Italia e il mondo

WS: considerazioni sulla fine degli imperi

Alcune mie risposte, riprese per altro da Toynbee al recente articolo di Michael Hudson, apparso sul sito.  Il problema è infatti  ” generale”. Nessuno popolo  nasce “imperialista”   anche se  tutti lo diventano (  a proprio  danno )   alla “prima occasione”_WS

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Questo articolo solleva il tema di una evoluzione storica di ogni imperialismo: lo sfruttamento imperiale.

I popoli “vincenti” nella “lotta per l’ esistenza” certamente emergono per PROPRIO merito e perché hanno saputo “innovare” e mobilitare risorse che prima non c’erano, spesso portando apporti tanto positivi ai popoli sconfitti , al punto che questi alla fine hanno desiderato di esserne assorbiti, costituendo una “civiltà comune”.

Però altresì, in nome di questi popoli “vincenti” molto spesso si sono creati “imperi” dediti allo sfruttamento economico dei popoli sottomessi .

Ma sono veramente i “popoli” responsabili di questo e sono loro a trarne realmente vantaggio?

No, generalmente è l’esatto contrario. Sono ANCHE i popoli “vincenti” a pagare il costo del passaggio all’imperialismo , mentre sono solo le sue elites i veri profittatori dei vantaggi de “l’ imperialismo” da cui traggono le immense ricchezze con le quali corrompono e schiacciano i diritti dei propri stessi popoli e, ovviamente, di quelli “soggetti”.

Un caso classico di questa condizione, che io cito spesso, è la rottura del patto SPQR da parte del Senatus Romanus dopo la schiacciante vittoria romana nella seconda guerra punica. Una guerra che il Populus Romanus combatté solo per la propria salvezza e non certo per la gloria del Senatus e la cui vittoria alla fine fu usata dalla maggioranza della classe senatoriale, usando, badate bene, i meccanismi della loro “democrazia” (sigh!) per impadronirsi ANCHE delle terre dei cittadini romani rovinati dai debiti di guerra (contratti con chi?) per poi riempirle di schiavi fatti venire “ da fuori”. Vi ricorda qualcosa ?

In quel momento finì la civiltà romana anche se poi ci impiegò quasi sette secoli per tirare meritatamente le cuoia.

Perché quanto più grossa è “la bestia “più lunga sarà la sua agonia! Nota questa dedicata a quelli che credono che gli U$A moriranno domani.

E dove finì Roma sono finiti e finiranno tutti. “Debosciatezza e vile danaro” sono l’epilogo di tutte le elites che ereditano i propri privilegi senza proprio merito e senza il servizio dovuto alla società che hanno il privilegio di dirigere.

Ed un passaggio inevitabile verso questa fine, un marker direi, è la finanziarizzazione dell’economia.

Nelle economie moderne la “finanziarizzazione ” è un processo “normale” laddove si permette il “libero reinvestimento” del plusvalore estratto dalla economia “reale”, perché se, ad esempio, è normale che il fondatore di un impresa reinvesta gli utili per accrescere la SUA impresa, è altrettanto “normale” che i SUOI ” eredi”, che non hanno in genere né lo stesso “talento” né la stessa “passione”, vedano in quanto ricevuto solo un “capitale” da far fruttare “al meglio” e che quindi virino verso la “finanziarizzazione” alla ricerca di “rendite certe”, beni primari e servizi, piuttosto che correre l’alea di una impresa di rischio .

Rimanere “in testa al gruppo” è difficile , specie se si è tanto ricchi da potersi permettere una bella vita evitando il sacrificio personale di dover imparare a fare bene “qualcosa” e doverne farne “prova di se”.

Invece la cosa più semplice, facile e sicura è fare ” il rentier” perché, come sentenziava qualcuno, “con i soldi tutto si può comprare”, anche buoni “manager” a cui affidare le proprie aziende.

I “manager”, appunto, come i “liberti” della Roma Imperiale.

Perché, purtroppo, senza una continuità nella partecipazione popolare alla dialettica politica, è inevitabile che si formi sempre una classe di “boiardi” tutta presa ad estrarre le proprie “rendite” attraverso una gestione dello stato inteso come lo strumento del proprio potere di classe.

Questi “boiardi” possono anche giocare “alla democrazia” chiamandosi “pari”, tra loro, e definendo tutto questo “libertà”, la propria.

Ma il bene del “demos” è dei loro pensieri.

Gli esempi di ciò sono tantissimi perché tutte le dinastie economiche virano in questa direzione.

E questo “viraggio” vale ovviamente anche per gli stati non a caso spesso descritti erroneamente come “una famiglia”.

Anche gli stati un tempo “vincenti “, come “le famiglie vincenti “, virano verso “la rendita” sotto appunto la spinta dei rentiers che ne hanno preso il pieno possesso. Non è questa la fine degli USA un tempo ” fabbrica del mondo”? 

Ma gestite così, le famiglie non funzionano. Nemmeno gli stati.

Nelle famiglie che “funzionano” non viene estratto “plusvalore” affinché qualche membro più forte possa vivere da nababbo alle spalle degli altri, magari addirittura “investendo ” in altre “famiglie” da cui estrarre maggior ricchezza solo per sé. 

E che cosa impedisce che le famiglie, quelle vere, si rovinino in questo modo? Il ” pater familias” oppure, per scendere ad un esempio tanto diffuso nelle solide famiglie della vecchia “mezzadria”, “il capoccia”, non a caso il più delle volte uno ” zio” non sposato, quindi naturalmente esente da sospetti di favoritismi, a cui era affidato il potere di amministrare la famiglia “allargata” vivente sotto lo stesso tetto.

E qui veniamo al nocciolo delle questione! Cosa sono gli “autocrati”, così tanto temuti dai “boiardi” finanziari che oggi dominano “l’occidente” terminale, se non dei grossolani “pater familias”?

Gli “autocrati” infatti traggono pubblicamente la base del proprio potere dalla loro ” presa diretta” con la massa dei cittadini, limitando così il potere dei “boiardi”, gli “oligarchi”, cioè dei vari “potentati economici e consorterie varie che invece si amministrano per sé, gestendo “il bene comune” nel chiuso delle loro varie “conventicole”.

 Ed è abbastanza evidente che le autocrazie, con il loro approccio “familiare”, funzionino tanto più quanto più quando esse amministrano i vari processi sociali con mano “ferma ma leggera” evitando gli eccessi che minano la società, appunto come fa un buon “Pater familias”.

Ma tutte le autocrazie hanno due gravi problemi:

1) se al comando c’è un “gruppo”, “l’ autocrazia ” perde slancio propositivo a causa del frazionismo delle singole ambizioni personali . Questa è stata la fine del PCUS e, per rimanere ad una esempio italiano, quella della DC.

2) Se invece c’ è “un uomo solo al comando”, un “papa”, anche se costui si rivelasse un genio, non può vedere tutto e pensare a tutto; pure costui è facilmente circuibile e deviabile nell’errore, secondo le sue personali debolezze, dalla pletora di furbacchioni che inevitabilmente ne formano la “corte”.

Noi, esempi di questo tipo di ” autocrati di cartone”, ne abbiamo conosciuti tantissimi, da Mussolini a Berlusconi e passando per Craxi, in ordine di decandenza.

Ma anche se questi autocrati fossero “di acciaio ” e pure “acuminato “, di questi la Russia ne ha avuti tanti, da Ivan a Stalin passando per Pietro, il problema è che non si può governare , anche bene, con il terrore da imporre costantemente ai propri “boiardi” .

Costoro alla fine, “sopravvissuti” grazie al servilismo più bieco, Beria o Krushov “docent”, alla morte del “tiranno” riprendono comunque il potere e ritornano ai propri personali affari, così che l’ opera de “l’ autocrate” pure “valida ed illuminata” rischia di fallire completamente. 

Quindi:

1) “la democrazia” non può funzionare perché abili “boiardi”, specie gli odierni monopolisti della creazione del danaro, la corrompono per impossessarsi dello stato a proprio vantaggio.

2) “l’ autocrazia” nemmeno, perché anche il più illuminato e spietato “autocrate” non può definire da solo la propria “successione” per quanto esso sia “amato padre del popolo”.

Come se ne esce allora?

Solo ritornando al principio di “nobiltà”. Solo una “nobiltà”, provata come tale dal servizio prestato alla società, deve conseguire e sostenere l’onere e il privilegio di dirigere la società; perché solo essa ha la capacità di farlo BENE

Ma lo deve fare solo a suo onore e rischio, senza beni da lasciare a figli& parenti, salvo il lascito del “nome ricevuto” e i mezzi per costruirsene “uno proprio” attraverso un servizio al quale si può essere chiamati SOLO da chi ti ha chiesto di essere il proprio capo.

Ed in questo deve essere anche una “nobiltà” feroce verso qualsiasi debolezza propria ed altrui che possa mettere a rischio il bene di tutti.

Roma diventò grande così , partendo da un villaggio di capanne per morire “caput mundi” 1500 anni fa dopo 700 anni di agonia. Non credo che “l’ occidente”, QUESTO “occidente”, abbia prospettive minimamente confrontabili.

Ma, dirà qualcuno giunto pazientemente fin qui, allora la Cina ?

L’ unica cosa che posso dire è che la Cina è ancora ( e di nuovo) l’“ombelico del mondo” come è sempre stata fin da quando sui “colli fatali” si pascolavano pecore.

La Cina “non corre”, “non domina”; non l’ha mai fatto. Ma è difficile che possa mai essere “deviata” da dove vuole andare, dalla direzione scelta.