QUANDO GLI ANGLOSASSONI PARLANO DI FOSSE COMUNI, CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DISTRUZIONI DI CASE, SE NE INTENDONO. SANNO MENO DI NEUTRALITA’ E RISPETTO DELLE ALLEANZE.
Si parla spesso della guerra civile di Spagna del 1936 per invocare analogie con la situazione ucraina attuale. Si cercano parallelismi blasfemi tra i volontari che accorsero da ogni parte d’Europa e dalle Americhe in difesa della Repubblica spagnola ( il fior fiore dell’intellighenzia di ogni paese, tutti disinteressati, molti morti, nessun prigioniero, alcuni poi famosi come: André Malraux; John Dos Pasos; Ernest Hemingway, Randolfo Pacciardi, Iljia Ehrenburg, Marta Gelhorn, ).
Nulla a che vedere coi sottufficiali istruttori inglesi di oggi, che, per salvare la pelle, come ogni onesto mercenario professionista reduce dalla Siria, dallo Yemen e dall’Afganistan é pronto per lo scambio di prigionieri e l’incasso del bonus.
La somiglianza tra i due conflitti si limita alla eterna tentazione degli Stati Maggiori di testare ” sul campo” l’efficacia tecnica di nuove armi – tipo il Javelin – il missile anticarro che si impenna per colpire i mezzi corazzati dall’alto – la zona meno protetta – dotato di una doppia carica esplosiva che scoppia in differenziata: la prima per neutralizzare la mini carica esplosiva posta dietro le piastre di protezione della torretta che svia la prima esplosione; la seconda carica cava giunge così a diretto contatto, e distrugge il carro.
Gran successo. Peccato che ne siano stati prodotti solo seimila annualmente.
In Spagna, ad esempio, i tedeschi testarono la tecnica di bombardamento in formazione che distrusse Guernica e i russi i primi carri armati sovietici classe T.
E’ all’addetto militare francese a Madrid – colonnello Henri Morel – si deve la prima relazione sugli effetti psicologici di un bombardamento su persone ( lui stesso) in ambienti non fortificati. Ammise, pur essendo un reduce di guerra, dopo un bombardamento aereo italiano, di essere rimasto oltre un’ora inebetito, benché incolume ( rapporto al 2eme bureau del 22 ottobre 1937 “lezioni tattiche della guerra di Spagna”).
Le mitragliatrici furono invece collaudate da LordKitchener nella campagna del Sudan contro il Mahdi ( morto mesi prima)del 1898. A Ondurmann, le perdite umane sudanesi furono enormi ( in un giorno, tra morti e feriti oltre ventimila popolani sommariamente armati che attaccavano con vecchie sciabole, falci e archibugi spinti dal fervore religioso) contro perdite irrisorie dello schieramento britannico: 46 di cui oltre la metà soldati e graduati egiziani . Ufficiali inglesi caduti: tre.
Il razzismo innato degli inglesi impedì loro di capire che la mitraglia avrebbe avuto effetto anche sui bianchi e offrì inconsapevolmente alla mitraglia una intera generazione di inglesi e francesi che ne venne sterminata pochi anni dopo sui campi della Marna, della Somme e di Verdun.
Più simili all’attuale, i conflitti immediatamente precedenti la guerra mondiale, come ad esempio il conflitto anglo-boero ( e , in parte la guerra italo-turca in Libia che vide il primo uso del bombardamento aereo con un tenente dei bersaglieri che tirò un paio di bombe a mano su un accampamento beduino).
In sud Africa, si inaugurarono, i campi di concentramento per donne e bambini dei boeri che continuavano la guerra ad oltranza. Gli bruciavano le fattorie e i familiari venivano lasciati morire di inedia e di fame e di malattie, al punto che una eroica donna inglese Emily Hobhouse condusse una feroce campagna contro il governatore locale Alfred Milner, accusandolo – dopo un giro di ispezioni grazie alle sue conoscenze altolocate – di aver istituzionalizzato questi trattamenti inumani, le fosse comuni ed altre forme di brutale inciviltà che oggi vengono rimproverati a Israele e ai russi, per piegare i coloni riottosi al volere di sua maestà e allo sfruttamento britannico delle miniere d’oro.
Alfred Milner, Alto Commissario e Governatore della Colonia del Capo dal 1897 promosse la guerra contro i Boeri per conquistare le due repubbliche governate dai coloni bianch di origine olandese dello Stato Libero di Orange e della Repubblica del Sud Africa del presidente Paul Kruger.
Gli appetiti inglesi su quelle terre nacquero nel 1867 con la scoperta della più grande vena d’oro mai trovata nel Transvaal.
La conquista condotta con mano ferma e senza scrupoli fruttò all’Inghilterrauna nuova perla perll’impero e a Milner il titolo di Visconte. Cecil Rodhes, l’uomo più ricco del mondo alla sua morte delegò a Milner la gestione delle sue immense ricchezze perché le usasse per salvaguardare l’impero. e la supremazia della razza bianca. L’ex presidente degli USA Bill Clinton é stato un borsista della Fondazione Rodhes.
I due si ritroveranno su opposte barricate anche in occasione del primo conflitto mondiale di cui Milner fu poi uno degli artefici, assieme a Georges Clemenceau, entrambi legati anche dalla comune corrisposta passione per Lady Violet Cecil, nuora di Lord Salisbury, il primo ministro.
Anche qui, ci fu una errata valutazione della cavalleria a causa della carica di Kimberly che portò alla luce per ragioni di propaganda due dei protagonisti ( i generali John French e Douglas Haig) che poi comandarono le truppe inglesi sul continente credendo di essere ancora alle prese con contadini boeri e che il cavallo fosse l’arma risolutiva per eccellenza. Contro questi idee incrostatesi in menti anguste, si levarono prevalentemente donne di carattere provenienti dalla buona società come la già citata Emily Hobhouse e Charlotte Despard ( nome da sposata, in realtà la sorella del generale French), pacifista, sindacalista e comunista.
Assisi: un momento della manifestazione straordinaria ” marcia per la pace” organizzata in questi giorni ad Assisi. La marcia ricorda i ” fioretti di San Francesco” sulla perfetta letizia che iniziano spesso con ” Andando una volta santo Francesco da Perugia ad Assisi a tempo di verno ed il freddo grandissimo fortemente il crucciava…” Ora si marcia con meno letizia e senza comunicati sui media, ma la fame di pace affligge ugualmente un largo strato della popolazione italiana.
Le azzittarono col trucco inventato da Milner in Africa della ” guerra di difesa perché aggrediti”.E continuano ancora oggi che il testimone dei Sassoni é passato agli USA dove Lady Violet Cecil trasferì, dopo il 1945 la sua rivista “ National Interest“. In pratica la lotta tra imperialismo e pacifismo é stata essenzialmente una lotta tra menti femminili inglesi, di cuore e di carattere.
Il coraggio e l’audacia sul campo di battaglia – riservato ai maschi- non furono però più l’elemento decisivo delle battaglie con l’arrivo del nuovo secolo. Il primo conflitto mondiale – come il secondo- furono vinti dai paesi con maggiore capacità di produzione industriale protetta.
All’alba del nuovo secolo – il XXI – le armi decisive stanno rivelandosi l’elettronica e la comunicazione ( e il loro abbinamento). Ecco perché l’Ucraina sembra essere vittoriosa contro un colosso industrial-militare di vecchio tipo. Ecco perché chi sta collaudando di più i nuovi metodi ( incluso il cecchinaggio dei comandanti, impiegato per la prima volta contro lo sbarco ” di prova ” della brigata canadese a Dieppe nel 1942 dai tedeschi, che indusse gli USA a mettere sul retro degli elmetti – invece che sul davanti- le insegne di grado dei comandanti) sono gli anglosassoni e chi sta imparando di più, a caro prezzo, sono i russi, come avvenne nella campagna di Finlandia ( 1939) di cui Curzio Malapararte ci ha lasciato reportages interessanti e battute indimenticabili, come la differenza con l’Italia (“i finlandesi sono praticanti ma non credenti, gli italiani sono credenti, ma non praticanti” per sottolineare che l’Italia era non belligerante, e faceva solo chiacchiere e proclami).
IL NEGOZIATO DI ISTANBUL E IL FANTASMA DELLA NEUTRALITÀ
Fedeli alla vecchia tradizione USA che finiscono per provocare proprio i fenomeni che vogliono esorcizzare, gli americani, con l’annunzio della possibile adesione alla NATO di due stati tradizionalmente neutrali quali Svezia e Finlandia, hanno aperto l’ennesimo vaso di Pandora: quello della neutralità, su cui si sta dibattendo anche a Istanbul nei giri negoziali tra Ucraina e Russia, mediati dalla Turchia di Erdogan che, con questa mossa, si é differenziata dalla posizione degli altri partner NATO senza rompere con l’Alleanza Atlantica.
Autrice feconda, Micheline Calmy-Rey già ministro degli Esteri e presidente della Confederazione svizzera, nonché presidente del Consiglio d’Europa, offre con questo libro una visione inedita dell’idea di neutralità che chiama ” neutralità attiva” e consistente nella promozione attiva dell’idea e presi di pace invece che del pavido ed egoistico ripiegarsi su se stessi in cerca di una impossibile conservazione in un mondo ormai multipolare. Con una prefazione dell’ex Presidente francese Francois Hollande e contributi dei notissimi scrittori svizzeri Jean Ziegler e Roger Koppel, l’autrice propone all’Europa una funzione che gli burocrati di Bruxelles non hanno mai saputo ideare, benché sia in perfetta linea con l’ispirazione che ha creato l’istituzione, non nata per determinare il prezzo dei fagiolini e dei cavoletti …di Bruxelles.
Su 193 paesi del pianeta, gli stati neutrali sono una ventina e due tra questi sembrano sul punto di tradire la loro quasi secolare neutralità per aderire al blocco NATO nella vana ricerca di una sicurezza che non potranno comunque avere vista la vicinanza di confine con il presunto probabile avversario. Contenti loro….
Nel nostro caso, come Europei, abbiamo la scelta di onorare i più nobili motivi per cui l’Europa ha visto la luce ( mai più altre guerre sul nostro continente) o di obbedire alle pressanti richieste di una fazione USA in via di disfacimento dato che l’attuale presidente viene ormai visto come un ” one term President” privo di carisma, seguito e capacità di governo che a novembre gli elettori probabilmente non rinnoveranno.
Tornando al conflitto in corso, la strategia generale é mutuata dall’inquadramento fornito dall’ambasciatore Friederich Werner von der Schulemburg, per lunghi anni( dal 1934 fino alla guerra) ambasciatore a Mosca ed in seguito a capo del dipartimento 13 del Ministero degli Esteri tedesco che amministrava i territori conquistati a est.
Perfetto conoscitore del russo, era nato ed era stato allevato costì, sostenne – assieme al colonnello Claus von Stauffenberg, del quale condivise il destino dopo l’attentato a Hitler, che la Germania avrebbe potuto sconfiggere la Russia solo con l’aiuto dei russi trasformando la guerra in guerra civile e a tal uopo reclutò e portò in linea con la Wehrmacht oltre 250.000 uomini, appartenenti alle varie etnie su cui oggi anche gli USA intendono far leva, fino a che Hitler proibì il reclutamento di altri volontari russi. Speculando sul fatto che le ” altre etnie” non fossero da considerare russe il reclutamento continuò, ma in sordina fino a che i due, coi tremila complici antinazisti della “ Swarze Kapelle“, non finirono sulla forca.
Lo scontro sia ormai arenato in una sorta di replica tecnologica del primo conflitto mondiale: trincee, fango, fame e scontri ” corpo a corpo” tra persone che addirittura si conoscono, assumendo sempre più i contorni di una guerra civile. Una proxy war con a contrastare la Russia, un avatar di Joe Biden che non vuole concludere una trattativa perché non può e che non può vincere perché, fino a che la Russia avrà la superiorità aerea i rifornimenti più significativi ( artiglieria pesante, aerei da caccia) non avranno alcuna possibilità di giungere al fronte.
Resta intatta la possibilità che il parallelo con Hitler si spinga fino a segrete intese con possibili cospiratori ( Medvedev, Nebiulina ecc) , ma é inutile speculare sui segreti che non si cono c’erano che tra un secolo come sta avvenendo oggi per la Germania degli anni quaranta. Resta la carta dell’allargamento del conflitto ad altre etnie ( Georgia, Cabardinia, Moldova, Turkestan).
Si arriva così al capitolo più delicato della affidabilità degli USA come alleati. Su questo tema darò a giorni alle stampe un mio elaborato sulla fine ingloriosa del comando ABDA ( American , British, Dutch, Australian area) che fu il primo tentativo di creare una forza multilaterale per contrastare l’offensiva giapponese ( altro paese definito aggressore, mentre oggi, dopo ottanta anni, tutti gli storici riconoscono che gli USA li stavano strangolando limitando la loro possibilità di espansione e approvvigionamento petrolifero:
Nello scontro, contrariamente a quanto in promessa e in premessa, le indie olandesi non vennero difese e si lasciò distruggere quanto rimaneva della flotta olandese d’oltremare, dando la colpa al Maresciallo Archibald Wavel ( inglese) incaricato di una missione impossibile, non rifornito e al cui comando vennero sottratti mezzi USA che continuarono a rispondere direttamente a Washington per poi essere gli unici siuperstiti della sconfitta navale pi dolorosa del conflitto.
A questo ” tradimento” andrebbe aggiunta una lunga linea di stati e governanti coi quali gli USA hanno iniziato guerre per poi abbandonarli al loro destino ( Vietnam, Panama, Irak, eccetera)
Il tradimento più significativo é stato l’aver ” schiodato” l’Inghilterra dal Vicino Oriente, più con rudezza che con savoir faire:
Ancora un libro , ahimè in inglese, per illustrare in 380 pagine la storia di come gli USA scacciarono dai paesi arabi e dall’Iran ogni influenza britannica inviando come rappresentante personaggi come John Landis che ” consideravano come nemico principale, non la Germania, ma l’Inghilterra” a favore della quale dichiaravano di essere scesi in campo.
Prego il lettore di notare che tutte le fonti citate sono di origine atlantica e anglosassone, escludendo ogni fonte che potrebbe essere intesa come faziosa o parziale e interessata. Con queste premesse é ovvio che la guerra ucraina durerà molto. Quando scoppiò la guerra civile in Libano, previdi venti anni. Durò diciassette e mi scuso per l’approssimazione. Questa, rischia di durare altrettanto, a meno che non riesca l’intesa con i cospiratori interni alla Russia i cui nomi non conosco ma che é facile immaginare.
UN QUARTETTO DI GERONTI CI TRASCINA VERSO LA GUERRA MENTRE IL MONDO SCEGLIE LA NEUTRALITÀ
Ecco la prima pagina del NEW YORK TIMES di oggi 26 aprile 2022. Il quotidiano USA informa i suoi lettori che la neutralità guadagna spazio nel mondo: “Leaders of many countries refuse to take either side in the ucrainian fight.” Solo in Italia si cerca la guerra. Per distrarre la gente dall’idea di rivolta?
Gli storici della romanità narrano che quando giunse a Ravenna la notizia del sacco di Roma all’imperatore Romolo Augustolo, questi, all’annunzio ” Roma é perita!” scoppiasse in lacrime credendo trattarsi della sua gallina preferita cui aveva dato quel nome.
Gli storici della nostra era, racconteranno della ben diversa profondità di pensiero del nostro Presidente Sergio Mattarella che ci ha confidato di aver pensato immediatamente a ” Bella Ciao” all’annunzio dell’inizio della guerra tra Russia e USA, spacciata per conflitto tra Ucraina e Putin.
Dopo esserci doverosamente inchinati di fronte a tanto spessore di pensiero, affidiamoci all’Europa e al presidente del ” Comitato militare della Unione Europea” generale Claudio Graziano di cui favorisco una fotografia di circa sei anni fa. Ora, sicuramente non é migliorato.
Nella foto accanto: l’allora capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, oggi presidente del Comitato Militare della UE, mentre porge la mano cameratescamente a un manichino posto all’ingresso dello stand della Fiocchi. Più democratico lungimirante di così…
Non me la sento nemmeno di risparmiarvi la foto della ministra Elisabetta TRENTA del cui spirito improntato a criteri di assoluta democraticità non é parimenti lecito dubitare dopo che ha mostrato disponibilità assoluta a mettersi a disposizione delle nostre FFAA anima e corpo.
Nella foto a fianco: Elisabetta Trenta ministro della Difesa italiana gal giugno 2018 a settembre 2019, mentre da capitano in Irak si offre. All’obbiettivo si intende.
IL dibattito sull’opportunità di esaminare tutte le opzioni ferve un pò dappertutto come é agevole vedere nella foto del New York Times di oggi ( 26 aprile 2022) sopra e su ” Le Monde Diplomatique” di aprile 2022, sotto:
Ecco su quattro colonne l’articolo del prof Guillaume Lagane, ” aggregé d’histoire” che esamina la neutralità sotto ogni aspetto.
Prospettiva negata agli italiani che, come noto sanno che la parola d’ordine é una sola ” Vincere” ( è la parola d’ordine di una suprema volontà, come cantarono i nonni prima di piangere lacrime amare).
Mi scuso con i lettori più riflessivi, ma dopo aver constatato nel pubblico la massima disattenzione per questi temi riguardanti la vita e la morte della popolazione intera, non me la sento di spiegare troppo le varie posizioni del governo italiano su questo conflitto e il bullismo dei nostri dirigenti politici che andrebbero processati per non averci preparato ad eventuali conflitti dopo oltre ottanta anni di pace in Europa.
Non abbiamo il coraggio di difendere il nostro egoistico desiderio di sottrarre figli e amici al destino di chi é impreparato: essere il campo di battaglia e assistere impotenti come nella scorsa guerra allo scempio politico, economico e sociale dell’Italia.
Poco importa che si sia favorevoli o contrari. Siamo impreparati a tutto. Qualcuno dovrà pur pagare se negli ultimi trenta anni i pochi fondi a disposizione sono stati prima assorbiti dalla Marina e poi dall’aeronautica, lasciando l’esercito in stato di minorità, anche numerica, perfino rispetto alla polizia militare ( i CC) e privo di addestramento a livello gruppo tattico, di carri armati e artiglieria pesante. Sappiamo organizzare posti di blocco e siamo imbattibili nella raccolta rifiuti….
Putin ha avvertito con una serie di segnali precisi che ha capito il gioco: ha dato prima l’allarme nucleare ( segnale agli USA, non a noi che abbiamo poco o nulla di nucleare). Visto che Biden ha fatto il nesci, ha messo in stato di allarme la flotta del Pacifico (ovvia chiamata agli USA), altro segnale che i nostri hanno finto di non capire. Negli ultimi giorni, Lavrov ha evocato più direttamente lo spettro di ” una guerra con gli USA” ed ora “di una guerra nucleare”.
La Francia dispone di una trentina di bombe “A” di modesta dimensione e le elezioni di domenica mostrano che é spaccata a metà. Gli altri sono privi di armi nucleari. La guerra nucleare non ci riguarda. Riguarda Londra e gli USA.
E’ in corso una guerra limitata ( l’equivalente della “drole de guerre” del 1940 fino a Maggio) per avere – gli USA- basi nel mar nero. Se riescono, Putin potrebbe attaccare con armi nucleari direttamente gli USA.Non ora, ma a ottobre, in maniera da essere poi protetto anche dall’inverno russo.
Distrutte venti città di grande dimensione, gli USA sono una flotta ( e un Midwest) senza un paese. La Russia ha già ricostruito dal nulla Mosca ( 2 volte), Stalingrado, Leningrado e la Russia europea. Resta un immenso retroterra con decine di città da uno/due milioni di abitanti, alcune nemmeno segnate sulla carta geografica.
La direttiva nucleare presidenziale N 159 , firmata Carter, indica che gli obbiettivi principali sarebbero le infrastrutture.
L’autorizzazione recentemente chiesta dal Presidente Biden di poter lanciare i missili per primi (” first strike”: cosa fino a pochi mesi fa impensabile) significa che sanno di essere vulnerabili, a meno che il ” first strike” non miri all’Europa e dia loro abbastanza tempo per reagire.
In buon italiano significa che la Russia non ha interesse ad attaccare l’Europa, ma se decide di reagire potrebbe attaccare direttamente Londra o gli Stati Uniti. Questi, fin de non recevoir, cercano di coinvolgerci sperando che il primo campo di battaglia diventi il nostro continente.
La Cina lo ha capito. Il New York Times lo ha capito. Le Monde Diplomatique lo ha capito. E chi finge di non capire, é un beota o un traditore.
Come ho notato in precedenza, c’è una barriera tra ciò che i principali media occidentali riportano quotidianamente sulla situazione nella guerra Russia-Ucraina e più in generale sulla Russia rispetto a ciò che si vede alla televisione di stato russa e si legge nelle agenzie di stampa russe. Su consiglio di un collega a Washington, ora, con l’occasione che richiede, pubblico gli sviluppi delle notizie dalla Russia che il pubblico occidentale altrimenti non riceve, nonostante la loro importanza come indicatori di dove sono dirette le relazioni est-ovest e se è probabile che tutti noi sopravviviamo alla settimana prossima ventura.
La principale notizia di questo tipo in Russia oggi è la cattura riuscita da parte dell’agenzia di intelligence statale russa FSB di una banda di aspiranti assassini con sede a Mosca e che agisce agli ordini di Kiev di uccidere il principale conduttore di talk show russo Vladimir Solovyov, di cui io ho hanno scritto in queste ultime settimane. E la loro “lista delle vittime” ha continuato a coinvolgere altre personalità di spicco della televisione di stato russa: Dmitry Kiselyov (direttore di tutti i notiziari televisivi russi), Yevgeny Popov, Olga Skabeyeva e Margarita Simonian (direttore di RT).
La banda, che sembra essere composta da White Power e altri elementi neonazisti, è stata interrogata prima che le videocamere e i video fossero pubblicati su Internet russo dalla TASS e da altre agenzie di stampa statali.
Come ci si poteva aspettare, i media russi sono stati adeguatamente scossi da questa notizia. Ho colto la discussione sull’edizione pomeridiana di “The Great Game” di Vyacheslav Nikonov. I suoi relatori hanno visto questo “terrorismo” come una nuova fase nella guerra ibrida ucraina che viene gestita da Washington. I relatori hanno sottolineato che fino ad ora l’Occidente è stato molto fortunato che il presidente della Russia, Vladimir Putin, abbia mostrato grande tolleranza non rispondendo in modo gentile alla feroce guerra condotta da Washington, che rimane sempre un passo indietro rispetto alla guerra cinetica nell’errore convinzione che questi tipi di aggressioni siano a prova di acqua e si escludano a vicenda. I relatori hanno sottolineato che a un certo punto Putin risponderà davvero e la risposta sarà cinetica. Il messaggio è stato indirizzato ai signori Blinken e Austin, i quali, dopo l’incontro con Zelensky, ha affermato in una conferenza stampa al confine polacco-ucraino, che l’obiettivo degli Stati Uniti nell’intera questione della guerra ucraino-russa è quello di indebolire così tanto la Russia da renderla incapace di azioni simili in futuro. In un inglese semplice, quello che stanno dicendo è che l’ambizione degli Stati Uniti è quella di distruggere la Russia. Le mascherine sono state abbandonate.
Un altro elemento nelle notizie russe di ieri e oggi è stata la proiezione più volte al giorno di video girati negli Stati Uniti durante gli ultimi viaggi di Joe Biden attraverso il paese per vendere la sua narrativa sui travagli economici che l’America sta vivendo. Due discorsi separati si concludono con il voltarsi di Biden dal leggio e cercare di stringere la mano a qualcuno quando in realtà non c’è nessuno intorno a lui. Biden poi sembra perso e si ritira triste dal palco.
Nikonov ha osservato che questi video non sono stati trasmessi dalle principali televisioni statunitensi, non sono stati riportati sulla stampa tradizionale. Il mio amico a Washington conferma che è così. Nel frattempo, il fatto del palese disorientamento di Biden è stato denunciato da Donald Trump un giorno fa – così almeno ha visto i video che i russi considerano indicativi della degenerazione mentale del presidente degli Stati Uniti e un segno della degenerazione dell’intera politica statunitense classe. Trump ha commentato che il disorientamento di Biden è qualcosa che il Paese non ha mai visto prima e che l’amministrazione Biden ha messo gli Stati Uniti sulla strada dell’inferno.
Dove finirà tutto questo? Non è diretto in una buona direzione
Considerazioni ed annotazioni come al solito valide e molto opportune. E’ sempre importante cogliere le determinanti dinamiche interne ad un paese; offrono gli spazi alle dinamiche geopolitiche e alle intrusioni esterne. Una chiave interpretativa essenziale che evita la comoda tentazione di attribuire sempre agli agenti esterni la responsabilità principale, se non esclusiva, di quanto avviene. Nella gran parte dei casi le élites interne hanno una capacità, una funzione ed una responsabilità essenziale che spesso e volentieri si elude, precludendo l’efficacia dell’azione politica. Buona lettura, Giuseppe Germinario
DAL PUNTO DI VISTA DI ZELENSKY. [Questo post è piuttosto lungo per i già lunghi nostri standard, ma è frutto di ricerche effettuate negli ultimi tempi, non è un post “teorico” è basato su diversi fatti. Se a qualcosa serve, potrebbe servire a saperne di più per capire di più.]
Avrete notato forse che Zelensky ha un preciso entourage e sono tutti mediamente giovani. Molti hanno studiato o lavorato in Gran Bretagna, qualcuno in America. Alcuni di loro zampillano dalle nostre reti televisive o in video on line e sono tutti dotati di capacità argomentativa non banale, sono molto decisi e cosa più importante, sono coordinati nel senso che sembrano usciti da una riunione di briefing in cui hanno condiviso tutti una unica linea. Si può ipotizzare esista una sorta di Zelensky & Partners, un gruppo coeso ed omogeneo di persone che condividono una precisa strategia politica per tenere il potere in Ucraina al fine di …?
Isoliamo questo soggetto collettivo, dimentichiamoci chi ha intorno come partner interessato (USA, UK, una parte dell’Europa orientale e dei vertici della burocrazia euro-unionista, l’oligarca Kolomoyskyi) concentriamoci sulle sue proprie ipotetiche intenzioni. Come forse saprete, questo gruppo è diventato un partito poco prima finisse la terza stagione della serie televisiva che vedeva Zelensky come protagonista. Si è presentato alle elezioni del 2019 e secondo quanto scriveva the Guardian tre anni fa quando ancora non eravamo arruolati (1) : … con “poche informazioni sulle sue politiche o sui piani per la presidenza, basandosi su video virali, concerti di cabaret e battute al posto della tradizionale campagna elettorale” ottenendo un insperato 30%.
La geografia del voto di questo primo turno, lo collocava al “centro”, sia geografico che politico. Ad ovest i nazionalismi di Poroshenko-Timoshenko, ad est i filo-russi confezionati in partiti apparentemente più di “sinistra”. Un gruppo di giovani ben intenzionati, con tecniche di marketing e comunicazione mediatica molto “occidentali” ha incarnato una possibile speranza. Sappiamo che questa speranza stava scemando prima del 24 febbraio, gli indici di gradimento della Zelensky e Partners (Z&P) erano in discesa e la rielezione fra due anni era data come improbabile.
Non credo si possa pensare che la Z&P fosse solo una associazione di potere ovvero un gruppo che ha tentato e vinto il vertice della tribolata nazione. Come detto sono “giovani” e rampanti e sembrano animati da ideali forti, giusti o sbagliati che siano, sembrano un gruppo di giovani europei occidentali e filo-anglosassoni che si sono paracadutati in un complicato e declinante paese ex sovietico. Per fare cosa?
L’UCRAINA PRIMA DELLA GUERRA: Prima dell’inizio della guerra, l’Ucraina era il 133° paese al mondo (quindi su 190 e poco più Stati) per pil pro-capite. In pratica, tra Guatemala ed El Salvador. Il peggior Paese dell’UE in questa classifica è la Bulgaria, 84°. Il risultato non cambia molto se usate il Pil PPP. A queste condizioni, l’Ucraina non sarebbe praticamente mai potuta entrare nell’UE. L’ammissione poi non avrebbe solo avuto a parametro questi indicatori quantitativi e su quelli qualitativi come trasparenza, corruzione, sostenibilità e prospettive, le cose sarebbero andate -se possibile- anche peggio.
Dal 2000 al 2021, l’Ucraina ha perso il 15% della sua popolazione per migrazioni, scarsa fertilità (la più bassa d’Europa) ed elevata mortalità tra gli anziani. È dal 1994 che l’Ucraina perde popolazione. Hanno anche perso la Crimea e forse potremmo metterci anche le due repubbliche popolari, sempre che non si debbano aggiungere abitanti dei vari territori che gli ucraini hanno già perso e continueranno a perdere nel proseguo del conflitto. L’ultimo censimento è ancora al 2000 e dichiarava 42 milioni di abitanti, ma altre stime più aggiornate (fatte dagli ucraini stessi) scendono fino a 32 milioni. Gli attuali 6 milioni di profughi, da vedere poi quanti di questi rimarranno fuori o rifluiranno verso casa, sarebbero ad occhio un altro -15% di popolazione in soli due mesi e sempre che si fermino qui.
Hanno anche la più alta percentuale di popolazione femminile in Europa dopo la Lituania e il secondo posto per tasso di mortalità dopo i bulgari. Molte donne quindi ma anche penosi indici di diseguaglianza di genere, 88° posto su 189 paesi secondo l’ONU . L’alto tasso di mortalità è dovuto alla congiura di diversi fattori quali l’inquinamento atmosferico dove c’è industria pesante, alcol, tabagismo, cattiva alimentazione, cattiva qualità del sistema sanitario nazionale.
Come saprete, la composizione etnica è mista con due poli, pienamente ucraina e tendenzialmente di cultura balto-slava europea all’estremo occidente, più russofona-fila all’estremo oriente. Il fiume Dnepr taglia in due il continuum ucraino e funge da separatore tra due diverse composizioni socio-demo su molti item.
A livello di criminalità, l’Ucraina è storicamente attiva la tratta di giovani donne avviate alla prostituzione in Europa mentre dai tempi della grande svendita degli asset militari sovietici dopo il 1991, è altrettanto attivo il traffico d’armi. Global Organized Crime Index nel rapporto 2021, quotava l’Ucraina come “il” o “uno dei principali” mercati d’armi in Europa, soprattutto piccoli e medi calibri e relative munizioni derivate dall’incessante flusso di armamenti proveniente dagli Stati Uniti da almeno venti anni. Armi ridistribuite al terrorismo e criminalità di mezzo mondo. È chiaro che l’attuale flusso proveniente soprattutto dall’Europa restia ad impegnarsi su armi di maggior peso, darà altro impulso al traffico. Quanto alla prostituzione e la tratta di esseri umani il problema è così vasto e profondo da meritare addirittura due specifiche pagine di Wikipedia.
Il rapporto 2013 del Dipartimento di Stato americano INCSR (International Narcotics Control Strategy Report) classifica l’Ucraina come uno degli hub chiave per il traffico di droga internazionale ed il primo hub per l’entrata in Europa di cocaina ed eroina tramite i porti di Odessa e Mariupol. La mafia ucraina è in solidi affari (armi, droga, donne) specie con la ‘ndrangheta calabrese.
Due anni di Covid con uno dei bassi indici assoluti di vaccinazione, hanno prodotto statistiche severe e gravi impatti sulla già claudicante economia e relativa organizzazione sociale.
Come segnalammo qualche post fa, l’Ucraina non era ritenuta un paese democratico dal the Economist nella sua speciale classifica condotta dal 2006. L’Ucraina era ritenuto il paese all’ 86° posto del Democracy Index, tra le Fiji ed il Senegal, qualificato come “regime ibrido” . Dal 2020, il Governo ha intrapreso una serrata lotta con la Corte costituzionale che ne limitava l’azione volta a porre leggi più rigide e severe, saltando però le cautele costituzionali. Complice la guerra, ha potuto arrestare e far sparire molta gente scomoda, silenziando i media non conformisti, mettendo fuori legge partiti nemici. La legge marziale è oggi prorogata almeno fino a fine maggio.
La diagnosi problematica è che l’Ucraina era sostanzialmente un paese fallito. Troppo grande, troppo poco popolato, troppo etnicamente disomogeno, troppo asimmetrico nei generi, troppo povero, strutturalmente troppo agro-industriale quando l’Occidente invece si è sviluppato nei servizi, troppo influito dai minacciosi vicini russi. Con troppi interessi di mezzo come nel sistema degli oligarchi tra cui un congruo numero di veri e propri delinquenti dediti al traffico di donne, armi e droga, tra l’altro spesso proprietari di vari mezzi di informazione. Un sistema del genere non aveva alcun futuro possibile e senz’altro nulla che potesse interessare il gruppo dei giovani Zelensky & Partners. Decennale e molto improbabile il processo necessario a riformarsi per entrare nell’UE. Che fare?
L’UCRAINA DOPO LA GUERRA? L’obiettivo strategico di Zelensky è stato dichiarato ai primi di aprile. Z. ha dichiarato l’obiettivo di far dell’Ucraina una “Grande Israele” (2) . Lasciate perdere il lato religioso del riferimento e concentratevi su quello geopolitico e strategico-economico. Israele è un paese non in pace, permanentemente all’erta contro nemici di circondario. Questo è un ottimo ordinatore interno perché semplifica la vita politica, quantomeno tutti gli israeliani sono uniti nell’idea di doversi difendere da vari nemici di circondario. La pratica dell’obiettivo prevede una militarizzazione importante della vita civile e soprattutto una chiara direzione di sviluppo dell’attività economica.
Questo ha fatto di Israele quello che un fortunato saggio americano del 2009 definì una “Start up Nation”. I primati tecnologici, di brevetto e sviluppo, di Israele nelle nuove tecnologie è universalmente riconosciuto e si ricordi che se queste attività partono da strategie militari, le ricadute civili sono anche importanti.
La stessa questione poco chiara dei bio-laboratori in conto terzi che già affollerebbero l’Ucraina disegna una possibilità di ospitare le forme di ricerca più avanzate ma anche più rischiose, ad esempio sull’A.I., un po’ come hanno tentato di fare i sauditi in cerca anche loro di un futuro, nel loro caso post-petrolifero. La ricerca avanzata in questi campi rischiosi da parte di USA, UK, Francia, Germania, ha bisogno di de-localizzare i rischi che non si possono correre nel proprio paese.
Gli investimenti militari e una mentalità orientata all’efficienza digitale, necessaria per qualunque guerra, potrebbero rappresentare lo stesso motore di innovazione per l’Ucraina, che già può contare su quattro “unicorni” – GitLab, Bitfury, People.ai e Grammarly – e su un ecosistema che è cresciuto di dieci volte negli ultimi cinque anni, passando a un valore complessivo di oltre 600 milioni di dollari e 146mila brevetti. Unit.city a Kiev è già oggi il più importante parco tecnologico dell’Europa orientale. Si tenga conto che questo posizionamento, è lo stesso occupato da dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia dalle tre repubbliche baltiche che, tra l’altro, son quelle che hanno registrato gli indici di crescita economica più importanti in Europa, negli ultimi decenni. Ma, come nel caso israeliano o delle repubbliche baltiche, questo tipo di sviluppo economico centrato sull’ICT, può reggere solo una demografia più giovane e contenuta di quella precedente.
L’UCRAINA IN GUERRA. La guerra, si sa, è un acceleratore. Nelle complesse transizioni storiche, la guerra ha svolto sempre il ruolo di “distruzione creatrice”, concentrare dinamiche disordinanti in poco tempo pagando con morti e distruzione materiale, una sorta di necessaria operazione senza anestesia, dolorosa ma necessaria.
Z&P si sono immediatamente mostrati pronti al conflitto e lo hanno gestito, certo anche aiutati, in modo davvero abile. Z&P avevano ed hanno bisogno della guerra per fare o far fare ai russi, operazioni di semplificazione dell’Ucraina. Rimpicciolire un territorio ingestibile e irriformabile. Chiarirne la composizione etnica rendendola omogenea. Diminuire la popolazione accettando la perdita di numeri per cessione territori ai russi e profughi scappati da tutte le parti. Servire la causa anglosassone sia di messa in profondo stress della Russia, sia della sua attuale dirigenza (Putin), sia di fargli usare la “tragedia ucraina” come perno per i regolamenti di conti nella battaglia di grande strategia tra bipolarismo e multipolarismo ottenendo in cambio protezione, gratitudine ed investimenti futuri per fare della martoriata Ucraina un caso di “futuro vincente” il che presuppone vari, futuri, piani Marshall. Ottenere in contropartita anche la necessaria spinta da parte americana verso la recalcitrante Europa, ad abbracciarne la causa al punto da comprimere i complessi passaggi per la piena entrata nella sfera europea che è l’obiettivo primario. Assorbire nel progetto i nazionalisti occidentali, distruggere l’ordito economico-sociale precedente, fare perno su una nuova classe militare forgiata in una guerra di resistenza e quindi potenziata in armi, logistica e potere.
Tutto ciò presuppone due cose sul campo. La prima è che gli ucraini sanno benissimo che perderanno formalmente la guerra coi russi al di là dei proclami, come si è lasciato sfuggire il noto gaffeur Boris Johnson rilevando quello che i suoi servizi e militari gli hanno spiegato a telecamere spente. Non è in discussione che l’Ucraina perderà o il sud-est o la parte ad est del Dnepr, si tratta solo di vedere come ed in che tempi. La seconda è che una guerra persa secondo i canoni normali di conteggio di territori persi, ordine perso, morti e distruzioni, può esser una guerra vinta se l’obiettivo è avere una Ucraina semplificata, compattata, assunta nell’alveo occidentale, velocemente, senza se e senza ma.
Non solo quindi la guerra sarà lunga, il tempo necessario a far pagare ai russi prezzi su prezzi sempre più alti come desiderato dagli sponsor anglosassoni, ma non finirà mai formalmente. La Nuova Ucraina in rampa di lancio per una modernizzazione 2.0 accelerata, avrà bisogno sia di ritenersi in “conflitto permanente”, sia di tenere attorno a sé i suoi preziosi alleati, sia internamente sospendere le normali convenzioni socio-politiche per procedere a tappe forzate verso la transizione di fase alla nuova terra promessa, la “Grande Israele”.
Mi rendo conto che questa è solo una articolata ipotesi, la questione -come vedete- è molto complessa, è sempre una questione di numero di variabili di cui tener conto e di come queste giocano assieme in un dato contesto di cui non si governano tutte le dinamiche, un gioco rischioso. Ma dietro ogni conflitto ci sono nodi e bisogno di scioglierli. Conosciamo forse la visione dei nodi dal punto di vista russo ed anglo-americano, da quello degli europei orientali e delle non perfettamente allineate tra loro élite di Bruxelles (Michel, von der Leyen, Borrell) e dei paesi europei occidentali, Francia e Germania in testa.
Ma sul campo giocano coi morti solo russi ed ucraini, capire la strategia di questi ultimi è indispensabile per capire meglio cosa succede e poter ipotizzare cosa succederà.
COME SI SVOLGERA’ LA FASE TRE DELLE OSTILITA’ IN UCRAINA?
Boris Johnson al “Financial Times”: “La Russia può vincere, mandiamo tank in Polonia”.
In vista del probabile successo della prossima offensiva russa e della conseguente neutralizzazione delle FFAA ucraine, i britannici, che hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione delle ostilità, preparano la fase tre della guerra: finiti gli ucraini, facciamo entrare in campo i polacchi e i baltici.
La fase tre della guerra in Ucraina tra Russia, USA e NATO, si svolgerebbe così.
La prossima offensiva, in cui la Russia impiega la sua superiore potenza di fuoco, neutralizza il grosso delle FFAA ucraine oggi fortificate nel Donbass. L’Ucraina non è più in grado di resistere efficacemente. Termina la fase due delle ostilità.
Inizio della fase tre. Su richiesta di aiuto militare del governo ucraino (eventualmente rifugiato in esilio) al governo polacco e ai governi baltici, entrano in Ucraina truppe regolari polacche e baltiche, e un contingente di mercenari finti e veri. I mercenari veri sono forniti dalle aziende che forniscono contractors. I mercenari finti sono militari di paesi NATO che si dimettono dalle loro FFAA per non coinvolgere giuridicamente come belligeranti i propri paesi, e vanno a combattere senza mostrine. In Polonia si sta già raccogliendo un contingente che da quanto mi risulta conta già circa 120.000 uomini. Ingenti aiuti finanziari e materiali stanno affluendo in Polonia da USA e NATO.
Il contingente polacco-baltico combatte i russi in Ucraina. I russi possono rispondere sul territorio ucraino, ma non possono colpire i centri di comando e logistici del contingente, situati in Polonia e nei paesi baltici, per non entrare in un conflitto diretto con la NATO.
Le ostilità in Ucraina tra USA, NATO e Russia, combattute tra FFAA polacche e baltiche e FFAA russe, diverrebbero così interminabili, perché l’afflusso di truppe in Ucraina potrebbe continuare per anni, e la Russia non potrebbe colpirne la sorgente senza entrare in conflitto diretto con l’intera NATO.
Lo scopo della fase tre delle ostilità sarebbe: aprire una ferita immedicabile nel fianco della Russia + isolarla politicamente + sfinirla economicamente con il costo delle ostilità che si aggiunge alle sanzioni. In sintesi: dissanguamento della Russia in vista della sua disgregazione politica.
La strategia occidentale sarebbe dunque provocare in Russia:
Sfiducia della popolazione nei suoi governanti per l’alto costo umano e materiale della guerra, e l’assenza di una prospettiva credibile di sua conclusione favorevole.
Crescenti dissensi all’interno del ceto dirigente russo, cristallizzarsi di una fazione capace di rovesciare l’attuale governo
Risveglio e attivazione di forze centrifughe nelle repubbliche che costituiscono lo Stato federale russo, forze sempre latenti in una compagine multietnica, multireligiosa, multiculturale come la Federazione russa.
“Regime change”. Rovesciamento del governo attuale, sostituito da un governo debole, incapace di opporsi con fermezza al processo di caotica disgregazione politica della Federazione russa, arrestandolo (v. punti precedenti).
Disgregazione politica della Russia, che cessa di essere una grande potenza e viene così neutralizzata come nemico dell’Occidente.
Mi limito a sottolineare i più evidenti rischi di un eventuale SUCCESSO di questa strategia di frammentazione politica della Russia: chi si impadronirebbe dell’arsenale nucleare strategico russo? Quali paesi entrerebbero a occupare l’enorme vuoto geopolitico che si creerebbe? La Cina, per esempio, avrebbe l’assoluta necessità di garantire la sicurezza dei 4.500 km di frontiera con la Russia, e l’evidente interesse di appropriarsi delle ricchezze siberiane.
Ovviamente, l’attuazione di questa strategia, coronata o meno da successo, implicherebbe la riduzione dell’Ucraina a campo di battaglia permanente, con l’annichilimento della sua economia, il dilagare dell’anarchia e della criminalità, e un deflusso imponente di milioni di profughi. L’Ucraina diverrebbe una espressione geografica abitata dal caos.
Da quel che sono riuscito a capire dalle varie fonti primarie e secondarie consultate, il governo russo è persuaso che la strategia politico-militare occidentale sia questa che ho appena delineato: in sostanza, la replica ai danni della Russia del processo che condusse alla disgregazione politica della Jugoslavia. Penso che anche la popolazione russa se ne stia persuadendo, sia per l’effetto della propaganda governativa russa, sia, soprattutto, per la sconsiderata demonizzazione del popolo e dell’intera cultura russa messa in atto dai paesi occidentali, il cui evidente sottotesto è “voi russi siete disumani e meritate solo di essere distrutti e rieducati”.
Se questo è vero come credo, per la Russia la posta in gioco è letteralmente la sopravvivenza. Sopravvivenza dell’integrità politica e territoriale della Federazione russa, sopravvivenza della continuità storica e culturale della Russia, e, per finire, sopravvivenza personale dei componenti l’attuale governo e dei suoi sostenitori che non lo tradiscano. Ne consegue che la Russia si difenderà impiegando tutte le sue risorse materiali e morali: dichiarazione formale di guerra all’Ucraina, legge marziale, mobilitazione dei riservisti e coscrizione di massa, economia di guerra, se necessario impiego dell’arsenale atomico tattico e strategico; disponibilità a rispondere a un allargamento del conflitto alla NATO e agli Stati Uniti, eventualmente a provocarlo se costrettivi dalle necessità militari.
La prospettiva che ho delineato non è una certezza: è una possibilità, ma una possibilità nient’affatto improbabile coeteris paribus, ossia se non intervengono fattori di mutamento significativi nella situazione politico-militare: ad esempio, un fallimento dell’offensiva russa così completo da indurre il governo russo a cessare le ostilità, o una rottura del fonte politico occidentale.
Ritengo estremamente improbabile che la Russia incontri un fallimento militare così catastrofico da indurla a cessare le ostilità: sia per le risorse di cui dispone, sia per l’entità della posta politica in gioco: la cessazione delle ostilità in seguito a sconfitta sul campo destabilizzerebbe il governo russo, probabilmente provocandone la sostituzione con un governo revanscista.
Il fronte politico occidentale può essere rotto solo da un paese europeo importante, come Francia, Germania o Italia. Se uno di questi paesi adottasse, nel proprio interesse nazionale e nell’interesse dell’Europa tutta, la linea scelta dall’Ungheria di Orbàn, sarebbe estremamente difficile, per non dire impossibile, attuare la strategia di destabilizzazione e disgregazione politica della Russia.
Avverrà?
Le probabilità sono scarse, ma la possibilità c’è. Già ora Francia e Germania cominciano ad accorgersi del danno devastante che subirebbero applicando alla lettera le sanzioni che hanno pur votato. La Germania si rifiuta di inviare “armi offensive” all’Ucraina, per evitare la classificazione di “cobelligerante” (il diritto internazionale permette di inviare “armi difensive” senza divenire cobelligeranti del paese destinatario). Nelle Cancellerie europee, insomma, qualcuno comincia a riflettere sulle decisioni sconsideratamente prese nell’immediato, senza valutarne le gravi e anche gravissime conseguenze, sotto la pressione americana e per un riflesso condizionato del moralismo ideologico ufficiale condiviso dalle classi dirigenti UE.
Da due mesi assistiamo ad una realtà obbligata del conflitto in Ucraina. Con essa la democrazia occidentale ha rivelato la propria potenza di fuoco e la perfetta integrazione del sistema mediatico nel sistema di potere. Non solo un megafono, quanto un costruttore di opinione ed una pesante modalità di condizionamento del ceto politico. Le vie del potere e dell’egemonia passano anche attraverso questi fili, non solo per le strade dirette. In questo rivelano il carattere sofisticato di esercizio nel mondo occidentale rispetto ai mondi emergenti. L’abuso, però, ne rivela anche la fragilità. E’ il contributo che intendiamo dare facendo emergere l’altra verità, certamente di parte; sicuramente più aderente alla realtà. Una realtà accessibile a tutti, sempre che la si voglia cogliere. Per giorni ci hanno tempestato di resoconti di telefonate di soldati russi impegnati a riportare a casa trofei domestici presi in prestito da case altrui, per la verità un po’ meno ingombranti. Pare che i comandi russi non abbiano però lesinato nelle punizioni. Nella foto vediamo certificato il compimento di un principio universale, questa volta da parte ucraina: la famiglia prima di tutto. Siamo sicuri che i nostri profeti sapranno riconoscere il giusto valore a questi sani principi. Siamo vittime di una propaganda di guerra tesa ad osannare il valore dei resistenti e il principio della libertà; un valore che in realtà è cieca ostinazione fondata su principi inquietanti di discriminazione che lo stesso mondo occidentale afferma di aver combattuto ormai otto decenni fa e su comportamenti del regime verso una parte della propria popolazione altrimenti inspiegabili. Non riteniamo di arrecare danno, comunque, alla causa ucraina con questa ed altre foto e video presenti nel servizio, visto che gran parte di essi sono forniti e diffusi con beata soddisfazione dagli stessi militari nel pieno esercizio delle loro funzioni. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
I DUE UOMINI CHE HANNO DIFESO L’IMPERO BRITANNICO ORA SONO I SUGGERITORI DELLA POLITICA USA.
La parte dell’opinione pubblica mondiale più sensibile alla propaganda si chiede perché mai l’Ucraina sia stata brutalmente attaccata dalla Russia. La parte più critica dell’opinione si chiede come mai sia successo.
Ventimila, forse, persone al mondo fanno risalire l’iniziativa agli Stati Uniti e di queste non più di diecimila conoscono le ragioni che hanno indotto il governo Usa ad un gesto tanto intriso di disperata audacia e probabilmente meno di duemila, non addetti ai lavori, conoscono quale meccanismo sia stato usato come intelaiatura dell’aggressione. Meno ancora ne conoscono la storia, che inizia nel 1898 con un uomo che Churchill definì “a man of no illusions”: Alfred Milner; e continua con un ammiraglio, capo dell’SIS ( secret intelligence service), l’ammiraglio Hugh Sinclair , morto il 4 novembre 1939 nome in codice Quex.
Naturalmente in questa, come in ogni mia descrizione, non offro considerazioni di carattere etico, prassi alla quale credo sempre meno e invito chi abbia a cuore la morale nei rapporti tra stati a passare oltre.
IL PRIMO
Alfred Milner, di padre inglese, nacque e studiò in Germania fino all’università. Gli rimase per tutta la vita un accento tedesco che lo spinse a mostrarsi più patriota degli altri e divenne un ” public servant”. Diventato giovanissimo governatore del Sud Africa britannico quando l’impero inglese, perse le speranze di assorbire pacificamente le due repubbliche boere ( Stato libero di Orange e la Repubblica del Sud Africa) che possedevano il Transvaal, (l’oltrefiume Vaal) che aveva avuto la ventura di avere nelle sue viscere la più grande vena aurifera mai trovata nel continente, nel 1867, decise l’aggressione.
Falliti i tentativi di assorbimento ” con le buone” , immigrazione massiccia inclusa, gli inglesi sarebbero passati alle maniere forti immediatamente, ma un forte movimento pacifista in patria, era di ostacolo, dato che la pubblica opinione capiva la “missione civilizzatrice” del’Inghilterra coi neri, ma i boeri erano bianchi e olandesi di origine e assalirli fu considerato un crimine e provocò polemiche violentissime pro e contro Paul Kruger, rustico presidente dei boeri, descritto come un macellaio.
Il giovane governatore si chiese se il movimento pacifista ( capitanato dalla sorella di un ufficiale destinato a diventare il comandante delle truppe inglesi in Francia nella prima guerra mondiale) avrebbe cambiato atteggiamento se i boeri avessero sparato il primo colpo e decise di giocarsi la carriera su questa carta.
In un messaggio ” Very secret” chiese ai suoi capi in Inghilterra ” Will not the arrival of more ( British ndr) troops so frighten the Boers that they will take the first step and rush part of our territory?”
Facendo questo, ” they would put themselves in the wrong and become the aggressors“.
Londra approvò e spedì di rinforzo oltre a un paio di battaglioni, nientemeno che il più famoso bardo dell’epoca Rudyard Kipling che per l’occasione, coi suoi reportages convinse l’opinione pubblica e coniando espressioni rimaste nella storia e nella letteratura, come ” il fardello dell’uomo bianco” ( che poverino deve amministrare gli incapaci..) e ” a est di Suez” espressione storica globale anch’essa.
I due battaglioni furono fatti sfilare minacciosamente alle frontiere più e più volte, fino a che il rustico Presidente Kruger abboccò vedendo il verme ma non l’amo, e attaccò.
Per vincere la guerra Milner si inventò anche i campi di concentramento, per facilitarsi il controllo dei civili boeri ( a volte dimenticando di nutrirli) e i Boy scout ( idea trovata buona dalla religione cristiana e diffusa in tutto il pianeta) che furono i primi bambini-soldato al mondo anche se addetti prevalentemente alla messaggistica e ai collegamenti.
Nessuna meraviglia se la prima guerra mondiale lo troverà a capo di gabinetto del premier e amante della di lui nuora.
l’Inghilterra aveva imparato a schivare l’ira dei pacifisti e a trasformarla in energia patriottica. Lo Zar di Russia, inviò un corpo di volontari a difesa dei Boeri e questa non é – come vedete- la sola somiglianza tra la campagna d’Africa di Milner e la guerra in atto in Ucraina.
IL SECONDO
L’Ammniraglio Hugh Sinclair era a capo del Secret Intelligence Service dal 1923, quando, prima dell’incontro di Monaco e un anno prima di morire fu chiamato da Neville Chamberlain , all’epoca era il primo ministro, ” asking Admiral Sinclair for a paper on what Britain should or could do to restrain Hitler without war”.
Nella foto accanto: il frontespizio di uno studio della Rand Corporation datato gennaio 2020 opera delle signore Stephanie Pezard e Ashley L. Rhoades della Rand Corporation , di 27 pagine che riecheggia fin dal titolo quanto meno lo spirito documento SINCLAIR britannico.
Della serie , come diceva Salvador Dalì, che ” tutto ciò che non é tradizione é plagio”.
Il documento, dal titolo ” What we should do” fu recapitato a Chamberlain il 18 settembre ( undici giorni prima dell’incontro di Monaco con Hitler).Il documento, fu redatto Da Sinclair, il suo vice, Menzies ( che doveva succedergli due mesi dopo la dichiarazione di guerra, il maggiore Malcom L Woollcombe ( capo della sezione politica)e forse il suo vice David Footman ( che risultò poi amico intimo di Guy Burgess , spia del KGB e quindi potrebbe essere stato trafugato. Perciò nel dopoguerra lo divulgarono eccezionalmente agli studiosi).
Inutile elencare tutto il documento, ma vale forse la pena di citare qualche briciola. Ad esempio sull’Italia: La Gran Bretagna “could never rely in an Emergency on the fickle ( incostante) and unscroupolous italiana. Italy would never be a stable factor in any defensive front, even if such were desirable” ma ” we can at least always work to keep them on the right side, treating them , above all, as equals, playing up to their pride, and always being quick to remove any suspicions which they may entertain as to our motives, at the same time never relaxing our vigilance on them”.
Sui paesi oggetto delle mire egemoniche tedesche, ( “L’Europa centrale e del sud est”, quindi non l’Italia) ” we should inject resisting power“, ” helping them financially” e ” making them realize that we and the French are strong and united.”
Se a questo si aggiunge la voce ” Turchia” giudicata ” powerful factor in Balkan resistance” e ” a bulwark in the Middle East”, avrete sotto i vostri occhi lo stesso identico quadro completo di oggi, mettendo la Russia al posto della Germania.
Notevole che non si faccia cenno alla instabilità psicologica di Hitler che invece si é fatta nella propaganda, così come si é fatta con Putin.
L’obbiettivo era assicurare la pace per dodici mesi per consentire al ministero dell’aeronautica di mettere in linea cinquantadue ” fast eight-gun Spitfire fighter into squadron service”.
Per avere la pace necessaria alla preparazione, suggeriva di abbandonare la Cecoslovacchia al suo destino.
I generali tedeschi che davano per scontata una resistenza da parte inglese ( che aveva garantito l’integrità cecoslovacca), vista la situazione desistettero dai piani del generale Beck e dell’ammiraglio Canaris che volevano defenestrare Hitler ( e lo aveva detto agli inglesi tramite Canaris) e si allontanarono dai congiurati.
La seconda occasione di liberarsi di Hitler si presentò cinque anni dopo con lo sbarco di Normandia e fu anche questa un fallimento. Gli inglesi , che prepararono la bomba, non sapevano che il Fuhrer lavorasse in una baracca con tenui pareti che crollarono senza provocare lo spostamento d’aria necessario alla uccisione degli abitanti.
E come da previsioni di Beck, la Germania perse la guerra e cinque milioni e mezzo di uomini.
Questa descrizione storica ( di Antony Cave Brown ) assomiglia come una goccia d’acqua alla situazione attuale con la Russia al posto della Germania e la Cina al posto della Russia.
Da queste descrizioni storiche, ( di Hochshield per Milner , Cave Brown per l’intesa coi vertici militari avversari e con gli inglesi sostituiti dagli USA) si può dedurre il modus operandi anglosassone ormai consolidato e la situazione Ucraina in cui
a) sono stati gli USA a provocare lo scontro e Putin ad abboccare come un contadinotto boero
b) esiste un canale di comunicazione tra gli alleati e vertici russi pronti a sostituire Putin ai primi cenni di sconfitta, ma non prima.
c) l’assunzione da parte inglese del ruolo di brillante secondo detenuto dai francesi nel 39.
d) la strategia é quella immaginata dal conte Schulemburg ( ex ambasciatore a Mosca)nel 1941/42 per la Russia occupata dalla wehrmacht: ” trasformare la guerra in guerra civile tra russi, altrimenti sono imbattibili.”
L’unica incognita é rappresentata dalle elezioni francesi di domenica che potrebbero , con Macron, rifiutarsi di rifornire con armi ( che comunque non giungerebbero mai integre al fronte, stante la superiorità aerea russa) come ha fatto la Germania e attorno a questi due renitenti si creerebbe una nuova Europa meno succuba degli USA, con una Italia giudicata inaffidabile da tutti.
Grazie mille per avermi invitato ad essere qui. E ricordo con affetto i nostri viaggi in Germania, specialmente quando Steve e io abbiamo discusso della questione ucraina all’epoca. Sono d’accordo con quello che hai detto, Katrina, quando hai detto che questa è la crisi più pericolosa dalla seconda guerra mondiale. Penso che in realtà sia più pericoloso della crisi dei missili cubani, che non serve a minimizzare il pericolo di quella crisi. Ma penso che fondamentalmente quello che abbiamo qui sia una guerra tra Stati Uniti e Russia e non c’è fine in vista. Non riesco a pensare a come questo possa finire nel prossimo futuro. E penso che ci sia una possibilità molto pericolosa di escalation. Prima di tutto, l’escalation fino al punto in cui gli Stati Uniti stanno effettivamente combattendo contro la Russia, le due parti si stanno scontrando militarmente, cosa che finora non è avvenuta.
E penso che qui ci sia un serio pericolo di escalation nucleare. Non sto dicendo che sia probabile, ma posso raccontare storie su come accade realmente. Quindi la domanda è: come siamo finiti in questo pasticcio? Cosa l’ha causato? E il motivo per cui è molto importante affrontare questo problema è che ha ogni sorta di implicazioni per la comprensione del pensiero russo. Se vuoi capire come pensano i russi di questa crisi, devi capirne le cause. Ora il punto di vista dominante, che ovviamente rifiuto, è che Vladimir Putin o sia un aggressore congenito o sia semplicemente determinato a ricreare l’Unione Sovietica o una qualche versione dell’Unione Sovietica. È un espansionista, è un imperialista. Penso che questa argomentazione sia sbagliata e il mio punto di vista è che si tratta davvero degli sforzi dell’Occidente di trasformare l’Ucraina in un baluardo occidentale ai confini della Russia.
E l’elemento chiave di questa strategia, ovviamente, è l’espansione della NATO. E nella mia storia, tutto risale alla decisione dell’aprile 2008 al vertice della NATO a Bucarest, dove si diceva che sia la Georgia che l’Ucraina sarebbero diventate parte della NATO. I russi all’epoca avevano chiarito chiaramente che ciò era inaccettabile, che né la Georgia né l’Ucraina sarebbero entrate a far parte della NATO. E in effetti, i russi hanno chiarito che lo consideravano una minaccia esistenziale. Molto importante per capire quelle parole. Dal punto di vista russo fin dall’inizio, questa è stata percepita come una minaccia esistenziale. Molte persone in Occidente non credono che sia una minaccia esistenziale per i russi, ma ciò in cui credono è irrilevante perché l’unica cosa che conta è ciò che pensano Putin e i suoi compagni russi, e pensano che sia una minaccia esistenziale.
Ora penso, ad essere onesto, che l’evidenza sia schiacciante che questo non è un caso di Putin che agisce come un imperialista, ma è un caso di espansione della NATO. Se guardi al suo discorso del 24 febbraio che giustifica il motivo per cui la Russia ha invaso l’Ucraina, si tratta solo dell’espansione della NATO e del fatto che è percepito come una minaccia esistenziale per la Russia. Se si guarda al dispiegamento delle forze in Ucraina, è difficile sostenere che i russi siano decisi a conquistare, occupare e integrare l’Ucraina in una Russia più grande. Se ascolti Zelenskyy parlare di una possibile soluzione, la prima cosa a cui va è parlare di creare un’Ucraina neutrale. Questo ti dice che si tratta davvero dell’espansione della NATO e della neutralità ucraina. Inoltre, non ci sono prove che Putin affermi che ciò che vuole fare è in realtà rendere l’Ucraina parte della Russia.
Non ci sono prove che dica che questo è fattibile e che intende farlo. Non c’è dubbio, nel suo cuore vorrebbe vedere l’Ucraina far parte della Russia. Nel suo cuore probabilmente vorrebbe vedere il ritorno dell’Unione Sovietica. Ma come ha chiarito chiaramente, ciò non è possibile e chiunque la pensi in questo modo non sta pensando in modo chiaro. In effetti lo ha detto. Quindi vorrei che qualcuno mi indicasse le prove in cui chiarisce che ciò che sta effettivamente facendo in termini di formulazione della politica è cercare di creare una Russia più grande o ricostituire l’Unione Sovietica. Tutto questo per dire che se credi come me che sta affrontando una minaccia esistenziale, in effetti stai dicendo che lo vede come una minaccia alla sopravvivenza della Russia. E se si trova in una situazione del genere, non può perdere. Quando affronti una minaccia esistenziale, non perdi. Non hai scelta. Devi vincere.
Ora, questo ci porta dalla parte americana. Cosa stanno facendo gli americani? Quello che stiamo facendo, che è quello che abbiamo fatto dopo lo scoppio della crisi il 22 febbraio 2014, è raddoppiare. Abbiamo deciso che quello che faremo è sconfiggere la Russia all’interno dell’Ucraina. Daremo una sconfitta decisiva contro i russi all’interno dell’Ucraina. E allo stesso tempo, strangoleremo la loro economia. Metteremo loro sanzioni malvagie e li metteremo in ginocchio. Noi, in altre parole, vinceremo e loro perderanno. Inoltre, l’amministrazione Biden e lo stesso presidente hanno fatto di tutto per intensificare la retorica e ritrarre i russi come la fonte di tutti i mali e per ritrarci come i buoni e per creare l’impressione nella mente delle persone che questa sia una situazione che non non si presta al compromesso perché non puoi scendere a compromessi con il diavolo. In effetti, quello che bisogna fare qui è vincere.
Ora, saprai che sarebbe una sconfitta devastante per Joe Biden se i russi dovessero vincere questa guerra. E ovviamente, come ti ho appena detto, dal punto di vista russo, devono vincere questa guerra perché questa è una minaccia esistenziale che stanno affrontando. Quindi la domanda che ti vuoi porre è, dove ci lascia? Entrambe le squadre devono vincere. È impossibile per entrambe le squadre vincere, non quando si pensa alla situazione che stiamo affrontando qui. Quindi, come otteniamo un accordo negoziato? Solo che non lo vedo succedere. Non vedo i russi dare alcun motivo significativo e certamente non vedo gli americani dare alcun motivo significativo. Quindi cosa è probabile che accada? Ora si parla da parte nostra, e anche da parte russa, che questa guerra durerà per anni. In altre parole,
Ora, capisco che a questo punto non siamo coinvolti nei combattimenti, ma siamo il più vicino possibile a essere coinvolti. E poi inizi a dire a te stesso, non è possibile che verremo trascinati in questo? C’è un’enorme pressione politica sull’amministrazione Biden affinché noi implementiamo la no-fly zone per entrare effettivamente per scopi umanitari in Ucraina e così via. Finora Biden ha saputo resistere a quella pressione, ma riuscirà a resistervi per sempre? E se avessimo un incidente militare che ci trascinasse nei combattimenti? Quindi potremmo benissimo finire in una situazione in cui gli Stati Uniti e la Russia stanno combattendo l’uno contro l’altro in Ucraina. Poi veniamo alla questione dell’escalation nucleare.
Penso prima di tutto, se gli Stati Uniti vengono trascinati in una lotta contro la Russia ed è una guerra convenzionale in Ucraina o per l’Ucraina nell’aria, gli Stati Uniti picchieranno i russi. Se gli ucraini stanno facendo così bene contro i russi militarmente, puoi immaginare quanto meglio faranno gli americani negli scontri aria-aria e anche a terra, giusto? In quella situazione, non crede che sia possibile che la Russia si rivolga alle armi nucleari? Penso sia possibile. Ho studiato un sacco di storia militare. Ho studiato la decisione giapponese di attaccare gli Stati Uniti a Pearl Harbor nel 1941. Ho studiato la decisione tedesca di lanciare la prima guerra mondiale durante la crisi di luglio del 1914. Ho esaminato la decisione egiziana di attaccare Israele nel 1973 .
Questi sono tutti casi in cui i decisori si sono sentiti in una situazione disperata e hanno capito tutti che in un modo molto importante stavano lanciando i dadi, stavano perseguendo una strategia incredibilmente rischiosa, ma sentivano semplicemente di non avere scelta. Sentivano che era in gioco la loro sopravvivenza. Quindi quello di cui stiamo parlando qui è prendere un paese come la Russia, giusto, che pensa di affrontare una minaccia esistenziale, che pensa che la sua sopravvivenza sia in gioco e che lo stiamo spingendo al limite. Stiamo parlando di romperlo. Stiamo parlando non solo di sconfiggerlo in Ucraina, ma di romperlo economicamente. Questa è una situazione straordinariamente pericolosa, e trovo davvero straordinario che stiamo affrontando l’intera questione in un modo così disinvolto. E comunque, Penso che molto di questo abbia a che fare con il fatto che così tante persone che sono state coinvolte nel pensare a questo problema oggi sono state sollevate durante il momento unipolare e non durante la Guerra Fredda. Durante la Guerra Fredda, come qualcuno come Jack può dirti anche meglio di me, abbiamo riflettuto a lungo sulla guerra nucleare.
Abbiamo riflettuto a lungo sulle relazioni tra USA e Unione Sovietica e su come ciò potrebbe portare a una guerra nucleare. Le persone che sono cresciute nel momento unipolare sono molto più sprezzanti su questi temi. E penso che questo rappresenti una situazione molto pericolosa. Ora vorrei notare che anche se i russi e gli americani non finissero per combattersi, ma gli ucraini fossero in grado di scaglionare i russi in Ucraina e infliggere loro sconfitte significative, i russi potrebbero comunque rivolgersi alle armi nucleari. È possibile. È probabile? No, ma è possibile. E questo mi spaventa molto e dovrebbe spaventare la maggior parte degli americani e certamente la maggior parte degli europei. Quindi tutto questo per dire, quando guardo alle relazioni USA-Russia oggi, penso che siamo effettivamente in guerra l’uno con l’altro. Anche se ancora una volta, gli americani non stanno combattendo contro i russi sul campo di battaglia,
Ora che dire dell’Ucraina? Gli ucraini non hanno alcuna agenzia? Voglio dire, dopo tutto, è il loro paese che viene distrutto. Si potrebbe argomentare che l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, è disposto a combattere questa guerra fino all’ultimo ucraino. E il risultato finale è che l’Ucraina è in effetti un paese distrutto. Dato che hanno un’agenzia, non è possibile che gli stessi ucraini dicano basta e mettano fine a tutto questo? Purtroppo, non credo che sia il caso. E penso che il fatto sia che gli Stati Uniti non permetteranno agli ucraini di concludere un accordo che gli Stati Uniti trovano inaccettabile.
Non vogliamo che ciò accada. Come ho detto prima, l’amministrazione Biden intende infliggere una sconfitta decisiva alla Russia. Se gli ucraini decideranno di concludere un accordo e consentire alla Russia di vincere in un certo senso significativo, gli americani diranno che è inaccettabile. E gli americani lavoreranno con i nazionalisti di destra in Ucraina per indebolire Zelenskyy o il suo successore. Quindi non vedo in alcun modo che l’Ucraina possa intervenire e porre fine a questa crisi. Lo vedo solo andare avanti e indietro. Posso concludere dicendo che George Kennen ha affermato alla fine degli anni ’90 che l’espansione della NATO è stato un tragico errore e che avrebbe portato all’inizio di una nuova Guerra Fredda. All’inizio sembrava che avesse torto. Abbiamo avuto la prima tranche di espansione nel 1999 e ce la siamo cavata. Abbiamo avuto la seconda tranche di espansione nel 2004 e siamo riusciti a farla franca. Ma poi, quando nell’aprile 2008 è stata presa la decisione per una terza tranche, che includerebbe Georgia e Ucraina, è abbastanza chiaro che avevamo spostato un ponte troppo oltre. E il risultato finale, mi dispiace dirlo, è che penso che la previsione di Kennen si sia rivelata vera. Grazie.
Nel video linkato in calce[1], il giornalista e documentarista italiano Giorgio Bianchi, che dal 2014 segue il conflitto in Ucraina, riporta quanto gli ha detto nel Donbass una fonte di alto livello e degna di fede del campo russo.
E’ notevole che il contenuto riportato da Bianchi coincida con quanto scritto da Gilbert Doctorow il 14 aprile[2] nel suo articolo The Russian Way of War – Part Two. Doctorow è uno storico americano, collaboratore dell’American Committee for U.S.-Russia Accord (ACURA)[3]del quale fu cofondatore il professor Stephen Cohen[4] (Princeton University), uno dei maggiori studiosi della Russia sovietica e post-sovietica. Oggi Doctorow è residente a Bruxelles. Per decenni ha studiato la Russia e lavorato colà per imprese occidentali, come consulente. Ha dunque una vasta rete di relazioni in Russia.
I punti essenziali riportati da Bianchi sono:
La Russia non prende in considerazione la possibilità di perdere questa guerra.
Il campo occidentale ha chiarito che non intende trattare, ma anzi prolungare il più possibile la guerra per indebolire la Russia.
Le sanzioni hanno già quasi raggiunto il massimo possibile.
La demonizzazione della Russia da parte del campo occidentale è totale.
Le FFAA russe hanno subito serie perdite.
Dunque, non è più interesse russo continuare a condurre una guerra limitata, con mezzi limitati, per obiettivi limitati raggiungibili mediante trattativa diplomatica parallela alle operazioni militari.
La Russia quindi ha deciso di impiegare tutti i mezzi a sua disposizione per raggiungere la vittoria sul campo, forse previa dichiarazione formale di guerra all’Ucraina.
Chiarisco il punto 1. Per la Russia, “perdere questa guerra” significa “interrompere le ostilità senza essersi assicurati gli obiettivi minimi dichiarati”, ossia a) Donbass indipendente b) neutralizzazione militare Ucraina c) neutralizzazione milizie armate nazionaliste radicali. I rapporti di forza oggettivi tra Ucraina e Russia fanno sì che la Russia possa “perdere questa guerra” solo se interrompe le ostilità con una decisione politica. Coeteris paribus, ossia se la NATO non interviene direttamente nel conflitto, è impossibile che la Russia subisca una sconfitta militare, se prosegue le ostilità. È incerto soltanto come, quando e a quale costo la Russia vincerà militarmente.
Chiarisco il punto 2. Che il campo occidentale non intenda favorire una trattativa tra Ucraina e Russia è chiarissimo, e non abbisogna di spiegazioni. Aggiungo una mia congettura. Secondo me la dirigenza russa ha concluso che gli Stati Uniti intendono prolungare il più possibile la guerra in Ucraina, per indebolire la Russia in vista di un obiettivo strategico: frammentazione della Russia sul modello jugoslavo. Ritengo che dal punto di vista russo, la strategia complessiva americana è quella di attaccare contemporaneamente i suoi maggiori avversari, Russia e Cina, al fine di riconfermare la propria egemonia mondiale. La Russia è il primo obiettivo perché è la più debole. Probabilmente gli Stati Uniti pensano anche che in caso di frammentazione della Russia, la Cina potrebbe essere associata agli Stati Uniti nella spartizione del bottino, e ricondotta a una (provvisoria) partnership con gli Stati Uniti.
Un indizio a suffragio di questa congettura sono gli articoli che linko in calce. Il primo è di Ray McGovern, ex analista CIA a capo per la sezione Unione Sovietica. Tema: rapporto Cina-Russia. È solido? I russi hanno informato i cinesi dell’invasione? Hanno ottenuto il loro consenso?[5] McGovern argomenta che sì, il rapporto Russia – Cina è più che solido, e che i cinesi erano al corrente dell’invasione.
Il secondo, su “Foreign Policy” è di Matthew Kroenig, vicedirettore dell’Atlantic Council’s Scowcroft Center for Strategy and Security, uno dei più importanti think tank USA. Il titolo parla da sé: Washington Must Prepare for War With Both Russia and China/ Pivoting to Asia and forgetting about Europe isn’t an option[6]. L’accesso all’articolo è pagamento. Ma il terzo articolo che linko, di Deborah Veneziale, The U.S. is preparing war with China and Russia at the same time[7] analizza l’articolo di Kroenig e ne cita ampi stralci. Cosa assai interessante, è stato scritto per un pubblico cinese e pubblicato su “Guancha”[8].
Se la mia congettura è corretta, la Russia ritiene che in questo conflitto sia a rischio la propria sopravvivenza, e dunque è disposta a battersi fino alle estreme conseguenze, compreso uno scontro diretto con la NATO e l’impiego delle armi nucleari. Faccio notare che anche qualora il campo occidentale non intendesse perseguire questi scopi strategici, e la Russia avesse equivocato le intenzioni americane, per prevedere che cosa farà la Russia contano soltanto le percezioni russe.
Per concludere. Sinora, la Russia ha condotto una guerra limitata, con mezzi limitati, per raggiungere obiettivi limitati con una trattativa diplomatica parallela alle ostilità. Il quadro giuridico in cui si svolgono le ostilità è quello dell’aiuto militare alle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, la cui indipendenza è stata riconosciuta dalla Duma russa prima dell’inizio dell’invasione: è per questo che i russi chiamano le ostilità “operazione militare speciale” e non “guerra”.
È probabile che prima di passare alla seconda fase delle ostilità, la Russia dichiari formalmente guerra all’Ucraina, per cambiare il quadro giuridico del conflitto, sia all’interno, sia all’esterno del paese. Non conosco la legislazione russa e dunque non sono in grado di valutare l’importanza del cambiamento del quadro giuridico tra “operazione militare speciale” e “guerra” formalmente dichiarata. In Italia, la differenza sarebbe decisiva.
In ogni caso, è probabile che nel prossimo futuro assisteremo a una forte, progressiva escalation del conflitto in Ucraina.
Come profetizzato dal professor John Mearsheimer sin dal 2015[9], l’Ucraina subirà immani distruzioni e gravi perdite civili. Per sventare questa tragedia, questa “inutile strage”, basterebbe che un paese europeo importante rompesse il fronte occidentale e promuovesse un ridisegno del sistema di sicurezza europeo che tenga conto delle esigenze russe. Temo che non accadrà.
Poiché il Team di You Tube ha rimosso il video, l’unico link disponibile è quello di rumble. D’ora in poi si suggerisce di privilegiare tale accesso
La realtà della situazione in Ucraina fatica pesantemente ad emergere non ostante alcune crepe che qua e là cominciano ad emergere nel sistema mediatico nazionale. Una cappa opprimente comune a tutti i paesi europei, ma che in Italia sta raggiungendo i vertici della disinformazione più dozzinale. Negli Stati Uniti, come testimoniato anche dal filmato iniziale di questa conversazione, la situazione è in buona misura diversa e più favorevole. Merito soprattutto dello scontro politico aperto fra le compagini politiche e all’interno degli stessi centri decisori; grazie anche al fatto che quanto avviene in Europa e nell’Ucraina stessa non è solo la conseguenza, ma l’esito diretto di decisioni statunitensi prese sul campo con una catena di comando sempre più diretta. E le decisioni, per essere prese e per renderle efficaci, hanno bisogno di una relativa trasparenza nella fase di elaborazione. I paesi europei sono sempre più, con rare eccezioni, soggetti passivi di queste scelte. La mediocrità tragicamente banale del ceto politico e della classe dirigente italiani, a cominciare dai nostri due presidenti, ne sono l’emblema più disarmante e sconfortante. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
Quello che chiamiamo “Russia” e che identifichiamo con i confini politico amministrativi tratteggiati sulle carte non è quanto pensiamo o meglio, lo è solo in parte. La Russia – l’entità unitaria panrussa emersa nella prima età moderna, sopravvissuta sino ad oggi traverso innumerevoli mutazioni – sebbene ovviamente detenga lo status legale di stato, non lo è nella stessa accezione in cui lo sono i suoi analoghi europei ad occidente e questo per ragioni di fondo che a loro volta sollevano quesiti ultimi, come la natura e il significato dello stato stesso – in generale – e il suo rapporto con la società.
Per rimarcare la distanza tra il modello russo e gli stati europei si cita normalmente la dimensione geografica non comparabile naturalmente (che la Russia non sia uno stato nazionale in senso europeo è lapalissiano), ma nel fare questo si sorvola un elemento che ha più a che fare con la metafisica che con il materiale : l’analisi filosofica ha suggerito che altro non si tratti che di Costantinopoli, metafisicamente eiettata dal Bosforo e riemersa oltre 1000 km a nord nel cuore della pianura slavo orientale, entro i piccoli confini di un principato russo : a quest’ultimo, inizialmente minuscolo depositario simbolico della tradizione greca, le circostanze storiche permettono però di ingigantirsi all’inverosimile riproponendo l’impero bizantino (o quello ellenistico di Alessandro addirittura, per essere visionari all’iperbole) idealmente traslato su differenti coordinate geografiche.
Benchè le circostanze e quindi le strutture materiali mutino con l’andare del tempo, il substrato concettuale “universale” (che è il proprio SONDERWEG e al tempo stesso eccezionalità) tende a persistere, ridipingendosi di era in era a seconda del caso (con le tendenze o ideologie del momento) : l’andamento imponderabile degli eventi porta lo stato russo ad allontanarsi e scollarsi talvolta dalla propria “unicità” o “eccezionalità” per poi tornarvi inevitabilmente come per una legge della fisica, allorchè questa distanza dal sonderweg diventi intollerabile. Abbiamo dunque a che fare con un fenomeno analizzabile col metro della storia di lunghissimo corso : l’andamento ciclico di una civilizzazione. L’andamento ciclico della storia russa si percepisce alla luce dei passaggi che si sono visti nei capitoli precedenti : la Terza Roma si affievolisce si secolarizza (non riesce a far fronte alla secolarizzazione che investe tutto l’emisfero europeo) lasciando sul terreno un già grande aggregato territoriale che però è troppo fragile per affrontare le sfide dell’era nuova. Serve pertanto un nuovo “credo secolare” che Pietro il grande fornisce al paese trasformando il vecchio zarato in IMPERO RUSSO : Pietro Romanov che probabilmente realizzava la vulnerabilità del vecchio stato, bene memore del quasi annullamento agli inizi del secolo stesso per opera dei polacchi, decide dunque per un ritorno al concetto di “eccezionale” che si stava perdendo, tramite la sua idea di stato. Recuperare l’eccezionalità è una zona di passaggio TRAUMATICA, dal momento che per alterare l’andamento storico in corso occorrono misure radicali : così come quasi due secoli avanti Ivan il terribile carica con ideali messianici il proprio giovane zarato lanciandolo in imprese per l’epoca titaniche, Pietro il grande a sua volta sfigura il volto della società russa del suo tempo, ne attua una metamorfosi di prima grandezza consegnandola temporaneamente all’occidente.
Quando l’impero è oramai decadente e non può più servire allo scopo di difendere la sacralità dello spazio russo da interferenze esterne (ma anzi si va verso il collasso e lo smembramento territoriale) allora tutto si rimette in moto : in questo frangente una forza si interpone per impedirne la fine e questa è rappresentata dai bolscevichi stessi che invertono dalle fondamenta il moto di decomposizione dello stato russo (bramato dai suoi rivali). Nel riportare la capitale da San Pietroburgo a MOSCA, simbolicamente pongono fine non solo alla parentesi imperiale, ma anche alla parentesi OCCIDENTALE del paese, recuperando in un solo colpo non soltanto un’ideale universale (nell’ideologia socialista) , ma anche recuperando il destino distaccato dall’occidente della civilizzazione russa : il sonderweg, il cammino separato (in questo caso nei confronti dell’occidente) è recuperato nella cortina di ferro che cala attorno al primo stato socialista al mondo (perlomeno in prospettiva nazionalista e “autoctonista” si può interpretare così la dinamica).
Il processo rivoluzionario con quanto consegue, è il cataclisma che si abbatte sulla società russa della prima metà del 900, eppure anche questo in un’ottica patriottica è un male necessario : polverizzare i muri del presente, tramite una purificazione militare – per quanto traumatico – onde evitare che la sua decadenza trascini nel baratro finale (pathos dell’avvicendarsi di crepuscolo e rinascita).
Questo cammino ci porta i nostri giorni : l’era sovietica che per buona parte del secolo puntella il paese, si dissolve aprendo la strada allo spettro della disintegrazione territoriale impedita 70 anni prima. Non solo è in gioco la Russia “estesa” ovvero il suo hinterland di repubbliche post-sovietiche, ma ora lo stesso HEARTLAND è a rischio : a rischio di smarrire sé stesso, come ebbro di idee estranee alla propria tradizione ancestrale nell’era della comunicazione di massa, della globalizzazione, che agiscono come veicoli formidabili della dominanza occidentale sulla cultura planetaria con tempistiche di rapidità sconosciuta al passato.
Ancora una volta la storia si ripete dunque ! Come al tempo di Ivan IV, come al tempo di Pietro il Grande, come al tempo della rivoluzione d’ottobre, assistiamo ad un momento di grave crisi non solo dello stato russo, ma della stessa IDEA RUSSA ovvero in quanto civilizzazione a sé stante. La tragedia del decennio Ieltsiniano seguita da un “salvatore” nel ventennio a seguire non è dunque strana, ma al contrario segue perfettamente la logica di riassestamento del “destino” : varcata la soglia critica……si mette in moto qualcosa che si muove in direzione opposta per salvaguardare il “nucleo” della civiltà.
Vladimir Putin risulta quindi essere una di quelle enigmatiche (o tragiche) figure, quali statisti o sovrani che loro malgrado si trovano in fasi di passaggio : di coloro che trovano dietro sé macerie e dinnanzi a sé l’ignoto, dovendo farvi fronte con i mezzi che hanno. Se una spiegazione (non giustificazione) si può trovare per l’attuale presidente di Russia si potrebbe dire che è una persona ordinaria in circostanze (per il proprio paese) NON ordinarie : e disgraziatamente non si può far fronte a circostanze straordinarie con mezzi ordinari. In ottica russa nazionalista e considerato il contesto altro non sarebbe che uno strumento della storia, cui è affidato l’arduo compito di restaurare il giusto sentiero per la propria civiltà rimettendone in sesto la struttura materiale che si chiama stato.
La “creatura” in questione – al di là della formalità giuridica – NON è uno stato nazionale e nemmeno uno stato multietnico (come si vantano d’essere i più moderni stati d’occidente) : è uno stato sovranazionale ovvero sé stesso ed al tempo medesimo più di questo, definendosi proprio in quella che per noi è una contraddizione in termini (ma la stessa tradizione cristiana non vede forse tre entità in una sola ??). Si può evitare di sprofondare nella trappola semantica semplicemente superandola ed arrivando alla comprensione che quella russa è una forma di civilizzazione indipendente, a sé stante. Quella cui abbiamo assistito in questo ultimo mese tra Russia e Ucraina NON è una guerra tra due stati, ma una guerra CIVILE (interna alla “sovranazionalità” russa) e l’attrito trasformatosi in seconda guerra fredda tra paesi dell’occidente e Mosca NON è un conflitto tra stati (come la storia della diplomazia ci direbbe) bensì un confronto di civiltà : quella occidentale di stampo latino e germanico – immensa e frammentata in una moltitudine di stati e lingue diverse , mentre dall’altro quella russa di stampo bizantino, entità più limitata demograficamente ed economicamente, ma altrettanto grande geograficamente, unificata politicamente e linguisticamente e non priva di risorse naturali ed alleati (soprattutto). Questo il corretto modo – benchè troppo astratto per molti – di leggere le cose.
Il presidente legale (Vladimir Putin) dello spazio territoriale coincidente con tale civilizzazione ha come deciso – consapevolmente o meno – di assumersi un complesso ruolo storico che lo inserisce nel solco dei predecessori in quell’andamento ciclico che abbiamo tentato di descrivere. Una sfida molto ambiziosa considerato il grado di permeabilità del mondo odierno rispetto a secoli ed anche solo generazioni passate : COME ritornare al proprio sonderweg nel 21° secolo ? L’unica cosa certa, osservando l’andamento ciclico è che produrre il riavvicinamento comporta fiumi di sangue o in ogni caso un sacrificio collettivo di entità non calcolabile.
Il Sonderweg è in buona parte idea : reggerà la società russa al prezzo richiesto per tornare all’”idea” rinunciando al bene materiale che la generazione di apertura al mondo esterno ha portato? Non occorre perdersi in una diatriba “idea-materia” degna di Platone e Aristotele per carità (!), basti riflettere più concretamente sulla determinazione che caratterizza ogni suo passo a partire dall’inizio del conflitto : l’indifferenza riguardo lo scollegamento della Russia da molti benefit offerti dalla civiltà del consumo e della rete internet (dai fast food ai social network) è prova lampante di un atteggiamento particolare….non si odia l’occidente, ma se ne può fare a meno. Forse si invita a farne a meno : non si negano le comodità occidentali al proprio popolo, ma si ottiene che sia l’occidente a toglierle ottenendo così un doppio vantaggio : l’influenza materiale occidentale si attenua e non si potrà incolpare (direttamente) lo stato russo per questo (dall’esterno si dirà che è la Russia ad aver iniziato il conflitto, meritandosi la risposta, ma da una prospettiva interna non è così : la popolazione , che in generale supporta il proprio stato, se non il governo, attribuirà la colpa alla negatività occidentale contro i russi. Si incolperà il mondo esterno e non la Russia in sé). In sintesi efficace e dura come la pietra : nemmeno la minaccia di uno scollegamento totale dall’internet globale pare aver sortito un effetto significativo, nei giorni peggiori.
Concludiamo.
Riguardo il presidente concluderemmo che oramai – prossimo alla pensione – si è addossato un ruolo che va ben oltre la vita mortale di alcuno, fuori misura. Ha rinunciato ad un comune successore preferendo invece prendere una decisione storica che avrà obbligatoriamente riflessi su qualsiasi successore avrà mai : ha rimesso in moto la catena degli eventi, ha prodotto un’alterazione nello scorrimento temporale (per parlare come in fantascienza) della storia per il secolo in questione………questa la sua eredità a prescindere da come vada.
Vladimir Putin è un uomo profondamente solo, non compreso né dai nemici e nemmeno dagli amici, da coloro che ne sostengono le cause per pura fedeltà, dalla folla urlante che pure lo applaude per fisiologico trasporto patriottico, ma senza capire l’essenza intima delle sue ragioni. Un uomo che lascia ai suoi successori un enigmatico vuoto : COME farà la Russia a difendere il proprio nucleo vitale e il binario prestabilito (sonderweg) nel contesto globalizzato del 21° secolo ? Quale energia si utilizzerà per rendere coesa la società ? Ideologia ? Fede dinastica ? Fede religiosa ? Tutte sono esaurite storicamente e nulla di nuovo è stato proposto : il VUOTO è il peggiore nemico della Russia (non gli USA o la Nato), la più macroscopica lacuna che nemmeno l’uomo “del destino” ha potuto per ora modificare : l’assenza di un verbo materiale traverso il quale l’idea russa possa reincarnarsi come nei secoli passati, di volta in volta. Nessun nuovo anello dell’andamento ciclico è stato forgiato per questa fase di passaggio : possiamo quindi concludere che Putin nel scegliere uno “stato di cose” (o ritorno al sonderweg) anziché un successore in carne ed ossa ha optato per una variante grandiosa nell’uscire di scena…solo che al momento è monca. Come un regista che ha una grande sceneggiatura, ma di fatto scarso budget per realizzarlo sullo schermo (per metterla così).
I cicli passati sono analizzabili, ma quelli futuri sono imponderabili. Il 21° secolo vedrà.