IL CICLO DEI VINTI – 9 maggio 1945. [cap. 2 di 7]_di Daniele Lanza

Identità, ieri e oggi (riflessioni sparse sul caso tedesco e non solo. Da leggere, ma senza impegno)
L’uomo che vedete seduto al tavolo a firmare si chiama Wilhelm Gustav Keitel (salto altri 2 nomi di battesimo) in quella che è una delle 40 o 50 istantanee più significative della guerra mondiale : feldmaresciallo e rappresentante dell’OKW – stato maggiore – al momento della capitolazione, presso i sovietici.
La sua sagoma fisica nello spazio della foto, si distingue per essere fuori del suo tempo, per il suo anacronismo già allora : azzimato, con la lente all’occhio, il guanto impeccabile alla mano sinistra e un “bastone del comando” (se lo notate) appoggiato vicino al braccio che pare essersi posato lì come appena fuggito da un 1885 (?) traverso qualche corridoio spazio-tempo……..quando nella stessa sala gli uomini attorno a lui impartiscono comandi a flotte aeree a reazione, sottomarini e (presto) ad armi nucleari e razzi che passano la stratosfera.
Sì, in realtà riflettendo a posteriori con spirito della filosofia della storia, allora l’immagine assume un significato più complesso : NON è un uomo quello che vediamo con la penna in mano a firmare l’atto di capitolazione, ma lo spettro di un’era sconfitta – quella kaiseriana – e di uno spirito che ne era l’essenza – il prussianesimo – che muore.
La prussianità, mestamente a un tavolo, riceve la notifica del proprio annullamento da controfirmare, dopo 500 anni di storia (…o anche 800, oppure solo 250, questo a seconda di come datiamo il concetto in sé, se si inizia a contare dal medioevo teutonico oppure dal più moderno Federico I°, la scelta al lettore) : al sopramenzionato Keitel l’infelice compito di prestare un volto e una figura – dare sembianza fisica – al concetto. Si badi bene il distinguo nel mio discorso senza fraintendimenti (niente confusioni che vedano una mia empatia compassionevole per la persona in questione, sulla quale in verità sospendo commento – il soggetto è condannato a Norimberga per evidenti crimini di guerra che vanno oltre la mera esecuzione dell’ordine, ma vedono un ruolo attivo. La pena capitale è eseguita l’anno seguente -).
Quanto cerco di dire è che siamo di fronte anche in questo caso – ben più che in Italia – ad una MORTE DELLA PATRIA, con tutta la problematicità che reca con sé per il vuoto che inevitabilmente lascia e conseguentemente per la capacità o meno di colmarlo da parte di chi verrà dopo.
Ora cerco di riformulare in modo più diretto per il pubblico meno preparato che mi segue in questo momento : lo stato tedesco – il reich di allora – non “perde” il conflitto, ma piuttosto si dovrebbe dire che ne è CANCELLATO. La capitolazione dell’8/9 maggio 1945 che si rievoca in questi giorni fu praticamente una resa militare più che non una resa politica : gli alleati domandarono una resa incondizionata, che non equivale ad un convenzionale armistizio quanto ad una cessazione della potestà e quindi dell’esistenza stessa della parte perdente. Non vi fu alcun trattato di pace con la parte perdente (i rappresentanti superstiti della gerarchia del reich), la cui esistenza non veniva più giuridicamente riconosciuta.
L’espressione “resa incondizionata” riveste pertanto un significato ontologico quasi, per quanto concerne l’esistenza di uno stato nazionale.
Ecco allora che emerge un punto non indifferente : tanto allora quanto oggi, parlando della fine della guerra e del sistema che ne seguirà, ci si concentra nel 99% dei casi sulla sanguinosa disfatta e quindi distruzione, emarginazione dell’apparato nazional socialista nel dopoguerra, senza prestare attenzione al fatto che questa tira giù con sé anche l’identità nazionale tedesca che esisteva da ben PRIMA dell’avvento di Hitler : probabilmente questo viene dato per scontato, “va da sé” per così dire, ma proprio per questo la faccenda è ancor più problematica, per la ragnatela di equivoci semantici che comporta.
Voler affrontarli significa riflettere su una serie di punti che si possono sintetizzare in due interrogativi pilastro della questione :
1) “In che misura, durante la sua esistenza, il nazional socialismo coincise col corpo reale del paese ?
2) “In che misura la fascia più conservatrice della società – gli esponenti del prussianesimo – coincise col nazional socialismo ? “
…dall’eventuale risposta a questi due punti consente di affrontare un ulteriore domanda chiave sul quanto sia stato lecito da parte dei vincitori sbarazzarsi dello stato tradizionale tedesco anteriore al 1933 con la scusa di denazificare il paese dopo il 1945. Entrambe le domande recitano “in che misura” , cosa che suggerirebbe la necessità scientifica di quantificare tale appoggio, il che è tuttavia – come si può intuire – più complesso del previsto, ingannevole (ma che stiamo ad ingannarci con giri di parole ? E’ infattibile. In ultima istanza siamo di fronte a opinioni e congetture per quanto argomentate, cosa che malgrado tutto mi industrierò via via di fare).
Insomma, quasi 20 anni fa Galli della Loggia conia e popolarizza (e penso fosse doveroso porre il punto) l’espressione di “morte della patria” in merito al caso italiano che tuttavia non preclude riflessioni su altri casi – come quello tedesco in questo caso – ma che ipso facto apre le porte all’insolubile enigma di COSA sia la patria di cui si parla…..ne sottolinea il carattere drammaticamente relativo, dipendente da weltanschaung divergenti e quindi in definitiva l’artificialità di questa costruzione che scaturisce dalla sensibilità soggettiva.
Il limite del social web impedisce di tuffarsi nell’argomento ad un livello scientifico nonostante il tono serio che tengo (prego di considerarlo), ma mi si permetterà di sviluppare e condividere qualche considerazione su Weimar, Wehrmacht, Prussia, NSDAP, DDR, fino ad arrivare alla repubblica federale di oggi. Procederò armato soltanto di pochi dati e logica elementare, aperto a qualsiasi osservazione e contraddittorio (anzi lo domando a chi avrà voglia : contestatemi e contradditemi senza esitazione laddove riterrete)
Per il momento lasciamo Gustav Keitel qua sotto, all’infelice momento della firma (avrà momenti assai meno felici a breve, comunque) e partiamo dalle radici…………
(CONTINUA…)

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