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La matrice cristiana del diritto internazionale_di André Larané

Diritto internazionale (877-2003)

La matrice cristiana del diritto internazionale

Sceau de Raymond de Mondragon : hommage d'un vassal à son seigneur ; celui-ci lui remet un fief figuré par un fêtu de paille en échange de son service militaire figuré par son armure (Archives nationales)Fin dai tempi più remoti, le comunità umane si sono regolarmente combattute per appropriarsi di terre, greggi, metalli preziosi o schiavi, senza preoccuparsi di alcuna giustificazione.

Solo le città greche hanno conosciuto nell’antichità una parvenza di codificazione delle guerre. Ma è principalmente intorno all’anno mille, all’alba della civiltà europea, che la cristianità medievale gettò le basi di quello che sarebbe diventato il diritto internazionale…

La guerra, una costante nella storia dell’umanità

Le guerre sono attestate dall’archeologia fin dal Mesolitico (dico), circa diecimila anni fa, e hanno sempre avuto come obiettivo lo schiacciamento dell’avversario, la sua sottomissione, se non addirittura il suo sterminio. Non sono mai state regolate da alcun «diritto internazionale». Al massimo sono state contenute dalla diplomazia: l’arte di prevenire i conflitti e di porvi fine…

Vassili Verechtchaguine, Apothéose de la guerre, 1871. Galerie Trétiakov, Moscou

La «tregua sacra»

Nell’antichità classica si nota un’eccezione, ovvero il mondo greco. Questo era costituito da numerose città gelose della propria indipendenza. Ciascuna di queste città era formata dall’unione degli autoctoni (dal greco: « nati dalla stessa terra » ; oggi diremmo « autoctoni »), con l’esclusione degli stranieri (« metoqui ») e dei prigionieri di guerra o schiavi.

Questa coesione umana permise l’avvento della democrazia ateniese, ma generò anche frequenti conflitti di interesse tra le città.

Athlète et entraîneur (assiette attique à figures rouges signée Epictétos et retrouvée dans la nécropole étrusque de Vulci, 520-510 av. J.-C., musée du Louvre)Le città greche erano quindi spesso in guerra tra loro, ma poiché condividevano tutte le stesse credenze, gli stessi costumi e la stessa lingua, concordavano frequenti tregue in cui si può vedere il primo abbozzo di un diritto «internazionale» di guerra e pace. In primo luogo c’era l’ékécheiria o «tregua sacra» durante i Giochi panellenici come le Olimpiadi, i Giochi Pitici (Delfi) e i Giochi Nemei e Istmici. Alcune feste religiose come le Panatenee (Atene) potevano comportare una sospensione delle ostilità. Chiunque violasse questi divieti poteva essere perseguito per sacrilegio.

Queste pratiche scomparvero con la conquista romana nel II secolo a.C. e la Grecia entrò allora nel diritto comune, o meglio nell’illegalità comune.

« Guai ai vinti »

In tutto il mondo antico, infatti, il «diritto di guerra» si riassumeva nella formula attribuita al gallico Brenno: «Vae victis!» (Maledizione sui vinti!). Questa formula è rimasta valida nei primi due millenni della nostra era per tutto ciò che riguarda i rapporti tra gli imperi e i loro vicini : imperi islamici, imperi turco-mongoli, imperi cinesi o anche imperi aztechi.

Bas-relief du palais de Ninive montrant le siège de Lakish (royaume de Juda) en 701 av. J.-C. par le roi assyrien Sennacherib (British Museum)

All’esatto contrario delle città greche o delle nazioni europee del II millennio della nostra era, questi imperi sono Stati multiculturali o multinazionali basati sulla forza militare, come dimostra brillantemente lo storico Gabriel Martinez-Gros. Il primo impero che corrisponde a questa definizione è quello dei Persiani e dei Medi fondato da Ciro II il Grande 2500 anni fa e sarebbe presuntuoso credere che l’era degli imperi sia finita…

Tutti gli imperi hanno una vocazione universale e non vedono confini. Sono naturalmente inclini alla guerra di conquista e crollano quando non possono più espandersi e si scontrano ai loro confini con « barbari » più resistenti delle loro stesse truppe. Così è stato per i Persiani assaliti dai Macedoni di Alessandro Magno, per gli Abbasidi (Baghdad) e i Song (Cina) che hanno affrontato i Mongoli, o ancora per gli Aztechi attaccati dagli Spagnoli di Cortés!

In questo universo spietato, non c’è spazio per la moderazione o le convenzioni. La guerra prosegue fino alla totale sconfitta del nemico e, se gli avversari si esauriscono a vicenda, possono al massimo firmare una tregua o un trattato effimero. Così i Romani che cercano di placare i Germani insediandoli nelle loro regioni di confine.

Il cristianesimo medievale inventa il diritto internazionale

Un’eccezione emerge nell’Europa occidentale intorno all’anno Mille. Essa deriva dall’instaurazione del feudalesimo (dico) sulle rovine dell’Impero d’Occidente e in Germania.

Nel Regnum francorum fondato da Clodoveo, la progressiva scomparsa delle città e dell’amministrazione ereditate da Roma portò le comunità rurali a vivere in un circuito chiuso, poiché la società era ormai strutturata solo dalla Chiesa, dai suoi vescovi e dai suoi abati.

Al vertice, sotto l’autorità spirituale della Santa Sede, il re o l’imperatore non ha altre entrate se non quelle provenienti dai propri domini. In mancanza di risorse fiscali, delega il mantenimento dell’ordine ai propri compagni d’armi (conti o baroni), affidando a ciascuno di essi un territorio o un feudo di cui deve garantire la protezione e da cui ricava le proprie entrate. Questi vassalli di primo rango si appoggiano a loro volta ai propri fedeli o vassalli, affidando a ciascuno di essi l’amministrazione di una parte del proprio territorio, e così via fino alla castellania di base.

Con il capitolare di Quierzy, nell’877, l’imperatore carolingio concesse ai suoi compagni e ai loro vassalli il diritto di lasciare in eredità il proprio feudo al legittimo erede. Da quel momento in poi, i detentori di un feudo ereditario si impegnarono a rispettare i possedimenti altrui affinché i propri non fossero a loro volta contestati.

Se per caso un maleducato tentasse senza motivo legittimo di impadronirsi del territorio del suo vicino, quest’ultimo potrebbe richiedere l’arbitrato del loro comune sovrano. Nei casi più importanti, la questione poteva essere sottoposta al re o addirittura al papa… È quanto accadde nel 1213, quando il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra, minacciato di essere detronizzato dal re di Francia Filippo Augusto, si dichiarò vassallo del papa Innocenzo III per mettersi al riparo dal suo rivale.

« Pace di Dio » e « tregua di Dio »

La Chiesa non si ferma qui. Si intromette nel rituale dell’investitura (dico) con cui un giovane signore viene chiamato a entrare nella cavalleria: inculca nei futuri combattenti un certo codice d’onore invitandoli a rispettare i non combattenti e a difendere «la vedova e l’orfano».

Adoubement d'un futur chevalier

Incoraggia anche e soprattutto la « pace di Dio », ovvero le pause nelle guerre private che regolarmente devastano le campagne.

La prima «pace di Dio» riportata dalle cronache si tenne a sud di Poitiers il 1° giugno 989, in un prato vicino al villaggio di Charroux, noto per la sua reliquia della Vera Croce. Davanti alla folla riunita, alla presenza del duca d’Aquitania e sotto l’invocazione della preziosa reliquia, il vescovo di Clermont lancia tre anatemi, ovvero tre minacce di scomunica contro i « violatori delle chiese » , dei «ladri dei beni dei poveri» e di «coloro che maltrattano i chierici», in totale un bel po’ di gente! Con questi anatemi, il vescovo mira a garantire «la pace che vale più di ogni altra cosa». E affinché il messaggio sia ben recepito, i cavalieri presenti prestano giuramento di pace, con la mano sulla reliquia.

Mentre si moltiplicano assemblee simili, il concilio di Arles (1037-1041) aggiunge la «tregua di Dio». Questa sospendeva le attività belliche in determinati giorni e periodi dell’anno, durante i periodi più sacri del calendario liturgico, sotto pena di scomunica.

Queste «tregue di Dio» possono in realtà essere relativamente estese. Il monaco borgognone Raoul Glaber (985-1047), prezioso cronista di quel periodo, riporta il caso di una tregua che va dal mercoledì sera all’alba del lunedì mattina: ai guerrieri non resta molto tempo per risolvere le loro controversie!

Si assiste così alla nascita di un primo «diritto della guerra e della pace» nel cuore della cristianità medievale. Nell’XI secolo esso porta alla fine delle guerre private, sia attraverso la minaccia della scomunica che attraverso la messa al passo dei signori predoni da parte del re capetingio e dei suoi principali baroni.

Controversie matrimoniali, controversie ereditarie

Non facciamoci però illusioni. La guerra non scompare dopo l’anno mille, nel « bel Medioevo » (dico). Si assiste solo alla scomparsa delle guerre di conquista che, come abbiamo visto, sono il destino di tutte le altre regioni del mondo civilizzato!

Ne consegue che praticamente tutte le guerre di quel periodo – e sono state numerose – sono state scatenate per motivi giuridici, come è avvenuto ai nostri giorni, nel gennaio 1991, con l’operazione «Tempesta nel deserto» volta a liberare il Kuwait con l’approvazione dell’ONU.

Queste guerre medievali non avevano nulla a che vedere con aggressioni arbitrarie e immotivate. Erano piuttosto la conseguenza dell’ordine feudale, con i suoi legami di vassallaggio ereditario, e dell’autorità spirituale della Chiesa e del suo braccio armato: i monaci e gli abati di Cluny.

La Chiesa, infatti, non si è occupata solo di cristianizzare i costumi cavallereschi. Come è noto, ha anche legiferato sul matrimonio. In questo modo è riuscita a tenere a freno i potenti di questo mondo, vietando sotto pena di scomunica la poligamia e i matrimoni consanguinei (fino al settimo grado di parentela!).

Ha anche imposto il libero consenso dei coniugi e l’indissolubilità del matrimonio (anche in caso di adulterio femminile!), senza contare la parità di accesso all’eredità per figli e figlie (a differenza, in particolare, di quanto si osserva nelle società islamiche).

Nel Medioevo le donne avevano ottenuto gli stessi diritti degli uomini (con la sola eccezione dell’accesso al sacerdozio). Ne conseguirono numerose rivendicazioni territoriali in ambito politico, causate da dispute ereditarie: un fratello e una sorella che si contendono la signoria paterna; un uomo che rivendica l’eredità della moglie, cugini che si contendono una corona in virtù di una discendenza sia femminile che maschile, ecc.

Infatti, tra l’XI e il XVI secolo non vi fu alcuna annessione né alcun trasferimento di sovranità senza che gli autori facessero riferimento a una rivendicazione di questo tipo, legata a un matrimonio o a un’eredità.

Così è stato per la «conquista» dell’Inghilterra da parte del duca di Normandia Guglielmo il Bastardo. Quest’ultimo invocò il testamento di suo zio, il defunto re Edoardo il Confessore, morto senza eredi. Lo stesso vale per la prima guerra tra i Capetingi (francesi) e i Plantageneti (inglesi), conseguenza dell’eredità di una donna, Eleonora d’Aquitania, e del suo secondo matrimonio. Anche la seconda guerra, la guerra dei Cent’anni, ebbe origine da una disputa tra gli eredi dell’ultimo Capetingio diretto, morto senza discendenti. Le guerre d’Italia derivano dal fatto che Carlo VIII, Luigi XII e Francesco I pretendono di recuperare l’eredità che ritengono loro spettante.

Fino alla fine del Medioevo, tutte le acquisizioni erano legittimata da un’eredità o da un matrimonio, se necessario forzato da una guerra. È così che la Francia annesse la Linguadoca, la Provenza e la Bretagna (ed è così che, molto più tardi, nel 1603, alla morte di Elisabetta I, la Scozia e l’Inghilterra furono riunite sotto la stessa corona).

Il caso più spettacolare è ovviamente quello della famiglia degli Asburgo che, grazie a matrimoni e eredità, diventerà sovrana di metà Europa (esclusi i possedimenti americani). A questo proposito, ricordiamo il simpatico distico di Massimiliano I«Che gli altri facciano la guerra, tu, felice Austria, contrai matrimoni, perché i regni che Marte dona agli altri, Venere li assicura a te.»

Fanno naturalmente eccezione le guerre condotte in territori pagani o musulmani, dove non esistono eredità o doti. Si torna così al diritto universale di conquista. È il caso della conquista dell’Andalusia musulmana e della Prussia pagana, della creazione degli Stati franchi in Terra Santa e della costituzione di un regno normanno in Sicilia da parte di un pugno di avventurieri.

All’interno della stessa cristianità, le guerre più brutali sono quelle combattute dalle comunità rurali delle Alpi svizzere che lottano per la propria sopravvivenza, senza curarsi del codice cavalleresco. Anche le città mercantili italiane, che hanno acquistato la propria indipendenza a partire dal XIII secolo, combattono occasionalmente, anche se in modo meno brutale e per rivendicazioni puramente pecuniarie.

André Larané