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Gli Accordi di Abramo: un modello per un Medio Oriente pacifico e prospero_di Alberto Cossu

Riceviamo e pubblichiamo. L’economia del sito richiede un ulteriore approfondimento nel quale, i temi della pace, nelle sue varie accezioni, compresa quella di condizione di relativo equilibrio tra potenze, si inseriscono e consistono in un intreccio di relazioni di natura gerarchica tra Stati e centri decisori. Gli accordi di Abramo potrebbero rappresentare, in caso di successo, una svolta che rideterminerebbe le posizioni di diversi Stati dell’area e il probabile ribaltamento dei loro centri decisori, a cominciare da Israele e Iran_Giuseppe Germinario

Gli Accordi di Abramo: un modello per un Medio Oriente pacifico e prospero
Autore Alberto Cossu 06/10/2025

Introduzione

Alla vigilia di una probabile accordo tra Israele e Hamas è fondamentale riconoscere i progressi significativi compiuti in Medio Oriente grazie alla firma degli Accordi di Abramo. Questi accordi, negoziati e firmati durante la prima amministrazione Trump, rappresentano uno dei risultati diplomatici più rilevanti di quel periodo. L’amministrazione Biden, consapevole del loro valore strategico, ha continuato a sostenerli e a svilupparli ulteriormente.

Gli Accordi di Abramo costituiscono una svolta storica, poiché hanno normalizzato le relazioni diplomatiche tra Israele e diversi Stati arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. Tale processo di normalizzazione ha aperto nuove prospettive di cooperazione economica, scambio tecnologico e collaborazione in materia di sicurezza, segnando un cambiamento decisivo rispetto a decenni di ostilità e isolamento.

In modo cruciale, gli Accordi delineano una visione di Medio Oriente fondato sulla pace e sulla prosperità condivisa. Essi dimostrano che il dialogo e il pragmatismo possono prevalere anche in una regione storicamente segnata dai conflitti. Tuttavia, è importante sottolineare che gli Accordi non hanno risolto la questione israelo-palestinese, che rimane al centro delle tensioni regionali. Molti osservatori concordano sul fatto che una soluzione complessiva potrà essere raggiunta solo quando tutti i Paesi arabi – e in particolare il Regno dell’Arabia Saudita – avranno stabilito relazioni diplomatiche normali con Israele.

La possibile adesione dell’Arabia Saudita è considerata la chiave di volta per una pace regionale più ampia. La normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita non solo isolerebbe ulteriormente gli attori contrari alla pace, ma creerebbe anche lo slancio diplomatico necessario per affrontare le aspirazioni palestinesi all’autodeterminazione. Fino a quando ciò non avverrà, gli Accordi di Abramo dovranno essere considerati come un punto di partenza: una base sulla quale costruire futuri negoziati e percorsi di riconciliazione, una volta conclusi gli attuali conflitti.

L’origine degli Accordi di Abramo e la visione che essi incarnano – un Medio Oriente pacifico e cooperativo – restano di importanza fondamentale. Solo quando i Paesi ancora contrari alla normalizzazione sceglieranno di avviare negoziati autentici e di perseguire compromessi ragionevoli sarà possibile risolvere la questione palestinese e raggiungere una pace duratura.

È altrettanto importante riconoscere che l’Iran si è costantemente posto come fermo oppositore degli Accordi di Abramo. Teheran considera la normalizzazione delle relazioni tra Israele e gli Stati arabi una minaccia diretta alla propria influenza regionale e ha attivamente cercato di ostacolare il processo, sia attraverso la retorica, sia mediante il sostegno a gruppi armati ostili a Israele e ai suoi nuovi partner. La leadership iraniana interpreta gli Accordi come un tentativo di costruire un’alleanza strategica volta a contenere le sue ambizioni e a isolarla nel contesto mediorientale. Questa opposizione si è concretizzata in un sostegno rafforzato a gruppi come Hamas e Hezbollah, nonché in azioni volte a compromettere l’integrazione regionale in corso.

In sintesi, pur non offrendo una soluzione immediata a tutte le sfide della regione, gli Accordi di Abramo rappresentano un passo decisivo verso un Medio Oriente più pacifico e interconnesso. Il loro pieno potenziale potrà realizzarsi solo quando, al termine delle attuali ostilità, tutti gli attori regionali – inclusi quelli oggi contrari – sceglieranno la via del negoziato e del compromesso anziché quella dello scontro. Solo allora la visione di un Medio Oriente stabile, prospero e pacifico, delineata dagli Accordi di Abramo, potrà diventare realtà.

Contesto storico: dal conflitto alla cooperazione

Gli Accordi di Abramo, promossi e firmati sotto l’amministrazione Trump nel settembre 2020 da Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, e successivamente sottoscritti anche da Marocco e Sudan, rappresentano una tappa storica nel panorama diplomatico e strategico del Medio Oriente e del Mediterraneo. Questi accordi, che hanno normalizzato le relazioni tra Israele e diversi Stati arabi, non solo hanno posto fine a inimicizie radicate da decenni, ma hanno anche aperto nuove prospettive di cooperazione economica, tecnologica e in materia di sicurezza. La loro importanza è divenuta ancora più evidente nel contesto delle attuali tensioni e del conflitto aperto tra Iran e Israele, che minaccia di destabilizzare l’intera regione. In tale scenario, gli Accordi di Abramo possono costituire un modello per un Medio Oriente pacifico e prospero, a condizione che vengano consolidati ed estesi.

Per comprendere appieno il potenziale trasformativo degli Accordi di Abramo, è necessario inquadrarli nel complesso contesto storico del Medio Oriente, una regione a lungo segnata da cicli di guerre, rivolte e rivalità profonde, in particolare dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano e la fondazione dello Stato di Israele nel 1948. I decenni successivi furono caratterizzati da conflitti ricorrenti, dalla diaspora palestinese e da dispute persistenti su territori e identità nazionali.

Come osservò Henry Kissinger, il conflitto mediorientale è “tanto religioso quanto geopolitico”, con un blocco sunnita – composto da Arabia Saudita, Stati del Golfo, Egitto e Turchia – contrapposto a un blocco sciita guidato dall’Iran, che sostiene la Siria, Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza. L’ascesa dell’influenza iraniana, soprattutto dopo l’intervento della Russia in Siria e i successi delle forze filoiraniane in Iraq, ha creato un corridoio da Teheran a Beirut, percepito come una minaccia diretta da Israele, dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita.

In questo clima di tensione, gli Accordi di Abramo sono emersi come un audace tentativo – sostenuto dall’amministrazione Trump – di rompere con le logiche del passato e costruire un futuro di pace e prosperità. Gli accordi sono stati resi possibili da una combinazione di leadership pragmatica da parte di alcuni Stati arabi, da preoccupazioni condivise circa le ambizioni regionali dell’Iran e da un interesse comune per la crescita economica e la stabilità.

L’impatto immediato: sicurezza, dialogo e crescita economica

Dalla loro firma, gli Accordi di Abramo hanno avuto un impatto profondo sul Medio Oriente e sul Mediterraneo. Anzitutto, hanno aperto nuove opportunità di cooperazione e dialogo tra Israele e i suoi nuovi partner arabi. Sul piano della sicurezza, la normalizzazione delle relazioni ha creato un fronte comune contro le minacce regionali, come il terrorismo e la proliferazione nucleare. Lo scambio di informazioni di intelligence e le iniziative congiunte in materia di sicurezza sono diventati una prassi consolidata, rafforzando l’asse anti-iraniano nella regione.

Gli Accordi hanno inoltre favorito il dialogo interculturale e la comprensione reciproca: scambi culturali, progetti educativi e iniziative di diplomazia pubblica hanno contribuito ad abbattere stereotipi e a costruire fiducia tra popoli vicini. Sul piano economico, gli accordi hanno generato un forte incremento degli scambi commerciali, degli investimenti e delle partnership nei settori dell’energia, del turismo e delle infrastrutture. Secondo l’Abraham Accords Peace Institute e la RAND Foundation, gli Accordi potrebbero generare fino a 1.000 miliardi di dollari di nuova attività economiche e creare circa 4 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio, contribuendo in modo significativo alla ripresa regionale dopo la pandemia di Covid-19.

Sfruttando lo slancio degli Accordi di Abramo, gli Stati Uniti hanno promosso la costituzione del gruppo U2+I2 – composto da Stati Uniti, Israele, Emirati Arabi Uniti e India. Questa iniziativa mira ad estendere i benefici della cooperazione dal Medio Oriente all’Indo-Pacifico, creando un arco strategico che colleghi l’Eurasia occidentale a quella orientale. Il Corridoio India–Medio Oriente–Europa (IMEC), lanciato durante il vertice del G20 presieduto dall’India, rappresenta un elemento chiave di tale strategia, con il potenziale di modificare gli equilibri regionali a favore degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Il gruppo U2+I2 valorizza le competenze e le complementarità dei suoi membri per affrontare le sfide globali e promuovere la prosperità regionale attraverso iniziative congiunte nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti, dello spazio, della sanità e della sicurezza alimentare. Questa rete non solo rafforza la sicurezza, ma apre anche nuove vie di sviluppo e prosperità, posizionando il Medio Oriente come ponte strategico tra Europa e Asia.

Gli Accordi di Abramo nel contesto della guerra Iran–Israele

L’attuale conflitto tra Iran e Israele mette in luce sia la fragilità sia la necessità degli Accordi di Abramo. La strategia iraniana di sostegno ad attori non statali e di proiezione d’influenza attraverso proxy come Hezbollah e Hamas ha accresciuto i timori, tra gli Stati arabi, di una destabilizzazione regionale. Gli Accordi di Abramo, pertanto, non rappresentano soltanto un processo di normalizzazione tra Israele e il mondo arabo, ma anche la formazione di una coalizione più ampia di Stati moderati che aspirano a stabilità e sicurezza di fronte all’espansionismo iraniano.

Il recente attacco di Hamas contro Israele nell’ottobre 2023, ampiamente interpretato come un tentativo di sabotare il processo d’integrazione regionale, evidenzia la posta in gioco. Iran e i suoi alleati hanno cercato di bloccare un allineamento regionale che avrebbe potuto favorire un’integrazione più profonda di Israele nel Medio Oriente. Stati Uniti e Israele, tuttavia, hanno agito sulla base del principio secondo cui l’Iran non può detenere un diritto di veto sul futuro della regione, conducendo ad una situazione di conflitto permanente.

Benefici economici e sociali: una nuova interdipendenza

Oltre alla sicurezza, gli Accordi di Abramo hanno dato impulso a una nuova ondata di attività economiche. Il commercio tra Israele e gli Stati del Golfo è aumentato in modo significativo, con la nascita di nuove partnership nei settori della tecnologia, dell’energia, del turismo e delle infrastrutture. La normalizzazione ha inoltre favorito la crescita degli investimenti diretti esteri (IDE), delle joint venture e dei progetti collaborativi che contribuiscono allo sviluppo e alla resilienza della regione.

Sul piano sociale, gli Accordi hanno incoraggiato gli scambi culturali, le iniziative educative e una maggiore interazione tra i popoli. Questa forma di “diplomazia dolce” è fondamentale per superare i pregiudizi e costruire una comprensione reciproca – le basi indispensabili per una pace duratura.

Le sfide: la questione palestinese e le dinamiche regionali

Nonostante i numerosi successi, gli Accordi di Abramo non hanno risolto il conflitto israelo-palestinese, che resta centrale per la pace nella regione. Molti palestinesi percepiscono la normalizzazione come un tradimento della loro causa, temendo che essa possa relegare in secondo piano le loro aspirazioni statuali. Alcuni analisti ritengono che gli Accordi abbiano marginalizzato la questione palestinese, mentre altri li considerano un’opportunità per rilanciare il processo di pace su basi nuove e più pragmatiche.

Gli Accordi di Abramo hanno contribuito a intensificare la rivalità con l’Iran, che percepisce la crescente alleanza tra Israele e gli Stati arabi sunniti come una minaccia diretta. L’attuale conflitto tra Iran e Israele mette in evidenza la fragilità dell’architettura di sicurezza regionale e la necessità urgente di soluzioni diplomatiche inclusive.

Il ruolo degli altri attori globali e regionali

Gli Accordi di Abramo hanno anche rimodellato le strategie delle principali potenze mondiali. La situazione politica della Siria, la mediazione della Cina tra Arabia Saudita e Iran e la posizione autonoma della Turchia riflettono le dinamiche in evoluzione della regione. Gli Accordi hanno dato impulso a nuovi allineamenti e a una competizione rinnovata, ma anche a possibilità di cooperazione multilaterale.

L’Europa e l’Italia, in particolare, possono svolgere un ruolo significativo come partner economici e facilitatori diplomatici, valorizzando i propri legami storici e la vicinanza geografica al Medio Oriente.

La promessa di un futuro di pace

Nonostante i conflitti in corso e le questioni ancora irrisolte, gli Accordi di Abramo rappresentano un faro di speranza. Essi dimostrano che il dialogo e la cooperazione sono possibili anche in una regione a lungo segnata da sfiducia e conflitti. Gli Accordi hanno già modificato l’equilibrio di potere, unendo Israele e gli Stati arabi moderati contro le minacce estremiste e creando un contrappeso all’influenza iraniana.

In modo cruciale, gli Accordi offrono un modello per l’integrazione regionale futura. Il coinvolgimento degli Stati Uniti e la formazione del gruppo U2+I2 estendono ulteriormente questa rete, collegando il Medio Oriente all’Indo-Pacifico e all’Europa. Questo allineamento strategico non solo rafforza la sicurezza, ma apre anche nuove prospettive di sviluppo e prosperità condivisa.

Conclusione

Se consolidati ed estesi, gli Accordi di Abramo potrebbero davvero costituire il modello per un Medio Oriente pacifico e prospero. Il loro successo dipenderà dalla volontà degli attori regionali di affrontare le questioni ancora aperte, integrare le nuove alleanze e promuovere uno sviluppo inclusivo. Il cammino verso la pace è irto di sfide, ma gli Accordi offrono un’alternativa pragmatica e ricca di speranza – un modello di integrazione regionale capace di trasformare il Medio Oriente per le generazioni future.

Gli Accordi di Abramo hanno inaugurato una nuova fase nelle relazioni mediorientali, con effetti positivi sull’economia, sulla sicurezza e sulla cooperazione regionale. La loro sostenibilità, tuttavia, dipenderà dalla capacità di affrontare le sfide ancora irrisolte – in particolare la questione palestinese e le tensioni con l’Iran e altri attori regionali. Se coltivati e ampliati, gli Accordi potranno davvero diventare il modello di riferimento per un Medio Oriente pacifico e prospero.