PEGGIO FIORENZIO?,di Teodoro Klitsche de la Grange

PEGGIO FIORENZIO?

Un vecchio detto latino recita “historia docet”, ma l’esperienza insegna che spesso non è così. Gli è che per imparare dalla storia, occorre che gli studenti la conoscano, la capiscano e non trovino buone ragioni per non mettere in pratica quanto appreso.

E di fronte all’alzata di ingegno di deputati del PD di istituire un “contributo di solidarietà” a carico dei contribuenti con reddito superiore a € 80.000,00 (lordi) ci è venuto in mente quanto quell’adagio sia contraddetto dai comportamenti, in particolare della burocrazia.

Non che mi abbia meravigliato: è una condotta ripetuta in Italia che ad ogni sciagura collettiva segue, quasi sempre, un aumento delle tasse. Se Puviani fosse vivo lo spiegherebbe probabilmente coll’emozione collettiva, la paura hobbesiana dei sopravvissuti, i quali, scampati al peggio  accettano di sottomettersi ai nuovi balzelli. E di questo le classi dirigenti si approfittano, aumentando l’imposizione la quale, al contrario dell’emergenza che l’ha “giustificata” non ha un inizio e una fine (come tutto) ma la sgradevole tendenza a perpetuarsi da provvisoria a (tendenzialmente) eterna. Se si legge l’elenco delle accise sulla benzina, ad esempio, si ha il riassunto di gran parte delle sventure sopportate negli ultimi 90 anni dagli italiani. Si parte dalla guerra d’Etiopia (1935) fino al terremoto in Emilia di qualche anno fa per complessive: guerre e missioni militari 3, terremoti 5, alluvioni 3, varie (dagli autobus ecologici al finanziamento della cultura, al “finanziamento immigrati”) 5 e infine la peggiore di tutti, il decreto “salva Italia” del governo Monti che, caso unico, riassumeva in se i connotati sia della sciagura che dell’imposta corrispondente.

Quindi nessuna novità, neppure nell’aspetto socio-politico dell’imposta ventilata che colpisce (come al solito) i ceti medi, cioè i meno propensi a votare PD, e quindi i primi candidati allo sfruttamento fiscale.

Questo ricorda un episodio della vita dell’imperatore Giuliano, allora Cesare delle Gallie, subordinato al cugino, l’Augusto Costanzo, da cui era stato circondato di funzionari ligi all’Augusto. Racconta Ammiano Marcellino che il giovane Cesare, issato al comando pur dedicandosi alla filosofia, si rivelò un generale eccezionale. Dato che i franchi e gli alamanni avevano occupato gran parte della Gallia orientale da alcuni anni, li sbaragliò, passò il Reno e li costrinse a restituire il bottino (o almeno gran parte) e i galli da loro deportati e ridotti in schiavitù. Il prefetto del pretorio Fiorenzio, tutto contento del ritorno dei contribuenti e dei territori, si fregò le mani e propose a Giuliano di provvedere alle finanze pubbliche con requisizioni a carico dei sudditi.

Ma Giuliano, scrive Ammiano, “affermava di preferire la morte anziché permettere una simile misura” perché sapeva che provvedimenti analoghi avevano rovinato le provincie. Alle proteste di Fiorenzio si mise a fare i conti dimostrandogli che la somma ricavata col prelievo ordinario era già sovrabbondante. Dato che il prefetto del pretorio, dopo qualche tempo, tornò alla carica col decreto fiscale da firmare, lo buttò per terra. Ai rilievi di Costanzo (causati da un rapporto di Fiorenzio) Giuliano rispose che bisognava ringraziare il cielo che i sudditi galli, dopo le depredazioni subite, pagassero almeno le solite imposte, senza gli aumenti sollecitati dal burocrate.

Il quale, qualche anno dopo, fece carriera e fu fatto console da Costanzo; morto il quale e succedutogli Giuliano, vista la mala parata, scappò e fu condannato a morte in contumacia.

A fare scuola comunque fu più Fiorenzio che Giuliano, purtroppo per l’impero romano (d’occidente). Racconta Salviano, quasi un secolo dopo, che i sudditi romani scappavano dalle zone (ancora) amministrate dall’Impero a causa delle vessazioni della burocrazia imperiale, per rifugiarsi in quelle occupate dai barbari, dove quella non arrivava. E così l’Impero cadde.

Dalla narrazione di Ammiano Marcellino (e dal… seguito) risulta che quando, per garantire quello che Gianfranco Miglio chiamava “rendite politiche”, si sfruttano e s’impoveriscono le popolazioni (l’Italia con la crescita quasi zero degli ultimi vent’anni e la prospettiva di calo rilevante del PIL, causa pandemia ne è esempio) non si consolida lo Stato: lo si manda in rovina.

Teodoro Klitsche de la Grange