carciofi e carciofanti, di Augusto Sinagra, Gianni Candotto, Piero Visani
TRENTA E I CARCIOFI, di Augusto Sinagra
La signorina Elisabetta Trenta è stata defenestrata. Molti esultano, pochissimi la rimpiangono.
Sono stato testimone di un suo ultimo patetico tentativo di “recupero” quando l’ho vista presente nella Chiesa dell’Ospedale Militare Celio ai funerali dell’ultimo Leone di El Alamein Santo Pelliccia. Non le è servito a niente però devo dire che nella circostanza non era in bermuda e infradito.
Ora la gentildonna in questione non si sa cosa tornerà a fare alla Link University dove non si è mai capito cosa faceva. Non penso proprio attività di docenza se non con qualche contrattino.
La ormai ex Ministro è molto contrariata della cosa e per rimarcare l’orrenda ingiustizia da lei subita pare che si sia prodotta in dichiarazioni della cui gravità evidentemente non si è resa conto: “Ho lottato contro Salvini più di ogni altro, non lo meritavo”.
Dunque, questa specie di ex Ministro ha inteso il suo ruolo non nel senso di garantire e coordinare la difesa del territorio e degli interessi nazionali, ma nel senso di contrastare un membro del Governo e proprio in pregiudizio degli interessi nazionali. Il tutto con l’ovvio assenso del manichino pugliese.
Non è tutto: ispirandosi a metodi e logiche di pretto stampo tardo-siciliano pare che abbia anche dichiarato: “Voglio stare zitta perché in questo momento potrei dire di tutto e contro tutti”!
Dunque, codesta dama è anche omertosa e lancia minacce oblique. Come intendere in altro modo quel che ha detto e comunque non ha smentito?
Se ha qualcosa da dire ha il dovere morale e civile prima ancora che politico di dirlo. La verità è che questo soggetto non ha il minimo senso dello Stato e della “cosa pubblica” e viceversa vive secondo oscure logiche e implicite minacce ovviamente finalizzate a suoi non commendevoli e non confessabili interessi personali.
Rivolgo alla Elisabetta Trenta un consiglio finalizzato ad attività forse più corrispondenti alle sue competenze: essendo di Velletri potrebbe utilmente contribuire alla organizzazione della Sagra del Carciofo.
LA “MINISTRA” BELLANOVA E IL BISPENSIERO ORWELLIANO di Gianni Candotto
Leggo che tantissimi intellettuali radical chic si “indignano” per le critiche di incompetenza alla ministra Bellanova.
Scrivono infervorati che una bracciante con la terza media che si è “spezzata la schiena tutta la vita a lavorare nei campi e a battersi per i diritti dei braccianti” vale di più chi ha lauree e dottorati.
Loro: i radical chic, quelli che da anni ci smazzolano le balle sul popolino ignorante contrapposto ai laureati delle ZTL che capiscono.
Loro: quelli che sono anni che ci smazzolano le balle sul fatto che il suffragio universale è sbagliato perchè il voto di un laureato vale come quello di un contadino ignorante.
Sì adesso c’è il “contrordine compagni”: adesso il sudore sparso vale più delle lauree.
Questo è un tipico esempio di bispensiero orwelliano. Ovvero della capacità di sostenere una tesi credendoci e immediatamente dopo sostenere l’esatto contrario, sempre credendoci. D’altra parte viviamo in un mondo simile a 1984 di Orwell, dove Obama che ha fomentato guerre in mezzo mondo prende il premio Nobel per la pace, mentre Trump che fino adesso le sta evitando tutte è guerrafondaio (Orwell 1984: la guerra è pace), dove il prodotto dei poteri forti Greta è una che combatte i poteri forti, dove le botte e i proiettili di gomma (con annessi la decina di morti e le migliaia di feriti) ai gilet gialli sono democrazia, dove Assange è un traditore che merita il carcere, mentre i condannati per evasione fiscale in Russia sono “dissidenti colpiti dalla dittatura di Putin”, dove il M5s ieri era il male assoluto e oggi è un progetto di avanguardia popolare.
Capiamoci: non sono un feticista dei titoli di studio. Conosco tante persone che non hanno studiato molto più competenti di professori universitari, ma questo non è proprio il caso.
Essersi battuta, come dicono gli agiografi della ministra Bellanova, per i diritti dei braccianti, non c’entra niente col ministero dell’Agricoltura. Casomai, al limite, ma molto al limite, c’entrerebbe con il ministero del Lavoro. Ma il ministero dell’Agricoltura, vista la crisi del settore è un ministero chiave oggi, e avere un ministro così è un dramma per il settore.
ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE DIABOLICUM, di Piero Visani
Un tempo, se uno non era totalmente sprovveduto di natura, rifletteva sulle proprie sconfitte, le analizzava, cercava di capire dove avesse sbagliato, come e perché. Da quel punto di vista, le sconfitte potevano rivelarsi addirittura più proficue delle vittorie, poiché inducevano i perdenti alla riflessione, all’analisi, all’autocritica. Tutte possibili premesse di future vittorie.
Il governo Conte 2 deve ancora insediarsi ufficialmente in carica, eppure – nella “Destra più bestia del mondo”, per riprendere una celebre espressione dei tempi della “Nouvelle Droite” francese – non solo non è iniziata alcuna autocritica (temo che molti, al suo interno, neppure sappiano di che si tratti e tanto meno a che serva…), ma è iniziata una sorta di attesa taumaturgica per il prossimo appuntamento elettorale che, a livello nazionale, potrebbe essere anche tra quattro anni.
In una fase storica segnata da accelerazioni continue, quattro anni potrebbero essere tantissimi, ma si notano già alcuni preoccupanti indizi:
1) NESSUNA ANALISI SERIA di quel che è accaduto e perché. E’ vero che le analisi serie fanno fumare i cervelli, e che quelli vuoti ovviamente fumare non possono, perché non ci sono meningi da spremere, tuttavia…
2) LA RICERCA DEL BADOGLIO DI TURNO: Quella non può mancare mai. Poco importa che una guerra sia stata condotta da schifo, come non poche altre, con armamenti penosi e dirigenti incapaci. L’importante è trovare un capro (con la “erre”, grazie…) espiatorio, al quale imputare tutte le responsabilità e i presunti tradimenti. Da trascinare in processo a Verona (o dintorni), in modo da evitare di trascinare se stessi…
3) L’EVIDENTE INTENTO DI CONTINUARE A COMBATTERE come si è fatto fino a oggi, il che costituisce una solida garanzia di future sconfitte.
Facciamo un piccolo esempio pratico: i nani e le ballerine che guidano il centrodestra italico mostrano di attendere come un’epifania le prossime elezioni. Fermi, fissi, immobili. Ora chi garantisce che, in un’epoca di guerra ibrida, la strategia statica sarà migliore e più proficua di una guerra di movimento? Chi garantisce che a vincere la prossima competizione elettorale saranno sufficienti i “social”, che già in questa occasione si sono dimostrati utili al più a spostare un po’ di voti, non a RADICARE OPINIONI nel lungo periodo?
Che senso ha minacciare continuamente “Ci rivedremo a Filippi?” (per chi sa che cosa si voglia intendere…), se poi all’appuntamento epocale nella storica città macedone ci si intende arrivare come al solito nel peggiore dei modi? Infine, che garantisce che – tra un certo numero di anni e proprio a seguito della perdurante linea di assenza da ogni inserimento organico nei gangli della società italiana – non si arriverà votando su qualche nuova “piattaforma Rousseau”, approvata da qualche solida e compatta maggioranza parlamentare, utile a far conoscere all’Italia e al mondo le “meraviglie” del voto elettronico eterodiretto? Prendere per le terga i fessi, quelli che quando sono al governo riescono al massimo a fare “il poliziotto cattivo” con il resto del mondo, convinti per di più di riuscire a vincere, non è poi così difficile…
MIRACOLO!, di Piero Visani
Mi sono divertito un mondo, oggi, a vedere la sfilata dei “miracolati” da Salvini. Sarei stato tentato di scrivere “la giornata dei morti viventi”, ma poi – guardando meglio, io lo faccio, certi altri no… – ho dovuto esclamare: “Essi vivono!!”.
Come in tutte le cose, “uno NON vale uno”, ma in Italia, Paese dove l’unica ambizione collettiva è la corsa all’appiattimento verso il basso, in modo che i milioni di mediocri possano sguazzare soddisfatti nel “guano primordiale”, i risultati prima o poi arrivano e – da noi – arrivano sempre più di frequente e in massa. A crescere a certe culture berlusconiane, si può pensare che vincere nei conflitti moderni basti girare una volta, nemmeno due, la “ruota della fortuna”. E invece no, serve un po’ di più.
Che destino cinico e baro…