SPIGOLATURE_ A CURA DI GIUSEPPE GERMINARIO

Qui sotto un breve post di Antonio de Martini sull’uso politico e geopolitico della logistica legata al sistema agroalimentare e sulle risorse di base necessarie alla vita delle comunità. In allegato il link ad un significativo documento stilato da tre studiosi americani e relativo all’argomento. Il testo è in inglese, ma con un traduttore si riesce comunque a coglierne il senso generale.

E’ il prodromo ad una prossima intervista_Giuseppe Germinario

PROSSIMA FERMATA, IL CAIRO, di Antonio de Martini

Ovvio che un documento accademico scritto da ben tre studiosi americani ( di differente origine nazionale e religiosa) di una prestigiosa università , sia una seria base di meditazione.

In particolare se il documento mostra che esiste una relazione precisa tra le rivolte arabo-africane degli ultimi anni e il prezzo internazionale del grano condizionato dalla borsa merci di Chicago.

Se si aggiunge a questa vicenda che oggi con la Diga RENAISSANCE etiopica ( lavoro terminato ma che non eroga elettricità, dato che Addis Abeba continua ad avere solo tre giorni a settimana di corrente, trattiene solo l’acqua del Nilo) si vuole ripetere il terribile gioco con l’Egitto e il Sudan, il quadro è più chiaro.

Nota a margine dell’autore. La Siria, negli anni, ha costruito una serie di silos enormi per non farsi ricattare nella vendita del grano annuale aI brokers internazionali. Il primo bombardamento punitivo di Obama sulla Siria non ha riguardato basi militari o colonne di rifornimento all’hezbollah, ma proprio i silos del grano che evitavano l’obbligo a vendere nelle date fissate dai contratti Continental Grain.
Miracolosamente nel precedente decennio, in quelle date, il prezzo del grano di riferimento crollava alla…borsa merci di Chicago e i siriani subivano regolarmente ingenti perdite.

http://necsi.edu/research/social/food_crises.pdf

Qui sotto, invece, un arguto commento di Pierluigi Fagan riguardante la natura e il retroterra politico-culturale del renzismo presente nel panorama politico italiano sin dagli albori della Repubblica

TAKE OVER. La Physocephala vittata è un insetto che depone le uova dentro il corpo della vittima, poi se ne ciba dal di dentro e la induce a sotterrarsi prima di spirare di modo da trovarsi casa e cucina pronte per far passare una felice e protetta infanzia alla propria prole. Negli anni ’80, tempi di scalate di giovani raider, si prendeva il potere di una azienda, la si svuotava dal di dentro e nonostante ovviamente si fosse perso molto dell’originario valore, rimaneva pur sempre una infrastruttura base che si sarebbe dovuta altrimenti costruire ex novo con molta maggiore fatica.

Così Renzi col PD, una formazione politica nata grande, composta da molte tribù politiche al suo interno e con un vasto quanto eterogeneo elettorato esterno. Renzi ha indotto alla secessione l’anima ex-PDS ed ora cercherà di fare altrettanto con gli ex Ulivo/Margherita di cui pure si era posto come riferimento. Colpiva ieri sentire l’istituzionale e felpato Zanda parlare con toni inalberati e velenosi anche a nome di Franceschini, Gentiloni ergo Mattarella, delle dimissioni a parole e non nei fatti.

Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che Renzi si sarebbe fatto un suo En Marche ma costoro non hanno calcolato quanto difficile sia una start-up e quanto rischioso sia proporsi per una adesione attiva. Una cosa è chiedere un voto espressamente per sé, altra cosa è chiedere un voto per conto di una nebulosa simbolica a cui molti sono affezionati, che sia perché progressista o socialdemocratica o social cristiana o di sinistra moderata e responsabile o social moderna o riformista migliorista o altro dei vari concetti di cui quella tradizione è tentativo (mal riuscito) di sintesi.

Non è solo la differenza tra fare una cosa daccapo e modificare una cosa che già c’è, non è solo preferire di risultare ambiguamente al centro di una serie di proiezioni ideali piuttosto che esporsi dichiaratamente in un modo preciso che esclude altrettanto precisamente altre opzioni, è che -conti alla mano- ciò che davvero rappresenta politicamente Renzi in quanto idee ovvero il “liberalismo progressista”, in Italia, pesa storicamente molto poco. Il liberalismo progressista ha lontana origine nella mentalità dei fondatori della Gran Loggia di Londra che fondò la moderna massoneria a partire dall’Inghilterra. Certo non il 18% che oggi ha, ma neanche un 8% che forse avrebbe sotto altro marchio. Anche dovesse alla fine ritrovarsi con un PD al 10%, ne avrebbe sempre un saldo attivo, rispetto al lancio di un nuovo marchio.

Ieri Renzi, ha dato colpa della sconfitta a coloro che gli hanno bocciato il referendum e poi a coloro che gli hanno impedito di andare ad elezioni prima sfruttando l’onda lunga della vittoria di Macron in Francia. La prima è semplicemente una stupidaggine perché non c’è alcuna ragione logica per sostenere quella affermazione, la seconda è addirittura un insulto all’intelligenza elettorale, come a dire “la gente è stupida, intontita dal successo di Macron mi avrebbe scambiato per lui e mi avrebbe votato sull’onda dell’entusiasmo e dell’imitazione gregaria.”. Poi ha ribadito i suoi punti forti, tutte dicotomie di cui lui è il bene e tutti gli altri il male, congegno retorico tipicamente demagogico.

Gli ex-ex comunisti li ha fatti fuori, ora vedremo cosa succede con gli ex-ex democristiani, pezzi meno facili. Un po’ dispiace, dispiace per gli amici ed amiche che continuano a votare pur con i maldipancia quel simbolo di una galassia valoriale che aveva i suoi perché, dispiace per il disequilibrio che induce nel quadro politico, dispiace per il significato politico davvero misero di questa storia troppo anni ’80. Questa l’essenza del furbo provinciale toscano, una modernità mal masticata a metà tra Fonzie e Gordon Gekko che sta divorando dal di dentro il corpaccione cristiano-social-democratico, in nome di una esuberante volontà di potenza che si ispira ai valori del liberalismo anglosassone risciacquati in Arno e supportata da una tribù di giovinastri altrimenti anonimi proiettati al vertice del mondo che conta. Una storia molto italiana, direi.

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