Italia e il mondo

NAVI CORSARE A LAMPEDUSA, con Augusto Sinagra

Il dispositivo con il quale il Giudice Alessandra Vella ha sollevato da ogni responsabilità penale il Capitano Carola Rackete e l’equipaggio della Sea Watch 3 ha aperto una voragine nella diga, già di per se precaria, posta dal Governo a contenimento dei flussi migratori via mare. Un provvedimento costruito, a detta di numerosi giuristi, su argomentazioni mal costruite e peggio argomentate, ma dalle implicazioni pesantissime. Una deligittimazione del potere esecutivo; un ingresso a gamba tesa dell’arbitro nel campo di gioco politico; un invito alle varie ONG, appollaiate intorno al teatro degli sbarchi, a forzare la mano all’esecutivo. Una figura terza la quale fa fatica a nascondere la propria attrazione fatale verso una delle parti. 

Un confronto politico che si sta trasformando in conflitto istituzionale per il momento tra esecutivo e organi giudiziari, ma che inizia ad estendersi agli organi di polizia e di sicurezza. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

I diritti dell’uomo contro il popolo, recensione di Teodoro Klitsche de la Grange

Jean-Louis Harouel I diritti dell’uomo contro il popolo Liberilibri, Macerata 2019, pp. 104, € 15,00

Almeno fino alla prima metà del secolo scorso era abituale, negli scrittori di politica e diritto pubblico, rilevare che la prima “divisione dei poteri” nello Stato moderno non è quella, più nota, di Montesquieu, ma l’altra tra potere temporale e potere religioso.

Lo si può leggere (tra i tanti) in M. Weber, G. Mosca, M. Hauriou. E si accompagna alla notazione che tale distinzione è tipica della civiltà cristiana. Max Weber notava che vi sono solo due religiosi al mondo che separano nettamente potere temporale e non: una è il cristianesimo. Mosca sostiene che il primo elemento per ottenere la difesa giuridica dei diritti individuali è “la separazione del potere laico dall’ecclesiastico” tipica del cristianesimo[1].

In seguito queste considerazioni hanno perso d’importanza: pareva ovvio che una costituzione dello Stato “sociale” separasse tali poteri, così come assicurasse diritti di libertà, divisione dei poteri, uguaglianza e così via. Il fatto che il tutto sia dovuto al cristianesimo e che nella storia sia un’eccezione (oltretutto, anche nella civiltà cristiana, spesso controversa) e non la regola è stato dimenticato.

È quindi assai interessante che questo denso saggio inizi ricordando tale differenza tra Europa (cioè cristianesimo) occidentale ed Islam, che comporta la difficoltà estrema per i musulmani di accettare norme ed istituzioni che su quella separazione si fondano. Ancor più il lettore ricorderà la discussione sulle “radici giudaico-cristiane” dell’Europa, che sono un fatto storico e che gran parte delle élite europee voleva togliere dal testo della “Costituzione” europea: col risultato di far fallire il progetto, d’altronde, in quei termini, di utilità più che dubbia.

Scrive Harouel che “È un errore considerare l’Islam soltanto come una religione e definire la sua collocazione nelle società occidentali unicamente sotto il profilo della libertà religiosa, perché l’Islam ha una fortissima dimensione politica … L’Islam è insieme religione e regime politico, e addirittura la parola dîn non significa religione ma legge”.

Ad integrare i musulmani residenti in Europa, serve pertanto poco “la religione secolare dei diritti dell’uomo” come sostiene l’autore. Questa ha anch’essa delle radici: ma nell’eresie cristiane. In particolare nella gnosi (Marcione)  e nel millenarismo (Gioacchino Da Fiore). È noto che da tempo sono state affermate le influenze gnostiche e millenariste sul marxismo-leninismo. Dopo il collasso del comunismo, si sono trasferite nella “religione dei diritti dell’uomo”. Anche perché, hanno trovato dopo la fine dei partiti comunisti un ricco vivaio di profeti disoccupati, ansiosi di trovare, paretianamente, nuove derivazioni per sostituire quelle sconfitte dalla storia e, così, tirare a campare. Capisaldi della nuova religione sono la fede nel progresso e il memismo cioè la negazione delle differenze tra uomini e l’affermazione dell’interscambiabilità di tutti gli uomini e quindi dei popoli.

Con ciò è stato cambiato il concetto e il modello del liberalismo democratico (appropriandosi del termine) “sotto l’effetto della religione dei diritti dell’uomo, si è adottata una concezione sensibilmente diversa della democrazia, lontanissima dal modello classico della democrazia liberale: sovranità del popolo e difesa dei cittadini contro gli eccessi del potere grazie alle libertà pubbliche. In questa nuova versione, la democrazia è diventata fondamentalmente culto dell’universale e ossessione dell’apertura all’altro con relativa svalutazione della sovranità del popolo. Se si decide che è questa la democrazia vuol dire che la classica democrazia liberale non era democrazia. Si è stabilito che i valori della religione dei diritti dell’uomo fossero i veri valori democratici. Essendo questi nuovi valori esclusivamente universalisti, nessun popolo europeo può sentirsi legittimo poiché solo l’umanità lo è”. E la religione dei diritti dell’uomo ha fatto “saltare” il confine tra diritto e morale, cioè tra coazione e coscienza (persuasione).

Così l’amore verso il prossimo, da precetto evangelico e dovere morale si è trasformato in norma giuridica e in decisioni giudiziarie. La morale dell’umanitarismo è imposta con i carabinieri “Questo strano fenomeno è stato perfettamente analizzato dal decano Carbonnier. Come lui osserva, esiste, sin dall’inizio, nei diritti dell’uomo, l’idea di una fraternità umana e dunque di un dovere di amore verso l’altro. Ma questa dimensione dei diritti dell’uomo è restata a lungo soltanto nel registro della morale individuale”; ma “Tutto è cambiato nella seconda metà del XX secolo. Dopo l’entrata in vigore della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo del 1950, si è progressivamente imposto un vero culto dei diritti dell’uomo … Sono passati in secondo piano i diritti individuali di base, i diritti-libertà riconosciuti agli individui per garantirli contro possibili abusi da parte dei loro governanti: libertà di movimento, sicurezza, inviolabilità del domicilio e della corrispondenza, libertà di pensiero e di opinione, libertà d’espressione. Il centro di gravità della morale dei diritti dell’uomo si è spostato verso il principio di non-discriminazione, che è diventato il principio fondante dei diritti dell’uomo”. Lo Stato diventa un dipartimento della morale umanitaria ma ciò comporta “un vero tradimento del popolo da parte dello Stato. Perché se ogni Stato ha dei doveri verso l’umanità esso ha dei doveri prioritari verso il Paese di cui costituisce il volto costituzionale. Esso deve vegliare per prima cosa sui suoi interessi, la sua prosperità, la sua prospettiva futura. Ma, in Europa occidentale e in Francia meno che altrove, lo Stato non ha quasi nessuna preoccupazione per gli interessi concreti del popolo. Poco importa il suo avvenire”. D’altra parte “amare il proprio nemico, porgere l’altra guancia: sono dei percorsi di santificazione individuale, non delle regole di diritto che si possono imporre a tutta una popolazione. Il millenarismo dell’amore per l’altro spirito fino al disprezzo di sé causa la morte delle società che vi si abbandonano”. Per continuare ad esistere “il popolo di questo Paese deve rompere con la religione suicidaria dei diritti dell’uomo. Il bisogno vitale di questo popolo non è quello di essere protetto contro i suoi governanti dai diritti dell’uomo, ma di essere protetto dai suoi governanti contro i diritti dell’uomo”.

Nel complesso un saggio che condensa in poche ma dense pagine errori, ingenuità, derivazioni di un’ideologia quanto mai pericolosa e la quale ignora gran parte dei capisaldi del pensiero politico e giuridico europeo. Solo per questo un ottimo motivo per leggerlo e tenerlo a mente.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] Elementi di scienza politica Cap. V, VIII

IO STO CON CAROLA, di Augusto Sinagra

Tutto sommato anche Salvini sta con Carola; ma non può confessarlo_Giuseppe Germinario

IO STO CON CAROLA

Sto con la trucibalda tedesca per molte ragioni delle quali indico solo alcune.
1. Ha fatto capire che il problema non è di questa fine calcolatrice, nipote di un Comandante nazista, figlia di uno che si occupa di armi e infine priva, a quanto pare, di licenza nautica.
2. Il problema è capire chi realmente comandava la nave.
3. La ragazzotta tedesca, bianca e ricca, al di là dei delitti commessi onde è giustamente detenuta, ha fatto capire che era teleguidata da traditori interni e nemici esterni che vanno individuati nelle varie ONG.
4. Ha fatto capire che è in corso, con la scusa dei poveri africani, una guerra non dichiarata contro l’Italia e promossa da chi vuole destabilizzarla.
5. Ha reso chiaro che dei clandestini africani che non fuggono da niente e che non sono mai stati naufraghi ma merce consegnata dagli scafisti alle varie Carole, con destinazione predefinita altrimenti la Carola di turno non riceve la sua mercede, non gliene frega niente a nessuno.
6. Ha fatto capire quale feccia sia la cosiddetta sinistra italiana che conferma e rinnova il suo tradimento in danno dei lavoratori e dei poveri strumentalizzando una vicenda che nulla ha di umano ma molto ha di criminale, solo per colpire il Governo e in particolare il Ministro Matteo Salvini.
7. Carola ha il merito di avere reso evidente quanti imbecilli e disonesti allignino nel Popolo italiano.
8. Ha mostrato come la Germania mai cambierà il suo spirito nazista, criminale e sopraffattorio.
9. A lei va il merito della lettera inviata dalla Segretario di Stato olandese per le migrazioni Ankie Groekers-Knol al Ministro Matteo Salvini con la quale riconosce che questi ha ragione, che la beneamata Carola ha commesso delitti gravissimi, che la Sea Watch agisce in complicità con gli scafisti, che considera le sue azioni illegali e ne prende le distanze.
10. Sempre per merito della pasionaria bianca, ricca e tedesca, il figlio di Bernardo Mattarella e il Fico tacciono; la velletrana Trenta si è rintanata in un buco e ha aperto bocca solo ad arresto avvenuto della Carola e il giovine Giuseppe Conte per fortuna tace anche lui.
11. Sempre per merito della Carola, in ossequio alla regola “scandalo va e scandalo viene”, è calato il silenzio sulle porcherie che hanno coinvolto il CSM, la ANM, i “Palamara boys”, ecc.
12. Per merito sempre di Carola molti hanno avuto occasione di dare motivo alla propria esistenza. Tra questi, purtroppo, alcuni componenti del Senato Accademico della mia Università di Palermo, promotori di una Nota di sostegno alla scafista bianca, ricca e tedesca. Qualcuno mi dica cosa cavolo c’entra nella questione una qualsiasi Università che della questione non sa niente.
13. Tra quelli che per fortuna tacciono vi è anche quel tale Luigi Patronaggio di Agrigento: forse avrà capito cos’è il reato di sequestro di persona e forse avrà capito che questo reato non fu commesso da Salvini ma lo ha commesso la Carola della quale, poi, non si ha alcun riscontro presso le Università che a lei avrebbero rilasciato titoli prestigiosi, e né si ha riscontro di sue precedenti avventure navigatorie.
Per questi e altri motivi dichiaro fermamente che “sto con Carola”.
AUGUSTO SINAGRA

AFORISMI DI UN VECCHIO COMUNISTA, GIUSEPPE MASALA

#Paradossi:

se andavate a chiedere soldi per i 49 migranti trasportati da Karola non prendevate una lira. Se chiedete soldi per Karola che ha trasportato i 49 migranti qui per fare una vita da cani prendete tanti di quei soldi che se li davate a quei migranti sarebbero stati talmente ricchi che avrebbero potuto mandare i loro figli a studiare a Oxford.

Nelle società occidentali ciò che conta non è il bene ma la sua parodia spettacolarizzata.

 

DILEMMI

L’unico modo per non votare Salvini è ascoltare Salvini. Se ascolti i suoi oppositori ti convinci a votarlo

SALVATAGGI

Ma quelli che dicono che per salvare quarantotto persone la disubbidienza civile è giusta sono gli stessi che mi dicono che il rispetto delle regole di Maastricht, del Fiscal Compact e dell’output gap è giusto anche se si affamano milioni di persone? Magari sono anche gli stessi che dicono che è giusta la morte dei bambini greci per il rispetto delle Sacre Regole Europee.

SPATENTATI

Carola Rackete è priva di patente nautica. Ma si sa, ai buoni tutto è concesso.

[Alcuni sostengono sia una #FakeNews, staremo a vedere]

ANTITESI…COMPATIBILI

<<All’anima fa bene affinarli entrambi: parola e silenzio. Il silenzio vale quanto la parola che l’ha preparato. La parola vale quanto il silenzio che l’ha preparata. L’ultima parola è al silenzio.>>

Luigi Lombardi Vallauri

SERVIZIO PUBBLICO

Addio, ora usano Radio Radicale per dare le coordinate 😂😂😂😂
Io a questo punto mi arrendo. Voglio le navi della Tirrenia che li vada a prendere al porto di Tripoli. In fondo, perchè rischiare la vita di innocenti per mettere in moto un teatrino?

SCAMBI DI CORTESIE..e di bontà

Visto che ci si mettono anche gli spagnoli con la loro Open Arms a Lampedusa, fare una Ong e iniziare a fare servizio traghetto tra Marocco e costa spagnola. Peraltro si possono fare anche 4 corse al giorno. Vediamo che succede.

“Se ci sei, spara un colpo!” (almeno uno…), di Piero Visani

“Se ci sei, spara un colpo!” (almeno uno…)

https://derteufel50.blogspot.com/2019/06/se-ci-sei-spara-un-colpo-almeno-uno.html?spref=fb&fbclid=IwAR1AYkWGkpsDKKuzvUmo3iqR3-On_UMRuPib89i9HwZQR4KdGwSPycWyDdw

     Quando un avvocato milanese “dolce come il miele” cominciò ad occuparsi di una determinata vicenda, venne adeguatamente avvertito che non si trattava tanto di occuparsi di una sacra “Sìndone”, quanto di una ancora più sacra “Sindòne” e che prestare soverchia attenzione a tale “sacro lino” avrebbe potuto procurare a lui un “sudario”.
L’avvocato “dolce come il miele” non si curò degli avvertimenti, proseguì imperterrito per la sua strada e – poiché, come aveva notato un noto politico vaticano dell’epoca, un po’ “se l’era cercata” – alla fine, anzi abbastanza rapidamente, “la trovò” e venne abbattuto a pistolettate sotto casa, nello scalpore generale, come sempre spentosi con la stessa rapidità con cui si era acceso, fino a che il detentore della sacra “Sindòne” non decise di leggere (forse inavvertitamente…) il libro di Piero Chiara “Venga a prendere un caffè da noi”…
     
Scrivo questo per notare come la capacità di comminare pene anche capitali da parte del primo potere italico (innominabile ma fin troppo noto) sia decisamente superiore a quella del potere statale, come possono testimoniare il generale Dalla Chiesa, i giudici Falcone e Borsellino, e una lunga catena di “condannati ed eseguiti” talmente lunga da includere anche regolamenti di conti interni (capite a me…).
Il potere statale, al di là di casi come quelli di Cucchi, Uva e non pochi altri, a parte ovviamente i suicidi per fisco (ma quelle sono pene capitali indotte…), non pare altrettanto determinato nelle sue sanzioni e si fa spaventare persino da una capitana Rakete (che in tedesco vuol dire “razzo, missile”). Spaventato al punto da non riuscire nemmeno a sparare una raffica di avvertimento – ovviamente puntata contro nulla e nessuno – così da poter autorizzare a far dire, dal mondo esterno: “Se ci sei, spara un colpo!”. Ma non c’è, ovviamente…

Ma dove vanno i marinai?

Era questo il titolo della canzone forse più gradita al pubblico dell’album “Banana Republic” di Lucio Dalla e Francesco De Gregori.
Per restare dentro (o fuori…?) di metafora, ci si potrebbe chiedere, in qualsiasi altro Paese al mondo che non sia Cialtronia, che cosa succederebbe ad una nave che tentasse di forzare l’ingresso in un porto straniero. Per non citarne che tre, direi Stati Uniti, Federazione Russa, Repubblica Popolare Cinese.
Da noi non è successo nulla di tutto questo, neppure una salva di avvertimento, e anzi una sottoscrizione popolare per fare un po’ di crowdfunding in favore di una ricca ONG straniera.
Cialtronia conferma di essere quello che è da sempre, una malriuscita espressione geografica, dove si parla molto e si combina poco o nulla, e dove l’attività più praticata è lo scaricabarile. Sono cose che ci piacciono molto, sono consustanziali al carattere nazionale. Nessuno di noi ama ammettere che la politica è “sangue e merda”: il primo ci fa paura, però della seconda siamo talmente ricchi da risultare forse tra i primi esportatori al mondo. Quanto alla cialtroneria, lì siamo leader incontrastati e inarrivabili.
                      Piero Visani

L’ANGELO DELLA STORIA, di Pierluigi Fagan

L’ANGELO DELLA STORIA. (tratto da facebook) Ogni tanto, come saprete, torno a studiare la c.d. “nascita delle società complesse”, in particolare il caso a noi più vicino ovvero quello del Vicino Oriente mesopotamico. Sono in gioco le “origini” della gerarchia sociale, dell’ineguaglianza, del ruolo dell’economia nella strutturazione della società, l’immagine di mondo ed i suoi amministratori, la nascita dello Stato e della guerra sistematica. Insomma il “pacchetto” che contraddistingue le nostre società contemporanee.

L’indagine ha molti motivi per esser condotta, ma oggi ha anche una attualità in più. Un terremoto demografico come quello che si è prodotto tra inizi ‘900 ed oggi o anche meglio, dal 1950 ad oggi, disegna un “mondo” completamente diverso dal precedente. Poiché storicamente le “novità” si producono quasi sempre nel contesto ovvero esternamente alle società, sebbene poi noi si legga le trasformazioni come interne a queste (in realtà sono “adattamenti”), le “cause” dei cambiamenti profondi sono per lo più esterne.

Uno spazio fisico fisso (il mondo) che triplica la sua densità in settanta anni (1950-2020 da 2,5 a 7,5 miliardi di individui e da 70 a 200 Stati) è un terremoto di contesto che ha, e sempre più avrà, molte ripercussioni sull’organizzazione della nostra vita associata. Quindi il come si originò lo standard attuale torna d’attualità per provare a capire come potrebbe evolversi. Viepiù se va incontro a vari tipi di problematica ambientale. Non è detto che questo sguardo indietro serva davvero per lo sguardo in avanti (l’angelo della storia di Klee-Benjamin), ma è l’unica o comunque la prima, strada che abbiamo. Aggiornerò quindi sulle ultime evidenze macro della ricerca sull’argomento su cui ho fatto una recente, ennesima, full immersion di studio.

L’oggetto di studio è il Vicino Oriente (mezzaluna fertile) che transita dal Mesolitico al Neolitico e finisce con Uruk ovvero: 1) la prima città; 2) il primo Stato centralizzato con Uruk al centro di un sistema di villaggi tributari; 3) presenza inequivoca di stratificazione sociale e divisione del lavoro, ed anche di genere e di generazione oltreché etnica (con molta probabilità, questa fu la prima ragione di differenziazione sociale in tempi addietro alle vere e proprie “società complesse”); 4) agricoltura irrigua con logistica complessa; 5) dominio di élite bipartite tra sacerdoti e re o poi fuse in un’unica entità (il re “divino”); 6) alte e spesse mura di contenimento della città e presenza di specialisti armati; 7) leggi e tasse; 8) sistemi di notazione scritta. Il tutto a partire grossomodo dal 3300 a.C. anticipato da un periodo di progressiva formazione ed espansione che inizia forse nel 4000 a.C., tempo registrato come data del Diluvio nella mitologia sumera. Come soro arrivati a ciò e perché?

1) La prima novità degli studi connessi è il doppio ampliamento dello spazio e del tempo di osservazione. Uruk era praticamente sulla costa sud dell’Iraq dove oggi c’è Bassora, alla foce del Tigri ed Eufrate, il suo tempo parte, come detto, dal 3200 a.C. Oggi questo è considerato il punto d’arrivo di una più ampia e lunga dinamica che porta non solo alla c.d. Mezzaluna fertile ma anche al sud dell’attuale Turchia che è forse l’inizio del processo ed altri spazi contigui. Altresì il tempo del processo inizia nel 12.000 a.C., novemila anni prima di Uruk.

2) Il processo ha tre linee di sviluppo generale:
a) scende da nord a sud, dall’Anatolia al Persico. I siti scavati dagli archeologi, temporalmente compaiono lunga una sequenza storica (dal 12.000 al 3000) che va dalla catena del Tauro al bassopiano che sfocia nel Persico, passando per il nord siriano ed iracheno (l’ex Stato islamico). Questo asse verticale, ha poi un incrocio orizzontale che ingloba il Levante (Israele e Giordania) tanto quanto i monti Zagros (Iran occidentale). Interazioni progressive si hanno tanto con la civiltà egiziana che con quella della Valle dell’Indo,
b) prevede un costante aumento della popolazione, qualche volta con veloci aumenti seguiti da stasi, ma nel complesso unidiretto dal meno al più;
c) il processo è oggetto di almeno due cambiamenti climatici che rendono l’approvvigionamento idrico (non solo agricolo, anche a piante ed animali oggetto di caccia e raccolta) sempre più difficile. Questi scrolloni climatici incidono ovviamente sulla sussistenza che a sua volta cambia la struttura sociale che già cambiava di suo per l’incremento demografico.

3) L’estrema sintesi di ciò che pare sia successo dovrebbe essere questa: tribù seminomadi di cacciatori raccoglitori, tendono a sedentarizzarsi nell’Anatolia meridionale probabilmente per l’aumento della consistenza demografica dovuta anche a condizioni climatiche molto favorevoli e cominciano a ricorrere sempre più, prima ad una forma di cura del selvatico ed orticultura, poi di agricoltura. Ma l’out put agricolo è solo un integratore di dieta che permane largamente di caccia e raccolta e la sua produzione è detta “secca” ovvero ricorre alle semplici precipitazioni naturali, all’umidità, forse a pozzi scavati. Siamo tra 12.000 e 9000. In seguito, tra 9000 e 6000, scendono verso il nord siriano-iracheno in cerca di spazi pedemontani più ampi per maggiori opportunità di coltivazione ed allevamento, sempre lungo i tratti iniziali dei due grandi fiumi. Qui si notano due fenomeni importanti: a) si formano “culture” ovvero reti di villaggi anche molto piccoli ma interconnessi tra loro in un più vasto areale. Questi villaggi avevano una divisione del lavoro naturale poiché alcuni agricoli, altri pastorali, altri vicino alle materie prime del Tauro (ossidiana, malachite, rame), altri produttori di bellissima ceramica, ed erano legate da scambi commerciali e culturali; b) si cominciano a trovare segni di immagini di mondo che legavano tra loro le mentalità delle genti di quell’areale; c) tra 6000 e 4000 continua lo spostamento verso sud anche in seguito ad un cambiamento climatico. Le comunità si allargano e di converso cresce il ricorso all’agricoltura, ora irrigua sebbene a logistica semplice ovvero con una sola striscia campi contigui i corsi dei fiumi. Nell’alluvio precipitano cacciatori raccoglitori dell’est e poi pescatori del sud. Verso la fine del periodo (Eridu) compaiono i primi templi ovvero luoghi fisici in cui un sacerdote o gruppi di, amministrano l’immagine di mondo, parte del raccolto è centralizzato e ridistribuito; d) Infine da 4000 al pieno Uruk, siamo ormai all’estremo sud quindi alla foce dei due fiumi di cui inizialmente si sfruttano le piene ma poi si incanalano lungo sistemi di logistica irrigua molto complessa, pianificata ed amministrata centralmente. Ai centri templari si affiancano quelli palaziali, nasce lo Stato. Prima città, poi territorio con colonie, poi impero.

Il tutto è stato accompagnato da una fase molto umida e ricca d’acqua con clima temperato continentale (12.000 – 8000), un primo scrollone di improvvisa secchezza intorno al 6400 a.C. ed un secondo ancora più deciso post-diluviano. In breve, le popolazioni aumentavano con condizioni ecologico-climatiche favorevoli ma poi dovevano fare i conti con le inversioni climatico-ecologiche. Prima è aumentata la densità abitativa in aree più ospitali, dopo la dimensione dei singoli centri che hanno fatto da centro a sistemi più ampi, poi formalizzati in Stati (regni) e poi Imperi (2200 a.C. Akkad – Sargon). L’agricoltura non fu una invenzione ma una pratica millenaria. Se ne fece sempre maggior ricorso per necessità demografico-ecologica. La guerra nasce dal confitto sulla terra e le risorse in ambienti affollati, solo alla fine del processo. Tutto ciò, qui come altrove (dalla Cina alle Americhe), è stato basato sulla relazione demografia-ecologia e il semplice aumento dei gruppi (prima del numero, poi della consistenza) ha portato all’auto-organizzazione che è stata gerarchica poiché più semplice. Il precursore dei sistemi gerarchici furono le credenze condivise amministrate da sacerdoti. Tali prime forme furono auto-organizzate e non imposte.

Nota a parte: i materialisti storici dovrebbero forse rivedere le loro convinzioni. C’è un problema di organizzazione dei grandi gruppi umani alla base delle gerarchie sociali ed il modo in cui organizzano la loro economia è solo un derivato oltretutto dipendente anche da fattori di contesto (adattamento). I rapporti struttura – sovrastruttura sono del tipo uovo-gallina, sono cioè coevolventi e reciprocamente causali. Le gerarchie sono il modo più semplice e diretto sin qui trovato dall’umanità per organizzare i grandi gruppi umani, nei piccoli il problema o non si pone o si pone molto diversamente. L’ipotesi che cambiando il sistema economico si annulli la stratificazione della società è come pensare che sia lo scodinzolio a muovere il cane, anche se certo, la può mitigare.

SE QUESTO É ANCORA UNO STATO?!, di Augusto Sinagra

SE QUESTO É ANCORA UNO STATO?!

La “comandante” della Sea Watch III, la ormai famosa pasionaria Carola Rackete, in commissione di una serie interminabile di reati e da ultimo l’ingresso illegale in acque territoriali italiane e, prima, di complicità con scafisti e trafficanti di esseri umani, fingendo di salvare naufraghi (i filmati ne sono prova), oltre che di sequestro di persona e tratta di esseri umani e violazione delle leggi sull’immigrazione (delitti che prevedono l’arresto suo e dell’equipaggio), pretende di scaricare in Italia e solo in Italia la sua mercanzia umana facendosi beffe del Governo italiano e delle sue leggi.

E ciò a scopo di suo lucro personale (diversamente non la pagano) e a illegittimo scopo della ONG di riferimento.

Premesso che uno dei principali “gestori” della ONG in questione è quel tale Gregor Gysi, già agente della polizia segreta della DDR (la famigerata STASI: sicuramente Rebecca Merkel se lo ricorda) e la medesima ONG fa capo a ignobili speculatori di ogni genere e si colloca nel più vasto contesto di una preordinata destabilizzazione dello Stato italiano oltre che specificamente del Governo in carica, se lo Stato italiano esiste ancora e non si è trasformato in un “cabaret”, esso attraverso i suoi organi deve:

1. trarre in arresto l’equipaggio della Sea Watch e per prima la sua “comandante”.

2. Sequestrare la nave come corpo di reato per poi procedere alla confisca e quindi alla demolizione (Patronaggio permettendo ma sicuramente l’aria è cambiata anche per lui).

3. Procedere all’immediato fermo di tutti i clandestini con immediato trasbordo su unità della Marina Militare italiana, con adeguata scorta armata, riportandoli al punto della loro partenza volontaria e cioè in Libia anche perché pure in Libia funzionano bene i costosissimi cellulari di ultima generazione di cui sono in possesso.

4. Richiamare immediatamente l’Ambasciatore italiano all’Aja e dichiarare l’Ambasciatore olandese a Roma “persona non grata” dandogli 48 ore di tempo per lasciare il territorio nazionale.

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini si sta giocando tutta la sua credibilità e il vasto consenso elettorale che ha avuto. Lui sa bene che i voti vanno e vengono. Ne tiri le conseguenze anche a costo di provocare una crisi parlamentare di governo.

Il figlio di Bernardo Mattarella non si permetta di aprire bocca. Non ha più autorità istituzionale né politica e né morale. Lui è finito.

Il pampero argentino si taccia e la finisca di frantumare le balle al Popolo italiano e lo si avverta che le intese concordatarie possono essere anche denunciate così i suoi “dipendenti” e cioè i vescovi delle Diocesi italiane che ammorbano l’aria, e fanno perdere la fede ai credenti. La finiscano di interferire negli affari interni dello Stato fino al punto di istigare alla disapplicazione delle leggi.

Alla denuncia del Concordato non fa ostacolo l’art. 7 della Costituzione, come ben sanno i miei Colleghi costituzionalisti. E se è necessario si modifichi l’art. 7 della Costituzione. Qualcuno avverta il pampero argentino che in Italia non c’è più la “religione di Stato”.

A parte il fatto che è proprio il pampero argentino che nega la religione cattolica, offendendo Cristo, i Santi, gli Apostoli e falsificando il Vangelo e le Scritture. Lui non è solo scismatico o eretico, lui è un apostata.

Qui sotto, invece, le dichiarazioni dell’Ammiraglio Nicola De Felice, fino al 2018 comandante di Mariscilia

“Caso Sea Watch: arrestare la Comandante e convocare gli ambasciatori di Paesi Bassi e Germania*

Le convenzioni internazionali sul diritto del Mare delle Nazioni Unite, Il Codice Italiano della Navigazione e le direttive nazionali sulla Sicurezza richiedono delle azioni politiche e giuridiche inoppugnabili: le infrazioni commesse dal Comandante della nave Sea Watch sono tali da richiederne l’immediato arresto se non addirittura l’estradizione in Libia qualora richiesto visto che le prime infrazioni sono state commesse in acque di competenza libica. Inoltre, il passaggio illegale dei migranti è stato commesso in territorio olandese e – in ottemperanza all’articolo 13 del Trattato di Dublino dell’UE – l’Olanda deve farsi carico dei migranti saliti a bordo sulla Nave battente bandiera olandese. La Germania è la nazione della ONG responsabile del misfatto. Ai sensi delle più elementari regole diplomatiche internazionali, gli ambasciatori di tali Stati devono essere immediatamente convocati per giustificare l’inerzia dei rispettivi Governi in tali misfatti. La nave va sequestrata, vanno applicate le sanzioni amministrative previste ivi comprese le spese sostenute dallo Stato per la gestione del caso, come previsto dall’art 84 del codice di navigazione. Tutto ciò va fatto in tempo reale onde evitare che il misfatto sua emulato da altri incoscienti. Ne va della dignità di uno Stato sovrano come il nostro”

 

Maffeo Pantaleoni, Il manicomio del mondo, di Teodoro Klitsche de la Grange

Maffeo Pantaleoni, Il manicomio del mondo, pp. 184, € 18,00, Liberilibri, Macerata 2019.

Iniziativa meritoria questa dell’editore, di aver ristampato un’antologia degli Erotemi di economia di Pantaleoni curata da Sergio Ricossa negli anni ’70 per l’editore Volpe (ora arricchita da un’introduzione di Manuela Mosca). Meritoria perché Pareto e Pantaleoni furono gli studiosi italiani i quali tra al fine dell’800 e il primo quarto del 900 riportarono la scienza economica italiana all’attenzione di quella internazionale; ma mentre per Pareto, almeno fuori d’Italia, quella è mai mancata, Pantaleoni è stato dimenticato.

L’antologia prova quanto a torto: e ciò per due ragioni principali: la prima che quanto scrive Pantaleoni spesso si può utilmente applicare a eventi accaduti nel (quasi) secolo trascorso dalla morte dell’economista. Ad esempio alla lotta di classe, intesa nel senso marxista del conflitto tra borghesi e proletari. Scrive Pantaleoni “Gli uomini si sono sempre distinti con contrassegni in classi, le quali hanno avuto e hanno tutt’ora i più svariati criteri di classificazione: la nobiltà, la professione, l’appartenenza ai conquistatori o ai conquistati, la fede politica, la fede religiosa, il sesso, l’età e via dicendo”; in ogni società, ma in quelle moderne soprattutto “L’appartenenza dei medesimi individui, cioè di tutti gli individui costituenti un consorzio politico, a molti e diversi gruppi di interessi, e la crescente moltiplicazione delle specie di interesse alle quali ciascun individuo appartiene simultaneamente, è un fatto che rende impossibile, ossia annulla, i contrasti di classe, le bipartizioni e tripartizioni della società, che sono il fondamento di molte speculazioni socialistiche e socialistodi”; per cui “Il fatto vero è che il medesimo individuo appartiene in un medesimo momento a un gruppo etnico avente interessi in lotta con coloro che appartengono a altri gruppi etnici… che sarà cattolico o massone e quindi in lotta con massoni o cattolici, che sarà monarchico o repubblicano o socialista o sindacalista o conservatore, o progressista, o radicale”. Orbene dopo il crollo del comunismo è evidente che il conflitto borghesi/proletari è stato neutralizzato e spoliticizzato; ne hanno preso il posto altri conflitti i quali con la scriminante della proprietà (o meno) dei mezzi di produzione hanno poco (o punto) a che fare (e talvolta neppure matrice economica).

La seconda è che l’opera appare una confutazione dei luoghi comuni del socialbuonismo di ieri come di oggi a leggere in particolare (tra gli altri) i capitoli sul merito e sulla giustizia.

In conclusione, come scrive Manuela Mosca nell’introduzione “il presente volume resta prezioso anche per i non specialisti. Pubblicato da Ricossa per far conoscere il suo originalissimo pensiero a chiunque desiderasse farsi un’idea di chi egli fosse e di che cosa pensasse, resta il libro da consigliare senza esitazione a coloro che volessero incontrare per la prima volta questo grande italiano”.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

IL NEMICO PRINCIPALE, di Piero Visani

Punti di vista_Giuseppe Germinario

IL NEMICO PRINCIPALE, di Piero Visani

Immagino che questa considerazione potrà non piacere a tutti, ma la prima esigenza di una politica è quella di chiarire chi sia il nemico principale, quello che crea maggiori problemi e preoccupazioni.
A giudizio di chi scrive, è l’Unione Europea, per cui certe derive statunitensi forse sono – per chi le effettua – scelte di vita e di campo. Per me, sono al momento l’unico modo disponibile per affrancarsi dal peso soffocante del nemico principale.
Quando un Paese è piccolo, guidato da una classe dirigente di piccoli (e grandi) cialtroni, fare riferimento al servilismo – sempiterna risorsa dei cialtroni – è una delle pochissime carte che si hanno in mano, specie se si è fortemente miopi.
Giocarsi quelle carte è una minuscola risorsa tattica, non una soluzione strategica, ma personalmente – visto che individuo nell’UE l’attuale nemico principale (il che non equivale a dire che lo sia la costruzione di una “massa critica” europea, da cui l’UE è lontana come il sottoscritto dal diventare Napoleone Buonaparte) – non vedo molte altre soluzioni.
A differenza dei tedeschi, inoltre, agli americani interessa pochissimo della virtù dei conti altrui, e questo per me è già positivo.
Per il resto, quando si è piccoli e poco illuminati da prospettive strategiche, non si ha che fare leva sulla guerra di movimento e quella asimmetrica.
Triste, ma realistico, specialmente per un popolo di soddisfatti fancazzisti, statalisti e vacanzieri in SPE: andare alla “House of Cards” e vedere se se ne la qualcuna da giocare…

AGNULUS DEI, di Andrea Zhok

canovacci e stereotipi_la costruzione di personaggi volatili

AGNULUS DEI

Ieri, servizio sulla BBC

Titolo: “Cinque adolescenti che hanno cambiato il mondo”
(“Five teens who changed the world”)

Vi si narra la moderna epopea di Greta Thunberg (impegnata contro il cambiamento climatico), Malala Yousafzai (eroina dell’emancipazione femminile antitalebana), Emma González (sopravvissuta di una sparatoria scolastica USA e attivista per il controllo delle armi da fuoco), Jack Andraka (inventore di un test medico in una fiera americana per piccoli inventori), Amika George (sostenitrice del diritto per le meno abbienti ad avere assorbenti gratis).

Questa carrellata di ‘nuovi eroi’, al netto di qualche involontario effetto comico nella giustapposizione un po’ impari dei casi, risulta assai illuminante. Essa ci mostra una forma significativa con cui l’apparato mediatico dell’occidente industrializzato tutela gli interessi dei ceti che firmano i loro assegni.

Ogni questione intorno al valore umano o alla reale eccezionalità dei suddetti ragazzi va subito messa da parte. Può ben darsi che i giovani in questione siano tutti persone meravigliose, capaci e virtuose. Non sono loro qui i protagonisti.

Ciò che conta è il tipo di modello umano che viene così proposto al grande pubblico.

Quattro sono i punti da sottolineare, che possiamo elencare come segue.

1) Giovanilismo.
Il primo punto che salta agli occhi è il fatto di elevare a modello etico proprio dei teenager. Qual è il senso di questa peculiare attenzione? Non è difficile da capire. Un giovane ha radici superficiali, corte, non ha (necessariamente) né profonde conoscenze, né solide esperienze, né un radicamento sociale. Esso da un lato appare come qualcuno che non deve niente a nessuno, e dall’altro ha una limitata autonomia. Un fiore da vaso, che può essere spostato a piacimento, finché dura. In mancanza di radicamento questi adolescenti devono tutto all’occhio della telecamera, che li porta ad esistenza come simboli ad uso altrui. Non avendo un retroterra strutturato e controllabile possono difficilmente dare adito a imprevisti ‘colpi di testa’. E, se mai dovessero farlo, in fondo son ragazzi, no? Finché servono possono essere adulti onorari, e se dovessero iniziare a disturbare possono essere lasciati cadere nel nulla del silenzio mediatico in qualunque momento.

2) Individualismo.
I nostri giovani modelli sono rappresentati secondo il canone letterario dell’eroe solitario. La narrazione intorno a loro viene costruita in modo da rimarcarne l’immagine di ‘eccellenze’ che si impongono per virtù proprie, contro tutto e contro tutti. Self-made (wo)men in erba, essi vengono presentati come giovani idealisti che non hanno bisogno di interagire, discutere, concordare, convincere nessuno. La via maestra è, come in ogni film di Hollywood che si rispetti, ‘fai la cosa giusta’ e il mondo ti seguirà.

3) Particolarismo.
In terzo luogo, si tratta di soggetti che, si suppone, possano ‘cambiare il mondo’ senza avere alcuna idea del ‘mondo’ che starebbero ‘cambiando’. (E peraltro, come pretendere che possano averne, a quell’età?). Le loro vicende sono lì a testimoniare come i tentativi di comprensione sistemica, di visione complessa e d’insieme, siano roba noiosa e superflua. Per ‘migliorare il mondo’ tutto ciò di cui c’è bisogno è seguire l’ispirazione del momento e gettare il cuore oltre l’ostacolo, dedicandosi a quello spicchio problematico di mondo in cui sei inciampato. L’idea qui è che il mondo migliorerà automaticamente se si moltiplicano benintenzionate pretese di soluzione settoriale.

4) Innocuità.
Infine va notato come i temi su cui essi si concentrano appartengano a ordini di idee con due caratteristiche: essere già mediaticamente sdoganati (cose che presso le élite occidentali sono accreditate come Bene), ed essere temi definiti in maniera tale da non creare imbarazzi ai padroni del vapore (i firmatari degli assegni di cui sopra). Cose che fanno sentire buoni, ma senza costare niente di significativo a quelli che tengono la cassa.

Naturalmente non c’è alcun bisogno di una ‘pianificazione centralizzata’ perché questi progetti mediatici partano. Sono contenuti che hanno una funzione, e dunque possono nascere e proliferare come frutti spontanei dell’impegno dei ‘professionisti dell’informazione’.
Si tratta di frammenti di un’etica mediatica che danno l’impressione a tutti che ‘vi sia speranza’ senza bisogno di fare nulla, senza bisogno di azioni collettive o di verità comuni. Come fiori di campo, belli, selvatici e vigorosi, i ‘giovani’ salveranno il mondo, e mentre lo fanno noi saremo a bordo campo a filmare l’evento, mangiare pop corn e applaudirli. Diversamente dalle ingombranti forme tradizionali dell’ “uomo della Provvidenza”, qui avremo “ragazzini della Provvidenza”, che senza incorrere nelle fastidiose forme coercitive degli esemplari adulti, rimetteranno il mondo nei suoi binari con atti spontanei, individuali, puri, senza l’onere degli argomenti e senza alcuna forma coattiva. Da un lato la “politica”, sporca, torbida, invadente, un male forse necessario, ma se possibile da evitare; dal lato opposto lo spontaneismo giovanile di chi non ha bisogno di nulla, non deve niente a nessuno, non è compromesso né invadente, e, soprattutto, fa tutto lui, senza bisogno di niente da noi se non la nostra simpatia.
Agnellini di Dio venuti a toglierci i peccati dal mondo senza turbare lo zapping.

NB_tratto da facebook https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/1239826039532126

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