speciale (SMO), la Germania è emersa come uno dei più importanti sostenitori della giunta neonazista, soprattutto perché l’allora cancelliere Angela Merkel ha ammesso di aver negoziato con la Russia “solo per far guadagnare tempo a Kiev”.
Al tanto sbandierato (ma in gran parte fallito) vertice della NATO a Vilnius, in Lituania, l’immediato successore della Merkel, l’attuale cancelliere Olaf Scholz, ha promesso altri 700 milioni di euro in armi per la giunta neonazista, tra cui più carri armati, veicoli blindati, varie munizioni e persino ulteriori sistemi SAM (missili terra-aria) “Patriot”, nonostante i loro ripetuti e piuttosto umilianti fallimenti. Secondo lo stesso Scholz, questo pone Berlino all’avanguardia dei cosiddetti “aiuti militari” per Kiev. E in effetti, anche se la Germania potrebbe essere stata meno esplicita al riguardo, in particolare rispetto ai vantati impegni del Regno Unito o degli Stati Uniti, le sue massicce spedizioni di armi alla giunta neonazista parlano da sole.
Tale impegno nei confronti del regime apertamente neonazista di Kiev equivale di fatto alla restaurazione del Terzo Reich, dal momento che Berlino ha armato gli effettivi discendenti politici dei collaboratori nazisti ucraini della Seconda guerra mondiale. Le leggi tedesche contro la glorificazione del nazismo non hanno alcun significato se la Germania continua a inviare armi a un Paese che è stato dirottato dalle stesse persone che normalmente verrebbero arrestate nella stessa Germania. Al contrario, ciò dimostra solo l’impareggiabile ipocrisia della leadership politica di Berlino. Una politica estera di questo tipo non può che rafforzare l’idea che la denazificazione in Germania è stata in gran parte superficiale e non ha cambiato sostanzialmente nulla, nonostante sia stata attuata (ufficialmente, almeno) da quasi 80 anni.
L’esatta motivazione che potrebbe spingere Berlino ad andare ancora una volta contro Mosca è oggetto di dibattito, soprattutto perché la Russia ha inflitto numerose sconfitte schiaccianti a vari invasori tedeschi negli ultimi 1000 anni. Tra gli altri, si annoverano i cavalieri tedeschi livoniani e teutonici nel XIII secolo, quando Sant’Alessandro Nevskij li sconfisse in diverse battaglie, mentre l’invasione nazista della Russia durante la Seconda Guerra Mondiale è l’esempio più recente. È importante notare che Mosca ha schiacciato tutte queste forze d’invasione molto prima di avere l’arsenale termonucleare più potente del mondo, il che rende ancora più irrazionale il ragionamento della Germania in politica estera. Tutto questo senza nemmeno considerare l’immensa responsabilità morale che Berlino detiene a causa del suo impareggiabile passato genocida.
La rimilitarizzazione della Germania farà sicuramente suonare molti allarmi a Mosca, dato che la Russia ha ripetutamente avvertito che non permetterà mai la ripresa dell’invasione omicida senza precedenti da parte di un’altra “famiglia di nazioni europee”. Eppure, Berlino non sembra aver colto la situazione, visto che le sue élite insistono su un’ulteriore escalation con Mosca. In un’intervista rilasciata il 7 luglio a Die Tageszeitung, il colonnello in pensione Roderich Kiesewetter, un importante esperto tedesco di politica estera e militare, ha sostenuto che “come passo intermedio verso l’adesione alla NATO [del regime di Kiev], sono ora necessarie garanzie, possibilmente anche con l’assistenza nucleare – per la deterrenza” e che la NATO dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di “tagliare Kaliningrad dalle linee di rifornimento russe”, in modo che l’Occidente politico possa “vedere come Putin reagisce quando è sotto pressione”.
A parte l’idea chiaramente delirante che il Cremlino se ne starebbe con le mani in mano in uno scenario del genere, c’è anche un’evidente dose di revisionismo storico, dato che Kaliningrad faceva parte della Germania prima della Seconda guerra mondiale (all’epoca era conosciuta come Königsberg). Questa ostilità non si limita alla retorica, ma è supportata da iniziative molto concrete. In particolare, la Rheinmetall AG, uno dei principali produttori di armi tedeschi, ha dichiarato che andrà avanti con i piani precedentemente annunciati di aprire una fabbrica di carri armati in Ucraina entro le prossime 12 settimane. L’azienda si occuperà anche di addestrare le forze della giunta neonazista alla manutenzione dei carri armati e degli altri veicoli blindati prodotti nella fabbrica. Il piano è stato confermato da Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall AG, in un’intervista pubblicata dalla CNN il 10 luglio.
Oltre ai carri armati, ai veicoli blindati e ai sistemi di difesa aerea, è emerso che la Germania potrebbe presto consegnare il “Taurus” KEPD 350, un missile da crociera subsonico a lancio aereo svedese-tedesco con una gittata dichiarata di oltre 500 km. Sebbene tali missili non siano esattamente dei “game-changer”, in quanto l’esercito russo ha già abbattuto numerosi missili da crociera anglo-francesi “Storm Shadow/SCALP EG” con capacità simili, essi contribuiranno certamente a un ulteriore spargimento di sangue.
Inoltre, circa 4.000 soldati tedeschi sono stati dispiegati alle porte della Russia, dove già rappresentano circa il 50% delle forze NATO di stanza in Lituania. Anche il già citato esperto militare tedesco Roderich Kiesewetter ha sostenuto la creazione di basi tedesche permanenti nei Baltici, definendola una “decisione di ragionevolezza e affidabilità”. Sembrerebbe che la Germania abbia ancora un implacabile e masochistico appetito per far “spiegare” ai militari russi quanto siano “ragionevoli” tali azioni.
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POCO DI NUOVO SUL FRONTE ORIENTALE. Nei primi giorni del conflitto russo-ucraino, poco meno di un anno e mezzo fa, scrivemmo il nostro punto di vista sulla questione delle intenzioni americane. Ritenevamo che il conflitto ruotasse intorno a queste poiché erano gli americani ad aver progressivamente influito sui già precari equilibri interni della disgraziata Ucraina, già a partire da Euromaidan nel 2013.
Avevano continuato con una lenta ed inesorabile penetrazione costante in termini di consiglieri militari e finanziari, think tank e varie propaggini tentacolari che arrivarono a prendere il coniglio scappato dal cilindro Zelensky, a suo tempo eletto su onda populista stanca di corruzione, malaffare e continua tensione con la Russia sgradita ai più di quel Paese, quantomeno i residenti della parte centro-orientale, trasformandolo in Capitan Ucraina. Ma non c’era solo questo. C’era una più ampia strategia di pressione sul confine orientale e caucasico russo e c’erano stati diversi segnali di ritiro da trattati internazionali sui missili a medio raggio ed altro relativamente il bilanciamento atomico. Già a dicembre e poi a gennaio del ‘22, i russi richiesero perentoriamente un tavolo di confronto a Ginevra per chiarirsi su questo che rappresentava la più minacciosa rottura degli equilibri tra le due potenze atomiche planetarie dalla fine della IIWW (a cui s’era aggiunto un fallito tentativo di rivoluzione colorata in Kazakistan a gennaio), equilibrio che aveva retto anche lungo tutta la Guerra fredda. i russi non ricevettero risposta e ne trassero le conseguenze a fine febbraio.
Tutto ciò è stranoto a qualsiasi analista non sia arruolato negli effettivi della propaganda atlantista, inclusi i pochi “realisti” americani che ogni tanto ed invano vengono da qualcuno postati per mostrare ai propri contatti che c’è ancora qualcuno col barlume della ragione. Il fatto è che la politica internazionale o geopolitica (non sono la stessa cosa per quanto si occupino della stessa cosa) è un campo di studi come un altro, con le sue convenzioni, le sue scuole, i suoi metodi, la sua storia, una vasta e complicata serie di informazioni che i più non conoscono affatto. I più, sono stati convocati davanti ai fatti del febbraio ’22 come se il mondo iniziasse quel giorno e si riducesse a quello che i media occidentali (che ovviamente sono strumenti del conflitto com’è ovvio che sia) mostravano e non mostravano, dicevano e non dicevano, secondo logiche di primo livello (dicotomie semplificanti) condite da toni strappa-emozioni di rabbia e indignazione a cui era impossibile resistere.
In quei primi giorni, scrivemmo più volte quale fosse, secondo il nostro punto di vista, la razionale della strategia americana. Gli Stati Uniti d’America erano e sono in una curva di potenza calante e con loro l’intero mondo occidentale. Basta prendere le percentuali di valore del Pil o degli indici demografici, piuttosto che la cartina delle influenze ed egemonie di vario livello su i 200 e passa Stati del mondo del 1950 (allora erano poco più di 60), quelle di oggi, le proiezioni al 2050 e tracciare le curve. I numeri certo non dicono tutto, infatti ci sono studiosi che si occupano di queste cose apposta, perché oltre alle quantità c’è da conoscere vasti e complessi discorsi sulle qualità (tecnologiche, culturali, prossimità geografiche, stabilità sociale etc.) per fare una diagnosi. La diagnosi è inequivoca, ovunque il nostro cuore batta emotivamente, gli USA dovranno fare i conti con una contrazione di potenza. Si tratta solo di definire meglio la quantità (e qualità) ed i tempi.
Stante questa situazione è ormai noto che: 1) l’ordine (approssimativo e dinamico) planetario transita da un sistema rigido con a capo gli USA e area occidentale da una parte e un gruppo di pochi ma cattivi ragazzi dall’altra con una vasta platea di prede per occasionali egemonie ad un ordine più complesso in cui compaiono un gran numero di soggetti di diverso peso ed interesse, il c.d. ordine multipolare che secondo alcuni (in genere, americani) non è per niente ordinato in quanto fluttua.
Per capire questo ordine fluttuante non c’è miglior soggetto da indagare che l’India. L’India ha da un po’ proclamato il proprio stile di relazione internazionale ovvero il multi-allineamento che poi è, in pratica, il rifiuto stesso del concetto di “allineamento”. Se uno punta a diventare un “polo” va da sé che non è allineato che a sé stesso. Gli indiani sono BRICS ed anche SCO ed AIIB ma flirtano anche con il tentativo americano di fare una NATO dell’indo-pacifico (flirtare non comporta fare sesso), non vogliono la nuova moneta BRICS ma promuovere la propria rupia, comprano armi russe tanto quanto americane, comprano energia dai russi ed aprono a nuove joint venture tecnologiche con Washington, sono buoni amici dell’Iran e penetrano silenziosamente in Africa. L’anno scorso hanno aumentato il trading commerciale con gli USA che ora supera di poco quello con la Cina, mentre UAE-SA sommati (il 3° e 4° Paese per volumi di commercio) superano gli uni e gli altri. Oggi l’India è la 5a potenza economica, tra due anni sarà 4a, intanto si dilettano in viaggi sulla Luna, Chandrayaan-3 è partita l’11 luglio ed andrà in cerca di acqua ghiacciata nel sud lunare. Gli indiani stanno cercando di diventare un polo autonomo e fanno in più piccolo quello che già da tempo fanno più in grande i cinesi. Così per molti altri soggetti a vari livelli (esclusi i paesi europei invano stimolati da Macron con la sua “autonomia strategica”, che voleva pure farsi invitare al vertice BRICS di agosto);
2) dal punto di vista americano, i soggetti più temibili di questo riassetto mondiale sono la Cina per ragioni demo-economiche e la Russia per ragioni geo-militari;
3) normalmente, uno stratega consiglierebbe a gli USA di dividere i due competitor come pensava di fare Trump, l’area neo-con che detiene le leve della strategia dell’attuale presidenza Biden, invece, pensa che prima bisogna depotenziare la Russia rendendola un rottame di basse pretese, per poi dedicarsi alla Cina;
4) parallelamente e fondamentale, l’accorpamento stretto in termini di egemonia semi-imperiale di tutte le schegge occidentali, quella già orbitanti a livello naturale (la Fratellanza Anglosassone CAN-AUS-NZ-UK) e quella da mettere in ordine ovvero l’Europa e gli alleati pacifici orientali come il Giappone ed altri (Sud Corea, Filippine ed in maniera più ambigua anche altri da contendere alla Cina).
Ecco quindi chiaro cosa muoveva gli americani verso il confine russo: a) provocare l’invasione dell’Ucraina (a cui i russi non potevano sottarsi anche volendo come per altro lo stesso Putin ha tentato di fare negli ultimi anni sebbene spinto da parti interne che poi sono le stesse che oggi l’accusano di combattere con la mano legata dietro la schiena mentre altri non vogliono proprio il conflitto con l’Occidente in quanto si dedicano all’economia -soprattutto personale- e non alla geopolitica);
b) obbligare l’Europa a recidere ogni legame (energetico, commerciale, turistico e financo culturale) con la Russia, usando l’Europa dell’est contro quella dell’ovest;
c) rilanciare NATO e spesa militare europea (tanto all’inizio ne saranno loro i diretti beneficiari visto che gli europei non hanno una industria militare di livello e comunque diffidano gli uni degli altri per atavici motivi);
d) portarsi a casa nuove pedine utili per il prossimo e strategico conflitto dell’Artico (Svezia e Finlandia);
e) stabilire su questo quadrante i due paradigmi imaginari (cioè che valgono a livello di “valori” nelle immagini di mondo) della loro nuova strategia globale: democrazie vs autocrazie, ordine basato sulle regole (decise a loro, controllate da loro, sanzionate da loro e vale anche per la riformulazione della globalizzazione ex-WTO).
Verso la Russia nello specifico, il loro obiettivo è la consunzione ovvero coinvolgerla in un conflitto in Ucraina lungo, oneroso, sfibrante, generatore di contraddizioni interne. L’unico conflitto operato dagli USA nel dopoguerra vinto “senza se e senza ma” è stato la Guerra fredda che si basava proprio su questa strategia di lungo periodo.
Ne scrivemmo un anno e mezzo fa, non vediamo ragioni per modificare l’analisi.
L’attualità recente ci ha portato al vertice NATO di Vilnius. È incredibile quanto irriflessivo sia il discorso pubblico. Zelensky si è dispiaciuto per non esser stato ammesso nella NATO? Ma solo un giornalista di cappa e spada che scrive per i pesci rossi irriflessivi della sua bolla poteva credere realistico che l’Ucraina in guerra accedesse ad una alleanza basata sull’articolo V°. L’Ucraina, dice Biden, entrerà quando sarà finita la guerra che è, dal punto di vista russo, l’ottimo motivo per non farla finire mai che è poi proprio quello che vogliono gli americani. Forse poi un giorno finirà e del trattato di pace, ovviamente, farà parte la promessa di non accorparla nell’Alleanza atlantica, ma siamo lontani da quel giorno perché l’interesse americano è farla durare il più a lungo possibile quella guerra. Ora danno missili sempre più a lunga gittata (prima esclusi con sdegno per non “provocare escalation”), poi le bombe a grappolo (che sono un ottimo strumento per congelare i confini provvisori poiché, in pratica, i territori limitrofi diventano minati, quelli nell’Ucraina russa e quelli dell’Ucraina ucraina visto che ovviamente Shoygu ha annunciato la reciprocità). Al di là della guerra delle parole sui media e sui social, nei fatti, i confini provvisori della contesa sono quelli e non si spostano decisivamente da mesi.
Poiché gli americani gestiscono i valori, hanno deciso che anche la Turchia è democratica, per aver l’assenso all’entrata NATO della Svezia. Si sono giocati qualche areoplanino e la promessa che avrebbero messo una buona parola per far entrare Ankara in UE tanto è quasi roba loro (dal punto di vista geostrategico). Così ora gli europei dovranno prendersi in carico l’Ucraina e poi la Turchia. Erdogan che scemo non è ha detto “sì-sì” tanto poi il parlamento che deve ratificare il benestare è in vacanza fino ad ottobre, quindi si vedrà. Il “difensore dell’islam” che fa alleanza con gente che brucia il Corano in piazza è il segno che in questo campo non ci sono valori, ci sono solo interessi. I “valori” ci sono solo per le opinioni pubbliche, i tifosi, come nel calciomercato.
Il congelamento del conflitto tempo necessario per le elezioni americane è attivamente contrattato dietro le quinte. Probabilmente anche su richiesta europea che in effetti sta terminando le armi da inviare al fronte. Tra l’altro, i sondaggi registrano una certa stanchezza delle opinioni pubbliche vero l’omino in tuta verde e l’intera questione che comincia a puzzare di fregatura organizzata. Ma forse, anche per una preoccupazione che s’affaccia all’orizzonte cui ha dato voce un simpatico articolo dell’Economist. Che succede se poi a novembre anno prossimo vince Trump? Trump ha annunciato che con lui presidente un secondo dopo il conflitto cesserebbe, che fare? Aspettare …
In mezzo poi si dovrebbero esser le elezioni russe, ucraine (che, punta avanzata del fronte democratico non le farà, tanto la Costituzione è sospesa da un anno e mezzo e va tutto bene, il “popolo” è con Zelensky e guai a chi obietta), quelle europee in cui s’annunciano nuovi equilibri; quindi, mettere tutto in PAUSE conviene a tutti.
Dopo aver inizialmente aderito allo sdegno occidentale verso la Russia, ora gli svizzeri sono tornati alla finestra riscoprendosi neutrali, non forniscono armi agli ucraini, hanno ripreso ad ospitare capitali russi. Come diceva il poeta “Sanno più cose gli svizzeri di quante ne sogni la tua filosofia, Orazio…”.
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Oggi Antonio de Martini ci ha lasciati. Da mesi era in condizioni particolarmente precarie; nelle ultime settimane non riusciva a regalarci nemmeno i suoi arguti e fulminanti commenti, tanto meno le sue acute riflessioni. La commozione è troppo forte per esprimere compiutamente il ricordo e le considerazioni sulla sua persona e sul suo enorme bagaglio di conoscenza e saggezza. Lo faremo a tempo debito. Per ora riesco solo a sottolineare la arguzia, la cultura e la grande esperienza sintetizzata nella sua persona. Un uomo profondo conoscitore della cultura e della mentalità dei popoli assiepati intorno a quel Mediterraneo nel quale l’Italia occupa una posizione strategica della quale de Martini non si è mai stancato di sottolinearne l’importanza. E’ stato solo uno dei temi che Antonio ha trattato e perseguito lungo la sua carriera e il suo impegno politico. Un patrimonio che il ceto politico di quest’ultimo trentennio ha ritenuto di poter bellamente fare a meno con i risultati ormai sotto gli occhi di tutti. Di tutti; almeno di tutti quelli che vogliono vedere. Giuseppe Germinario
Oggi Igor Girkin, alias Strelkov, è stato arrestato ai sensi dell’articolo 280, sezione 2, per “incitamento pubblico all’estremismo”.
Poco dopo, anche il suo braccio destro Pavel Gubarev è stato arrestato per aver organizzato un picchetto illegale per il rilascio di Strelkov, anche se si dice che Gubarev sia stato rapidamente rilasciato con una semplice citazione:
Gubarev avrebbe gestito il Club dei patrioti arrabbiati per conto di Strelkov. Si tratta di una nuova startup nata all’inizio di quest’anno che si batte contro il governo russo e la sua percepita “debolezza” nella gestione della guerra, oltre ad altre varie mancanze.
Sono personalmente felice di vedere Strelkov arrestato? Ad essere sincero, sono agnostico su Strelkov. Non mi piace né mi è particolarmente antipatico. Rispetto ciò che ha fatto molto tempo fa e lo considero una sorta di patriota fuorviato che è lentamente sprofondato nell’oscurità e nella depravazione – le due cose forse sono collegate, poiché sembrava che la cattiveria dei suoi attacchi aumentasse in modo inversamente proporzionale all'”oscuramento della sua stella” e al graduale declino della sua rilevanza pubblica.
Tuttavia, pur non nutrendo un forte sentimento di avversione nei suoi confronti, mi rifiuto di guardare oltre la natura grossolana e dannosa della sua ultima ondata di propaganda. Per un rapido aggiornamento, ecco uno dei suoi ultimi post, che ha fatto il giro di vari organi di stampa:
“Per 23 anni, il Paese è stato guidato da un uomo di bassa lega che è riuscito a ‘soffiare polvere negli occhi’ di una parte significativa della popolazione. Ora è l’ultima isola di legittimità e stabilità dello Stato”, si legge nel post. Ma il Paese non sarà in grado di sopportare altri sei anni di questa vile mediocrità al potere”, si legge nel post.”
Piccola correzione: qui sopra si dovrebbe leggere Gorby il Giuda, non l’ebreo – colpa dell’autotraduttore.
Allora, perché Strelkov è stato preso adesso? Si tratta di speculazioni. Gli editorialisti dei 5/6 sosterranno che fa parte di una “epurazione” in corso di tutti coloro che ostacolano Shoigu. L’unico problema di questa teoria è che la grande narrazione della “purga” sembra essere basata su speculazioni completamente fuorvianti o del tutto fraudolente.
Per esempio, ci è stato fatto credere che più di 5-7 grandi generali russi “anti-Shoigu” sono stati recentemente epurati: Popov, Teplinsky, Surovikin, Seliverstov, Kornev, e probabilmente uno o due altri che potrei aver tralasciato in cima alla mia testa.
Un piccolo problema: ognuno di questi casi è stato finora sfatato.
Popov: Ho recentemente riferito che ci sono notizie contrastanti, una che afferma che è stato mandato in Siria, un’altra che afferma che non è stato affatto rimosso, o piuttosto “reinserito” dopo la fiammata iniziale e ora continua il suo lavoro. Il fatto è che al momento nessuno ha prove precise e definitive al 100% della sua attuale posizione, ma sembra che il malinteso sia stato risolto e che possa essere stato reintegrato.
Per quanto riguarda gli altri, proprio ieri sera i canali ufficiali del 76° e 98° VDV Airborne russo hanno pubblicato quanto segue:
Non si fermano i tentativi del CIPSO ucraino di diffondere false notizie informative, appiccicate sul ginocchio. Che si inseriscono logicamente nell’agenda informativa anti-russa che stanno promuovendo attivamente negli ultimi giorni. Lo scopo di questi eventi è ovvio: sullo sfondo di voci estremamente vaghe sulla sorte di un certo numero di generali russi che sono scomparsi dallo spazio informativo dopo eventi ben noti, così come le recenti dimissioni di alto profilo del comandante del 58A generale Popov e lo “scarico” del suo messaggio audio al personale dell’esercito, approfittare della situazione e cercare di causare discordia nei ranghi delle Forze aviotrasportate, che svolgono con successo missioni di combattimento nelle loro aree di responsabilità assegnate nella zona della NMD. Non molto confusi, gli TsIPSOshniks gettano la loro creatività in rete per la visione generale. Recentemente, il comandante della 7ª Divisione aviotrasportata è stato già licenziato, dopo essersi assicurati una debole reazione alle loro pubblicazioni, hanno iniziato a licenziare il comandante della 106ª divisione, ma anche loro non rispondono. E ora, per essere sicuri, hanno deciso di licenziare e, secondo alcuni rapporti, addirittura “uccidere”, per mano del massimo dirigente militare del Paese, il Comandante delle Forze aviotrasportate. Come abbiamo scritto sopra, il loro lavoro è fatto maldestramente in ginocchio e non può provocare altro che un leggero sorriso. Inoltre, canali come “Ax 18+”, “Operazione Z”, “Moscow Calling”, “Anatoly Nesmiyan”, “Kremlin Snuffbox”, “Evgeny Prigozhin in Telegram”, ecc. vengono da loro utilizzati come fonti primarie di informazione. il più delle volte, essendo chiusi all’accesso del pubblico, si sono assicurati da tempo una cattiva reputazione nel segmento russo dei media o, per dirla più semplicemente, sono discariche di rifiuti filo-ucraine che sono sotto il controllo dei servizi speciali ucraini.Tornando al tema delle Forze aviotrasportate, abbiamo informazioni affidabili. A nome degli ufficiali competenti delle due formazioni, possiamo dichiarare ufficialmente che il comandante della 7ª Divisione di fanteria delle Guardie (g), il maggiore generale Kornev A.V. era in vacanza programmata, ma un paio di giorni fa l’ha lasciata e ha iniziato a guidare la formazione nella zona NVO. Il Comandante della 106ª Divisione aviotrasportata delle Guardie, il Maggiore Generale Seliverstov V.V., dopo essere stato continuamente a contatto con il personale, è partito per una vacanza programmata, ma allo stesso tempo riceve dai comandanti di reggimento rapporti giornalieri sullo stato delle cose nelle unità e impartisce ordini appropriati; dopo la fine delle vacanze intende tornare e continuare a schiacciare il nemico. Per quanto riguarda il comandante, anche in questo caso non c’è motivo di farsi prendere dal panico: egli, secondo la sua abitudine, è con le sue guardie in prima linea e guida personalmente le truppe. A causa della mancanza di tempo libero, è molto raramente sotto lo sguardo dei media russi, che spesso vengono utilizzati dal nemico, rilasciando dichiarazioni contraddittorie a suo favore. Non ci sono motivi di preoccupazione e panico, la Russia è sotto una protezione affidabile. I paracadutisti ai posti di combattimento, distruggono il nemico e liberano la terra russa.Fidatevi solo delle fonti ufficiali, i cui link sono tradizionalmente fissati qui sotto:
Così, i paracadutisti ufficiali di Ivanovo e Pskov dichiarano che i famosi generali del VDV, che si diceva fossero stati “epurati” di recente, sono in realtà ancora lì e non sono stati licenziati in alcun modo.
Sopra ho evidenziato un aspetto interessante, ovvero il canale “Evgeny Prigozhin in Telegram”: si tratta di un falso, che finge di essere Prigozhin. Il motivo per cui è degno di nota è che lo stesso Strelkov è recentemente caduto nella falsa propaganda ucraino-hasbara di questo canale e l’ha amplificata per guidare la sua narrazione dannosa:
“
Igor Strelkov segue ancora una volta la pubblicità truffaldina dei canali Telegram, scambiandola per vere pubblicazioni di notizie. Non c’è stato alcun incontro tra Prigozhin e Putin, così come non c’è alcuna “registrazione dei negoziati con il presidente”, e il link nel post porta al canale “Prigozhin su Telegram”, che non ha nulla a che fare con Yevgeny Prigozhin e le sue strutture. In realtà, Strelkov ha inserito gratuitamente nel suo canale pubblicità truffaldina“.
Questo è in realtà solo il caso più recente; Strelkov è caduto ripetutamente in falsi negli ultimi mesi, cercando qualsiasi piccolo boccone di propaganda da utilizzare per alimentare il suo programma.
Ma ora torniamo al perché. Innanzitutto, un medico di Wagner di nome Dmitry Petrovsky ha rilasciato un audio in cui dichiara di aver presentato una denuncia all’ufficio del procuratore su Strelkov solo pochi giorni fa, a causa del fatto che Strelkov avrebbe raccolto “grandi donazioni” di denaro senza alcuna verifica o responsabilità sulla destinazione dei fondi:
Un medico del PMC “Wagner” ha confessato di aver scritto una dichiarazione contro Strelkov. L’ex deputato comunale Dmitry Petrovsky ha rivelato ai media di averlo fatto quattro giorni fa. L’ex deputato municipale Dmitry Petrovsky ha rivelato ai media di averlo fatto quattro giorni fa: “Si presume che raccolga grandi donazioni per aiutare i nostri ragazzi, ma non fornisce alcuna responsabilità per le spese”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, naturalmente, sono state le parole di Strelkov sul nostro Presidente Vladimir Putin. Credo che insultare il capo dello Stato sia un crimine”, ha dichiarato Petrovsky.Nel frattempo, i media riportano anche altre ragioni per la detenzione di Igor Strelkov. Inoltre, un residente di Novosibirsk ha presentato una dichiarazione contro l’ex Ministro della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk, chiedendo di indagare su Strelkov per aver tentato di screditare le Forze Armate russe.
Ci sono alcune cose da spiegare, quindi abbiate pazienza.
In primo luogo, l’uomo sottolinea il fatto che c’è qualcosa di strano nell’incarico di Strelkov negli ultimi anni. Non ha avuto un vero e proprio “lavoro” o una posizione, eppure ha uno studio completamente finanziato da cui filma i suoi discorsi, un appartamento, eccetera. Alcuni hanno “suggerito” in passato che Strelkov sia sovvenzionato da qualche oligarca o figura occidentale anti-russa/ONG/apparato di intelligence, ecc.
È vero che qualcuno paga e sovvenziona interamente le operazioni e il “movimento” di Strelkov, ma nessuno sa esattamente chi sia. In passato sono state elaborate teorie più complesse, da parte di persone molto più competenti di me in materia, ma è inutile entrare nel merito ora, poiché la mia intenzione non è quella di fare un’immersione profonda in tutti gli scheletri nell’armadio di Strelkov, ma semplicemente di fornire un’ampia ed equilibrata panoramica contestualizzante della situazione.
Ora, tenete presente che non mi è sfuggita l’ironia della denuncia del “medico Wagner” nei confronti di Strelkov. Ecco che Wagner, reduce da uno dei più grandi tentativi di ribellione della storia recente della Russia, accusa Strelkov di sedizione; la classica pentola e il bollitore. Inoltre, almeno in superficie, sembra esserci un’ingiustizia notevole nel fatto che Prigozhin sia stato lasciato libero senza punizioni mentre Strelkov è ora detenuto.
Ma si deve notare che Prigozhin si è premurato di non portare mai il suo caso apertamente o apparentemente contro Putin; non ha mai nemmeno menzionato il suo nome durante i suoi discorsi. Così, quando ha compiuto queste azioni, ha dato loro il carattere di essere più un bisticcio tra generali/comandanti, piuttosto che un vero e proprio colpo di stato contro il Cremlino o la presidenza. Strelkov, invece, ha iniziato a chiedere apertamente la destituzione o il rovesciamento di Putin, utilizzando un linguaggio sempre meno eufemistico.
In secondo luogo, Prigozhin è stato responsabile di alcuni dei più grandi trionfi russi sul campo di battaglia degli ultimi tempi, mentre Strelkov è visto come uno che è scappato da Slavyansk. In questo modo si acquista una certa quantità di valuta politica e di protezione che – che lo si voglia o no – può contribuire in modo significativo al perdono. In breve: se ti presenti adornato di gloria tangibile, sarai considerato utile e le tue argomentazioni avranno più peso di quelle di uno scantinato che vomita vetriolo infondato e che non ha realizzato nulla in quasi un decennio.
Questo assolve completamente Prigozhin? No, sono solo i fatti di realpolitik di come funziona il mondo.
Inoltre, va detto che il destino di nessuno dei due è ancora segnato, quindi tutto è solo una speculazione. Prigozhin potrebbe ancora avere la sua rivincita e Strelkov stesso potrebbe cavarsela con una leggera ammonizione. Le cose sono ancora in movimento e si stanno svolgendo.
Lo stesso Strelkov ha notoriamente emesso una cruda profezia all’inizio di quest’anno: se dovesse arrivare il giorno del suo arresto, significherebbe che lo scenario peggiore si è attivato e che la Russia perderà certamente la guerra e crollerà subito dopo. Naturalmente, il fatto che la profezia sia convenientemente ancorata alla legittima punizione delle sue stesse malefatte è destinato a essere liquidato come una semplice coincidenza.
Non dobbiamo nemmeno dimenticare che Strelkov è stato un maestro della profezia, alla stregua di Jim Cramer; in questo senso, qualsiasi cosa egli preveda, sarebbe saggio scommettere sul fatto che il fattore opposto si verifichi effettivamente.
Nel 2015, dopo tutto, Strelkov ha notoriamente previsto che Assad sarebbe caduto, che la potenza aerea russa sarebbe stata troppo debole per trattenere i ribelli e che, dopo aver perso catastroficamente in Siria, la Russia sarebbe crollata, portando alla cacciata di Putin (è ossessionato dal rovesciamento di Putin, o cosa?).
Controllare la data dell’articolo qui sotto:
All’inizio di quest’anno, aveva previsto che la Russia non avrebbe catturato Bakhmut e, dopo averla conquistata, aveva anche previsto che non avrebbe potuto tenerla e che sarebbe presto ricaduta nelle mani dell’AFU:
Il blogger militare russo Igor Girkin ha minimizzato l’importanza delle notizie secondo cui le truppe russe avrebbero accerchiato Bakhmut e ha espresso il dubbio che la città di Donetsk possa essere tenuta da Mosca.
E per coloro che sono stati avvelenati dalla propaganda della quinta colonna, che sostiene ripetutamente che Strelkov è considerato un eroe ovunque vada, rendendo così la sua parola pura e virtuosa, vi presento il famoso combattente del Donbass Russell “Texas” Bentley, che ha messo a ferro e fuoco Igor Girkin, un video intitolato “Texas Takes Strelkov To The Woodshed” (Il Texas porta Strelkov nella baracca) prima che venisse rimosso senza tanti complimenti da YouTube:
Concludo ribadendo ancora una volta che, nonostante abbia gettato su di lui un po’ di polvere giustificata, non ho in realtà un’ascia di guerra contro Strelkov. Una parte di me pensa che possa essere mentalmente malato, dato il suo lungo isolamento e la sua reputazione in calo nel corso degli anni. Di certo, quando ho visto i video di oggi, non sembrava una persona mentalmente “a posto”, e penso che anni di rancori personali e di dover riconciliare il fallimento della sua visione del mondo lo abbiano colpito, corroso e forse creato un uomo distrutto, risentito e dispettoso che, nonostante le molte buone intenzioni, ha iniziato ad appoggiarsi troppo pesantemente su espedienti per attirare l’attenzione al fine di massaggiare il suo ego.
Chiunque l’abbia seguito fin dall’inizio, come me, noterà il lento ma marcato declino e la strana impennata dei suoi comportamenti più attentivi, quelli a basso costo e a valore d’urto, che fanno quasi pensare a una vera e propria malattia mentale. Per esempio, chi si ricorda di questo video dello scorso Natale in cui Strelkov ha fatto il botto, sostenendo assurdamente che Putin non è reale, è un clone o una controfigura:
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati i video di questo tipo, in cui il giornalista è apparso sempre più scombussolato. Nel video di cui sopra, fa direttamente il gioco di Budanov e del marchio di propaganda dell’SBU, quasi a suggerire una sorta di sottile coordinamento con le forze atlantiste per screditare Putin. Forse gli anni in cui si è predetto il suo rovesciamento erano in realtà una forma di wishful thinking e un tentativo di realizzare una profezia che si autoavvera?
Che altro si può dire?
Non avevo intenzione di fare un aggiornamento sugli altri sviluppi della SMO oggi, ma visto che siamo già qui, perché non aggiornarci su alcune delle cose più urgenti?
La cosa più interessante di oggi sono state le osservazioni di Putin sulla situazione polacca, in cui ha ripreso molto di ciò che ho scritto di recente. In breve, la situazione sta diventando critica: la “carne” ucraina si sta esaurendo e la carne polacco-lituana sarà il prossimo piatto del menu per quanto riguarda il piano di gioco della NATO:
Questo mi colpisce solo perché sembra essere la prima volta che Putin stesso affronta la questione in modo così schietto e diretto. Il fatto che Putin stesso lo affronti così apertamente ora, dopo mesi di allusioni da parte dell’SVR e di altri funzionari di livello inferiore, significa che le cose stanno davvero precipitando in questa direzione.
Si noti che, nelle osservazioni di Putin di cui sopra, sembra esserci una “minaccia” non tanto sottile nei confronti della Polonia, alla quale ha ricordato che alcune delle sue terre sono state di fatto generosamente donate da Stalin, con la chiara implicazione: il signore dà e il signore toglie.
Date le parole molto decise di Putin, il riposizionamento delle truppe di Wagner in Bielorussia e le recenti dichiarazioni del presidente della commissione Difesa della Duma sullo scopo di Suwalki Gap di Wagner danno una nuova dimensione a questi sviluppi.
In linea con il video di cui sopra, di seguito una sintesi dei punti principali del discorso di Putin:
I responsabili occidentali di Kiev non nascondono la loro delusione per i risultati della cosiddetta controffensiva. L’Ucraina sta esaurendo le sue risorse di mobilitazione. Le scorte di armi occidentali sono esaurite e le capacità tecnologiche sono limitate. Il comando dell’operazione speciale dimostra professionalità, i soldati e gli ufficiali compiono coraggiosamente il loro dovere e le attrezzature occidentali “invulnerabili” bruciano perfettamente sul campo di battaglia. L’opinione pubblica ucraina sta gradualmente cambiando e la popolazione sta “gradualmente rinsavendo”, e anche gli atteggiamenti in Europa stanno cambiando. Trascinare il conflitto ucraino è vantaggioso per le élite statunitensi. L’indipendenza della Polonia dopo la Seconda guerra mondiale è stata in gran parte ripristinata grazie alla partecipazione dell’URSS. I territori occidentali dell’attuale Polonia sono un regalo di Stalin ai polacchi. La Russia vede che il regime di Kiev è pronto a usare qualsiasi mezzo per “preservare la sua natura corrotta”. I traditori in Ucraina sono pronti ad “aprire le porte” alle forze straniere influenti in Occidente e a vendere nuovamente il Paese. Sembra che i leader polacchi stiano cercando di formare una coalizione sotto l’ombrello della NATO per intervenire nel conflitto in Ucraina e prendere una grande porzione di territorio per sé. Putin ha incaricato il capo dei servizi segreti esteri, Naryshkin, di monitorare i piani della Polonia per l’Ucraina. La Polonia si è impadronita di parte della Lituania, ha sottratto alla Russia le sue terre storiche e ha partecipato alla divisione della Cecoslovacchia, approfittando della guerra civile. La Russia reagirà con tutti i mezzi disponibili in caso di aggressione occidentale alla Bielorussia.
Ed ecco il giornalista francese Jean-Dominique Marchais che alla TV francese afferma che la Polonia si sta preparando a prendere l’Ucraina occidentale:
French journalist Jean-Dominique Marchais – on Poland’s preparations to invade western Ukraine: I confirm that there are reflections, particularly in Poland and in the Baltic States, about the creation of one of the multinational divisions, let’s say including Ukrainian forces, Polish forces, if Russia could break through the front and resume the offensive there. I think there would indeed be such a division, as Poland and others, they would send troops outside of NATO.
Jean-Dominique Merchet cites many official sources. This is not the first time this possibility has been mentioned. A few weeks ago Anders Fogh Rasmussen, the former head of NATO, already confirmed this with our Guardian colleagues: ‘We know that Poland is very committed to supporting Ukraine, and I don’t rule out that Poland will be more involved on a national basis and that the Baltic states will follow with a possible ground troop intervention’.”
Recall my recent exegeses on this very topic and how the Polish-Lithuanian situation has been developing under the surface. Recall the main points about how Ukraine has run out of big ‘milestones’ to look forward to in order to save the AFU in some way, whether it’s new wunderwaffen, key NATO summits, falseflag opportunities, etc.
That means as Russia ratchets up the pressure in the near future, and the AFU begins to collapse, the forces of which Putin is talking about, will begin to truly ramp up toward a potential major escalation. One interesting thing Putin noted was that there are particular ‘traitors’ in Ukraine who are acting as the ‘postern gate openers’ to let in Polish forces.
One possibility I can see—which is in line with my earliest predictions from the very first two or three reports I made here—is that once Russia captures the Donbass or everything east of the Dnieper, if at that point the AFU still has the morale and wherewithal to continue the fight, they could retreat to the right bank and make a bastion of it there. Then, Poland can enter in the west of the country under a special deal with the collapsing Ukrainian government which will basically quid pro quo trade sovereignty of the western lands for ‘Polish protection’.
Note that there were already rumors months ago which I reported on that Poland could offer to “temporarily” take some of the western territories under its full governmental protection ostensibly to prevent Russia from ‘attacking’ them. This is one of the oldest tricks in the book used by the likes of Erdogan in Idlib and North Syria, for instance, to actuate a full annexation of a desired land under the guise of some sort of ‘temporary’ protectorate. This is the most likely way that Poland would enter the conflict in the medium term future, at least initially—then it could develop from there depending on how Russia reacts to this and other exigencies.
This comes on the heels of the following news, as well: Poland to move military formations from the west to the east of the country due to possible threats related to the Wagner group, Poland’s press agency reports – Reuters
Now, a few quick updates on the grain deal corridor situation.
Russian UN representative Polyansky re-iterated that vessels traveling toward Odessa will be regarded by Russia as potentially carrying weaponry to the Kiev regime:
Il deputato della Duma russa Petr Tolstoj ha dichiarato in modo promettente:
Petr Tolstoj, deputato della Duma di Stato della Russia: “Il ritiro dall’accordo sul grano è un grande passo avanti per la Russia. Ora dobbiamo assumere il pieno controllo dell’intera costa settentrionale del Mar Nero, privando l’Ucraina del suo accesso. Dobbiamo colpire non solo il porto, ma anche le infrastrutture militari, senza guardare all’ululato che si è levato a ovest dei nostri attacchi missilistici. Questo è solo rumore grigio”.
Alcuni hanno espresso la preoccupazione che l’Ucraina possa semplicemente trasportare il grano su rotaia fino al porto rumeno di Galati, e questo è vero fino a un certo punto. Tuttavia, oggi ho visto che questo dimezzerebbe le esportazioni mensili di grano dell’Ucraina. Potrebbero esserci anche altri ostacoli, ancora più grandi, che lo impediscono.
Per quanto riguarda gli attacchi, ieri sera la Russia ha effettuato una nuova serie di attacchi con missili Onyx e altri. Sono stati segnalati dei colpi, come questo confermato da un membro della rete clandestina/partigiana di Nikolayev, che avrebbe colpito una base di mercenari con molte vittime:
Oggi si è continuato a colpire obiettivi in tutto il Paese, compresa questa spettacolare esplosione a Zhitomir, che sarebbe stata causata da un drone di Geran:
If you look closely you can see a huge amount of sparkling secondaries, which some have astutely pointed out could be the new shipments of American cluster munitions going off in the fire.
Also, Russia has been using a lot of Onyx missiles in the last few strikes, which Ukrainian airforce spokesman admitted are un-interceptable for the AFU, given their extreme near-Mach 3 speed:
Se si guarda da vicino, si può notare un’enorme quantità di secondi scintillanti, che alcuni hanno astutamente fatto notare potrebbero essere le nuove spedizioni di munizioni a grappolo americane che esplodono nel fuoco.
Inoltre, la Russia ha utilizzato molti missili Onyx negli ultimi attacchi, che il portavoce dell’aeronautica ucraina ha ammesso essere inaccettabili per l’AFU, data la loro estrema velocità vicina al Mach 3:
La Difesa aerea ucraina non è in grado di intercettare i missili russi “Oniks” utilizzati negli attacchi a Odessa e Nikolaev della scorsa notteYuriy Ignat, portavoce delle Forze armate ucraine, ha dichiarato che la Difesa aerea ucraina non sarà in grado di abbattere i missili russi “Oniks”, utilizzati nei recenti attacchi a Odessa e Nikolaev. “I missili ‘Oniks’ sono originariamente progettati per colpire le navi di superficie, con una velocità superiore ai 3000 km/h. Lo stesso vale per i missili “X-22″, che viaggiano a una velocità superiore ai 4.000 km/h”.
La cosa più ridicola è che poco prima hanno affermato di essere in grado di abbattere i missili russi Kinzhal, che si dice viaggino a più di 10 Mach.
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Quindi, hanno abbattuto “13 Kinzhal” a Mach 10, ma non possono abbattere un singolo P-800 Onyx a Mach ~2. Solo in Ucraina!
Inoltre, va notato che l’ex generale russo Evgeny Buzhinsky ha dichiarato che gli attacchi di Odessa erano in realtà già pianificati prima dell’attacco al ponte di Kerch, e che i veri attacchi di rappresaglia sono ancora in fase di definizione e avranno luogo nel prossimo futuro:
A parte questo, ci sono stati altri video della distruzione di massa dei blindati ucraini su ogni fronte, compreso questo cimitero di M2 Bradley:
E ancora:
Inoltre la colonna di corazzati ucraini è stata decimata da ogni lato vicino al fianco meridionale di Bakhmut:
Continuano ad essere catturati anche molti prigionieri di guerra ucraini:
A proposito di munizioni a grappolo – che gli Stati Uniti occidentali hanno ora ammesso che l’Ucraina ha iniziato a usare pienamente:
Compreso questo notiziario britannico sul loro arrivo al fronte:
I rapporti affermano quanto segue a nome della Russia:
Ecco a voi….Canale telegram ucraino “Residente”: “L’MI-6 ha trasmesso nuove informazioni all’Ufficio del Presidente e allo Stato Maggiore dell’Ucraina, secondo le quali il Cremlino ha deciso di utilizzare pienamente il suo arsenale di munizioni a grappolo in Ucraina. L’esercito russo ha iniziato a spedire bombe/missili/gusci a grappolo al fronte”.
Nel frattempo, le foto da Fort Moore (ex Fort Benning) mostrano i soldati statunitensi che si allenano a scavare trincee:
Infine, un piccolo riassunto delle notizie occidentali per avere un’idea dei sentimenti attuali:
Un istruttore americano descrive la tripla perdita di soldati ucraini e l’uso improprio di costose attrezzature occidentali, che causano insoddisfazione tra gli sponsor. “L’Ucraina si trova di fronte a una finestra di opportunità che si sta chiudendo per evitare una ‘guerra perpetua’ con la Russia”, ha detto un veterano delle forze speciali statunitensi che ora addestra le truppe di Kiev. Il direttore e cofondatore dell’Ukraine Defense Support Group, con sede a Kiev, Eric Kramer, ha detto in un’intervista da Kiev che le forze di Mosca sono ben radicate e che espellerle sarà un progetto lungo e costoso per le forze ucraine. “Molti dei miei ragazzi lavorano al punto di raccolta dei feriti. E stanno vedendo il triplo delle vittime rispetto a qualche mese fa. È piuttosto terribile”, ha detto Kramer .Via Ukraina_RU
Non solo la finestra si sta chiudendo, ma il numero delle vittime è triplicato rispetto a mesi fa. Il che la dice lunga, considerando che mesi fa c’era il tritacarne di Bakhmut, dove le perdite ucraine erano ai massimi storici.
Non sorprende che siano emerse sempre più notizie sullo sviluppo dei problemi cimiteriali in Ucraina. Per esempio:
L’entità del fallimento della controffensiva promessa all’Occidente, che avrebbe dovuto liberare non solo le regioni di Kherson e Zaporozhye, ma anche la Crimea, può essere stimata dalle tombe dei militari ucraini morti. Dobbiamo seppellire così tanto che non ci sono abbastanza posti nei cimiteri.
A Charkiv, i posti nel cimitero Bezlyudovsky, così come nei cimiteri n. 17 e n. 18, sono esauriti. Nei cimiteri di Lviv si stanno scavando vecchie tombe e al loro posto si stanno preparando tombe per i soldati caduti. Ma la parte più difficile è a Kiev e nella regione. Solo nel cimitero Bykovnyansky, vicino a Kiev, nella primavera di quest’anno sono stati assegnati 50 mila posti per la sepoltura dei caduti, che si è conclusa a metà luglio. Nel distretto di Obukhov, nella regione di Kiev, le autorità locali sono addirittura costrette a procurarsi vecchi documenti per rifiutare ufficialmente ai residenti di seppellire i loro parenti defunti nel cimitero. Inoltre, il ministro ucraino per gli Affari dei veterani ha rivelato una spaventosa cifra prevista per il numero di veterani di questa guerra attesi per l’Ucraina:
“Una cifra spaventosa”: 4 milioni è esattamente il numero di veterani che ci saranno in Ucraina dopo la fine della guerra”, ha dichiarato Y. Laputina. “La cifra che abbiamo previsto dopo la vittoria è che ci saranno almeno 4 milioni di persone di questo tipo”.
Questo potrebbe indicare che l’Ucraina sta effettivamente utilizzando e perdendo molti più uomini di quanto si possa immaginare.
L’illustre “Richard Kemp” di cui sopra, tra l’altro, è lo stesso “oracolo” responsabile, nel corso dell’ultimo anno, di gemme come la seguente:
Come cambiano i tempi.
La nuova direttiva prevede che gli alleati si orientino maggiormente verso la “riparazione” dei veicoli ucraini piuttosto che la fornitura di nuovi:
Suppongo che sia un modo per ammettere che non hanno più nulla da inviare.
La Russia continua a fare trucchi satellitari con la NATO, ora dipingendo finti aerei sulle piste per ingannare l’ISR:
Infine, nel suo ultimo video, Yuri Podolyaka afferma di ritenere che, dopo che gli assalti alla carne dell’Ucraina si esauriranno presto, la Russia lancerà una sua grande offensiva intorno ad agosto:
Trovo questo particolarmente interessante, visto il video precedente che ho postato, in cui il presidente del Comitato per la Difesa della Duma di Stato, Andrei Kartapolov, afferma che Wagner ha un ulteriore scopo nel trovarsi in Bielorussia. Egli ha indicato come scopo la riconquista del Corridoio di Suwalki. Tuttavia, dato che lo scontro potenzialmente previsto con la Polonia potrebbe essere ancora lontano, Wagner potrebbe essere utilizzato prima di una tale escalation.
È interessante notare che, se ricordate, Prigozhin ha ripetutamente affermato che Wagner tornerà a combattere il 5 agosto. Dato che ora abbiamo la conferma della presenza di Wagner in Bielorussia, con nuove foto satellitari che sembrano mostrare i campi militari che si stanno riempiendo, questo ci porta a concludere che un potenziale fronte settentrionale di Wagner potrebbe essere ancora in gioco.
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Il campo della PMC di Wagner vicino a Osipovichi si espande ogni giorno. Al momento, almeno 10.000 combattenti sono stati dispiegati o saranno trasferiti nel territorio della Repubblica di Bielorussia.
Ricordiamo che i funzionari ucraini non hanno mai smesso di lamentarsi della formazione da parte della Russia di un invincibile pugno d’attacco di 100.000 uomini nella regione nord-orientale di Kharkov-Svatove. Consolidando questi sviluppi, si può dedurre che potrebbe esserci la possibilità di un’offensiva russa più ampia in quella regione con un’incursione di qualche tipo da parte di Wagner da nord.
Il campo della PMC di Wagner vicino a Osipovichi si espande ogni giorno. Al momento, almeno 10.000 combattenti sono stati dispiegati o saranno trasferiti nel territorio della Repubblica di Bielorussia.
Ricordiamo che i funzionari ucraini non hanno mai smesso di lamentarsi della formazione da parte della Russia di un invincibile pugno d’attacco di 100.000 uomini nella regione nord-orientale di Kharkov-Svatove. Consolidando questi sviluppi, si può dedurre che potrebbe esserci la possibilità di un’offensiva russa più ampia in quella regione con un’incursione di qualche tipo da parte di Wagner da nord.
Tenete presente che per ora la considero ancora un’estrapolazione di bassa affidabilità, fino a ulteriori informazioni/sviluppi, ma mi limito a menzionare la possibilità. La cosa più probabile è la continua espansione delle operazioni russe nella regione di Svatove-Kremennaya e la graduale ramificazione da lì, ma vedremo se ci saranno nuovi indizi che indicheranno qualcosa di più grande.
Un ultimo paio di elementi disparati:
L’ultima volta ho parlato della nuova versione russa di Starlink, il cui primo satellite è attivo e funzionante. Questa volta ho una versione meglio sottotitolata e alcune nuove informazioni contestualizzanti sui suoi progressi:
Tre satelliti di comunicazione nazionali in orbita bassa lanciati dal cosmodromo di Vostochny, sviluppati dalla società russa Bureau 1440, hanno trasmesso la prima connessione a Internet. Ora la velocità di trasferimento dei dati al dispositivo è di 12 Mbps e il ritardo è di 41 millisecondi. L’obiettivo del progetto è creare un servizio commerciale di accesso a Internet a banda larga via satellite che operi in orbite basse, ad alta velocità e con ritardi minimi. A partire dal 2025, è previsto il lancio in orbita di 10-12 razzi all’anno, con circa 15 satelliti collocati in un razzo. In totale, entro il 2035 saranno creati e lanciati in orbita più di 900 satelliti domestici a bassa orbita. Essi forniranno Internet satellitare ad alta velocità ai residenti di tutta la Russia. I piani prevedono di fornire servizi di accesso a banda larga utilizzando i veicoli spaziali russi in 75 Paesi del mondo.
Il prossimo:
Un capitano ucraino della 72esima brigata meccanizzata racconta alcune esperienze molto interessanti vissute durante i combattimenti contro Wagner a Bakhmut, in particolare i trucchi usati da Wagner contro le sue forze, come i cani d’attacco addestrati per assaltare le trincee, tra le altre cose:
E infine, un’altra nuova visione chiara delle bombe radenti russe UMPC “JDAM ortodosso” sganciate dai Su-34:
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Good riddance, he was a traitor
Putin is ‘purging the patriots’
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1. La fortunata espressione “patriottismo costituzionale”, diffusa e sostenuta da Jürgen Habermas, è recentemente spesso ripetuta – al di la della cerchia degli specialisti – da personaggi (in ispecie politici, ma non solo), tra i quali assume significati come “Ci unisce e ci incoraggia in questo sforzo la grande, vitale risorsa della Costituzione repubblicana. Non c’è terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. È, questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega: il nostro patto di unità nazionale nella libertà e nella democrazia”1.
Per quanto l’espressione citata, come tutte quelle estrapolate da discorsi più vasti, potrebbe non rendere esattamente il pensiero del nostro Presidente, è – a confrontarla con altri interventi e dichiarazioni – chiaramente “rappresentativa” di caratteri essenziali del “patriottismo costituzionale”.
Infatti mentre il patriottismo è riferito a una comunità di popolo legata da vincoli storici, religiosi, etnici, in quello costituzionale è “il patriottismo di un popolo che si ritiene unito non dai vincoli tradizionali e tipici della nazione, ma da quei principi e valori (ad esempio il valore della persona e il metodo democratico, ricordati dallo stesso presidente Napolitano) che sono fissati in un patto costituzionale”2.
Resta il fatto che oggigiorno nel senso comune, la Costituzione è un patto, o più precisamente un patto scritto; e che quindi la lealtà e la fedeltà dei cittadini dovrebbe essere rivolta a un atto (patto), o a un documento. Cioè un “pezzo di carta” su cui ironizzava Lassalle3.
Il patriottismo costituzionale, malgrado le critiche preventive (e realistiche) di Lassalle, si presenta come (l’unica) forma d’integrazione possibile in una società contemporanea. L’ “inclusione dell’altro” (titolo di un lavoro di Habecmas) non è né un’assimilazione né chiusura verso l’esterno, ma consiste in una convinta adesione ai principi universalistici della Costituzione, di guisa da consentire la compresenza, all’interno della società, di una pluralità di visioni del mondo e relative “tavole di valori”. Sarebbe, in altri termini (l’unico) modo possibile per esorcizzare i conflitti derivanti dalle differenze culturali, etniche (ed economiche), verosimilmente in crescita in un mondo globalizzato connotato dell’aumento esponenziale dei movimenti migratori. E così la risoluzione, in relazione a tutti i conflitti (intracomunitari) possibili, di quella “lotta mortale senza possibilità di conciliazione, come tra «Dio» e il «demonio», che Max Weber attribuiva ai contrasti tra “valori”. Lo scioglimento dell’enigma irrisolto della storia, che Marx riteneva essere il comunismo, così diventa, nell’attuale momento storico e in relazione ad esso, il carattere (e pregio) del “patriottismo costituzionale”.
2. Questa concezione lascia irrisolti, perché non chiariti, due elementi fondamentali, ambedue riconducibili all’aggettivo “costituzionale” e al termine da cui deriva, cioè costituzione. Se a questo si da un significato ovvero un altro, cambia completamente il concetto, derivato, di patriottismo costituzionale.
Se per costituzione si intende, secondo la nota concezione kelseniana, ciò che è connotato dall’essere modificabile solo a seguito di un particolare procedimento di revisione previamente stabilito, ne consegue che il patriottismo costituzionale sarebbe ciò che riassume la lealtà e l’osservanza nei confronti di un complesso di norme coordinate. Per cui “patriota costituzionale” e quel che più preoccupa, “non-patriota costituzionale” (con quel che ne può conseguire negli ordinamenti positivi, dalla fucilazione in giù) è chi ritiene costituzionali tanto l’art. 1 o 2 della Costituzione vigente (sulla forma di Stato e di governo) che l’art. 16 (sul diritto c.d. di locomozione) o l’art. 44 (sul diritto all’abitazione)e così via.
Se di converso il concetto di costituzione è svincolato dal criterio procedurale-formalistico kelseniano, per accedere ad una visione sostanziale della Costituzione, per cui il documento relativo (la Costituzione formale) è fatta di disposizioni realmente costituzionali (le decisioni fondamentali sulla forma dell’unità politica) e d’altro, cioè le leggi costituzionali, si rifugge da conseguenze un po’ bizzarre, perché costituzione sono solo le decisioni fondamentali e non l’insieme delle norme connotate da rigidità.
L’altro problema è se la costituzione vada identificata con l’atto così denominato o piuttosto questo (e neppure integralmente) ne faccia parte; e, prima di questo se una comunità esiste perché ha una costituzione o ha una costituzione perché esiste. Com’è noto tale problema se l’era posto (tra gli altri) Santi Romano: e la soluzione del grande giurista era che “Qualunque sia il suo governo e qualunque sia il giudizio che se ne potrà dare dal punto di vista politico, esso non può non avere una costituzione e questa non può non essere giuridica, perché costituzione significa niente altro che ordinamento costituzionale. Uno Stato «non costituito» in un modo o in un altro, bene o male, non può avere neppure un principio di esistenza, come non esiste un individuo senza almeno le parti principali del suo corpo”4. Per cui “esistente” e “giuridicamente ordinato” sono (salvo una distinzione) coevi: simul stabuntet simul cadent.
La distinzione da fare a tale proposito è quella in cui l’istituzione è generata con la sua costituzione (o scompare con quella) o quando la costituzione è generata (o abolita) senza che abbia inizio o cessi l’esistenza dell’istituzione. Questo è il caso più frequente. Solo in Italia, dal 1861 in poi, è capitato (almeno) tre volte5.
Né sfugge alla “costante” dell’esistente che precede il normativo, il caso – non molto frequente – della costituzione come “trattato” tra più Stati (istituzioni), dato che è l’esistenza precedente (e l’accordo) di questi a costituire il presupposto del nuovo Stato. Anche in tal caso, il rapporto tra esistenza dell’istituzione e vigenza della costituzione si manifesta asimmetrico: mentre la nascita o la fine della prima comporta quella della seconda, le vicende di questa non sono decisive per quella6. In questo senso è l’esistenza di un potere costituente (l’attore) ad assicurare l’ordinamento pur nella variazione degli atti (decisioni) costituzionali.
A lato di ciò si trova l’aspirazione, tipica dell’età moderna, che perché una costituzione sia tale occorre poterla mettere in tasca (Thomas Paine). In altre parole che sia scritta; in effetti le moderne costituzioni scritte hanno il loro antecedente, come scrive Jellinek, nei patti e nelle Carte redatti nelle colonie inglesi in America; in particolare è ricordata quella sottoscritta tra i coloni del Connecticut, quelle redatte da William Penn, o il convenant dei Padri Pellegrini convenuto sulla Mayflower7.
Tale identità (costituzione = documento scritto e “statuito”) è affatto sconosciuta alle concezioni non moderne, e, in parte, anche a quelle successive alla Rivoluzione francese. Basti all’uopo, per le prime, ricordare l’opinione di Cicerone sulla costituzione romana “nostra autem re publica non unius esse ingenio, sed multorum, nec una hominis vita, sed aliquot constituta saeculis et aetatibus”8. Per le seconde, tra i primi a formularla dopo la rivoluzione francese, quella di de Bonald che “la costituzione di un popolo è il modo della sua esistenza”: onde scriverla non è necessario perché una costituzione vi sia. Il che è stato condiviso da gran parte della dottrina del diritto successiva (da Hauriou a Santi Romano e Carl Schmitt); tuttavia nell’opinione corrente, alimentata assiduamente, un fatto così evidente ossia che le unità politiche erano e sono costituite, e spesso assai ben costituite, prima che fossero inventate le costituzioni scritte (e lo saranno dopo), è (forse volutamente) trascurata. Di guisa che, se fosse fatto un sondaggio sul quesito, se le costituzioni debbano (necessariamente) essere scritte, riporterebbe una schiacciante maggioranza affermativa, e l’opinione contraria sarebbe probabilmente considerata una diavoleria di qualche astuto manipolatore. Ovvero questa tesi, così contraria alla realtà storica, ha la consistenza (e la non ragionevolezza) di un idola tribus (e anche fori).
3. Da quando le costituzioni sono (per lo più) scritte, ha progredito la teoria che, per fare una costituzione non serve avere qualcosa in comune: dalla lingua, alla religione alla cultura, e così via. Ma sia sufficiente essere animati da buona volontà, e, preferibilmente da (qualche) interesse condiviso, per raggiungere un accordo soddisfacente e durevole.
La scrittura e la statuizione dei documenti costituzionali sarebbe in altri termini non la conseguenza, ma il succedaneo di quegli elementi identitari sopra (parzialmente) ricordati. A conforto di ciò si possono portare due circostanze: la prima che Costituzioni scritte – cioè (solo) quella degli Stati Uniti d’America – sono in vigore da oltre due secoli. Cui può replicarsi che il successo di quella statunitense è rara avis, perché di solito quelle europee scritte,e le più longeve, al massimo superano la sessantina. E più che altro che ciò prova la saggezza delle scelte dei costituenti americani (il “contenuto”), più che la forma scritta e statuita della costituzione.
La seconda che, prevalendo nel mondo contemporaneo il modello “società” rispetto a quello “comunità”, scrivere le costituzioni sarebbe un segno – e una conseguenza di questo “ethos” moderno.
Pur se questa tesi ha molto di vero, è debole però sul momento “genetico” e sulle cause. Infatti non risolve il problema se, continuando con l’esempio della Costituzione americana, la costituzione (e la conseguente durata), fosse dovuta al fatto che i padri costituenti (e la stragrande maggioranza della popolazione allora) fossero Wasp, cioè bianchi (i neri non votavano) anglosassoni e protestanti (per lo più fedeli di una particolare confessione protestante) per cui raggiungere un accordo tra persone accomunate da lingua, razza, religione, teoria e prassi giuridica fosse, per così dire, estremamente facilitato da questa comune identità. Ma se, di converso, fossero stati di tre o quattro etnie diverse (e bilanciate), di altrettante religioni, parlanti lingue diverse, nessuno è in grado di affermare che si sarebbe raggiunto un accordo e più ancora che la durata di quello sarebbe stato di oltre due secoli. Piuttosto l’esperienza storica dimostra che – gli ultimi casi sono stati quelli della Iugoslavia, dell’Unione sovietica e della Cecoslovacchia – il tutto sarebbe andato presto in frantumi9. E, peraltro, finché quegli Stati non si sono dissolti ciò che li ha tenuti insieme non è stato un consenso a un accordo tra volontà arbitrarie (e razionali) – cui può ricondursi un patto stilato in un documento – ma la dittatura sovrana del partito comunista. È stato il potere illimitato di questo a sopperire all’inesistenza – o alla debolezza – dei legami comunitari tra etnie e popoli diversi per lingua, religione, storia, costumi: se all’espressione della volontà popolare fosse stato riservato uno spazio se non uguale non troppo lontano da quello riconosciuto in Stati non totalitari, probabilmente si sarebbero dissolti molto prima.
Per cui appare chiaro che l’unità delle volontà – o del consenso – nel costituire e conservare un’esistenza comunitaria è il presupposto necessario perché possa essere tradotto in una costituzione scritta, statuita e durevole.
In altri termini è il contesto (cioè la comunità) dove si decide di darsi una costituzione scritta, a determinare se questa avrà il carattere della costituzione “weberiana”, cioè “la possibilità effettiva di disposizione a obbedire… nei confronti della forza di imposizione delle autorità di governo sussistenti”. Se è vero, come precisa Weber che “il concetto di «costituzione» qui impiegato è uguale a quello usato da Lassalle. Esso non coincide con il concetto di una costituzione «scritta» e in genere di costituzione in senso giuridico”10, è parimenti vero che una costituzione avente alte difficoltà a farsi accettare nel gruppo sociale – la quale cioè non procuri consenso e obbedienza ai governanti, è del tutto inutile come costituzione anche “giuridica”, giacché il diritto non prescinde dal problema della efficacia dell’ordinamento, che anzi ne è una caratteristica intrinseca e peculiare.
Il problema specifico che si pone è la possibilità che l’istituzione politica si fondi solo su una convenzione (chè se si fonda anche su una convenzione, la questione non si pone) sia nella forma del patto che del “rescritto”, o che occorra dell’altro (e prevalente). Dato che la politica (e il diritto) attengono alla vita “pratica”, e che, come sopra cennato è assai difficile che una “pattuizione” possa avere vigenza durevole se non poggia su una certa identità (e su un presupposto tasso d’omogeneità), la soluzione non può che essere negativa. Per pensare possibile il contrario, sarebbe necessario addurre qualche esempio storico. Ma dato che non se ne vedono, non resta che considerarlo un mero auspicio.
A ciò occorre aggiungere che se è vero che il carattere dell’atto costituente (pattizio, scritto, deliberato) ha un’importanza nel contesto di un ethos collettivo, è ancor più vero che la costituzione è “la soluzione del problema seguente: dati la popolazione, i costumi, la religione, la posizione geografica, le relazioni politiche, le ricchezze, la buona e cattiva qualità di una determinata nazione, trovare le leggi adatte”11. E quei dati appena elencati, oltre a esulare e preesistere dalla costituzione statuita, tuttavia ne determinano in modo cogente il “contenuto” e il successo. Con la conseguenza che o questa è congrua a quelli o diventa incongrua, perché inutile a costituire un regime politico stabile e cioè inutile al (di essa) scopo tipico e peculiare.
4. Ma è proprio vero che, nell’ambito dell’ethos moderno, la “statuizione” della costituzione ne esaurisce il carattere fondamentale?
A leggere i primi documenti costituzionali e le concezioni che li hanno ispirati, risulta che accanto – e prima – della forma dell’atto (e del documento) “costituzione”, è la novità del potere costituente (del popolo) a costituirne il connotato fondamentale, non meno importante della scrittura e statuizione dell’atto.
Le opere di Sieyès e il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti12 ne sono testimonianze evidenti. E, parimenti, la concezione del potere costituente è la secolarizzazione della teologia politica cristiana, in particolare di quella tomista del diritto divino provvidenziale, che riserva alla decisione della comunità la scelta della forma di organizzazione del potere13.
La decisione costituente si fonda cioè sul potere costituente di una Nazione consapevole della propria esistenza storica e politica; nella quale esistenza rientrano (gran parte di) quelle determinanti che ne costituiscono l’identità.
Onde la costituzione non è un atto deliberato per un qualsiasi popolo e Stato: ma peculiare a quel popolo (e a quello Stato). Come scriveva efficacemente de Maistre, criticando la Costituzione francese del 1795 (quella “direttoriale”, durata quattro anni), questa era fatta per l’uomo, ma aggiungeva subito dopo “non esiste uomo nel mondo. Ho visto, nella mia vita, francesi, italiani, russi…” stigmatizzando così l’illusione delle costituzioni fatte a tavolino (e al lume dell’ideologia). Il carattere storico-identitario ( come risulta – tra l’altro – dal concetto di Nazione formulato da Sieyès) non è meno presente nel pensiero borghese di quanto lo sia in quello contro-rivoluzionario.
Nel suo “stato nascente” la dottrina costituzionale borghese è un pensiero forte, presupponendo una comunità consapevole della propria unità ed omogeneità come dei diritti conseguenti derivati non dal diritto positivo, ma da quello naturale14.
Nelle odierne condizioni di (decadenza e) travisamento del pensiero costituzionalistico, è stato espunto tutto quel che lo rendeva forte: non l’unità (e l’omogeneità) presupposta, non il diritto naturale, non il potere costituente, non il diritto (naturale) a modellare la forma politica. È rimasto solo ciò che vi era di meno incisivo e decisivo: il carattere scritto (e statuito) della costituzione. Peraltro interpretata di guisa da limitare ed annacquare i connotati forti della concezione borghese-rivoluzionaria. Ne è un esempio (tra gli altri) la sistematica dimenticanza del potere costituente, e (ad esso collegata) l’interpretazione della costituzione come atto immodificabile (di fatto soggetto all’applicazione ed interpretazione dei poteri costituiti), e al “patto costituzionale” come compromesso tra partiti e “famiglie” politiche: Aleggia su tutto il tacito (?) conferimento di un qualche carattere “sacro” al patto/atto/documento, quasi un reflusso della secolarizzazione.
Tuttavia, oltre all’incapacità di una concezione del genere di rappresentare la realtà, v’è un problema: fino a quando riesce a contenere questa, che è di natura mutevole, essendo qualcosa d’organico (e reale) e non di meccanico (e ideale)?
Come sopra ricordato, mentre la comunità è sempre in movimento15 il sistema normativo (intendendo con ciò l’ordinamento giuridico come concepito da un normativista) è in se, come sosteneva Hauriou, statico (e “trascendente”). Col rischio di indirizzare il proprio patriottismo a un oggettoobsoleto e non (corrispondente) cioè che esiste realmente16; e con la conseguenza d’innescare un conflitto tra legittimità e legalità17. Perché la legittimità concerne un rapporto tra uomo ed uomo (il potere weberiano); è stata invocata per il rapporto tra uomo ed istituzione (Stato, regime politico, governo), ma è (almeno) inconsueto scomodarla per il rapporto tra uomo ed atto (norma); e per il patriottismo (che appare, nell’uso dell’espressione, qualcosa di non lontano dalla legittimità) vale lo stesso discorso. Nel senso che se è vero che una Costituzione condivisa concorre a creare consenso al potere dei governanti, appare difficile che possa sostituire e surrogare ogni altra componente della legittimità. Lo stesso per il patriottismo: se la costituzione, ancor più nel senso di costituzione formale, potesse sostituire la devozione alla comunità (Nazione, Patria), nella sua conformazione (e retaggio) storico ed ideale, ne conseguirebbe che non avremmo più italiani, francesi, inglesi, tedeschi, ma parlamentaristi, semi-presidenzialisti, monarchico-parlamentaristi, federal-cancellieristi e così via.
Manca ai costituzional-patrioti l’accortezza di Socrate, il quale nella Presopopea delle leggi (nel Critone) le fa accompagnare dall’insieme delle città (kai to koinon tes poleos)18;anzi quelli isolano ancora di più la costituzione formale, privandola anche del seguito ossia del resto della legislazione19. Al contrario di Renan che, quando elenca i principali fattori che fanno una nazione (razza, lingua, religione, comunanza d’interessi, territorio) esclude che possono essere presi esclusivamente ed (isolatamente) sufficienti (e significativamente, non cita né la costituzione né il diritto).
5. Ai costituzional-patrioti, a quanto pare, sembra basti un documento (peraltro neanche citato tra i fattori di Renan, neppure nel genus diritto o leggi), per surrogare tutti quei fattori.
A leggere gli ultimi contributi apparsi sulla stampa in rete infatti ci si chiede, dubitando, se ci siano forze politiche disposte a “sottoscrivere l’art. 33 comma 3° della Costituzione (il diritto d’istituire scuole)…o l’art. 11 (il rifiuto della guerra),… o l’art. 32 comma 2° (divieto di trattamenti sanitari obbligatori) E si potrebbe continuare a lungo con questo elenco20”. Elenco composto, evidentemente, dall’insieme delle disposizioni costituzionali indistintamente. Dalla sovranità quindi al diritto all’abitazione, dalla scelta della forma democratica a quella di non subire trattamenti sanitari, dalla funzione legislativa allo sviluppo dell’artigianato. Tutte equiparate e parimenti “costituzionali” (perché rigide).
Più sorvegliati e condivisibili altri interventi. Ad esempio quello di Barbara Spinelli sulla “Stampa” dove dopo aver sostenuto “per alcuni le istituzioni e le costituzioni hanno una forza così potente – la forza del Decalogo – da sostituire identità controverse come la nazione o l’identità etnica” si legge: “Non sono Habermas e le sinistre ad avere inventato il concetto, non a caso tedesco, di patriottismo costituzionale: Lo coniò negli anni 70 un conservatore, Dolf Sternberger … Per Sternberger, il patriottismo costituzionale era l’unica identità possibile per un paese ridotto a mezza nazione dal nazionalismo etnico, la dittatura e la guerra. Una condizione che si diffonde, con la mondializzazione: tutte le nazioni hanno, nel globo, sovranità dimezzate”. O quello di Gianfranco Fini che ha rilevato “L’esperienza drammatica del secolo scorso ci ha insegnato che la base più solida del sentimento nazionale risiede nel valore del patriottismo costituzionale, quindi in quei principi di libertà, democrazia, uguaglianza e rispetto della persona che mettono al riparo i popoli……alla base del sentimento nazionale non può esservi l’appartenenza etnica ma la volontà politica di condividere un destino e un progetto, non c’è nulla di più solido e profondo se non l’identificazione nei valori sanciti dalla Carta Costituzionale”21. Dove il richiamo nel primo caso non è quello meramente cartolare a documenti e norme, ma all’istituzione; e nel secondo, del pari, ai principi e i valori (cioè – prevalentemente – alle decisioni fondamentali sulla forma politica), alla comunanza di destino e alla volontà. Tutti elementi decisivi e non riducibili alla costituzione formale.
E questo, il legame con qualcosa di concretamente esistente e comune (comunitario) e non normativo, risulta da tanti scritti. Di cui ne ricordiamo due. L’uno di Machiavelli “la patria è ben difesa in qualunque modo la si difende, o con ignominia o con gloria […] dove si dilibera al tutto della salute della patria, non vi debbe cedere alcuna considerazione né di giusto né d’ingiusto, né di piatoso né di crudele, né di laudabile né d’ignominioso; anzi, posto ogni altro rispetto, seguire al tutto quel partito che le salvi la vita, e mantenghile la libertà”22. Se il Segretario fiorentino avesse avuto una concezione da costituzional-patriota (oltre a dimenticarsi di citare la costituzione), non avrebbe liquidato il giusto e l’ingiusto, il laudabile e l’ignominioso. L’altro di Marx laddove descrive il patriottismo delle armate rivoluzionarie francesi “il patriottismo era la forma ideale del sentimento di proprietà”23; per cui collegava il patriottismo ad una forma concreta di produzione, cioè alla realtà.
E si potrebbe continuare a lungo.
6. Per cui chiedersi se è possibile che si configuri un patriottismo costituzionale quale momento fondativo (ed esclusivo) dell’esistenza politica, occorre rispondere in primo luogo, che cosa s’intende per costituzione.
Sicuramente appare bizzarro, dato che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52 della Costituzione), che si chieda al buon cittadino di morire per difendere l’art. 45, II comma della nostra costituzione (“la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”), anche perché gli stessi artigiani sarebbero sicuramente assai restii a farlo.
E quindi è indispensabile identificare la Costituzione col suo nucleo essenziale (dalla forma democratica alla sovranità alla libertà).
Dall’altra anche in tal caso il patriottismo costituzionale appare come una sineddoche politica, e perciò anche se non bizzarro, parziale: perché ad essere oggetto di quel sentimento, di quella volontà unificante appare assai più adatta la totalità dell’esistenza e dell’identità nazionale: comprensiva della storia, dei costumi, della geografia, della religione, della lingua.
Teodoro Klitsche de la Grange
1 V. dichiarazione del Presidente on.le Napolitano citata da articolo sulla “Stampa” del 24/01/2008 del prof. Marcello Pera.
3 v. Überverfassungswesen trad. it. di Clemente Forte in Behemoth n. 20.
4Diritto costituzionale generale, Milano 1947, p. 3.
5 Questa constatazione va chiarita con le tesi di Santi Romano e di Hauriou. Secondo il primo anche nei periodi di transizione politica, prima di una regolamentazione compiuta, c’è sempre un diritto costituzionale, anche se rudimentale “il diritto è immanente a qualsiasi assetto politico, e l’unica negazione, logicamente e storicamente, possibile del diritto costituzionale sarebbe l’anarchia” (op. cit. p. 4). Ad avviso del secondo il governo di fatto può beneficare non della giustificazione giuridica, ma di quella “teologica” che si applica ad ogni forma (espèce) di potere… “è un modo di asserire (traduire) il carattere naturale e necessario del potere, l’impossibilità per gruppi umani di sussistere senza un governo, di legare la necessità del potere a quello dello Stato sociale…” (v. Précis de droit consitutionnel, Paris, 1929, p. 29).
6 L’apparente contraddittorietà tra l’affermazione di Santi Romano che ogni Stato non ha ma è una costituzione e l’ “asimmetria” è risolta dal fatto che l’essenza della costituzione è un potere che esercita con successo (ottenendo un certo grado d’obbedienza) il comando in una comunità, così dando forma (ed azione) politica alla stessa. Per cui il potere (obbedito) è il nucleo essenziale di ogni ordine costituito.
7 V. G. Jellinek Allgemeine Staatslehere (III libro) trad. it. Dottrina generale del diritto dello Stato, Milano 1949, p. 100 ss.
9 Si noti che tutti i casi citati le costituzioni hanno in comune di essere frutto non solo di guerre – come capita per lo più a tutte le costituzioni – ma di un particolare contesto politico internazionale e interno.
10 V. Max Weber, Wirtshaft und Gesellshaft, trad it. Milano 1980, pp. 48-49.
11 J. de Maistre, Considérations sur la France, trad. it. Roma 1985, p. 47. In ciò è evidente che de Maistre si ricollega a Montesquieu.
12 “Noi popolo degli Stati Uniti, allo scopo di ancor più perfezionare la nostra unione, di garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità all’interno, di provvedere alla comune difesa, di promuovere il benessere generale e di salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione degli Stati Uniti d’America”.
13 La quale concezione è condivisa da parte della dottrina protestante come contestata da altra parte dei teologi cattolici e protestanti. Per una trattazione più diffusa ci sia consentito rinviare a quanto scritto in Diritto divino provvidenziale e dottrina dello Stato borghese in Behemoth n. 41, p. 5 ss.
14 v. ad esempio J.E. Sieyès Qu’est-ce-que le tiers Etat? “La Nazione esiste prima di ogni cosa, essa è l’origine di tutto. La sua volontà è sempre conforme alla legge, essa è la legge stessa. Prima di essa e al di sopra di essa non c’è che il diritto naturale. Se vogliamo farci un’idea esatta dell’ordine delle leggi positive che possono emanare solo dalla sua volontà, troviamo al primo posto le leggi costituzionali, esse si dividono in due parti… Queste leggi sono dette fondamentali, non nel senso che possano divenire indipendenti dalla volontà nazionale, ma in quanto i corpi che esistono ed agiscono in virtù di esse, non possono modificarle. In ogni sua parte la Costituzione non è opera del potere costituito, ma del potere costituente… Una nazione si costituisce solo in virtù di un diritto naturale. Un governo, al contrario, è frutto solo del diritto positivo. La Nazione è tutto quel che può essere per il solo fatto di esistere” trad. it. Milano 1993, pp. 256-257.
15 Scriveva Haurion che “l’ordine sociale si presenta come il movimento lento ed uniforme di un insieme ordinato. “ Précis de droit constitutionnel, Paris 1929 p. 62. v. precedentemente nello stesso volume, la critica al sistema “trascendent et statique du professeur Hans Kelsen”.
16 Come scriveva Renan “L’esistenza di una Nazione (mi si perdoni la metafora) è un plebiscito di tutti i giorni, come l’esistenza dell’individuo è un’affermazione perpetua di vita” mentre qua il “plebiscito” dovrebbe essere rivolto non all’esistente ma al normativo e non a ciò che esiste oggi, ma a ciò che era statuito oltre sessant’anni fa.
17 Si potrebbe dubitare più che la legittimità possa riguardare non un rapporto tra uomini, ma tra uomini e norme (documenti).
18 Non vogliamo entrare sui significati del termine nomos e sulla esattezza della sua traduzione col latino lex.
19 Cosa che a Socrate non succedeva, tant’è che le leggi comprendono, com’è naturale nella libertà degli antichi, tutto l’ambito della vita del cittadino, dal matrimonio all’educazione.
20 V. E. Carnevali. Le parole di Brunetta e l’assalto alla Costituzione – micromega -on-line.
21 V. Il futuro della libertà Area dicembre 2009 p. 34
23Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Roma 1977, p. 218.
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Il segno dei tempi ancora incerti e contraddittori durante i quali i nuovi ed alternativi sistemi di relazioni internazionali paralleli e contrapposti a quello statunitense sono ancora lungi da essere consolidati. Buona lettura, Giuseppe Germinario
Il Sudafrica ha sbagliato l’ottica del suo compromesso BRICS con la Russia
ANDREW KORYBKO
20 LUGLIO 2023
Pretoria avrebbe dovuto fare finta di niente, rifiutarsi di assecondare il circo mediatico che circonda l’imminente vertice e discutere apertamente con il blocco a porte chiuse. In questo modo avrebbe mantenuto le apparenze per tutte le parti coinvolte e avrebbe facilitato la possibilità di trasferire completamente l’evento in un formato online senza bisogno di spiegazioni. Invece, il Sudafrica ha screditato la propria integrità e quella dei BRICS dopo che il suo comportamento poco diplomatico ha reso impossibile l’attuazione di questo piano di riserva, con conseguente vittoria politica dell’Occidente.
Mercoledì il Sudafrica ha annunciato che il Presidente Putin parteciperà al Vertice dei BRICS del mese prossimo virtualmente anziché di persona come inizialmente previsto. Il portavoce del Presidente Cyril Ramaphosa ha poi confermato che ciò è stato deciso a causa degli “obblighi legali di Pretoria nei confronti dello Statuto di Roma”, dopo che la CPI ha emesso un mandato di arresto per il leader russo. Non esiste quindi alcuna base per ipotizzare l’esistenza di altre ragioni, come molti esponenti della comunità Alt-Media (AMC) hanno sostenuto sui social media.
Se ci fossero state minacce credibili alla vita del Presidente Putin mentre si recava in quel Paese o mentre si trovava lì, il Cremlino ne avrebbe informato la comunità internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul complotto speculativo dell’Occidente per assassinarlo e screditare così il blocco de facto della Nuova Guerra Fredda. La Russia ha rivelato in precedenza di aver sgominato una cellula terroristica che voleva assassinare il capo di RT, Margarita Simonyan, quindi non avrebbe senso che coprisse un presunto complotto molto più grande riguardante il Presidente Putin.
L’altra spiegazione che viene sbandierata dall’AMC, secondo cui il leader russo sarebbe troppo impegnato a gestire l’operazione speciale per viaggiare all’estero, è screditata dal fatto che l’anno scorso si è recato in Asia centrale e in Iran, nonostante la situazione sul campo di battaglia fosse molto più grave in quel periodo. È importante sfatare queste teorie cospirazioniste, in modo che la gente non sia indotta a concordare con i media mainstream (MSM) che è un bene che non venga in Sudafrica il mese prossimo.
Il consiglio di “Alt-Media Needs To Stop Overdosing On Copium & Finally Recognize Reality” può essere applicato in questo contesto semplicemente riconoscendo che l’ultimo annuncio è una battuta d’arresto, ma senza cadere nella trappola del MSM di abbracciare narrazioni “doom-and-gloom” dopo questa delusione. I BRICS continueranno ad accelerare gradualmente i processi di multipolarità finanziaria in parallelo con i suoi membri e gli Stati partner della loro rete allargata che si affidano maggiormente alle valute nazionali nei loro scambi bilaterali.
Tuttavia, c’è ancora qualche lezione da trarre dal fiasco del soft power del Sudafrica, che ha sbagliato l’ottica del compromesso BRICS con la Russia. Le pressioni internazionali sono state immediatamente esercitate sul Paese ospitante affinché disinvitasse il Presidente Putin dopo che, all’inizio della primavera, era trapelata la notizia del suo mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale. Pretoria avrebbe dovuto fare finta di niente, rifiutarsi di assecondare il circo mediatico che circonda l’imminente vertice e discutere apertamente con il blocco a porte chiuse.
Questo avrebbe mantenuto le apparenze per tutte le parti coinvolte e avrebbe facilitato la possibilità di trasferire completamente l’evento in un formato online senza bisogno di spiegazioni. Gli organi di stampa avrebbero comunque ipotizzato che ciò fosse dovuto al mandato di arresto della Corte penale internazionale, ma nulla sarebbe stato confermato in questo scenario, preservando così l’integrità del Paese ospitante e quella dei BRICS nel loro complesso. Invece, entrambi sono stati screditati dopo che il circo mediatico ha reso impossibile l’attuazione senza problemi di questo piano di riserva.
La scorsa settimana, “Il vicepresidente del Sudafrica ha vuotato il sacco sul dilemma BRICS-CIC”, che a posteriori è stato molto poco diplomatico per ciò che ha rivelato. Nel disperato tentativo di suscitare simpatia per la situazione in cui si trova il suo Paese, Paul Mashatile ha egoisticamente fatto luce su alcune divisioni interne al blocco. In particolare, ha affermato che il Brasile e l’India si sono opposti allo spostamento del Vertice in Cina, sostenendo inoltre che quest’anno solo l’India era favorevole all’idea di un formato puramente online.
Per quanto possa essere “politicamente scomodo” da ammettere per alcuni membri dell’AMC, entrambe le cose potrebbero essere vere. Il Brasile e l’India stanno cercando di trovare un equilibrio tra l’Occidente e il Sud globale, cosa che sarebbe stata più difficile per loro se avessero accettato di spostare il vertice in Cina dopo che il Sudafrica si era lasciato andare al circo mediatico che lo circondava. Se il Sudafrica fosse rimasto discreto sui suoi calcoli politici, tuttavia, quei due avrebbero potuto sentirsi più a loro agio.
Per quanto riguarda la seconda affermazione di Mashatile, la stessa osservazione vale per il comportamento poco diplomatico del suo Paese che preclude questa possibilità. All’inizio del mese, l’India ha ospitato il vertice annuale della SCO di quest’anno praticamente dopo aver annunciato la sua decisione alla fine di maggio senza fornire spiegazioni, ma probabilmente a causa della scomodità di ospitare il presidente cinese Xi in mezzo alle crescenti tensioni sino-indiane. Rifiutando di assecondare le speculazioni sui suoi calcoli, l’India ha aiutato tutte le parti a mantenere le apparenze.
L’evento ha avuto successo dopo che tutti si sono trovati d’accordo sui contorni dell’ordine mondiale emergente, ma questo probabilmente non sarebbe accaduto se l’India si fosse comportata in modo non diplomatico nel periodo precedente. Anche se il Sudafrica aveva già commesso molti errori di soft power prima che l’India annunciasse la sua decisione di ospitare il vertice SCO praticamente senza spiegazioni, avrebbe potuto imparare dall’esempio dato dal suo partner BRICS a smettere di parlare dei suoi calcoli politici per salvare l’integrità del gruppo.
Se ciò fosse accaduto, allora ci sarebbe stato ancora spazio politico per tenere il vertice BRICS di quest’anno anche online senza che i membri si sentissero a disagio, ma tutti si sarebbero opposti, tranne l’India, proprio perché il Sudafrica si era già spinto troppo in là assecondando il circo mediatico. Non avrebbero potuto far credere che questo piano di riserva fosse dovuto a ragioni diverse dalle pressioni occidentali, e quindi non volevano macchiare la loro reputazione multipolare condividendo il peso della colpa.
L’India aveva già spostato il vertice SCO online, quindi non si sarebbe vergognata di appoggiare il Sudafrica a fare lo stesso, ma Russia e Cina, se avessero accettato, avrebbero certamente dato l’impressione di coprire la capitolazione del Sudafrica alle pressioni occidentali, ed è per questo che presumibilmente non l’hanno fatto. Questa intuizione porta direttamente allo scandaloso annuncio di mercoledì, che avrebbe potuto essere evitato se il Sudafrica si fosse comportato diplomaticamente e non avesse assecondato il circo mediatico che circonda questo evento.
Se Pretoria si fosse comportata bene in pubblico e avesse discusso apertamente con il blocco a porte chiuse, sarebbe stato possibile spostare il Vertice BRICS in Cina quest’anno o organizzarlo interamente online, come l’India ha appena fatto con successo con il Vertice SCO. Per quanto riguarda il primo piano di riserva, gli equilibri geopolitici del Brasile e dell’India non sarebbero stati danneggiati, poiché il Sudafrica avrebbe potuto inventare un pretesto plausibile, anche se le tensioni sino-indiane avrebbero potuto costituire un problema per Delhi.
Per quanto riguarda il secondo, in questo scenario si sarebbe potuto fare affidamento su un pretesto simile, per non dare l’impressione che la Russia e la Cina stessero contribuendo a coprire la capitolazione di un membro dei BRICS nei confronti dell’Occidente, invece di resistere alle pressioni occidentali come i loro sostenitori si aspettano che facciano sempre. Purtroppo, nessuno dei due piani di riserva è stato attuato perché il Sudafrica ha sbagliato l’ottica del suo compromesso BRICS con la Russia, di cui non può essere incolpato se non per se stesso, a prescindere dalle affermazioni dell’AMC.
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Il summit della NATO a Vilnius ha evidenziato i possibili sviluppi del conflitto in Ucraina e ha fornito un quadro brutale ma realistico dell’assetto strategico che si sta configurando in Europa le cui conseguenze saranno misurabili nel tempo.
Nella capitale lituana la NATO ha “congelato” l’ingresso dell’Ucraina rimandandolo a data da destinarsi, come volevano gli USA e la gran parte degli Stati membri contrastati in parte dai britannici e soprattutto da polacchi e baltici che avrebbero preferito la definizione di un preciso percorso di adesione di Kiev oltre a un più rapido e massiccio invio di aiuti militari (nella foto sotto un autobus di Vilnius).
“Saremo in grado di estendere un invito all’Ucraina ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte” si legge nella dichiarazione conclusiva del vertice. Un esito previsto, voluto dagli Stati Uniti ma anche da quasi tutti i membri della NATO che non intendono imbarcare l’Ucraina finché è in guerra con la Russia, neppure con una road-map che stabilisca i tempi per l’ingresso di Kiev.
In conferenza stampa il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha provato a spiegare che l’Ucraina porta a casa un successo rispetto alla dichiarazione di Bucarest del 2008, quando la NATO aprì sulla carta le porte a Kiev (ma la guerra con la Russia non era immaginabile) perché oggi è previsto un avvicinamento all’Alleanza Atlantica basato sui passi avanti che farà l’Ucraina in termini di riforme politiche, sociali ed economiche e di interoperabilità militare con le forze armate dei paesi della NATO.
Stoltenberg ha ammesso però che “tutti gli Alleati sono d’accordo che quando una guerra è in corso non è il momento per fare dell’Ucraina un membro a pieno titolo dell’Alleanza. La priorità è fare in modo che l’Ucraina vinca, perché se perde non avrà alcun senso parlare di NATO o adesione”.
In cambio il governo di Kiev si impegna a democratizzare il paese attuando riforme del sistema giudiziario, anticorruzione, governance delle imprese, rispetto dello stato di diritto e il controllo civile e democratico delle forze armate.
Impegni certo eccessivi per gli attuali standard ucraini che vedono media imbavagliati, elezioni rinviate, tutte le opposizioni (12 partiti) posti fuorilegge perché “filo russi”, corruzione alle stelle e diritti umani e civili calpestati anche in virtù della legge marziale.
Anche alla luce di queste valutazioni appare quasi ironico che Biden, intervenendo all’Università di Vilnius, abbia affermato il 13 luglio che “l’Ucraina continua a compiere progressi nella democrazia e nelle riforme necessarie. Continueremo a sostenere l’Ucraina che sta difendendo non solo sé stessa ma anche i valori che noi rappresentiamo nel mondo occidentale”.
Per addolcire la pillola a Zelensky gli alleati hanno definito, sulla carta, una più rapida consegna dei vecchi caccia F-16 radiati dopo 40 anni di servizio da Olanda, Belgio e Danimarca mentre i membri del G7 hanno annunciato accordi bilaterali con Kiev per continuare a sostenere il riarmo e l’economia ucraina come hanno confermato anche gli annunci delle singole nazioni registrati prima, durante e dopo il vertice.
Zelensky furioso
Le offerte dell’Occidente miravano a calmare la delusione di Volodymyr Zelensky che la sera dell’11 luglio ha definito “assurdo che non sia fissato il calendario né per l’invito né per l’adesione dell’Ucraina. Mentre allo stesso tempo viene aggiunta una formulazione vaga sulle condizioni persino per l’invito. Sembra che non ci sia disponibilità né a invitare l’Ucraina nella NATO né a renderla membro dell’Alleanza. Ciò significa che viene lasciata una finestra di opportunità per negoziare l’adesione alla NATO nei colloqui con la Russia. E per la Russia, questo significa motivazione per continuare il suo terrore. L’incertezza è debolezza”.
Il presidente ucraino ha colto nel segno, individuando probabilmente il vero obiettivo di USA e NATO che conferma per l’Ucraina il ruolo di pedina sacrificabile nel confronto con Mosca. Sembrano dimostrarlo anche le dure reazioni alle sue parole e gli scarsi entusiasmi mostrati dagli altri capi di stato e di governo nei confronti del presidente ucraino, fino a ieri idolatrato.
Del resto nonostante i proclami altisonanti di Kiev che hanno annunciato vittorie militari per ora inesistenti con l’obiettivo di portare qualche successo a Vilnius, i membri della NATO hanno ben compreso che il fallimento della controffensiva ucraina e l’esaurimento progressivo degli aiuti militari che l’Occidente può fornire a Kiev imporranno presto di negoziare un accordo con la Russia.
Il tema non è liquidabile in poche battute politiche perché la controffensiva voluta da Zelensky e che in cinque settimane sembra essere costata all’esercito ucraino oltre 50 mila morti e feriti per riconquistare una superficie di territorio nazionale più piccola dell’Isola d’Elba, era stata voluta ad ogni costo da Zelensky (secondo alcune voci contro il parere dei vertici militari) con l’obiettivo di portare al summit di Vilnius successi tangibili da presentare agli alleati.
Non a caso in queste ore circolano di nuovo indiscrezioni circa pressioni dei comandanti militari per fermare la controffensiva e cessare di sacrificare inutilmente truppe e mezzi necessari invece a contrastare nuove offensive russe.
Difficile dire se Mosca sia disponibile al negoziato e se le trattative coinvolgeranno direttamente gli Stati Uniti: di certo la base su cui i russi si dissero pronti al confronto mesi or sono riguardava la cessione delle quattro regioni ucraine in buona parte occupate e annesse alla Federazione con un referendum nel settembre scorso e lo status neutrale dell’Ucraina.
Pragmaticamente, in vista di un possibile negoziato i membri della NATO hanno ritenuto di non assumere impegni formali con Kiev che peraltro avrebbero irritato ulteriormente Mosca. Soprattutto gli Stati Uniti, alla vigilia di una campagna elettorale presidenziale in cui l’escalation della tensione con la Russia e il rischio paventato di guerra nucleare non aiuteranno Biden a cercare un secondo mandato.
A Mosca, come era prevedibile, hanno subito evidenziato le difficoltà di Kiev e il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha ironizzato sull’esito del summit di Vilnius canzonando gli ucraini per essersi fidati dell’Occidente. “Sciocchi, dovevate imparare le regole prima che iniziasse il gioco, non dopo”, ha scritto su Telegram. “Questo è l’ordine mondiale basato su regole inventate dagli occidentali. Chi è più intelligente non vi partecipa, poiché non ci sono regole, vengono inventate sul momento e modificate se il gioco non porta al risultato desiderato”.
Zelensky umiliato
I russi non sono stati i soli a umiliare i vertici ucraini per la brusca reazione alle delusioni di Vilnius e anche il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha bacchettato Zelensky.
“Piaccia o no, la gente dei Paesi occidentali vorrebbe vedere un po’ di gratitudine dall’Ucraina. A volte si chiede ai Paesi di rinunciare alle proprie scorte di armi. Diversi Paesi occidentali stanno cedendo propri stock di armi agli ucraini e non possono essere considerati come una sorta di Amazon cui indirizzare ordini di materiale bellico a richiesta. Talora i toni vanno calibrati ad esempio per convincere i parlamentari americani o per persuadere politici dubbiosi di altri Paesi”.
Wallace, ex ufficiale del British Army, puntava a diventare segretario generale della NATO prima che gli Stati Uniti decidessero di estendere di un anno il mandato di Stoltenberg, secondo indiscrezioni per permettere a Ursula von der Leyen di terminare il mandato di presidente della Commissione Ue per poi nominarla al vertice politico della NATO.
L’eventuale malumore di Wallace (che ha annunciato oggi le sue dimissioni “al prossimo rimpasto di governo”) nei confronti di Zelensky potrebbe quindi risultare spiegabile ma le sue parole hanno avuto ampia eco sui media britannici mentre da quanto emerge da indiscrezioni e testimonianze anonime l’insofferenza verso le pretese dell’Ucraina e del suo presidente sembra essersi diffusa rapidamente tra i tanti che fino a ieri lo osannavano.
Fonti anonime dell’Amministrazione statunitense hanno fatto infatti sapere al Washington Post che a Vilnius c’è stata molta irritazione per le critiche emerse nel comunicato di Zelensky.
La reazione della Casa Bianca, secondo le fonti, dimostra la “crescente frustrazione che si respira all’interno della NATO”, in relazione alle richieste di Zelensky. Anche “alcuni dei suoi sostenitori più accaniti hanno iniziato a dubitare dell’utilità di questi suoi atteggiamenti”. Una delle fonti ha affermato che la delegazione statunitense presente al summit ha reagito “furiosamente” al messaggio pubblicato da Zelensky.
L’irritazione di molti in Europa e USA nei confronti delle continue crescenti pretese di Kiev finora era rimasta in buona parte sotto traccia ma a Vilnius ha cominciato ad emergere prepotentemente. Forse non solo per le pretese e l’arroganza (entrambe non nuove) di Zelensky ma soprattutto perché pesano i mancati successi militari di Kiev, nonostante l’enorme quantità di armi fornite dagli stati membri della NATO cui si aggiungeranno presto le munizioni a grappolo americane, i missili da crociera francesi SCALP e altri veicoli corazzati.
Zelensky pentito
Già il 12 luglio il presidente ucraino ha dimostrato di aver colto che il vento stava cambiando e si è affrettato a rilasciare dichiarazioni più ossequiose nei confronti dei suoi sponsor.
“Sono fiducioso che con la fine della guerra, l’Ucraina entrerà finalmente nella NATO. Sono grato al presidente americano Biden e a tutti gli americani per il loro sostegno” ha detto nella conferenza stampa congiunta Stoltenberg.
“Sono grato per il sostegno di vitale importanza, per l’Ucraina e per gli ucraini, per la nostra libertà” ha scritto su Twitter. Il 12 luglio, giornata di chiusura del Summit di Vilnius, Zelensky in conferenza stampa ha risposto a Wallace: “Credo che siamo sempre stati grati al Regno Unito. Siamo sempre stati grati al primo ministro e al ministro della Difesa perché il popolo nel Regno Unito ha sempre sostenuto l’Ucraina. Siamo grati per questo”.
Il presidente ucraino ha aggiunto di “non aver capito” i commenti del ministro della Difesa britannica. “In quale altro modo dovrei esprimere le mie parole di gratitudine? Oppure potremmo alzarci la mattina ed esprimere personalmente le nostre parole di gratitudine al ministro. Davvero, non capisco l’essenza della questione. Siamo grati al Regno Unito”.
Lo stesso giorno, rivolgendosi all’opinione pubblica ucraina, il presidente ha detto che “al vertice ho visto il sostegno di Stati Uniti, Germania, Francia, Polonia e altri leader di Paesi che mi hanno assicurato che aiuteranno e sosterranno l’Ucraina finché sarà necessario. Ma voi e io dobbiamo capire che tutto questo dipende dalle nostre azioni sul campo di battaglia.
E’ molto importante non solo che i nostri alleati ci sostengano, ne abbiamo bisogno per mantenerci motivati, per sapere che cosa stiamo facendo, che stiamo andando verso la vittoria e il ripristino della nostra integrità territoriale. Non possiamo restare fermi e aspettarci che qualcuno ci sostenga per decenni”.
Il fattoi che abbia ammorbidito i toni, non significa che Zelensky non abbia preso atto dell’evoluzione nei rapporti con l’Occidente mentre a Kiev altri non hanno nascosto frustrazione e amarezza per l’esito del vertice di Vilnius.
“L’Ucraina entrerà un giorno nella NATO ma fino ad allora dobbiamo ricordare che le nostre vite e la nostra sicurezza sono solo nelle nostre mani. Ringraziamo i nostri partner, ma ricordiamo loro che anche il futuro e la sicurezza dell’Europa è nelle nostre mani. E oggi queste mani sono coperte da terribili calli sanguinanti per dover sempre reggere armi…” ha scritto su Twitter il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak.
L’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, il 13 luglio ha evidenziato che Kiev non ha ricevuto l’invito tanto atteso ad aderire all’alleanza o alcuna garanzia che tale offerta sarà fatta in futuro. “Non riesco a capire come si possa dire che il vertice di Vilnius è stato un grande successo per l’Ucraina”, ha detto durante il suo discorso al parlamento ucraino trasmesso dai media ucraini. “Non abbiamo bisogno di parole sulle porte aperte. Se le porte sono aperte, fateci entrare. Se non ci fate entrare, le porte restano chiuse”.
Il vertice di Vilnius sembra quindi aver chiarito a Zelensky e ai suoi che gli alleati occidentali sono pronti a celebrare gli altissimi valori ideali per cui questa guerra deve essere combattuta ma solo “fino all’ultimo ucraino”.
E’ forse presto per affermare che l’indirizzo preso a Vilnius potrebbe portare gli ucraini in coda alla lunga lista degli alleati da “sostenere finché sarà necessario” poi abbandonati dagli USA e dall’Occidente (i sudvietnamiti, gli iracheni, i curdi in almeno tre occasioni, gli afghani…) ma se vi sarà una svolta in tal senso lo si vedrà probabilmente entro la fine dell’estate con l’intensificarsi dei contatti tra Mosca e Washington, prima di tutto a livello di vertici dell’intelligence.
Del resto lo stesso Stoltenberg, che da tempo andava ripetendo che i successi della controffensiva ucraina avrebbero permesso a Kiev di sedersi al tavolo dei negoziati con maggiore forza contrattuale, ha detto il 13 luglio che le trattative per risolvere il conflitto in Ucraina avverranno solo quando l’Ucraina sarà pronta.
“Quello che sappiamo è che quanto più sostegno militare forniamo agli ucraini, quanto più territorio riescono a liberare, tanto più forte sarà la loro mano al tavolo dei negoziati. Non si tratta della Nato che negozia per conto dell’Ucraina”.
Di diverso avviso è invece il premier ungherese Viktor Orban il quale sostiene apertamente che “se gli americani lo volessero domani mattina ci sarebbe la pace. E perché gli americani non lo vogliano è una domanda a cui tutto il mondo sta pensando. Dopo tutto, l’Ucraina ha perso la sua sovranità: non ha denaro, né industria militare, né capacità di produzione militare propria. Riceve denaro principalmente dagli Stati Uniti, fondi militari sempre dagli americani e dall’Occidente”.
Il trionfo del Sultano
Oltre agli Stati Uniti di Biden anche la Turchia di Recep Tayyp Erdogan esce trionfante dal summit di Vilnius incassando un triplice bottino dal via libera dato all’ingresso della Svezia nella NATO.
Ankara ha ottenuto innanzitutto garanzie da Stoccolma sullo stop agli aiuti ai curdi (“terroristi” per i turchi, dissidenti sacrificabili per NATO e UE), poi garanzie da Washington sulle forniture di nuovi cacciabombardieri F-16 Viper e garanzie dall’Unione Europea circa l’espansione degli accordi economici di libero scambio con la rimozione dell’obbligo di visto per i cittadini turchi che intendono recarsi in Europa e la prospettiva (da definire) dell’ingresso della Turchia nella Ue.
Alla vigilia del vertice Erdogan aveva chiesto un “messaggio chiaro e forte” sull’adesione della Turchia alla UE, che non è in agenda a Bruxelles, è osteggiata da molti in Europa ma è stata invece caldeggiata dagli Stati Uniti.
“Il presidente Biden ha sempre appoggiato l’aspirazione della Turchia ad entrare nell’Unione Europea. Gli Stati Uniti non fanno parte di questa organizzazione e quindi non hanno voce in capitolo, ma quella resta la nostra posizione”, ha detto in un briefing il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.
Accomodante la risposta del presidente del consiglio europeo Charles Michel, che dopo “l’ottimo incontro” con Erdogan, ha twittato che “sono state esplorate le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano e rivitalizzare le nostre relazioni”.
Meglio ricordare che Michel è colui che nell’incontro con Erdogan ad Ankara nell’aprile 2021 lasciò seduta sul divano Ursula von der Leyen in una delle performance più imbarazzanti (ed esilaranti) che hanno visto protagonista l’attuale Commissione Ue.
Non è superfluo ricordare l’ostilità turca nei confronti dell’Europa, dal ricatto pluriennale sui migranti illegali (la gran parte delle rotte utilizzate per l’immigrazione clandestina sono gestite o controllate dalla Turchia) al sostegno ai gruppi jihadisti per non parlare del ruolo turco nel contrastare l’integrazione delle comunità islamiche nei diversi paesi europei, inclusa la Francia.
Non ci sono neppure dubbi sul fatto che la Turchia non coltivi certo il “sogno europeo” o “si senta parte dell’Europa” tenuto conto che il neo-ottomanesimo di Erdogan sta portando Ankara ad accentuare la penetrazione nei Balcani, nell’Egeo, in Libia e non certo a beneficio degli interessi europei.
Certo gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a sottrarre la Turchia dall’intesa cordiale con la Russia di Putin ma il fatto che la UE sia oggi disposta a concedere tanto alla Turchia in cambio dell’ingresso della Svezia (già membro dell’Unione) nella NATO, la dice lunga su quanta autonomia questa Commissione Ue abbia da Washington anche nella gestione dei suoi affari interni.
Vassalla degli interessi statunitensi, piegata a quelli turchi e pronta a pagare il conto per l’allargamento della NATO, l’Unione Europea sembra voler fare di tutto per confe4rmare di fatto rinunciato a tutelare le nazioni e i popoli che la compongono.
Del resto se un membro di spicco dell’amministrazione statunitense come Sullivan può permettersi di dichiarare pubblicamente l’endorsement di Washington all’ingresso della Turchia nella Ue, significa che l’obiettivo statunitense di indebolire l’Europa è stato pienamente raggiunto e la guerra in Ucraina ha ridotto al lumicino la sovranità e persino la dignità della UE, anche negli aspetti formali.
Superficiale e un po’ dilettantesco appare infine l’entusiasmo registrato sulle due sponde dell’Atlantico per le posizioni di Erdogan, fino a ieri ingombrante “dittatore” (come lo definì un premier italiano) ma da un paio di giorni celebrato in Occidente perché avrebbe voltato le spalle a Putin con il via libera all’ingresso della Svezia nella NATO e la consegna a Kiev dei comandanti della Brigata Azov, ospitati a Istanbul in base agli accordi con russi e ucraini dopo la caduta di Mariupol.
La Turchia di Erdogan non era filo-russa né è diventata ora filo-Ucraina o filo-Occidentale. Cura semplicemente (ed egregiamente) i propri interessi nazionali e la liberazione degli ufficiali dell’Azov ha rappresentato probabilmente una rappresaglia per i pesanti bombardamenti aerei russi dei giorni scorsi sui territori del Nord della Siria controllati dalle milizie filo-turche.
Meglio non dimenticare che i conflitti in Libia, Siria e Armenia/Azerbaigian sono stati conclusi da intese dirette tra Mosca e Ankara con compromessi che hanno tagliato fuori gli occidentali e che Erdogan non ha interesse a scontrarsi con Putin, atteso ad Ankara in agosto. Inoltre la Turchia è diventata il secondo fornitore commerciale della Russia dopo la Cina, con una crescita dell’export quasi triplicata dal 2022 grazie soprattutto al settore abbigliamento, dove i prodotti turchi hanno rimpiazzato quelli europei (e italiani).
Le aperture alla Svezia nella NATO, oltre a portare importanti benefici politici, economici e militari alla Turchia, permetteranno ad Erdogan di riproporsi come mediatore per rilanciare gli accordi sul grano e per far cessare la guerra con il probabile benestare di tutti.
“Se le parti acconsentono o vogliono che mediamo, saremmo felici di farlo. Proprio come Istanbul è diventata il centro del corridoio del grano, siamo sempre pronti per fare da mediatori su tali questioni. La Turchia è uno dei Paesi che può incontrare sia la Russia che l’Ucraina. Ma fino a ora nessuno ci ha chiesto nulla”, ha affermato Erdogan che a Vilnius ha colto con perfetto tempismo le opportunità offerte dal nuovo corso degli eventi. Se la guerra terminerà con una trattativa, i turchi faranno di tutto per mediarla e condurla in porto.
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In questa serie di tweet del 19 giugno “Big Serge”, forse il più acuto commentatore delle operazioni militari in Ucraina, propone un insight strategico di grande valore sul quale concordo al 100%. Molto interessante constatare che questa interpretazione convalida e sviluppa la lettura delle primissime settimane di guerra che propose “Marinus”, probabilmente il Ten. Gen. Paul Van Riper, Corpo dei Marines, sulla “Marine Corps Gazette” di giugno e agosto 2022, sebbene “Big Serge” non la conosca (non la cita mai nei suoi commenti).
“Marinus” non ha pubblicato altre analisi sulla guerra in Ucraina, probabilmente per ragioni di opportunità politica: le sue interpretazioni smentiscono radicalmente la lettura occidentale ufficiale delle operazioni belliche russe.
Nel 2022, “italiaeilmondo.com” ha pubblicato la traduzione italiana del saggio in due parti di “Marinus”1, e un mio commento sulle sue rilevantissime implicazioni2.
Buona lettura.
Roberto Buffagni
Big Serge
@witte_sergei
Molti sostengono che la guerra in Ucraina dimostri che siamo tornati allo stile di guerra della Prima Guerra Mondiale, dove attaccare con successo è quasi impossibile, e che questo renda meno probabili le guerre future a causa delle scarse probabilità di successo.
In realtà penso che sia vero il contrario.
Il clamoroso fallimento della controffensiva ucraina (e la lenta avanzata della Russia in altre parti del Donbas) dimostra che avanzare contro un esercito del XXI secolo che combatte da una posizione preparata con un ISR e una potenza di fuoco adeguati sarà un compito estremamente difficile.
Penso che l’implicazione strategica di ciò migliori effettivamente il calcolo per le prese territoriali limitate e calcolate, perché se il primo arrivato riesce a raggiungere un certo livello di sorpresa strategica e a impadronirsi rapidamente del territorio, può essere quasi impossibile da sloggiare.
Il successo della Russia in Ucraina suggerisce in realtà una pianificazione molto potente. Hanno consolidato il controllo della spalla di Lugansk e del ponte di terra di Zapo nella fase iniziale della guerra, e ora l’Ucraina non ha un percorso realistico per riconquistare questi territori.
La conclusione è che se gli obiettivi possono essere conquistati con un colpo di mano all’inizio, l’attaccante può comunque trincerarsi sotto l’ombrello del fuoco e dell’ISR e avere ottime probabilità di mantenere le proprie conquiste e costringere il nemico a cedere il territorio.
Si può facilmente vedere come si configurerebbe la pianificazione per le guerre che puntano a obiettivi limitati: sorpresa strategica, alta tolleranza per le perdite di vite umane e materiali all’inizio per assicurare una rapida presa degli obiettivi, e comunque trincerarsi. Afferrare e tenere duro, sapendo che non si può essere cacciati via.
Ci sono aree di ogni tipo in cui si potrebbe vedere applicata una simile strategia: il Karabakh nel Caucaso, lo spartiacque himalayano tra la Cina e l’India, la valle di Fergana e altro ancora.
Un altro modo per dirlo è quello di dire che la moderna combinazione ISR/Fuoco dà un significativo vantaggio a chi si muove per primo, perché il momento più facile per l’avanzata saranno le prime settimane di guerra, prima che le difese si consolidino.
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Ieri sera la Russia ha colpito Odessa e praticamente tutti gli altri porti coinvolti nell’affare del grano (ce ne sono altri come Yuzhne, Ochekov, Nikolayev, ecc.), oltre ad altre città dell’Ucraina occidentale. Il sindaco di Odessa li ha definiti i peggiori colpi dell’intera guerra:
Per inciso, è stato detto che l’uomo che ha filmato il video selvaggio degli arrivi a Odessa di cui sopra è già stato catturato dall’SBU e “mobilitato”:
La CNN ha aumentato il sensazionalismo in modo insincero, affermando di non aver “mai visto nulla di simile” – immagino che il giornalista non fosse presente a Baghdad nel marzo 2003:
Tra l’altro, è interessante che i media e i funzionari occidentali stiano facendo un gran parlare dei “barbari attacchi” della Russia, non solo dal punto di vista dell’ipocrisia: dopo tutto, Kiev ha letteralmente attaccato il ponte di Crimea l’altro giorno, uccidendo civili davanti alle telecamere, e ora si lamentano che la Russia ha colpito “infrastrutture civili” a Odessa. Ma anche il fatto che gli Stati Uniti hanno fatto la stessa cosa molte volte senza grande indignazione.
Per esempio, ecco un articolo del LA Times del 1990 che mostra come gli Stati Uniti abbiano utilizzato le stesse tattiche durante la Guerra del Golfo:
Si dà il caso che il petrolio iraniano sequestrato sia “bloccato” al largo delle coste del Texas, con quell’immortale voce passiva in stile Newspeak che i MSM amano impiegare quando devono nascondere il colpevole del crimine. Come quando riportano la notizia dei missili israeliani che colpiscono la Siria come “Damasco viene colpita dai missili”, lasciando che i loro lettori ottusi si chiedano di chi fossero i missili. Se cliccate sull’articolo vero e proprio, solo in un secondo momento si dice che si tratta di petrolio sequestrato, e non si parla di sequestro illegale.
Ora, il MSM ha la faccia tosta di gridare ripetutamente che l’utilizzo delle stesse tattiche da parte della Russia è in qualche modo più “barbaro”.
Tornando agli scioperi, ecco un’altra grande raccolta di video degli scioperi di ieri sera:
Questa mossa era chiaramente volta a terminare l’infrastruttura dell’accordo sul grano dell’Ucraina, in modo da non poter continuare a portare avanti l’accordo senza la Russia, dato che Zelensky aveva già tentato di convincere la Turchia e altri a continuare l’accordo come se nulla fosse.
Sono trapelate schermate di un’unità di difesa aerea ucraina che mostrano uno sciame di missili e droni:
Decine di obiettivi che rappresentano missili Caliber, Onyx e Kh-22, così come droni kamikaze Geran-2. Il sindaco di Odessa ha detto “che non ricordiamo una tale scala di attacchi dall’inizio della guerra”.
Questo sistema ACS (Automated Control System) Virage si dice sia un altro analogo dei sistemi ucraino-occidentali “Nettle” e Delta, che è un aggregatore di dati da una varietà di fonti, che possono essere radar di difesa aerea, inseriti manualmente da spotter, AWAC della NATO, ecc. Il canale Fighterbomber una volta lo ha spiegato così:
“Virage – Tablet” è un programma ucraino che mostra all’utente dati online sulla situazione aerea su qualsiasi computer portatile. Una sorta di flyradar. I dati vengono immessi nel sistema da qualsiasi cosa. Dai radar di combattimento dei sistemi di difesa aerea, dai localizzatori RTV, dai localizzatori di dispacciamento e, sospetto, anche dai dati degli Avak e degli aerei RTR della NATO.Per la trasmissione dei dati vengono utilizzati i più semplici radio modem e Internet, con cui, grazie a Elon Musk e al suo Starlink, le creste non hanno alcun problema. (Grazie a questo sistema, il tipo di bersaglio, la rotta e l’altitudine di volo dei nostri gruppi d’attacco vengono prontamente comunicati ai calcoli e agli equipaggi della difesa aerea, e i sistemi di difesa aerea con calcoli MANPADS vengono dispiegati all’azimut desiderato e attendono che i bersagli entrino nella loro area d’azione senza attivare le radiazioni, cioè rimanendo invisibili ai lanciamissili e ai sistemi di guerra elettronica di aerei ed elicotteri quasi fino al momento del lancio. Grazie alla sua compattezza e mobilità, questo sistema può fornire qualsiasi calcolo alle forze di difesa aerea e, naturalmente, alla fanteria.
Una cosa interessante che vorrei sottolineare è che è molto difficile credere che i sistemi radar di difesa aerea di Odessa possano tracciare missili da crociera e obiettivi di dimensioni drone a quelle distanze dalla Crimea. Noterete che ci sono contatti anche al largo della costa di Sebastopoli, che dista più di 320 km da Odessa. Sembra più probabile che gli AWACS della NATO sulla costa della Romania (anch’essa a circa 320 km) stessero tracciando e collegando digitalmente le informazioni all’Ucraina.
Tuttavia, detto questo, molti dei contatti sembrano indicare sistemi radar ucraini indigenti. Per esempio, sugli schermi si possono vedere molte denominazioni di 35D6M, che è una stazione radar ucraina prodotta dai sistemi Iskra, ex-sovietici con sede a Zaporozhye. Inoltre, si può vedere 79K6, che sembra designare un altro radar Pelikan di produzione nazionale.
Le statistiche del radar stesso mostrano che può tracciare un bersaglio a più di 300 km solo se vola a un’altitudine di 10-30 km. Se vola a 100 metri da terra, può essere tracciato solo a 40 km al massimo.
Com’è possibile, quindi, che riescano a tracciare missili da crociera presumibilmente a bassa quota a tali distanze? Le designazioni indicano anche diversi tipi di missili russi, ad esempio sembra esserci un contatto scritto come P-700, che presumibilmente sarebbe un missile russo P-700 Granit. Un’altra designazione indica “Malakhit”, che potrebbe essere un P-120 Malakhit russo.
Sappiamo da rapporti come questo che i sottomarini russi hanno sparato i P-700 già l’anno scorso durante le esercitazioni. Quindi, data la portata dell’attacco di ieri sera, è ipotizzabile che sia stato lanciato quasi tutto.
Per esempio, sappiamo che sono stati utilizzati i Kh-59Mk2, poiché sono apparse online le foto di uno di essi che è stato abbattuto. Sappiamo inoltre che sono stati utilizzati missili Onyx lanciati dalle unità costiere Bastion in Crimea, poiché sono emersi dei video:
Sappiamo anche che erano in volo i Tu-22M3, che di solito lanciano i Kh-22, piuttosto che i Kh-101 lanciati dai Tu-95 Bear. Quindi, nel complesso, ieri sera c’è stato un assortimento di missili che probabilmente comprendeva: Kh-59, Kh-22, Kh-101, Kalibr, Onyx/P-800, P-120 e P-700 sub-lanciati, e forse anche altri come Kh-35 o Iskander-M o variante K (R-500), oltre a una massa di droni guidati da Gerans/Shaheds.
In breve: sembra che la Russia abbia finito il futuro portuale e cerealicolo dell’Ucraina. Gli apparati occidentali si stanno già precipitando per salvare il possibile:
Nel frattempo, il portavoce della Casa Bianca, Karen Jean-Pierre, ha dichiarato che gli Stati Uniti non hanno ancora deciso alcuna azione, mentre i funzionari turchi hanno lasciato intendere che non intraprenderanno alcuna azione di “forza bruta” per intervenire militarmente o tentare di usare le loro navi da guerra per scortare i carichi di grano.
Mosca ha dichiarato con fermezza che a partire dal 20 luglio tutte le navi dirette verso i porti ucraini saranno trattate come obiettivi avversari:
Ministero della Difesa russo: navi dirette verso i porti ucraini: In relazione alla cessazione del funzionamento dell’Iniziativa del Mar Nero per il grano e alla chiusura del corridoio umanitario marittimo, a partire dalle 00.00 ora di Mosca del 20 luglio 2023, tutte le navi che navigano nelle acque del Mar Nero verso i porti ucraini saranno considerate potenziali vettori di carichi militari. Inoltre, alcune zone marittime nelle parti nord-occidentali e sud-orientali delle acque internazionali del Mar Nero sono state dichiarate temporaneamente pericolose per la navigazione. In conformità con la procedura stabilita, sono stati emessi avvisi informativi sulla revoca delle garanzie di sicurezza per i naviganti.
La BBC riferisce che gli attacchi hanno distrutto circa 60.000 tonnellate di grano, citando il ministro dell’Agricoltura ucraino:
Gli attacchi missilistici russi sulle coste ucraine del Mar Nero hanno distrutto 60.000 tonnellate di grano e danneggiato le infrastrutture di stoccaggio, dicono i funzionari. Il ministro dell’Agricoltura Mykola Solskyi ha detto che una “quantità considerevole” di infrastrutture di esportazione era fuori uso.
Da una ricerca sommaria mi sembra che una tipica nave da grano di grandi dimensioni trasporti circa quella quantità di grano, quindi questo sembrerebbe essere l’equivalente di una nave da grano piena distrutta – se i rapporti sono veri. Inoltre, si sostiene che ci vorrebbe fino a un anno per ripristinare i terminali danneggiati.
Ricordiamo che al momento degli attacchi, le tipiche notizie false dell’Ucraina affermavano che “tutti i missili e i droni” venivano abbattuti dalle loro valorose squadre di difesa aerea. Ma ora che i danni erano troppo gravi per essere nascosti, sono stati costretti a cambiare la storia, e ora abbondano notizie come la seguente:
Anche il canale ucraino TG “Donna con la falce” riferisce che a Odessa non sono rimaste quasi più munizioni per la difesa aerea in grado di abbattere i missili: “Sono rimaste solo munizioni per i ghepardi. Le munizioni vengono trasferite d’urgenza dall’Ucraina occidentale, in preparazione di un secondo attacco ai porti e alle infrastrutture di Odessa”.
In effetti, al momento in cui scriviamo, per la seconda notte consecutiva si sta verificando una nuova grande serie di attacchi su Odessa. È tipico che la Russia attenda un giorno perché il fumo si diradi e faccia una valutazione satellitare dei danni (Battle Damage Assessment), poi lancia un nuovo attacco per finire gli oggetti che non sono stati colpiti in modo soddisfacente la prima volta.
Putin ha rilasciato una serie di dichiarazioni sulla situazione:
Ecco una sintesi dei punti più salienti:
Il Presidente Putin sull’accordo sul grano: – L’accordo sul grano è stato concluso esattamente un anno fa, il 22 luglio 2022. Abbiamo prolungato questo accordo più e più volte, mostrando miracoli di resistenza e di pazienza;- Nessuno [in Occidente] aveva intenzione di rispettare gli accordi, si limitava a chiedere costantemente qualcosa alla Russia. L’autorità è stata minata, tra l’altro, dalla leadership del segretariato delle Nazioni Unite, che fungeva da garante dell’accordo sul grano. Credo che il personale delle Nazioni Unite abbia cercato sinceramente di mantenere tutte le promesse fatte dall’Occidente, ma non è riuscito a ottenere nulla, non ha fatto praticamente nulla per garantire il normale funzionamento dell’accordo;- L’Occidente ha fatto di tutto per far deragliare l’accordo sul grano, non ha risparmiato alcuno sforzo;- Il ritiro dalle sanzioni delle esportazioni russe di grano e fertilizzanti sui mercati mondiali non è stato completato. Inoltre, alla Russia viene impedito persino di donare fertilizzanti russi ai Paesi più poveri;- la Russia sostituirà il grano ucraino sul mercato alimentare sia a livello commerciale che gratuito;- la continuazione dell’accordo sul grano nella sua forma attuale ha perso ogni significato. A partire dal 18 luglio, la sua attuazione è stata completata; – la Russia prenderà in considerazione la possibilità di tornare all’accordo sul grano solo se tutti i principi della partecipazione della Russia a questo accordo, senza eccezioni, saranno pienamente presi in considerazione e attuati.
Ora il grano russo sta salendo sui mercati:
Il consigliere presidenziale Podolyak spiega che non sono i vettori, ma gli assicuratori a non volersi assumere il rischio di assicurare le navi che attraversano le acque contese della zona di guerra:
Non una sola nave da carico farà scalo nei porti ucraini sul Mar Nero dopo la fine dell’accordo sul grano”, ha ammesso Mikhail Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del Presidente dell’Ucraina, alla Rada TV. “Nessun Paese oserà inviare le proprie navi [nei porti ucraini]. E non si tratta di una questione di navi, ma di compagnie di assicurazione”, ha detto Podolyak.
Tuttavia, l’Ucraina sta ora implorando le compagnie di continuare a navigare con la promessa di fornire loro una sorta di “garanzia dei danni” quasi assicurata:
L’Ucraina ha detto in una lettera all’Organizzazione marittima internazionale (IMO), che è un’agenzia delle Nazioni Unite, di aver creato un meccanismo per fornire “garanzie sui danni” alle compagnie e alle navi che visitano i porti ucraini dopo il completamento dell’accordo sul grano, riferisce Reuters, citando la lettera. Kiev dice che il meccanismo funzionerà per le navi che si trovano nelle acque territoriali ucraine o che sono dirette o provenienti da porti ucraini. Appena, quindi subito, sì
È stato riferito che la Russia non ha ancora finito, cosa che sembra essersi rivelata vera visto che una nuova serie di attacchi è in corso al momento in cui scriviamo. L’intelligence britannica sostiene quanto segue:
“L’MI-6 ha trasmesso nuove informazioni all’Ufficio del Presidente e allo Stato Maggiore, indicando che le forze militari russe stanno preparando una serie di attacchi alle infrastrutture marittime utilizzando droni d’alto mare e navali. Con questo metodo, il Cremlino intende dimostrare che la Russia possiede nuovi tipi di armi che non sono ancora state utilizzate in Ucraina. L’intelligence britannica ritiene che gli attacchi ai porti marittimi abbiano lo scopo di impedire all’Ucraina di riaprire il corridoio dei cereali in modo unilaterale”. Come sempre, prendete ciò che dice Rezidents con un granello di sale.
Un altro rapporto di questo tipo afferma che l’Ucraina intende creare una provocazione con l’intento di attirare le potenze occidentali nel conflitto:
Dal canale Telegram di Rezident_UA: “La nostra fonte all’interno dell’Ufficio presidenziale ha rivelato che, con il supporto dell’intelligence britannica, si sta sviluppando un piano per il passaggio di navi cargo attraverso i porti della regione di Odessa. Attualmente sono in corso trattative con aziende private per l’acquisto di diverse navi che simbolicamente salperanno verso Odessa e provocheranno un attacco da parte della Russia. Se le navi da carico passeranno pacificamente, l’Ucraina dichiarerà sicuro il corridoio del grano. Tuttavia, se si verifica un attacco a queste navi pacifiche, l’Ucraina intende lanciare una campagna internazionale contro la Russia”.
Naturalmente, tutto ciò è normale. L’intero spettacolo di cani e pony che Zelensky sta facendo attualmente, implorando le compagnie di continuare a spedire con il pretesto di una sorta di “garanzia di danni” assicurativa, è tutto fatto con l’intenzione di creare una falsa bandiera facendo esplodere queste navi e dando la colpa alla Russia, o semplicemente sperando che la Russia colpisca comunque accidentalmente le navi. Come al solito, lo stratagemma disperato è quello di creare l’impressione che la Russia colpisca o danneggi l’Occidente in qualche modo o forma, per indurlo a scontrarsi con la Russia. È lo stesso vecchio trucco che viene usato in continuazione in ogni occasione. Tuttavia, la maggior parte delle compagnie occidentali probabilmente ne è al corrente e sa che sarebbe un “agnello sacrificale” usato per fomentare una guerra più grande e preferisce non correre il rischio di avere le proprie navi e i propri equipaggi distrutti in una falsa bandiera.
Per il momento, Kiev sta prendendo in considerazione una nuova rotta per il trasporto del grano attraverso la Bulgaria e la Romania e si può notare che al momento tutte le navi sono allineate sulla costa rumena, secondo alcuni dirette al porto ucraino di Izmail sul Danubio:
Nel frattempo, le cose vanno sempre peggio per l’Ucraina e l’Occidente. A giudicare dalle dichiarazioni di Putin, egli sta diventando sempre più duro e stanco di fronte ai loro giochi e ai ripetuti doppi giochi, il che può significare solo buone notizie. Anche Lavrov ha rilasciato una dichiarazione che rafforza la determinazione russa, affermando che la Russia non si tirerà mai indietro rispetto agli obiettivi dell’OMU.
L’Occidente è semplicemente a corto di opzioni, dato che l’accordo sul grano era uno dei suoi ultimi assi nella manica e un punto di forza in Ucraina. Ayden ha una buona opinione in merito nel suo thread:
Per prima cosa abbiamo i sili di grano e l’ascensore nel porto di Odessa. L’Ucraina aveva ancora l’ambizione di forzare l’accordo sul grano senza la partecipazione della Russia dopo il fallimento dell’accordo sul grano. Distruggendo la funzionalità del porto, Putin ha eliminato l’influenza che l’Ucraina aveva sull’UE e sulla Turchia, oltre a ridurre l’economia ucraina come avviene in una guerra. Non parlerò nemmeno delle voci sul contrabbando di armi attraverso il porto, ma anche questo è un fattore.
Egli sottolinea correttamente che il satellite di rilevamento del calore FIRMS della NASA ha mostrato importanti attacchi anche all’aeroporto Shkolny di Odessa:
L’elenco completo degli attacchi è il seguente:
Sono stati sferrati pesanti attacchi a:
– Porto commerciale di Odessa
– Porto commerciale del Mar Nero
– Porto di Ryb
– Ponte sull’estuario del Dniester (ponte di Zatoka)
– Ponte sul Dniester a Mayaki
– Aeroporto di Odessa
– Aeroporto di Shkolny
– strutture di stoccaggio del carburante
– incertezza atm sui porti di Yuzhny, Reni, Izmail e Kiliya
Sono stati lanciati appelli urgenti per le donazioni di sangue nella regione di Odessa:
E secondo alcuni rapporti sono state colpite anche grandi concentrazioni di truppe.
Di tanto in tanto pubblico una serie di titoli che mostrano l’inasprimento del morale, giudicato dalla lente con cui i media riportano il conflitto. Ora la situazione sta peggiorando come non mai, con titoli come il seguente:
Si noti il cambiamento di tono rispetto agli ospiti storditi, ad esempio, in questo rapporto:
La stampa chiede che gli Stati Uniti si mettano in “assetto di guerra” per poter competere con la Russia. In realtà, i leader occidentali si rendono sempre più conto di non poter competere. Per esempio, un ministro europeo ha addirittura chiesto la creazione di una federazione di “Stati Uniti d’Europa”, poiché si sta cominciando a capire che l’Europa non può competere con il mondo moderno se non è completamente unita sotto un unico governo centrale. È interessante notare che ha indicato gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e l’India come le principali potenze contro cui un’Europa unita deve competere, cosa che i singoli Paesi europei non possono fare. Si sente tanto parlare della Russia come di una debole “stazione di servizio”, ed è rivelatore vedere come questi tecnocrati la considerino realmente.
Ammettendo che questa posizione “non è affatto popolare”, il ministro ha proposto di trasformare l’Unione Europea in “una Federazione Europea o in Stati Uniti d’Europa”, che, a suo dire, la metterebbe in una posizione tale da poter essere “un partner veramente alla pari nel gioco tra Cina, America, o Russia e India”.
Un altro colpo in questa direzione è la notizia secondo cui la leadership di cinque Paesi nordici vuole subordinare completamente le proprie forze armate alla NATO:
La scorsa settimana, il ministro della Difesa norvegese Eirik Kristoffersen ha dichiarato (https://klassekampen.no/artikkel/2023-07-13/jobber-for-ny-nato-kommando) che le leadership dei cinque Paesi nordici hanno espresso il desiderio di subordinare le proprie forze armate nazionali al Comando Atlantico della NATO a Norfolk, uno dei tre comandi congiunti delle forze armate dell’Alleanza. Il centro di analisi CEPA osserva che al momento il comando di Norfolk non ha una capacità operativa sufficiente per attuare una tale idea, tuttavia non esclude la possibilità di riforme nella struttura di difesa della NATO. Secondo i nostri colleghi americani @CIG_telegram, l’unificazione delle forze armate di cinque Paesi in una determinata struttura è necessaria (https://t.me/CIG_telegram/33259) per concentrare gli sforzi in direzione dell’Artico, che negli ultimi anni è diventato sempre più rilevante per i vertici della NATO in quanto potenziale area di conflitto tra gli interessi dell’alleanza, della Russia e della Cina.È da notare che per il capo del dipartimento della difesa norvegese, l’ingresso della Svezia nella NATO è già un fatto compiuto. Il percorso verso l’alleanza non è così spinoso, se davvero si vuole vedere qualcuno lì.
Tutto questo fa parte del lento consolidamento dell’Europa in una struttura di comando sempre più centralizzata, mentre vengono sventrati economicamente dalle realtà geopolitiche globali alimentate dagli Stati Uniti. Più ogni singolo Stato diventa debole, più diventerà servile, cercando di cedere sempre più sovranità mentre il mondo va lentamente alla deriva verso una futura guerra europea molto più ampia.
Vedendo che l’Ucraina è ormai condannata e non ha scampo, con le opzioni che si stanno esaurendo, i servizi segreti statunitensi spingeranno per accelerare gli sviluppi di cui sopra, in modo da poter unificare l’Europa sotto un unico governo e poi, preferibilmente, usarli come prossima carne da macello con cui tentare di smantellare la Russia.
Infatti, nel suo nuovo articolo, MK Bhadrakumar osserva che “il principale esperto di esteri e difesa della CDU, Roderich Kiesewetter (un ex colonnello che ha guidato l’Associazione dei riservisti della Bundeswehr dal 2011 al 2016), ha suggerito che, se le condizioni lo giustificano nella situazione ucraina, la Nato dovrebbe prendere in considerazione l’idea di “tagliare Kaliningrad dalle linee di rifornimento russe”. Vediamo come reagisce Putin quando è sotto pressione”.
Il punto è che, lentamente, le potenze stanno convergendo per continuare la loro guerra alla Russia in ogni modo possibile, una volta che l’Ucraina sarà esaurita e gettata come uno straccio bagnato. Sfortunatamente per loro, la Russia a quel punto sarà di gran lunga la nazione militare più esperta, potente e tecnologicamente avanzata del mondo, avendo affilato i denti sulle ultime e migliori forze della NATO gettate nel calderone della guerra ucraina.
Li abbiamo già visti testare le acque in passato, con la Lituania che l’anno scorso ha tentato di bloccare Kaliningrad vietando il passaggio dei treni russi, così come le nazioni del Mar Baltico, come l’Estonia e la Finlandia, che hanno minacciato di bloccare il passaggio delle navi russe, cosa di cui ho scritto ampiamente tempo fa. Hanno diversi mezzi per farlo, estendendo i confini della loro zona economica marittima e giocando altri trucchi di “tecnicismo” geografico.
Ora, la Polonia (così come tutta la NATO in generale) sta installando sempre più truppe vicino al confine con la Bielorussia e Kaliningrad, e il presidente del Comitato per la Difesa della Duma russa ha già fatto sapere, come ho detto qui, che Wagner è stato posizionato in Bielorussia allo scopo di difendere il corridoio di Suwalki.
La mia previsione è la seguente: sono in corso enormi spostamenti tettonici per i quali la guerra ucraina serve solo come campo di gioco simbolico di superficie. Il vero gioco che si sta svolgendo sotto la superficie sono le grandi mosse che i BRICS stanno facendo. Ora che molti dei tanto attesi vertici e altre pietre miliari degli ultimi mesi sono passati, la prossima grande pietra miliare da attendere è il vertice BRICS del 24 agosto in Sudafrica.
Oggi Putin ha annunciato che vi parteciperà solo in videoconferenza, anche se forse le cose cambieranno, visto che sembravano vacillare su questo punto. Ma il punto principale è che, secondo alcune voci, il vertice inaugurerà diversi nuovi membri dei BRICS e/o forse prenderà alcune decisioni importanti sulla tanto attesa moneta aurea che il mondo intero attende con il fiato sospeso. Dubito che una di queste due cose si verifichi effettivamente al prossimo vertice – anche se sarebbe sicuramente bello – ma potrebbero essere compiuti passi importanti per portare a compimento una delle due cose: passi concreti verso l’annuncio di un calendario per l’adesione di nuovi membri o un ulteriore sviluppo e solidarietà intorno alla questione della moneta.
Ma il punto è il seguente. Se queste cose dovessero continuare a svilupparsi su questa strada, si aprirebbe una crisi esistenziale per gli Stati Uniti e per l’intera egemonia bancaria occidentale, che usa l’incantesimo fiat come ultima presa sui suoi vassalli nel mondo. Non possono assolutamente permetterlo, il che significa che quanto più la Russia porterà il mondo verso la de-dollarizzazione o una sorta di biforcazione monetaria globale, tanto più il deepstate USA/UK spingerà il mondo verso una grande “guerra” di reset, che presumibilmente inizierà come una guerra continentale europea.
Lo schema sarà perfetto per loro: proprio come nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, potranno far sì che la Russia e l’Europa si autodistruggano, portando le loro infrastrutture alla rovina e facendo crollare completamente ogni possibilità che il mondo si allontani dal dollaro, o almeno che il dollaro venga sostituito – sotto il loro controllo – da qualche banca centrale occidentale o dalla BRI CBDC.
L’obiettivo degli Stati Uniti in questo caso sarebbe quello di creare una guerra a fuoco lento che non sfoci in uno scambio nucleare completo. Possono farlo gestendo attentamente la situazione e assicurandosi che non vengano superate le “linee rosse” più profonde, mentre entrambe le parti subiscono comunque perdite massicce e rovina infrastrutturale ed economica.
Il modo migliore per farlo, tra l’altro, è semplicemente quello di assicurarsi che sia la Russia a invadere, impedendo agli altri di far scattare qualsiasi tipo di articolo 5 nucleare, cosa che gli Stati Uniti possono fare facilmente. Il motivo è che finché la Russia non viene invasa o non si trova di fronte a una “minaccia esistenziale”, la possibilità che lanci un primo attacco nucleare è bassa.
Gli Stati Uniti possono anche facilmente spingere la Russia ad attaccare per prima la Polonia o i Paesi Baltici, perché ci sono molti punti di pressione che gli Stati Uniti possono spingere i loro vassalli a spingere e che non lascerebbero alla Russia altra scelta che agire: il già citato blocco di Kaliningrad è uno di questi, ovviamente. Dopo tutto, l’Ucraina era lo stesso tipo di punto di pressione. Gli Stati Uniti l’hanno attivata esattamente nel momento in cui volevano, semplicemente ordinando al loro abietto vassallo di iniziare ad attaccare, il che ha evocato la risposta perfettamente attesa e desiderata della Russia.
Detto questo, la tempistica di queste cose potrebbe essere ancora lontana di diversi anni. Tutto dipende dalla rapidità con cui Russia e Cina riusciranno ad accelerare i loro sforzi di de-dollarizzazione.
Ma tornando all’idea precedente che la NATO “sta esaurendo le opzioni” in Ucraina, questo sta accadendo in concomitanza con le grandi vittorie russe sul campo di battaglia, ormai del tutto innegabili. L’Ucraina ha tentato disperatamente un’altra serie di assalti nelle direzioni di Orekhov e Vremevske Ledge (vicino a Velyka Novoselka), e poiché si trattava di attacchi particolarmente disperati, sono stati respinti con un’elevata brutalità. Questi tre video, girati solo oggi, raccontano la storia degli assalti di ieri – anche se, attenzione, sono leggermente 18+:
Per la prima volta in questi assalti, i Leopard sono stati visti sul lato di Vremevske, all’estremo est del raggruppamento di Zaporozhye. In precedenza, erano stati visti solo sul lato di Orekhov nella prima parte dell’offensiva del mese scorso. Il modello 2A6 sarebbe stato abbattuto da un Lancet:
La situazione è così grave che i soldati ucraini si lamentano del fatto che i loro capi mentono apertamente su qualsiasi “conquista” importante. Un post di uno di questi soldati sull’area di Klescheyevka, vicino ad Artemovsk:
Nella direzione di Kupyansk, la situazione è ancora peggiore, con l’AFU che cerca disperatamente di rinforzare il suo raggruppamento spezzato, che è in fuga:
Secondo il tenente colonnello Andriy Marochko, a causa delle perdite critiche dei combattenti ucraini e del successo delle azioni dell’esercito russo a nord-est di Kupyansk, il nemico è costretto a ritirare le sue forze nella seconda e terza linea di difesa. Da molte posizioni, gli ukroboeviki fuggono nel panico, non ascoltando i comandanti. A questo proposito, le Forze Armate dell’Ucraina hanno iniziato ad attuare una serie di misure repressive per riportare le unità nemiche esangui nelle loro precedenti posizioni, già sotto il controllo delle truppe russe
Le forze russe hanno catturato la stazione ferroviaria di Molchanovo a Liman Pervi, vicino a Kupyansk, e i combattimenti si sono spostati a Sinkovka:
Allo stesso tempo, la Russia ha effettuato attacchi di grandi dimensioni contro gli assembramenti di truppe. Negli ultimi giorni sono stati segnalati diversi attacchi efficaci di questo tipo. Uno di questi è quello di Koblev, tra Odessa e Nikolayev:
A Koblev (Oblast di Mykolaiv), hanno chiamato dall’hotel in cui alloggiavano i soldati delle Forze Armate dell’Ucraina. I russi non sono quasi mai efficaci lì, ma la notte precedente avevano colpito bene. Le perdite sono ingenti. Anche a Odessa si è registrato un gran numero di perdite tra i militari. Gli ospedali si sono nuovamente riempiti di un gran numero di feriti.
A Slavyangrad si parla di oltre 100 morti, con il seguente video:
Un’altra era una stazione ferroviaria di Kharkov, che ha avuto una conferma indiretta da un necrologio di un lavoratore del treno morto durante l’attacco. Ma tra le scritte in piccolo c’era anche il fatto che il treno trasportava forze ucraine:
Una versione dice Vinnytsia e l’altra Kharkov, anche se la discrepanza potrebbe essere spiegata con l’origine e la destinazione del treno.
Nelle altre due zone più calde, dove l’AFU ha registrato alcuni progressi/successi, la Russia li ha cacciati o continua a opporre una strenua difesa. A Staromayorsk, a sud di Velyka Novoselka, le forze russe continuano a respingere l’AFU, nonostante le precedenti notizie errate secondo cui la città sarebbe stata conquistata.
Vicino a Klescheyevka, ad Artemovsk, le cosiddette “alture” che l’AFU aveva brevemente conquistato alla periferia della città sono state nuovamente riconquistate dalle forze russe, con ingenti perdite per l’AFU. Anche una precedente avanzata che aveva preso una porzione di territorio vicino all’estremità occidentale di Soledar è stata ripresa dalle forze russe, a quanto mi risulta.
Come ho detto, ora entriamo in un periodo interessante in cui non c’è nulla di importante all’orizzonte per l’AFU che possa “mettere il vento in poppa”, in termini di qualche grande vertice, opportunità di falseflag, o una nuova consegna di wunderwaffen. Gli F-16 e le ATACM sembrano ancora bloccati nel limbo e il clamore per le munizioni a grappolo si è già spento.
Ciò significa che, per una volta dopo tanto tempo, le forze armate del regime di Zelensky devono fare affidamento su qualche tipo di risultato tangibile sul campo di battaglia per dare una parvenza di successo o semplicemente per tenere a bada l’incombente scoraggiamento e la stanchezza che tutti nell’UE sentono ormai sulle prospettive dello sforzo dell’Ucraina.
Non c’è più “trucco” che possa mettere in atto; solo la stessa stanca strategia di gettare infinite ondate di carne contro il tritacarne. Certamente, una falsa bandiera potrebbe ancora essere possibile – e potrebbero rianimare il piano ZNPP in qualsiasi momento, anche se non ho visto un aggiornamento recente sullo stato del bacino e del suo letto.
Ma sarà interessante vedere cosa l’Ucraina tenterà di fare per tenere lontani i titoli dei giornali dalle sue perdite assolutamente catastrofiche. L’attacco al ponte di Crimea doveva essere la prima raffica di questo sforzo. Credo che l’attacco fosse destinato ad essere molto peggiore. Speravano di abbattere entrambe le campate o un intero pilone, interrompendo completamente il ponte. Questo sarebbe stato un risultato trionfale per il quale probabilmente avevano già preparato da tempo interi pacchetti di pubbliche relazioni, che avrebbero ottenuto una rotazione sulle onde radio per settimane e avrebbero guadagnato tempo critico per la “gestione della percezione”.
Ma l’attacco è stato un fallimento. Una campata si è a malapena spezzata e il traffico a senso unico era già stato ripristinato su quella parallela. La ferrovia non è stata nemmeno toccata. Ciò significa che devono fare qualcosa in fretta per riconquistare lo slancio nel “gioco della percezione”. Come ho detto, non hanno nulla di importante da aspettarsi, che possano concatenare come sono abituati a fare, da una “vittoria” propagandistica all’altra, incatenandole per mantenere vivo il falso simulacro del trionfalismo.
Dal momento che per il momento non hanno alcun espediente artificiale con cui farlo, prevedo che l’unica cosa che rimarrà sarà quella di lottare con le unghie e con i denti con massicci assalti di carne al fine di macinare qualche vittoria simbolica ad ogni costo. Ciò significa che dovremmo aspettarci di vedere continui rinforzi che si riversano nelle zone più calde con nient’altro che ondate umane che sperano di sopraffare le posizioni russe con perdite senza precedenti.
Al momento, l’iniziativa si è spostata sulla sporgenza di Vremevske, in quanto ritengono che il successo qui sia più sostenibile, motivo per cui i Leopardi sono stati avvistati lì. Pertanto, hanno spostato le risorse dalla linea Orekhov-Rabotino a questa direzione, e probabilmente continueranno a tentare di riversare tutto nella cattura di Staromayorsk, che li porterebbe a un ultimo insediamento lontano dal raggiungere la vera e propria “prima linea di difesa” ufficiale – sapete, quella con i denti di drago.
Tra l’altro, questo è il modo in cui i media occidentali stanno elaborando l’attuale assetto:
Ecco un altro sostenitore ucraino che ha scritto semplicemente quanto segue sotto la foto del defunto:
In fondo si dice che l’altro maiale, cioè la ragazza di 14 anni che ha perso i genitori, è in terapia intensiva e che sperano che muoia anche lei. Quanto possono essere malati?
Ma se questo non fosse abbastanza grave, ecco due membri della NAFO, uno dei quali si era già rivelato in precedenza, che dicono cose altrettanto disgustose:
Per chi non avesse visto il video, dopo l’attacco di Kerch, la coppia morta è stata filmata dai passanti con la figlia di 14 anni che penzolava macabramente dal parabrezza dell’auto dopo averlo attraversato a causa dell’esplosione del ponte. Il membro NAFO di cui sopra vuole una maglietta della scena per riempire il suo cuore di gioia.
Questo dimostra semplicemente il tipo di persone con cui la Russia si confronta.
Il prossimo:
L’Ucraina ha quasi terminato la costruzione del coronamento della profanazione dell’eredità sovietica. Il grande monumento della Madrepatria a Kiev sarà sostituito dall’emblema dell’URSS con il tridente ucraino:
Infine, mi è capitato di vedere questo muro in una trincea russa VDV Airborne. Ricordiamo che i blogger di 2D ci hanno detto che non solo tutti i militari russi “odiano universalmente Shoigu”, ma che i VDV, sotto il generale Teplinsky, lo detestano e lo disprezzano particolarmente. Eppure, eccoci qui, in una casuale roccaforte di soldati del VDV che non hanno alcun obbligo di onorare il loro ministro della Difesa in questo modo:
Questo dimostra, come ho già detto in precedenza, che la realtà e la verità sono molto più sfumate e complesse di quanto alcuni imbroglioni vogliano far credere con le loro narrazioni fuorvianti, volte a spingere le loro agende private e a macinare i loro assi personali.
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nella prima parte l’autore ha esaminato il ruolo svolto dall’energia nell’ascesa delle società moderne e nei modelli di domanda e offerta nel tempo. Questa parte esamina le fonti di energia rinnovabile, in particolare il potenziale degli impianti solari ed eolici per sostituire i combustibili fossili.
Niente di nuovo sotto il sole
La ricerca di fonti energetiche alternative non è nuova. Storicamente, ha ruotato intorno a:
Disponibilità : le nazioni prive di grandi riserve di combustibili fossili hanno cercato di compensare questa debolezza, inclusa la dipendenza dai fornitori o dalle rotte di trasporto.
Costo : gli utenti di energia si sono concentrati su fonti di combustibile a basso costo.
Sviluppi scientifici : i miglioramenti nella fisica e nella chimica dell’energia hanno incoraggiato l’uso di alternative.
Negli ultimi tre decenni, la ricerca di alternative è stata motivata dal desiderio di ridurre le emissioni di combustibili fossili. Questo è particolarmente vero nelle nazioni avanzate una volta che sono emersi combustibili più puliti come il gas naturale e i derivati del petrolio, che alleviano gli aspetti evidenti dell’inquinamento atmosferico. Ma dovrà anche superare le carenze dovute alla diminuzione delle forniture di combustibili fossili.
Tipi di fonti energetiche alternative
Le alternative possono essere raggruppate in:
Nucleare : c’è stato un crescente interesse per l’energia nucleare dopo la seconda guerra mondiale come fonte di elettricità di base a causa delle sue dimensioni e della promessa di elettricità ” troppo economica per essere misurata “. Era attraente soprattutto per i paesi privi di grandi riserve di combustibili fossili a basso costo come Giappone, Francia e Germania.
L’acqua idroelettrica è una fonte di energia storicamente importante (mulini ad acqua). Le dighe, promosse da agenzie di sviluppo come la Banca mondiale, hanno combinato generazione di energia, irrigazione, controllo delle inondazioni e collegamenti di trasporto (di fatto come un ponte). Il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru ha proclamato le dighe come i “templi dell’India moderna” che integrano lo sviluppo agricolo e l’economia del villaggio con la rapida industrializzazione e la crescita dell’economia urbana.
Rinnovabili moderne – principalmente al solare e all’eolico.
L’energia nucleare è caduta in disgrazia dopo i gravi incidenti (Three-Mile Island; Chernobyl; Fukashima), la diffusa opposizione pubblica e la preoccupazione per la proliferazione delle armi nucleari. I danni ecologici e lo spostamento delle popolazioni hanno ridotto il fascino delle dighe nel corso degli anni, anche se la tecnologia idroelettrica esistente, a causa della sua lunga vita, è probabile che continui a rimanere una fonte di energia. Diventerà anche sempre più importante per l’accumulo di energia.
L’obiettivo attuale è l’energia rinnovabile , derivata da fonti naturali, reintegrata a un tasso superiore a quello consumato e che crea emissioni inferiori rispetto ai combustibili fossili. È un mix di vecchie e nuove tecnologie.
Le forme tradizionali di energia rinnovabile basate su una tecnologia matura includono:
Hydro: gli usi dell’energia dell’acqua che si sposta da quote più alte a quote più basse per generare elettricità attraverso turbine.
Geotermico: l’uso di energia termica dall’interno della Terra utilizzando pozzi o altri mezzi per generare elettricità o fornire riscaldamento. È disponibile solo in luoghi con serbatoi idrotermali accessibili (vicini alla superficie), naturalmente sufficientemente caldi e permeabili.
Biomassa: la bioenergia è prodotta da materiali organici, principalmente legno, e colture agricole, sotto forma di biocarburanti liquidi. I moderni sistemi a biomassa includono colture o alberi dedicati, residui dell’agricoltura e della silvicoltura e vari flussi di rifiuti organici.
Queste fonti tradizionali sono sempre più integrate da tecnologie più recenti, tra cui:
Solare: la radiazione solare viene convertita in energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici o tramite specchi che concentrano la radiazione solare. Anche se non tutti i paesi sono ugualmente dotati, l’energia solare intercettata dalla Terra è circa 10.000 volte superiore al tasso di consumo attuale, rendendola una risorsa molto consistente.
Vento: il movimento dell’aria è stato utilizzato per millenni per alimentare l’industria (mulini a vento) o il trasporto (navi a vela). L’iterazione moderna sfrutta l’energia cinetica utilizzando grandi turbine eoliche situate sulla terraferma (onshore) o nei mari vicino alla costa (offshore). I progressi tecnologici (turbine più alte e diametri del rotore maggiori) consentono di aumentare il potenziale di generazione di elettricità. Sebbene la disponibilità di energia eolica sia variabile (la velocità media del vento varia a seconda della località), il potenziale tecnico teorico dell’energia eolica supera l’attuale produzione globale di elettricità.
L’energia oceanica: l’energia cinetica e termica del mare o dell’acqua dolce — onde, flussi di marea o correnti — può generare elettricità simile all’energia idroelettrica. Mentre la tecnica è nascente, il potenziale teorico per l’energia oceanica può superare l’attuale fabbisogno energetico umano.
Una serie di altre tecnologie emergenti di energia rinnovabile sono teoricamente fattibili:
Raffreddamento radiativo diurno passivo: utilizza la freddezza dello spazio esterno per il raffreddamento diurno degli spazi interni, la mitigazione dell’isola di calore urbana esterna e il miglioramento dell’efficienza delle celle solari.
Radiazione termica infrarossa terrestre: cerca di convertire il flusso di radiazione termica infrarossa verso lo spazio esterno freddo in elettricità. In teoria, questa tecnologia potrebbe essere utilizzata durante la notte quando l’energia solare non viene generata.
Combustibili di alghe: utilizza alghe ricche di olio o grassi per produrre biocarburanti.
Vapore acqueo: utilizza le cariche di elettricità statica delle gocce d’acqua sul metallo per generare energia.
L’idrogeno a volte viene erroneamente citato come fonte di energia rinnovabile. È un potenziale deposito di energia che può essere utilizzato come il petrolio o il gas. Richiede energia generata da combustibili fossili o fonti rinnovabili per alimentare un elettrolizzatore per convertire l’acqua in idrogeno gassoso. Il gas a zero emissioni di carbonio inodore, incolore e leggero che può quindi essere immagazzinato, trasportato e utilizzato quando necessario.
La capacità delle fonti energetiche rinnovabili di sostituire sostanzialmente i combustibili fossili è influenzata da alcune caratteristiche. Sebbene ci sia qualche disaccordo tra gli esperti, le energie rinnovabili ottengono un punteggio basso sul ritorno energetico sull’energia investita (EROEI). Ci sono altri problemi come l’intermittenza, la co-ubicazione, la densità di energia e la densità di potenza superficiale. Anche l’enfasi esagerata sulle minori emissioni di anidride carbonica delle rinnovabili non è così incontestabile come spesso viene presentato. Questi fattori insieme alle esternalità influenzano l’utilità e il costo economico delle rinnovabili.
Intermittenza
Idealmente, la disponibilità di energia è immediatamente disponibile così come la fornitura è stabile e ininterrotta.
La domanda, in particolare per l’elettricità, è spesso suddivisa in livelli quali:
Carico di base: domanda minima relativamente costante e coerente.
Carico di picco: domanda massima, durante un periodo come un giorno o in circostanze insolite, come una giornata insolitamente calda in cui tutti accendono i condizionatori d’aria.
I modelli di disponibilità richiesta variano. La domanda nel suo complesso è in aumento e i picchi sono più difficilmente prevedibili e accentuati, talvolta protraendosi per periodi più lunghi a causa, anche, degli effetti delle condizioni meteorologiche estreme. I carichi di punta possono, in alcuni casi, essere il doppio del carico di base.
La produzione oraria di elettricità negli Stati Uniti mostra la variabilità.
In sostanza, la necessità è di disponibilità immediata (spesso definita potenza dispacciabile); ad esempio, la possibilità di accendere luci, climatizzazione, macchinari e accedere a opzioni di trasporto immediate (tramite veicoli tradizionali alimentati da motori a combustione interna). L’assenza di interruzioni impreviste e stabilità è fondamentale per le applicazioni industriali che spesso richiedono lunghe procedure di avvio e spegnimento.
Un problema ben documentato con le rinnovabili è l’intermittenza. Questo assume due forme:
Intermittenza prevedibile: si riferisce ai cicli naturali giorno-notte o stagionali che influenzano la generazione di energia solare, eolica, idroelettrica e delle maree.
Intermittenza imprevedibile: si riferisce a eventi imprevisti come condizioni meteorologiche fuori stagione, ad esempio copertura nuvolosa, vento debole o forte o assenza di precipitazioni.
L’intermittenza imprevedibile è particolarmente impegnativa. Gli esempi includono il fenomeno della calma globale o della siccità del vento . La forza del vento che soffia attraverso il nord Europa è diminuita in media del 15% , probabilmente a causa dei cambiamenti delle condizioni meteorologiche.
L’intermittenza è un ostacolo in quanto la società e le economie moderne non sono strutturate attorno a un’offerta continua e affidabile. Le interruzioni di corrente influenzerebbero il trasporto a causa del guasto dei sistemi di trasporto di massa alimentati elettricamente e persino dei semafori. Le famiglie richiedono una fornitura costante e ininterrotta; ad esempio, il guasto della refrigerazione dovuto a interruzioni di corrente porterebbe al deterioramento del cibo e la vita in un grattacielo diventerebbe difficile dove il rischio di rimanere intrappolati in un ascensore non è banale.
Il problema potrebbe essere sottostimato . Le fluttuazioni della velocità del vento hanno un effetto importante sulle prestazioni . Se la velocità del vento scende della metà rispetto ai 30 chilometri (20 miglia) ideali all’ora, la potenza disponibile diminuisce di un fattore otto. Se la velocità del vento raddoppia, la potenza erogata aumenta di otto volte e la turbina deve essere girata per evitare guasti. La capacità di generazione nominale installata nell’Unione Europea e nel Regno Unito nel 2021 era di 236 gigawatt, ma la produzione giornaliera più alta era di soli 103 gigawatt. L’inaffidabilità è maggiore per l’energia eolica generata in mare aperto.
Come minimo, l’intermittenza richiede un accumulo di energia su larga scala o meccanismi supplementari, tra cui la generazione di energia da combustibili fossili o nucleare, per soddisfare la necessità di energia dispacciabile.
Requisiti di infrastruttura
Una fonte di energia vicino al punto di utilizzo è utile. Le centrali a carbone, a gas e nucleari possono essere posizionate convenientemente vicino ai consumatori. I combustibili fossili (carbone) e i liquidi (petrolio, gas) possono essere trasportati alla rinfusa o tramite oleodotti. Il trasporto di gas su lunghe distanze dove i gasdotti sono impraticabili richiede costose strutture dedicate per la liquefazione e la rigassificazione, nonché navi specializzate (note come “treni”). Il combustibile nucleare è facilmente trasportabile anche se i rischi per la sicurezza e le radiazioni devono essere gestiti.
Al contrario, molte fonti di energia rinnovabile sono specifiche della geografia, spesso lunghe distanze dalla popolazione e dai centri industriali. Le migliori fonti solari si trovano nelle regioni più calde con una copertura minima di alberi e nuvole, come le regioni desertiche o aride. Le posizioni migliori per l’energia eolica, come l’offshore, sono spesso remote.
Ciò richiede investimenti nello stoccaggio, linee di trasmissione più lunghe e una significativa riconfigurazione della rete che si aggiunge ai costi e alle esigenze infrastrutturali.
Un primo problema è la scala richiesta. In parte, ciò riflette il fatto che l’elettricità fornita attraverso la rete è storicamente solo uno dei diversi modi per accedere all’energia. Altre opzioni, come benzina e gas, hanno scavalcato la rete. Il passaggio all’utilizzo di più elettricità, implicito nelle energie rinnovabili, richiede un’espansione su larga scala.
La rete elettrica è attualmente realizzata attorno a generatori situati in prossimità del punto di utilizzo. Le fonti di combustibile vengono trasportate agli impianti e l’energia viene distribuita agli utenti in genere all’interno di un’area compatta. L’uso delle rinnovabili altera questi accordi:
L’energia può essere generata a una certa distanza da dove è necessaria, richiedendo nuovi sistemi di trasmissione.
Lo stoccaggio dell’energia è necessario per gestire le intermittenze di fornitura.
In alcuni contesti gli utenti diventano anche fornitori di energia (surplus di abitazioni, aziende agricole e industriali) richiedendo modifiche alla rete da unidirezionale a bidirezionale o da uno-a-molti a molti-a-molti. In un sistema con accumulo su larga scala, è richiesta la capacità di accedere all’elettricità immagazzinata e di immagazzinare l’energia di rete in eccesso utilizzando la stessa connessione di trasmissione.
In caso di utilizzo di più fonti di energia, la gestione della rete deve essere adattata. In tutta onestà, questo problema è presente anche se in forme diverse all’interno del sistema elettrico esistente.
Potrebbero esserci problemi con la coerenza dell’elevata qualità dell’energia necessaria per garantire stabilità ed efficienza, affidabilità e costi della rete. I problemi includono disturbi di frequenza, armoniche di tensione/corrente, basso fattore di potenza, variazione di tensione, inerzia della rete, distorsione di coppia (per l’energia eolica) e passaggi delle linee di trasmissione.
Potrebbero essere necessarie reti transnazionali o addirittura transcontinentali che utilizzano un voltaggio ultra elevato per accogliere un elevato livello di energie rinnovabili. I sistemi esistenti che impiegano corrente alternata (AC) diventano meno efficienti con la distanza. A tensioni più elevate richieste per spingere ulteriormente la corrente, l’AC impiega (e quindi spreca) una quantità sempre crescente di energia nel compito di spremere le sue alternanze attraverso la linea. Su distanze transcontinentali, la corrente continua (CC) è superiore, il che significa un’importante revisione potenziale della struttura della rete, forse utilizzando connettori a corrente continua ad altissima tensione (UHVDC), che sono più stabili.
Il tempo, la spesa e il coordinamento necessari per creare l’infrastruttura per il passaggio a più fonti rinnovabili sono sottovalutati. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti , il paese avrà bisogno di 47.300 gigawatt-miglia di nuove linee elettriche entro il 2035 per ospitare ulteriore capacità di energia rinnovabile, pari a un’espansione del 57% della rete esistente, oltre a sostanziali aggiornamenti delle infrastrutture. Il mondo potrebbe aver bisogno di raddoppiare la lunghezza delle linee di trasmissione in funzione a 152 milioni di chilometri (90 milioni di miglia) per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.
La spesa necessaria è notevole. Nel 2020, il costo della costruzione di milioni di miglia di nuove linee di trasmissione e infrastrutture associate per far fronte all’aumento dei siti eolici e solari è stato stimato a $ 14 trilioni nel periodo di 30 anni tra il 2020 e il 2050. A partire dal 2023, questo era aumentato a 21 trilioni di dollari. Gli investimenti di capitale nelle reti sono diminuiti a livello globale tra il 2017 e il 2020, recuperando solo ai livelli del 2016 ($ 330 miliardi) nel 2022. Gli investimenti annuali globali nelle reti elettriche, nello stoccaggio di energia e nelle relative strutture dovranno raggiungere quasi $ 550 miliardi all’anno entro il 2030. Gran parte di questo costo saranno trasmessi ai consumatori di energia.
I punti di ricarica per veicoli elettrici di cui i consumatori verdi si preoccupano sono solo una piccola parte dei problemi infrastrutturali che ci attendono.
Densità di energia
La densità di energia misura la quantità di energia immagazzinata in un dato sistema, sostanza o regione dello spazio. Di solito è espresso in energia per massa o volume. Un’elevata densità di energia equivale a una maggiore quantità di energia immagazzinata per unità di massa o volume. È particolarmente importante per applicazioni come il trasporto.
Ciò implica che 3,8 litri (1 gallone) di benzina contengono circa quaranta megajoule di energia chimica che divisa per volume produce una densità energetica di dieci miliardi di joule per metro cubo. La benzina è dieci quadrilioni di volte più densa di energia della radiazione solare e un miliardo di volte più densa di energia dell’energia eolica e idrica.
I calcoli della densità energetica devono essere trattati con cautela. È comunemente citato che l’uranio235 (utilizzato nell’energia nucleare) può produrre 83.140.000 megajoule per chilogrammo. Ciò lo renderebbe quasi 3 milioni e 2 milioni di volte più ricco di energia rispettivamente del carbone e del petrolio. Questo è fuorviante . Il combustibile di uranio utilizzato per la produzione di energia è a bassi livelli di purezza (circa il 4%). Deve essere bruciato in un processo batch a un ritmo lento per evitare il rilascio di energia esplosiva (come nelle armi atomiche). Un’energia significativa, rispetto ad altre fonti energetiche, viene spesa per separarla e arricchirla dal minerale dove si presenta a bassi livelli di concentrazione. Ciò riduce sostanzialmente la sua densità energetica, sebbene sia ancora molte volte più potente dei combustibili fossili.
In sintesi, i combustibili fossili e l’energia nucleare mostrano una densità energetica notevolmente più elevata, il che significa che è necessario meno carburante per produrre l’energia richiesta, che è importante per determinate applicazioni.
La densità energetica relativa evidenzia la sfida di sostituire il petrolio o il gas naturale compresso come carburante soprattutto per i trasporti senza grandi progressi tecnologici.
I veicoli elettrici (EV) illustrano il problema. I veicoli devono trasportare il loro carburante. Poiché la benzina o il diesel hanno una densità energetica molto elevata rispetto alle migliori batterie attuali, i veicoli elettrici sono più pesanti di quelli alimentati a combustibili fossili. La semplicità meccanica e l’efficienza dei motori elettrici non possono compensare completamente questa penalità di peso.
Sebbene questo non sia un problema sostanziale per le autovetture e i veicoli leggeri, per i trasporti pesanti, come i trasporti a lungo raggio, la spedizione o l’aviazione, questa penalità di peso è difficile da superare. Ad esempio, 1 chilogrammo (2 libbre) di carburante per aerei contiene 70 volte più energia della migliore batteria agli ioni di litio esistente. Nel caso degli aeroplani, il peso delle batterie necessarie o lo spazio necessario per trasportare l’idrogeno necessario per i voli più lunghi ridurrebbero il carico utile dei passeggeri e delle merci, alterando l’economia.
I vantaggi della densità energetica dei combustibili fossili sono un fattore della loro potenza EROEI (ritorno energetico sull’energia investita) rispetto ai combustibili concorrenti. La minore densità energetica delle rinnovabili limita, in assenza di importanti scoperte scientifiche, la sua capacità di sostituire i combustibili esistenti, soprattutto per alcune applicazioni. Storicamente, la società si è spostata successivamente verso fonti con densità energetica crescente. Il carbone ha fornito il 50-100% di energia in più rispetto al legno che ha sostituito. Petrolio e gas fornivano 3-6 volte più energia in peso rispetto al carbone. Il passaggio alle rinnovabili invertirebbe questa tendenza.
Densità di potenza superficiale
La densità di potenza superficiale (a volte abbreviata in densità di potenza), identificata dal professor Vaclav Smil, misura il tasso di produzione di energia per unità di superficie terrestre. È generalmente calcolato come la quantità di potenza ottenuta per unità di superficie terrestre utilizzata dal sistema energetico, comprese tutte le infrastrutture di supporto, la produzione, l’estrazione di combustibile (se applicabile) e lo smantellamento. L’elevata densità di potenza superficiale significa che è possibile prelevare quantità maggiori di energia da fonti di alimentazione che occupano un’area relativamente piccola. Basse densità di potenza superficiale indicano che una produzione di energia equivalente richiede aree di terra più grandi.
I combustibili fossili e l’energia nucleare hanno un’elevata densità di potenza. Le fonti di energia rinnovabile hanno una densità di potenza inferiore di diversi ordini di grandezza.
L’energia solare ed eolica richiede più spazio da dedicare alla produzione di energia. Le moderne centrali elettriche a carbone o a gas utilizzano circa 121 ettari (300 acri) per generare 600 megawatt. Ciò esclude le aree di terra necessarie per l’estrazione mineraria o l’estrazione e il trasporto. Un parco eolico equivalente richiederebbe oltre 20.000 ettari (50.000 acri). Un pannello solare per fornire quantità simili di energia potrebbe richiedere fino a 2.400 ettari (6.000 acri). L’impianto a carbone o a gas avrebbe anche una maggiore affidabilità fornendo energia quasi all’80-100 percento rispetto a circa il 20-50 percento dell’opzione rinnovabile a causa dell’intermittenza. Per fornire la stessa potenza della centrale nucleare di Hinkley Point C nel Regno Unito – 3.200 milioni di watt – sarebbero necessari 5,5 milioni di metri quadrati di superficie spazzata dalle turbine.
I biocarburanti illustrano il problema della bassa densità di potenza superficiale. La quantità di mais necessaria per creare etanolo sufficiente per riempire un serbatoio SUV da 95 litri (25 galloni) alimenterebbe un individuo per un anno. Il grano necessario per alimentare tutte le auto statunitensi equivale a una quantità che potrebbe sfamare circa 400 milioni di persone.
Una minore densità di potenza superficiale crea potenziali conflitti sull’uso del suolo . A meno che non si trovino in aree a bassa densità di popolazione o utilizzino terreni inadatti ad altre applicazioni, l’espansione delle energie rinnovabili si scontra con le esigenze dell’agricoltura e delle popolazioni umane. Questa tensione è evidente in Germania, dove le richieste concorrenti di terreni si sono rivelate un limite nell’attuazione dell’Energiewende, la transizione in corso da parte della Germania verso un approvvigionamento energetico a basse emissioni di carbonio, rispettoso dell’ambiente, affidabile e conveniente basato sulle energie rinnovabili.
Difetti caratteristici
Il sistema energetico esistente, sviluppato nel corso di due secoli, comporta l’accesso e il trasporto della fonte di combustibile, la produzione di energia, nonché la trasmissione e la distribuzione. Gli utenti di energia sono orientati ai tipi di energia prevalenti, in particolare per i trasporti e le applicazioni industriali. Le strutture dei prezzi e del trading sono stabilite e sono state perfezionate nel tempo. Esistono accordi di finanziamento a lungo termine, spesso poco flessibili.
Il passaggio alle energie rinnovabili richiede una massiccia modifica dell’intero sistema energetico così come esiste attualmente. Ciò comporterebbe cambiamenti non solo nell’approvvigionamento energetico, ma anche nel modo in cui viene utilizzato, compreso l’adeguamento di attività come l’industria pesante e la mobilità. Le caratteristiche intrinseche delle fonti energetiche rinnovabili — intermittenza, esigenze infrastrutturali, densità, densità superficiale — hanno effetti sfavorevoli sulla disponibilità e sul costo dell’energia. Questi fattori li rendono potenzialmente inadatti a sostituire in modo sostanziale i combustibili fossili o il nucleare, come ormai frequentemente ipotizzato, almeno nei tempi previsti.
Come sapeva Josh Billing “per quanto la verità sia scarsa, l’offerta è sempre stata in eccesso rispetto alla domanda “. L’attuale dibattito sulle rinnovabili è viziato dalla tendenza a confondere ciò che è con ciò che vorremmo che fosse. La fede in ciò che pensiamo sia un fatto quando purtroppo non è corretto, non risolverà nulla.
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