L’Iran ha innescato la rappresaglia bombardando con razzi e missili due basi americane in Iraq. Hanno scelto la stessa ora in cui è morto assassinato Soleimani. Non risultano vittime americane; tutto lascia presumere, le voci all’interno degli ambienti militari americani lo confermano, che in realtà gli americani siano stati in qualche maniera avvertiti. Un tweet di fonte autorevole iraniana parla di rappresaglia avvenuta e afferma che ulteriori azioni dipenderanno dall’eventuale replica americana; segno che nella dirigenza farsi sta prevalendo al momento una posizione attendista non ostante l’oltranzismo di Kameney e delle frange dei Guardiani della Rivoluzione. Si sente anche la pressione diretta ed indiretta, vedi la missione in Siria e Turchia di Putin in persona, di russi e cinesi anche se il controllo sul regime iraniano è molto relativo. La situazione politica e la posizione dei militari in Iran è molto più instabile e incerta di quanto lascino intendere le manifestazioni legate alla cerimonia funebre di Suleimani; la proverbiale permeabilità degli apparati di sicurezza iraniani è tutta lì ad attestarlo. Qualche confusione nella operatività istituzionale comincia a manifestarsi anche negli Stati Uniti a seguito delle ormai annose divergenze politiche; l’esempio del comunicato di ritiro e riposizionamento delle forze americane in Iraq, poi smentito, ne è la prova
Il capo libanese di hezbollah, Nasrallah, ha tenuto a precisare di essere pronto a sostenere militarmente la reazione dell’Iran, ma senza pregiudicare gli equilibri politici in Libano. Un colpo al cerchio iraniano, per delimitare i limiti della propria solidarietà, un colpo alla botte libanese per salvaguardare la precaria alleanza che mantiene quel regime politico
Putin scende significativamente e in gran pompa a Damasco. Serve per ribadire a Stati Uniti e Iran che la Siria è sotto la propria tutela. Perde con Soleimani l’interlocutore più stretto, lo stratega politico-militare in grado di convincerlo alla fattibilità dell’intervento in Siria e del sostegno ad Assad; guadagna a suo favore un indebolimento della capacità strategica dell’Iran in Siria. Non ha gradito l’azione terroristica compiuta dagli Stati Uniti; ancor meno ha gradito le provocazioni iraniane all’ambasciata americana e contro le navi nel Golfo Persico proprio quando si profilava un ritiro americano quanto meno dalla Siria. Conosce bene i limiti della forza militare iraniana al cospetto di quella statunitense, specie in una situazione di guerra puramente distruttiva e la fragilità della solidarietà musulmana
qui sotto la mappa dei recenti terremoti verificatisi in Iran nei pressi dei siti nucleari. Ci sono sospetti sul loro carattere artificiale
gli Stati Uniti smentiscono fermamente che Soleimani fosse in Iraq in veste di diplomatico