COSTITUZIONE UNGHERESE E STATO DI DIRITTO 1a parte, di Teodoro Klitsche de la Grange
COSTITUZIONE UNGHERESE E STATO DI DIRITTO
La costituzione già vigente in Ungheria, prima dell’attuale (ossia quella adottata nel 1949 ampiamente modificata dopo il crollo del regime comunista) grazie anche agli interventi della Corte costituzionale, era stata adattata alla nuova situazione politica.
Dal 2012 è entrata in vigore la nuova Costituzione. Il testo è suddiviso in tre parti, con numerazione diversa: gli articoli della prima parte sui “principi fondamentali” sono segnati da una lettera (da A a T); la seconda parte sui diritti e doveri (intitolata Libertà e responsabilità) porta numeri romani (da I a XXXI); e, infine, la terza parte sull’organizzazione dello stato ha numeri arabi (da 1 a 54).
La Costituzione del 2012 nel preambolo fa esplicito riferimento al cristianesimo, e recita: “Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione. Rispettiamo le diverse tradizioni religiose presenti nel nostro paese”; è garantita la protezione del feto (art. II). Un altro articolo definisce il matrimonio come unione tra uomo e donna e dispone la protezione della famiglia come “la base per la sopravvivenza della nazione”. La “fonte del potere pubblico è il popolo” dispone l’art. B.
L’art. C (I° comma) dispone che “il funzionamento dello Stato ungherese si fonda sul principio della separazione dei poteri”.
Sempre l’art. C (II° e III° comma) fonda il monopolio della violenza legittima dello Stato, che appare completato dal diritto ed obbligo (per tutti) di intervenire in modo legittimo, contro simili pretese (di conquistare o esercitare il potere con la violenza) che pare fondante un diritto di resistenza “minore”.
Il controllo di costituzionalità è sia preventivo che successivo (al contrario di quello italiano che è solo successivo); dato che precedentemente era possibile l’azione popolare, il ricorso (diretto) individuale è attribuito (così restringendolo) ai soli soggetti lesi dall’atto impugnato (v. art. 24).
I giudici e i magistrati della Procura “sono indipendenti”; non possono essere iscritti a partiti, né svolgere attività politica. Si noti che i Presidenti della Corte Costituzionale, della Corte Suprema d’Appello e il Procuratore generale sono eletti dall’Assemblea nazionale. Tale soluzione era quella già prescritta nella Costituzione del 1949, tipica degli Stati del socialismo reale, anche se, in quelli, estesa a tutti i giudici, peraltro revocabili (e quindi non inamovibili)[1]. La regolazione delle garanzie istituzionali dello status e della retribuzione dei magistrati è demandata ad una “legge organica”.
L’art. L dispone che “L’Ungheria tutela l’istituto del matrimonio quale unione volontaria di vita tra l’uomo e la donna, nonché la famiglia come base della sopravvivenza della Nazione. L’Ungheria sostiene l’impegno ad avere figli”.
L’art. O dispone che “Ognuno è responsabile di se stesso ed è tenuto a concorrere all’espletamento delle funzioni statali e comunitarie secondo le proprie competenze e possibilità”.
L’art. R al comma I° dispone che la Legge fondamentale (cioè la Costituzione) è “la base dell’ordinamento giuridico dell’Ungheria”. Al comma III che “le norme della Legge Fondamentale vanno interpretate in armonia con il loro fine, con la Professione Nazionale ivi compresa, e con le conquiste della nostra costituzione storica”.
L’art. S prescrive le norme per le modifiche costituzionali che ne richiedono l’approvazione con maggioranza qualificata “dei due terzi dei deputati dell’Assemblea Nazionale” (è così una Costituzione rigida). L’art. T (comma IV°) prescrive poi che “le leggi organiche sono approvate con la maggioranza dei due terzi dei deputati presenti” (tali leggi sono prescritte dalla costituzione in materia di particolare rilievo, indicate dalla stessa legge fondamentale).
L’art. I dispone “I diritti inviolabili ed inalienabili dell’uomo vanno rispettati. È obbligo primario dello Stato la protezione di essi”, il III comma prescrive “Le norme che riguardano i diritti e i doveri fondamentali sono stabilite dalla legge. Un diritto fondamentale può essere limitato, nella misura strettamente necessaria, allo scopo di far valere un altro diritto fondamentale o di difendere dei valori costituzionali, in modo proporzionato al fine intenzionato e nel rispetto dei contenuti essenziali del medesimo diritto fondamentale”. Tale ultimo precetto ricorda, per la garanzia del contenuto, l’art. 19 (II° comma) della Grundgesetz tedesca.
Gli articoli dal II al XXX proteggono i diritti di libertà e proprietà garantiti in ogni Stato borghese, con particolare attenzione alla famiglia e ai minori (articoli XVI e XVIII). L’art. XXXI prevede, tra l’altro obblighi e limiti dello Stato d’eccezione, che sono destinati a essere disciplinati dettagliatamente dagli artt. 48-54.
Quanto all’organizzazione dello Stato, l’art. 15 prescrive il principio di legalità per gli atti del Governo, l’art. 21 la sfiducia al Primo Ministro eletto dall’Assemblea Nazionale (con indicazione del sostituto “suggerito” il che ne fa una “sfiducia costruttiva”).
L’art. 30 istituisce il Commissario dei diritti fondamentali che “svolge l’attività di protezione dei diritti fondamentali. Chiunque può richiedere il suo intervento. Il Commissario dei Diritti Fondamentali esamina e fa esaminare gli abusi relativi ai diritti fondamentali dei quali è stato informato, e per risolverli intraprende provvedimenti speciali o generali”; è eletto (con i sostituti dello stesso) dall’Assemblea nazionale, e non può essere (come i sostituti) membro di partiti né svolgere attività politica. Altre norme disciplinano i “governi locali” (artt. 31-35); la finanza pubblica (artt. 36-44); la forza pubblica e le operazioni militari (artt. 45-47).
- Com’è noto si è dubitato da parte di organi dell’Unione Europea che, non tanto la Costituzione, ma soprattutto alcune leggi approvate successivamente dall’Assemblea Nazionale, siano lesive dello Stato di diritto.
Occorre previamente fare un breve cenno alla precedente Costituzione dell’Ungheria (del 1949 – in pieno stalinismo) per notare le (enormi) differenze con quella del 2012.
La Costituzione “stalinista” inizia con un entusiastico plauso alla sconfitta e all’occupazione militare dell’Ungheria da parte dell’URSS[2]; prosegue col disporre (art. 4) “Nella Repubblica popolare di Ungheria la massima parte dei più importanti mezzi di produzione è proprietà dello Stato, delle organizzazioni pubbliche o delle cooperative. Mezzi di produzione possono trovarsi anche in mani private” (il corsivo è mio) l’art. 5 dispone la pianificazione; l’art. 6 la “proprietà del popolo” di (quasi tutto); l’art. 9 il diritto (e il dovere) al lavoro.
Il praesidium dell’Assemblea nazionale, come in altre costituzioni degli Stati del “socialismo reale” faceva un po’ di tutto, dalla rappresentanza (internazionale), alla normativa d’urgenza, all’annullamento degli atti degli organi statali per illegittimità (o perché contrastanti con “gli interessi dei lavoratori”)[3].
I giudici erano elettivi (art. 39), come il Procuratore generale. Gli artt. 45-58 tutelavano i diritti dei cittadini e dei lavoratori; gli artt. 59-61 i doveri dei cittadini. Poi l’art. 66 poneva sotto riserva di legge “l’elezione e la revoca” dei deputati.
Si capisce che, data la storia dell’Ungheria nel secondo dopo-guerra e la dura resistenza del popolo all’occupazione sovietica, il costituente del 2012 abbia proclamato nella “Professione nazionale” (cioè il “preambolo”) che “Onoriamo le conquiste della nostra costituzione storica e la Sacra Corona, la quale incarna dell’Ungheria la continuità costituzionale dello Stato e l’unità della nazione. Non riconosciamo la sospensione della nostra costituzione storica avvenuta sotto occupazione straniera. Neghiamo la prescrizione dei crimini disumani commessi contro la nazione ungherese ed i suoi cittadini durante le dittature nazionalsocialista e comunista. Non riconosciamo la Costituzione comunista dell’anno 1949, perché fondamento di tirannia e ne dichiariamo perciò l’invalidità (il corsivo è mio). Concordiamo con i deputati della prima Assemblea Nazionale libera, i quali, con la loro prima delibera, dichiararono che la nostra odierna libertà germogliò dalla nostra rivoluzione del 1956. La ricostituzione dell’autodeterminazione statale della nostra Patria, persa il diciannove marzo 1944, la consideriamo avvenuta il 2 maggio 1990, data dell’inaugurazione della prima rappresentanza nazionale a seguito di elezioni libere. Riteniamo tale data l’inizio della nuova democrazia e del nuovo ordinamento costituzionale della nostra patria”.
Anche se l’ “invalidità” può creare dei problemi di carattere giuridico, allorquando si cerchi di assicurare una continuità giuridico-normativa a cambiamenti della forma di Stato e del regime politico, è comprensibile politicamente che un popolo, così geloso della propria indipendenza, abbia voluto rimarcare la (radicale) discontinuità della nuova Costituzione rispetto al regime di “occupazione straniera”, che è la sostanza di quanto capitato all’Ungheria nel XX secolo. Se il tutto può apparire “politicamente scorretto” è altrettanto storicamente esatto.
In sostanza la “Professione nazionale” afferma sul punto due principi: che la libertà politica è, in primo luogo, quella del popolo di determinare autonomamente la forma della sua esistenza, politica in primo luogo; e che se la volontà del popolo è coartata il prodotto di tale coercizione – coerentemente al principio democratico – non è riferibile al popolo e alla sua volizione, ma all’occupante straniero[4]; onde è invalido.
L’art. B della Carta ungherese proclama che “l’Ungheria è uno stato di diritto, indipendente e democratico” (il corsivo è mio); al comma III che la “fonte del potere pubblico è il popolo”.
Ciò stante occorre vedere se le disposizioni e il preambolo della Costituzione ungherese sono riconducibili al “tipo ideale” dello Stato borghese di diritto.
I principi dello Stato borghese di diritto sono enunciati nell’art. 16 della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del Cittadino del 1789: “Toute Sociétè dans laquelle la garantie des Droits m’est pas assurée, ni la séparation des Pouvoirs déterminée, n’a point de Constitution” (il corsivo è mio). Di tale asserzione “non avere una costituzione “è un errore evidente, perché ogni Stato per il solo fatto di esistere è una Costituzione (Santi Romano); ma è sicuramente esatto che, distinzione dei poteri e garanzia dei diritti fondamentali sono le “cartine di tornasole” che distinguono lo Stato di diritto da quello che non lo è.
Su ciò la migliore dottrina concorda. A citare soltanto maestri del diritto pubblico come Vittorio Emanuela Orlando, il quale individuava tra le caratteristiche del “governo rappresentativo” (cioè lo Stato borghese di diritto) la distinzione dei poteri e la tutela giuridica[5]; lo stesso sosteneva Carl Schmitt [6] e, attualizzandolo alla “Stato sociale” Ernst Forsthoff[7].
Applicando tal criterio distintivo è sicuro che la Costituzione dell’Ungheria è quella di uno Stato di diritto: la separazione dei poteri c’è, la tutela dei diritti fondamentali pure. Anche attraverso autorità che in Italia non abbiamo come il “Commissario dei diritti fondamentali”. Se qualcuno può rilevare che la nomina dei magistrati apicali è demandata al potere politico, si può replicare che il tutto risulta anche da altre Costituzioni, come quella USA (la Corte Suprema di nomina presidenziale); peraltro in USA la gran parte dei giudici sono di nomina o elezione da parte di insiemi politici, e nessuno ha, che risulti, dubitato che la Costituzione degli Stati Uniti non fosse riconducibile ad uno Stato di diritto.
Le costituzioni moderne riconducibili allo Stato di diritto hanno diverse forme di governo (presidenziale, parlamentare, del “primo ministro”, federale, e cosi via) ma nessuno – che mi risulti – ha revocato in dubbio che ad esempio, la Costituzione francese (della III e IV Repubblica), parlamentare e centralizzata non fosse di democrazia liberale perché quella degli USA è presidenziale e federale, o viceversa.
[1] L’art. 39 prescriveva “Nella Repubblica popolare di Ungheria tutti i giudici sono eletti; i giudici eletti posso essere revocati”.
[2] Si legge nel preambolo “Il glorioso esercito della grande Unione sovietica ha liberato il nostro paese dal giogo dei fascisti tedeschi, infranto il dominio politico antidemocratico dei proprietari terrieri e dei grandi capitalisti e schiuso al nostro popolo lavoratore il cammino dell’evoluzione democratica. Giunta al potere in virtù delle sue lotte accanite contro i padroni e i difensori dell’antico regime, la classe operaia alleata ai contadini laboriosi ha ricostruito, con l’aiuto disinteressato dell’Unione sovietica, il nostro paese devastato dalla guerra … La Costituzione della Repubblica popolare di Ungheria, indicando il cammino dell’evoluzione futura, è l’espressione dei cambiamenti fondamentali che hanno avuto luogo nella struttura economica e sociale del nostro paese, del risultato di queste lotte e di questo lavoro di ricostruzione”.
[3] V. anche il potere “concorrente” del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 26 della Costituzione ungherese abrogata.
[4] Un liberale o un democratico italiano del Risorgimento non avrebbe pensato nulla di diverso, Per Mazzini o Cavour pensare che i principi fondamentali dell’ordinamento fossero dettati da Metternich, indipendentemente dal loro contenuto, sarebbe sembrato il prodotto di un asservimento non solo materiale, ma anche – e soprattutto – spirituale, se creduto.
[5] v. Principi di diritto costituzionale p. 64 ss. e per i diritti fondamentali p. 264 ss.
[6] v. Verfassunslehre trad. it. di A. Caracciolo La dottrina della Costituzione Milano 1984, pp. 212-264.
[7] v. Stato di diritto in trasformazione Milano 1973, segnatamente p. 42.