Sulle implicazioni dello studio sull’invasione russa dell’Ucraina pubblicato dalla “Marine Corps Gazette”, di Roberto Buffagni

Sulle implicazioni dello studio sull’invasione russa dell’Ucraina pubblicato dalla “Marine Corps Gazette” di giugno e agosto 2022

 

Espongo con la massima brevità le principali implicazioni, a mio avviso di eccezionale rilievo, dello studio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina pubblicato dalla “Marine Corps Gazette” nei numeri di giugno e agosto 2022. L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines. La traduzione italiana integrale dello studio di “Marinus” è disponibile ai due link in calce[1].

Per intendere quanto sto per scrivere è dunque necessario aver letto con attenzione il testo di “Marinus” che mi accingo a commentare.

  1. Perché lo studio di Marinus è così importante? Perché è un eccellente studio del conflitto in Ucraina, radicalmente discordante dall’interpretazione ufficiale largamente diffusa in Occidente, ed è: a) scritto da un tecnico di elevata competenza b) scritto da Autore insospettabile di parzialità a favore dei russi c) pubblicato dalla rivista del Corpo dei Marines: indirizzato dunque anzitutto a un reparto militare che deve prepararsi ad affrontare i russi sul campo di battaglia, e al quale appartiene anche l’Autore. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile. Dunque lo studio di Marinus proviene da una fonte insieme competente, obiettiva e affidabile, che ha tutto l’interesse ad accertare la verità.
  2. Come valuta Marinus le capacità dell’esercito russo? Tutta l’analisi di Marinus delle capacità dell’esercito russo è improntata a una preoccupata ammirazione. Ammirazione per le capacità strategiche e operative, per la flessibilità e adattabilità delle manovre, per l’abile combinazione di tipi diversi di campagna (manovra e attrito), per l’intelligente adattamento della condotta delle operazioni ai fini politici e psicologici. Ammirazione preoccupata perché è possibile che il Corpo dei Marines debba, in futuro, incontrare sul campo un nemico formidabile. Se concordiamo con l’analisi di Marinus, tutti i (molti, diffusi) giudizi negativi e sprezzanti sull’esercito russo e sulla sua condotta delle operazioni in Ucraina sono erronei.
  3. Come interpreta Marinus le incursioni compiute dall’esercito russo verso Kiev e a Nordovest dell’Ucraina all’inizio delle ostilità, e il ripiegamento delle truppe russe verso Sudest di cinque settimane dopo? Come un “Grande Inganno che, pur avendo scarso effetto in termini di distruzioni dirette, ha reso possibile il successivo logoramento delle forze armate ucraine”. Se concordiamo con Marinus, le interpretazioni che attribuiscono ai russi l’intenzione di impadronirsi di Kiev e/o dell’intera Ucraina, e il successivo ripiegamento delle truppe russe al fallimento di questi obiettivi in seguito a una sconfitta sul campo, sono errate.
  4. Quali previsioni sull’andamento del conflitto si possono ricavare dall’analisi di Marinus? Marinus non fa previsioni sul futuro andamento del conflitto in Ucraina. Dal suo studio si possono ricavare, senza forzarne l’interpretazione, le seguenti valutazioni: a) il comando russo ha sin dall’inizio saldamente in pugno le operazioni militari, e le conduce nella direzione desiderata b) l’esercito russo ha una netta superiorità sull’esercito ucraino, nonostante gli aiuti e la direzione NATO: superiorità di comando, intelligenza strategica, abilità operativa, potenza di fuoco c) l’esercito russo ha inflitto e continua a infliggere gravissime perdite all’esercito ucraino, subendone relativamente molto poche. Se concordiamo con queste valutazioni di Marinus, la previsione più ragionevole è che l’esercito ucraino ha zero possibilità di rovesciare le sorti sul campo, e corre un serio rischio di essere annientato.
  5. Se l’analisi di Marinus è corretta, perché le direzioni politiche occidentali sostengono il contrario, ossia che l’esercito russo è di scarso valore e si trova in difficoltà, voleva impadronirsi di Kiev e ha fallito, l’Ucraina può vincere, non si deve trattare? È tutta propaganda? No, non è tutta propaganda. C’è anche quella, ovviamente, e tanta, ma la linea ufficiale occidentale dipende, a mio avviso, da un iniziale errore di interpretazione in buonafede. Mi spiego.
  6. A mio avviso, le direzioni militari e politiche occidentali hanno interpretato erroneamente quello che Marinus chiama il “Grande Inganno”, ossia le iniziali incursioni russe nel Nordovest dell’Ucraina, e il ripiegamento di cinque settimane dopo.
  7. Le incursioni russe nel Nordovest dell’Ucraina, all’inizio delle ostilità, sono state segnate da molteplici scontri. I russi non hanno conquistato nessuna città, e hanno subito diverse piccole sconfitte tattiche, subendo perdite significative, perché l’esercito ucraino – il più numeroso, addestrato, armato esercito NATO (de facto) europeo – era intatto e combattivo. Gli osservatori militari occidentali hanno interpretato le prime cinque settimane di guerra – un “Grande Inganno”, secondo Marinus – come una prova delle scarse capacità dell’esercito russo, del suo fallimento, delle sue “prestazioni drammaticamente inadeguate[2]; e ne hanno concluso che fosse possibile infliggergli una sconfitta decisiva.
  8. Un errore di interpretazione delle prime cinque settimane di ostilità è più che comprensibile e scusabile, proprio perché – secondo Marinus – esse consistevano in una grande manovra diversiva, volta a ingannare il nemico sui veri obiettivi militari e politici russi, situati nel teatro principale delle operazioni: il Donbass.
  9. Quel che non è comprensibile o scusabile è la decisione strategica che ne hanno immediatamente ricavato le direzioni politiche occidentali, anzitutto statunitensi: rilanciare la posta strategica fino al cielo, enunciare ufficialmente come obiettivo occidentale l’indebolimento della Russia fino al punto di espellerla dal novero delle grandi potenze, rovesciandone il governo e forse frammentandola[3]; e impegnare su questa strategia massimalista e azzardata il prestigio degli Stati Uniti d’America, così privandosi di ogni futuro spazio di manovra politica e diplomatica.
  10. Vi sono forti indizi che le cose siano andate così: ossia, che un errore di interpretazione dell’andamento delle operazioni militari abbia innescato un grave errore politico-strategico, molto difficile – quasi impossibile – da rimediare. Vediamoli.
  11. Nella prima fase dell’invasione (dal 24 febbraio al 7 aprile) si sono tenuti 7 incontri diplomatici tra Ucraina e Russia: 28 febbraio, 3 marzo, 7 marzo, 10 marzo, 14-17 marzo, 21 marzo, 29-30 marzo[4].
  12. Il 16 marzo, “il presidente ucraino Volodymyr Zelensky afferma che i colloqui di pace con la Russia stanno iniziando a ‘suonare più realistici, ma è ancora necessario tempo per raggiungere una svolta. … La Russia ha continuato a fare pressioni sull’Ucraina affinché rinunci formalmente a qualsiasi intenzione di aderire alla Nato e riconosca formalmente le province separatiste di Donetsk, Luhansk e Crimea. I colloqui dovrebbero continuare mercoledì. Come riportato in precedenza, Zelensky martedì sembrava ammettere che l’Ucraina non si sarebbe unita alla Nato. Il negoziatore ucraino Mykhailo Podolyak ha affermato che ci sono state ‘contraddizioni fondamentali’ durante i colloqui, ma ‘certamente spazio per un compromesso[5].
  13. Il 28 marzo, Zelensky “ha utilizzato un’intervista video con media russi indipendenti per segnalare la sua volontà di discutere l’idea che l’Ucraina adotti uno ‘status neutrale’ e anche scendere a compromessi sullo stato della regione orientale del Donbass, al fine di garantire un accordo di pace con la Russia.”[6]
  14. Il 29 marzo le truppe russe abbandonano le loro posizioni avanzate in prossimità di Kiev e ripiegano verso la Bielorussia[7].
  15. Il 9 aprile Boris Johnson, Primo Ministro del Regno Unito, fa una visita a sorpresa a Kiev, incontra il Presidente Zelensky e dichiara: “L’Ucraina ha rovesciato i pronostici [“defied the odds”] e ha respinto le forze russe alle porte di Kiev, realizzando il più grande fatto d’armi del 21° secolo“.[8]
  16. Dal viaggio di Johnson a Kiev del 9 aprile in poi, cessa di fatto ogni dialogo diplomatico tra Ucraina e Russia.
  17. Le direzioni occidentali restano dunque disponibili a una trattativa con la Russia – certo, sperando di condurla da posizioni di forza grazie alle sanzioni economiche e all’invio di armi all’ Ucraina – fino alla fine di marzo, quando si conclude la prima fase dell’operazione militare speciale russa: il “Grande Inganno”, ossia la grande manovra diversiva su più direttrici verso il Nordovest del paese che, nell’interpretazione di Marinus, ha lo scopo di ritardare “il movimento delle forze ucraine nel teatro principale della guerra [il Donbass] fino a quando i russi non avessero schierato le unità di artiglieria, messo in sicurezza la rete di trasporto e accumulato le scorte di munizioni necessarie per condurre una lunga serie di massicci bombardamenti”.
  18. Invece le direzioni occidentali interpretano erroneamente il diversivo russo, lo fraintendono per un’operazione fallita che prova la debolezza militare russa, e dichiarano per bocca di Johnson che “L’Ucraina ha rovesciato i pronostici [“defied the odds”] e ha respinto le forze russe alle porte di Kiev, realizzando il più grande fatto d’armi del 21° secolo“; persuadono Zelensky a interrompere ogni trattativa credendo, e facendogli credere, di poter vincere la Russia sul campo; e il 24 aprile enunciano ufficialmente, con le dichiarazioni autorevoli del Segretario di Stato e del Ministro della Difesa statunitensi, i loro nuovi obiettivi strategici massimalisti: “Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto da non poter fare il tipo di cose che ha fatto invadendo l’Ucraina[9], impegnando su di essi il prestigio degli Stati Uniti e chiudendosi ogni spazio di manovra politica.
  19. Nota questa secca, radicale svolta strategico-politica degli USA anche John Mearsheimer, nel suo articolo su “Foreign Affairs” del 17 agosto: “Inizialmente, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno appoggiato l’Ucraina per impedire una vittoria russa e negoziare da posizione favorevole la fine dei combattimenti. Ma non appena l’esercito ucraino ha iniziato a martellare le forze russe, specialmente intorno a Kiev, l’amministrazione Biden ha cambiato rotta e si è impegnata ad aiutare l’Ucraina a vincere la guerra contro la Russia.[10]” (Mearsheimer coglie la svolta, ma riproduce senza metterla in dubbio l’interpretazione errata della manovra diversiva russa, perché si affida all’analisi ufficiale, che in agosto è ormai dominante in tutto l’ Occidente, accademia compresa).
  20. Una volta che l’interpretazione erronea del “Grande Inganno” russo si è cristallizzata in consenso ufficiale dell’Occidente, costituendo la fondazione conoscitiva della strategia politica statunitense, si verifica quel che sempre accade in questi casi: chi appartiene al circolo degli analisti e dei decisori ufficiali, militari e politici, riflette e pensa solo all’interno di questo perimetro conoscitivo e politico. Pensieri e analisi discordanti incontrano anzitutto una forte resistenza interiore, perché metterebbero a rischio la reputazione e lo status di chi li proponesse; ed eventuali analisi incompatibili elaborate all’esterno del circolo dell’ufficialità vengono attaccate, svalutate, o ignorate.
  21. L’analisi di Marinus, per esempio, elaborata all’esterno dell’ufficialità accademica e politica, benché ovviamente né Marinus né la “Marine Corps Gazette” siano dei marginali o dei sovversivi anti-occidentali, viene completamente ignorata. Ho fatto personalmente un test via Twitter con un Senior Researcher del NATO College, un italiano che pubblica analisi militari anche sulla nostra stampa, e a) ignorava l’esistenza dello studio di Marinus b) non legge abitualmente la “Marine Corps Gazette” c) dopo aver letto rapidamente lo studio di Marinus, non ha capito che smentisce in toto la lettura ufficiale, condivisa e rilanciata anche da lui. Ha commentato che è “un’analisi operativa”, il che è parzialmente vero ma sostanzialmente errato (è soprattutto un’analisi strategica e politica, e in questo risiede il suo principale valore).
  22. I classici dell’arte militare, tutti, insegnano che quando un Capo di Stato Maggiore o un comandante in capo si trova di fronte a un evento bellico importante e imprevisto, deve anzitutto astenersi da reazioni immediate: perché la “nebbia della guerra”, l’incalzare di una marea di informazioni incerte e contraddittorie, la pressione di emozioni travolgenti, impediscono l’analisi lucida dei fatti. Prima di decidere la risposta all’evento bellico imprevisto, è indispensabile calmarsi, riflettere, vagliare le informazioni, e sospendere il giudizio finché non si sia ragionevolmente certi che la propria analisi corrisponde in larga misura alla realtà dei fatti.
  23. I consiglieri militari delle direzioni politiche occidentali hanno frainteso il significato delle prime cinque settimane di operazioni russe in Ucraina, e non hanno capito che si trattava di una complessa manovra diversiva. Questo è normale, comprensibile e scusabile, anche perché si trattava, appunto, di un “Grande Inganno” volto a indurre in errore il nemico. Non è assolutamente normale, comprensibile e scusabile che le direzioni politiche occidentali non abbiano sospeso il giudizio finché non fossero ragionevolmente certe che l’analisi militare corrispondesse in larga misura alla realtà dei fatti; e che abbiano deciso in una settimana (29 marzo, ripiegamento russo dai dintorni di Kiev – 9 aprile, viaggio di Johnson a Kiev) una linea strategica massimalista e azzardata, che elimina ogni spazio di manovra politica, e mette l’intero Occidente in rotta di collisione con una grande potenza nucleare come la Russia, per la quale l’attuale strategia occidentale rappresenta una minaccia esistenziale.
  24. La strategia occidentale contro la Russia si fonda su due pilastri: 1) che avvalendosi dell’esercito ucraino – integrato da “volonterosi” d’ogni nazione occidentale, armato e diretto dalla NATO – sia possibile infliggere una sconfitta decisiva all’esercito russo, o quanto meno, logorarlo al punto da destabilizzare la Federazione russa, provocandovi un regime change favorevole all’Occidente 2) che mediante sanzioni economiche pesanti e durevoli sia possibile, quanto meno nel giro di due-tre anni, destabilizzare la Federazione russa provocandovi un regime change favorevole all’Occidente.  Lo studio di Marinus ci dice che il primo pilastro della strategia occidentale si fonda a sua volta su un grave errore. Che il secondo pilastro si fondi anch’esso su un grave errore ce lo sta dicendo la realtà dei fatti.
  25. Dove può condurci una strategia massimalista, azzardata, che si fonda su due pilastri che a loro volta si fondano su due gravi errori? Per capire i rischi che le direzioni occidentali ci fanno correre, è opportuno rileggere l’articolo di John Mearsheimer su “Foreign Affairs” del 17 agosto[11], “Giocare col fuoco in Ucraina/I rischi di una escalation catastrofica”, e meditare questo passaggio: “Washington e i suoi alleati sono troppo faciloni e arroganti. Sebbene sia possibile evitare un’escalation disastrosa, la capacità dei contendenti di gestire questo pericolo è tutt’altro che certa. Il rischio è sostanzialmente maggiore di quanto non ritenga il senso comune. E dato che le conseguenze di una escalation potrebbero includere una guerra di grandi proporzioni in Europa, e forse anche l’annientamento nucleare, ci sono buone ragioni per preoccuparsi seriamente.”

 

 

[1] http://italiaeilmondo.com/2022/08/29/linvasione-russa-dellucraina-parte-i-e-ii-di-marinus_a-cura-di-roberto-buffagni/

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-guerra_in_ucraina_la_posizione_di_un_ex_ufficiale_dei_marines_ribalta_la_versione_occidentale/45289_47195/

[2] Lloyd Austin, v. nota seguente.

[3]Anthony Blinken, Segretario di Stato, Lloyd Austin, Ministro della Difesa, 24 aprile 2022, in Polonia, alla frontiera con l’Ucraina: “Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto in cui non possa fare il tipo di cose che ha fatto invadendo l’Ucraina” … Gli Stati Uniti sperano che la Russia sarà “indebolita” dalla guerra. … La Russia “Ha già perso molte capacità militari e molte delle sue truppe, francamente, e vogliamo fare in modo che non possa riprodurre molto rapidamente quella capacità” … “Lo stiamo vedendo quando si tratta degli obiettivi di guerra della Russia, la Russia sta fallendo, l’Ucraina sta avendo successo“. …l’esercito russo sta “fornendo una prestazione drammaticamente inadeguata“. “Stiamo vedendo che quando si tratta degli obiettivi di guerra della Russia, la Russia sta fallendo, l’Ucraina sta avendo successo“. Blinken ha affermato che l’obiettivo principale della Russia era “soggiogare totalmente l’Ucraina, toglierle la sua sovranità, toglierle la sua indipendenza“. [trad. mia]

https://www.washingtonpost.com/world/2022/04/25/russia-weakened-lloyd-austin-ukraine-visit/

 

[4] https://en.wikipedia.org/wiki/2022_Russia%E2%80%93Ukraine_peace_negotiations#:~:text=Peace%20negotiations%20between%20Russia%20and,Turkey%20prior%20to%20a%20fourth

[5] https://www.bbc.com/news/live/world-europe-60746557?ns_mchannel=social&ns_source=twitter&ns_campaign=bbc_live&ns_linkname=62312ce1ec502b53cd48252f%26Zelensky%3A%20Peace%20talks%20%27sound%20more%20realistic%27%262022-03-16T00%3A45%3A05%2B00%3A00&ns_fee=0&pinned_post_locator=urn:asset:386adada-afe1-4a88-9447-86882c7cb18d&pinned_post_asset_id=62312ce1ec502b53cd48252f&pinned_post_type=share

[6] https://www.theguardian.com/world/2022/mar/28/zelenskiy-hails-upcoming-ukraine-russia-peace-talks-amid-fallout-from-biden-comments-on-putin

[7] https://www.theguardian.com/world/live/2022/mar/29/russia-ukraine-war-latest-news-live-updates-putin-moscow-kremlin-zelenskiy-kyiv-russian-invasion?page=with%3Ablock-62431a178f08abb4071acbce

[8] https://www.theguardian.com/politics/2022/apr/09/boris-johnson-meets-volodymyr-zelenskiy-in-unannounced-visit-to-kyiv

[9] V. nota 3

[10]  John J. Mearsheimer, “Giocare con il fuoco in Ucraina”, “Foreign Affairs”, 17 agosto 2022, traduzione italiana disponibile qui:  http://italiaeilmondo.com/2022/08/18/12533/

 

[11] V. nota precedente

L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA Parte I e II, di Marinus_a cura di Roberto Buffagni

Presentazione

 

Questo è un saggio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, articolato in due parti, comparse sulla “Marine Corps Gazette”[1] nei numeri di giugno e di agosto 2022. È un’accurata, approfondita, eccellente analisi professionale dell’operazione militare speciale russa; in assoluto e di gran lunga la migliore che abbia trovato (e non ho cercato poco).

L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, abituale collaboratore del mensile; corre voce, non confermata, che si tratti del ten. gen. (a riposo) Paul Van Riper[2], forse in collaborazione con il figlio. La prima parte dell’analisi di “Marinus, consegnata dall’Autore alla redazione il 14 aprile 2022 e pubblicata nel numero di giugno, è dedicata allo studio del livello materiale della campagna militare russa.

La seconda parte dell’analisi, pubblicata in agosto, è invece dedicata ai livelli mentale e morale della campagna russa, e dunque anche al suo significato e ai suoi obiettivi politici.

Come illustra sinteticamente “Marinus” nell’incipit della prima parte, la distinzione in tre livelli della guerra – materiale, mentale e morale – si rifà all’elaborazione teorica del col. John Boyd, USAF[3],  il maggiore teorico contemporaneo occidentale dell’arte militare, e in particolare della guerra di manovra. Nella classificazione teorica di Boyd i fattori della guerra sono, in ordine d’importanza: uomini, idee e materiale.

L’elaborazione teorica di Boyd ha avuto grande rilievo nella riforma della dottrina del Corpo dei Marines, con la quale essi, negli anni Ottanta/Novanta, hanno adottato teoria e pratica della guerra di manovra. Nella sua elaborazione, Boyd riprende sia la lezione di Sun Tzu, da lui appresa nel corso della guerra del Vietnam, sia la lezione dei teorici e degli interpreti tedeschi della guerra, da Clausewitz a von Manstein.

Invito a leggere con calma e attenzione l’analisi di “Marinus”. Come il lettore potrà constatare, essa è affatto dissonante dalle analisi che hanno trovato consenso ufficiale nelle dirigenze militari e politiche statunitensi ed europee, e conduce a conclusioni completamente diverse in merito alle capacità strategiche e operative dell’esercito russo, agli obiettivi strategici russi, e alle prospettive future del conflitto in Ucraina.

L’eccezionale valore dell’analisi di “Marinus” dipende da tre fattori: a) elevata competenza tecnica dell’Autore b) fonte insospettabile di parzialità a favore dei russi c) destinatario principale dell’analisi, ossia il Corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America, un reparto militare che sin d’ora deve prepararsi ad affrontare sul campo il nemico russo. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia, è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile.

La prima parte del saggio di “Marinus”, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte I: il livello materiale della campagna, è tradotta da me. La seconda parte, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte II: i livelli mentale e morale, è tradotta da Carmen di “Voci dall’Estero”, che ringrazio sentitamente, e riveduta da me. Dove non altrimenti specificato, tutte le note in calce sono dell’Autore. Buona lettura.

Roberto Buffagni

L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA

Parte I: il livello materiale della campagna

Maneuverist Paper No. 21

di Marinus[4]

 

John R. Boyd, il principale teorico della guerra di manovra, ha spesso sostenuto che le guerre sono condotte su tre livelli. A livello materiale, le unità e le formazioni si muovono, occupano, attaccano e difendono per interdire, isolare, indebolire e distruggere le forze ostili. A livello mentale, i belligeranti impiegano varie combinazioni di strategia e stratagemmi per seminare confusione, difficoltà di interpretazione e dissonanza cognitiva nella mente dei loro nemici. A livello morale, gli attori si sforzano di convincere tutti gli interessati che sono più veritieri, umani, giusti e affidabili dei loro avversari. [5]

In ogni conflitto, gli osservatori scopriranno spesso che è più facile monitorare i movimenti delle colonne, l’entità degli schieramenti, e il danno causato dal fuoco, che osservare i cambiamenti in atto nelle menti e nei cuori. Così, anche quando gli effetti raggiunti nelle arene mentale e morale si dimostrano più potenti di quelli forgiati dai corpi e dall’acciaio, chi cerca di trovare il senso di uno specifico conflitto inizierà spesso da un esame dei fenomeni puramente materiali. Quindi, la prima parte di questo articolo tratterà gli aspetti concreti dell’invasione russa dell’Ucraina, e la seconda cercherà di individuare gli effetti di queste azioni ai livelli mentale e morale.

 

Attacchi missilistici

Nell’invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022, la prima grande azione che ha luogo a livello materiale consiste in una serie di attacchi, effettuati da ben 300 missili guidati, contro installazioni fisse. Alcuni erano missili balistici a corto raggio, per lo più (se non esclusivamente) di un tipo (Iskander-M) introdotto nel 2005. Altri erano missili da crociera della famiglia Kalibr. (Mentre i missili balistici normalmente venivano lanciati da veicoli terrestri, i missili da crociera pare siano stati lanciati da una combinazione di navi in ​​mare e bombardieri in volo.)

Molti, se non la maggior parte, dei bersagli colpiti nella fase iniziale dei bombardamenti missilistici erano elementi, come piste e radar, a servizio dell’impiego dell’aviazione ucraina. Lo scopo di questi attacchi, tuttavia, non pare sia stato tanto quello di garantire il controllo russo dei cieli, ma piuttosto quello di privare gli ucraini di jet, elicotteri e droni, e quindi della capacità di ostacolare il movimento delle forze di terra russe. Infatti, sebbene alcuni missili russi abbiano distrutto elementi del sistema di difesa contraerea ucraino, la relativa assenza di aerei con equipaggio russi nei cieli dell’Ucraina, nei primi giorni dell’invasione, lascia pensare che alcune batterie missilistiche antiaeree ucraine siano sopravvissute all’assalto iniziale[6].

Nei giorni seguenti, gli attacchi missilistici continuarono, anche se a ritmi un po’ ridotti. Quasi tutti gli obiettivi colpiti, con livelli di precisione senza precedenti, erano soprattutto edifici adibiti esclusivamente a scopi o strutture militari, come quelli che si trovano negli aeroporti civili, che potrebbero facilmente essere convertiti ad uso militare. (La grande eccezione alla regola generale del carattere puramente militare degli obiettivi scelti dai russi per gli attacchi missilistici si è verificata il 1 marzo 2022, quando un missile teleguidato ha distrutto la principale torre di trasmissione televisiva nel centro della capitale ucraina di Kiev.[7])

 

Operazioni a nord-ovest di Kiev

Il secondo evento importante del primo giorno di guerra prese la forma di un attacco elitrasportato contro l’aeroporto Antonov, una struttura di collaudo per aeromobili situata a nord-ovest della periferia della capitale ucraina, Kiev. Reso possibile da un’eccezione alla regola generale della riluttanza russa di far levare in volo velivoli con equipaggio, questo colpo di mano ha portato all’ immediata cattura del campo d’aviazione; che a sua volta, ha reso possibile l’arrivo di rinforzi aviotrasportati. In poco tempo, tuttavia, il contrattacco di una brigata ucraina ha costretto i desantniki [paracadutisti, N.d.C.] a cercare rifugio in una foresta vicina. Lì hanno atteso l’arrivo delle forze meccanizzate russe, che, lasciate le loro aree di raggruppamento in Bielorussia ed entrate in Ucraina vicino al luogo dell’incidente nucleare di Chernobyl del 1986, dovevano giungere al campo d’aviazione nell’immediato futuro.

Le suddette forze meccanizzate, che si sarebbero collegate ai paracadutisti il ​​giorno successivo riconquistando l’Aeroporto Antonov, facevano parte di una lunga colonna, composta di ben 16 BTG (Battalion Tactical Group)[8], che coprivano i circa 125 chilometri di autostrada che collega la regione di Chernobyl alla periferia di Kiev. (Un BTG russo è composto da 142 veicoli, assumendo che viaggino a distanza di 20 metri uno dall’altro, ciascuna di queste formazioni, disposta in fila indiana, occupa 3,5 chilometri di spazio stradale. Tuttavia, poiché l’ultima metà del viaggio è stata effettuata su una superstrada a quattro corsie e l’ultimo quarto del viaggio utilizzando un’altra autostrada a due corsie, le colonne formate dai gruppi tattici di battaglione potrebbero essersi accorciate, verso la fine della marcia.)

Invece di spingersi ulteriormente nella periferia di Kiev, i russi che avevano combattuto all’aeroporto Antonov si attestarono su posizioni difensive. Il resto delle unità russe che era entrato in Ucraina vicino a Chernobyl si è spostato attraverso i circa 5.000 km. quadrati di territorio scarsamente popolato che costeggia la sponda occidentale del bacino idrico di Kiev. (Con una lunghezza di 80 chilometri, il bacino idrico di Kiev divide l’area a nord della capitale ucraina in due regioni molto diverse. Mentre la sponda occidentale è rurale, paludosa e scarsamente solcata da strade, la sponda est è sede di consistenti aree urbanizzate, boschi, e una rete di strade asfaltate, ferrovie e autostrade moderne.)

Il terreno paludoso e la scarsità di strade sulla sponda occidentale del bacino idrico di Kiev ha costretto le forze russe ivi schierate a dipendere da un’unica strada praticabile con qualsiasi tempo atmosferico, lunga 85 chilometri. Sapendolo, le forze di terra ucraine situate a nord-ovest di Kiev hanno fatto almeno due tentativi di tagliare la linea di rifornimento russa. Il maggiore di questi attacchi ha avuto luogo a Ivankiv, città con una popolazione, in tempo di pace, di circa 10.000 abitanti, sita nel punto di intersezione tra l’autostrada a doppia corsia che proviene da Chernobyl e la superstrada a quattro corsie per Kiev. Nessuna di queste imprese, tuttavia, è riuscita a realizzare altro che ingorghi di traffico. Così, entro la fine della prima settimana di guerra, i russi beneficiarono del pieno controllo della sponda occidentale del bacino idrico di Kyiv e, cosa ancor più importante, dell’unica linea di comunicazione terrestre che lo attraversa.

Il successo russo sulla sponda occidentale del bacino idrico di Kiev durante la prima settimana di guerra deve molto all’assenza di aerei militari ucraini. Più specificamente, le lunghe colonne di veicoli russi non avrebbero potuto spostarsi su strada, operando in modalità di ricognizione armata, se avessero dovuto fronteggiare a un gran numero di aerei da attacco al suolo ucraini, con o senza pilota. Pare che questo fatto si debba ricondurre a due cause. Primo, gli attacchi missilistici del primo giorno di guerra, proseguiti (anche se su scala leggermente inferiore) nei giorni successivi, hanno privato le unità dell’aviazione ucraina di gran parte della loro capacità di entrare in azione. Secondo, gli zenitchiki [i partecipanti all’operazione Z, N.d.C.] hanno mantenuto una difesa aerea multistrato, creando un ombrello sulla riva occidentale del bacino idrico di Kiev che ha reso difficile, per il piccolo numero di aerei ucraini che sono riusciti ad alzarsi in volo, raggiungere gli obiettivi prefissati.

Operazioni a est di Kiev

Strano a dirsi, la decina di BTG russi dispiegati a est del bacino idrico di Kiev ha seguito un approccio notevolmente diverso da quello impiegato dai loro omologhi sulla sponda occidentale. Nonostante la presenza di una rete stradale molto più congeniale al movimento operativo, e una linea ferroviaria che avrebbe potuto agevolare il supporto logistico, lo spiegamento russo sulla sponda orientale copriva un territorio molto meno esteso. Condotta su più direttrici, l’avanzata si fermò nei pressi di Chernihiv, una città di circa 300.000 abitanti situata a circa 55 chilometri a sud del confine tra Ucraina e Bielorussia.

Nei giorni seguenti, le forze russe a nord di Chernihiv estesero le proprie posizioni a est e ovest, trasformando quello che in un’epoca precedente si sarebbe chiamato “un esercito di osservazione” in un semicerchio di caposaldi. Diversi giorni dopo divenne chiaro lo scopo di questo posizionamento, sulle prime sconcertante, quando circa dodici BTG, appartenenti a un’altra armata russa, si trasferirono da est. Questa armata, che raggiunse rapidamente la periferia nord-orientale di Kiev, interruppe tutti i restanti collegamenti tra Chernihiv e la capitale.

L’armata russa che ha completato l’isolamento di Chernihiv era entrata in Ucraina da posizioni site a circa 200 chilometri a est di quella città. Ha quindi percorso una distanza molto maggiore, rispetto ai BTG entrati in territorio ucraino su entrambe le sponde del bacino di Kiev. Così facendo, elementi di questa armata circondarono e, dopo un breve scontro a fuoco, accettarono la resa di Konotop, la città più grande lungo il loro percorso. (I termini di capitolazione, concordati da un ufficiale russo e dal sindaco di Konotop, prevedevano che le truppe russe rimanessero all’esterno della città, che l’amministrazione civile restasse in carica, e che la bandiera della Repubblica Ucraina continuasse a sventolare sugli edifici pubblici.)[9]

L’armata che ha attraversato Konotop non ha fatto alcun tentativo di occupare la campagna adiacente le strade su cui viaggiava. Una delle più grandi sacche create da questa tattica, che misurava più di 72 chilometri da nord a sud e 120 chilometri da est a ovest, si trovava a sud di Chernihiv. (I russi hanno rifiutato di occupare il più grande centro urbano sito in questa sacca, la città di Nizhyn, anche se era sede sia di un campo d’aviazione militare che di una struttura per la riparazione di veicoli blindati.[10] )

A sud-est di Chernihiv altre quattro armate russe, ciascuna organizzata più o meno come le altre già descritte, varcarono la lunga frontiera che separa il cuore della Russia europea dal quarto nord-orientale dell’Ucraina.

La più settentrionale avanzò più lontano, seguendo un asse est-ovest che correva parallelo a quello dell’armata che aveva completato l’accerchiamento di Chernihiv. La più meridionale delle quattro armate, che pare fosse anche la più piccola, ha compiuto il progresso minore. Nessuno dei suoi 8 battaglioni tattici era avanzato di oltre 100 chilometri dal confine; alcuni fecero spostamenti ancor più modesti.

Ciascuna delle due armate schierate al centro delle forze che erano entrate in Ucraina dalla Russia centrale seguiva una direttrice di marcia bloccata da una vasta area urbana. Nel caso di Sumsy, si trattava di una città di mezzo milione di abitanti. Nel caso di Kharkiv, è la seconda città più popolosa dell’Ucraina, con il triplo degli abitanti di Sumy. In entrambi i casi, le armate russe sul campo non hanno fatto seri tentativi di prendere il controllo delle aree urbane. Piuttosto, dopo il fallimento delle delegazioni inviate per convincere le autorità locali ad arrendersi, i russi hanno posizionato dei controlli sulle strade che portano alle città, e hanno continuato la loro avanzata.

 

Operazioni nel Donbass

A sud-est di Kharkiv, la più meridionale delle quattro armate russe schierate nell’Ucraina nord-orientale ha collaborato direttamente con le forze della Repubblica Popolare di Luhansk, il più piccolo dei due proto-stati filo-russi formatisi nel 2014 nel Donbass, regione dell’Ucraina orientale. Mentre i miliziani della Repubblica popolare di Luhansk avanzavano lentamente e metodicamente in direzione di Severodonetsk, i BTG russi hanno creato una serie di sacche nell’area tra quella città e il confine russo. (La seconda città più grande dell’oblast di Luhansk, Severodonetsk, fungeva da temporanea capitale della parte dell’oblast rimasta fedele al governo dell’Ucraina[11].)

La milizia della Repubblica popolare di Donetsk somiglia, in molti aspetti, a quella della Repubblica popolare di Luhansk. Tutte e due le organizzazioni consistono di unità auto-reclutate, alcune intorno a specifiche ideologie, altre fortemente legate a specifiche località, e per la maggior parte condotte da comandanti carismatici[12].  Queste tendenze peculiari, già molto in evidenza nella fase di creazione di questi eserciti privati nel 2014, paiono essersi rafforzate nel corso dei sette anni in cui hanno combattuto contro organizzazioni comparabili al servizio dell’Ucraina. Come le milizie filo-russe, le milizie pro-ucraine hanno acquisito notevole esperienza in battaglie di fanteria ad alta intensità per il controllo di villaggi, città e quartieri urbani.

Mentre molti uomini erano esperti nelle arti del combattimento di fanteria leggera appiedata, soprattutto nei centri abitati, e hanno prestato servizio nei ranghi delle milizie dei proto-stati filorussi, le forze di fanteria appiedata dei BTG russi erano ridotte nel numero, e orientate a operare in stretta collaborazione con i blindati e i veicoli da combattimento. Allo stesso modo, mentre l’infrastruttura logistica a sostegno delle milizie proto-statali era stata costruita nel corso di sette anni di guerra di posizione, i convogli di camion di supporto ai BTG hanno dovuto fare i conti con una rete stradale limitata, sottoposta agli attacchi di droni e partigiani. Così, mentre gli obici semoventi e i lanciarazzi multipli di un BTG dovevano limitarsi a un piccolo numero di brevi missioni di fuoco, le batterie d’artiglieria improvvisate delle milizie spesso possedevano la capacità di condurre bombardamenti più estesi, sia nel tempo che nello spazio.

Le caratteristiche dei due tipi fondamentali di forze terrestri russe hanno condotto a una naturale divisione del lavoro, in cui le unità di milizia fissavano, mentre i BTG aggiravano sui fianchi il nemico. In numerosi paesi e città del Donbass, alcuni calderoni più piccoli creati da queste unità tattiche si sono rivelati molto più difficili da ridurre, rispetto agli accerchiamenti più vasti formati dal rapido passaggio dei BTG russi attraverso le zone rurali.

Al contempo, i comandanti delle milizie non-statali solo raramente erano in condizione di aggirare queste sacche, specie quando contenevano analoghe forze avversarie. (Questo fenomeno si è potuto vedere non solo nell’epica lotta per il controllo della città di Mariupol, ma anche nella più breve, più piccola, ma non meno feroce lotta per altre città come Volnovakha.)

Le tre settimane di combattimenti per il possesso di Izium, una città di circa 60.000 abitanti a circa 120 chilometri a sud-est di Kharkiv, forniscono un’interessante eccezione alla politica russa di aggiramento dei centri abitati. Durante la seconda settimana della campagna, le forze russe sono entrate nella parte settentrionale della città. Quasi contemporaneamente, le forze ucraine sono entrate a Izium da sud. Dopo un breve scontro diretto, inizia la guerra di posizione, con i russi che tengono la sponda nord del fiume che scorre al centro della città e gli ucraini che ne difendono la riva sud, che funge da barriera. Questa situazione di stallo si è conclusa l’ultima settimana di marzo, quando una task force russa si è spostata in campo aperto, a sud dell’area edificata. Complicata dalla necessità di montare il pontone sotto il fuoco nemico, questa manovra non è riuscita a isolare completamente i difensori della parte meridionale di Izium. Tuttavia, è riuscita a convincere il comando ucraino a ritirare le forze dalla città.

La decisione russa di occupare Izium, anziché limitarsi ad aggirarla, sembra derivare dal desiderio di usare la città come punto di partenza per una delle due ali della manovra operativa in assoluto più importante di tutta l’invasione dell’Ucraina, l’accerchiamento delle numerose formazioni ucraine che combattono nel Donbass. In particolare, il possesso di Izium ha dato ai russi la possibilità di usare senza problemi le cinque autostrade che si incontrano nella città, una linea ferroviaria che corre fino a Kharkiv (e, da lì, fino a Mosca), e una zona adatta alla creazione di un’ampia base logistica. (Izium è situata sul lato ovest del bacino idrico di Oskil, che la protegge, assieme a diverse centinaia di miglia quadrate dei suoi dintorni, da attacchi via terra provenienti da est.)

Operazioni lungo il Mar d’Azov

Nell’angolo sud-ovest del Donbass il conflitto è iniziato con un attacco in direzione di Mariupol, eseguito in gran parte dalle milizie basate nel territorio controllato dalla Repubblica popolare di Donetsk. Mariupol, il più grande porto ucraino sul mare d’Azov, ospitava quasi mezzo milione di abitanti, nove decimi dei quali parlavano russo come prima lingua.

Tuttavia, nella grande crisi del 2014, la città era riuscita ad evitare l’incorporazione nel proto-stato filo-russo formatosi nel territorio dell’oblast di Donetsk. Divenne così un simbolo della resistenza ucraina alla Russia, oltre che la dimora di eserciti privati, come il famigerato Battaglione Azov, alleato al governo di Kiev.

Il primo attacco a Mariupol e i molti altri attacchi che si sono susseguiti nel corso delle prime otto settimane di guerra, hanno assunto la forma di metodici tentativi di conquistare specifici pezzi di territorio. Si sono quindi rivelati più costosi per i combattenti coinvolti, più distruttivi delle infrastrutture urbane, e più pericolosi per i civili rispetto alle operazioni condotte altrove dai BTG. Necessitando di grandi quantità di munizioni, questi attacchi hanno anche imposto maggiori carichi al sistema di approvvigionamento russo.

Il 27 febbraio 2022, le forze russe che attaccavano dalla Crimea hanno preso il controllo di Berdiansk, il secondo maggiore porto ucraino sul Mar d’Azov[13]. Rimaste intatte le strutture portuali catturate, i russi hanno trasformato rapidamente Berdiansk in una base di rifornimento per i numerosi BTG che si stavano muovendo attraverso l’oblast sito appena a ovest di Mariupol, quello di Zaporizhzhia. (Mentre alcune di queste formazioni si stavano spostando a est, per collegarsi con le forze filo-russe nelle vicinanze di Mariupol, altre si stavano spostando verso nord, verso la riva sud del più grande tra i molti fiumi dell’Ucraina, il Dnipro.)

A Zaporizhzhia, tutte le formazioni dell’esercito russo partite dalla Crimea erano entrate in Ucraina attraverso tre corridoi. Il più ampio, che ospitava sia il traffico stradale che quello ferroviario, era situato in capo all’unico istmo di collegamento tra la penisola di Crimea e la terraferma ucraina. Il secondo era costituito da un’unica autostrada a due corsie interrotta da uno stretto braccio di mare. Il terzo corridoio, il più stretto di tutti, consisteva in una strada di campagna a servizio dei tanti piccoli villaggi turistici situati su una striscia di sabbia che corre lungo tutti i 112 chilometri della costa nord-orientale della Crimea. (Raggiungere la terraferma ucraina per mezzo di questi ultimi due corridoi richiede l’attraversamento di ponti. Uno di questi ponti, che attraversa il braccio di mare summenzionato, segna il confine tra Crimea e Ucraina. L’altro, che attraversa un fiume all’estremità nord della striscia di sabbia, giace per intero all’interno del territorio ucraino.)

La facilità con cui sarebbe stato possibile bloccare questi corridoi suggerisce che i russi abbiano tentato di ottenere il controllo di punti di strozzatura sin dal primo giorno di guerra. In due casi questi tentativi sembrano aver avuto successo; niente sembra aver ostacolato la corsa dei BTG attraverso l’istmo o lo stretto. Tuttavia, l’azione dei Marines russi che sono sbarcati nel villaggio di Azovske, appena a nord del capolinea della terza rotta, si è rivelata incapace di impedire che i genieri ucraini facessero saltare in aria il ponte che collegava la striscia di sabbia alla terraferma.

La storia deve ancora determinare se la fanteria di marina russa sbarcata ad Azovske avesse ricevuto il compito di mettere in sicurezza il ponte[14]. Infatti, non sappiamo ancora se i russi abbiano fatto uso di un percorso che fin da subito si presentava vulnerabile alle interruzioni e poco adatto al traffico intenso.

Quel che è certo, però, è che i Marines russi, a bordo di mezzi corazzati per il trasporto truppe, hanno speso molto poco tempo in spiaggia. Invece, si sono diretti verso la città di Melitopol, a circa 84 chilometri nell’entroterra dal loro sito di sbarco[15].

 

Operazioni a Kherson e Mykolaiv

Non tutte le formazioni russe che erano entrate in Ucraina dalla Crimea si sono trasferite a Zaporizhzhia. Forze significative si sono dirette a nord-ovest, verso le due località dell’oblast di Kherson, dove le autostrade attraversano il il Dnipro. Prima della fine del primo giorno dell’operazione, una di queste colonne aveva catturato il più orientale di questi incroci, che corre lungo la sommità della diga di Nova Khakovka. Al contempo, un’altra colonna catturò ma non riuscì a tenere il ponte di Antonivka, un sobborgo industriale della città di Kherson.

Nei giorni seguenti, mentre ad Antonivka le forze russe erano impegnate in una battaglia con alterne sorti per il controllo del ponte, diversi BTG hanno attraversato il Dnipro a Nova Khakovka e circondato la città di Kherson.

Mentre alcune delle formazioni russe che avevano attraversato il Dnipro hanno bloccato le vie in uscita da Kherson, altre si sono spinti a ovest. Quando Kherson si arrese (1 marzo 2022), queste ultime forze avevano raggiunto la periferia di Mykolaiv, in Ucraina, il secondo maggior porto del Mar Nero. Nonostante l’importanza di quella città per la Marina ucraina, le formazioni russe operanti nelle vicinanze di Mykolaiv non fecero alcun tentativo di prenderla[16]. Piuttosto, hanno preso il controllo delle strade che portano in città, inviato BTG in operazioni di ricognizione in forze, e lasciato il compito di distruggere le molte strutture militari e navali della zona ai missili guidati e agli aerei[17].

Attacchi alla logistica ucraina

Nel corso del mese di marzo, la campagna russa di attacchi missilistici contro obiettivi statici ha spostato la sua attenzione dalle strutture di servizio alla forza aerea ucraina agli impianti, come depositi di carburanti, munizioni, magazzini e officine, a sostegno delle forze di terra. Nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2022, ad esempio, missili da crociera Kalibr, lanciati da navi russe nel Mar Nero, hanno colpito la fabbrica di riparazione veicoli pesanti a Nizhyn, circa 64 chilometri a sud-est di Chernihiv. (Il comunicato stampa russo che descrive questo attacco ha caratterizzato la fabbrica come luogo in cui venivano riparati i veicoli corazzati ucraini danneggiati in combattimento.) Quella stessa notte, missili ipersonici hanno colpito un centro di stoccaggio e distribuzione di carburante nella città di Kostayantynivka, circa 65 km. a nord-ovest di Mykolaiv.

Il cambiamento di enfasi della campagna di lancio dei missili guidati ha coinciso con un notevole aumento del numero di missioni di attacco al suolo ad opera di aerei militari russi. Mentre un una piccola parte di questi attacchi ha colpito lo stesso tipo di obiettivi dei missili, la maggior parte delle sortite di attacco al suolo sembrano essere state dirette verso concentrazioni di punti di forza, e aree di equipaggiamento militare[18]. (Sorprendentemente, non ci sono segnalazioni di aerei russi operanti in modalità di ricognizione armata. Resta da vedere se ciò deriva da un cambiamento della prassi operativa russa o semplicemente dalla scarsità di movimenti delle forze di terra ucraine lungo le strade principali).

Ridispiegamento

Durante i primi tre giorni di aprile 2022, tutte le forze di terra russe operanti su entrambi i lati del bacino idrico di Kiev, così come quelle posizionate nell’angolo nord-est dell’Ucraina, sono tornate nelle loro aree di raggruppamento, in Bielorussia e in Russia. Come risultato di questo grande spostamento, tra il 60 e 65% delle forze di terra russe in Ucraina è diventata disponibile per il ridispiegamento. In altri termini, il ritiro di una porzione molto significativa della forza d’invasione russa ha reso possibile il raggruppamento di una potente riserva operativa.

Durante la seconda settimana di aprile, alcune delle formazioni russe che erano state ritirate dall’Ucraina settentrionale, e un certo numero di formazioni fresche, sono giunte nelle vicinanze di Izium. Lì hanno preso parte a un’avanzata verso Severodonetsk che, se completata, creerebbe una sacca a nord del territorio controllato dalla milizia del popolo della Repubblica di Luhansk.

Nota dell’Autore: questo articolo è stato consegnato alla redazione il 14 aprile 2022. È stato quindi scritto ignorando tutti gli eventi che si sono verificati dopo questa data.

 

Appendice

Gruppo tattico di battaglione (BTG)

L’elemento fondamentale delle forze di terra russe che hanno invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022 è il ” gruppo tattico di battaglione” [batal’onnaya takticheskaya gruppa]. Come suggerisce il nome, queste formazioni ad armamenti combinati sono spesso utilizzato per scopi tattici. Tuttavia, ci sono state occasioni durante i primi giorni dell’invasione russa dell’Ucraina del 2022, in cui ai BTG furono affidate missioni di diretto rilievo operativo. Queste includevano la conquista di ponti e il “combattere per l’intelligence” [razvedka boyem]. Quest’ultima azione, che si può tradurre anche come “ricognizione in combattimento”, prevedeva la effettuazione di attacchi su scala relativamente piccola per individuare lacune sfruttabili nelle difese ucraine. Ha quindi molto in comune con la classica tecnica della guerra di manovra della “incursione di ricognizione”.

In termini organizzativi, la composizione dei BTG ha molto in comune con la composizione dei battaglioni impiegati dall’Esercito USA e dal Corpo dei Marines negli ultimi ottant’anni.

Come nel battaglione americano, nel battaglione russo i gruppi tattici sono costituiti da un battaglione di fanteria rinforzato da unità più piccole di altre armi.

I BTG, tuttavia, tendono ad avere molti più pezzi di artiglieria dei loro analoghi americani.

Dove il normale battaglione americano è stato a lungo dotato di una sola batteria armata con il pezzo da campo standard di supporto diretto, l’artiglieria di un tipico BTG russo è composta da una batteria di obici semoventi da 152 mm, una batteria di lanciarazzi multipli montati su camion e una batteria di lanciamissili antiaerei a corto raggio.[19]

 

L’invasione russa dell’Ucraina

Parte II: I livelli mentale e morale[20]

Maneuverist Papers n. 22

 

di Marinus

 

Considerate come fenomeni puramente materiali, le operazioni condotte dalle forze di terra russe in Ucraina nel 2022 presentano un quadro sconcertante. Nel nord dell’Ucraina, i BTG russi hanno invaso gran parte del territorio, ma non hanno tentato di trasformare l’occupazione temporanea in possesso permanente. Infatti, dopo aver trascorso cinque settimane in quella regione, se ne sono andati, rapidamente come erano arrivati. Nel sud, l’ingresso altrettanto rapido delle forze di terra russe ha portato alla creazione di presidi russi e all’insediamento di istituzioni politiche, economiche e culturali russe. Nel terzo teatro della guerra, raramente si sono verificati movimenti rapidi del tipo che ha caratterizzato le operazioni russe sui fronti settentrionale e meridionale. Piuttosto, le formazioni russe nell’Ucraina orientale hanno condotto attacchi di artiglieria ad alta intensità per catturare aree relativamente ridotte.

Un modo per fare un po’ di luce su questo enigma è considerare le operazioni russe su ciascuno dei tre principali fronti della guerra come campagne distinte. Un ulteriore chiarimento deriva dalla consapevolezza che ciascuna di queste campagne seguiva un modello che fa parte del repertorio operativo russo da molto tempo. Questo schema, tuttavia, non riesce a spiegare perché il comando russo abbia applicato modelli distinti a ogni specifica serie di operazioni. Per rispondere a questa domanda, è necessario esaminare gli obiettivi mentali e morali perseguiti da ciascuna di queste tre campagne.

 

I raid al nord

I marines americani hanno usato a lungo il termine “raid” per descrivere un’impresa in cui una piccola forza si sposta rapidamente in un luogo specifico, completa una missione circoscritta, e si ritira il più rapidamente possibile[21]. Per i soldati russi, tuttavia, il cugino linguistico di quella parola (reyd) ha un significato un po’ diverso. Mentre lo spostamento effettuato dalla forza che conduce un raid non è altro che un mezzo per raggiungere specifici punti della mappa, il movimento delle forze, spesso più grandi, che conducono un reyd, produce effetti significativi sul piano operativo. Ossia: mentre si spostano lungo varie strade principali e secondarie, le forze che effettuano un reyd confondono i comandanti nemici, interrompono la logistica nemica e privano i governi nemici della legittimità che deriva dal controllo incontestato del proprio territorio. Allo stesso modo, mentre ogni fase di un odierno raid americano segue obbligatoriamente un copione dettagliato, un reyd è un’impresa più aperta, che può essere adattata per sfruttare nuove opportunità, evitare nuovi pericoli o raggiungere nuovi obiettivi.

Il termine reyd è stato introdotto nel lessico militare russo alla fine del XIX secolo, da teorici che avevano notato le somiglianze tra le operazioni indipendenti della cavalleria nella guerra civile americana e la già consolidata pratica russa di inviare colonne mobili, spesso composte da cosacchi, in lunghe incursioni attraverso il territorio nemico.[22] Un primo esempio di queste incursioni è fornito dalle gesta della colonna comandata da Alexander Chernyshev durante le guerre napoleoniche. Nel settembre del 1813, questa forza di circa 2.300 cavalleggeri e due cannoni da campo leggeri fece un giro di 650 chilometri attraverso il territorio nemico. A metà di questa ardita impresa, la colonna occupò, per due giorni, la città di Kassel, allora capitale di uno degli stati satelliti dell’Impero francese. Il timore che un’impresa così imbarazzante potesse ripetersi convinse Napoleone ad assegnare due corpi d’armata al presidio di Dresda, allora sede del governo di un’altra delle sue colonie.[23] Di conseguenza, quando Napoleone incontrò le forze congiunte dei suoi nemici nella battaglia di Lipsia, la sua Grande Armée, già in inferiorità numerica, era molto più ridotta di quanto sarebbe stato altrimenti.

Nel 2022, i numerosi BTG russi che si sono addentrati in profondità nell’Ucraina settentrionale durante i primi giorni dell’invasione russa non hanno tentato di ripetere l’occupazione di Lipsia. Piuttosto, nel loro percorso evitavano tutte le città più grandi e, nelle rare occasioni in cui si trovavano in una città più piccola, l’occupazione raramente durava più di poche ore. Tuttavia, le colonne russe in rapido movimento hanno creato, su scala molto più ampia, un effetto simile a quello che risultò dall’incursione di Chernyshev del 1813. Ossia, persuasero gli ucraini a indebolire il grosso del loro esercito, che combatteva allora nella regione del Donbass, per rafforzare le difese di città lontane.

 

Occupazione rapida al sud

In termini di velocità e distanze percorse, le operazioni russe nell’area tra la costa meridionale dell’Ucraina e il fiume Dnepr assomigliano alle incursioni effettuate nel nord. Differiscono, tuttavia, nella gestione delle città. Mentre le colonne russe dispiegate su entrambi i versanti di Kiev evitavano le grandi aree urbane ogni volta che potevano, gli omologhi reparti nel sud hanno preso possesso permanente di grandi città. In alcuni casi, come nella ship-to-objective maneuver (STOM) iniziata nel Mar d’Azov e terminata a Melitopol, la conquista della città è avvenuta durante i primi giorni dell’invasione russa. In altri, come nella città di Skadovsk, i russi hanno aspettato diverse settimane prima di occupare alcune aree e affrontare le forze di difesa locali, che durante l’avanzata iniziale avevano ignorato.

Nei tempi immediatamente successivi al loro arrivo, gli ufficiali russi che hanno preso il comando delle aree urbane del sud hanno seguito la stessa politica dei loro colleghi al nord. Cioè, hanno permesso ai rappresentanti locali dello stato ucraino di svolgere le loro funzioni e, in molti casi, di continuare a sventolare la bandiera del loro paese sugli edifici pubblici[24]. Non è passato molto tempo, tuttavia, prima che i funzionari russi prendessero il controllo del governo locale, sostituissero le bandiere sugli edifici e avviassero la sostituzione delle istituzioni ucraine, che si trattasse di banche o compagnie di telefonia cellulare, con quelle russe[25].

Come il modello del reyd, il paradigma di campagne in cui una rapida occupazione militare si accompagna ad una profonda trasformazione politica faceva parte della cultura militare russa da molto tempo. Pertanto, quando hanno dovuto spiegare il concetto delle operazioni sul fronte meridionale, i comandanti russi hanno potuto portare ad esempio una qualsiasi delle numerose, analoghe imprese effettuate dallo Stato sovietico nei quattro decenni successivi all’occupazione sovietica della Polonia orientale nel 1939. (Compresa la conquista di Estonia, Lettonia e Lituania nel 1940, la soppressione dei governi riformisti in Ungheria e Cecoslovacchia durante la Guerra Fredda, e l’invasione dell’Afghanistan nel 1979.)[26]

Nel sud, mentre alcune formazioni russe consolidavano il controllo sul territorio conquistato, altre effettuavano incursioni nelle vicinanze della città di Mykolaiv. Come le analoghe, più grandi incursioni sul fronte settentrionale, queste manovre hanno spinto il comando ucraino a dedicare alla difesa delle città forze che altrimenti avrebbero potuto essere impiegate nei combattimenti per la regione del Donbass. (In questo caso, le città in questione includevano i porti di Mykolaiv e Odessa.) Al contempo, le incursioni nella parte più a nord del fronte meridionale hanno creato un’ampia “terra di nessuno” tra le aree occupate dalle forze russe e quelle interamente sotto il controllo del governo ucraino.

Stalingrado nell’est

Le operazioni russe nel nord e nel sud dell’Ucraina hanno utilizzato pochissimo l’artiglieria da campo, in parte per una questione di logistica. (Sia che facessero incursioni a nord o rapide occupazioni a sud, le colonne russe non avevano i mezzi per trasportare un’ingente quantità di proiettili e razzi.) In quelle campagne, tuttavia, l’assenza di impiego dell’artiglieria risponde alla logica dei fini, piuttosto che dei mezzi. Nel nord, la riluttanza russa a bombardare scaturiva dal desiderio di non inimicarsi la popolazione locale, che quasi tutta, per motivi linguistici ed etnici, tendeva a sostenere lo Stato ucraino. Nel sud, la politica russa di evitare l’uso dell’artiglieria da campo serviva allo stesso scopo politico: preservare vite e proprietà di comunità, in cui molte persone si identificavano come “russe” e molte altre parlavano il russo come lingua madre.

Ad est, invece, i russi hanno effettuato bombardamenti che, sia per durata che per intensità, possono rivaleggiare con le grandi operazioni di artiglieria delle guerre mondiali novecentesche. Resi possibili da linee di rifornimento brevi, sicure e straordinariamente ridondanti, questi bombardamenti servivano a tre scopi. In primo luogo, confinavano le truppe ucraine nelle loro fortificazioni, privandole della capacità di fare altro che rimanere sul posto. In secondo luogo, hanno inflitto un gran numero di perdite, sia a livello propriamente fisico che per gli effetti psicologici della reclusione, dell’impotenza e della prossimità ad un gran numero di esplosioni che fanno tremare la terra. Terzo, quando effettuato per un periodo di tempo sufficiente, spesso misurabile in settimane, il bombardamento di una fortificazione portava invariabilmente o alla ritirata dei difensori, o alla resa.

Possiamo farci un’idea della portata dei bombardamenti russi nell’est dell’Ucraina confrontando la contesa per la città di Popasna (18 marzo – 7 maggio 2022) con la battaglia di Iwo Jima (19 febbraio – 26 marzo 1945). A Iwo Jima, i marines americani combatterono per cinque settimane per annientare i difensori di otto miglia quadrate di terreno abilmente fortificato. A Popasna, gli artiglieri russi hanno bombardato i sistemi di trincee costruiti nei crinali e nelle gole di un’area simile per otto settimane, prima che il comando ucraino decidesse di ritirare le sue forze dalla città.

La cattura di intere aree da parte dell’artiglieria, a sua volta, ha contribuito alla creazione degli accerchiamenti che i russi chiamano “calderoni” (kotly). Come molto della teoria militare russa, questo concetto si basa su un’idea presa in prestito dalla tradizione tedesca della guerra di manovra: il “calderone di battaglia” (Schlachtkessel). Tuttavia, mentre i tedeschi cercavano di creare e sfruttare i loro calderoni il più rapidamente possibile, i calderoni russi possono essere o rapidi e sorprendenti, o lenti e apparentemente ineluttabili. In effetti, le offensive sovietiche coronate da successo della Seconda Guerra Mondiale, come quella che portò alla distruzione della Sesta Armata tedesca a Stalingrado, fecero ampio uso di calderoni di entrambi i tipi.

La libertà dall’urgenza di creare calderoni il più rapidamente possibile ha sollevato i russi che combattevano nell’Ucraina orientale dall’obbligo di tenere specifiche porzioni di territorio. Pertanto, di fronte a un attacco ucraino ben determinato, i russi spesso ritiravano i loro carri armati e le loro unità di fanteria dal terreno conteso. In questo modo, da un canto riducevano il pericolo per le proprie truppe, dall’altro creavano situazioni, per quanto brevi, in cui gli attaccanti ucraini dovevano affrontare proiettili e razzi russi allo scoperto, senza la protezione di un riparo. Altrimenti detto, i russi considerano questi “bombardamenti a ripetizione” non soltanto come un impiego accettabile dell’artiglieria, ma anche come un’opportunità per infliggere ulteriori perdite, impegnandosi in un “consumo vistoso”[27] del munizionamento d’artiglieria.

Nella primavera del 1917 le forze tedesche sul fronte occidentale usarono tattiche simili per creare situazioni in cui le truppe francesi che avanzavano lungo i pendii posteriori dei crinali conquistati di recente venivano colte allo scoperto dal fuoco dell’artiglieria da campo e delle mitragliatrici. L’effetto di questa esperienza sul morale francese fu tale, che i fanti di cinquanta divisioni francesi reagirono con atti di “indisciplina collettiva”, il cui motto era “terremo le posizioni, ma ci rifiutiamo di attaccare”[28]. (Nel maggio del 2022 sono apparsi su Internet diversi video in cui persone che affermavano di essere soldati ucraini che combattevano nella regione del Donbass spiegavano che, pur essendo disposti a difendere le loro posizioni, avevano deciso di disobbedire a qualsiasi ordine che richiedesse loro di avanzare.)

 

Risolvere il paradosso

Nei primi giorni del dibattito sulla guerra di manovra, i maneuverist spesso presentavano la loro filosofia preferita come l’opposto logico della “guerra d’attrito/potenza di fuoco”. Ancora nel 2013, gli anonimi autori delle “Attritionist Letters” usavano questo schema dicotomico per strutturare la loro critica alle pratiche discordanti dallo spirito della guerra di manovra. Nelle campagne russe in Ucraina, tuttavia, una serie di operazioni composte anzitutto di movimento si integra a un’altra costituita principalmente da cannoneggiamenti.

Un modo per risolvere questo apparente paradosso è caratterizzare i raid delle prime cinque settimane di guerra come un Grande Inganno che, pur avendo scarso effetto in termini di distruzioni dirette, ha reso possibile il successivo logoramento delle forze armate ucraine. In particolare, la minaccia portata dalle incursioni ha ritardato il movimento delle forze ucraine nel teatro principale della guerra fino a quando i russi non avessero schierato le unità di artiglieria, messo in sicurezza la rete di trasporto e accumulato le scorte di munizioni necessarie per condurre una lunga serie di massicci bombardamenti. Questo ritardo ha assicurato anche che, quando gli ucraini hanno dispiegato ulteriori formazioni nella regione del Donbass, il movimento di queste forze e delle forniture necessarie a sostenerle è stato reso molto più difficile dalle distruzioni provocate alla rete ferroviaria ucraina da missili guidati a lunga gittata. In altre parole, i russi hanno condotto una breve campagna di manovra nel nord allo scopo di preparare il terreno per una campagna di logoramento, più lunga e di importanza più fondamentale, all’est.

Il netto contrasto tra i differenti tipi di guerra condotta dalle forze russe nelle diverse parti dell’Ucraina ha rafforzato il messaggio centrale delle operazioni d’ informazione russe. Fin dall’inizio, la propaganda russa ha insistito sul fatto che la “operazione militare speciale” in Ucraina serviva a tre scopi: la protezione dei due proto-stati filo-russi, la “smilitarizzazione” e la “denazificazione”. Tutti e tre questi obiettivi implicavano la necessità di infliggere pesanti perdite alle formazioni ucraine che combattevano nel Donbass. Nessuno di questi obiettivi, tuttavia, dipendeva dall’occupazione di parti dell’Ucraina in cui la stragrande maggioranza delle persone parlava la lingua ucraina, abbracciava un’identità etnica ucraina e sosteneva lo Stato ucraino. In effetti, l’occupazione russa prolungata di quei luoghi avrebbe suffragato l’argomento che la Russia stesse cercando di conquistare l’intera Ucraina.

La campagna russa nel sud era al servizio di obiettivi politici diretti. Cioè, è servita a incorporare territori abitati da un gran numero di persone di etnia russa nel “mondo russo”. Allo stesso tempo, la rapida occupazione di città come Kherson e Melitopol ha reso più credibile l’inganno che era il vero scopo delle operazioni al nord, ispirando negli ucraini il timore che le colonne russe, dispiegate su entrambi i lati di Kiev, tentassero di occupare città come Chernihiv e Zhytomyr. Allo stesso modo, le incursioni condotte a nord di Kherson potevano far pensare che i russi volessero tentare l’occupazione di altre città, la più importante delle quali era Odessa.[29]

Missili guidati

Il programma russo di attacchi missilistici guidati, condotto in parallelo alle tre campagne di terra, ha creato una serie di effetti a livello morale, favorevoli allo sforzo bellico russo. Il più importante deriva dal contenimento dei danni collaterali, non solo per la straordinaria precisione delle armi utilizzate, ma anche per la scelta oculata dei bersagli. Pertanto, i nemici della Russia hanno avuto difficoltà a caratterizzare gli attacchi contro depositi di carburante e munizioni, necessariamente situati a una certa distanza dai luoghi in cui vivono e lavorano i civili, come qualcosa di diverso da attacchi a installazioni militari.

Allo stesso modo, l’impegno russo a interrompere il traffico nel sistema ferroviario ucraino avrebbe potuto includere attacchi contro le centrali elettriche, che forniscono elettricità sia alle comunità civili che ai treni. Attacchi del genere, tuttavia, avrebbero provocato molte perdite di vite umane tra i lavoratori di quegli impianti, e molte sofferenze nelle località che sarebbero rimaste senza corrente elettrica. Invece, i russi hanno scelto di dirigere i loro missili verso le sottostazioni di trazione, i trasformatori remoti che convertono l’elettricità della rete generale nelle forme utili ad alimentare i treni[30].

Ci sono stati momenti, tuttavia, in cui attacchi missilistici contro strutture a “doppio uso” hanno dato l’impressione che i russi avessero, in effetti, preso di mira strutture esclusivamente civili. L’esempio più eclatante di un simile errore è stato l’attacco, compiuto il 1° marzo 2022, alla torre principale della televisione a Kiev. A prescindere dal fatto che ci fosse o meno del vero nell’affermazione russa, che la torre era stata utilizzata per scopi militari, l’attacco a una struttura iconica, a lungo associata a scopi puramente civili, ha pesato molto nel ridurre i vantaggi ottenuti dalla politica russa complessiva di limitare gli attacchi missilistici a obiettivi chiaramente militari[31].

 

La sfida

Le tre campagne di terra condotte dai russi in Ucraina nel 2022 devono molto ai modelli tradizionali. Al contempo, il programma di attacchi missilistici ha sfruttato una capacità a dir poco rivoluzionaria. Che fossero nuovi o vecchi, tuttavia, questi sforzi combinati sono stati condotti in un modo che dimostra una profonda comprensione di tutti e tre i livelli su cui si combattono le guerre. Cioè, i russi raramente hanno dimenticato che, oltre ad essere una battaglia sul piano materiale, la guerra è anche una sfida a livello mentale, oltre che una controversia morale.

L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe segnare l’inizio di una nuova guerra fredda, una “lunga lotta nel crepuscolo”[32] paragonabile a quella che si è conclusa con il crollo dell’impero sovietico più di tre decenni fa. Se così è, allora ci troveremo di fronte a un avversario che, pur attingendo molto dal valore della tradizione militare sovietica, si è affrancato sia dalla brutalità insita nell’eredità di Lenin, sia dai paraocchi imposti dal marxismo. Ancor peggio, potremmo trovarci a combattere dei discepoli di John R. Boyd.

 

 

 

 

[1] https://mca-marines.org/magazines/marine-corps-gazette/ I numeri del periodico sono gratuitamente scaricabili, previa registrazione al sito.

[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Paul_Van_Riper

[3] https://en.wikipedia.org/wiki/John_Boyd_(military_strategist)

[4] Da: “Marines Corps Gazette”, giugno 2022, vol. 106, n. 6., pagg. 100- 105. Corre voce, non confermata, che “Marinus” sia il ten.gen. (a riposo) Paul Van Riper, forse in collaborazione con il figlio. In ogni caso, l’Autore è un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, e un collaboratore abituale della “Marines Corps Gazette”.

[5] Per una spiegazione sintetica dei tre livelli di guerra secondo Boyd, v. William S. Lind, “John Boyd’s Art of War,” The American Conservative, (agosto 2013), disponibile su https://www.theamericanconservative.com

[6] Justin Bronk, “The Mysterious Case of the Missing Russian Air Force,”

RUSI, (February 2022), disponibile presso https://rusi.org

[7] Ryan Merrifield and Sam Elliot-Gibbs, “Kyiv TV Tower Explodes after Russia Warns of Missile Strikes in Ukraine Capital,” Mirror, (March 2022), disponibile presso https://www.mirror.co.uk.

[8] V. la descrizione del BTG nell’Appendice alla prima parte del saggio. [N.d.C.]

[9] Natalia Gurkovskaya, “Fighting in Sumy Region: Konotop Authorities Hold Talks with Occupiers after Ultimatum [Бої на Сумщині – влада Конотопа провела переговори з окупантами після ультиматуму],” RBC.UA, (marzo 2022), disponibile presso t https://www.rbc.ua

[10] Redazionale, “Nizhyn Repair Plant of Engineering Vehicles” [Нежинский ремонтный завод инженерного вооружения], Guns.UA, (n.d.), disponibile presso  www.guns.ua

[11] Un oblast è un distretto amministrativo che spesso, anche se non invariabilmente, prende il nome dalla città che funge da sua capitale, e corrisponde, più o meno, a una contea inglese o a un dipartimento francese.

[12] Per una descrizione dettagliata delle unità componenti delle milizie della Nuova Russia, v. Tomáš Šmíd e Alexandra Šmídová, “Anti-Government Non-State Armed Actors in the Confl ict in Eastern Ukraine,”, Mezinárodní

Vztahy: Czech Journal of International Affairs, (Praga: Institute of International Relations, giugno 2021).

 

[13] Redazionale, “Russian Forces Seize Port of Berdyansk,” The Maritime Executive, (February 2022), disponibile presso https://www.maritime-executive.com .

[14] Alcuni osservatori hanno confuso l’Azovske dove ha avuto luogo lo sbarco dei Marines russi con un altro villaggio omonimo nei dintorni del porto di Berdiansk, a circa 150 chilometri a est. Questo errore, a sua volta, ha portato alla più volte ripetuta affermazione che lo sbarco delle unità di fanteria navale si è svolto a 112 chilometri a ovest di

Mariupol. Per un esempio di quest’ultimo errore, v. Redazionale, “Russian Navy Carries Out Amphibious Assault Near Mariupol,”, The Maritime Executive , (febbraio 2022), disponibile presso https://www.maritime-executive.com

[15] Redazionale, “Russian Troops Welcomed with Flags in Ukraine’s Melitopol,” Tass, (February 2022), disponibile presso https://tass.com

[16] L’assenza di tentativi russi di prendere Mikolaiv ha fatto nascere molte storie di piccoli distaccamenti ucraini che fermano forze russe molto più grandi. Per alcuni esempi pittoreschi, vedi Yaroslav Trofimov, “Ukrainian Counteroffensive Near Mykolaiv Relieves Strategic Port City,” The Wall Street Journal , (marzo 2022), disponibile su https://www.wsj.com .

 

[17] Per un resoconto di uno dei tanti attacchi missilistici su obiettivi in Mikolaiv, v. Michael Schwirtz, “Russian Rocket Attack Turns Ukrainian Marine Base to Rubble, Killing Dozens,” New York Times , (marzo 2022), disponibile su https://www.nytimes.com

[18] Per esempi di rapporti russi sui risultati di questi attacchi, cfr. i briefing quotidiani sul canale ufficiale Telegram del Ministero russo della Difesa ( t.me/mod_russia_en ).

 

[19] 1. Questa descrizione dell’organizzazione di un tipico BTG russo è tratta da un’infografica pubblicata sul sito web (attualmente inaccessibile) del Ministero della Difesa russo.

 

[20] “Marine Corps Gazette”, agosto 2022, vol. 106, n. 8, pagg. 90 – 93

[21] Headquarters Marine Corps, MCWP 3-43.1, Raid Operations (Washington, DC: 1993)

[22] Per l’adozione del concetto di “raid” da parte dell’esercito russo di fine diciannovesimo secolo, cfr Karl Kraft von Hohenlohe-Ingelfingen (trad. inglese Neville Lloyd Walford), Letters on Cavalry, (London: E. Stanford, 1893); e Frederick Chenevix Trench, Cavalry in Modern Wars, (London: Keegan, Paul, Trench, and Company, 1884).

[23] Per un breve resoconto del reyd comandato da Alexander Chernyshev, cfr. Michael Adams, Napoleon and Russia, (London: Bloomsbury, 2006).

 

[24] John Reed and Polina Ivanova, “Residents of Ukraine’s Fallen Cities Regroup under Russian Occupation,” The Financial Times, (marzo 2022), disponibile sul sito https://www.ft.com.

 

[25] Adam Taylor, “Shift to Ruble in Kherson Fuels Concerns about Russia’s Aims in Occupied Region,” The Washington Post, (May 2022), disponibile presso https://www.washingtonpost.com.

[26] David M. Glantz, “Excerpts on Soviet 1938-40 Operations from The History of Warfare, Military Art, and Military Science, a 1977 Textbook of the Military Academy of the General Staff of the USSR Armed Forces,” The Journal of Slavic Military Studies, (Milton Park: Routledge, March 1993).

 

[27] “Consumo vistoso” è la traduzione italiana di conspicuous consumption, locuzione introdotta dal sociologo americano Thorstein Veblen nel suo celebre Teoria della classe agiata (1899). Designa e spiega l’uso dei consumatori di acquistare beni di consumo di qualità più elevata, o in quantità maggiore, di quanto sarebbe necessario dal pdv pratico. V. https://www.britannica.com/topic/conspicuous-consumption [N.d.C.]

[28] Il lavoro classico sugli ammutinamenti francesi del 1917 è Richard M. Watt, Dare Call It Treason, (New York, NY: Simon and Schuster, 1963).

 

[29] Michael Schwirtz, “Anxiety Grows in Odessa as Russians Advance in Southern Ukraine,” The New York Times, (March 2022), disponibile presso https://www.nytimes.com

[30] Redazionale, “Russia Bombs Five Railway Stations in Central and Western Ukraine,” The Guardian, (aprile 2022), disponibile sul sito https://www.the-guardian.com.

 

[31] Per un esempio delle tante storie che caratterizzano il bombardamento della torre della televisione del 1 marzo 2022 come un attacco alle infrastrutture civili, cfr. Abraham Mashie,” US Air Force Discusses Tactics with Ukrainian Air Force as Russian Advance Stalls,” Air Force Magazine, (marzo 2022), disponibile sul sito https://www.airforcemag.com.

 

[32] È una citazione dal discorso inaugurale (20 gennaio 1961) della Presidenza di John F. Kennedy. “In your hands, my fellow citizens, more than mine, will rest the final success or failure of our course. Since this country was founded, each generation of Americans has been summoned to give testimony to its national loyalty. The graves of young Americans who answered the call to service surround the globe.

     Now the trumpet summons us again–not as a call to bear arms, though arms we need–not as a call to battle, though embattled we are– but a call to bear the burden of a long twilight struggle, year in and year out, “rejoicing in hope, patient in tribulation”–a struggle against the common enemies of man: tyranny, poverty, disease and war itself.” https://www.jfklibrary.org/learn/about-jfk/historic-speeches/inaugural-address [N.d.C.]

https://mca-marines.org/magazines/marine-corps-gazette/

LO STATO DELLE COSE DELLA GEOPOLITICA, di Massimo Morigi _ 9a di 11 parti

AVVERTENZA

La seguente è la nona di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi; nella sua nona parte è disponibile la prosecuzione a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.

PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*

*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.

NONA PUNTATA STATO DELLE COSE

Il problema di matematica di base che annulla l’isteria del riscaldamento globale_ Di Maker S. Mark

Se qualcuno propone una soluzione a un “problema esistenziale” che non ha possibilità di successo, dovremmo essere costretti a prendere sul serio il problema?

Se gli allarmisti climatici credono davvero che ci sia un’emergenza climatica, allora dovrebbero essere in grado di rispondere alla prima domanda fondamentale sul “piano”. I numeri del piano sono raggiungibili anche a distanza? Ricorda: in base al loro stridio, abbiamo solo dodici anni prima di morire tutti a causa del “cambiamento climatico provocato dall’uomo”.

Per rispondere a questa domanda, scomponiamo parte del piano nel problema matematico più elementare: possiamo sostituire il 25%, il 50% o il 75% delle auto in circolazione in dieci anni? Per comprendere la possibilità teorica, semplificheremo questo in quanti anni ci vorranno per sostituire tutti i veicoli su strada negli Stati Uniti

Inizierò con quanti veicoli sono in circolazione oggi negli Stati Uniti. Secondo questo link , nel 2020 erano 286 milioni. Lo arrotonderò a 300 milioni per semplificare i calcoli.

Quanti veicoli totali vengono venduti ogni anno negli Stati Uniti?  Questo collegamento risponde che ogni anno negli Stati Uniti viene venduta una media di poco meno di 15 milioni di veicoli (supponendo che i veicoli venduti e la capacità di produzione siano correlati).

Quanti veicoli elettrici vengono prodotti negli Stati Uniti? Da questo link ne produciamo meno di 1 milione. Arrotonderò a un milione per il mio calcolo.

Il semplice problema di matematica è: quanti anni ci vorranno per sostituire tutte le auto negli Stati Uniti con veicoli elettrici (totale negli Stati Uniti arrotondato per eccesso / volume di produzione medio all’anno)?

È 300M / 15M/anno = 20 anni. Ciò presuppone due cose importanti: in primo luogo, non ci sono nuove aggiunte nell’economia di conducenti e veicoli. In secondo luogo, che possiamo convertire tutta la produzione in veicoli elettrici durante la notte.

Se credi che moriremo tutti tra 12 anni, siamo in ritardo di otto anni per passare a tutti i veicoli elettrici, anche se le ipotesi di fondo fossero possibili.

Questo semplice problema di matematica mostra che le persone che urlano di più non hanno una soluzione seria al problema esistenziale del “cambiamento climatico provocato dall’uomo”. La situazione automobilistica negli Stati Uniti da sola non può essere risolta in vent’anni, per non parlare di dieci anni.

Ecco dove la matematica diventa un po’ più divertente:

Se attualmente produciamo 1 milione di veicoli elettrici all’anno e stiamo lottando per ottenere i materiali per raggiungere quel numero, qual è il numero massimo di veicoli elettrici che possiamo produrre senza una “bacchetta magica”?

Sarò generoso e dirò che al massimo possiamo aspettarci di triplicare la produzione a 3 milioni all’anno. Se abbiamo bisogno di 300 milioni da produrre (300 milioni / 3 milioni/anno = 100 anni), ciò significa che ci vorranno 100 anni solo per sostituire tutti i veicoli su strada. Le aziende stanno già lottando per ottenere i minerali necessari per le batterie. Quando proviamo a passare da 1M a 2M, peggiorerà e sarà più costoso. Non riesco nemmeno a immaginare i costi e l’impatto ambientale del tentativo di passare da 2 a 3 milioni. La mia previsione è che in dieci anni, il meglio che possiamo sperare di ottenere negli Stati Uniti sia sostituire dal 10% al 15% dei veicoli su strada con veicoli elettrici.

Le persone poco serie, che non sanno fare questa matematica di base, non possono assolutamente comprendere la complessa scienza coinvolta nello studio del clima. I numeri non mentono. La loro soluzione non risolverà il “problema climatico creato dall’uomo” senza una bacchetta magica per sostituire ogni veicolo negli Stati Uniti in una o anche due generazioni.

I membri dell’amministrazione Biden hanno iniziato a dire che abbiamo bisogno del dolore per ottenere il guadagno. Vi dimostro ora che non è possibile produrre abbastanza veicoli in 12 anni o in 25 anni. Pertanto, questo è sicuramente tutto dolore e nessun guadagno. Distruggendo l’industria dei combustibili fossili degli Stati Uniti, sembra che siano determinati a distruggere l’economia statunitense dall’interno.

Pertanto, perché stanno spingendo questo programma e questa soluzione ridicola? Se credi che la “catastrofe climatica provocata dall’uomo” sia dietro l’angolo, in che modo la distruzione degli Stati Uniti e dell’economia mondiale aiuterà? La risposta semplice è “non lo farà”. Gli Stati Uniti sono la nazione più innovativa nella storia del mondo. Se ci togli dall’equazione, i problemi seri non possono essere risolti.

Per coloro che dicono che i globalisti hanno un piano, posso assicurarvi sulla base di questa matematica di alto livello che non hanno un piano serio per affrontare il “cambiamento climatico causato dall’uomo” (se ci credono davvero). Probabilmente ci vorranno trilioni di dollari iniettati nell’economia mondiale e dai trenta ai quarant’anni per sostituire tutti i veicoli a gas con quelli elettrici (supponendo che possiamo trovare i minerali e i componenti per produrre le batterie).

Senza la bacchetta magica a cui fanno riferimento ripetutamente i globalisti, non c’è modo di produrre abbastanza veicoli elettrici per fare la differenza. La vera domanda allora diventa: perché spingono a convertirsi ai veicoli elettrici (non servirà in tempo) per risolvere un “problema esistenziale”? Penso che dobbiamo “seguire i soldi” per scoprirlo.

Personalmente, continuerò il lavoro sui problemi di matematica e sulla scienza reale per sfatare il mito del “cambiamento climatico provocato dall’uomo”. Raccomando di non ascoltare le persone che non vogliono o non sono in grado di completare i problemi di matematica di base quando risolvono questa cosiddetta crisi. Le soluzioni poco serie non faranno nulla per aiutare un problema poco serio.

Maker S. Mark (uno pseudonimo) è un patriota che può capire e spiegare matematica e scienze avanzate ed è preoccupato per lo stato della nazione e come risolvere i problemi che dobbiamo affrontare. Uniti vinciamo divisi perdiamo.

https://www.americanthinker.com/articles/2022/08/the_basic_math_problem_that_undoes_global_warming_hysteria.html

IL TESORO NASCOSTO. NECESSITA’ E NON-NECESSITA’ DI UN ESOTERISMO CRISTIANO, di Flavio Piero Cuniberto

IL TESORO NASCOSTO. NECESSITA’ E NON-NECESSITA’ DI UN ESOTERISMO CRISTIANO.
Il termine «esoterismo» (e derivati) non è simpatico, e non gode di buona stampa. Viene spontaneo associarlo alle librerie new age, con i cristalli e le piramidi in vetrina e le bacchette d’incenso, o come nel caso dei cattolici «tradizionalisti», farlo rimare con occultismo e quindi satanismo: chincagliera spirituale la prima, sclerotico attaccamento alla lettera del dogma, il secondo. Succede però che articoli fondamentali della dottrina cristiana (cristiano-cattolica, cristiano-ortodossa) siano, alla lettera, incomprensibili. Non nel senso del «mistero», che è per definizione soprarazionale, ma privi di senso (sono cose diverse). E come condannare generazioni di «cercatori spirituali» attratti dai vari Orienti, quando i tesori metafisici del cristianesimo vengono relegati in soffitta, per poi buttare la chiave della soffitta e lamentarsi delle chiese vuote ?
Un esempio: la dottrina trinitaria. La formulazione classica del dogma recita che il Figlio è «generato» dal Padre, rimandando a una semantica biologica (la relazione padre-figlio è biologica), e non c’è paternità o generazione «pensabile» senza un elemento femminile che riceva l’azione paterna, fungendo poi da «matrice» attiva della prole. Di questo elemento per così dire femminile, indispensabile alla semantica del Padre e del Figlio, nella teologia trinitaria non c’è traccia (non è certo lo Spirito a svolgere questa funzione). A meno di non ridurre i termini «Padre» e «Figlio» – già evangelici peraltro – a una vaga metafora, o addirittura a un mito di stampo classico (Atena nasce non si sa come dalla testa o da una coscia di Zeus; e qui però l’elemento femminile compare nella figura di Metis). Due millenni di iconografia cristiana non hanno fatto altro che ribadire – con poche meravigliose eccezioni (vedi l’immagine) – questa strana comunità tutta maschile, in cui la Colomba dello Spirito non modica le cose nella sostanza.
Non si tratta di uscire dal dogma : si tratta di ammettere che il dogma ha un significato nascosto e tuttavia presente in qualche modo nelle sua stesse formulazioni. Il quarto elemento, che per analogia e con molta cautela potrebbe essere definito «femminile», è infatti presente sia nel signum crucis («nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»), sia in quella breve e concentratissima formula di preghiera che è il Gloria: «Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo». Il quarto termine compare nel primo caso come Nome e nel secondo caso appunto come Gloria (che è lo splendore luminoso e al tempo stessso consistente, quasi-corporeo, del divino). E il Nome e la Gloria si trovano associati (ma anche «sepolti») nella mirabile liturgia del 1 gennaio, Solennità della Gran Madre di Dio, non a caso. Certo è che la «gloria» latina (straordinaria intuizione di San Girolamo, molto più ispirata della doxa greca) tende a identificarsi, Scrittura alla mano, con quella «sapientia», o «sophia» (Chokhmah o Shekinah) che «era presente» al momento della creazione («ab aeterno ordita sum et ex antiquis antequam terra fieret» [Prv 8,23]); quella sapientia che è lo «specchio» di Dio («speculum sine macula Dei majestatis» [Sap 7, 26]), che una venerabile tradizione carmelitana definisce «amica Spiritus», e a cui il libro dei Proverbi dedica una memorabile celebrazione nel segno della viriditas, del «verdeggiare» naturale (e così: «quam admirabile [’addir] est nomen tuum in universa terra» [Ps 8,3]).
Di qui l’importanza straordinaria del culto mariano. Maria, «gratia plena», è Colei che «fa spazio» in se stessa, ritirandosi, all’azione dello Spirito sulla «sostanza verginale», la «puritas», e diventa così il Luogo dell’Incarnazione. I due dogmi dell’Immacolata Concezione (1856) e dell’Assunzione di Maria Vergine (1950), arrivano, tardivi e provvidenziali, a completare una dottrina che era realmente lacunosa nella sua formulazione esterna. Non fosse stata lacunosa non sarebbe stata integrata, è ovvio. Il linguaggio rimane quello proprio dei dogmi – un linguaggio vincolato all’immaginazione religiosa plasmata nei secoli -, ma il tesoro nascosto viene almeno parzialmente alla luce. Ed è un futile «sport» laicista – per non parlare del tradimento protestante – bollare come superstizione le grandi Apparizioni mariane, – non quelle fasulle, ovviamente – che insistono, nell’era secolare, a manifestare empiricamente la Presenza (quello che l’A.T. chiama il Volto di Dio [la radice ebraica * FN è la stessa del greco PhaiNomai, la radice dell’Apparire]).
E’ solo un esempio di come il guscio del dogma contenga un midollo nascosto e sostanzioso. Ed è in ogni caso la liturgia (romana, greca, siriaca) a contenere nelle sue formule di orazione e nelle sue letture rituali, mirabilmente distribuite nella ruota dell’Anno, questo «midollo» sostanzioso, latente e tuttavia presente.
Parlare di un «esoterismo» cristiano diventerebbe, alla fine, una vacua ridondanza, attestando ancora una volta più l’oscurità del guscio che la fragranza del midollo. Nel momento in cui lo si realizza, meditandolo, il Tesoro non è più né esoterico né essoterico: semplicemente «è».
P.S. L’immagine – un avorio dell’Annunciazione di scuola probabilmente renana e databile alll’XI-XII secolo – illustra a meraviglia il movimento ritmico dello Spirito che agisce sulla «conca lunare», e l’Uomo ne affiora come Figlio («cor Iesu, in sinu Virginis Mariae per Spiritum Sanctum formatum»: formula barnabita di mirabile profondità; Perugia, chiesa del Nome di Gesù).

Giocare con il fuoco in Ucraina, di John J. Mearsheimer (a cura di Roberto Buffagni)

Questo articolo di John Mearsheimer, apparso il 17 agosto su “Foreign Affairs”, ha grande importanza, e va letto e valutato con la massima attenzione, sia per il suo contenuto, sia per il significato politico che assume. Le ragioni sono le seguenti:

  1.   è, probabilmente, il maggiore studioso al mondo della logica di potenza. Si è diplomato a West Point, ha fatto parte dell’Esercito e dell’Aviazione degli Stati Uniti. Ha insegnato per quarant’anni all’Università di Chicago. I suoi testi sono letture obbligatorie in tutti i corsi di International Relations almeno occidentali, e nelle Accademie militari di tutto il mondo. Non ha mai cercato o accettato impegni nell’amministrazione politica degli Stati Uniti per conservare la sua indipendenza di pensiero e la sua obiettività di studioso.
  2. “Foreign Affairs” è il più importante periodico specializzato statunitense in materia di politica internazionale, e viene letto da tutta l’ufficialità politica ed economica americana ed europea. Esso non solo pubblica l’articolo di Mearsheimer, ma lo pubblica in forma gratuita, accessibile a tutti, in modo da garantirgli la massima diffusione possibile; ciò che probabilmente implica una forma di convalida ufficiosa della posizione di Mearsheimer, o quanto meno la volontà del board di “Foreign Affairs” che l’articolo di Mearsheimer – un severo monito sui rischi della guerra in Ucraina, e implicitamente un preoccupato appello per un cambio di strategia – venga letto e preso in considerazione dai policymakers americani ed europei, e dall’opinione pubblica occidentale tutta.
  3. L’articolo di Mearsheimer dunque si inserisce nel tentativo di forze statunitensi, tutt’altro che trascurabili, di favorire un mutamento nella strategia americana contro la Russia; come il recente intervento di Henry Kissinger sul “Wall Street Journal”[1], o la videointervista di George Beebe, Director for Grand Strategy del Quincy Institute for Responsible Statecraft[2], ex consigliere per la sicurezza del Vicepresidente Dick Cheney.
  4. Il contenuto dell’articolo non ha bisogno di chiarimenti. Come gli è solito, Mearsheimer espone con limpidezza e semplicità argomenti strettamente concatenati. Mi limito a sottolineare alcuni punti.
  5. La guerra è imprevedibile, e chi ritenga di poterla prevedere e controllare con certezza è in errore. L’imprevedibilità della guerra è una premessa teorica, esposta con la massima perspicuità da Clausewitz; e un fatto empirico illustrato da mille esempi. Ad esempio, nella IIGM i tedeschi attaccarono l’Unione Sovietica perché certi di poterla sconfiggere. Concordavano con questa previsione tutti, ripeto TUTTI gli Stati Maggiori del mondo: salvo miracoli, l’Unione Sovietica sarebbe stata sconfitta. Poi l’Unione Sovietica, dopo sei mesi di sconfitte tremende, ha fatto il miracolo e ha inflitto alla Germania una sconfitta devastante.
  6. L’interpretazione della volontà del nemico, e l’interpretazione dei fatti militari sul campo, sono sempre dubbie, soggette all’errore, e provocano reazioni, sviluppi, conseguenze imprevedibili e molto difficili da controllare. Esempio: nell’articolo, Mearsheimer correttamente individua l’origine del cambio di strategia statunitense nell’interpretazione americana degli eventi bellici: “Inizialmente, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno appoggiato l’Ucraina per impedire una vittoria russa e negoziare da posizione favorevole la fine dei combattimenti. Ma non appena l’esercito ucraino ha iniziato a martellare le forze russe, specialmente intorno a Kiev, l’amministrazione Biden ha cambiato rotta e si è impegnata ad aiutare l’Ucraina a vincere la guerra contro la Russia.” Se è corretta l’interpretazione dell’operazione militare speciale russa proposta da “Marinus” (probabilmente il gen. Paul Van Riper, Corpo dei Marines) su “Maneuverist Papers n.22”[3], l’Amministrazione presidenziale e i suoi consulenti militari hanno sbagliato l’interpretazione della fase iniziale dell’invasione russa: hanno creduto che le sconfitte tattiche subite dai russi intorno a Kiev segnalassero le scarse capacità delle FFAA russe, mentre si trattava di una complessa manovra diversiva volta a fissare le truppe ucraine nel Nordovest, mentre il grosso delle forze russe si posizionava nel Sudest; una diversione ben riuscita che ha condotto all’attuale situazione sul campo, nettamente favorevole alla Russia. Personalmente, credo esatta la lettura di “Marinus”, che peraltro coincide con la lettura del nostro gen. Fabio Mini. Da questa errata lettura della situazione sul campo, l’Amministrazione americana ha concluso che fosse possibile e vantaggioso perseguire obiettivi strategici estremamente ambiziosi, sui quali ha formalmente impegnato la reputazione e il prestigio degli Stati Uniti.
  7. Quanto più a lungo dura una guerra, tanto più imprevedibili sono il suo decorso e le sue conseguenze. Questo è un semplice corollario dei due punti precedenti: con il passare del tempo, incertezza si aggiunge a incertezza, imprevedibilità a imprevedibilità, possibilità di errore e incidente a possibilità di errore e incidente.
  8. A che cosa è dovuto il presente stallo della guerra in Ucraina? A mio avviso, consegue a una scelta politica russa. Da quanto si può intendere della situazione militare sul campo, già ora la Russia potrebbe sferrare un’offensiva per ottenere una vittoria decisiva sull’Ucraina, annientandone le FFAA. La Russia sta impegnando nei combattimenti soltanto le milizie delle Repubbliche del Donbass, e i mercenari dell’Orchestra Wagner. Le truppe russe si occupano del martellamento d’artiglieria delle posizioni fortificate ucraine, e non entrano in combattimento se non occasionalmente, in formazioni ridotte. Esse hanno avuto tutto il tempo di riposarsi, ricostituirsi, riorganizzarsi, e sono insomma più che pronte all’impiego. Le migliori truppe ucraine hanno subito perdite incapacitanti, nessun territorio ucraino preso dai russi è mai stato riconquistato stabilmente. La controffensiva annunciata dagli ucraini resta un annuncio, probabilmente perché di fatto impossibile: le migliori truppe ucraine hanno subito perdite incapacitanti, le nuove formazioni sono raccogliticce, mal addestrate, e scontano un incolmabile divario sia nella direzione operativa, sia nelle capacità combattive, sia nell’armamento a disposizione, nonostante gli aiuti occidentali. Se la Russia non sferra già ora un attacco decisivo per annientare le FFAA ucraine, probabilmente è per due ragioni: a) non far perdere la faccia agli Stati Uniti, provocandone una reazione estrema con l’escalation di ritorsioni a cui condurrebbe b) attendere sia le elezioni statunitensi di midterm, sia le reazioni dei governi europei alla crisi energetica che si annuncia per l’inverno, con le gravi conseguenze politiche e sociali che innescherà.
  9. In conclusione: per prevenire i gravi rischi di una escalation illustrati dall’articolo di Mearsheimer, una escalation che può sfuggire al controllo dei contendenti e condurre sino alla guerra nucleare, è assolutamente necessario che i Paesi europei più direttamente minacciati dall’escalation, e già ora più gravemente danneggiati dalla strategia americana, se ne differenzino e appoggino le forze che negli Stati Uniti tentano di correggere la rotta strategica, e di creare le condizioni minime per una trattativa tra USA e Russia. È una svolta politica difficile, ma necessaria e urgente: dopo, potrebbe essere troppo tardi.

 

Giocare con il fuoco in Ucraina

I rischi sottovalutati di una escalation catastrofica[4]

di John J. Mearsheimer

17 agosto 2022

 

I decisori occidentali paiono aver raggiunto un consenso sulla guerra in Ucraina: il conflitto si risolverà in una situazione di stallo prolungata, e alla fine una Russia indebolita accetterà un accordo di pace favorevole sia agli Stati Uniti e i suoi alleati NATO, sia all’Ucraina. Sebbene i dirigenti istituzionali riconoscano che sia Washington sia Mosca potrebbero dare inizio a una escalation per ottenere un vantaggio o prevenire la sconfitta, danno per scontato che sia possibile evitare un’escalation catastrofica. Pochi immaginano che le forze statunitensi finiscano per essere direttamente coinvolte nei combattimenti, o che la Russia oserà impiegare le armi nucleari.

Washington e i suoi alleati sono troppo faciloni e arroganti. Sebbene sia possibile evitare un’escalation disastrosa, la capacità dei contendenti di gestire questo pericolo è tutt’altro che certa. Il rischio è sostanzialmente maggiore di quanto non ritenga il senso comune. E dato che le conseguenze di una escalation potrebbero includere una guerra di grandi proporzioni in Europa, e forse anche l’annientamento nucleare, ci sono buone ragioni per preoccuparsi seriamente.

Per comprendere le dinamiche dell’escalation in Ucraina, iniziamo con gli obiettivi di ciascuno dei contendenti. Dall’inizio della guerra, sia Mosca sia Washington hanno ampliato le loro ambizioni in modo significativo, ed entrambi sono ora fortemente impegnati a vincere la guerra e raggiungere obiettivi politici formidabili. Di conseguenza, ciascuna parte ha potenti incentivi per trovare il modo di prevalere e, ancor più importante, per evitare di perdere. In pratica, ciò significa che gli Stati Uniti potrebbero entrare in combattimento se desiderano disperatamente vincere o impedire all’Ucraina di perdere, mentre la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari se desidera disperatamente vincere, o se teme un’imminente sconfitta, uno scenario probabile se le forze armate statunitensi entrassero in guerra.

Inoltre, data la determinazione di ciascuna parte a raggiungere i propri obiettivi, ci sono poche possibilità di un compromesso sensato. Il pensiero massimalista che ora prevale sia a Washington sia a Mosca dà a ciascuna parte ulteriori ragioni per vincere sul campo di battaglia, per poter dettare i termini dell’eventuale pace. In effetti, l’assenza di una possibile soluzione diplomatica fornisce a entrambe le parti un ulteriore incentivo ad arrampicarsi in una escalation. Ciò che si trova sui gradini più alti della scala potrebbe essere qualcosa di veramente catastrofico: un livello di morte e distruzione superiore a quello della seconda guerra mondiale.

PUNTARE IN ALTO

Inizialmente, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno appoggiato l’Ucraina per impedire una vittoria russa e negoziare da posizione favorevole la fine dei combattimenti. Ma non appena l’esercito ucraino ha iniziato a martellare le forze russe, specialmente intorno a Kiev, l’amministrazione Biden ha cambiato rotta e si è impegnata ad aiutare l’Ucraina a vincere la guerra contro la Russia. Ha anche cercato di danneggiare gravemente l’economia russa imponendo sanzioni senza precedenti. In aprile, il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha spiegato gli obiettivi degli Stati Uniti: “Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto che non le sia più possibile fare il tipo di cose che ha fatto invadendo l’Ucraina“. In buona sostanza, gli Stati Uniti hanno annunciato la loro intenzione di eliminare la Russia dal novero delle grandi potenze.

Ciò che più conta, gli Stati Uniti hanno impegnato la loro reputazione sull’esito del conflitto. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha etichettato la guerra russa in Ucraina come un “genocidio” e ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di essere un “criminale di guerra” che dovrebbe affrontare un “processo per crimini di guerra“. Proclami presidenziali del genere rendono difficile immaginare che Washington faccia marcia indietro; se la Russia prevalesse in Ucraina, la posizione degli Stati Uniti nel mondo subirebbe un duro colpo.

Anche le ambizioni russe si sono ampliate. Contrariamente a quanto si pensa in Occidente, Mosca non ha invaso l’Ucraina per conquistarla e integrarla in una Grande Russia. Si trattava principalmente di impedire all’Ucraina di trasformarsi in un baluardo occidentale al confine con la Russia. Putin e i suoi consiglieri erano particolarmente preoccupati per l’adesione dell’Ucraina alla NATO. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha chiarito sinteticamente il punto a metà gennaio, dicendo in una conferenza stampa: “la chiave di tutto è la garanzia che la NATO non si espanda verso est“. Per i leader russi, la prospettiva dell’adesione dell’Ucraina alla NATO è, come ha affermato lo stesso Putin prima dell’invasione, “una minaccia diretta alla sicurezza russa“, una minaccia che potrebbe essere eliminata solo entrando in guerra e trasformando l’Ucraina in uno stato neutrale o fallito.

È a questo fine che, a quanto pare, gli obiettivi territoriali della Russia si sono notevolmente ampliati dall’inizio della guerra. Fino alla vigilia dell’invasione, la Russia si era impegnata ad attuare l’accordo di Minsk II, che avrebbe mantenuto il Donbass come parte dell’Ucraina. Nel corso della guerra, tuttavia, la Russia ha conquistato vaste aree di territorio nell’Ucraina orientale e meridionale, e ci sono prove crescenti che Putin ora intenda annettere tutta o la maggior parte di quelle terre, il che trasformerebbe effettivamente ciò che resta dell’Ucraina in uno stato disfunzionale, monco.

Per la Russia, la minaccia oggi è ancor maggiore di quanto non fosse prima della guerra, soprattutto perché l’amministrazione Biden è ora determinata a recuperare le conquiste territoriali russe, e a menomare in modo permanente la potenza russa. A peggiorare ulteriormente le cose per Mosca, Finlandia e Svezia stanno entrando a far parte della NATO, e l’Ucraina è meglio armata e più strettamente alleata con l’Occidente. Mosca non può permettersi di perdere in Ucraina e utilizzerà ogni mezzo disponibile per evitare la sconfitta. Putin sembra fiducioso che la Russia alla fine prevarrà sull’Ucraina e sui suoi sostenitori occidentali. “Oggi sentiamo che vogliono sconfiggerci sul campo di battaglia“, ha detto all’inizio di luglio. “Che dire? Che ci provino. Gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti. Non ci sono dubbi su questo”.

L’Ucraina, dal canto suo, ha gli stessi obiettivi dell’amministrazione Biden. Gli ucraini sono decisi a riconquistare il territorio perso a vantaggio della Russia, inclusa la Crimea, e una Russia più debole è sicuramente meno minacciosa per l’Ucraina. Inoltre, sono fiduciosi di poter vincere, come ha chiarito a metà luglio il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, quando ha affermato: “La Russia può sicuramente essere sconfitta e l’Ucraina ha già mostrato come“. Il suo omologo americano a quanto pare è d’accordo. “La nostra assistenza sta facendo davvero la differenza sul campo“, ha detto Austin in un discorso di fine luglio. “La Russia pensa di poter tenere duro più a lungo dell’Ucraina e di noi. Ma questo è solo l’ultimo della serie di errori di calcolo della Russia“.

In buona sostanza, Kiev, Washington e Mosca sono tutti totalmente impegnati a vincere a spese del loro avversario, il che lascia poco spazio ai compromessi. Probabilmente, né l’Ucraina né gli Stati Uniti accetterebbero un’Ucraina neutrale; in realtà, l’Ucraina sta diventando ogni giorno che passa più strettamente legata all’Occidente. Né è probabile che la Russia restituisca tutto, o anche la maggior parte del territorio che ha sottratto all’Ucraina, in specie perché le animosità che hanno alimentato il conflitto nel Donbass tra separatisti filorussi e governo ucraino negli ultimi otto anni sono oggi più intense che mai.

Questi interessi contrastanti spiegano perché tanti osservatori ritengano che un accordo negoziato non avverrà a breve, e quindi prevedono una sanguinosa situazione di stallo. In questo hanno ragione. Ma gli osservatori stanno sottovalutando il potenziale di un’escalation catastrofica implicita in una lunga guerra in Ucraina.

Ci sono tre vie fondamentali verso l’escalation intrinseche alla condotta della guerra: una o entrambe le parti escalano deliberatamente per vincere, una o entrambe le parti escalano deliberatamente per prevenire la sconfitta, oppure i combattimenti escalano non per scelta deliberata ma involontariamente. Ciascuno dei tre percorsi potenzialmente può spingere gli Stati Uniti a entrare direttamente in guerra, o spingere la Russia a usare armi nucleari, o forse condurre a entrambe le cose.

 

ENTRA IN SCENA L’AMERICA

Appena l’amministrazione Biden ha concluso che la Russia poteva essere battuta in Ucraina, ha inviato più armi, e armi più potenti, a Kiev. L’Occidente ha iniziato ad aumentare la capacità offensiva dell’Ucraina inviando armi come il sistema di missili a lancio multiplo HIMARS, oltre a quelle “difensive” come il missile anticarro Javelin. Nel corso del tempo, sia la letalità sia la quantità delle armi sono aumentate. Si tenga presente che a marzo Washington aveva posto il veto a un piano per trasferire i caccia MiG-29 polacchi in Ucraina, sulla base del fatto che ciò avrebbe potuto condurre a una escalation, ma a luglio non ha sollevato obiezioni quando la Slovacchia ha annunciato che stava valutando l’invio degli stessi aerei a Kiev. Gli Stati Uniti stanno anche pensando di dare i propri F-15 e F-16 all’Ucraina.

Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno anche addestrando l’esercito ucraino e fornendogli informazioni vitali che esso impiega per distruggere i principali obiettivi russi. Inoltre, come riportato dal “New York Times”, l’Occidente ha “una rete clandestina di commando e spie” sul terreno, all’interno dell’Ucraina. Magari Washington non è direttamente coinvolta nei combattimenti, ma è profondamente coinvolta nella guerra. E oggi manca solo un breve passo per avere soldati americani che premono il grilletto e piloti americani che schiacciano il pulsante di sparo.

Le forze armate statunitensi potrebbero essere coinvolte nei combattimenti in vari modi. Si consideri una situazione in cui la guerra si trascina per un anno o più e non c’è né una soluzione diplomatica in vista né un percorso plausibile per una vittoria ucraina. Allo stesso tempo, Washington desidera disperatamente porre fine alla guerra, forse perché deve concentrarsi sul contenimento della Cina o perché i costi economici del sostegno all’Ucraina stanno causando problemi politici in patria e in Europa. In simili circostanze, i politici statunitensi avrebbero tutte le ragioni per prendere in considerazione l’adozione di misure più rischiose, come l’imposizione di una no-fly zone sull’Ucraina o l’inserimento di piccoli contingenti di forze di terra statunitensi, per aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia.

Uno scenario più probabile per l’intervento degli Stati Uniti si verificherebbe se l’esercito ucraino iniziasse a crollare, e la Russia sembrasse destinata a ottenere una vittoria decisiva. In tal caso, dato il profondo impegno dell’amministrazione Biden a prevenire questo esito, gli Stati Uniti potrebbero tentar di invertire la tendenza coinvolgendosi direttamente nei combattimenti. È facile immaginare i funzionari statunitensi convinti che sia in gioco la credibilità del loro paese, e persuasi che un uso limitato della forza possa salvare l’Ucraina senza indurre Putin a usare le armi nucleari. Oppure, un’Ucraina disperata potrebbe lanciare attacchi su larga scala contro paesi e città russe, nella speranza che una simile escalation provochi una massiccia risposta russa che finisca per costringere gli Stati Uniti a unirsi ai combattimenti.

L’ultimo scenario per il coinvolgimento americano ipotizza un’escalation involontaria: senza volerlo, Washington viene coinvolta nella guerra da un evento imprevisto che sfugge di mano. Forse i caccia statunitensi e russi, che sono già entrati in stretto contatto sul Mar Baltico, si scontrano accidentalmente. Un simile incidente potrebbe facilmente degenerare, dati gli alti livelli di paura da entrambe le parti, la mancanza di comunicazione e la demonizzazione reciproca.

O magari la Lituania blocca il passaggio delle merci sanzionate che viaggiano attraverso il suo territorio mentre si dirigono dalla Russia a Kaliningrad, l’enclave russa separata dal resto del paese. La Lituania ha fatto proprio questo a metà giugno, ma ha fatto marcia indietro a metà luglio, dopo che Mosca ha chiarito che stava contemplando “misure severe” per porre fine a quello che considerava un blocco illegale. Il ministero degli Esteri lituano, tuttavia, ha resistito alla revoca del blocco. Dal momento che la Lituania è un membro della NATO, gli Stati Uniti quasi certamente verrebbero in sua difesa se la Russia attaccasse il paese.

O forse la Russia distrugge un edificio a Kiev, o un sito di addestramento da qualche parte in Ucraina, e uccide involontariamente un numero considerevole di americani, per esempio operatori umanitari, agenti dell’intelligence o consiglieri militari. L’amministrazione Biden, di fronte a una sollevazione della sua opinione pubblica, decide che deve vendicarsi e colpisce obiettivi russi, il che conduce a una serie di ritorsioni tra le due parti.

Infine, c’è la possibilità che i combattimenti nell’Ucraina meridionale danneggino la centrale nucleare di Zaporizhzhya controllata dalla Russia, la più grande d’Europa, al punto da emettere radiazioni nella regione, portando la Russia a rispondere in modo proporzionale. Dmitry Medvedev, l’ex presidente e primo ministro russo, ha dato una risposta inquietante a questa possibilità, dicendo ad agosto: “Non si dimentichi che ci sono siti nucleari anche nell’Unione europea. E anche lì sono possibili incidenti“. Se la Russia dovesse colpire un reattore nucleare europeo, gli Stati Uniti entrerebbero quasi sicuramente in guerra.

Naturalmente, anche Mosca potrebbe istigare l’escalation. Non si può escludere la possibilità che la Russia, nel disperato tentativo di fermare il flusso di aiuti militari occidentali in Ucraina, colpisca i paesi attraverso i quali passa la maggior parte di essa: Polonia o Romania, entrambi membri della NATO. C’è anche la possibilità che la Russia possa lanciare un massiccio attacco informatico contro uno o più paesi europei che aiutano l’Ucraina, causando gravi danni alla sua infrastruttura critica. Un simile attacco potrebbe spingere gli Stati Uniti a lanciare un attacco informatico di rappresaglia contro la Russia. Se l’attacco informatico riuscisse, Mosca potrebbe rispondere militarmente; se fallisse, Washington potrebbe decidere che l’unico modo per punire la Russia è colpirla direttamente. Questi scenari sembrano inverosimili, ma non sono impossibili. E sono solo alcuni dei tanti percorsi attraverso i quali quella che ora è una guerra locale potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più grande e più pericoloso.

 

PASSAGGIO AL CONFLITTO NUCLEARE

Sebbene l’esercito russo abbia causato enormi danni all’Ucraina, Mosca, finora, è stata riluttante a intensificare il suo impegno per vincere la guerra. Putin non ha ampliato le dimensioni delle sue forze attraverso la coscrizione su larga scala. Né ha preso di mira la rete elettrica dell’Ucraina, ciò che sarebbe relativamente facile da fare e infliggerebbe ingenti danni a quel paese. In effetti, molti russi lo hanno accusato di non aver condotto la guerra in modo più vigoroso. Putin ha preso atto di questa critica, ma ha fatto sapere che se necessario, avrebbe dato inizio a una escalation dell’impegno russo. “Non abbiamo ancora cominciato a fare sul serio“, ha detto a luglio, suggerendo che la Russia potrebbe fare di più, se la situazione militare deteriorasse: e lo farebbe.

E a proposito della forma terminale di escalation? Ci sono tre circostanze in cui Putin potrebbe usare le armi nucleari. Il primo, se gli Stati Uniti ei loro alleati della NATO entrassero in guerra. Questo sviluppo non solo sposterebbe notevolmente l’equilibrio di forze militari a svantaggio della Russia, aumentando notevolmente le probabilità di una sua sconfitta, ma per la Russia significherebbe anche combattere alle porte di casa contro una grande potenza, in una guerra che potrebbe facilmente dilagare nel territorio russo. I leader russi penserebbero certamente che la loro sopravvivenza è a rischio, ciò che gli darebbe un potente incentivo a usare armi nucleari per salvare la situazione. Come minimo, prenderebbero in considerazione lanci nucleari dimostrativi, per convincere l’Occidente a fare marcia indietro. È impossibile sapere in anticipo se una mossa simile porrebbe termine alla guerra, o la condurrebbe in una escalation di cui si perderebbe il controllo.

Nel suo discorso del 24 febbraio, in cui annunciava l’invasione, Putin ha chiaramente sottinteso che avrebbe impiegato le armi nucleari se gli Stati Uniti e i loro alleati fossero entrati in guerra. Rivolgendosi a “coloro che potrebbero essere tentati di interferire“, ha detto, “devono sapere che la Russia risponderà immediatamente e ci saranno conseguenze che non avete mai visto in tutta la vostra storia“. Il suo avvertimento non è sfuggito a Avril Haines, il direttore dell’intelligence nazionale statunitense, che a maggio aveva predetto che Putin avrebbe potuto usare armi nucleari se la NATO “interviene o sta per intervenire“, in buona parte perché ciò “contribuirebbe ovviamente a una percezione che sta per perdere la guerra in Ucraina”.

Nel secondo scenario nucleare, l’Ucraina inverte da sola le sorti sul campo di battaglia, senza il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Se le forze ucraine fossero sul punto di sconfiggere l’esercito russo e riprendersi il territorio perduto del loro paese, non c’è dubbio che Mosca potrebbe facilmente vedere questo esito come una minaccia esistenziale che esige una risposta nucleare. Dopotutto, Putin e i suoi consiglieri erano sufficientemente allarmati dal crescente allineamento di Kiev con l’Occidente da decidere deliberatamente di attaccare l’Ucraina, nonostante i chiari avvertimenti degli Stati Uniti e dei loro alleati sulle gravi conseguenze che la Russia avrebbe dovuto affrontare. A differenza del primo scenario, Mosca impiegherebbe armi nucleari non nel contesto di una guerra con gli Stati Uniti, ma contro l’Ucraina. Lo farebbe con poco timore di ritorsioni nucleari, dal momento che Kiev non ha armi nucleari, e perché Washington non avrebbe alcun interesse a iniziare una guerra nucleare. L’assenza di una chiara minaccia di ritorsione renderebbe più facile per Putin contemplare l’uso del nucleare.

Nel terzo scenario, la guerra si risolve in una lunga situazione di stallo che non ha soluzione diplomatica e diventa estremamente costosa per Mosca. Nel disperato tentativo di porre fine al conflitto a condizioni favorevoli, Putin potrebbe perseguire l’escalation nucleare per vincere. Come nello scenario precedente, in cui si escala per evitare la sconfitta, una rappresaglia nucleare degli Stati Uniti sarebbe altamente improbabile. In entrambi gli scenari, è probabile che la Russia utilizzi armi nucleari tattiche contro una piccola serie di obiettivi militari, almeno inizialmente. Potrebbe colpire paesi e città in attacchi successivi, se necessario. Ottenere un vantaggio militare sarebbe uno degli obiettivi della strategia, ma il più importante sarebbe infliggere un colpo capace di rovesciare la situazione: incutere una tale paura all’ Occidente che gli Stati Uniti e i loro alleati si muovano rapidamente per porre fine al conflitto a condizioni favorevoli a Mosca. Non c’è da stupirsi che William Burns, il direttore della CIA, abbia osservato ad aprile: “Nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia rappresentata da un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o armi nucleari a basso rendimento“.

CORTEGGIARE LA CATASTROFE

Si può ammettere che, sebbene uno di questi scenari catastrofici possa teoricamente verificarsi, le possibilità che si realizzino effettivamente sono minime, e quindi ci sarebbe poco da preoccuparsi. Dopotutto, i leader di entrambe le parti hanno potenti incentivi a tenere gli americani fuori dalla guerra, e a evitare un uso del nucleare, anche limitato; per tacere di una vera e propria guerra nucleare.

Magari si potesse essere così ottimisti. In realtà, la visione convenzionale sottovaluta abbondantemente i pericoli di una escalation in Ucraina. Anzitutto, le guerre tendono ad avere una logica propria, che rende difficile prevederne il corso. Chi dice di sapere con certezza quale strada prenderà la guerra in Ucraina si sbaglia. Le dinamiche dell’escalation in tempo di guerra sono tanto difficili da prevedere quanto difficili da controllare, il che dovrebbe esser di monito a coloro che sono fiduciosi che gli eventi, in Ucraina, si possano gestire. Inoltre, come ha riconosciuto il teorico militare prussiano Carl von Clausewitz, il nazionalismo incoraggia le guerre moderne a degenerare nella loro forma più estrema, specialmente quando la posta in gioco è alta per entrambe le parti. Questo non vuol dire che le guerre non possano essere limitate, ma che limitarle non è facile. Infine, dati i costi sbalorditivi di una guerra nucleare tra grandi potenze, anche una piccola possibilità che essa si verifichi dovrebbe far riflettere tutti, a lungo, sulla direzione che potrebbe prendere questo conflitto.

Questa pericolosa situazione crea un potente incentivo a trovare una soluzione diplomatica alla guerra. Purtroppo, tuttavia, non è in vista una soluzione politica, poiché entrambe le parti si sono fermamente impegnate a raggiungere obiettivi bellici che rendono quasi impossibile il compromesso. L’amministrazione Biden avrebbe dovuto collaborare con la Russia per risolvere la crisi ucraina prima dello scoppio della guerra a febbraio. Ormai è troppo tardi per concludere un accordo. Russia, Ucraina e Occidente sono bloccati in una situazione terribile, senza una via d’uscita ovvia. Si può solo sperare che i leader di entrambe le parti gestiscano la guerra in modi che evitino un’escalation catastrofica. Per le decine di milioni di persone le cui vite sono in gioco, tuttavia, questa è una magra consolazione.

[1] https://www.wsj.com/articles/henry-kissinger-is-worried-about-disequilibrium-11660325251?no_redirect=true

[2] https://youtu.be/YDuNilTd1fo

[3] http://italiaeilmondo.com/2022/08/14/il-modo-rivoluzionario-in-cui-la-russia-ha-combattuto-la-sua-guerra-in-ucraina-di-leon-tressell/

[4] “Foreign Affairs”, 17 agosto 2022 https://www.foreignaffairs.com/ukraine/playing-fire-ukraine?fbclid=IwAR3DoBHzjXNJc6zJ39SxS-TOAN4tT6gLDf50QRcF7r3R0RBDe_tAFJfcLHo

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Il problema strategico della Cina e della Russia_ di: George Friedman

Un saggio che adombra molto bene i margini e gli azzardi dei quali dispone, o presume di disporre, l’attuale amministrazione statunitense nella gestione contemporanea di due parti a confronto. Entro questi margini si gioca l’eventualità di un sodalizio sempre più solido di Russia e Cina, con la Russia più determinata e la Cina che spera di trarre ancora ulteriori vantaggi da un approccio multilaterale senza alleanze predefinite e dal mantenimento della precedente dinamica di globalizzazione. Mancano per la verità altri attori, in particolare l’India, in grado di rovesciare definitivamente il tavolo, una volta eventualmente schierati con gli emergenti. Una partita ancora tutta da giocare. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La guerra in Ucraina, ormai vecchia di circa 6 mesi, è strategicamente importante per una serie di ragioni. Se la Russia sconfiggerà l’Ucraina e prenderà il controllo del paese, le sue forze saranno al confine dell’Europa orientale. Una presenza russa al confine europeo trasformerebbe gli equilibri di potere nell’Atlantico, costringendo così inevitabilmente gli Stati Uniti a schierare forze a difesa dell’Europa.

Quali fossero le intenzioni della Russia all’inizio dell’invasione importa poco. Le intenzioni cambiano e la strategia non deve essere ottimista. Quindi la posta in gioco nella guerra ucraina è la possibile resurrezione della Guerra Fredda, con tutti i rischi che ne derivano. Dal punto di vista americano, ingaggiare la Russia attraverso le truppe ucraine in Ucraina è molto meno rischioso di un’altra Guerra Fredda.

La Guerra Fredda non ha portato a una guerra su vasta scala, solo la paura della guerra. I timori occidentali delle intenzioni sovietiche superarono le capacità sovietiche. La loro paura, a sua volta, ha tenuto unita la NATO, con grande dispiacere dei leader a Mosca. Nessuna delle loro peggiori paure si è avverata, e quindi il crollo dell’Unione Sovietica ha avuto più a che fare con il marciume interno che con la minaccia esterna. Non è chiaro se una futura Guerra Fredda si svolgerà come l’ultima, ma una cosa è probabile: data l’esistenza delle armi nucleari, la prima linea di una nuova Guerra Fredda rimarrebbe statica e lo status quo da entrambe le parti rimarrebbe rimangono intatti fintanto che nessuno dei due lati si è frammentato. Sarebbe un risultato costoso e pericoloso, poiché la storia non ha bisogno di ripetersi. Ma il crollo dell’Ucraina porrebbe minacce che potrebbero essere contenute, per quanto costose e pericolose.

Le vulnerabilità della Cina ei suoi tentativi di superarle sono potenzialmente più pericolose. Come per la Russia, la questione centrale è la geografia. Per la Russia, il problema è che il confine ucraino è a meno di 300 miglia da Mosca, e la Russia è sopravvissuta a molteplici invasioni solo in virtù della distanza di Mosca dagli invasori, una distanza che il crollo dell’Unione Sovietica ha chiuso. L’ossessione della Russia per l’Ucraina ha lo scopo di correggere questo problema. Il problema geografico della Cina è che è diventata una potenza di esportazione e come tale dipende dal suo accesso all’Oceano Pacifico e alle acque adiacenti. Gli Stati Uniti vedono il libero accesso cinese al Pacifico come una potenziale minaccia alla propria profondità strategica, qualcosa di fondamentale per gli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale. L’accesso cinese al Pacifico è bloccato da una serie di stati insulari: Giappone, Taiwan, Filippine e Indonesia, indirettamente sostenute da potenze vicine come Australia, India e Vietnam. Non tutti sono alleati americani, ma tutti hanno interessi comuni contro l’espansione navale cinese. La Cina vuole difendere la sua profondità strategica conquistandola e controllandola. Gli Stati Uniti vogliono difendere la propria profondità strategica difendendola.

Alla dimensione geografica si aggiunge una dimensione economica. L’economia cinese dipende dalle esportazioni e gli Stati Uniti sono il suo maggiore cliente. Pechino ha anche bisogno di continui investimenti statunitensi, poiché il suo sistema finanziario è sottoposto a forti pressioni.

La Russia sta tentando di rivendicare la profondità strategica, ed è entrata in essa ben sapendo le conseguenze finanziarie che avrebbe creato. In altre parole, ha sopportato danni finanziari in cambio di sicurezza strategica. Finora, non ha acquisito sicurezza strategica e ha assorbito notevoli danni finanziari distribuendo alcuni dei suoi all’Europa.

La Cina sta cercando una soluzione strategica evitando il danno economico che un’ulteriore espansione probabilmente porterebbe. Il suo principale avversario su entrambi i fronti sarebbero gli Stati Uniti. Quindi la Cina sta sondando gli Stati Uniti, cercando di capire le sue potenziali risposte. La risposta alla visita del presidente della Camera Nancy Pelosi ha spinto i limiti di un’invasione di Taiwan. Ciò che la Cina ha appreso sull’esercito americano non è chiaro, ma ha appreso che l’innesco delle azioni economiche americane risiede al di là della manifestazione cinese.

L’obiettivo dell’America in Ucraina, quindi, è negare alla Russia la profondità strategica che desidera per limitare la minaccia russa all’Europa. Con la Cina, il suo obiettivo è mantenere la profondità strategica americana per evitare che la Cina minacci gli Stati Uniti o ottenga una portata globale.

Le questioni sono simili in linea di principio, ma la posta in gioco per gli Stati Uniti non lo è. Per Washington, la questione Cina è molto più importante della questione Russia. Una vittoria russa in Ucraina ridisegnerebbe i confini non ufficiali e aumenterebbe i rischi. Un successo cinese creerebbe una potenza più globale che sfida gli Stati Uniti e i suoi alleati in tutto il mondo.

Le conseguenze della guerra sono sempre significative. Il coinvolgimento degli Stati Uniti aggiunge costi economici all’equazione. Finora, la Russia ha assorbito i costi. La Cina potrebbe non essere in grado di farlo, considerando che la sua economia è attualmente vulnerabile. Ma le nazioni vivono di economia e sopravvivono di sicurezza. In questo senso, sembrerebbe che la Russia sia meno interessata ai negoziati rispetto alla Cina.

Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si incontreranno a metà novembre, in una conferenza in Indonesia o in Thailandia. Se l’incontro avrà luogo, sarà il primo dalla loro teleconferenza di maggio. Tra gli Stati Uniti e la Russia stanno avvenendo solo colloqui informali e di back-channel. La Cina ha bisogno di un’economia stabile ora più di quanto abbia bisogno del comando dei mari. La Russia sembra in grado di sopravvivere a ciò che è stato affrontato economicamente, ma non ha spezzato la schiena alle forze ucraine. La Cina è più vicina alla crisi economica della Russia e quindi non è disposta a rischiare la guerra con gli Stati Uniti. Parlerà, se non si accontenterà. La situazione economica e militare della Russia è oscura nel lungo periodo. Gli Stati Uniti hanno a che fare con Cina e Russia a un prezzo abbastanza basso e possono gestire entrambe in questo momento. Russia e Cina devono cercare di aumentare i costi per gli Stati Uniti

È un’equazione vertiginosa ma non insolita. La Cina ha bisogno di raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti. La Russia non ha questo bisogno. Gli Stati Uniti sono flessibili.

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Teoria del Domino e dominio, di Roberto Buffagni

Uno degli argomenti della propaganda occidentale sulla guerra in Ucraina è questo: indispensabile combattere la Russia in Ucraina perché l’invasione dell’Ucraina è il primo passo di un progetto imperialistico russo, volto a ricostituire i confini dell’URSS o dell’Impero zarista, e a diffondere “l’autoritarismo” dove oggi c’è “la democrazia”.
In sintesi, la Russia autocratica va combattuta in Ucraina per non doverla poi combattere nelle democratiche Polonia, Finlandia, Ungheria, Germania, etc.
Questo argomento di giustificazione della strategia americana e NATO verrà probabilmente in primo piano, nei prossimi mesi, perché sarà sempre più chiaro che
a) è impossibile infliggere una sconfitta decisiva ai russi, in Ucraina
b) anzi i russi, nonostante i massicci aiuti occidentali, stanno infliggendo una sconfitta decisiva all’Ucraina, e i limiti di questa sconfitta (dove i russi si fermeranno, quali territori ucraini conquisteranno e terranno, quali danni infliggeranno all’Ucraina) saranno decisi unilateralmente dai russi in conformità ai loro obiettivi
c) ogni prolungamento delle ostilità in Ucraina, ogni rifiuto pregiudiziale di aprire una trattativa con la Russia, ha un costo umano ed economico inaccettabile, perché immotivato, anzitutto per l’Ucraina, e non ha contropartita alcuna: costo spaventoso, guadagno zero
d) ogni prolungamento delle ostilità in Ucraina, ogni rifiuto pregiudiziale di aprire una trattativa con la Russia, ha un costo economico e politico inaccettabile, perché immotivato e privo di contropartite, anche per i paesi europei, in particolare per i paesi dell’Europa occidentale e mediterranea (paesi come la Polonia possono almeno sperare in acquisizioni territoriali in Ucraina)
Dunque, verrà in primo piano la giustificazione “combattere la Russia in Ucraina per non doverla combattere in casa propria”.
Questa è, alla lettera, la giustificazione dell’intervento americano in Vietnam che diedero “the best and the brightest”, il gruppo di consiglieri che circondavano il presidente Kennedy, e che erano davvero personalità di spicco, molto più capaci dell’attuale classe dirigente americana. La previsione strategica che li informava era la “Domino theory”, la teoria del domino: il comunismo ha ambizioni di espansione mondiale, se cade il Vietnam cadranno via via in mani comuniste, come tessere del domino, la Cambogia, la Tailandia, la Corea, il Laos, il Giappone, l’India, etc., finché il comunismo non contagerà il continente americano fino a giungere alle porte degli Stati Uniti, e forse a varcarle.
La “Domino theory” non aveva alcun fondamento, ed era radicalmente sbagliata. La radice dell’errore stava nella grave sottovalutazione americana dell’importanza decisiva del nazionalismo. Conquistare nazioni è difficile, molto difficile, perché le nazioni vogliono sopravvivere e conservare la loro indipendenza e la loro sovranità, e conquistarle, occuparle, tenerle, integrarle stabilmente in un impero è estremamente difficile. Le ideologie politiche hanno certamente un ruolo, nella politica internazionale, ma quando gli imperativi strategici confliggono con gli imperativi ideologici sono gli imperativi strategici ad avere la meglio: come illustrò rapidamente, dopo la sconfitta americana in Vietnam, la guerra sino-vietnamita (17 febbraio – 16 marzo 1979) in cui il Vietnam sconfisse uno dei due paesi che, con l’URSS, più lo avevano appoggiato nel corso della sua lotta per l’indipendenza dalla Francia prima, dagli USA poi.
Una riedizione della “Domino theory”, stavolta in chiave offensiva anziché difensiva, si ritrova nella seconda guerra statunitense contro l’Irak (2003). Gli israeliani, avuto sentore dell’intenzione americana di attaccare l’Irak, dissero agli americani: “Ma perché attaccare l’Irak? Il vero nemico, nella regione, è l’Iran!” e gli americani risposero: “State tranquilli, l’Irak è soltanto il primo passo. Caduta l’Irak, cadranno anche l’Iran, la Siria, etc.” Come sia andata, ognuno vede.
La riedizione aggiornata all’Ucraina della “Domino theory” si fonda su una premessa errata, e su una inferenza quantomeno dubbia. La premessa errata è che la Russia abbia la capacità di riconquistare i confini dell’URSS o dell’Impero zarista. La Federazione russa non ha la potenza latente (demografia, economia) e la potenza manifesta (militare) sufficiente per tentare, con ragionevoli probabilità di successo, una simile impresa colossale.
L’inferenza quantomeno dubbia è che la dirigenza della Federazione russa abbia l’intenzione di tentarla. Non mi risulta che ci siano prove, nei discorsi e nelle dichiarazioni ufficiali russe, di una simile intenzione; ma è sempre molto difficile penetrare le intenzioni altrui. È certo possibile che la dirigenza russa desideri, in cuor suo, riconquistare i confini dell’ex URSS o dell’Impero zarista. Che intenda provarci è estremamente improbabile, visto che sinora, la dirigenza russa dà prova di condurre una politica razionale e cauta, affatto incompatibile con il terribile azzardo che l’impresa imperialistica comporterebbe.
La teoria del domino è una teoria geopolitica prominente negli Stati Uniti dagli anni ’50 agli anni ’80 che postulava che se un paese in una regione fosse caduto sotto l’influenza del comunismo , i paesi circostanti avrebbero seguito un effetto domino . [1] La teoria del domino è stata utilizzata dalle successive amministrazioni degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda per giustificare la necessità dell’intervento americano nel mondo.

Un’illustrazione della teoria del domino come era stata prevista

L’ex presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower descrisse la teoria durante una conferenza stampa il 7 aprile 1954, riferendosi al comunismo in Indocina come segue:

Infine, hai considerazioni più ampie che potrebbero seguire quello che chiamereste il principio della “caduta del domino”. Hai impostato una fila di tessere, fai cadere il primo e quello che accadrà all’ultimo è la certezza che passerà molto velocemente. Quindi potresti avere un inizio di disintegrazione che avrebbe le influenze più profonde. [2]

Inoltre, la profonda convinzione di Eisenhower nella teoria del domino in Asia aumentò i “costi percepiti per gli Stati Uniti nel perseguire il multilateralismo” [3] a causa di eventi multiformi tra cui la ” vittoria del 1949 del Partito Comunista Cinese , l’ invasione della Corea del Nord del giugno 1950 , il 1954 La crisi dell’isola offshore di Quemoy e il conflitto in Indocina hanno costituito una sfida ad ampio raggio non solo per uno o due paesi, ma per l’intero continente asiatico e il Pacifico”. [3] Questo connota una forte forza magnetica per cedere al controllo comunista e si allinea con il commento del generale Douglas MacArthur secondo cui “la vittoria è una forte calamita in Oriente”. [4]

Durante il 1945, l’ Unione Sovietica portò la maggior parte dei paesi dell’Europa orientale e centrale nella sua influenza come parte del nuovo insediamento del secondo dopoguerra, [5] spingendo Winston Churchill a dichiarare in un discorso nel 1946 al Westminster College di Fulton , Missouri che:

Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico è scesa una ” cortina di ferro ” attraverso il Continente. Dietro quella linea si trovano tutte le capitali degli antichi stati dell’Europa centrale e orientale. Varsavia , Praga , Budapest , Belgrado , Bucarest e Sofia ; tutte queste famose città e le popolazioni che le circondano si trovano in quella che devo chiamare la sfera sovietica, e tutte sono soggette, in una forma o nell’altra, non solo all’influenza sovietica, ma anche a un livello molto alto e in alcuni casi crescente di controllo da parte di Mosca . [6]

Dopo la crisi iraniana del 1946 , Harry S. Truman dichiarò quella che divenne nota come la Dottrina Truman nel 1947, [7] promettendo di contribuire con aiuti finanziari al governo greco durante la sua guerra civile e alla Turchia dopo la seconda guerra mondiale, nella speranza che ciò ostacolerebbe l’avanzamento del comunismo nell’Europa occidentale. [8] Nello stesso anno, il diplomatico George Kennan scrisse un articolo sulla rivista Foreign Affairs che divenne noto come ” X Article “, che per primo articolava la politica di contenimento , [9]sostenendo che l’ulteriore diffusione del comunismo in paesi al di fuori di una ” zona cuscinetto ” attorno all’URSS, anche se avvenuta tramite elezioni democratiche, era inaccettabile e una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. [10] Kennan fu anche coinvolto, insieme ad altri nell’amministrazione Truman , nella creazione del Piano Marshall , [11] anch’esso iniziato nel 1947, per dare aiuti ai paesi dell’Europa occidentale (insieme a Grecia e Turchia), [12 ] in gran parte con la speranza di impedire loro di cadere sotto la dominazione sovietica. [13]

Nel 1949 fu istituito in Cina un governo appoggiato dai comunisti, guidato da Mao Zedong (diventando ufficialmente la Repubblica popolare cinese ). [14] L’insediamento del nuovo governo è stato stabilito dopo che l’ Esercito popolare di liberazione ha sconfitto il governo nazionalista repubblicano cinese all’indomani della guerra civile cinese (1927-1949). [15] Si formarono due Cine : la “Cina comunista” continentale (Repubblica popolare cinese) e la “Cina nazionalista” Taiwan ( Repubblica cinese). L’acquisizione da parte dei comunisti della nazione più popolosa del mondo è stata vista in Occidente come una grande perdita strategica, che ha suscitato la domanda popolare dell’epoca: “Chi ha perso la Cina?” [16] Gli Stati Uniti hanno successivamente interrotto le relazioni diplomatiche con la neonata Repubblica popolare cinese in risposta alla presa di potere comunista nel 1949. [15]

Anche la Corea era parzialmente caduta sotto la dominazione sovietica alla fine della seconda guerra mondiale, divisa dal sud del 38° parallelo in cui successivamente si trasferirono le forze statunitensi. Nel 1948, a seguito della Guerra Fredda tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, la Corea fu divisa in due regioni, con governi separati, ciascuno dei quali affermava di essere il governo legittimo della Corea e nessuna delle due parti accettava il confine come permanente. Nel 1950 scoppiarono combattimenti tra comunisti e repubblicani che presto coinvolsero truppe provenienti dalla Cina (dalla parte dei comunisti), dagli Stati Uniti e da 15 paesi alleati (dalla parte dei repubblicani). Sebbene il conflitto coreano non sia ufficialmente terminato, la guerra di Corea si è conclusa nel 1953 con un armistizioche ha lasciato la Corea divisa in due nazioni, la Corea del Nord e la Corea del Sud . La decisione di Mao Zedong di affrontare gli Stati Uniti nella guerra di Corea fu un tentativo diretto di affrontare quella che il blocco comunista considerava la più forte potenza anticomunista del mondo, intrapresa in un momento in cui il regime comunista cinese stava ancora consolidando il proprio potere dopo vincere la guerra civile cinese.

La prima figura a proporre la teoria del domino fu il presidente Harry S. Truman negli anni ’40, dove introdusse la teoria per “giustificare l’invio di aiuti militari in Grecia e Turchia”. [17] Tuttavia, la teoria del domino è stata resa popolare dal presidente Dwight D. Eisenhower quando l’ha applicata al sud-est asiatico, in particolare al Vietnam del sud. Inoltre, la teoria del domino è stata utilizzata come uno degli argomenti chiave nelle “amministrazioni Kennedy e Johnson negli anni ’60 per giustificare il crescente coinvolgimento militare americano nella guerra del Vietnam”. [17]

Nel maggio 1954, il Viet Minh , un esercito comunista e nazionalista, sconfisse le truppe francesi nella battaglia di Dien Bien Phu e prese il controllo di quello che divenne il Vietnam del Nord . [18] Ciò fece sì che i francesi si ritirassero completamente dalla regione allora conosciuta come Indocina francese , un processo che avevano iniziato in precedenza. [19] Le regioni furono quindi divise in quattro paesi indipendenti (Vietnam del Nord, Vietnam del Sud , Cambogia e Laos ) dopo che alla Conferenza di Ginevra del 1954 fu negoziato un accordo per porre fine alla prima guerra in Indocina . [20]

Ciò darebbe loro un vantaggio strategico geografico ed economico e renderebbe Giappone, Taiwan, Filippine, Australia e Nuova Zelanda gli stati difensivi in ​​prima linea. La perdita di regioni tradizionalmente all’interno della vitale area commerciale regionale di paesi come il Giappone incoraggerebbe i paesi in prima linea a scendere a compromessi politicamente con il comunismo.

La teoria del domino di Eisenhower del 1954 era una descrizione specifica della situazione e delle condizioni all’interno del sud-est asiatico all’epoca e non suggeriva una teoria del domino generalizzata come altri fecero in seguito.

Durante l’estate del 1963, i buddisti protestarono per il duro trattamento che stavano ricevendo sotto il governo Diem del Vietnam del Sud. Tali azioni del governo sudvietnamita hanno reso difficile il forte sostegno dell’amministrazione Kennedy al presidente Diem. Il presidente Kennedy era in una posizione debole, cercando di contenere il comunismo nel sud-est asiatico, ma d’altra parte, sostenendo un governo anticomunista che non era popolare tra i suoi cittadini ed era colpevole di atti discutibili per il pubblico americano. [21] L’amministrazione Kennedy è intervenuta in Vietnam all’inizio degli anni ’60 per, tra le altre ragioni, impedire la caduta del “domino” sudvietnamita. Quando Kennedy salì al potere c’era la preoccupazione che il Pathet Lao guidato dai comunistiin Laos avrebbe fornito basi ai Viet Cong e che alla fine avrebbero potuto conquistare il Laos. [22]

Argomenti a favore della teoria del domino

La prova principale della teoria del domino è la diffusione del dominio comunista in tre paesi del sud-est asiatico nel 1975, in seguito alla conquista comunista del Vietnam : Vietnam del Sud (da parte dei Viet Cong), Laos (da parte del Pathet Lao) e Cambogia (da parte del Khmer Rossi ). Si può inoltre sostenere che prima che finissero di prendere il Vietnam prima degli anni ’50, le campagne comuniste non ebbero successo nel sud-est asiatico. Si noti l’ emergenza malese , la ribellione di Hukbalahap nelle Filippine e il crescente coinvolgimento di Sukarno con i comunistidell’Indonesia dalla fine degli anni ’50 fino alla sua deposizione nel 1967. Tutti questi erano tentativi comunisti falliti di conquistare i paesi del sud-est asiatico che si bloccarono quando le forze comuniste erano ancora concentrate in Vietnam.

Walt Whitman Rostow e l’allora Primo Ministro di Singapore Lee Kuan Yew hanno sostenuto che l’intervento statunitense in Indocina, dando alle nazioni dell’ASEAN il tempo di consolidarsi e impegnarsi nella crescita economica, ha impedito un più ampio effetto domino. [23] In un incontro con il presidente Gerald Ford e Henry Kissinger nel 1975, Lee Kuan Yew ha affermato che “c’è una tendenza nel Congresso degli Stati Uniti a non voler esportare posti di lavoro. Ma dobbiamo avere i posti di lavoro se vogliamo fermare il comunismo. Noi lo hanno fatto, passando dal lavoro qualificato più semplice a quello più complesso. Se fermiamo questo processo, farà più danni di quanto tu possa riparare ogni [sic] riparazione con l’aiuto. Non tagliare le importazioni dal sud-est asiatico”. [24]

McGeorge Bundy ha sostenuto che le prospettive di un effetto domino, sebbene elevate negli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, furono indebolite nel 1965 quando il Partito Comunista Indonesiano fu distrutto dagli squadroni della morte nel genocidio indonesiano. Tuttavia, i sostenitori ritengono che gli sforzi durante il periodo di contenimento (cioè, la Teoria di Domino) alla fine abbiano portato alla fine dell’Unione Sovietica e alla fine della Guerra Fredda.

Alcuni sostenitori della teoria del domino annotano la storia dei governi comunisti che forniscono aiuti ai rivoluzionari comunisti nei paesi vicini. Ad esempio, la Cina ha fornito truppe e rifornimenti al Viet Minh e successivamente all’esercito del Vietnam del Nord e l’Unione Sovietica ha fornito loro carri armati e armi pesanti. Il fatto che il Pathet Lao e i Khmer Rossi fossero entrambi originariamente parte del Vietminh, per non parlare del sostegno di Hanoi per entrambi insieme ai Viet Cong, danno credito alla teoria. L’Unione Sovietica ha anche fornito pesantemente Sukarno con forniture militari e consiglieri dal tempo della Democrazia Guidata in Indonesia , specialmente durante e dopo la guerra civile del 1958 a Sumatra.

Argomenti che criticano la teoria del domino

  • Elementi dell’ideologia della guerra fredda come la teoria del domino sono diventati strumenti di propaganda per il governo degli Stati Uniti per creare paura tra il popolo americano, al fine di ottenere il sostegno pubblico per la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra del Vietnam. [25]
  • Nella primavera del 1995, l’ex segretario alla Difesa americano Robert McNamara disse di ritenere che la teoria del domino fosse un errore. [26] Il professor Tran Chung Ngoc, un vietnamita d’oltremare che vive negli Stati Uniti, ha affermato: “Gli Stati Uniti non hanno alcuna ragione plausibile per intervenire in Vietnam, un paese piccolo, povero e sottosviluppato che non ha alcuna capacità di fare nulla che potrebbe danneggiare l’America Pertanto, l’intervento degli Stati Uniti in Vietnam, indipendentemente dall’opinione pubblica e dal diritto internazionale, sta “usando il potere sulla giustizia”, ​​dando a se stessa il diritto di intervenire ovunque voglia l’America”. [27]

Significato della teoria del domino

La teoria del domino è significativa perché sottolinea l’importanza delle alleanze, che possono variare da alleanze canaglia ad alleanze bilaterali. Ciò implica che la teoria del domino è utile per valutare l’intento e lo scopo di un paese di stringere un’alleanza con altri, incluso un gruppo di altri paesi all’interno di una particolare regione. Sebbene l’intento e lo scopo possano differire per ogni paese, Victor Chadescrive l’alleanza bilaterale asimmetrica tra gli Stati Uniti ei paesi dell’Asia orientale come un approccio strategico, in cui gli Stati Uniti hanno il controllo e il potere di mobilitare o stabilizzare i propri alleati. Ciò è supportato dal modo in cui gli Stati Uniti hanno creato alleanze bilaterali asimmetriche con la Repubblica di Corea, la Repubblica di Cina e il Giappone “non solo per contenere, ma anche per limitare potenziali ‘alleanze canaglia’ dall’impegnarsi in comportamenti avventuristi che potrebbero entrare in contingenze militari più grandi nel regione o che potrebbe innescare un effetto domino, con i paesi asiatici che cadono nel comunismo”. [3] Dal momento che gli Stati Uniti hanno lottato con la sfida di “alleanze canaglia e la minaccia di cadute del domino combinate per produrre un temuto scenario di intrappolamento per gli Stati Uniti”, [3]la teoria del domino sottolinea ulteriormente l’importanza delle alleanze bilaterali nelle relazioni internazionali. Ciò è evidente nel modo in cui la teoria del domino ha fornito agli Stati Uniti un approccio di coalizione, in cui “ha modellato una serie di alleanze bilaterali profonde e strette” [3] con paesi asiatici tra cui Taiwan, Corea del Sud e Giappone per “controllare la loro capacità di usare la forza e promuovere la dipendenza materiale e politica dagli Stati Uniti”. [3]Quindi, questo indica che la teoria del domino aiuta a osservare l’effetto delle alleanze forgiate come un trampolino di lancio o un ostacolo all’interno delle relazioni internazionali. Ciò sottolinea la correlazione tra teoria del domino e dipendenza dal percorso, in cui un crollo retrospettivo di un paese che cade nel comunismo può non solo avere effetti negativi per altri paesi ma, cosa più importante, sulla propria portata decisionale e competenza nel superare le sfide presenti e future. Pertanto, la teoria del domino è indubbiamente una teoria significativa che si occupa della stretta relazione tra micro-causa e macro-conseguenza, dove suggerisce che tali macro-conseguenze possono avere ripercussioni a lungo termine.

Applicazioni al comunismo al di fuori del sud-est asiatico

Michael Lind ha affermato che sebbene la teoria del domino abbia fallito a livello regionale, c’è stata un’ondata globale, quando i regimi comunisti o socialisti sono saliti al potere in Benin , Etiopia , Guinea-Bissau , Madagascar , Capo Verde , Mozambico , Angola , Afghanistan , Grenada e Nicaraguadurante gli anni ’70. L’interpretazione globale dell’effetto domino si basa fortemente sull’interpretazione “di prestigio” della teoria, il che significa che il successo delle rivoluzioni comuniste in alcuni paesi, sebbene non abbia fornito supporto materiale alle forze rivoluzionarie in altri paesi, ha contribuito al sostegno morale e retorico .In questo senso, il rivoluzionario argentino Che Guevara ha scritto un saggio, il “Messaggio al Tricontinentale”, nel 1967, chiedendo “due, tre … molti Vietnam” in tutto il mondo. [28] Lo storico Max Boot scrisse: “Alla fine degli anni ’70, i nemici dell’America presero il potere in paesi dal Mozambico all’Iran al Nicaragua. Gli ostaggi americani furono sequestrati a bordo della SS Mayaguez (al largo della Cambogia) ea Teheran. L’ esercito sovietico invase l’Afghanistan . Lì non è un collegamento ovvio con la guerra del Vietnam, ma non c’è dubbio che la sconfitta di una superpotenza abbia incoraggiato i nostri nemici a intraprendere atti di aggressione da cui altrimenti avrebbero potuto evitare”. [29]Inoltre, questa teoria può essere ulteriormente rafforzata dall’aumento degli incidenti terroristici da parte di gruppi terroristici di sinistra nell’Europa occidentale, finanziati in parte dai governi comunisti, tra gli anni ’60 e ’80. [30] [31] [32] In Italia, questo include il rapimento e l’assassinio dell’ex primo ministro italiano Aldo Moro , e il rapimento dell’ex generale di brigata statunitense James L. Dozier , da parte delle Brigate Rosse .Nella Germania occidentale, questo include le azioni terroristiche della fazione dell’Armata Rossa . Nell’estremo oriente l’ Armata Rossa giapponese compì atti simili. Tutti e quattro, così come altri, hanno lavorato con vari terroristi arabi e palestinesi, che come le brigate rosse erano appoggiati dal blocco sovietico.

Nelle interviste a Frost/Nixon del 1977 , Richard Nixon difese la destabilizzazione del regime di Salvador Allende da parte degli Stati Uniti in Cile sulla base della teoria del domino. Prendendo in prestito una metafora che aveva sentito, ha affermato che un Cile comunista e Cuba avrebbero creato un “panino rosso” che potrebbe intrappolare l’America Latina tra di loro. [33] Negli anni ’80, la teoria del domino fu nuovamente utilizzata per giustificare gli interventi dell’amministrazione Reagan in Centro America e nella regione dei Caraibi .

Nelle sue memorie, l’ex primo ministro rhodesiano Ian Smith ha descritto la successiva ascesa di governi autoritari di sinistra nell’Africa subsahariana durante la decolonizzazione come “la tattica del domino dei comunisti”. [34] L’istituzione di governi filo-comunisti in Tanzania (1961-1964) e Zambia (1964) e governi esplicitamente marxisti-leninisti in Angola (1975), Mozambico (1975) e infine la stessa Rhodesia (nel 1980) [35] sono citati da Smith come prova dell ‘”insidiosa invasione dell’imperialismo sovietico nel continente”. [36]

Altre applicazioni

La vignetta raffigura il presidente egiziano Hosni Mubarak come il prossimo a cadere dopo che la rivoluzione tunisina ha costretto il presidente Zine El Abidine Ben Ali a fuggire dal paese.

Vignetta politica di Carlos Latuff che applica la teoria del domino alla Primavera araba .

Alcuni analisti di politica estera negli Stati Uniti hanno indicato la potenziale diffusione sia della teocrazia islamica che della democrazia liberale in Medio Oriente come due diverse possibilità per una teoria del domino. Durante la guerra Iran-Iraq, gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali hanno sostenuto l’ Iraq baathista , temendo la diffusione della teocrazia radicale iraniana in tutta la regione. Nell’invasione dell’Iraq del 2003 , alcuni neoconservatori hanno sostenuto che l’attuazione di un governo democratico aiuterebbe a diffondere la democrazia e il liberalismo in tutto il Medio Oriente. Questa è stata definita una “teoria del domino inverso” [37] o una “teoria del domino democratico” [38]così chiamato perché i suoi effetti sono considerati positivi, non negativi, dagli stati democratici occidentali.

LO STATO DELLE COSE DELLA GEOPOLITICA, di Massimo Morigi _ 7a di 11 parti

AVVERTENZA

La seguente è la settima di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi; nella sua settima parte è disponibile la prosecuzione a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.

PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*

*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.

SETTIMA PUNTATA STATO DELLE COS

 

Capitalismo è potere, capitalisti tra i poteri_con Gianfranco La Grassa

Si muove brevemente dalla scadenza elettorale che occuperà il dibattito politico da qui al 25 settembre ed oltre; si passa progressivamente a considerare le logiche che muovono il conflitto politico e le dinamiche di composizione delle formazioni sociali. Il punto di partenza espresso da Gianfranco La Grassa non può prescindere dalla sua formazione teorica iniziale e quindi dalla definizione di Marx delle due caratteristiche essenziali che conformano il capitalismo. Presupposti allo stato, pur nella loro genialità, rivelatesi in parte errati, in parte insufficienti a spiegare la complessità delle dinamiche politiche conflittuali e dei comportamenti dei soggetti politici e dei centri decisori. La Grassa da un ventennio ha avviato con relativo successo un primo tentativo di definire chiavi interpretative più adeguate e cercato di inserire alcuni presupposti ancora validi della teoria marxiana nelle categorie determinanti e prevalenti del ruolo del politico nei vari ambiti delle sfere di attività sociale dell’uomo e nel conflitto determinante dei centri decisori. L’auspicio espresso è che questo sforzo teorico sia finalmente colto in Italia e proseguito da forze nuove e fresche meno vincolate dagli schemi maturati negli ultimi grandiosi e tragici due secoli. Schemi potenti, ma in buona parte fuorvianti rispetto all’effettivo corso degli eventi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1fne8l-capitalismo-potere-capitalisti-tra-i-poteri-con-gianfranco-la-grassa.html

 

 

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