Adversvs Tristi Bestie: Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via (PARTE SECONDA DI 3)_di Massimo Morigi

Massimo Morigi

Adversvs Tristi Bestie: Repvblicanisvs
Geopoliticvs Fontes Origines et Via
(PARTE SECONDA DI 3)

Presentazione
Nella prima decade di questo nuovo millennio ebbi modo di partecipare a vari
convegni internazionali di filosofia politica e i miei contributi furono sempre
incentrati sull’estetizzazione della politica nei regimi autoritari del XX secolo e
ho più volte sottolineato quanto questi iniziali studi sull’estetizzazione della
politica e sulla politicizzazione dell’estetica (la contromossa di Walter Benjamin
all’estetizzazione della politica dei regimi autoritari di destra) siano stati
centrali nella successiva elaborazione della Weltanschauung del
Repubblicanesimo Geopolitico. In seguito, nel 2014, decisi di riunire in un unico
documento questi interventi sotto il titolo di Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes
Origines et Via che poi caricai autonomamente su Internet Archive e quindi
consultabile e scaricabile all’URL
https://archive.org/details/RepvblicanismvsGeopoliticvsFontesOriginesEtViaMa
ssimoMorigiGeopolitics_436. Oggi, dopo aver deciso che le mie aurorali
incursioni nella storia filosofica e nella filosofia politica pubblicate sull’ “Italia e
il Mondo” e che vanno sotto il titolo di La Loggia “Dante Alighieri” nella Storia
della Romagna e di Ravenna nel 140° anniversario della sua fondazione (1863-
2003) e di Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle Perle di Vetro del
Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia Archeologica potevano
aiutare a ricostruire la genealogia del Repubblicanesimo Geopolitico, a questo
appello non potevano mancare questi interventi e che ora vengono proposti con
una leggera modifica nel titolo rispetto al documento immesso autonomamente
su Internet Archive, aggiungendo, appunto, Adversus Tristi Bestie. Come non è
difficile comprendere si tratta di un diretto riferimento ai bestioni di vichiana
memoria, ma in questo caso le nostre Tristi Bestie sembrano non preludere ad
alcuna Epifania Strategica ma solo ad un definitivo degrado antropologico e
culturale connotato dalle due opposte ma equivalenti superstizioni scientifiche
ed antiscientifiche delle ultime cronache virali su cui mi sono più volte
soffermato e di cui ho accennato anche in Ancora in avvicinamento al Nuovo
Gioco delle Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et
Inactualia Archeologica. Un avviso alla fruizione del documento. Il file a suo
tempo caricato su Internet Archive è un file Word al cui interno vi sono anche
contenuti multimediali che non possono essere utilizzati nel formato PDF
pubblicato dall’ “Italia e il Mondo”: si tratta di URL che rimandavano a video
musicali allora presenti su YouTube che per paura che venissero, come poi è
stato, rimossi, erano stati inseriti direttamente nel file Word in questione.
Quindi chi vuole vedere questi contenuti multimediali non deve far altro che
andare al documento Word caricato su Internet Archive. Inoltre, si avverte che
per mantenere la linearità del discorso sull’estetizzazione della politica
sviluppato in queste conferenze il presente documento contiene anche Aesthetica
Fascistica II, già pubblicato in Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle
Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia
Archeologica ma che nel documento di questa antologia immessa
originariamente autonomamente in Rete prende il nome di Gesamtkunstwerk Res
Publica. La Leitbild in frontespizio è Warrington Colescott, Picasso at the Zoo,
from the series A History of Printmaking, 1978, collage su carta, Smithsonian
American Art Museum, dove la trista bestia è evidente come pure la tecnica
della citazione, molto praticata da quell’eroe dell’estetizzazione della politica,
della politicizzazione dell’estetica e dello stato di eccezione permanente (e
quindi, all’insegna del suo iperdecisionismo antesignano – assieme ad Antonio
Gramsci con la sua filosofia della prassi – del paradigma olistico-dialetticoespressivo-strategico-conflittuale del Repubblicanesimo Geopolitico) che va sotto il nome di Walter Benjamin.
Massimo Morigi – IX Febbraio 2022

ADVERSUS RIFATTO PARTE TERZA ADVERSUS RIFATTO PARTE SECONDA

Russia, Ucraina e il protagonista occulto_con Gianfranco Campa

La dinamica che ha portato al conflitto tra Russia e Ucraina pare essere una volta tanto trasparente e facilmente leggibile: una proposta di trattativa ultimativa presentata a dicembre alla NATO e agli Stati Uniti; il traccheggiamento e lo smarrimento della dirigenza statunitense; l’offensiva militare risolutiva per neutralizzare il regime fantoccio ucraino e bloccare l’espansione della NATO nella stessa sfera russa. Nelle more la minaccia di severe sanzioni in caso di intervento, ma non una reazione militare diretta. Certamente vengono al pettine i nodi di una strategia di espansione illimitata dell’alleanza atlantica, più volte segnalati da numerosi analisti e diplomatici americani stessi; rientrano nella casistica le inerzie di apparati e il retaggio culturale di una classe dirigente orfana della guerra fredda e preda della russofobia. Le conseguenze più rilevanti nel sistema di relazioni internazionali sono l’ulteriore consolidamento del sodalizio tra Russia e Cina e il momentaneo rafforzamento della coesione dell’alleanza atlantica. A tante minacce di ritorsione, però, non sono seguite ancora le dure ritorsioni minacciate. Sarà merito, stando alla rappresentazione scenografica, dell’opposizione di Italia e Germania ad un blocco delle importazioni energetiche e alla cancellazione della Russia dai circuiti operativi internazionali delle transazioni. Conoscendo le figure a capo dei due paesi è altamente improbabile. Sta di fatto che la più che mediocre classe dirigente e politica statunitense, dilaniata da lotte intestine, è in procinto di giustificare il disastro della gestione della crisi pandemica, il dissesto economico da essa accelerato, la crisi inflattiva ed occupazionale conseguente. Nell’ultima parte dell’intervista si accenna pure alla possibile esplosione di uno scandalo legato all’origine del virus, grazie alla pubblicazione di un esplosivo dossier reso pubblico dalle autorità. L’esplosione di un conflitto, per di più opera del nemico designato, può essere il diversivo perfetto e la ragione da dare in pasto ad una popolazione del tutto insoddisfatta di un ceto politico delegittimato e ad alleati dai dirigenti anch’essi in severa crisi di credibilità. I traccheggiamenti, la delimitazione dell’arco di contromisure, l’abbandono dell’Ucraina e della sua classe dirigente, pronta per altro a fuggire, possono essere non solo una dichiarazione di impotenza, ma una subdola volontà di indurre Putin a prendere una strada obbligata. Da qui forse il nervosismo da lui manifestato e la accesa discussione che pare imperversare anche nella dirigenza russa riguardo a tempi e modalità dell’azione. Ancora una volta, le dinamiche interne agli Stati Uniti potrebbero dettare non solo le dinamiche profonde in geopolitica, ma le scelte contingenti di alleati e paradossalmente avversari. In questa ottica andrebbe valutata la postura del terzo grande attore della scacchiera internazionale, la Cina_Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vvspd1-russia-ucraina-e-il-protagonista-occulto-con-g-campa.html

 

PRESIDENTIAL SPEECH – RIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.2_di Daniele Lanza

PRESIDENTIAL SPEECH – RRIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.2 (DA LEGGERE….con un po di pazienza)
Per comodità, qui sotto il link con l’intervento di Putin tradotto
I due VLADIMIR (Ilic e Vladimirovic….ovvero da Lenin a Putin)
Per arrivare al nostro 2022 si parte dal 1922 (!).
Centenario emblematico nella presente situazione, normale come premessa di un discorso alla nazione che doveva durare un’ora, ma del resto si fa riferimento anche ad anni precedenti, e pure a secoli precedenti sfiorando qua e là l’imperiale secolo XVIII (…).
Niente giri di parole : il “testamento” cui ho accennato nell’introduzione possiede, nella sua impegnativa e tortuosa premessa – malgrado la complessità del problema – una sua semplicità, una sua logica interna e conseguentemente una sua certa efficacia……ma al punto da lasciare tra lo sbalordito e il deluso l’utenza più evoluta, anche volendo essere simpatetici col presidente in carica e le sue idee. Se un merito si può attribuire al discorso presidenziale è la sua azione chiarificatrice : esso sgombra il campo di una ventina d’anni di equivoci terminologici, distorte percezioni psicologiche e altre cento forme di confusione. La massima autorità in carica dello stato si è espressa in modo tale da coincidere in massima parte con quel nazionalismo grande russo che caratterizzava la tarda era zarista, detta in parole semplici. Né più né meno.
L’eredità storica della rivoluzione d’ottobre è come rimossa dal corpo sano del paese alla stregua di una malattia : ad essa si ascrive il peccato originale da cui deriva la decomposizione del grande “edificio” russofono ( ). Un capovolgimento radicale di prospettiva, senza più sconti, nella cui ottica LENIN da pater patriae diventa portatore di rovina della patria (intesa come grande patria) sul lunghissimo termine. Decadenza e disgrazia è il comunismo, sono i bolscevichi.
Che dire, non che gli indizi fossero mancati : negli ultimi venti anni si era cumulato un variopinto numero di affermazioni (e azioni) in merito sufficiente da farsi un’idea della visione del capo di stato e della sua elite, ma mai una dichiarazione così diretta, brusca, plateale e ufficiale. Un manifesto del destino che essenzialmente spaventa e scontenta molti, ma in particolare tutta la macro-galassia fuori della Russia che si riconosce in quello che chiamano “sinistra” (termine desueto, ma lo utilizzerò qui per forza di cose) : per la prima volta la sinistra “soft” – quella liberale, arcobaleno, occidentale – si ritrova a fianco di quella più dura e pura ossia di matrice comunista tradizionale, combattente per natura, permeata da sempre di una latente forma di nostalgia sovietica (l’incarnazione “non occidentale” della sinistra, per semplificare sbrigativamente). Questi ultimi, costernati e mazziati, a rimuginare ed esternare il proprio sdegno su tutta la rete.
Allora. Compreso lo sgomento di questa fascia d’utenza che si sente chiaramente tradita, e a beneficio di tutti gli altri a fini di comprensione, dedico questo capitolo a sottolineare (non “trattare” che la materia è assai lunga) alcuni fatti essenziali, che in questi frangenti, ho idea, non siano mai del tutto filtrati (non solo nell’ascoltatore medio talvolta anche nell’animo dell’esperto…).
Domanda di base – impossibile – da cui tutti occorre partire : COSA E’ ESATTAMENTE LA RUSSIA ? E soprattutto COSA era esattamente quella che i manuali chiamano URSS ? Qualcuno di voi l’ha compreso per davvero ? Non mi riferisco al fondamento legale o alla struttura amministrativa qui (che tanti conoscono in modo iper dettagliato, prego cortesemente costoro di non riversare tale zelo qui, fraintendendo l’interrogativo), ma a qualcosa di ben più profondo….mi riferisco alla natura – filosofica e reale – di quello stato, cosa rappresentava intimamente per i propri abitanti in primo luogo (e coloro che abitanti non erano, in secondo).
Interrogativo ai massimi sistemi, fuori misura e arrogante. Eppure, ripeto, qualcuno tra chi legge ha veramente colto il cuore del problema cui mi riferisco qui ? (a questo punto mi rivolgo provocatoriamente anche ai professionisti, chi abbia modo di leggere tutto questo). Ancora una volta, mi servo delle beneamate lettere dell’alfabeto…..
– A : FONDAMENTO. la Russia, sebbene la si definisca “paese” o “nazione” è qualcosa il cui reale significato si colloca un gradino al di sopra di questo. Sebbene rientri legalmente nelle definizioni riportate, va necessariamente oltre l’accezione più semplice dei sostantivi sopra : per estensione geografica e demografica è più equiparabile ad un continente. Una nazione sì, ma non nel senso europeo occidentale del termine quindi (come non lo sono Stati Uniti o Cina) : non si tratta di un’entità comparabile a Belgio Olanda, ma nemmeno Francia o Germania, quanto piuttosto ad un continente lentamente inglobato, assimilato dalla macchina dello stato russo, con mezzi diversi di era in era, che risulta in quanto osserviamo oggi sulla carte geografiche e i manuali di antropologia del cosmo ex sovietico. Questo non sta a sottintendere una “superiorità”, non implica un diritto diverso dagli altri, ma senza ombra di dubbio una storia differente da quella della maggior parte degli interlocutori politici contemporanei che cercano un dialogo con essa. La Russia è un contenitore : vasto e al tempo stesso impermeabile (…in realtà permeabile, ma in tempi e modi assolutamente propri, secondo il suo unico prisma intepretativo), un contenitore distinto rispetto al contiguo ensemble di stati nazione dell’Europa occidentale, malgrado la comunanza (relativa) di razza e usi. Come afferma lo slavista preparato, la Russia “frega l’occidentale” perché malgrado un’apparente somiglianza esteriore cela in profondità una faglia di divisione che la separa : equivoco che invece non si pone quando si parla – ad esempio – di cinesi ed indiani, la cui distanza culturale è considerata semplicemente scontata (…). Con tutto questo vogliamo dire che categorie e definizioni appartenenti all’immaginario euro-occidentali NON sempre possono applicarsi al contesto russo : gli stessi concetti di destra e sinistra cui molti sono pertinacemente aggrappati in occidente, hanno significato alterato da queste parti. La prima e più grave forma di arroganza è voler applicare nostri concetti a civilizzazioni altre, con tutta la confusione che ne nasce in seguito. In parole altre, come direbbe Kirill da Ekaterinburg (!) a due parigini che discutono di politica :”Jerome, tu sei di destra. Jean, tu sei di sinistra. E io ? Io sono russo (…)”.
– B : MARX, benestante ebreo tedesco della sua era modellò il suo pensiero ad immagine della società in cui egli visse, dalla Germania all’Inghilterra (semplice e inevitabile). E’ per gli stati occidentali che era prevista la sua visione di riforma dell’umanità….una “universalità” un tantino occidentale quindi (?). Questo, credo, sia di dominio comune. Come tutti sappiamo, le circostanze storiche fanno avverare l’imprevisto, l’apoteosi del paradosso : una settantina d’anni dopo il manifesto di Marx, il suo verbo (convenientemente aggiornato ed interpretato da un brillante apostolo di nome Lenin) si afferma proprio là dove nessuno – e tantomeno il suo profeta – si sarebbe mai aspettato, in quell’indefinibile immensità che iniziava alla periferia estrema d’Europa per poi sfumare, dopo migliaia di miglia di nulla, in cento differenti gangli del continente asiatico. Il socialismo, pensato per l’uomo dell’occidente, era in fondo rigettato da quest’ultimo, e andava invece ad affermarsi presso un altro uomo, più distante di mentalità più indecifrabile e probabilmente più impreparato ad accoglierlo.
Il cuore pulsante, la CHIAVE di ogni cosa, sta nel passaggio sopra (B).
La rivoluzione d’ottobre sarà scintilla generatrice di un universo materiale e morale per una larga fascia dell’umanità nelle generazioni a seguire, i suoi infiniti aspetti diverranno oggetto di trattazione accademica per il secolo a venire (prima, durante e dopo) : io qui vorrei tuttavia focalizzare l’attenzione su un aspetto in particolare che concerne il paese in cui prende piede. La sua affermazione prima – in terra di Russia – rappresenta un’autentica UNIONE DI OPPOSTI.
L’espressione sopra – che suggerisco di scolpirsi in mente – è una cifra preziosa della società che ne genererà (non l’unica chiave di comprensione per carità, non mi si fraintenda : ma un suo aspetto profondo a lungo negletto, trascurato e negato, il che porta poi a non capire determinate reazioni e atteggiamenti della società di cui parliamo). Unione di opposti dunque : una dottrina (socialismo) allora “modernissima” – troppo moderna e rivoluzionaria per le stesse società europee per le quali era destinata – che va a spalmarsi instaurarsi presso una società arcaica, quasi PREMODERNA (!!). La società che ne emerge è il risultato dell’amalgama di tali elementi : l’avvenieristico che si fonde con l’antico, un millenarismo rurale assimilato a forza in tempo record nella titanica metamorfosi (industrializzazione) che si richiede all’intera società. Sul piano formale, legale, il “nuovo” socialista si impone totalmente : non esiste altra realtà che il nuovo status quo rivoluzionario…..e quanto esisteva prima (il “ciarpame” tradizionalista che rendeva arretrato il paese) doveva cadere nell’oblio. Così fu in molti sensi.
Folle illusione tuttavia ritenere che un sostrato così importante scomparisse come se non fosse mai esistito. L’analogia più efficace che possa venirmi alla mente riguarda le celeri conversioni religiose di popoli extraeuropei : la cristianizzazione di interi segmenti dell’umanità precolombiana…..entro le maglie della quale si percepisce la permanenza di gesti e tradizioni assai anteriori mai del tutto dimenticati (o solo apparentemente dimenticati sul piano cosciente, ma ancora attivi nel comportamento quotidiano) : quel meme che appare e scompare, serpeggia, permea cose e persone a differenti gradi di intensità secondo tempo e circostanze. La verità oltre la retorica (in cui molti nostalgici comunisti credono tutt’oggi) è che la società nuova sovietica che prende forma sin dagli anni della rivoluzione è proprio questo : una struttura moderna, all’avanguardia in ogni senso………..ma che al tempo stesso conserva in sé medesima un’impronta profonda di quel conservatorismo che formalmente si voleva superato. Superato lo è stato in un certo senso, ma NON cancellato dal dna culturale della società in questione che lo manterrà sempre non del tutto visibile (ad un livello molecolare, si direbbe col linguaggio moderno della genomica).
Futuristico ed arcaico intimamente coesi, il primo con assoluta preminenza sul piano formale e giuridico, unica realtà ufficialmente riconosciuta cioè….il secondo, tutto al di sotto della superficie (somiglia ad una suggestiva sceneggiatura). Lo storico professionista di marca convenzionale – zelante compilatore e “custode morale” di archivio – potrà criticarmi a non finire, con ricordandomi gli interminabili sforzi dell’ideologia ufficiale, dello stato, finalizzati al rinnovamento della società senza compromessi (!), eppure lo storico della cultura (quale mi propongo d’essere) con un più eclettico ed eterodosso approccio potrebbe replicare con caleidoscopico oceano di input dalle più impensabili branche del sapere.
L’UNIONE SOVIETICA…….rivoluzionaria senza ombra di dubbio (eppure profondamente gerarchica inquadrata e burocratica), anti reazionaria senza ombra di dubbio (eppure patriottica/nazionalista ad un’intensità che vede pochi paragoni tra gli stati dell’occidente suoi coevi), internazionalista e faro dei popoli senza compromessi (eppure intimamente identitaria sul piano estetico ed etnocentrica nella sua preminenza dell’idioma franco -russo – della Cccp ). Una creatura chimerica che unisce elementi antitetici, dei quali alcuni sono espressi ufficialmente mentre altri no (vale qui l’analogia del DNA dove alcuni caratteri sono espressi nel fenotipo, mentre altri – recessivi – rimangono nella “banca dati” del genoma, oscurati ma non cancellati a pronti a ripresentarsi in modi imprevedibili)
(CONTINUA)
NB_tratto da facebook

Putin riconosce le repubbliche del Donbas: cosa viene dopo?_di Gilbert Doctorow

mi pare opportuno indicare il link con l’intervento di Putin tradotto_Giuseppe Germinario

https://www.youtube.com/watch?v=KnL2bvpKCDc

“Avevi ragione.”

Questo è stato un commento pubblicato sul mio sito Web questa mattina da un lettore del mio ultimo saggio “Incontra la nuova Russia proattiva” pubblicato il 16 febbraio, anche se alla luce degli ultimi sviluppi sembra ormai secoli fa.

Sì, in effetti, il signor Putin ieri è passato dai colloqui in stallo con gli Stati Uniti e la NATO sulla bozza di trattati della Russia del 15 dicembre che creano una nuova architettura di sicurezza in Europa. Come avevo previsto, è passato al Piano B. Ha formalmente riconosciuto l’indipendenza e la sovranità delle due province separatiste, la Repubblica popolare di Donetsk e le Repubbliche popolari di Lugansk nell’Ucraina orientale. Inoltre, con entrambi firmò trattati di amicizia, cooperazione e mutua assistenza. Cosa significa “assistenza reciproca” è stato chiarito immediatamente quando il presidente russo ha ordinato alle sue forze armate di trasferirsi nelle rispettive repubbliche come “custodi della pace”.

A parte qualche desiderio donchisciottesco del presidente ucraino Zelensky di entrare in conflitto armato con la Russia per il Donbas e affrontare un certo annientamento del suo esercito e del suo regime, è probabile che la guerra fumante nell’Ucraina orientale della durata di otto anni diventi ora un “congelato conflitto”, in linea con l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia in Georgia, con la Transdnistria in Moldova. Naturalmente, ciò non significa che Putin abbia risolto i suoi problemi più ampi con l’Ucraina, come discusso di seguito. Ma l’invasione sarebbe il modo meno efficace per affrontarli, come vedremo. Ci sono altre opzioni per portare a termine il lavoro senza versare sangue e senza dare al collettivo occidentale motivo di imporre le “sanzioni dall’inferno” che rimangono ancora in sospeso.

Non è facile avere “ragione” su qualsiasi possibile sviluppo nei nuovi rapporti della Russia proattiva con l’Occidente collettivo. Ma non sono solo supposizioni inutili. Ci sono schemi di pensiero ovvi e una storia d’azione passata di Vladimir Putin che rendono più facile prevedere cosa verrà dopo, cosa che farò nell’ultima sezione di questo saggio.

*****

Diamo un’occhiata prima al discorso stesso per entrare nella mente del presidente russo.

Con 22 pagine di testo dattiloscritte, il discorso è molto lungo per un discorso destinato ad annunciare al pubblico russo i trattati che aveva firmato con le due repubbliche del Donbas all’inizio della giornata. Un commentatore occidentale ha osservato che si trattava di un discorso sconclusionato. Ciò è vero nel senso che copre una serie di argomenti diversi che sono collegati tra loro solo nel contesto delle priorità di politica estera della Russia del momento a diversi livelli. Queste interrelazioni non sarebbero ovvie al grande pubblico.

Putin dice fin dall’inizio che lo scopo del discorso non è solo quello di dare al pubblico il suo punto di vista su dove stanno le cose al momento rispetto al Donbas, ma anche di informare la nazione “su possibili ulteriori passi “.  Quell’unica affermazione rende imperativo esaminare il documento con un pettine a denti fini.

Le prime 16 pagine trattano dell’Ucraina. Putin offre una panoramica della storia del moderno stato ucraino che risale ai primi anni ’20 e alla formazione dell’Unione Sovietica dalle macerie di quello che era stato l’impero russo, quando i nuovi governanti comunisti consolidarono il loro potere concedendo l’apparenza di sovranità all’interno di un’unione confederata per soddisfare le ambizioni nazionaliste dell’Ucraina e di altre repubbliche costituenti dell’Unione. Spiega come questa federazione sciolta sia stata sventrata dalle politiche centralizzate di Stalin, attraverso la nazionalizzazione, il Terrore e altri mezzi obbligatori sebbene le garanzie costituzionali siano rimaste sulla carta. Poi, dopo la seconda guerra mondiale, Stalin aggiunse ai territori ucraini le terre che prese dall’Ungheria e dalla Polonia, a cui Krusciov contribuì con il dono della Crimea.

Il punto di Putin è dimostrare che lo Stato ucraino emerso dal crollo dell’Unione Sovietica alla fine del 1991 era stato creato dall’alto verso il basso, non dal basso verso l’alto e quindi era mal preparato per la statualità.

Il presidente russo ha poi continuato la storia post-sovietica dell’Ucraina per spiegare la pauperizzazione della nazione, la massiccia perdita di popolazione dovuta alle partenze all’estero di persone in cerca di lavoro in condizioni di rovina economica interna, la scrematura di tutta la ricchezza da parte dei clan oligarchici e il loro accordo con potenze straniere che stabilirono un protettorato virtuale sullo stato in cambio di banche e altri favori a quell’oligarchia.

Da lì spiega come l’indignazione popolare per il malgoverno che ha portato alle manifestazioni antigovernative di Piazza Indipendenza è stata manipolata dai nazionalisti radicali con l’aiuto straniero come copertura per il colpo di stato del febbraio 2014 che ha portato al potere quegli stessi nazionalisti. Insieme ai militanti neonazisti erano intenti a costruire un’identità ucraina basata sul rifiuto di tutto ciò che era russo. Ciò che è seguito è stata la soppressione della lingua russa nelle istituzioni governative, nelle scuole, nei media, persino nei negozi e una feroce campagna genocida contro le due oblast di Donbas che, come la Crimea, hanno rifiutato di accettare il governo dei nuovi poteri illegittimi a Kiev.

Questo contesto porta Putin alle quattro pagine chiave del discorso su come gli Stati Uniti e la NATO hanno lavorato con il regime anti-russo che hanno contribuito a insediare a Kiev nel 2014 per promuovere i propri interessi. Stanno usando il territorio dell’Ucraina come piattaforma per far avanzare il personale e le infrastrutture di posizione che minacciano la sicurezza della Russia, anche senza alcun ingresso formale dell’Ucraina nell’Alleanza del Nord Atlantico. Enumera gli aeroporti ucraini non lontani dal confine russo che ora ospitano aerei da ricognizione della NATO e droni che controllano tutto lo spazio aereo russo fino agli Urali. Descrive il potenziale della stazione navale americana di Ochakov, vicino alla Crimea,

Ha spiegato come la NATO stia pianificando di piazzare missili in Ucraina che saranno in grado di lanciare attacchi nucleari in tutta la Russia fino agli Urali e oltre e avranno tempi di volo misurati in appena cinque minuti quando le varianti ipersoniche saranno pronte. Ha affermato che le unità militari ucraine sono già integrate nella struttura di comando della NATO al punto da poter essere comandate dal quartier generale della NATO. Ha parlato delle 10 esercitazioni militari su larga scala pianificate dalla NATO che si terranno in territorio ucraino nel corso del 2022. E ha indicato le “missioni” di addestramento che gli Stati membri della NATO hanno istituito in Ucraina, unità che potrebbero altrimenti essere descritte come basi militari e sarebbe quindi considerato in stretta violazione dell’articolo 17 della costituzione ucraina.

Infine, in questa sezione del discorso Vladimir Putin ha sollevato una questione che non avevamo mai visto prima in una discussione pubblica, perché è emersa solo quando è stata presentata dallo stesso presidente Zelensky alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco la settimana prima: la possibilità che l’Ucraina diventi una potenza nucleare. Putin ha detto che questo è del tutto possibile, non solo un atto di spavalderia del leader ucraino. Dopotutto, l’Ucraina possiede i documenti tecnici sulla fabbricazione delle bombe nucleari sovietiche, possiede la tecnologia di arricchimento e dispone sia di aerei che di missili a corto raggio in grado di fornire armi nucleari tattiche.

Mi fermo qui per notare che questa lunga spiegazione del modo in cui l’Ucraina è ora praticamente un partner minore della NATO contro la Russia, del modo in cui può essere utilizzata come piattaforma di attacco alla Russia e del potenziale nucleare del paese se procede con il ritiro dalla il Memorandum di Budapest del 1994 che denucleazzò l’Ucraina – tutto questo è così assolutamente minaccioso per la sicurezza dello stato russo che è impensabile che Putin non proceda a risolvere questa serie di problemi a prescindere da qualunque cosa accada dentro e intorno alle due repubbliche del Donbas che ora sono indipendenti .

A differenza del passato, queste denunce dettagliate non sono solo parole oziose. Devono essere visti come una giustificazione per le azioni che la Russia intraprenderà nei prossimi giorni e mesi per rimuovere le minacce elencate. Citerò come il Cremlino potrebbe fare questo nella sezione conclusiva di questo saggio.

L’altra sezione degna di nota del discorso affronta la questione separata delle relazioni russe con gli Stati Uniti. Questo arriva a cinque pagine su 22 pagine in totale. Inizia con la storia familiare delle promesse non mantenute del 1990 di non spostare la NATO di un pollice a est del fiume Elba una volta che la Germania si fosse riunita. Procede dalle delusioni per le cinque ondate successive di espansione della NATO dal 1997 al 2020.

Questa sezione del discorso si conclude con la risposta degli Stati Uniti e della NATO agli appelli della Russia per un rollback nella bozza di trattati inviata a Washington e Bruxelles il 15 dicembre 2021: ignorando i tre punti chiave e offrendo diversi spunti di discussione solo su questioni secondarie.

Alcuni commentatori occidentali hanno visto questo solo come un lamento più russo sul tradimento americano. Ma nel contesto della nuova Russia proattiva, un’interpretazione così sprezzante sarebbe gravemente erronea. Suggerirò ciò che Putin potrebbe avere in programma di affrontare questi problemi nei prossimi giorni.

*****

Quando Vladimir Putin ha presentato il suo ultimatum agli Stati Uniti e alla NATO a dicembre, alcuni dei miei colleghi hanno pubblicato liste della spesa delle misure che il Cremlino potrebbe usare per forzare la capitolazione. Questi includevano vari tipi di azioni militari. L’azione militare della natura più violenta è stata ampiamente riscontrata nei commenti nella blogosfera.

Sebbene fin dall’inizio avessi sottolineato la probabile dipendenza di Putin dalla guerra psicologica piuttosto che cinetica per raggiungere i suoi obiettivi, ho anche ceduto alla tentazione di metodi più drammatici. Alla fine ho elencato gli “scioperi chirurgici” contro le infrastrutture incriminate, come quelle basi ABM in Romania o l’installazione navale di Ochakov in Ucraina.

Tuttavia, vediamo finora che la violenza non è nel playbook di Putin. Il riconoscimento delle due repubbliche è, come l’ammassamento di truppe prima al confine ucraino, un modo per prevenire la violenza. Inoltre, nel discorso diplomatico, questo riconoscimento può essere paragonato al precedente che gli Stati Uniti ei loro alleati della NATO hanno stabilito quando hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo dalla Jugoslavia. La giustificazione quindi erano le presunte intenzioni genocide dei serbi, la stessa questione che Putin ha sollevato riguardo alle intenzioni di Kiev nel Donbas.

In queste circostanze, in che modo Vladimir Putin risponderà alle minacce alla sicurezza che l’Ucraina pone ora e preverrà le minacce di gran lunga maggiori che porrà in futuro mentre la NATO continua a costruire installazioni lì, per non parlare se all’Ucraina è consentito sviluppare un nucleare? arsenale?

Una soluzione menzionata nei talk show televisivi russi merita di essere ripetuta: istituire un blocco economico totale all’Ucraina. Attualmente, l’Ucraina riceve elettricità, petrolio e gas di transito dalla Russia e, nonostante tutto, c’è un sostanziale commercio a doppio senso. Tutto ciò potrebbe essere interrotto in un attimo con o senza il possibile taglio delle relazioni diplomatiche di Zelensky. La Russia può affermare che l’Ucraina è una nazione ostile e porre fine a tutti i rapporti commerciali. Inoltre, la Russia potrebbe imporre un blocco navale proprio come fecero una volta gli USA con Cuba per forzare la rimozione dei missili sovietici. Tutto questo ha precedenti storici a sostegno. Inoltre, con il loro grande amore per le sanzioni draconiane, gli Stati Uniti ei loro alleati non possono dire una parola su eventuali sanzioni che la Russia sceglie di imporre all’Ucraina. Ovviamente,

Per quanto riguarda il problema del rollback della NATO, Vladimir Putin ci ha già avvertito che c’è un Piano C: “ La Russia ha il pieno diritto di prendere misure a sua volta per garantire la nostra stessa sicurezza. Questo è esattamente come procederemo.” Le possibilità sono state nominate dai miei colleghi a dicembre. Ciò che ci è mancato è stata la corretta sequenza delle azioni russe. Ho in mente due tipi di minaccia al senso esagerato dell’invulnerabilità dell’America. Il primo sarebbe che la Russia posizioni i suoi ultimi missili ipersonici e il drone d’altura Poseidon nelle acque internazionali al largo delle coste orientali e occidentali degli Stati Uniti. Qualche “sbirciatina” in superficie di sottomarini russi non tracciati che trasportano queste super armi al largo della costa attirerebbe una buona dose di attenzione da parte dei media, il che esporrebbe l’establishment politico americano allo stesso tipo di minaccia che i russi vedono provenire dai vari missili offensivi americani sistemi che li prendono di mira con tempi di allerta trascurabili.

L’altra possibile contromisura russa che è stata menzionata dagli analisti in Russia è lo stazionamento di bombardieri strategici russi e navi militari armate nucleari di sorveglianza permanente nei Caraibi, facendo uso di strutture portuali in Nicaragua, Venezuela e forse Cuba.

Si noti che tutte queste misure hanno in comune la loro dipendenza dai precedenti stabiliti dagli Stati Uniti e tutte possono essere classificate come minacce psicologiche piuttosto che come azioni militari che invitano all’escalation e ci portano ad Armageddon.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/02/23/putin-recognizes-donbas-republics-what-comes-next/

SE NON TE NE OCCUPI, POI TI PREOCCUPI_di pierluigi fagan

SE NON TE NE OCCUPI, POI TI PREOCCUPI.

Al momento, sembra che i russi condurranno una profonda operazione di degradazione delle strutture militari e politiche dell’Ucraina su vasta scala. In effetti, anche per chi si occupa a modo suo di queste cose come me, nonostante l’interesse che mi ha portato a seguire in silenzio gli eventi recenti cercando di comprenderne la forma, nonostante avessi letto l’indomani il testo completo del lungo intervento di Putin, non avevo capito -fino in fondo- cosa stava dicendo. Ci piaccia o meno siamo comunque immersi nel bagno amniotico del mondo liquido-gassoso delle interpretazioni dominanti ed anche le più temperate facoltà critiche fanno fatica a rimanere lucide ed imperturbate. L’intervento diceva quello che avrebbe fatto, come, a che fini, che è poi questo è quello che ha iniziato a fare. Pensavamo fosse per lo più sceneggiata visibile sopra il livello occulto ovvero la trattativa che stava andando avanti da un bel po’ tra americani e russi, sul come ed in che modo iniziare un tavolo di trattativa ufficiale non solo sul problema ucraino, ma sul problema della sicurezza internazionale, inclusi i missili americani in Europa puntati su Mosca e molto altro.  Ma pur sapendo questo, non abbiamo evidentemente voluto capire quanto quella trattativa stesse andando male e solo oggi capiamo, che in realtà stava andando malissimo ovvero da nessuna parte. Da qui, il rovesciamento del tavolo di Putin del tipo “chiacchiere a zero, adesso facciamo parlare i fatti e così vediamo chi è più duro”. Diceva Theodore Roosevelt “Parla gentilmente e portati un grosso bastone; andrai lontano”. Putin ha quindi deciso che parlare gentilmente non serve più ed il momento del “grosso bastone”.

Ora, è molto probabile scatterà verso i russi l’arma ritorsiva già annunciata da tempo, ovvero lo strozzamento finanziario inclusa l’esclusione dai circuiti SWIFT (il circuito che regola tutti i bonifici internazionali, i sistemi di pagamento interbancario), il sistema nervoso della finanza globale. Già annunciato da tempo, quindi già previsto da tempo, era lì che si voleva andare facendo fallire la trattativa sotterranea a cui già si sapeva Putin avrebbe reagito come sta reagendo. Per questo il povero Macron ha provato a farsi in quattro per evitare il destino annunciato, inutilmente. Ma evidentemente, Macron, Scholz, Draghi o chi per loro, in questo gioco sono vasi di coccio tra vasi di ferro e sembra che facciano pure finta di non saperlo. Ovviamente lo sanno benissimo, ma non lo sanno le loro popolazioni esposte ad una realtà da caverna platonica in technicolor e 3D. A quel punto, in risposta all’eventuale esclusione SWIFT, è molto probabile ci saranno contro-ritorsioni sulle forniture del gas in Europa, quella “… risposta della Russia sarà immediata e vi porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato nella vostra storia”. Una bella svegliata agli europei in modalità post-storica. Superfluo sottolineare le ricedute pratiche di questa eventualità. Come siamo finiti qui?

Innanzitutto, vorrei suggerire ai tanti che in questo momento sentono il bisogno di giudicare del bene e del male, del buono e del cattivo, di sintonizzarsi con la realtà. La realtà non ti chiede cosa ne pensi come se stessi giudicando una cosa che per quanto ti interessa, in pratica non ti riguarda. La realtà che si presenta oggi al nostro cospetto ci riguarderà sul piano concreto. Non so se avverrà, ma a questo punto è secondo me molto probabile che si procederà in escalation di ritorsioni e contro-ritorsioni e che queste colpiranno non solo il popolo ucraino e russo, ma anche europeo. Ne ho scritto tempo fa qui e vedo che negli ultimi giorni altri ben più famosi studiosi di cose geopolitiche, hanno intravisto in questa situazione, oltre alle questioni ucraine, la questione di fondo della relazione Russia-USA via Europa. Il contenzioso profondo è tra gli USA che vogliono stringere a sé i propri alleati in via esclusiva, contro Cina e Russia, per resistere il più a lungo possibile all’esito multipolare dell’ordine mondiale, un esito di cui ormai non si può più discutere il “se”, ma il “come e quando”.

Gli statunitensi sono un popolo che pesa solo meno del 5% del mondo ed ancora fa quasi il 25% del Pil mondiale, questa è la loro “ricchezza delle nazioni”, come si intuisce del tutto sproporzionata tra massa e valore. Questa sproporzione è garantita -anche- da varie forme di controllo su ampie porzioni del mondo, dirette ed indirette, ereditate dal dopoguerra. È la difesa di questa rete di dominio che impegna gli USA contro il destino multipolare di un mondo ormai a 8 miliardi di persone, prossime 10 miliardi (2050) in più di 200, diversi, Stati. Nel loro esclusivo interesse, com’è per altro ovvio che sia in termini realistici, vogliono decidere di come ordinare il mondo affinché permangano le condizioni che garantiscono quella sproporzione, da loro ritenuta “vitale”. Non esattamente il “popolo americano” che riceve i proventi di quella ricchezza in proporzioni tra più inique nel mondo occidentale, la sua parte che governa il Paese e questo sistema mondiale di interesse. Democratici, repubblicani, deep state, dopo possono anche litigare sul come farlo o come distribuirsi i proventi del bottino, ma comunque sempre indistinguibili gli uni dagli altri nell’imperativo di procurarselo.

Noi europei quindi siamo i veri destinatari del conflitto e del suo sciame di conseguenze. I princìpi, ammesso noi se ne abbia davvero, e l’ignavia ovvero il nostro non prenderci le reali responsabilità del mondo complesso, costano. Forse Putin, ci renderà noto quanto. Reso noto il costo delle possibili opzioni con cui risponderemo al “che fare?” postoci dalla cruda realtà, avremo l’ennesima sveglia dopo le ripetute crisi economiche e finanziarie, la crisi climatica ed ambientale, la crisi della democrazia, la crisi sanitaria e tutte le altre piccole-medie perturbazioni provenienti da un mondo la cui percezione realistica ci ostiniamo a rimuovere.

Chissà se basterà a farci passare dal preoccuparci all’occuparci, dubito. Ma dato che questa incertezza è basata su una ipotesi, speriamo di esserci sbagliati.

https://pierluigifagan.wordpress.com/2022/02/24/se-non-te-ne-occupi-poi-ti-preoccupi/

PRESIDENTIAL SPEECH – RIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.1_di Daniele Lanza

PRESIDENTIAL SPEECH – RRIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.1 (DA LEGGERE….con un po di pazienza)
INTRODUZIONE
Per comodità, qui sotto il link con l’intervento di Putin tradotto
Un capo di stato incolla su per giù un centinaio di milioni di ascoltatori – una massa in patria, come una spessa coltre di curiosi ed analisti spalmati sui 5 continenti – per questo lasso di tempo.
Vuoi chi è in grado di seguirlo in lingua originale, vuoi chi deve fare affidamento al simultaneista in quella mezza dozzina di lingue planetarie….chi ne segue un brandello per poi stufarsi, chi la metà e chi dall’inizio alla fine senza interruzioni (..) : sia quel che sia, si tratta di qualcosa con rari precedenti nella storia delle comunicazioni dirette tra governanti e governati, dove in genere i messaggi di Capodanno non superano i 10 minuti e quelli per le situazioni di calamità non ne raggiungono nemmeno la metà (mi si citi un caso analogo perché al momento non riesce a venirmi alla mente).
L’evento ha una magniloquenza obbligata……non può essere altrimenti, considerate le implicazioni geopolitiche su scala sconosciuta alle società europee sin dal secolo appena passato : per minuscolo che sia il territorio effettivo delle repubbliche in guerra, rappresenta potenzialmente l’innesco di un effetto domino (ve n’è una mezza dozzina di varianti diverse e non mi sogno di poterli prevedere e descrivere) che – per analogia – riporterebbe il vecchio continente a date e manciate di anni seppellite nei libri di storia da una generazione. Semplicemente non si capisce quanto si possano tirare indietro le lancette : al 1989 ? O invece al 1939 ? O forse addirittura al 1914 ?! (tra le varianti).
Anche l’osservatore non preparato (ma attento), si rende conto che quei 60 minuti sono assai più che un discorso, sono molte cose intrecciate assieme.
Ragionando sul breve termine si può postulare che sia il sermone in una grande chiesa per preparare il popolo ad eventi bellici (o di peso equivalente a quello bellico) imminenti, se non direttamente pianificati perlomeno ragionevolmente previsti. Qualcun altro, un analista ambizioso del lungo termine o altri di impostazione più filosofica, potrebbe affermare che si tratta del “calcio di inizio”, o – per esprimersi con maggiore profondità – della sorgente di un nuovo flusso della realtà geopolitica per il secolo attualmente in corso : direzione e intensità e durata di questo flusso sono oggettivamente indefinibili al momento (in particolare all’esercito di analisti, professionali o amatoriali, che pretenderanno continuamente di conoscerne con precisione la prossima svolta). Un evento che idealmente e materialmente vorrebbe riportare la temperatura alla soglia critica raggiunta la quale le pareti della realtà iniziano a cambiare forma, sciogliersi per tornare ad un magma indecifrabile che ne genera di nuove. Il senso senso globale dell’ora di discorso al cospetto della nazione è questo, signori : un messaggio che va molto al di là della massa di informazioni specifiche sulla questione ucraina disseminate lungo la strada, di minuto in minuto….fondamentali per i tanti la cui forma mentis mira al concreto, ma che per il sottoscritto passano addirittura in secondo luogo.
A scanso di fronzoli e riflessioni suggestive, sento di dover dire a chi legge ed ascolta che dovrebbe comprendere almeno un fatto tra tutti (è sufficiente) : quell’ora di parole di fronte a uno schermo è un testamento. Si tratta del TESTAMENTO di uno statista (con tutto il bene o il male che si possa pensare del personaggio in questione), un manifesto che idealmente dovrebbe dettare la filosofia d’azione di uno stato più di quanto farebbe una costituzione stessa. Ha il medesimo valore che aveva la dottrina di Monroe (1823) a suo tempo : l’Ucraina stessa non è che un casus belli, una pedina di un meccanismo assai più vasto e instabile…..quello dell’arena delle superpotenze (“the great game”) nel quale si vorrebbe, idealmente, che la madre Russia facesse ritorno in qualche modo.
Questa è l’idea di fondo che travalica l’aspetto materiale della situazione. Idea che viene espressa, formulata, malgrado la complessità, in modo relativamente semplice, diretto……a disappunto di molti che l’han seguita con attenzione. Il caso ucraino in fondo non è che una frazione, concettualmente parlando, del lungo discorso presidenziale : la patata bollente del momento presente, la periferia minacciata, il caso del giorno insomma, ma da anch’esso da inquadrarsi e incastrarsi in un’omerica narrazione patriottica che parte da tanto lontano da renderne le premesse intricate (per l’utenza meno preparata).
Come spesso capita si parla di un determinato fatto per riferirsi in realtà ad un altro : si sfrutta un episodio occasionale per innescare una riflessione molto più generale. A mente fredda il messaggio di Putin riguarda solo marginalmente l’Ucraina e le sue repubbliche ora riconosciute: il vero e assoluto protagonista è la Russia stessa nel senso più ampio trasfigurato del termine storico (…), il suo presente, passato e futuro.
Questa affrontiamo allora, andando a quella premessa (prima ventina di minuti) di cui si parla.
(CONTINUA)
NB_tratto da facebook

Trump elogia Putin_ da RT

Non tutto è perduto. Intanto il quotiano ItaliaOggi riprende il dossier pubblicato dal periodico tedesco der spiegel nel quale sono pubblicati documenti desecretati che confermano l’impegno degli Stati Uniti a non allargare la NATO ai paesi dell’Europa Orientale. . Putin ha ragione!

Giuseppe Germinario

Trump elogia Putin

 

L’ex presidente degli Stati Uniti ha strappato la gestione della crisi ucraina da parte di Biden, definendo “geniale” la mossa russa del Donbass
Trump elogia Putin

L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha elogiato Vladimir Putin per la sua strategia nell’Ucraina orientale, sostenendo che il leader russo ha superato Joe Biden dichiarando stati sovrani le repubbliche separatiste di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR).

“Sono entrato ieri, c’era uno schermo televisivo e ho detto: ‘Questo è geniale'”, ha detto Trump al conduttore radiofonico Buck Sexton in un’intervista martedì. “Putin dichiara che gran parte dell’Ucraina – dell’Ucraina – Putin la dichiara indipendente”. Ha aggiunto sardonicamente: “Oh, è meraviglioso”.

Trump si riferiva all’annuncio di Putin lunedì secondo cui la Russia avrebbe immediatamente riconosciuto la sovranità della DPR e della LPR, che hanno dichiarato la loro indipendenza dopo il rovesciamento della leadership eletta dall’Ucraina sostenuta dagli Stati Uniti nel 2014. Il presidente russo ha seguito questa decisione ottenendo l’approvazione parlamentare martedì inviare forze russe nel Donbass come forze di pace per la DPR e la LPR. Tuttavia, in seguito ha chiarito che l’autorizzazione non significava che le truppe russe sarebbero state dispiegate immediatamente nelle repubbliche.

 

Gli Stati Uniti annullano i colloqui con la Russia

L’ex comandante in capo degli Stati Uniti ha affermato che una tale svolta degli eventi non si sarebbe mai verificata se fosse ancora in carica, accusando il suo predecessore di incompetenza e definendo “intelligente” la mossa russa del Donbass, inclusa la potenziale missione di mantenimento della pace di Mosca .

“Questa è la forza di pace più forte – potremmo usarla sul nostro confine meridionale”, ha scherzato Trump. “Questa è la forza di pace più forte che abbia mai visto. C’erano più carri armati di quanti ne abbia mai visti. Manterranno la pace bene”.

Biden martedì ha annunciato sanzioni economiche contro Mosca e il dispiegamento delle forze statunitensi nella regione baltica in risposta a quello che ha definito “l’inizio di un’invasione russa dell’Ucraina”. Trump ha affermato che la Russia sta essenzialmente conquistando il territorio senza gravi ripercussioni, il che, secondo lui, è dovuto al fatto che Putin è un “tipo esperto”.

“Ecco un ragazzo molto esperto, lo conosco molto bene…” ha detto Trump. “Ecco un tipo che dice: ‘Sai, dichiarerò una grande parte dell’Ucraina indipendente.’ Ha usato la parola “indipendente”. ‘E usciamo, entreremo e aiuteremo a mantenere la pace.'”

Devi dire che è abbastanza esperto. E sai qual è stata la risposta di Biden? Non c’è stata risposta. Non ne avevano una per quello. Ora, è molto triste.

Alla domanda di Sexton su come la strategia degli Stati Uniti sia andata fuori rotta rispetto all’Ucraina, Trump ha detto: “Ciò che è andato storto è stata un’elezione truccata, e ciò che è andato storto è un candidato che non dovrebbe essere lì e un uomo che non ha idea di cosa sia facendo.”

https://www.rt.com/russia/550312-trump-putin-savvy-donbass/

Putin, Biden e i miracolati d’Europa_con Antonio de Martini

MIRACOLI
Un nugolo di scarti di leva che non ha nemmeno assistito, non dico a una manovra, ma nemmeno alla sfilata del due giugno, si sta affannando a spiegare la rava e la fava di una serie di situazioni politico-militari frutto di una guerra di parole tra due imperialismi per nulla intenzionati a scontrarsi.
Politici di terza fila pensano di aver ottenuto opportunità insperate: la UE spera disvilupparsi per timore di Putin, proprio come nacque per timore di Stalin, ma la differenza la vedono tutti a occhio nudo.
Gli USA si illudono di aver compattato gli alleati ( fino alla prossima bolletta del gas) e fingono di non vedere che anche il fido Israele ha già assunto una posizione di equidistanza.
Putin é lieto di incorporare alcuni milioni di russi – anche per supplire al calo demografico di oltre quaranta milioni di abitanti della Russia previsto dai demografi entro il 2030 – e migliorare la bilancia dei pagamenti grazie alle sanzioni, nonché compattare I compatrioti dietro alla bandiera e tagliare i rapporti tra l’opposizione e gli occidentali.
Di Maio anticipa il sorriso pasquale facendo la faccia dolce dichiarandosi favorevole alla “ soluzione diplomatica piuttosto che la guerra”, soppiantando Catalano e Arbore nel cuore degli italiani.
Antonio Caprarica , richiamato dalla pensione e dai ricordi di Lady Diana di cui é sommo esperto, per spiegare che la NATO ha una seria funzione e non deve dire “ si accomodi” a Putin. Ma é casa NATO l’Ucraina?
L’unico orfano di opportunità é Macron che tra due mesi dovrà presentarsi agli elettori per spiegare perché, all’interno, i gilet gialli lo hanno contestato e all’estero si é fatto ricusare in sequenza, da Putin e Biden coi quali voleva mediare, dai libanesi cui voleva spiegare come si crea una democrazia e dal Mali dove si era portato anche gli italiani per combattere il terrorismo.
Il fatto che, questo branco di beoti resta in sella a guidare i nostri destini, ha del miracoloso.
Solo Amadeus , imperturbabile, continua in TV a proporre di indovinare i legami di parentela tra i concorrenti. Mai che ci siano dei politici, magari quelli che hanno mandato i nostri ragazzi a combattere in Africa francese.
Forse perché sappiamo tutti di chi son figli_Antonio de Martini.

Intanto der spiegel e italia oggi puntualizzano e confermano quanto sostiene Putin

Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vvmthr-putin-biden-e-i-miracolati-deuropa-con-antonio-de-martini.html

 

IMPERO E ORDINE MONDIALE SECONDO JIANG SHIGONG

Con il progredire delle dinamiche multipolari si dovrà familiarizzare con i punti di vista di ideologi e protagonisti di altri mondi con i quali saremo sempre più in contatto. Ai sinologi si aggiungeranno i cinesi. Buona lettura_Giuseppe Germinario

IMPERO E ORDINE MONDIALE SECONDO JIANG SHIGONG

Non sappiamo abbastanza sulle dottrine della Cina di Xi Jinping. A partire da questa settimana, il grande continente lancia una nuova serie . Lo apriamo con questo enigmatico testo di Jiang Shigong.

AUTORE
DAVID OWNBY

COPERTINA
© XINHUA/LI XIANG

Jiang Shigong (nato nel 1967), professore di diritto all’Università di Pechino, è un eminente difensore del potere statale in Cina. Il suo lungo e importante saggio del 2018 definisce e difende il pensiero di Xi Jinping (“Filosofia e storia: interpretare l'”era di Xi Jinping” attraverso il rapporto di Xi al 19° Congresso Nazionale del PCC”) sarà presto tradotto integralmente e commentato… Sosteniamo che le ambiziose argomentazioni teoriche di Jiang mirano non solo a dare sostanza all’abbondante propaganda del pensiero di Xi Jinping, ma anche a servire come risposta muscolare e critica al pluralismo de facto che è cresciuto nel mondo del pensiero cinese sin dall’inizio dell’ascesa della Cina.

È probabile che le argomentazioni di Jiang convincano poche persone al di fuori della Cina, ma il suo testo è ponderato e rigoroso nei suoi tentativi di spiegare perché il “socialismo con caratteristiche cinesi” non è, a suo avviso, uno slogan vuoto, ma piuttosto una descrizione della politica cinese economia che sta attualmente aprendo la strada al dominio del mondo, visto il fallimento della democrazia liberale americana e del comunismo sovietico.

Il testo qui tradotto è una continuazione di alcuni dei precedenti saggi di Jiang in quanto suggerisce che un impero mondiale cinese è visibile all’orizzonte. L’argomento di base è abbastanza semplice: gli imperi sono sempre stati i mattoni degli ordini politici regionali, anche prima che l’ascesa dell’imperialismo rendesse possibile la costruzione di imperi globali. L’ascesa delle idee di sovranità e la formazione di stati nazione nel periodo moderno ha portato nuove sfaccettature alla costruzione e all’amministrazione dell’impero e ha fatto perdere a molti di vista la sua attuale importanza. Ma gli imperi non sono scomparsi, sono solo cambiati nella forma e nella funzione. Il saggio di Jiang si estende ampiamente nel tempo e nello spazio, e da lì sembra tentare di costruire una tipologia di imperi. Pensiamo che sia principalmente riempitivo, il che spiega anche la natura alquanto ripetitiva del testo. La cruda affermazione di Jiang è che l’impero – e in particolare l’impero mondiale, strutturato intorno ai mercati, alle valute e alla politica interna delle superpotenze mascherate da pratica legale universale – è uno stato inevitabile del mondo contemporaneo. Ed è il turno della Cina di guidare questo impero, dato lo stato attuale del Paese e del mondo. Nelle parole di Jiang: le valute e la politica interna delle superpotenze mascherate da pratica legale universale – è uno stato inevitabile del mondo contemporaneo. Ed è il turno della Cina di guidare questo impero, dato lo stato attuale del Paese e del mondo. Nelle parole di Jiang: le valute e la politica interna delle superpotenze mascherate da pratica legale universale – è uno stato inevitabile del mondo contemporaneo. Ed è il turno della Cina di guidare questo impero, dato lo stato attuale del Paese e del mondo. Nelle parole di Jiang:

“[Lo stato attuale dell’impero globale] deve affrontare tre grandi problemi intrattabili: la disuguaglianza sempre crescente creata dall’economia liberale; fallimento dello stato, declino politico e governo inefficace causato dal liberalismo politico; e la decadenza e il nichilismo creati dal liberalismo culturale. Di fronte a queste difficoltà, anche gli Stati Uniti si sono ritirati in termini di strategia militare globale, il che significa che l’impero mondiale 1.0 sta affrontando una grande crisi e le rivolte, le resistenze e le rivoluzioni interne all’impero stanno disfacendo il sistema . »

Jiang Shigong, “La logica interna delle entità politiche sovradimensionate: impero e ordine mondiale”

强世功, “超大型政治实体的内在逻辑:’帝国’与世界秩序”, originariamente pubblicato in 文化纵横, 2019.4 e disponibile online qui: http://www.aisixiang.com/data/ 115799.html

Una questione importante oggi nel regno del pensiero politico è l’enorme divario nel discorso mainstream tra l'”espressione” teorica di una nazione sovrana e la pratica politica universale degli imperi. Questo divario tra teoria e pratica ci porta a riflettere sul sistema concettuale dello “stato-nazione”, e quindi a utilizzare il concetto di “impero” per arrivare a una nuova comprensione della storia e della vita politica contemporanea. .

A differenza del concetto di “impero” usato nel discorso ideologico tradizionale, lo uso, in questo saggio, come concetto sociologico descrittivo per caratterizzare sistemi politici molto ampi che sono esistiti universalmente nel corso della storia. Questi sistemi hanno una complessa stabilità interna che dipende da una pluralità di attori, nonché una volontà filosofica, intellettuale e politica di stabilire una sorta di universalismo, o in altre parole, un desiderio di universalizzare la propria forma e occupare uno spazio ancora più ampio . In questo senso, “impero” è una forma di organizzazione storica attraverso la quale l’umanità ha cercato di gestire l’universalismo e la particolarità, nonché una forza trainante per lo sviluppo e il cambiamento.

In effetti, la costruzione di imperi e la competizione tra imperi è ciò che ha allontanato l’umanità dalle civiltà locali e disperse verso la civiltà globale di oggi, in un contesto di globalizzazione. . La storia del mondo è sia una storia di imperi in competizione per l’egemonia, sia una storia dell’evoluzione di forme di impero. Attualmente, il mondo si trova in un momento storico cruciale nello sviluppo e nell’evoluzione dell'”impero mondiale”. Solo partendo dalla prospettiva dell’impero e comprendendo le diverse forme che gli imperi hanno assunto nel corso della storia, possiamo trascendere l’ideologia dello stato-nazione sovrano e comprendere il ruolo che la Cina di oggi gioca nell’evoluzione storica dell’impero mondiale, e tracciare così una rotta per il futuro della Cina.

Il paradosso del discorso “sovrano” e della “pratica” imperiale

L’idea di sovranità è al centro della teoria politica contemporanea. Nella vasta genealogia del pensiero politico occidentale, tutti i movimenti intellettuali della storia del pensiero moderno, dal Rinascimento alla Riforma, dalla rivoluzione scientifica all’Illuminismo, hanno avanzato la costruzione e l’approfondimento della teoria della sovranità, e dei concetti dalle scienze sociali che hanno contribuito alla costruzione della teoria dello stato-nazione sovrano costituiscono ancora oggi le nostre categorie accademiche ed epistemologiche di base.

Dalla fine del periodo Qing, anche il mondo intellettuale cinese ha vissuto una profonda trasformazione intellettuale, attraverso la quale ha iniziato a costruire e immaginare l’ordine politico mondiale sulla base del pensiero politico occidentale moderno e contemporaneo. La visione ideale di questo ordine mondiale è quello che chiamiamo il “sistema della Westfalia”, in cui tutte le “nazioni civilizzate” partecipano alla costruzione dell’ordine mondiale su un piano di parità come Stati sovrani. La Società delle Nazioni, emersa dalla prima guerra mondiale, e le Nazioni Unite, emerse dalla seconda guerra mondiale, sono state spesso considerate i modelli di questo ordine mondiale. In questo quadro, ogni volta che riflettiamo sull’ordine politico, iniziamo inevitabilmente con idee come stati-nazione sovrani e società internazionale, “preoccupazioni interne” e “paesi stranieri”, che creano il nazionalismo e l’internazionalismo come ideologie politiche fondamentali.

Non molto tempo fa, la Nuova Sinistra Cinese, la maggior parte dei quali, come Jiang, sono statisti fedeli, ha fatto della sovranità uno dei suoi principi guida (per un esempio tra tanti, vedi Wang Hui, “The Economy of a Rising China and its Contradictions” ). Naturalmente, Jiang non sta denunciando la sovranità, anche se suggerisce, ammiccando, che il discorso sullo stato-nazione è un gioco di prestigio. Ma non riesce nemmeno ad affrontare l’apparente contraddizione tra impero e sovranità nazionale, e non è chiaro dove si inserisca la sua argomentazione nella rete contemporanea della propaganda politica e del sogno cinese. Come scrive l’anonimo autore del blog “The Credible Target”: “La prosa di Jiang è un po’ accademica e imprecisa; richiede un po’ di riempimento tra le righe. Ciò è in parte dovuto al fatto che l’affermazione “Sostituiamo l’impero americano con un impero cinese che assomigli a questo” potrebbe attirare un’attenzione inutile. Forse potremmo leggere la teoria dell’impero di Jiang come un pallone di prova?

Eppure, se lo affrontiamo, questo ordine internazionale che esiste in astratto, sulla carta, è davvero l’ordine internazionale che troviamo nel nostro tempo? L’ordine internazionale è davvero costruito da stati-nazione sovrani uguali? Tornando al regno reale della pratica politica internazionale, quanti dei circa 200 paesi oggi riconosciuti come stati-nazione sovrani possiedono effettivamente la sovranità completa? La sovranità di quanti stati si è trasformata in una potente influenza “imperiale”? E quanti stati sono semplicemente “dipendenze”, “aree di confine imperiali” o “province” di questi imperi?

In termini di norme legali, e nella mente di molte persone, l’ordine mondiale è sostenuto da leggi internazionali, che sono a loro volta determinate da stati nazionali sovrani. Ma nella pratica politica, l’ordine mondiale ha sempre operato secondo la logica imperiale. Alcuni paesi, come la Germania e il Giappone del dopoguerra, non furono costruiti come stati-nazione pienamente sovrani, anche in senso giuridico, perché le loro costituzioni non erano basate su principi di sovranità, ma piuttosto sui principi della pace internazionale e legge. L’origine di questa categoria di “stato-nazione semi-sovrano” risiede nello status di perdente di Germania e Giappone nella competizione egemonica degli imperi. Ci sono anche altri paesi che, pur possedendo una sovranità completa e indipendente in senso giuridico, in pratica vide la loro sovranità assorbita in un più ampio sistema imperiale. Alcuni di questi sistemi sovra-imperiali furono costruiti sulla base del diritto internazionale, come il Commonwealth, l’Alleanza del Nord o l’Unione Europea.

E alcuni paesi, pur essendo pienamente sovrani, possono anche scavalcare il diritto internazionale con il loro diritto nazionale, o estendere il loro diritto nazionale ad altri paesi sovrani, come nel caso degli Stati Uniti quando combattono la corruzione all’estero con la loro “giurisdizione del braccio lungo” e sanzioni economiche, per non parlare delle “rivoluzioni colorate” che hanno apertamente sanzionato e organizzato. In effetti, le discussioni su concetti come “egemonia”, “Terzo mondo”, “relazioni nord-sud”, “multipolarità” e “nuovo ordine politico ed economico internazionale” nel campo delle relazioni relazioni internazionali sono tutte questioni di impero .

Da questo punto di vista, la storia dell’umanità è certamente la storia della competizione per l’egemonia imperiale, la storia di una feroce competizione tra imperi che spinse via via la forma degli imperi dalla loro natura locale originaria all’andamento attuale degli imperi mondiali, e infine a un impero mondiale. La globalizzazione odierna è sia il prodotto della concorrenza imperiale che una particolare forma di impero.

Quando guardiamo alla storia dell’umanità, l’impero è sempre stato l’attore principale in termini politici, mentre lo stato-nazione sovrano è una cosa nuova, un prodotto della modernità. Inoltre, le attività politiche degli stati-nazione sovrani sono spesso garantite dall’ordine imperiale, e potremmo dire che l’ordine degli stati-nazione sovrani è un’espressione particolare dell’ordine imperiale. Se mettiamo da parte le nozioni di concorrenza imperiale e di costruzione del nuovo ordine imperiale, non possiamo nemmeno comprendere il concetto di Stato-nazione sovrano. Questo è il motivo per cui dobbiamo riesaminare la storia dal punto di vista dell’impero e ripensare la costruzione di stati-nazione sovrani dal punto di vista della costruzione dell’ordine imperiale.

L’età assiale nella civiltà umana: la formazione di imperi di civiltà regionali

L’impero è soprattutto un concetto intellettuale universale che si estende al mondo intero, e quindi una forma di pratica politica che cerca di imporre una certa armonia nel mondo. C’è sempre stata una grande tensione interna tra idea e pratica: i concetti imperiali sono universali, ma la pratica imperiale è spesso confinata in un tempo e in uno spazio particolari. Questa tensione spiega l’ascesa e la caduta degli imperi, la sostituzione di un impero con un altro.

Le origini della civiltà umana sono sparse in tutto il mondo, nelle regioni che meglio soddisfacevano i bisogni dei primi umani. Le regioni montuose non erano adatte alla sopravvivenza umana e la vita ai tropici era troppo facile, il che minò la forza dello sviluppo della civiltà. Quindi sono state le regioni temperate a insegnare alle persone a sostenere la vita attraverso il lavoro continuo e l’innovazione. Per questo motivo la civiltà umana si è diffusa nelle vaste regioni temperate del pianeta.

Queste diverse civiltà hanno continuato a progredire e alla fine hanno superato i loro confini geografici originali, il che ha dato origine a scambi, competizioni e persino lotte tra le civiltà per la loro sopravvivenza. La storia dello sviluppo della civiltà umana ha seguito continuamente questo processo di evoluzione da piccole comunità locali a gruppi sempre più grandi. In questo processo, le diverse civiltà hanno costantemente imparato l’una dall’altra e si sono mescolate, ma allo stesso tempo è stato un processo di conflitto e conquista, sfida e risposta e annessione.

Se prendiamo “paesi omogenei” e “paesi plurale” come due tipi ideali di ordine politico nell’evoluzione della storia della civiltà, allora la storia dell’umanità è il processo di costante interazione e dialettica tra lo “stato” e l'”impero ”, il che significa che troviamo sia la formazione di imperi plurali mediante la conquista militare di una nazione omogenea da parte di un’altra, sia formazioni imperiali che sono diventate stati-nazione omogenei attraverso un lungo processo di assimilazione e integrazione di un ordine imperiale plurale, dopo di che questo stato omogeneo intraprenderà la strada della costruzione di un nuovo impero.

Per questo le distinzioni tra stato-nazione e impero nella pratica politica attuale sono sempre state relative, dinamiche e continue. In questo senso, impero non è solo un sostantivo usato per descrivere in pratica un ordine plurale, ma ha sempre funzionato anche come verbo che descrive un processo dinamico di “unificazione”[2].

Dal punto di vista dell’“impero”, il primo stadio della storia della civiltà umana è stato il processo attraverso il quale le civiltà di tutto il pianeta si sono evolute attraverso l’interazione dialettica delle due forme politiche che sono lo Stato e l’impero, unendosi infine per formare imperi locali con confini geografici stabili. La coscienza imperiale universalista maturò proprio in questi imperi geograficamente estesi, abbastanza completi e stabili. Quella che chiamiamo “l’età assiale” della storia umana era caratterizzata da tale coscienza imperiale: l’impero non era più una mera questione di conquista economica o di costruzione politica, ma divenne un ordine di civiltà universale. Possiamo chiamare questa forma di impero, con il suo spazio geografico relativamente stabile e la sua omogeneità di civiltà relativamente continua”, l’impero di civiltà regionale. ”

Per prendere l’esempio della Cina, all’inizio della civiltà, le comunità sono apparse e si sono sviluppate fino a diventare come “stelle nel cielo”, e dopo aver attraversato infinite interazioni e integrazioni, alla fine si sono unite per formare tribù separate o federazioni tribali, che potremmo chiamare imperi locali. Attraverso la costante concorrenza, questi imperi locali instabili alla fine divennero l’impero regionale di Xia, Shang e Zhou, i nove stati si stabilirono stabilmente nelle pianure centrali. Questo impero Xia-Shang-Zhou divenne un sistema politico, rituale e di civiltà stabile solo dopo che il pensiero confuciano gli diede un’espressione filosofica universale. Le successive costruzioni imperiali dei periodi Qin-Han, Sui-Tang e Ming-Qing furono il rinnovamento della civiltà di questo modello fondamentale.

Questo è un riferimento al libro dell’archeologo cinese Su Bingqi 苏秉琦, Stars Filling the Sky: Su Bingqi on Primitive China 满天星斗: 苏秉琦论远古中国, citato da Zhao Tingyang赵汀阳 nelle sue argomentazioni sull’ordine mondiale cinese. Vedere: http://www.xinhuanet.com/local/2017-01/02/c_129428651.htm .

Halford Mackinder (1861-1947), specialista in geopolitica, conosceva bene le basi geografiche e di civiltà degli imperi regionali. Da un punto di vista macrospaziale divideva l’intero continente eurasiatico in un nucleo centrale, [storicamente rappresentato dall’impero russo] caratterizzato da prati e pascoli, e zone periferiche, caratterizzate da fiumi, pianure e agricoltura.

Halford Mackinder era un geografo britannico che introdusse la sua “teoria Heartland” in un articolo intitolato “The Geographical Pivot of History”, presentato alla Royal Geographical Association nel 1904. La sua teoria divide il mondo in tre regioni: l’isola del mondo, le isole esterne e isole al largo. L’isola mondiale comprende l’Europa, l’Asia e l’Africa, e quindi domina in termini di popolazione e risorse. Le isole al largo includono il Giappone e la Gran Bretagna. Le isole periferiche includevano le Americhe e l’Australia. Mackinder ha sottolineato l’importanza dell’Europa orientale, una regione che ha fornito una porta per il controllo del cuore dell’Heartland, in parte per avvertire la Gran Bretagna che la sua storica dipendenza dalla potenza marittima potrebbe avere dei limiti. Vederehttps://www.worldatlas.com/articles/what-is-the-heartland-theory.html . Jiang Shigong sembra qui adattare le teorie di Mackinder alle esigenze della sua dimostrazione.

Nelle regioni centrali, lo stile di vita nomade e arretrato era la principale forma di civiltà, mentre le regioni periferiche erano divise in quattro zone di civiltà relativamente avanzate, dove predominavano l’agricoltura e il commercio: le regioni della civiltà confuciana cinese, della civiltà indù dell’Asia meridionale , della civiltà arabo-islamica e della civiltà cristiana europea. Possiamo considerare queste cinque civiltà eurasiatiche regionali come cinque imperi regionali relativamente stabili. Questi imperi basavano la loro coerenza sugli elementi naturali del loro ambiente geografico nonché su alcuni elementi spirituali di natura filosofica o teocratica. In un lunghissimo periodo storico, poiché incarnazioni specifiche di imperi locali sono aumentate e cadute, questi cinque imperi di civiltà regionali hanno raggiunto una relativa stabilità nella loro regione. Ancora oggi, migliaia di anni dopo la loro fondazione, questi cinque imperi di civiltà regionali continuano a mantenere una relativa stabilità in termini di spazio geografico e caratteristiche, il che testimonia la tenacia degli imperi di civiltà regionali.

Per coloro interessati a ulteriori commenti o al contesto delle idee di Jiang e/o cinesi sull’impero, vedere “Credible Target” che offre un’analisi e una traduzione parziale; così come un prossimo articolo di Leigh Jenco e Jonathan Chappell in The Journal of Asian Studies, “Imperialism in Chinese Eyes: Nations, Empires, and State-Building”.

L’ascesa degli imperi coloniali globali: la competizione globale tra imperi continentali e imperi marittimi

Nella prima fase della storia degli imperi, i cinque imperi di civiltà regionali erano tutti situati sulla massa continentale eurasiatica e tutti erano imperi continentali. Dal punto di vista della rispettiva ubicazione dei cinque imperi, i quattro imperi periferici avevano, rispetto all’impero delle steppe, importanti vantaggi di civiltà, mentre quest’ultimo, situato nelle regioni montuose, era meno avanzato perché più legato al nomadismo . Ma questo impero possedeva anche alcuni vantaggi strategici geograficamente e rappresentava ancora una minaccia per i quattro grandi imperi di civiltà periferici. Questo è stato particolarmente il caso della civiltà cristiana occidentale, che era continuamente sotto pressione dalla civiltà islamica orientale e dalla civiltà delle steppe.

Il motivo per cui l’impero islamico poteva rappresentare una minaccia per l’impero cristiano non era solo dovuto alla sua superiorità in termini religiosi e militari, ma anche, e soprattutto, al fatto che monopolizzava il commercio marittimo con la civiltà  dell’est che gli assicurava grandi quantità di risorse e ricchezza. Fu in questo contesto di concorrenza che l’Impero cristiano fu infine costretto a imbarcarsi nell’Oceano Atlantico, nel tentativo di individuare una rotta marittima che gli aprisse il commercio con l’Impero cinese. Cristoforo Colombo stava cercando una Via della Seta marittima per sostituire la rotta terrestre, che era stata distrutta dall’Impero della Steppa che avrebbe sfidato il monopolio della civiltà islamica sul commercio con l’Oriente.

Quando l’impero cristiano fu costretto a salpare, la prima pagina nella storia degli imperi mondiali fu voltata. Da un lato, l’impero cristiano “scoprì” e conquistò l’America, nonché territori e civiltà fino ad allora sconosciuti, come l’Africa meridionale e persino l’Oceania, appropriandosi di risorse fino ad allora sconosciute. D’altra parte, queste grandi scoperte geografiche portarono all’emergere di “imperi coloniali globali” come una nuova forma di impero, il che significa che l’impero cristiano un tempo unito iniziò a dividersi in nuovi imperi coloniali basati su stati nazione sovrani di nuova formazione.

La competizione tra questi imperi coloniali ha portato la civiltà cristiana a essere la prima a compiere la transizione verso la civiltà moderna, il che ha conferito agli imperi coloniali occidentali una schiacciante superiorità rispetto ai tradizionali imperi di civiltà orientali. Successivamente, la storia del mondo entrò nella fase della dominazione imperiale occidentale. Le grandi scoperte geografiche portarono la civiltà cristiana occidentale a trarre ispirazione dalle civiltà orientali e ad assorbire non solo le pratiche avanzate dell’astronomia orientale, della matematica, della geografia, della navigazione e della costruzione navale, ma anche ad essere influenzata dall’umanesimo e dal razionalismo della civiltà cinese. Eppure, la scoperta di popoli e civiltà diverse durante il processo di globalizzazione ha indebolito la singolare visione del mondo che si trova nella Bibbia cristiana. Ciò portò all’ascesa della razionalità, dell’umanesimo e della scienza in Occidente, e quindi alla disintegrazione dell’impero cristiano tradizionale.

L’era delle scoperte portò la competizione interna all’impero cristiano, con ogni regno o nazione che combatteva contro l’altro. Questa competizione interna ha anche stimolato il processo di razionalizzazione generale della civiltà occidentale, con ogni regno che cercava di lasciarsi alle spalle l’impero cristiano e iniziare la transizione verso un moderno stato-nazione sovrano. Questo processo ha portato alla creazione di un nuovo modello politico, inteso nei termini della moderna teoria politica occidentale come quello basato sul singolo cittadino e sui suoi diritti, con un contratto sociale che lega i diritti dei cittadini alla costruzione dello stato.-nazione sovrana omogenea. Lo stesso processo ha portato all’ordine vestfaliano che governa le relazioni tra i vari stati-nazione sovrani.

Da ciò nacque il confronto, nella teoria politica, tra stati-nazione sovrani e imperi come forme politiche, secondo cui gli antichi imperi regionali (come l’impero cinese, l’impero indiano, l’impero ottomano, l’impero russo, ecc.) erano considerati una forma politica tradizionale obsoleta, mentre solo gli stati-nazione sovrani europei rappresentavano la forma politica moderna del futuro.

Ma i nuovi stati-nazione sovrani europei, impegnandosi nella colonizzazione d’oltremare e costruendo i loro imperi coloniali, costruirono anche un nuovo sistema imperiale. A differenza degli imperi tradizionali delle civiltà regionali, che amministravano i territori appena conquistati come parte del loro impero, gli imperi coloniali crearono un nuovo modello imperiale coloniale in cui gli stati-nazione sovrani erano distinti dalle colonie e le distinzioni di status erano divise, applicate a tutti. La colonia faceva parte dell’impero solo nella misura in cui fungeva da fornitore di risorse naturali e da fonte di profitto per lo stato-nazione sovrano. Lo stato-nazione nel cuore dell’impero praticava la politica repubblicana, mentre nella periferia coloniale dell’impero, la politica era apertamente autoritaria; queste sono le due facce dell’impero coloniale. Pertanto, la competizione tra imperi europei non fu solo una lotta per il territorio europeo, ma soprattutto una lotta per ottenere o ridistribuire colonie d’oltremare.

Dal Trattato di Westfalia al Trattato di Utrecht, il sistema di diritto internazionale tra i moderni stati-nazione sovrani è infatti il ​​prodotto della competizione – e del raggiungimento di equilibri temporanei – tra gli imperi coloniali, che riposavano tutti, in un in larga misura, sulla competizione per l’ottenimento e la ridistribuzione delle colonie.

Se ci chiediamo “come gli imperi europei siano arrivati ​​a dominare il mondo”, una parte significativa della risposta risiede nel moderno sistema degli stati-nazione al centro di queste civiltà imperiali. È proprio la decisione dei vari popoli europei di abbandonare la forma dell’impero tradizionale della civiltà cristiana, nonché i vincoli che una volta avevano rappresentato religione e moralità, per concentrarsi sulla libertà individuale e sulla costruzione del moderno Stato-nazione sistema, che creò in questi paesi un nuovo stile di vita e grandi forze economiche, politiche e culturali, che a loro volta fondarono continuamente colonie in tutto il mondo, creando così una nuova forma di impero.

Si potrebbe dire che gli stati nazionali occidentali hanno costruito nuovi imperi nello stesso momento in cui hanno abbandonato quelli vecchi e che questi nuovi imperi contenevano non solo colonie, ma anche un sistema di diritto internazionale. La forma imperiale del tutto nuova combinava così diritto coloniale, diritto nazionale e diritto internazionale, una forma composita con due facce, da un lato gli stati-nazione, dall’altro le colonie. Il prerequisito per la costruzione del sistema vestfaliano di stati nazione sovrani è sempre stato il sistema coloniale globalizzato. Solo gli stati che avevano acquisito il potere attraverso la lotta per gli imperi coloniali avevano il diritto di entrare nel sistema degli stati nazionali sovrani. Solo perché le potenze europee potevano sviluppare a piacimento imperi coloniali nei “nuovi territori” messi a disposizione dalle scoperte che potevano essere mantenuti i fragili equilibri di potere del sistema vestfaliano. Tuttavia, alla fine del XIX secolo, con la fine del periodo delle grandi scoperte, la lotta tra le potenze coloniali europee per l’egemonia mondiale portò allo scoppio della prima guerra mondiale, che accelerò la fine del sistema dell’imperialismo coloniale , così come la disintegrazione del sistema eurocentrico della Westfalia.

Se confrontiamo il tradizionale impero di civiltà regionale con il moderno impero coloniale globale, scopriamo enormi differenze nella forma.

Primo, mentre gli imperi regionali di civiltà sono sorti e caduti, si sono espansi e si sono contratti, hanno più o meno mantenuto una presenza regionale stabile; d’altra parte, i tentacoli dei nuovi imperi coloniali hanno ampiamente superato lo spazio geografico dell’Europa e si sono diffusi in tutti i continenti del mondo. Il loro potere non trovò nulla che potesse resistergli nelle Americhe, in Africa, in Oceania o anche nell’antica Asia, dando origine a un impero globale in termini di spazio geografico.

In secondo luogo, quando gli imperi di civiltà regionali conquistarono altri, spesso cercarono di sviluppare la civiltà, creando “unità” e “pace” nella regione; in confronto, gli imperi coloniali globali fin dall’inizio hanno fatto del commercio e dello scambio il loro principale obiettivo, e quindi le regioni che hanno conquistato non erano territori da governare, ma piuttosto colonie destinate a fornire materie prime, schiavi e mercati di esportazione alla madrepatria. Ecco perché le colonie e il sistema di schiavitù erano le due caratteristiche fondamentali degli imperi coloniali. In effetti, uno dei motivi importanti per cui l’impero cristiano poteva facilmente trasformarsi in un impero coloniale era che, dall’epoca degli imperi greco e romano, il commercio e il commercio avevano dato origine a un duraturo sistema di schiavitù.

In terzo luogo, gli imperi di civiltà regionali hanno sviluppato sistemi di governo ragionevolmente uniformi internamente e hanno utilizzato sistemi di governo diversi solo nelle aree locali alla periferia; al contrario, gli imperi coloniali globali fin dall’inizio hanno visto le colonie come semplici fonti di profitto economico, il che ha portato al moderno sistema imperialista in cui esiste una rigida separazione tra lo stato-nazione sovrano centrale e le colonie periferiche. In termini di regimi costituzionali, gli stati nazione sovrani europei e gli imperi colonizzati esistevano in due mondi legali completamente diversi.

In quarto luogo, le caratteristiche speciali degli imperi di civiltà regionali promuovevano l’armonia etnica all’interno della regione e della civiltà, così che anche se c’erano problemi etnici in questo tipo di imperi di civiltà, l’etnia non diventava un ostacolo alla costruzione di imperi; d’altra parte, se gli imperi coloniali globali hanno realizzato la loro espansione in nome della civiltà (contro la barbarie) – perché gli imperi coloniali fin dall’inizio hanno mantenuto rigide divisioni tra lo stato-nazione metropolitano e la colonia periferica, nonché corrispondenti differenze nello stato di cittadinanza – le norme di civiltà degli imperi coloniali hanno sempre contenuto elementi di razzismo. Per questa ragione, gli imperi coloniali non solo non sono riusciti a promuovere l’armonia razziale, ma hanno invece generato odio razziale e massacri senza precedenti. L’eredità creata dagli imperi coloniali rimane difficile da sradicare fino ad oggi.

L’ascesa degli imperi coloniali europei fu senza dubbio la seconda trasformazione nella storia dell’impero nell’umanità, e questo processo fu fin dall’inizio legato alle scoperte marittime, il che fece sì che i primi paesi a prendere il mare furono anche i primi a stabilirsi oltremare colonie e costruire imperi coloniali. Di conseguenza, la storia dell’ascesa e della caduta degli imperi coloniali europei prese la forma della storia della conquista dei mari, della padronanza della navigazione, dell’insediamento di colonie e della competizione per le colonie. Spagna e Portogallo hanno aperto la strada espandendo le esplorazioni marittime e stabilendo imperi coloniali d’oltremare, e questi paesi facevano affidamento sull’ortodossia dell’impero europeo per stabilire la legittimità degli imperi coloniali globali costruiti in questi territori appena scoperti.

Quando la successiva ondata di potenze, rappresentata da Olanda, Inghilterra e Francia, iniziò a competere per le colonie, l’impero europeo affrontò sfide alla loro legittimità. Infatti, la Riforma promossa da Olanda, Inghilterra e Francia era in realtà diretta contro la Spagna, il Portogallo e il contesto europeo medievale che li sosteneva. Questa situazione diede origine a una spaccatura nell’impero cristiano tra il gruppo cattolico tradizionale e il nuovo gruppo protestante, che finì per vincere.

A causa delle differenze tra le condizioni continentali e marittime, i paesi europei, nel processo di competizione per l’egemonia nella loro costruzione di imperi coloniali, svilupparono gradualmente due tipi di governo statale e coloniale: l’impero marittimo e l’impero continentale. Paesi protestanti come l’Olanda e l’Inghilterra hanno sviluppato imperi marittimi basati sul commercio globale. A livello nazionale praticavano il repubblicanesimo e, in termini di governo coloniale, facevano tutto il possibile per praticare il libero scambio e il commercio in condizioni di sovranità. Al contrario, i primi colonizzatori, come Portogallo e Spagna, così come i successivi arrivati ​​come Francia, Germania e Russia, per lo più ereditò lo stile di governo continentale-imperiale associato all’impero greco e romano e all’impero cristiano. A casa praticavano l’autocrazia e, in termini di governo coloniale, praticavano una forma autocratica di saccheggio.

Questo ci dice che le dicotomie ideologiche del pensiero europeo moderno tra repubblicanesimo e autocrazia, commercio e territorio, libertà e dispotismo, hanno in realtà le loro origini nelle dicotomie dei tipi di governo impiegati dagli imperi marittimo e continentale. Questi due diversi tipi di governo, nati dai diversi problemi affrontati dagli imperi continentale e marittimo, hanno influenzato profondamente la situazione mondiale durante la Guerra Fredda e anche dopo.

L’ascesa degli imperi coloniali accelerò la concorrenza tra gli imperi e l’intensificarsi dei conflitti imperiali accelerò anche l’arrivo delle moderne rivoluzioni nella tecnologia e nel pensiero, determinando così il passaggio dalla tradizione alla modernità. In una certa misura, questa competizione coloniale che si sta svolgendo sulla scena mondiale è stata una competizione tra gli imperi coloniali europei, ma allo stesso tempo, con la diffusione della cultura europea moderna nel mondo, altri imperi tradizionali sono stati incitati a studiare l’Occidente e, come le loro stesse riforme sono progredite, hanno anche partecipato al concorso.

Fu in questo contesto che gli imperi tedesco e zarista iniziarono a sviluppare i loro imperi coloniali e si trovarono coinvolti nella lotta globale. Allo stesso modo, il Giappone, situato ai margini dell’impero cinese, è stato il primo a “lasciare l’Asia per l’Europa” e ad abbracciare il mondo marittimo, affermandosi come potenza coloniale ed entrando nella competizione globale. Le due guerre mondiali furono teatro di una sanguinosa lotta tra tutti gli imperi coloniali del mondo per costruire quello che chiamarono un “impero mondiale egemonico unico”.

Jiang si riferisce qui a un editoriale pubblicato nel 1885 sul quotidiano giapponese Jiji shimpo, e probabilmente scritto da Fukuzawa Yukichi, che suggeriva che il Giappone avrebbe dovuto “lasciare l’Asia”脱亚 e unirsi al mondo occidentale.

“World Empire” 1.0: Dall’Inghilterra agli Stati Uniti

A cavallo del 20° secolo, a seguito di una competizione sempre più intensa tra imperi, la forma dell’impero cambiò nuovamente. Innanzitutto, nella competizione tra i tanti imperi mondiali, è apparso un “impero mondiale”, con colonie in tutto il pianeta, in grado di dirigere il commercio e gli scambi mondiali nonché di regolare gli equilibri di forze tra i tanti imperi europei. Questo è l’Impero Britannico dell’era della Westfalia, su cui “il sole non tramonta mai”. Inoltre, il modello di governo imperiale all’interno di questo impero globale si è costantemente evoluto; non più contenti del mero saccheggio coloniale, gli imperi globali si sono invece concentrati sul controllo del polso delle economie coloniali dominando la scienza, la tecnologia e la finanza.

Eppure è proprio questo nuovo modello di governo imperiale che ha portato gli imperi a concedere alle loro colonie livelli sempre più elevati di autonomia e sovranità, creando così una tendenza all’integrazione coloniale con le madri. Fu in questo contesto che si sviluppò il Commonwealth britannico. L’emergere di questo nuovo tipo di governo imperiale ha causato molti dibattiti tra colonie e imperi riguardo a “vecchi imperi” contro “nuovi”, “imperi coloniali” contro “imperi liberi” e “colonialismo” contro “imperialismo”.

Proprio come nella critica politica all'”imperialismo” di Hobson e Lenin, gli imperi coloniali tradizionali vennero chiamati “colonialisti”, mentre la nozione di “imperialismo” venne usata solo per riferirsi alla nuova forma di impero mondiale della Gran Bretagna , quello che potremmo chiamare colonialismo senza colonie. L’emergere di questa nuova forma di impero significava che l’espansione imperiale non sarebbe stata più basata sull’occupazione dei territori, ma piuttosto sul dominio scientifico e tecnologico, sul controllo finanziario e sul diritto internazionale. Ciò è tanto più vero in quanto il diritto internazionale non è più il diritto internazionale condiviso dell’era imperiale, ma leggi private che sono penetrate nei territori degli affari, del commercio e della finanza, Da tutti i paesi. In questo senso, uno stato-nazione sovrano potrebbe erigere un “impero mondiale” semplicemente attraverso il controllo globale della scienza e della tecnologia, della valuta e del commercio. È il modello dell’impero mondiale costruito dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti.

Le due guerre mondiali portarono la costruzione dell’impero mondiale in una nuova fase storica. Le chiamiamo “Guerre Mondiali” non solo perché in esse erano coinvolte potenze di tutto il mondo, ma anche perché molti imperi coloniali globali stavano lottando con la costruzione di un “impero mondiale”. In effetti, le due facce della Guerra Fredda che si sviluppò dopo la seconda guerra mondiale riflettevano la competizione tra due modelli di “impero mondiale”: uno era il modello americano, che aveva ereditato il nuovo modello “imperialista” sviluppato dall’Impero Britannico a la fine del periodo; l’altro era il modello sovietico, un’alleanza politica stabile che si basava su una convinzione comune nel comunismo e nella direzione del Partito Comunista tra le repubbliche alleate. In termini ideologici, questi due tipi di impero mondiale erano chiamati “liberalismo/imperialismo” e “comunismo”, che in termini di valori si traducevano in “libertà” contro “uguaglianza”, ma in termini di tradizione imperiale riflettevano ancora la distinzione tra imperi marittimo e continentale, con l’impero marittimo che esercita il controllo attraverso il commercio e il commercio, e l’impero continentale attraverso la moralità comunitaria.

Abbiamo limitato la nostra comprensione dell’idea di “impero”, sia a ciò che immaginiamo potrebbe essere stato l’impero regionale di civiltà classico, sia alla nostra critica dei moderni imperi coloniali globali, inclusa l’emergere della nuova forma di “impero mondiale ”, e per questo abbiamo prestato poca attenzione alla particolarità di questa forma imperiale. L’impero sovietico è stato spesso criticato come un impero tradizionale, affamato di territorio e di egemonia, che ha portato a ignorare le differenze tra il modello sovietico e le idee tradizionali di impero, comprese le forti convinzioni nella rivoluzione e nella liberazione contenute nell’ideologia comunista, che ha portato a il desiderio di stabilire un unico impero globale.

Una questione importante nel regno del pensiero politico oggi è l’enorme divario nel discorso mainstream tra l'”espressione” teorica di una nazione sovrana e la pratica politica universale degli imperi. Questo divario tra teoria e pratica ci porta a riflettere sul sistema concettuale dello “stato-nazione”, e quindi a utilizzare il concetto di “impero” per arrivare a una nuova comprensione della storia e della vita politica contemporanea. .

E poiché l’impero globale costruito dagli inglesi e dagli americani era basato su una valuta e un sistema commerciale, oltre che su un sistema di trattati internazionali, le persone spesso ignoravano la novità di questa forma imperiale. Era facile vederlo come un impero in cui stati-nazione sovrani, su un piano di parità, entravano nel sistema internazionale in seguito ai movimenti di liberazione nazionale avvenuti con l’eclissi degli ex imperi coloniali. Consideriamo le Nazioni Unite solo come rappresentative di questo sistema internazionale di stati nazionali uguali e ignoriamo il fatto che le stesse Nazioni Unite sono state il risultato della costruzione di un impero globale, un luogo di lotta nella costruzione di imperi mondiali. Alla fine della Guerra Fredda, l’abbandono delle Nazioni Unite da parte degli Stati Uniti e il suo abbraccio all’unilateralismo dimostra pienamente che la costruzione dell’“impero mondiale” guidato dagli USA è completa; nel mondo di oggi, Cina e Russia si trovano all’interno del sistema dell'”impero mondiale” guidato dagli Stati Uniti. Il motivo per cui le sanzioni economiche statunitensi, basate sul diritto interno, possono ottenere i risultati che ottengono è che il mondo è stato organizzato per soddisfare le esigenze di questo unico “impero globale”. “impero globale” guidato dagli Stati Uniti.

Ecco perché, invece di intendere la fine della Guerra Fredda come la “fine della storia” da un punto di vista ideologico, è più corretto vederla dal punto di vista dell'”impero mondiale”. . La “globalizzazione” guidata dagli americani nell’era del dopo Guerra Fredda, sia in termini di idee che di strategia militare, promuove l'”imperializzazione” americana e la costruzione di un unico impero globale. Nel contesto occidentale, questo è stato spesso chiamato il “nuovo impero romano”.

D’ora in poi, nessun paese potrà esistere al di fuori di questo sistema di commercio mondiale con la sua libertà, il suo stato di diritto e la sua democrazia. Ogni paese, che gli piaccia o no, sarà necessariamente coinvolto nella costruzione di questo impero mondiale. Lo storico cinese Tong Tekong 唐德刚 (1920-2009) parlava spesso delle “tre gole della storia 历史三峡”, che in sostanza si riferisce anche al processo di “fine della storia” e “impero mondiale”. Potremmo dire che la globalizzazione che stiamo vivendo oggi è il “one world empire” 1.0, il modello di impero mondiale stabilito da Inghilterra e Stati Uniti. In futuro, ogni paese dovrà cercare il proprio modello di sviluppo all’interno di questo ordine mondiale di libertà, stato di diritto e democrazia imperiale.

Tong Tekong (1920-2009) è stato uno storico cinese-americano che ha insegnato alla Columbia University e alla City University di New York. Le sue “tre gole” si riferiscono alle ere feudali, imperiali e democratiche della Cina, nonché alle transizioni tra queste epoche.

Attualmente, l’America è sottoposta a forti pressioni per mantenere il suo impero globale, soprattutto a causa della resistenza russa e della concorrenza cinese. Ma dobbiamo riconoscere che questa competizione è una competizione che si svolge all’interno del sistema dell’impero mondiale, una lotta per conquistare la leadership economica e politica dopo la realizzazione dell'”impero mondiale”. In effetti, possiamo intenderla come una lotta per diventare il cuore dell’impero mondiale. Questa lotta potrebbe portare al collasso e alla disintegrazione del sistema imperiale mondiale, o a un cambiamento in chi detiene il potere supremo nell’impero mondiale, o anche alla ricostruzione del sistema dell’impero mondiale, ma ciò che  assolutamente non si riprodurrà, è un ritorno al periodo storico segnato dall’esistenza di imperi di civiltà regionali.

Anche se Huntington considerasse la situazione mondiale del dopo Guerra Fredda come uno “scontro di civiltà”, e anche se questi scontri di civiltà si sovrappongono in una certa misura alla distribuzione geografica degli imperi di civiltà regionali, non possiamo assolutamente confondere i due. . Quello che Huntington chiama “scontro di civiltà” è in realtà solo una rivolta contro l’impero mondiale dall’interno, che si svilupperà necessariamente nell’ambito dell’attuale sistema di “impero mondiale”, così come deve necessariamente svilupparsi all’interno della narrativa filosofica universalista di la “fine della storia” della tecnologia, del commercio e del commercio, della libertà e dello Stato di diritto. Per questo il mondo futuro può solo progredire e ricostruirsi su questa base, che non può essere completamente capovolta a meno che il mondo intero non ritorni all’impero globale costruito dal fondamentalismo islamico.

Conclusione

Dal ventesimo secolo, il destino inevitabile dell’umanità è stato quello di entrare nell’impero mondiale. Sia che la vediamo come una fonte di “pace eterna” o che manteniamo le nostre aspettative comuniste, e che critichiamo e/o deploriamo l’egemonia tecnologica, economica e politica, non possiamo sfuggire all’arrivo dell’era dell’impero mondiale. Se diciamo che le origini dell’impero mondiale possono essere ricondotte alla competizione tra gli imperi di civiltà regionali, allora l’attuale impero mondiale 1.0 è il modello dell’impero mondiale modellato dalla civiltà cristiana occidentale.

Questo modello deve affrontare tre grandi problemi intrattabili: la disuguaglianza sempre crescente creata dall’economia liberale; fallimento dello stato, declino politico e governo inefficace causato dal liberalismo politico; e la decadenza e il nichilismo creati dal liberalismo culturale. Di fronte a queste difficoltà, anche gli Stati Uniti si sono ritirati in termini di strategia militare globale, il che significa che l’impero mondiale 1.0 sta affrontando una grande crisi e le rivolte, la resistenza e la rivoluzione all’interno dell’impero stanno disfacendo il sistema.

L’ascesa dell’impero globale ha completamente cambiato le tradizionali distinzioni politiche e ideologiche tra sinistra e destra, tradizionalmente basate sulla politica interna, come si può chiaramente vedere nelle elezioni competitive negli Stati Uniti e in Europa. L’ala destra, che tradizionalmente difendeva il libero mercato, si è mossa verso il populismo, mentre l’ala sinistra ha cambiato discorso e ora difende gli interessi speciali della globalizzazione. Questo capovolgimento ideologico riflette perfettamente la crisi che l’impero mondiale sta affrontando oggi, poiché non esiste un programma politico in grado di risolvere i tre grandi problemi che l’impero mondiale deve affrontare.

Potremmo concludere che viviamo in un’epoca di enorme caos, conflitto e cambiamento in cui World Empire 1.0 è in declino e tende a crollare, mentre non siamo ancora in grado di immaginare World Empire 2.0. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che cambiare la forma dell’impero è un lungo processo storico. Le poche migliaia di anni di storia umana hanno visto solo tre grandi cambiamenti nella forma imperiale, e ognuno di questi cambiamenti è stato accompagnato da un grande conflitto e caos. Allo stesso tempo, non possiamo negare che queste epoche di transizione storica hanno anche creato l’opportunità per ogni civiltà di costruire un impero globale 2.0. La civiltà che è in grado di fornire soluzioni reali ai tre grandi problemi che devono affrontare World Empire 1.0 fornirà anche il progetto per l’impero mondiale 2.0.  In quanto grande potenza mondiale che deve guardare oltre i propri confini, la Cina deve considerare il proprio futuro, perché la sua missione importante non è solo quella di far rivivere la sua cultura tradizionale. La Cina deve anche assorbire pazientemente le capacità e le conquiste dell’umanità nel suo insieme, specialmente quelle impiegate dalla civiltà occidentale per costruire l’impero globale. Solo su questa base possiamo considerare la ricostruzione della civiltà cinese e la ricostruzione dell’ordine mondiale come un insieme che si rafforza a vicenda.

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/02/19/lempire-et-lordre-mondial-selon-jiang-shigong/?mc_cid=72b845a9d8&mc_eid=4c8205a2e9

Perché la crisi in Ucraina è colpa dell’Occidente, di John J. Mearsheimer

La scelta di Putin di riconoscere le repubbliche del Donbass e di Luhansk è la conferma del punto di svolta avvenuto con la presentazione della base di trattativa agli Stati Uniti e alla NATO; è un punto di non ritorno il cui carattere invalicabile è accentuato dal tono e dai contenuti del discorso di ieri. Con esso riconosce negli Stati Uniti e nella NATO i soli interlocutori credibili; delegittima storicamente lo stato ucraino, trattando per altro il governo Zerenski per quello che è: un fantoccio sorto da un vero e proprio colpo di stato portato a termine con provocazioni ormai collaudate a colpi di fucile ai danni di poliziotti e manifestanti ignari in piazza Maidan. La specificità dell’intervento sta nell’abbandono dell’impostazione realistica del tentativo di trattativa. Il riferimento al sangue e alle tradizioni della Russia sono il segnale di una sfiducia nelle possibilità di un accordo e della necessità di mobilitare anche emotivamente le proprie schiere. Nell’altro campo, in particolare quello statunitense, preoccupa soprattutto un aspetto: l’avventurismo e la ottusità delle recenti scelte derivano da una persistente illusione di dominio unipolare e dalle caratteristiche assunte dal confronto politico statunitense ridotto ad una faida tra centri decisionali e ad inerzie di apparati; non sono la scelta comunque consapevole di una presidenza in grado di controllare la propria amministrazione, ma l’esito di uno sbandamento nel quale trovano spazio colpi di mano e iniziative autonome di centri decisionali, accecati da furore ideologico e spinti dall’inerzia dei propri apparati e gruppi di interesse. Ne parleremo estesamente, lo abbiamo per altro più volte sottolineato e documentato, in altre occasioni. Negli Stati Uniti, per altro, non mancherebbero interlocutori autorevoli ed influenti portatori di un approccio più realistico e più disponibili quantomeno a riconoscere il carattere multipolare degli attuali rapporti geopolitici. L’articolo tradotto in calce ne è una espressione.

Quello che preoccupa in Europa, la vittima designata ed autolesionistica di queste dinamiche, è la assoluta mancanza di volontà di cogliere e di comprendere le possibilità quantomeno di condizionamento delle dinamiche dell’alleanza atlantica se non proprio di sganciarsi da essa. Ci sono alcuni positivi segnali contrari come la candidatura di Zemmour in Francia, non a caso sostenuta da tempo dalla componente trumpiana dell’agone politico americano. Una candidatura che, per le modalità con la quale è perseguita, rivela l’esistenza di gruppi e apparati tutt’altro che sprovveduti nel perseguire una politica di indipendenza ed autonomia strategica. E’ però troppo poco e soprattutto un fenomeno ancora isolato, nella sua organicità, nel contesto europeo. Non è un caso che i principali interlocutori sono cercati al di fuori del continente, così come avvenuto con de Gaulle sessanta anni fa. L’Italia è messa ancora peggio. L’avventura grillina e leghista hanno messo rapidamente a nudo la povertà culturale, l’opportunismo e l’improvvisazione, anche la manipolazione di un ceto politico abile a captare il momento favorevole. Non è però tempo, purtroppo, di costruire nuovi partiti e una parvenza di classe dirigente, tanto meno loro rimasticature dalla vita sempre più effimera. Gli intellettuali critici e lucidi che pur esistono dovrebbero fare in maniera organizzata e strutturata quello che sanno fare: costruire una cultura politica ed un retroterra sul quale coltivare nuove realtà politiche e partitiche. Niente di più, niente di meno.

La quasi totalità della classe dirigente europea non solo ha ignorato le finestre di opportunità, ma è stata parte attiva nel chiuderle. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. L’Europa si appresta a diventare un campo di battaglia altrui con una masnada di fanatici utili idioti, all’opera in Europa Orientale, pronti al sacrificio e con la restante miserabile classe dirigente che deve la sopravvivenza alla propria sudditanza culturale e di interessi. Nascosta e accecata dietro la retorica e il lirismo europeista; pronta quindi a salvare fariseicamente se stessa a discapito dei popoli e dei paesi che pretendono di rappresentare. Buona lettura_Giuseppe Germinario

Le delusioni liberali che hanno provocato Putin

 

Secondo la saggezza prevalente in Occidente, la crisi ucraina può essere imputata quasi interamente all’aggressione russa. Il presidente russo Vladimir Putin, secondo l’argomento, ha annesso la Crimea per un desiderio di vecchia data di resuscitare l’impero sovietico, e alla fine potrebbe inseguire il resto dell’Ucraina, così come altri paesi dell’Europa orientale. In questa prospettiva, la cacciata del presidente ucraino Viktor Yanukovich nel febbraio 2014 ha semplicemente fornito un pretesto per la decisione di Putin di ordinare alle forze russe di impadronirsi di parte dell’Ucraina.

Ma questo resoconto è sbagliato: gli Stati Uniti ei loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità della crisi. La radice del problema è l’allargamento della NATO, l’elemento centrale di una strategia più ampia per spostare l’Ucraina fuori dall’orbita della Russia e integrarla nell’Occidente. Allo stesso tempo, anche l’espansione dell’UE verso est e il sostegno occidentale al movimento pro-democrazia in Ucraina, a partire dalla Rivoluzione arancione nel 2004, sono stati elementi critici. Dalla metà degli anni ’90, i leader russi si sono fermamente opposti all’allargamento della NATO e negli ultimi anni hanno chiarito che non sarebbero rimasti a guardare mentre il loro vicino strategicamente importante si sarebbe trasformato in un bastione occidentale. Per Putin, il rovesciamento illegale del presidente democraticamente eletto e filo-russo dell’Ucraina – che ha giustamente definito un “colpo di stato” – è stata l’ultima goccia.

Il respingimento di Putin non avrebbe dovuto sorprendere. Dopotutto, l’Occidente si era trasferito nel cortile di casa della Russia e aveva minacciato i suoi interessi strategici fondamentali, un punto che Putin ha sottolineato con enfasi e ripetutamente. Le élite negli Stati Uniti e in Europa sono state accecate dagli eventi solo perché aderiscono a una visione errata della politica internazionale. Tendono a credere che la logica del realismo abbia poca rilevanza nel ventunesimo secolo e che l’Europa possa essere mantenuta integra e libera sulla base di principi liberali come lo stato di diritto, l’interdipendenza economica e la democrazia.

Ma questo grande schema è andato storto in Ucraina. La crisi mostra che la realpolitik rimane rilevante e gli stati che la ignorano lo fanno a proprio rischio e pericolo. I leader statunitensi ed europei hanno commesso un errore nel tentativo di trasformare l’Ucraina in una roccaforte occidentale al confine con la Russia. Ora che le conseguenze sono state messe a nudo, sarebbe un errore ancora più grave continuare questa politica mal generata.

IL FRONTE OCCIDENTALE

Quando la Guerra Fredda volgeva al termine, i leader sovietici preferirono che le forze statunitensi rimanessero in Europa e che la NATO rimanesse intatta, un accordo che pensavano avrebbe mantenuto pacificata una Germania riunificata. Ma loro ei loro successori russi non volevano che la NATO crescesse ulteriormente e presumevano che i diplomatici occidentali capissero le loro preoccupazioni. Evidentemente l’amministrazione Clinton la pensava diversamente e, a metà degli anni ’90, iniziò a spingere per l’espansione della NATO.

Il primo ciclo di allargamento ha avuto luogo nel 1999 e ha interessato la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia. Il secondo è avvenuto nel 2004; comprendeva Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Mosca si lamentò amaramente fin dall’inizio. Durante la campagna di bombardamenti della NATO del 1995 contro i serbi bosniaci, ad esempio, il presidente russo Boris Eltsin ha affermato: “Questo è il primo segno di ciò che potrebbe accadere quando la NATO arriverà direttamente ai confini della Federazione Russa. … La fiamma della guerra potrebbe divampare in tutta Europa”. Ma i russi all’epoca erano troppo deboli per far deragliare il movimento verso est della NATO, che, in ogni caso, non sembrava così minaccioso, dal momento che nessuno dei nuovi membri condivideva un confine con la Russia, fatta eccezione per i minuscoli paesi baltici.

Poi la NATO iniziò a guardare più a est. Al vertice dell’aprile 2008 a Bucarest, l’alleanza ha preso in considerazione l’ammissione di Georgia e Ucraina. L’amministrazione George W. Bush ha sostenuto in tal modo, ma Francia e Germania si sono opposte alla mossa per paura che potesse inimicarsi indebitamente la Russia. Alla fine, i membri della NATO hanno raggiunto un compromesso: l’alleanza non ha avviato il processo formale che porta all’adesione, ma ha rilasciato una dichiarazione in cui avallava le aspirazioni di Georgia e Ucraina e dichiarava coraggiosamente: “Questi paesi diventeranno membri della NATO”.

Mosca, tuttavia, non ha visto il risultato tanto di un compromesso. Alexander Grushko, allora viceministro degli Esteri russo, ha dichiarato: “L’adesione della Georgia e dell’Ucraina all’alleanza è un enorme errore strategico che avrebbe conseguenze gravissime per la sicurezza paneuropea”. Putin ha affermato che l’ammissione di questi due paesi alla NATO rappresenterebbe una “minaccia diretta” per la Russia. Un quotidiano russo ha riferito che Putin, parlando con Bush, “ha accennato in modo molto trasparente che se l’Ucraina fosse stata accettata nella NATO, avrebbe cessato di esistere”.

L’invasione russa della Georgia nell’agosto 2008 avrebbe dovuto dissipare ogni dubbio residuo sulla determinazione di Putin di impedire alla Georgia e all’Ucraina di aderire alla NATO. Il presidente georgiano Mikheil Saakashvili, profondamente impegnato a portare il suo paese nella NATO, aveva deciso nell’estate del 2008 di reintegrare due regioni separatiste, l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale. Ma Putin ha cercato di mantenere la Georgia debole e divisa e fuori dalla NATO. Dopo che sono scoppiati i combattimenti tra il governo georgiano ei separatisti dell’Ossezia meridionale, le forze russe hanno preso il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale. Mosca aveva fatto il suo punto. Eppure, nonostante questo chiaro avvertimento, la NATO non ha mai abbandonato pubblicamente il suo obiettivo di coinvolgere Georgia e Ucraina nell’alleanza. E l’espansione della NATO ha continuato a marciare in avanti, con l’adesione di Albania e Croazia nel 2009.

Anche l’UE ha marciato verso est. Nel maggio 2008 ha presentato la sua iniziativa del partenariato orientale, un programma per promuovere la prosperità in paesi come l’Ucraina e integrarli nell’economia dell’UE. Non sorprende che i leader russi considerino il piano ostile agli interessi del loro paese. Lo scorso febbraio, prima che Yanukovich fosse costretto a lasciare l’incarico, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accusato l’UE di cercare di creare una “sfera di influenza” nell’Europa orientale. Agli occhi dei leader russi, l’espansione dell’UE è un cavallo di battaglia per l’espansione della NATO.

L’ultimo strumento dell’Occidente per allontanare Kiev da Mosca sono stati i suoi sforzi per diffondere i valori occidentali e promuovere la democrazia in Ucraina e in altri stati post-sovietici, un piano che spesso prevede il finanziamento di individui e organizzazioni filo-occidentali. Victoria Nuland, l’assistente segretario di stato degli Stati Uniti per gli affari europei ed eurasiatici, ha stimato nel dicembre 2013 che gli Stati Uniti avevano investito più di 5 miliardi di dollari dal 1991 per aiutare l’Ucraina a raggiungere “il futuro che merita”. Come parte di questo sforzo, il governo degli Stati Uniti ha finanziato il National Endowment for Democracy. La fondazione senza scopo di lucro ha finanziato più di 60 progetti volti a promuovere la società civile in Ucraina e il presidente della NED, Carl Gershman, ha definito quel paese “il premio più grande”. Dopo che Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali in Ucraina nel febbraio 2010,

Quando i leader russi guardano all’ingegneria sociale occidentale in Ucraina, temono che il loro paese possa essere il prossimo. E tali paure difficilmente sono infondate. Nel settembre 2013, Gershman ha scritto sul Washington Post : “La scelta dell’Ucraina di unirsi all’Europa accelererà la fine dell’ideologia dell’imperialismo russo che Putin rappresenta”. Ha aggiunto: “Anche i russi devono affrontare una scelta e Putin potrebbe trovarsi alla fine perdente non solo nel vicino estero ma all’interno della stessa Russia”.

CREARE UNA CRISI

Il triplo pacchetto di politiche dell’Occidente – allargamento della NATO, espansione dell’UE e promozione della democrazia – ha aggiunto benzina a un incendio in attesa di accendersi. La scintilla è arrivata nel novembre 2013, quando Yanukovich ha rifiutato un importante accordo economico che stava negoziando con l’UE e ha deciso invece di accettare una controfferta russa di 15 miliardi di dollari. Quella decisione ha dato luogo a manifestazioni antigovernative che si sono intensificate nei tre mesi successivi e che a metà febbraio avevano portato alla morte di un centinaio di manifestanti. Gli emissari occidentali sono volati in fretta a Kiev per risolvere la crisi. Il 21 febbraio, il governo e l’opposizione hanno raggiunto un accordo che ha permesso a Yanukovich di rimanere al potere fino a nuove elezioni. Ma immediatamente andò in pezzi e Yanukovich fuggì in Russia il giorno successivo. Il nuovo governo di Kiev era profondamente filo-occidentale e anti-russo,

Sebbene l’intera portata del coinvolgimento degli Stati Uniti non sia ancora venuta alla luce, è chiaro che Washington ha appoggiato il colpo di stato. Nuland e il senatore repubblicano John McCain hanno partecipato a manifestazioni antigovernative e Geoffrey Pyatt, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, ha proclamato dopo il rovesciamento di Yanukovich che era “un giorno per i libri di storia”. Come rivelato da una registrazione telefonica trapelata, Nuland aveva sostenuto il cambio di regime e voleva che il politico ucraino Arseniy Yatsenyuk diventasse primo ministro nel nuovo governo, cosa che ha fatto. Non c’è da stupirsi che i russi di tutte le convinzioni pensino che l’Occidente abbia avuto un ruolo nella cacciata di Yanukovich.

Per Putin era arrivato il momento di agire contro l’Ucraina e l’Occidente. Poco dopo il 22 febbraio, ordinò alle forze russe di prendere la Crimea dall’Ucraina e, subito dopo, la incorporò alla Russia. Il compito si rivelò relativamente facile, grazie alle migliaia di truppe russe già di stanza in una base navale nel porto di Sebastopoli in Crimea. La Crimea è stata anche un bersaglio facile poiché i russi etnici costituiscono circa il 60% della sua popolazione. La maggior parte di loro voleva lasciare l’Ucraina.

Successivamente, Putin ha esercitato enormi pressioni sul nuovo governo di Kiev per scoraggiarlo dal schierarsi con l’Occidente contro Mosca, chiarendo che avrebbe distrutto l’Ucraina come stato funzionante prima che gli permettesse di diventare una roccaforte occidentale alle porte della Russia. A tal fine, ha fornito consiglieri, armi e supporto diplomatico ai separatisti russi nell’Ucraina orientale, che stanno spingendo il paese verso la guerra civile. Ha ammassato un grande esercito al confine ucraino, minacciando di invadere se il governo reprimerà i ribelli. E ha fortemente aumentato il prezzo del gas naturale che la Russia vende all’Ucraina e ha chiesto il pagamento per le esportazioni passate. Putin sta giocando duro.

LA DIAGNOSI

Le azioni di Putin dovrebbero essere facili da comprendere. Un’enorme distesa di pianura che la Francia napoleonica, la Germania imperiale e la Germania nazista hanno attraversato per colpire la Russia stessa, l’Ucraina funge da stato cuscinetto di enorme importanza strategica per la Russia. Nessun leader russo tollererebbe un’alleanza militare che fosse il nemico mortale di Mosca fino a quando non si fosse trasferito di recente in Ucraina. Né nessun leader russo starebbe a guardare mentre l’Occidente aiutava a insediare lì un governo determinato a integrare l’Ucraina nell’Occidente.

A Washington potrebbe non piacere la posizione di Mosca, ma dovrebbe capirne la logica. Questo è Geopolitics 101: le grandi potenze sono sempre sensibili a potenziali minacce vicino al loro territorio di origine. Dopotutto, gli Stati Uniti non tollerano grandi potenze lontane che schierano forze militari ovunque nell’emisfero occidentale, tanto meno ai suoi confini. Immagina l’indignazione a Washington se la Cina avesse costruito un’impressionante alleanza militare e avesse cercato di includervi Canada e Messico. Logica a parte, i leader russi hanno detto in molte occasioni alle loro controparti occidentali che considerano inaccettabile l’espansione della NATO in Georgia e Ucraina, insieme a qualsiasi tentativo di rivoltare quei paesi contro la Russia, un messaggio che anche la guerra russo-georgiana del 2008 ha reso estremamente chiaro.

Funzionari degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei sostengono di aver cercato duramente di placare le paure russe e che Mosca dovrebbe capire che la NATO non ha progetti sulla Russia. Oltre a negare continuamente che la sua espansione mirasse a contenere la Russia, l’alleanza non ha mai schierato in modo permanente forze militari nei suoi nuovi Stati membri. Nel 2002 ha persino creato un organismo chiamato Consiglio NATO-Russia nel tentativo di promuovere la cooperazione. Per addolcire ulteriormente la Russia, gli Stati Uniti hanno annunciato nel 2009 che avrebbero schierato il loro nuovo sistema di difesa missilistica sulle navi da guerra nelle acque europee, almeno inizialmente, piuttosto che sul territorio ceco o polacco. Ma nessuna di queste misure ha funzionato; i russi sono rimasti fermamente contrari all’allargamento della NATO, specialmente in Georgia e Ucraina. E sono i russi, non l’Occidente,

Per capire perché l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, non capissero che la sua politica ucraina stava gettando le basi per un grande scontro con la Russia, bisogna risalire alla metà degli anni ’90, quando l’amministrazione Clinton iniziò a sostenere l’espansione della NATO. Gli esperti hanno avanzato una serie di argomenti a favore e contro l’allargamento, ma non c’era consenso su cosa fare. La maggior parte degli emigrati dell’Europa orientale negli Stati Uniti ei loro parenti, ad esempio, hanno fortemente sostenuto l’espansione, perché volevano che la NATO proteggesse paesi come l’Ungheria e la Polonia. Alcuni realisti hanno anche favorito la politica perché pensavano che la Russia avesse ancora bisogno di essere contenuta.

Ma la maggior parte dei realisti si oppose all’espansione, nella convinzione che una grande potenza in declino con una popolazione che invecchia e un’economia unidimensionale non avesse effettivamente bisogno di essere contenuta. E temevano che l’allargamento avrebbe solo dato a Mosca un incentivo a creare problemi nell’Europa orientale. Il diplomatico statunitense George Kennan ha articolato questa prospettiva in un’intervista del 1998, poco dopo che il Senato degli Stati Uniti ha approvato il primo round di espansione della NATO. “Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche”, ha affermato. “Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno minacciava nessun altro”.

La maggior parte dei liberali, d’altra parte, era favorevole all’allargamento, inclusi molti membri chiave dell’amministrazione Clinton. Credevano che la fine della Guerra Fredda avesse trasformato radicalmente la politica internazionale e che un nuovo ordine postnazionale avesse sostituito la logica realista che un tempo governava l’Europa. Gli Stati Uniti non erano solo la “nazione indispensabile”, come ha detto il Segretario di Stato Madeleine Albright; era anche un egemone benigno e quindi improbabile che fosse visto come una minaccia a Mosca. L’obiettivo, in sostanza, era quello di far sembrare l’intero continente l’Europa occidentale.

E così gli Stati Uniti ei loro alleati hanno cercato di promuovere la democrazia nei paesi dell’Europa orientale, aumentare l’interdipendenza economica tra di loro e inserirli nelle istituzioni internazionali. Avendo vinto il dibattito negli Stati Uniti, i liberali hanno avuto poche difficoltà a convincere i loro alleati europei a sostenere l’allargamento della NATO. Dopotutto, visti i successi passati dell’UE, gli europei erano ancora più legati degli americani all’idea che la geopolitica non contava più e che un ordine liberale onnicomprensivo potesse mantenere la pace in Europa.

I liberali arrivarono a dominare così a fondo il discorso sulla sicurezza europea durante il primo decennio di questo secolo che, anche se l’alleanza adottò una politica di crescita a porte aperte, l’espansione della NATO dovette affrontare poca opposizione realista. La visione del mondo liberale è ormai un dogma accettato dai funzionari statunitensi. A marzo, ad esempio, il presidente Barack Obama ha pronunciato un discorso sull’Ucraina in cui ha parlato ripetutamente degli “ideali” che motivano la politica occidentale e di come tali ideali “sono stati spesso minacciati da una visione del potere più antica e tradizionale”. La risposta del Segretario di Stato John Kerry alla crisi della Crimea rifletteva questa stessa prospettiva: “Semplicemente nel ventunesimo secolo non ti comporti alla maniera del diciannovesimo secolo invadendo un altro paese con un pretesto completamente inventato”.

In sostanza, le due parti hanno operato con schemi diversi: Putin ei suoi compatrioti hanno pensato e agito secondo dettami realisti, mentre i loro omologhi occidentali hanno aderito alle idee liberali sulla politica internazionale. Il risultato è che gli Stati Uniti ei loro alleati hanno inconsapevolmente provocato una grave crisi sull’Ucraina.

SCARICABARILE

Nella stessa intervista del 1998, Kennan predisse che l’espansione della NATO avrebbe provocato una crisi, dopo di che i sostenitori dell’espansione avrebbero “detto che vi abbiamo sempre detto che è così che sono i russi”. Come se fosse al momento giusto, la maggior parte dei funzionari occidentali ha ritratto Putin come il vero colpevole nella difficile situazione dell’Ucraina. A marzo, secondo il New York Times , il cancelliere tedesco Angela Merkel ha insinuato che Putin era irrazionale, dicendo a Obama che era “in un altro mondo”. Sebbene Putin abbia senza dubbio tendenze autocratiche, nessuna prova supporta l’accusa di essere mentalmente squilibrato. Al contrario: è uno stratega di prim’ordine che dovrebbe essere temuto e rispettato da chiunque lo sfidi in politica estera.

Altri analisti affermano, in modo più plausibile, che Putin si rammarica per la fine dell’Unione Sovietica ed è determinato a invertirla espandendo i confini della Russia. Secondo questa interpretazione, Putin, dopo aver preso la Crimea, sta ora saggiando le acque per vedere se è il momento giusto per conquistare l’Ucraina, o almeno la sua parte orientale, e alla fine si comporterà in modo aggressivo nei confronti degli altri paesi vicini alla Russia. Per alcuni in questo campo, Putin rappresenta un moderno Adolf Hitler e concludere qualsiasi tipo di accordo con lui ripeterebbe l’errore di Monaco. Pertanto, la NATO deve ammettere che Georgia e Ucraina contengano la Russia prima che domini i suoi vicini e minacci l’Europa occidentale.

Questa argomentazione va in pezzi a un attento esame. Se Putin si fosse impegnato a creare una Russia più grande, i segni delle sue intenzioni sarebbero quasi certamente emersi prima del 22 febbraio. Ma praticamente non ci sono prove che fosse intenzionato a conquistare la Crimea, tanto meno qualsiasi altro territorio in Ucraina, prima di quella data. Persino i leader occidentali che hanno sostenuto l’espansione della NATO non lo hanno fatto per paura che la Russia stesse per usare la forza militare. Le azioni di Putin in Crimea li hanno colti di sorpresa e sembrano essere state una reazione spontanea alla cacciata di Yanukovich. Subito dopo, anche Putin si è detto contrario alla secessione della Crimea, prima di cambiare rapidamente idea.

Inoltre, anche volendo, la Russia non ha la capacità di conquistare e annettere facilmente l’Ucraina orientale, tanto meno l’intero paese. Circa 15 milioni di persone, un terzo della popolazione ucraina, vivono tra il fiume Dnepr, che divide in due il paese, e il confine russo. La stragrande maggioranza di queste persone vuole rimanere parte dell’Ucraina e sicuramente resisterebbe a un’occupazione russa. Inoltre, il mediocre esercito russo, che mostra pochi segni di trasformarsi in una moderna Wehrmacht, avrebbe poche possibilità di pacificare tutta l’Ucraina. Mosca è anche mal posizionata per pagare un’occupazione costosa; la sua debole economia soffrirebbe ancora di più di fronte alle conseguenti sanzioni.

Ma anche se la Russia vantasse una potente macchina militare e un’economia impressionante, probabilmente si dimostrerebbe incapace di occupare con successo l’Ucraina. Basta considerare le esperienze sovietiche e statunitensi in Afghanistan, le esperienze statunitensi in Vietnam e Iraq e l’esperienza russa in Cecenia per ricordare che le occupazioni militari di solito finiscono male. Putin comprende sicuramente che cercare di sottomettere l’Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino. La sua risposta agli eventi è stata difensiva, non offensiva.

UNA VIA D’USCITA

Dato che la maggior parte dei leader occidentali continua a negare che il comportamento di Putin possa essere motivato da legittime preoccupazioni per la sicurezza, non sorprende che abbiano cercato di modificarlo raddoppiando le politiche esistenti e abbiano punito la Russia per scoraggiare ulteriori aggressioni. Sebbene Kerry abbia affermato che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, né gli Stati Uniti né i loro alleati della NATO sono disposti a usare la forza per difendere l’Ucraina. L’Occidente si affida invece alle sanzioni economiche per costringere la Russia a porre fine al suo sostegno all’insurrezione nell’Ucraina orientale. A luglio, gli Stati Uniti e l’UE hanno messo in atto il loro terzo ciclo di sanzioni limitate, mirando principalmente a individui di alto livello strettamente legati al governo russo e ad alcune banche, società energetiche e società di difesa di alto profilo. Hanno anche minacciato di scatenarne un altro,

Tali misure avranno scarso effetto. È comunque probabile che sanzioni dure siano fuori discussione; I paesi dell’Europa occidentale, in particolare la Germania, si sono opposti a imporre loro per paura che la Russia potesse reagire e causare gravi danni economici all’interno dell’UE. Ma anche se gli Stati Uniti riuscissero a convincere i loro alleati ad adottare misure dure, Putin probabilmente non modificherebbe il suo processo decisionale. La storia mostra che i paesi assorbiranno enormi quantità di punizioni per proteggere i loro interessi strategici fondamentali. Non c’è motivo di pensare che la Russia rappresenti un’eccezione a questa regola.

I leader occidentali si sono anche aggrappati alle politiche provocatorie che hanno fatto precipitare la crisi in primo luogo. Ad aprile, il vicepresidente degli Stati Uniti Joseph Biden ha incontrato i legislatori ucraini e ha detto loro: “Questa è una seconda opportunità per mantenere la promessa originale fatta dalla Rivoluzione arancione”. John Brennan, il direttore della CIA, non ha aiutato le cose quando, quello stesso mese, ha visitato Kiev durante un viaggio che secondo la Casa Bianca mirava a migliorare la cooperazione in materia di sicurezza con il governo ucraino.

L’UE, nel frattempo, ha continuato a promuovere il suo partenariato orientale. A marzo, José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ha riassunto il pensiero dell’UE sull’Ucraina, dicendo: “Abbiamo un debito, un dovere di solidarietà con quel Paese e lavoreremo per averli il più vicino possibile. ” E infatti, il 27 giugno, UE e Ucraina hanno firmato l’accordo economico che Yanukovich aveva fatalmente respinto sette mesi prima. Sempre a giugno, in una riunione dei ministri degli Esteri dei membri della NATO, è stato concordato che l’alleanza sarebbe rimasta aperta a nuovi membri, sebbene i ministri degli Esteri si fossero astenuti dal menzionare l’Ucraina per nome. “Nessun paese terzo ha diritto di veto sull’allargamento della NATO”, ha annunciato Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO. I ministri degli Esteri hanno inoltre deciso di sostenere varie misure per migliorare le capacità militari dell’Ucraina in aree quali comando e controllo, logistica e difesa informatica. I leader russi si sono naturalmente tirati indietro di fronte a queste azioni; la risposta dell’Occidente alla crisi non farà che peggiorare una brutta situazione.

C’è una soluzione alla crisi in Ucraina, tuttavia, anche se richiederebbe all’Occidente di pensare al Paese in un modo fondamentalmente nuovo. Gli Stati Uniti ei loro alleati dovrebbero abbandonare il loro piano di occidentalizzazione dell’Ucraina e mirare invece a farne un cuscinetto neutrale tra NATO e Russia, simile alla posizione dell’Austria durante la Guerra Fredda. I leader occidentali dovrebbero riconoscere che l’Ucraina è così importante per Putin da non poter sostenere un regime anti-russo lì. Ciò non significherebbe che un futuro governo ucraino dovrebbe essere filo-russo o anti-NATO. Al contrario, l’obiettivo dovrebbe essere un’Ucraina sovrana che non rientri né in campo russo né in quello occidentale.

Per raggiungere questo scopo, gli Stati Uniti ei loro alleati dovrebbero escludere pubblicamente l’espansione della NATO sia in Georgia che in Ucraina. L’Occidente dovrebbe anche aiutare a elaborare un piano di salvataggio economico per l’Ucraina finanziato congiuntamente dall’UE, dal Fondo monetario internazionale, dalla Russia e dagli Stati Uniti, una proposta che Mosca dovrebbe accogliere con favore, dato il suo interesse ad avere un’Ucraina prospera e stabile nella sua parte occidentale fianco. E l’Occidente dovrebbe limitare considerevolmente i suoi sforzi di ingegneria sociale all’interno dell’Ucraina. È tempo di porre fine al sostegno occidentale per un’altra rivoluzione arancione. Tuttavia, i leader statunitensi ed europei dovrebbero incoraggiare l’Ucraina a rispettare i diritti delle minoranze, in particolare i diritti linguistici dei suoi parlanti russi.

Alcuni potrebbero obiettare che un cambiamento della politica nei confronti dell’Ucraina in questa data tardiva danneggerebbe seriamente la credibilità degli Stati Uniti nel mondo. Ci sarebbero senza dubbio dei costi, ma i costi per portare avanti una strategia sbagliata sarebbero molto maggiori. Inoltre, è probabile che altri paesi rispettino uno stato che impara dai propri errori e alla fine escogita una politica che affronti efficacemente il problema in questione. Tale opzione è chiaramente aperta agli Stati Uniti.

Si sente anche l’affermazione che l’ Ucraina ha il diritto di determinare con chi vuole allearsi e che i russi non hanno il diritto di impedire a Kiev di unirsi all’Occidente. Questo è un modo pericoloso per l’Ucraina di pensare alle sue scelte di politica estera. La triste verità è che spesso si risolve quando sono in gioco le politiche delle grandi potenze. I diritti astratti come l’autodeterminazione sono in gran parte privi di significato quando gli stati potenti si scontrano con gli stati più deboli. Cuba aveva il diritto di formare un’alleanza militare con l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda? Gli Stati Uniti certamente non la pensavano così, ei russi la pensano allo stesso modo sull’adesione dell’Ucraina all’Occidente. È nell’interesse dell’Ucraina comprendere questi fatti della vita e procedere con cautela nel trattare con il suo vicino più potente.

Anche se si respinge questa analisi, tuttavia, e si ritiene che l’Ucraina abbia il diritto di presentare una petizione per aderire all’UE e alla NATO, resta il fatto che gli Stati Uniti ei loro alleati europei hanno il diritto di respingere tali richieste. Non c’è motivo per cui l’Occidente debba accontentare l’Ucraina se è deciso a perseguire una politica estera sbagliata, soprattutto se la sua difesa non è un interesse vitale. Assecondare i sogni di alcuni ucraini non vale l’animosità e il conflitto che causerà, specialmente per il popolo ucraino.

Certamente, alcuni analisti potrebbero ammettere che la NATO ha gestito male le relazioni con l’Ucraina e tuttavia sostengono ancora che la Russia costituisce un nemico che diventerà solo più formidabile nel tempo, e che quindi l’Occidente non ha altra scelta che continuare la sua attuale politica. Ma questo punto di vista è gravemente sbagliato. La Russia è una potenza in declino e si indebolirà solo con il tempo. Anche se la Russia fosse una potenza emergente, inoltre, non avrebbe comunque senso incorporare l’Ucraina nella NATO. Il motivo è semplice: gli Stati Uniti ei loro alleati europei non considerano l’Ucraina un interesse strategico fondamentale, come ha dimostrato la loro riluttanza a usare la forza militare per venire in suo aiuto. Sarebbe quindi il massimo della follia creare un nuovo membro della NATO che gli altri membri non hanno intenzione di difendere.

Attenersi all’attuale politica complicherebbe anche le relazioni occidentali con Mosca su altre questioni. Gli Stati Uniti hanno bisogno dell’assistenza della Russia per ritirare l’equipaggiamento statunitense dall’Afghanistan attraverso il territorio russo, raggiungere un accordo nucleare con l’Iran e stabilizzare la situazione in Siria. In effetti, Mosca ha aiutato Washington su tutte e tre queste questioni in passato; nell’estate del 2013, è stato Putin a tirare fuori le castagne di Obama dal fuoco stipulando l’accordo in base al quale la Siria ha accettato di rinunciare alle sue armi chimiche, evitando così l’attacco militare statunitense che Obama aveva minacciato. Gli Stati Uniti un giorno avranno anche bisogno dell’aiuto della Russia per contenere una Cina in ascesa. L’attuale politica statunitense, tuttavia, sta solo avvicinando Mosca e Pechino.

Gli Stati Uniti e i loro alleati europei devono ora scegliere l’Ucraina. Possono continuare la loro politica attuale, che aggraverà le ostilità con la Russia e devasterà l’Ucraina nel processo, uno scenario in cui tutti ne uscirebbero perdenti. Oppure possono cambiare marcia e lavorare per creare un’Ucraina prospera ma neutrale, che non minacci la Russia e permetta all’Occidente di riparare le sue relazioni con Mosca. Con quell’approccio, tutte le parti vincerebbero.

https://www.foreignaffairs.com/articles/russia-fsu/2014-08-18/why-ukraine-crisis-west-s-fault

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