NOTE SU DIPENDENZA DEGLI STATI E GLOBALIZZAZIONE, di Teodoro Klitsche de la Grange

NOTE SU DIPENDENZA DEGLI STATI E GLOBALIZZAZIONE

Indice:

1) Posizione del problema; 2) Dipendenza giuridica e politica; 3) Forme e regolarità politiche; 4) Sovranità e indipendenza: Bodin 5) Transizione di epoche e idee della globalizzazione; 6) Loro inconvenienti; 7)  Fini della politica; 8) Conclusione.

1.0 Il pianeta è diviso tra tanti Stati sovrani, i quali formalmente – ossia sul piano giuridico – sono uguali, ma la cui differenza di potere reale ne riduce – correlativamente – la possibilità di esercitare (parzialmente) prerogative e diritti, in applicazione del detto di Spinoza per cui tantum juris quantum potentiae.

Santi Romano (tra i tanti) scriveva che «essendo la comunità internazionale, di regola, paritaria, nel senso che i suoi membri non dipendono l’uno dall’altro, ciascuno di essi… si dice che ha una sovranità perché non è in una posizione subordinata verso altri soggetti»[1]. Tuttavia, proseguiva, tale regola non è assoluta[2]; ma derogarne è sicuramente un’eccezione[3]. Ed occorre distinguere «l’appartenenza ad un’unione amministrativa o alla Società delle nazioni, tanto meno una semplice alleanza, non significa da per sé perdita della sovranità. Viceversa, gli Stati soggetti a protettorato o alla tutela della Società delle nazioni sono eccezionalmente degli Stati internazionalmente non sovrani, cioè subordinati agli Stati protettori o alla Società medesima, che, rispetto ad essi, sono quindi sovrani». Secondo il giurista siciliano, contrariamente all’opinione di altri «la verità è invece che lo Stato protetto, come quello tutelato, non assume solo obbligazioni singole e determinate, ma entra in un complesso “status subiectionis”, si sottomette ad altri soggetti per una sfera più o meno ampia della sua personalità, e tutto ciò riguarda non la sua libertà nel campo dei rapporti veramente obbligatorii, ma la sua posizione d’indipendenza, la sua sovranità e, come conseguenza, anche la sua capacità».

Effetto della mancanza di sovranità è «la limitazione della capacità internazionale degli Stati protetti o tutelati: limitazione che si ha anche…. verso i terzi, il che conferma (trattarsi)… di una posizione personale»[4].

Tale limitazione di capacità non è incompatibile con la personalità internazionale[5]; come conferma, scrive Santi Romano, la condizione degli Stati vassalli (dell’Impero ottomano).

Diverso era il regime giuridico delle colonie, in particolare perché la presenza dello Stato colonizzatore si estendeva anche all’amministrazione interna e diffusa dei territori coloniali.

Tutte tali classificazioni hanno il connotato comune di essere giuridiche – e non solo politiche – e di tradursi in modificazioni degli ordinamenti (e dei collegamenti tra questi) e della normativa conseguente.

Tuttavia, vi sono altre forme di dipendenza assai note, che rispettano formalmente il carattere sovrano dello Stato dipendente[6].

Così ad esempio all’epoca della Guerra Fredda si parlava di «Stati-satellite» in relazione agli Stati dell’Est europeo a regime comunista, quali nazioni egemonizzate da una grande potenza, ma formalmente sovrane (tale carattere era, di rimando, attribuito da oltre cortina a Stati facenti parte della Nato, come Italia e Germania Ovest). Tenuto conto che il dominio politico della potenza egemone nell’Est europeo era esercitato attraverso «partiti fratelli» (comunisti) più che regolamentato in istituti giuridici (i quali comunque, non mancavano) il termine era adeguato alla realtà politica. Com’era naturale, il crollo del comunismo fu anticipato dalla de-comunistizzazione di alcuni di tali Stati e la regolamentazione giuridica dello stato di «satellite», seguì la fine politica dei partiti comunisti.

Stato-fantoccio è un concetto assai prossimo a quello di Stato-satellite. Per lo più l’espressione è usata per Stati – o regimi politici – che devono la loro esistenza a un soggetto più potente, quasi sempre un altro Stato. Spesso è un modo per esercitare l’occupazione militare: in altri casi, anche se il rapporto di «filiazione» tra Stato fantoccio e sconfitta – occupazione militare è (quasi) una regolarità, lo Stato-fantoccio subentra all’occupazione. Non è detto tuttavia che tale carattere implichi una subordinazione giuridica (anzi in genere non esiste) ma è dovuto a motivi politici e militari. Stati-fantoccio hanno ottenuto spesso anche il riconoscimento non solo delle potenze occupanti (o ex-occupanti) ma anche di Stati terzi.

2.0 La distinzione tra l’una e l’altra categoria di Stati per così dire «a sovranità limitata»  (o a indipendenza relativa) consiste sotto il profilo giuridico, dalla assenza, nel primo caso (protettorati, colonie) di una (completa) capacità internazionale, e sul piano interno dalla presenza di organi di «controllo»            (in effetti di governo o meglio – secondo i casi – di sorveglianza del governo) nominati dallo Stato protettore (ovvero dominante); nella seconda invece la capacità internazionale è piena e l’intromissione nelle attività di governo interne è esercitata (quasi) sempre per influenza politica sull’attività e spesso sulla nomina delle cariche di governo e/o di (alta) rilevanza politica.

Ovviamente in tale ultima classe, vale quanto scriveva Santi Romano per il protettorato (v. sopra): la forma e gli istituti concreti che il dominio politico può assumere non consente di tracciare confini netti; in astratto la differenza degli uni e degli altri è distinguibile agevolmente, in concreto no. Questo soprattutto perché il concetto di dipendenza politica è più ampio e determinante, ovvero è difficile che una dipendenza giuridica non si traduca in politica; nonché – e anche come conseguenza, perché le forme che il dominio assume possono cambiare senza che ne muti la sostanza. L’Egitto moderno ad esempio fu giuridicamente un protettorato della Gran Bretagna solo per pochi anni durante il primo conflitto mondiale, e poi fino al 1922. Ciò non toglie che prima e dopo la Gran Bretagna ne condizionava la politica in modo determinante, di guisa che l’Egitto «indipendente» fu teatro di battaglie tra potenze dell’Asse ed alleati nella seconda guerra mondiale, a quasi vent’anni dalla concessa «indipendenza».

3.0 Le forme (giuridiche) di dipendenza tra gli Stati (o tra Stati ed altri territori) costituiscono un reperto archeologico dopo la fine della seconda guerra mondiale e la decolonizzazione. È difficile trovare un trattato di diritto internazionale, di recente pubblicazione, che li prenda in esame. In qualche modo è comprensibile, atteso che di Stati protetti e di colonie (in senso giuridico, ben s’intende) non risulta che ne esista uno.

Peraltro l’esistenza di unità politiche «dipendenti» si riscontra costantemente nella storia. Lo erano la Giudea, l’Arabia Nabatea, l’Armenia (e altri) ai tempi dell’Impero romano. La Cipro dei Lusignano dipendeva da Venezia, la Transilvania dall’Ungheria nel Medioevo. Le repubbliche rivoluzionarie e poi i regni napoleonici dopo la rivoluzione francese dalla Francia. E così fino alla seconda guerra mondiale (ed oltre).

Tuttavia tale (apparente) assenza – a noi contemporanea – non significa che il rapporto di dominio sia venuto meno. Vale pur sempre la regolarità del politico esposta da Tucidide nel famoso dialogo tra gli ambasciatori ateniesi e i maggiorenti di Melo[7]. Pertanto il dominio (e la differenza tra rapporti di forza che presuppone) si esercita in modo diverso. Ciò per varie ragioni.

In primo luogo perché così viene occultato: non traducendo in istituti giuridici il rapporto di comando-obbedienza, questo è meglio nascosto. Si ubbidisce meglio e con minor resistenza a chi non comanda palesemente e con frastuono di «grida». Inoltre così è attenuata anche la responsabilità: uno Stato sovrano – anche se satellite o fantoccio – è responsabile pienamente dei propri atti (e omissioni), una colonia o un protettorato no (o non pienamente).

4.0 I giuristi, come Santi Romano, pongono il problema in termini giuridici (capacità-personalità); a un pensiero politico realista occorre qualcosa di diverso: più sein che sollen. Si può definire – com’è stato fatto – la sovranità come «competenza sulle competenze»; la si può denotare in un elenco di attività e funzioni (le vraies marques di Bodin); o come decisione sull’idea di diritto che debba valere nella comunità, o semplicemente negandola come fa Kelsen.

Ma, a basarla sul dato reale e concreto, la migliore definizione la si ricava da Sieyés, nelle sue considerazioni sulla Nazione, applicabili alla sovranità «La Nazione esiste prima di ogni cosa, essa è l’origine di tutto. La sua volontà è sempre conforme alla legge, essa è la legge stessa. Prima di essa e al di sopra di essa non c’è che il diritto naturale… una nazione non può né alienare né interdire a se stessa la facoltà di volere; e qualunque sia la sua volontà, non può perdere il diritto di mutarla qualora il suo interesse lo esiga»[8]. È il volere libero, il connotato sostanziale del sovrano.

La stessa impostazione che dava Bodin della sovranità ruota intorno alla volontà del sovrano ed ai suoi limiti, ovvero se sia obbligato dai trattati con gli Stati esteri; o dalla legge; o dalla costituzione; o dal diritto naturale[9].

Bodin si pone anche il problema se possa dirsi sovrano un principe che sia feudatario o tributario e inizia affermando «Abbiamo detto poc’anzi che si può dire sovrano solamente chi non dipende, eccezione fatta per Dio, altro che dalla sua spada. Se uno dipende da altri non è più sovrano»[10].

Nel capitolo successivo, dopo aver dato una soluzione così semplice (sovranità = non dipendenza da altri) Bodin espone quali sono le vraies marques de la souveraineté. E scrive: «Infatti, chi non riterrebbe sovrano colui che possa dettar legge a tutti i suoi sudditi, decidere la guerra e la pace, nominare tutti gli ufficiali e magistrati del paese, levare taglie e affrancare chi meglio creda, dar la grazia a chi abbia meritato la morte? Che altro ancora si può richiedere per considerare sovrano un principe?»[11]; ma subito dopo ritorna sullo stretto rapporto sovranità/indipendenza «come potrebbe essere sovrano chi riconosca la giurisdizione di un superiore il quale possa annullare i suoi giudizi, modificare le sue leggi, castigarlo se commette abusi?»[12] e aggiunge, in sostanza, che il tutto è un principio d’ordine[13].

Anche quando scrive della prima marque (cioè del potere di dare, modificare, abrogare le leggi) specifica «Perciò possiamo concludere che la prima prerogativa sovrana è il potere di dare la legge a tutti in generale e a ciascuno come singolo; ma ancora questo non è sufficiente, se non si aggiunge: “senza il bisogno del consenso di nessuno”. Se il principe dovesse attendere e osservare il consenso di un superiore, non sarebbe che un suddito; se di un uguale, avrebbe un compagno di potere; se dei sudditi, del senato o del popolo, non sarebbe sovrano».

Quando poi scrive di un’altra marque, quella di nominare gli alti magistrati, afferma: «Ma ho parlato di ufficiali più alti o di primi magistrati, perché in realtà non vi è Stato ove non sia permesso ai più alti magistrati e a certi corpi e collegi di eleggere qualche ufficiale minore»[14]; così quando tratta del potere di giudicare in ultima istanza (cioè – anche – di annullare le sentenze) sostiene «Ma, al contrario, quando il principe sovrano lascia il suo suddito o vassallo il potere del diritto di giudizio in ultima istanza, o addirittura delle prerogative sovrane che apparterrebbero a lui, egli fa del suddito un principe sovrano»[15].

Bodin doveva cercare di ricondurre alla propria teoria dello Stato (moderno) proiettata nell’avvenire, istituti e rapporti giuridici esistenti in un’età di transizione tra il vecchio ordine feudale (policratico) e il nuovo ordinamento statale; peraltro, forse perché era un giurista, finiva in qualche misura, anche nel cadere in un eccesso di giuridificazione della sovranità[16].

5.0 La teoria di Bodin elaborata, come scritto, in un’epoca di transizione (Hauriou chiamava epoche le diverse fasi di una civiltà o «era»; così l’epoca medievale o quella del rinascimento[17]), può essere rivisitata per valutare la situazione contemporanea anch’essa di transizione (assai avanzata) tra l’ordine westphaliano e uno futuro di cui si percepiscono i contorni.

All’uopo le maggiori differenze tra il vecchio e nuovo ordine sono:

1) Il carattere della globalizzazione. Ovviamente questa non è nata con la fine dell’ordine di Yalta (o con internet), come spesso creduto. Va avanti almeno dalle gradi «scoperte» dei navigatori europei dell’inizio dell’età moderna. La differenza tra il tempo di Filippo II e Elisabetta I e l’attuale è che, fino a qualche decennio fa la globalizzazione era «gestita» o meglio «regolata» e «limitata» dagli Stati (dalla politica): tutela cui si sta sottraendo (o meglio si è già in notevole misura) sottratta.

Il primato dell’economia nella politica si sviluppa riducendo la capacità ordinatrice della seconda e quindi degli Stati.

2) La diffusione dei soggetti «politici».  Non sono solo partiti e movimenti partigiani, ma anche lobbies e centri di potere economico e finanziario, sette e chiese. Qualcuno potrebbe obiettare: nulla di nuovo. E in effetti una situazione del genere ha più punti di contatto con l’assetto policratico dei feudatari, delle gilde e degli ordini monastico-militari che con l’età moderna.

3) Le ideologie pacifiste e la diffusione di forme di guerra «alternativa». Ossia non violente o comunque a «bassa intensità».

Il lavoro che ne tratta è l’ormai «classico» «Guerra senza limiti» dei colonnelli cinesi Quiao Liang e Wang Xiangsui. Quel che ne consegue è che simili forme di guerra rientrano facilmente nella disponibilità di soggetti non-politici (nel senso sopra precisato). Come scrivono i colonnelli suddetti «Quando la gente comincia ad entusiasmarsi e a gioire proponendo per la riduzione di forze militari come mezzo per la risoluzione dei conflitti, la guerra è destinata a rinascere in altre forme e su di un altro scenario, trasformandosi in uno strumento di enorme potere nelle mani di tutti coloro che ambiscono ad assumere il controllo di altri paesi o aree. In tal senso esistono fondate ragioni per sostenere che l’attacco finanziario di George Soros all’Asia Orientale, l’attacco terroristico di Osama Bin Laden all’ambasciata militare in Sudan, l’attentato chimico alla metropolitana di Tokyo da parte dei discepoli  di Aum Shiri Kyo e i disastri perpetrati ai danni della rete da personaggi come Morris Jr., il cui livello di distruzione non è certo secondario a quello di una guerra, rappresentano una “semi-guerra”, una “quasi-guerra” e una “sotto-guerra”, vale a dire la forma embrionale di un altro genere di guerra»[18].

4) Il potere indiretto. Diversamente dagli imperi europei dell’era moderna dove la potenza colonizzatrice (e dominante) aveva responsabilità per la gestione dei territori soggetti, nel caso delle forme di dominio contemporanee, proprio perché esercitato più con strumenti politici che formalizzate giuridicamente, la responsabilità della potenza (o del potere) egemone non è giuridicamente configurabile. Anche se poi è chiaro che dietro a certi belligeranti e a certe guerre, vi sono potenze che «tirano i fili». Ma è una situazione estremamente comoda quella di uno Stato (o altro soggetto) che esercita un potere senza assumerne la responsabilità. Per questo è molto ricercata e sviluppata in questo tempo di pacifismo imperante (e d’ipocrisia diffusa), anche se non sconosciuta nei secoli passati.

5) Il consenso di terzi nell’esercizio di prerogative sovrane. È questo, come scrive Bodin che de-sovranizza il principe (v. sopra citato rif. nota 11). Nella realtà la dipendenza politica di uno Stato da un altro si è sviluppata, nel corso del XX secolo, in forme diverse, prima sconosciute o comunque meno frequentate.

Tipica è la dipendenza «ideologica» (a partire dalle repubbliche giacobine), dopo la pausa del XIX secolo, è aumentata nel secolo passato; il fattore d’incremento principale è stato il partito (e quindi lo Stato) totale, in effetti anche transnazionale. Com’è evidente nel comunismo «organizzato» prima nel Comintern e poi nel Cominform, ma anche nella diffusione, già nel secondo anteguerra, di partiti fascisti, giunti per lo più al potere nei rispettivi Stati a seguito dell’occupazione militare delle potenze dell’Asse.

La stessa dipendenza economica è incrementata (ideologicamente). Se si reputa ottimale un assetto libero-scambista, questo, in generale è preferibile: ma se si vuole negare che uno Stato abbia il diritto d’imporre limitazioni alla circolazione di merci, servizi e persone, anche nei casi di necessità estrema (eccezione), non lo è. Al contrario: il tutto riduce drasticamente la legittimità del  potere politico, il quale istituito per il conseguimento del bene comune, trova in questo la propria regola di comportamento.

Altri tipi di dipendenza – spesso correlativi alla «permeabilità» degli Stati, si possono sviluppare attraverso il progresso tecnologico: se i due bravi colonnelli sopra citati configurano un atto di guerra con attacchi informatici, il relativo mezzo può essere utilizzato come strumento d’influenza e quindi di dipendenza.

Il potere mediatico può ottenere lo stesso risultato: anche in tal caso la corrispondente forma di guerra, ossia la guerra psicologica può convertirsi, in periodo di pace, in un’influenza/dominio sull’opinione pubblica di un popolo, determinandone scelte e orientamenti.

6) La negazione del nemico. L’aspirazione diffusa alla pace, convertita in «dottrina» dalle ideologie pacifiste che hanno come connotato comune di aver trovato l’elisir per eliminare la lotta (i mezzi sono diversi secondo l’una o l’altra)[19] comporta anche la negazione del nemico; ma la lotta è una condizione generale della politica, e l’ostilità (attuale o potenziale) ne è il corollario (e il presupposto).

La negazione del nemico è l’altra faccia di quella della guerra (convenzionale o meglio, tradizionale): solo assai più radicale. Per cui si crede che evitando la prima venga meno anche il secondo; nella realtà anche mancando quella la competizione per il potere tra diversi gruppi umani rivali continua ad esistere, e a generare altre forme di lotta per il potere: quelle, sopra ricordate, dei «bravi colonnelli» cinesi.

7) Pluralismo e responsabilità. Il pluralismo e le creazioni di aree – per lo più riferibili al diritto privato (quello che Hauriou chiamava droit commun – internazionale per natura) – attraverso Tribunali internazionali, costituiscono altre occasioni appetibili di rendere permeabili gli Stati. Ancor di più quando norme e decisioni internazionali divengono vincolanti attraverso meccanismi appositi, previsti anche per disposizione costituzionale (come l’art. 10 della nostra Costituzione). La responsabilità del sovrano è così dispersa – come il potere – nell’organizzazione policratica e nelle riserve di competenza correlate. Un’esigenza e assetto condivisibile ma che crea delle ghiotte opportunità di influenza.

Nella realtà il diritto, sia che consista in trattati che in decisioni di Corti interne o internazionali, secondo il pensiero politico (e giuridico) classico non poteva prevalere sulla politica e sulla necessità di protezione della comunità che la connota. Vale in generale ciò che diceva Bismarck dei trattati «Nessuna grande nazione potrà essere indotta a sacrificare la propria esistenza sull’altare della fede nei patti».

8) L’economia cosmopolitica e l’economia politica. Scriveva Friedrich List che i primi economisti come «Quesnay, che fece sorgere per primo l’idea della libertà universale del commercio, fu il primo ad allargare le ricerche su tutto il genere umano, senza però tener conto del concetto di nazione»[20].

In realtà List capiva assai bene come tra economia «cosmopolitica» e «politica» il fundamentum distinctionis era proprio l’insopprimibilità della politica come essenza (à la Freund) e come protezione dell’esistenza e conseguimento del bonum commune. Se le idee di Adam Smith sono astrattamente fondate, sono del tutto applicabili solo in un contesto senza guerra e senza volontà di dominio (cioè nel collodiano paese dei balocchi o qualche utopia del genere). Infatti scrive di Smith «Anche se, qua e là, parla della guerra, succede solo di passaggio e assai raramente. Tutti i suoi argomenti si basano sulla pace eterna…Evidentemente Adam Smith ha concepito la pace come pace eterna al modo dell’abate di St. Pierre». E lo stesso J. B. Say, il quale «chiede esplicitamente, per poter concepire l’idea della libertà di commercio, che si ammetta l’esistenza di una Repubblica Universale»[21]; e che se avesse scritto di economia politica (e non cosmopolitica) «difficilmente avrebbe potuto fare a meno di partire dal concetto e dalla natura della nazione e di dimostrare quali cambiamenti essenziali l’economia del genere umano deve subire per il solo fatto che il genere umano è suddiviso in nazionalità distinte, formanti un fascio di forze e di interessi, e poste, nella loro libertà naturale, di fronte ad altre società simili a loro»[22].

E List sostiene che «Tutti gli scrittori teorici hanno ripetuto questo errore. Anche Sismondi chiama l’economia politica “la science qui se charge du bonheur de l’espèce humaine”». Differente è la politica. Questa ha il compito di proteggere l’esistenza (particolare) di una comunità umana e come conseguire il bene comune della stessa[23].

Ed è perciò concettualmente e (spesso) oggettivamente contrapposta al principio cosmopolitico. List ricorda che Thomas Cooper «nega perfino l’esistenza della nazionalità. Egli chiama la nazione “una invenzione grammaticale fatta solo per evitare perifrasi, una cosa inesistente (a non entity) che esiste solo nelle teste degli uomini politici”»[24] affermazione che l’economista tedesco considera coerente «perché è chiaro che se si ammette l’esistenza della nazione, con la sua natura ed i suoi interessi, si presenta anche la necessità di modificare l’economia della società umana in relazione a questi interessi speciali»[25].

E proseguiva insistendo sugli inconvenienti, per l’economia di una nazione, che possono derivare dal differente grado di sviluppo con le altre; onde per beneficiare realmente di un sistema di libero scambio internazionale occorre che le comunità nazionali raggiungano «un uguale grado di civiltà, di formazione politica e di potenza»[26]; per cui «Perché la libertà di commercio possa agire liberamente e naturalmente, occorre prima di tutto che i popoli meno progrediti vengano portati, mediante interventi  di vario genere, allo stesso livello di sviluppo al quale è pervenuta l’Inghilterra»[27].

List, che è considerato spesso un avversario del laissez-faire, appare più esattamente come un realista difensore delle insopprimibili esigenze e presupposti della politica (e del politico).

9) I diritti umani. Che dei diritti umani e delle loro violazioni si sia fatto un uso improprio (per l’intervento negli affari – un tempo interni – degli Stati sovrani) è cosa spesso affermata e nota. Già Hobson stigmatizzava l’analogo uso, da parte della Gran Bretagna nel XIX secolo dell’affermazione che «la nostra politica imperiale e coloniale è animata dalla volontà di diffondere in tutto il mondo le arti del libero autogoverno di cui godiamo in patria» e la contestava affermando che «alla vasta maggioranza dei popoli del nostro impero noi non abbiamo attribuito alcun vero potere di autogoverno, né abbiamo alcuna seria intenzione di farlo, né d’altra parte crediamo seriamente che sia possibile farlo» dato che «dei trecentosessantasette milioni di sudditi che vivono fuori dalle isole britanniche, non più di undici milioni, ossia uno su trentaquattro, hanno una qualche forma di autogoverno per quanto riguarda la legislazione e l’amministrazione»[28] e che «da quando le prime luci del nuovo imperialismo negli anni settanta hanno dato piena coscienza politica all’impero, è divenuto un vero luogo comune del pensiero liberale sostenere che la missione imperiale dell’Inghilterra è quella di diffondere l’arte del libero governo»[29].

Un giudizio simile mutatis mutandis, merita l’uso strumentale dei diritti umani.

  1. Le idee sopra elencate sono le principali giustificazioni ideologiche di una globalizzazione che cerca di eliminare (o ridurre) i limiti che la politica e gli Stati possono porle.

In effetti le controindicazioni che una situazione del genere possa provocare sono già indicate nel pensiero politico (ed economico) di cui gli autori sopra ricordati costituiscono una (quantitativamente) piccola parte.

Il primo di tali inconvenienti è che l’ordine mondiale globalizzato non si pone – o non lo fa adeguatamente – il presupposto e la conseguenza che si accompagnano a quello: ossia il potere e la responsabilità.

Maurice Hauriou sosteneva che «il potere è una libera energia della volontà che si fa carico d’intraprendere il governo di un gruppo umano attraverso l’ordine ed il diritto»[30]. In tale definizione, proseguiva, vi sono tre elementi essenziali: 1) che il potere è una libera energia della volontà; 2) che il potere è un imprenditore di governo; 3) e che lo fa con la creazione dell’ordine e del diritto. Nelle concezioni globalizzatrici, a parte il richiamo all’idea d’impero, d’altra parte non meglio precisata, questa è soprattutto di assai dubbia praticabilità. Infatti in primo luogo si pone il problema di chi è lo Stato imperiale. Forse gli USA? E allora perché, malgrado guerre umanitarie e interventi di peace-keeping, non riescono a «normalizzare» i popoli (e gli Stati) occupati dalla NATO (o da coalizioni di Stati membri della NATO)[31]. E Cina e Russia che fanno?

Per cui l’idea d’impero – data la scarsa probabilità che la «testa» ne siano gli USA, diventa evanescente, ma più realistica. Così nel notissimo saggio di A. Negri e M. Handt, «Impero» in cui la forma di governo dell’Impero è una galassia formata da organizzazioni di Stati, Banca             mondiale, clubs vari e multinazionali[32]. È chiaro che un sistema siffatto, in effetti policratico, è «governabile» solo a prezzo di guerre, talvolta «tradizionali» (anche se mascherate da «operazioni di polizia internazionale»), più spesso asimmetriche (nel senso dei colonnelli cinesi più volte ricordati): a regolarlo sono assai più i rapporti di forza che il diritto.

Per cui come un governo siffatto possa garantire un’impresa di governo attraverso l’ordine e il diritto è difficile da immaginare. Di fatto non c’è un governo nel senso di un centro di riferimento in fatto e in diritto irresistibile; non c’è neppure una volontà, che richiede di essere personale (o pluripersonale) di un organo deputato a decidere (parlamento, consiglio dei ministri, Capo dello Stato), ma solo procedure informali riconducibili ad accordi, evidentemente fondati sui rapporti di forza; non c’è neanche un ordine, intesto nel senso di ordine sotto un’autorità (e una gerarchia) riconosciuta[33]; ne è configurabile un diritto – almeno completamente – perché questo va comunque distinto – come scriveva Hauriou – in droit disciplinaire (quello emanato dall’istituzione e basato sul rapporto di comando-obbedienza) e droit commun (quello fondato sulla socievolezza umana e quindi internationale)[34]. E il droit disciplinaire qui  manca (il che non significa che non vi sia il rapporto comando-obbedienza).

  1. Scrive Freund peraltro che il bene comune – scopo dell’azione politica – si distingue, secondo il presupposto dell’amico/nemico (e del comando/obbedienza) nei due aspetti della sicurezza esterna e della concordia interna. Ma, in una società globalizzata la prima ha un senso depotenziato, almeno se la globalizzazione è intesa, come generalmente ritenuto, quale percorso per eliminare guerra e ostilità. Una volta che si fantastica di toglierle di mezzo, il problema (si immagina) è risolto. Quindi niente Stati (in senso westphaliano) né «politica» in un mondo globalizzato.

Quanto alla concordia interna, fondata più sul presupposto del comando-obbedienza, che su quello dell’amico-nemico, questo appare un obiettivo ancor più difficile da conseguire per un potere globalizzatore. Alla base di quella c’è il romano idem sentire de re publica, cioè la condivisione in un gruppo umano della fiducia in istituzioni, valori, interessi nonché la consapevolezza di una comune appartenenza (per lingua, tradizione, religione). Ovviamente tutti tali elementi determinano la particolarità e la specificità del gruppo politico, come tale già contrapposto ad un potere che si pretende universale[35].

Peraltro, nel processo di formazione delle unità politiche è l’idem sentire, o per dirla alla Payne, il common sense comunitario che favorisce e determina il costituirsi dell’unità politica e non viceversa (o per lo meno è questo il percorso normale e maggiormente praticato).

Questo in una società planetaria manca o è carente e inidoneo a costituire una base di consenso e condivisione a un potere universale, mentre fondamentalisti, nazionalisti, gruppi etnici (e così via) tuttora hanno la capacità di costituire sintesi politiche. Finché le identità delle varie comunità saranno così diverse è bizzarro pensare che, nella modestia di un sentire comune «universalista» si possa costituire (qualcosa che somigli a) una unità politica.

In Europa le ultime costituite, cioè Italia e Germania, a parte i fattori unificanti (lingua, territorio, «razza», consuetudini, e per l’Italia la religione cattolica), hanno richiesto un’opera di convinzione dello spirito pubblico durata oltre mezzo secolo (almeno: dall’età napoleonica a oltre metà dell’800); e comunque diverse guerre. Pretendere di costruirne anche solo un surrogato a tavolino e con la collaborazione di banche e burocrazie è frutto di aspirazioni scambiate per realtà possibili.

  1. Senza le condizioni possibili per realizzare l’unità politica, come può fondarsi un ordine internazionale «globalizzato»?

Machiavelli nel Principe scriveva che «Dovete adunque sapere come e’ sono dua generazioni di combattere: l’uno, con le legge; l’altro, con la forza. Quel primo è proprio dello uomo; quel secondo, delle bestie. Ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo: pertanto ad uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e lo uomo»[36]. Tale passo è stato interpretato in più modi e d’altra parte il pensiero denso e la scrittura efficace e concisa del Segretario fiorentino esprimono spesso meno parole che giudizi: uno dei quali è quello, ripreso secoli dopo da de Maistre che dove non c’è sentenza c’è lotta. Istituzioni (politiche) leggi, sentenze e ciò che presuppongono (cioè consenso, idem sentire, tradizione e così via) sono sistemi per produrre ordine e decisioni alternativi alla lotta. Giudizio che anche nei tempi presenti appare confermato. Dopo la caduta dell’ordine di Yalta – che era un ordine di sistemi politici «regionali» (occidente, comunismo, e – al massimo – «terzo mondo») le guerre convenzionali e «innovative» appaiono aumentate, ed estese a regioni del pianeta prima risparmiate, come l’Europa orientale, il Caucaso e parte del Medio Oriente. Dei soggetti «guerreggianti» oltre agli Stati e ai movimenti di liberazione nazionale, abbiamo un po’ di tutto.

D’altra parte la stessa invocazione alla «pace» e alla riduzione degli armamenti appare diventata uno strumento di guerra. Se la deterrenza della guerra consiste nel fatto che i contendenti possono arrecarsi danno reciproco, il limitare giuridicamente la possibilità di reazione è il tentativo di usare del diritto per impedire – nella maggior parte dei casi – la resistenza alla forza, e così cristallizzare i rapporti di potere, mantenendone le ineguaglianze.

Il che è soprattutto temibile nel caso di guerre condotte con mezzi non violenti, come quelle descritte dai «bravi colonnelli». Il tutto finisce col somigliare ad una rivisitazione attualizzata alla situazione contemporanea dei Trattati ineguali tra potenze europee ed asiatiche dell’800.

Con in più due caratteri specifici: che – per lo più, ciò serve a ridurre i rischi dell’aggressore, il quale, se sa di non dover subire una reazione violenta, può tranquillamente esercitare l’azione non violenta. E la seconda, usuale, che il tutto più che nei trattati è sancito attraverso la persuasione dell’opinione pubblica. La pace (intesa come non-violenza) è così mezzo di dominio.

Che «forza» e «legge» siano modi di combattere, come scrive Machiavelli, ossia d’imporre la propria volontà, è spesso dimenticato; così del pari, è – anche se in misura minore – trascurato che forza e legge sono anche modi di governare, non (totalmente) alternativi, ma piuttosto complementari. La «legge» senza forza è inutile: la forza senza legge è arbitrio violento.

Nella realtà occorrono entrambi. Se la combinazione di forza e regola è la normalità del governo dei gruppi umani, così come il potere responsabile è l’ordinatore ideale, quello che si profila nel mondo globalizzato appare tra i meno preferibili. Perché si risolve nell’affidare prevalentemente alla forza e all’astuzia (del potere esistente) il massimo della potenza disponibile senza la prospettiva che possa riuscire a creare un ordine che sia veramente tale.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

 

[1] V. Corso di diritto internazionale, Padova 1933, p. 115.

[2] V. «poiché la regola dell’indipendenza internazionale dei soggetti, non è assoluta, ma ha delle eccezioni, ne viene che un soggetto può assumere una posizione di superiorità verso un altro, in base allo stesso diritto internazionale, e quindi si possono avere degli Stati che sono titolari di una potestà sovrana di mero diritto internazionale su Stati che, per la loro posizione sempre internazionale, sono subordinati ai primi e per ciò non sovrani. Così, p. es., nel protettorato» op. loc. cit.

[3] V. «Come si è visto, che un soggetto sia per diritto internazionale sovrano rispetto ad un altro non sovrano, nel senso che su questo eserciti una potestà, non è la regola, ma l’eccezione» op. cit.

[4] Op.cit., p. 117; e conclude «data la grande varietà che il protettorato può assumere, è difficile formulare principii generali, ma si può affermare che essi implicano sempre una limitazione della capacità di diritto e inoltre la perdita in taluni casi, o la diminuzione in altri, della capacità di agire».

[5] Op. cit., p. 118

[6] Anche giuridicamente, ma solo fino a un certo punto. Diversamente dallo «status» dei protettorati, le limitazioni vi sono, ma a parte la minore entità, non si traducono in una condizione stabile e regolata da dipendenza, ma a modifiche secondarie, ma talvolta significative, dei diritti degli stessi. Così le collaborazioni tra amministrazioni civili e militari.

[7] «Le nostre opinioni sugli Dei, la nostra sicura scienza degli uomini ci insegnano che da sempre, per invincibile impulso naturale, ove essi, uomini o Dei, sono più forti, dominano» v. La guerra del Peloponneso trad. it. di P. Sgroj V, 105/110.

[8] Qu’est-ce le tiérs État trad. it. di G. Troisi Spagnoli, in Opere Tomo I, Milano 1993, pp. 255-257.

[9] Scrive Bodin «Se dunque il principe sovrano è per legge esente dalle leggi dei predecessori, ancor meno egli sarà obbligato a osservare le leggi e le ordinanze fatte da lui stesso: si può ben ricevere la legge da altri, ma non è possibile comandare a se stesso, così come non ci si può imporre da sé una cosa che dipende dalla propria volontà, come dice la legge: nulla obligatio consistere potest, quae a voluntate promittentis statum capit; ragione necessaria, che dimostra in maniera evidente come il re non possa essere soggetto alle leggi» Six livres de la République, trad. it. di M. Isnardi Parenti, Torino 1988, p. 360.

[10] Op. cit., p. 407 (il corsivo è nostro).

[11] Op. cit., p. 480.

[12] Op. cit., p. 481.

[13] «E in breve abbiamo dimostrato le assurdità intollerabili che conseguirebbero se i vassalli fossero sovrani, anche nel caso che non abbiano nulla che non dipenda da altri; e che cosa avverrebbe se si considerassero uguali il padrone e il servitore, il signore e il suddito, chi presta giuramento di fedeltà e chi lo riceve, chi comanda e chi è obbligato all’obbedienza» (il corsivo è nostro) op. loc. cit.

[14] Op. cit., p. 503.

[15] Op. cit., p. 511 (il corsivo è nostro).

[16] V. J. Freund secondo cui «i giuristi, seguiti da certi filosofi della politica, hanno cercato di spogliare della sovranità il comando. E Bodin è in parte responsabile di questa opera» L’essence du politique, Paris 1965, p. 117.

[17] V. La science sociale traditionnelle, rist. in Ecrits sociologiques, Dalloz, Paris 2008, p. 233 ss.

[18] Guerra senza limiti, L.E.G., Gorizia 2001, p. 39 e i colonnelli aggiungono «Comunque si scelga di definirla, questa nuova realtà non può renderci più ottimisti che in passato. Ciò perché la riduzione delle funzioni della guerra in senso stretto non implica affatto che quella guerra abbia cessato di esistere. Anche nella cosiddetta era postmoderna e post-industriale la guerra non sarà mai eliminata del tutto. E’ solo tornata a invadere la società in modi più complessi, più estesi, più nascosti e sottili», op. loc. cit. (il corsivo è nostro).

[19] V. Sul pacifismo e sulla pace le considerazioni di Freund, op. cit., pp. 620 ss; v. A. Salvatore, Il pacifismo, Roma 2010. In genere sull’incompatibilità tra sovranità dei popoli e globalizzazione v. l’attento studio di Alain de Benoist, Oltre la sovranità, Arianna Editrice, Bologna 2012, in particolare pp. 97-106.

[20] Das nationale system der Politischen Ökonomie, trad. it. Di H. Avi e P. Tinti Milano 1972, p.149 (il corsivo è nostro); e prosegue «Quesnay tratta evidentemente dell’economia cosmopolitica, cioè di quella scienza che insegna come tutto il genere umano può raggiungere il benessere, mentre per contro l’economia politica ed altre scienze si limitano ad insegnare come solo una data nazione possa raggiungere il benessere, la civiltà e la potenza, nelle condizioni mondiali date e per mezzo della sua agricoltura, industria e commercio. Adamo Smith diede alla sua dottrina la medesima estensione, ponendosi il compito di giustificare l’idea cosmopolitica dell’assoluta libertà del commercio mondiale… Adamo Smith non si pose il compito di trattare dell’oggetto dell’economia politica, vale a dire della politica che ogni paese deve seguire per fare dei progressi nelle sue condizioni economiche. Egli intitola la sua opera: Della natura e delle cause della ricchezza delle nazioni, cioè di tutte le nazioni delle quale si compone il genere umano. In una parte speciale della sua opera egli parla dei diversi sistemi dell’economia politica, ma solo con l’intenzione di dimostrare la loro vanità e per provare che al posto dell’economia politica o nazionale deve subentrare l’economia universale».

[21] E prosegue «Quei principi, però, che riguardano gli interessi di nazioni intere come tali ed in rapporto alle altre nazioni, formano invece l’economia pubblica (économie publique). Mentre l’economia politica tratta gli interessi di tutte le nazioni, di tutta la società umana in generale», op.cit., p. 50 (i corsivi sono nostri).

[22] Op. loc. cit. (il corsivo è nostro).

[23] Come scrive Freund: «qual è il bene specifico dell’attività politica… come Hobbes non cessa di ripetere il bene comune dello Stato e quello del popolo che formano insieme una collettività politica. In effetti se gli uomini continuano a vivere in collettività politiche, è perché vi trovano un interesse. Ci sono forti probabilità che se la natura umana non trovasse alcuna soddisfazione (bien) in tale genere di vita nessuna unità politica potrebbe essere stabile e durevole», v. Qu’est ce-que la politique, Paris 1965,p. 38.

[24] Op. cit., p. 151.

[25] Op. loc. cit..

[26] Op. cit., p. 155.

[27] Op. cit., p. 159.

[28] V. Imperialism. A study, trad. it., di L. Meldolesi, Milano 1974, p. 102.

[29] Op. cit., p. 105.

[30] Précis de droit constitutionnel, Sirey, Paris 1929, p. 14.

[31] Volutamente ho rispolverato il termine di «normalizzazione» di bresneviana memoria, perché, malgrado tutto, l’intervento del 1968 in Cecoslovacchia del patto di Varsavia (cioè di un vero impero regionale) riuscì a ricondurre all’«obbedienza» una nazione riottosa, senza che ciò degenerasse in guerre civili o partigiane: fu un intervento di successo, come, in passato, molti del XIX secolo. Che poi il comunismo sia imploso è un fatto che trascende la dimensione politica e strategica dell’ordine nell’impero sovietico: il crollo del comunismo è dovuto all’incompatibilità del sistema con i presupposti del politico e, più in generale, con le innate tendenze dell’uomo.

[32] Il carattere informale e non strutturato del potere globalizzatore è stato notato da molti. Tra i quali ricordiamo F. Cardini, La Globalizzazione, Rimini 2004; G. Ferrara, Derubati di sovranità, Vicenza 2014.

[33] Che è poi il senso agostiniano di ordine e di pace «la pace della città è l’ordinata concordia dei suoi cittadini nel comandare e nell’obbedire; la pace della città celeste è la più perfetta e armoniosa concordia nel gioire di Dio e nel godere vicendevolmente in Dio; la pace di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine. E l’ordine è la disposizione degli esseri uguali e disuguali che assegna a ciascuno il posto che gli conviene» v. De civitate Dei, trad. it., Roma 1979, p. 1161.

[34] V. M. Hauriou, op. cit., p. 97 ss.

[35] Come scrive M. Veneziani Comunitari o liberali, Laterza, Bari 2006,p. 105 «Da una parte la globalizzazione congiunta all’internazionalismo porta a superare i confini territoriali; ma può esistere una comunità illimitata, che coincide alla fine con l’umanità? Puoò esistere cioè una comunità che non riconosce tratti specifici, provenienze condivise, tradizioni comuni ma solo la comune appartenenza al genere umano? Più giusto in questo caso è parlare di cosmopolitismo e non di democrazia comunitaria»; il che pone il problema del politico e della sua pretesa estinguibilità.

[36] Principe XVIII (il corsivo è nostro).

Cosa succederà dopo il ritiro degli Stati Uniti dal centro logistico polacco di Rzeszow per l’Ucraina?_di Andrew Korybko

Cosa succederà dopo il ritiro degli Stati Uniti dal centro logistico polacco di Rzeszow per l’Ucraina?

Andrew Korybko9 aprile
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Ciò dovrebbe simboleggiare la riduzione degli aiuti militari americani a Kiev, non rappresentare il primo passo verso un ritiro completo dalla Polonia o dall’Europa centrale e orientale nel suo complesso.

Il Pentagono ha annunciato lunedì che le forze statunitensi si ritireranno dal centro logistico polacco di Rzeszow per l’Ucraina e si riposizioneranno altrove nel Paese, secondo un piano (finora non reso noto). Il giorno dopo, NBC News ha riportato che Trump potrebbe presto ritirare metà dei 20.000 soldati statunitensi che Biden ha inviato in Europa centrale e orientale (CEE) dal 2022. Secondo le loro fonti, la maggior parte verrà ritirata da Polonia e Romania, i due Paesi più grandi sul fianco orientale della NATO.

Il presidente polacco , il primo ministro e il ministro della Difesa si sono affrettati a dichiarare che il riposizionamento di lunedì non equivale né presagisce un ritiro delle forze statunitensi dalla Polonia, ma le speculazioni continuano a circolare sui piani di Trump considerando il nascente Russo – USA ” Nuovo Distensione ”. Alla fine del 2021, Putin ha chiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie forze dall’Europa centro-orientale, in modo da ripristinare il rispetto da parte di Washington del NATO-Russia Founding Act del 1997, le cui numerose violazioni hanno aggravato il dilemma di sicurezza russo-statunitense.

Il rifiuto di Biden di discuterne ha contribuito a rendere definitiva l’ultima fase della ormai decennale Il conflitto ucraino è inevitabile convincendo Putin che quello che presto sarebbe stato conosciuto come lo speciale L’operazione era l’unico modo per ripristinare il sempre più sbilanciato equilibrio strategico tra Russia e Stati Uniti. A differenza di Biden, Trump sembra aperto ad accogliere almeno parzialmente la richiesta di Putin, che potrebbe diventare uno dei numerosi compromessi pragmatici che stanno negoziando per normalizzare i rapporti e porre fine alla guerra per procura.

A fine febbraio si è valutato che ” è improbabile che Trump ritiri tutte le truppe statunitensi dall’Europa centrale o abbandoni l’Articolo 5 della NATO “, ma probabilmente ne ritirerà alcune per ridistribuirle in Asia, al fine di contenere più efficacemente la Cina nell’ambito del piano di riorganizzazione orientale della sua amministrazione. Attualmente ci sono circa 10.000 soldati statunitensi in Polonia, rispetto ai circa 4.500 prima dell’operazione speciale, quindi alcuni potrebbero ipoteticamente essere tagliati, ma comunque lasciare la Polonia in numero maggiore rispetto a prima del 2022.

Il presidente conservatore uscente della Polonia vuole il maggior numero possibile di truppe statunitensi, incluso il dispiegamento di alcune dalla Germania , mentre il Primo Ministro liberale in carica sta valutando la possibilità di affidarsi alla Francia per bilanciare gli Stati Uniti o di virare direttamente verso la prima opzione. L’esito delle elezioni presidenziali del mese prossimo giocherà un ruolo fondamentale nel determinare la politica polacca in questo senso e potrebbe essere influenzato dalla percezione (corretta o meno) di un abbandono della Polonia da parte degli Stati Uniti.

Qualsiasi riduzione delle truppe statunitensi in Polonia o la convinzione dell’opinione pubblica che ciò sia inevitabile potrebbe giocare a favore del candidato liberale filo-europeo, mentre una conferma esplicita dell’impegno degli Stati Uniti a mantenere – per non parlare di ampliare – il livello attuale potrebbe aiutare i candidati conservatori e populisti filo-americani. Anche se il prossimo presidente della Polonia fosse un liberale, tuttavia, gli Stati Uniti potrebbero ancora contare sul Paese come baluardo regionale di influenza militare e politica, se l’amministrazione Trump giocasse bene le sue carte.

Affinché ciò accada, gli Stati Uniti dovrebbero mantenere un numero di truppe superiore a quello presente prima del 2022, anche in caso di ritiro di alcune truppe, garantire che questo livello rimanga superiore a quello di qualsiasi altro Paese dell’Europa centro-orientale e trasferire alcune tecnologie militari per la produzione congiunta. Il primo imperativo rassicurerebbe psicologicamente la popolazione politicamente russofoba sul fatto che non verrà abbandonata, il secondo è legato al prestigio regionale e il terzo manterrebbe l’Europa centro-orientale all’interno dell’ecosistema militare-industriale statunitense , in un contesto di concorrenza europea .

Questo potrebbe essere sufficiente per contrastare i possibili piani dei liberali di virare verso la Francia a scapito dell’influenza degli Stati Uniti o per mantenere la posizione predominante degli Stati Uniti in Polonia, se un presidente liberale collaborasse con un Primo Ministro di idee simili per fare affidamento sulla Francia per bilanciare un po’ gli Stati Uniti. Anche se l’amministrazione Trump perdesse questa opportunità per mancanza di visione o se un governo pienamente liberale in Polonia attaccasse gli Stati Uniti per ragioni ideologiche, non ci si aspetta che gli Stati Uniti abbandonino completamente la Polonia.

La stragrande maggioranza dell’equipaggiamento militare polacco è americano, il che porterà quantomeno alla fornitura continua di pezzi di ricambio e probabilmente getterà le basi per ulteriori scambi di armi . Le forze statunitensi sono attualmente dislocate in quasi una dozzina di basi in tutto il paese, e il ruolo consultivo che alcune svolgono contribuisce a plasmare la prospettiva, le strategie e le tattiche della Polonia durante il suo continuo rafforzamento militare. Non c’è quindi motivo per cui gli Stati Uniti dovrebbero cedere volontariamente tale influenza su quella che oggi è la terza più grande forza militare della NATO .

Pertanto, lo scenario più radicale di una svolta polacca a guida liberale a pieno titolo verso la Francia sarebbe limitato dall’impraticabilità di sostituire le attrezzature militari americane con quelle francesi in tempi brevi, con il limite massimo a cui ciò potrebbe portare: ospitare caccia Rafale dotati di equipaggiamento nucleare. La Polonia potrebbe anche invitare alcune truppe francesi nel paese, anche a scopo consultivo, e magari anche firmare qualche accordo per la fornitura di armi. Non chiederà, tuttavia, alle forze statunitensi di andarsene, poiché desidera preservarne il potenziale di intrappolamento.

Considerando l’interazione di questi interessi, si può concludere che il ritiro degli Stati Uniti dalla base logistica polacca di Rzeszow per l’Ucraina intende simboleggiare la riduzione degli aiuti militari americani a Kiev, non rappresentare il primo passo verso un ritiro completo dalla Polonia o dall’Europa centro-orientale nel suo complesso. Sebbene alcune riduzioni regionali delle truppe statunitensi siano possibili come uno dei diversi compromessi pragmatici che Trump potrebbe concordare con Putin per normalizzare i rapporti e porre fine alla guerra per procura, non è previsto un ritiro completo.

Le politiche ferocemente filo-israeliane di Orbán mettono in un dilemma molti esponenti dei media alternativi

Andrew Korybko9 aprile
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Vivono una dissonanza cognitiva perché lui è sia sionista che pragmatico nei confronti della Russia.

Il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán ha annunciato che il suo Paese si ritirerà dalla Corte Penale Internazionale (CPI) in segno di protesta contro il mandato di arresto emesso nei confronti del suo omologo israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu, accusato di crimini di guerra. Questo ha coinciso con l’accoglienza di Bibi da parte di Orbán a Budapest. Entrambe le decisioni sono state audaci, considerando l’alta considerazione che i suoi colleghi europei attribuiscono alla CPI e la scarsa considerazione che molti di loro attribuiscono a Bibi. Gli atteggiamenti non occidentali nei confronti di Bibi sono simili, ma più contrastanti, quando si tratta della CPI.

Orbán era già la pecora nera dell’Europa a causa della sua costante difesa della pace in Ucraina e delle critiche al bellicismo dell’UE contro la Russia, la cui posizione generale era responsabile del fatto che molti non occidentali nutrissero un’opinione positiva su di lui. Potrebbero tuttavia iniziare a inasprirsi nei suoi confronti, poiché anche l’opinione pubblica non occidentale sostiene fermamente la Palestina e quindi nutre un’opinione molto negativa su Bibi. Alcuni influencer e media alternativi potrebbero persino capovolgere la situazione e condannare Orbán come “sionista”.

Qui risiede un punto importante da sottolineare riguardo al gruppo estremamente eterogeneo di persone che si affida a fonti di informazione non mainstream per orientarsi e contribuire alle discussioni all’interno di questa comunità. Molti tendono a valutare tutto in un sistema a somma zero, per cui leader, gruppi e Paesi sono considerati buoni o cattivi, senza vie di mezzo. Questa mancanza di sfumature e l’incapacità di cogliere la complessità delle Relazioni Internazionali rendono la maggior parte dei loro prodotti informativi una forma di attivismo politico anziché una vera e propria analisi.

Nel caso di Orbán, qualcuno potrebbe presto buttare via il bambino con l’acqua sporca, attaccandolo ferocemente per le sue politiche ferocemente filo-israeliane , rischiando di screditare le sue politiche pragmatiche nei confronti della Russia, per le quali molti lo avevano finora elogiato. Dopotutto, una volta che qualcuno viene etichettato come “sionista” da membri influenti della Alt-Media Community (AMC), diventa tossico per molti associarsi con lui e coloro che non si uniscono a lui, per non parlare del fatto che continuano a elogiarlo, rischiano di essere “cancellati”.

Orban può essere oggettivamente descritto come sionista poiché sostiene lo Stato di Israele come patria ebraica ( solo Piace Putin ), ma il termine è stato strumentalizzato dall’AMC per demonizzare qualcuno. I sostenitori di questa visione non possono accettare che un leader, un gruppo o un paese etichettato come “sionista” possa anche fare qualcosa che considerano giusto. L’accoglienza di Bibi da parte di Orbán e il suo ritiro dalla CPI per protestare contro il mandato di cattura emesso nei suoi confronti li pongono quindi in un dilemma alla luce delle sue politiche pragmatiche nei confronti della Russia.

Alcuni membri dell’AMC condividono l’opinione della Russia e di altri importanti Paesi sull’illegittimità della CPI, quindi non sono mai passati dalla condanna di quell’organismo quando ha emesso un mandato d’arresto per Putin all’inizio del 2023 all’elogio dopo averne emesso uno per Bibi. Quasi tutti, tuttavia, sostengono fermamente la Palestina, quindi sono inclini a condannare Orbán per aver almeno ospitato Bibi e forse anche per essersi ritirato dalla CPI, sia perché sostengono la CPI, sia perché lo ha fatto in solidarietà con Israele.

L’AMC dovrebbe pensarci due volte prima di demolire lo stesso uomo che molti di loro hanno in precedenza costruito. Per quanto siano appassionati della Palestina, “cancellare” Orbán in quanto sionista screditerebbe anche, per associazione, le sue politiche pragmatiche nei confronti della Russia, per le quali molti di loro nutrono altrettanta passione. Dovrebbero quindi accettare che essere sionisti non squalifica qualcuno dall’essere pragmatici nei confronti della Russia e poi iniziare finalmente ad affrontare l’annoso problema della “cultura della cancellazione” dell’AMC.

Qualsiasi alleanza ungherese-serba avrebbe dei limiti molto concreti

Andrew Korybko7 aprile
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L’Ungheria non scenderà in guerra contro la Croazia a sostegno della Serbia, abbandonando di fatto la NATO con tutte le conseguenze a cascata che ciò comporterebbe, tra cui una possibile invasione della NATO.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha attirato l’attenzione regionale elogiando la roadmap militare recentemente firmata dal suo Paese con l’Ungheria, definendola “un passo più vicino a un’alleanza serbo-ungherese”. Il contesto immediato riguarda la dichiarazione di difesa congiunta di metà marzo tra Croazia, Albania e Kosovo. Tutti e tre hanno una storia recente di conflitto con la Serbia, Belgrado rivendica ancora quella che considera la sua Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija, occupata dalla NATO, e c’è una nuova ondata di incertezza in Bosnia.

La creazione di fatto di un’alleanza croato-albanese/”kosovara”, i recenti problemi in Bosnia e l’intenzione di Vučić di creare un’alleanza ungherese-serba hanno quindi sollevato preoccupazioni sul fatto che queste due alleanze possano entrare in guerra tra loro per il Kosovo e/o la Bosnia. Ognuna di esse conta anche membri della NATO, Croazia e Albania nella prima e Ungheria nella seconda, correndo così il rischio di una crisi intra-blocco ben peggiore di quella greco-turca del 1974 per Cipro, se questo scenario si concretizzasse.

Potrebbe non esserlo, tuttavia, o almeno non nel senso di una guerra tra questi due gruppi di paesi. Sebbene sia del tutto possibile che la Croazia sfrutti una crisi nelle relazioni serbo-albanesi/”kosovare” per attuare un’azione militare coordinata a sostegno dei suoi connazionali in Bosnia, o che sfrutti una crisi croato-bosniaca per attuare un’azione militare coordinata contro la Serbia, è improbabile che l’Ungheria intervenga. Questo perché non ha interessi di sicurezza nazionale urgenti in gioco che giustifichino i costi incalcolabili.

Il Primo Ministro Viktor Orbán è un pragmatico consumato che dà priorità alla sua concezione degli interessi nazionali, così come li intende sinceramente. Lo scenario peggiore che potrebbe aspettarsi da un altro conflitto regionale sul Kosovo e/o sulla Bosnia è un afflusso di rifugiati (per lo più serbi) in Ungheria, il cui numero totale sarebbe probabilmente molto inferiore a quello registrato durante il culmine della crisi migratoria del 2015 e per la cui gestione il suo governo ha predisposto piani di emergenza. Ciò non giustificherebbe l’ingresso in guerra.

Il massimo che l’Ungheria potrebbe fare in una situazione del genere è fornire alla Serbia qualsiasi aiuto militare riesca a raccogliere dalle sue scorte, ma anche questo non può essere dato per scontato, poiché Orbán potrebbe temere che farlo – almeno nell’immediato – possa squalificarlo come mediatore . In ogni caso, disertare di fatto dalla NATO dichiarando guerra alla Croazia, membro vicino, a sostegno della Serbia è completamente fuori discussione, a causa delle conseguenze a cascata che ciò comporterebbe, inclusa una possibile invasione della NATO.

Vučić lo sa, quindi la sua battuta su un'”alleanza ungherese-serba” deve essere stata concepita per il pubblico in patria e nella regione, con l’intento di rassicurare falsamente il suo popolo che l’Ungheria combatterà al suo fianco in caso di guerra regionale, e al contempo di destabilizzare gli altri, inducendoli a temere che i loro governi (Croazia, Albania e Kosovo) possano presto essere responsabili di tale conflitto. A livello di élite, tuttavia, nessun politico cadrà probabilmente nella trappola del suo spettacolo di gestione della percezione.

Le sue parole non avranno quindi alcuna influenza sul corso degli eventi regionali, a meno che non si verifichi l’improbabile scenario che l’Ungheria sottoscriva formalmente un patto di mutua difesa con la Serbia, che preveda l’invio di equipaggiamenti e/o truppe in caso di attacco da parte di una delle due parti. Tuttavia, non vi è alcuna indicazione che Orbán stia prendendo in considerazione tale possibilità, poiché, come spiegato, costituirebbe una grave minaccia per gli interessi nazionali dell’Ungheria. Pertanto, gli osservatori non dovrebbero dare troppo peso al discorso di un’alleanza serbo-ungherese, né prenderla troppo sul serio qualora dovesse mai concretizzarsi.

I piani militare-industriali dell’UE potrebbero accelerare il disimpegno degli Stati Uniti dalla NATO

Andrew Korybko6 aprile
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I problemi di interoperabilità potrebbero indurre gli Stati Uniti a ripensarci due volte prima di intervenire nel sostegno dell’UE contro la Russia.

” È improbabile che Trump ritiri tutte le truppe statunitensi dall’Europa centrale o abbandoni l’Articolo 5 della NATO “, ma sta sicuramente “tornando (di nuovo) in Asia” per contenere la Cina in modo più energico, il che avrà conseguenze per la sicurezza europea. Sebbene la Russia non abbia alcuna intenzione di attaccare i paesi della NATO, molti di questi stessi paesi temono sinceramente che lo faccia, il che li porta a formulare una politica appropriata. Questa (falsa) percezione della minaccia accresce le loro preoccupazioni circa il graduale disimpegno degli Stati Uniti dalla NATO.

A peggiorare la situazione, Reuters ha citato cinque fonti anonime per riferire che gli Stati Uniti hanno criticato l’UE per i suoi piani militari-industriali, in particolare quelli relativi alla produzione e agli appalti all’interno dell’Unione. Presumibilmente sono collegati al “Piano ReArm Europe ” della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che prevede che i membri aumentino la spesa per la difesa dell’1,5% in media, per un totale di 650 miliardi di euro in più nei prossimi quattro anni, e forniscano prestiti per 150 miliardi di euro per investimenti nella difesa.

Questo audace programma rafforzerà l’autonomia strategica dell’UE, ma probabilmente avrà il costo di accelerare il disimpegno degli Stati Uniti dalla NATO. Le attrezzature prodotte dall’UE potrebbero non essere interoperabili con quelle americane, il che potrebbe complicare la pianificazione di emergenza. L’Unione Europea vorrebbe che gli Stati Uniti intervenissero in caso di crisi militare con la Russia, ma gli Stati Uniti potrebbero ripensarci se i loro comandanti non riuscissero a prendere facilmente il controllo delle forze europee in tale eventualità.

Gli Stati Uniti potrebbero anche essere meno propensi a farlo se l’UE riducesse la sua dipendenza da equipaggiamento americano come gli F-35, che si dice siano dotati di “kill-switch” . Questi potrebbero ipoteticamente attivarsi se l’UE cercasse di provocare un conflitto con la Russia che gli Stati Uniti non approvassero per qualsiasi motivo. Se l’UE si sentisse incoraggiata a fare proprio questo, diventando così una grave debolezza strategica per gli Stati Uniti, le probabilità che gli Stati Uniti intervengano a suo sostegno diminuirebbero, portando così a una profezia che si autoavvera.

Allo stesso tempo, alcuni Paesi come gli Stati Baltici, la Polonia e la Romania – che occupano il fianco orientale strategico della NATO con Russia, Bielorussia e Ucraina e sono molto più filoamericani delle loro controparti dell’Europa occidentale – rimarranno probabilmente all’interno dell’ecosistema militare-industriale statunitense. Ciò potrebbe quindi contribuire a mantenere l’influenza americana lungo la periferia dell’UE, a tenere questi Paesi fuori dall’ecosistema militare-industriale del blocco e, di conseguenza, a ostacolare i piani per un “esercito europeo”.

Tuttavia, gli Stati Uniti farebbero bene a condividere parte della tecnologia di difesa con la Polonia e ad accettare almeno una produzione nazionale parziale dei loro acquisti su larga scala, il che potrebbe trasferire una parte dell’ecosistema militare-industriale americano in Europa per facilitarne l’esportazione verso altri Paesi. Ciò potrebbe a sua volta impedire alla Polonia di fare affidamento sulla Francia o, quantomeno, di fare maggiore affidamento su di essa per bilanciare gli Stati Uniti, come potrebbe fare la coalizione liberal-globalista al potere se il suo candidato vincesse le elezioni presidenziali alle prossime elezioni di maggio.

Gli Stati Uniti potrebbero quindi sfruttare la loro cooperazione militare-industriale con la Polonia offrendo condizioni preferenziali (ovvero condivisione di tecnologie e produzione nazionale almeno parziale) come mezzo per mantenere l’influenza americana lungo la periferia dell’UE, nel contesto dei piani militari-industriali del blocco. Ciò potrebbe ostacolare gravemente l’autonomia strategica dell’UE, rendere più difficile la formazione di un “esercito europeo” a causa di problemi di interoperabilità e quindi spingere l’Europa occidentale a cedere acquistando più equipaggiamento statunitense.

Chiarire le affermazioni apparentemente contraddittorie dei diplomatici russi sulle forze di peacekeeping europee

Andrew Korybko10 aprile
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La scorsa settimana Miroshnik e Zakharova hanno dichiarato cose diverse sul vero scopo di queste forze di peacekeeping e sul loro grado di coordinamento con Kiev nell’improbabile scenario di un loro dispiegamento in Ucraina.

Gli osservatori più attenti potrebbero essere rimasti confusi dopo due dichiarazioni apparentemente contraddittorie rilasciate la scorsa settimana dai diplomatici russi sullo scenario delle forze di pace europee in Ucraina . L’ambasciatore generale per il monitoraggio dei crimini di Kiev, Rodion Miroshnik, ha affermato che “questo potrebbe, in effetti, essere visto come una palese occupazione dell’Ucraina da parte dell’Europa… (l’obiettivo sarebbe) prendere il controllo militare del regime politico [ucraino], pur mantenendo il governo esterno di questo territorio, indipendentemente da come possano concludersi i negoziati”.

Il giorno dopo, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato che “Queste forze non saranno dislocate sulla linea di combattimento, né sostituiranno le forze armate ucraine. Il loro scopo è proteggere punti strategici in coordinamento con gli ucraini, ad esempio Odessa e Leopoli, cosa che viene apertamente menzionata sia a Parigi che a Londra”. Di conseguenza, c’è confusione sul reale scopo di queste forze di peacekeeping e sul loro grado di coordinamento con Kiev.

Un mix degli scenari ipotizzati da entrambi i diplomatici è il più probabile se le truppe europee entrassero formalmente in Ucraina, anche se, considerando come la Russia abbia dichiarato che avrebbe preso di mira le forze straniere presenti, mentre gli Stati Uniti hanno affermato che non estenderanno le garanzie dell’Articolo 5 alle truppe NATO in Ucraina, questo potrebbe non accadere. Se ciò dovesse accadere e non si verificasse un’escalation, ciò sarebbe dovuto al fatto che la Russia ha autorizzato una missione di peacekeeping parzialmente composta da personale europeo presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o che ha fatto calcoli machiavellici nel lasciarla accadere senza questo.

In ogni caso, Kiev potrebbe rapidamente perdere il controllo delle dinamiche strategico-militari “alleate” a causa della posizione complessivamente molto più debole e vulnerabile in cui si troverebbe al momento dell’ingresso formale delle truppe europee in Ucraina, che potrebbero vederne alcune agire unilateralmente per perseguire i propri obiettivi. Ad esempio, mentre le forze di peacekeeping europee potrebbero coordinare la protezione di punti strategici come Odessa e Leopoli con l’Ucraina per liberare le forze di quest’ultima per il fronte, potrebbero semplicemente non andarsene mai più.

È improbabile che le Forze Armate ucraine (AFU) vengano mai incaricate di usare la forza per fermare le cosiddette forze di pace europee “canaglia”, quindi Kiev probabilmente si arrenderebbe e lascerebbe che facciano ciò che vogliono. C’è anche la possibilità che diverse fazioni ucraine nel palazzo presidenziale, nell’SBU e nelle AFU, et al., finiscano per schierarsi con le forze di pace di diversi paesi europei nell’ambito di un gioco di potere. Ciò potrebbe indebolire ulteriormente l’Ucraina dall’interno e “balcanizzarla” politicamente a vantaggio della Russia.

Pertanto, quello che potrebbe iniziare come uno stretto coordinamento europeo-ucraino per il mantenimento della pace potrebbe sfociare in un’occupazione se alcuni di questi paesi sfidassero Kiev e si schierassero con fazioni rivali, ma i disordini locali potrebbero essere mitigati soddisfacendo i bisogni primari della popolazione e non disturbando i militanti di estrema destra. L’unica eccezione potrebbe essere l’ improbabile eventualità che Varsavia cambi la sua posizione e dispieghi truppe, poiché gli ucraini potrebbero considerarli occupanti stranieri ostili per ragioni storiche, a cui quindi occorre resistere con la forza.

Nel complesso, sebbene lo scenario di una missione di peacekeeping europea in Ucraina rimanga per ora improbabile, non può essere escluso del tutto. La Russia potrebbe autorizzare una missione di peacekeeping parzialmente europea presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o lasciarla svolgere senza di essa, se Putin ritiene che causerà ulteriori problemi all’Ucraina. Il rischio, tuttavia, è che Europa e Ucraina decidano di minacciare congiuntamente la Russia invece di competere tra loro per potere e risorse, e data la natura cauta di Putin , è improbabile che coglierà questa opportunità.

L’Ucraina è davvero riuscita a penetrare nella regione russa di Belgorod?

Andrew Korybko8 aprile
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Qualunque cosa abbia potuto realizzare, non è abbastanza significativa dal punto di vista militare da meritare molta attenzione.

Circolano notizie contrastanti sull’eventuale irruzione delle forze ucraine nella regione russa di Belgorod, dopo che una controffensiva russa ne ha spinto la maggior parte fuori dalla regione di Kursk . Il comandante del Comando Europeo degli Stati Uniti, il generale Christopher Cavoli, ha dichiarato la scorsa settimana in un’udienza al Congresso che “[gli ucraini] si stanno mantenendo su un ottimo terreno difensivo a sud di Belgorod”, frase ripresa da Zelensky durante il suo videomessaggio serale di lunedì.

I loro commenti sono stati contraddetti dal Tenente Generale russo Apty Alaudinov. La scorsa settimana ha dichiarato alla televisione nazionale: “In generale, siamo in una situazione relativamente buona. Solo due settimane fa, il nemico ha tentato ancora una volta di sfondare il nostro confine e di avanzare più in profondità nella regione di Belgorod. Ora tutto è sotto controllo e queste aree vengono bonificate. Il nemico continua a inviare sempre più carne da cannone, sebbene subisca pesanti perdite ogni giorno”.

Il mese scorso, Reuters ha citato alcuni blogger russi per riferire sull’azione in corso lungo quel fronte, mentre l’Istituto per lo Studio della Guerra di Washington ha affermato nel fine settimana che le forze ucraine occupano ancora una parte della regione di Belgorod, ma non hanno ancora avanzato. In assenza di un’informazione veramente indipendente, gli osservatori sono costretti a ricorrere alla logica e all’intuizione nel tentativo di capire cosa stia realmente accadendo, sebbene ovviamente non possano sapere con certezza se la loro valutazione sia corretta.

A quanto pare, però, l’Ucraina ha reindirizzato parte delle sue forze in ritirata da Kursk verso la vicina Belgorod per mantenere alta la pressione sulla Russia, cosa che Kiev probabilmente calcola possa bloccare l’espansione della campagna terrestre russa a Sumy e/o Kharkov e/o diventare un ostacolo nei colloqui di pace. Ciononostante, non sembrano aver fatto molti progressi sul campo, se non nessuno. Qualunque risultato abbiano ottenuto non è di grande rilevanza militare, altrimenti verrebbe sbandierato dai troll filo-Kiev.

Dopotutto, sono noti per esagerare l’impatto strategico di ogni mossa della loro fazione, eppure le loro chiacchiere online sulle ultime azioni intorno a Belgorod sono vistosamente silenziose. Lo stesso vale per i resoconti dei media mainstream. Questa osservazione suggerisce che l’offensiva ucraina non abbia avuto il successo sperato, il che a sua volta dà credito alle affermazioni di Alaudinov, sebbene sia anche ipoteticamente possibile che alcune truppe straniere rimangano ancora su una striscia di suolo russo.

In ogni caso, sarebbe inesatto descrivere gli ultimi sviluppi militari su quel fronte come una svolta, poiché appaiono più come una disperata distrazione da parte dell’Ucraina che altro. La Russia sta vincendo di gran lunga la “gara della logistica”/”guerra di logoramento” , e il successo della sua recente controffensiva a Kursk verrà probabilmente replicato a Belgorod col tempo, se ci saranno truppe ucraine lì. Pertanto, questa è una causa persa e uno spreco di risorse per Kiev, eppure ci si aspetta simili scappatelle da parte sua.

Poiché le dinamiche strategico-militari continuano a volgere a favore della Russia, non si possono escludere ulteriori missioni suicide di questo tipo, sebbene non si preveda che ottengano risultati significativi a causa dell’assenza di livelli di aiuti militari occidentali pari a quelli del 2023 che l’Ucraina ha ricevuto in vista della sua controffensiva destinata a fallire . La Russia ha anche imparato dure lezioni dall’invasione ucraina di Kursk, che probabilmente saranno utilizzate per impedire un’altra simile svolta. Questi fattori aumentano notevolmente le probabilità di un’inevitabile sconfitta dell’Ucraina.

Il futuro dei legami tra Stati Uniti e Pakistan è incerto a causa delle presumibili divergenze tra i due Paesi.

Andrew Korybko10 aprile
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La posta in gioco è se gli Stati Uniti continueranno a dare priorità ai legami con i governanti militari del Pakistan o se promuoveranno un governo democratico guidato dai civili, volto a normalizzare i rapporti con l’India in modo da contenere più efficacemente la Cina.

Drop Site News ha pubblicato un rapporto all’inizio di aprile su come ” Il Dipartimento di Stato e il Pentagono stiano combattendo il Deep State sul futuro di India e Cina “, il cui succo è che queste prime due istituzioni sarebbero in contrasto con la CIA sul futuro dei rapporti tra Stati Uniti e Pakistan. Il Dipartimento di Stato e il Pentagono “vogliono allontanarsi dall’esercito e rafforzare la leadership civile e il governo democratico in Pakistan”, mentre la CIA “considera l’apparato militare e di sicurezza un partner più affidabile”.

La logica è geopolitica, poiché coloro che vogliono cambiare radicalmente la politica decennale degli Stati Uniti con il Pakistan, che fonti anonime di Drop Site News ritengono sia rappresentativa della crescente influenza dell’ala “America First”, prevedono che ciò faciliterà notevolmente i piani dell’amministrazione Trump contro la Cina. Secondo loro, “un Pakistan guidato da civili avrà il mandato di risolvere il suo conflitto covato da tempo con l’India, liberando Nuova Delhi per concentrarsi più direttamente sui suoi confini orientali e agire da contrappeso alla Cina”.

Sebbene nel loro rapporto non siano stati suggeriti mezzi per promuovere un governo democratico guidato dai civili in Pakistan, per raggiungere questo obiettivo si potrebbe ricorrere a un approccio “carota e bastone”. Le questioni più rilevanti a cui questa politica potrebbe essere applicata riguardano l’agenda politica del Pakistan in Afghanistan (ovvero l’indebolimento del regime talebano), eventuali azioni antiterrorismo che potrebbe intraprendere lì, le vendite di armi, i dazi doganali e il commercio e gli investimenti con la Russia. Su questi argomenti, si spenderà ora qualche parola.

In breve, l’Afghanistan governato dai talebani è sospettato di ospitare terroristi designati da Islamabad, che sono diventati la minaccia più pressante per la sicurezza nazionale del Pakistan negli ultimi anni, da qui la necessità di costringere il vicino a cacciarli o di punirlo per il rifiuto di farlo. L’assistenza politica e militare americana è necessaria per aumentare le probabilità di successo. Non ottenerla prima di qualsiasi mossa importante in queste direzioni rischia che gli Stati Uniti marchino il Pakistan come uno “Stato canaglia” con tutto ciò che ne consegue.

Per quanto riguarda le vendite di armi, la stragrande maggioranza delle attrezzature del Pakistan proviene dalla Cina, ma il Paese schiera anche una flotta di F-16 . Questi sono formidabili di per sé, ma contribuiscono anche a mantenere i legami bilaterali. L’eventuale rifiuto degli Stati Uniti di fornire pezzi di ricambio e/o la decisione di non vendere nuove attrezzature al Pakistan in futuro, entrambe possibili con il pretesto di protestare contro il suo programma missilistico a lungo raggio , ma in realtà mirate a promuovere un cambiamento politico, non farebbe che aumentare le tensioni politiche.

Per quanto riguarda i dazi, gli Stati Uniti sono la principale destinazione delle esportazioni del Pakistan , con circa 6 miliardi di dollari all’anno, pari al 18% delle esportazioni totali. Si prevede quindi che la guerra commerciale globale di Trump colpirà duramente l’industria tessile del Paese, secondo alcune fonti, il che potrebbe esacerbare la crisi economico-finanziaria del Paese e potenzialmente portare a un’altra ondata di disordini politici se i nuovi negoziati pianificati non risolveranno rapidamente la questione. L’economia è uno dei punti deboli del Pakistan e gli Stati Uniti potrebbero sfruttare aggressivamente il suo vantaggio.

Reindirizzare le esportazioni dagli Stati Uniti alla Cina nel caso in cui un accordo non venga raggiunto a breve, il che potrebbe essere più facile a dirsi che a farsi, potrebbe mitigare le conseguenze economico-finanziarie dei dazi di Trump, peggiorando al contempo i legami politici con gli Stati Uniti a causa della rivalità sistemica sino-americana. Questo potrebbe rivelarsi controproducente dal punto di vista degli interessi generali del Pakistan, poiché potrebbe innescare la pressione militare precedentemente menzionata con un pretesto anti-cinese e accelerare l’attuale svolta degli Stati Uniti verso l’India.

A questo proposito, lo scenario di essere abbandonati dagli Stati Uniti terrorizza i politici pakistani, che temono le conseguenze interconnesse in ambito economico-finanziario, politico (con conseguenti proteste su larga scala) e di sicurezza regionale (nei confronti di un’India interamente sostenuta dagli Stati Uniti). Allo stesso modo, gli Stati Uniti vogliono evitarlo, temendo le conseguenze sulla sicurezza globale se il Pakistan, dotato di armi nucleari, “si ribellasse” per vendetta, soprattutto se incoraggiato dalla Cina. Questo equilibrio di interessi, o meglio, la paura reciproca, mantiene lo status quo.

Allo stesso tempo, l’attuale situazione impedisce il “ritorno in Asia” dell’ala americana First per contenere più energicamente la Cina, poiché il Pakistan continua a fornire alla Repubblica Popolare un accesso affidabile all’Oceano Indiano, facilitando così le esportazioni cinesi verso l’Europa e le importazioni di risorse dall’Africa. Il grande significato strategico risiede nel fatto che il Pakistan potrebbe neutralizzare parzialmente l’impatto commerciale del blocco statunitense dello Stretto di Malacca per le navi cinesi durante una crisi.

In cambio, il Pakistan può contare sul sostegno politico, economico e militare della Cina, il che contribuisce a evitare che il Pakistan si trovi troppo indietro rispetto all’India nel contesto della loro rivalità decennale. Di conseguenza, qualsiasi concessione che il Pakistan potrebbe fare agli Stati Uniti sulle sue relazioni con la Cina rischia di andare a scapito dei suoi interessi di sicurezza nazionale, così come i decisori politici li intendono, sebbene ciò potrebbe essere gestibile in due scenari potenzialmente collegati.

Il primo è che maggiori scambi commerciali e investimenti dalla Russia, che gli Stati Uniti potrebbero incoraggiare attraverso esenzioni dalle sanzioni nel caso in cui il nascente Russo – USA ” Nuovo La “distensione ” si evolve in una partnership strategica, potrebbe alleviare alcune delle conseguenze economico-finanziarie della Cina. La Cina potrebbe continuare ad armare il Pakistan a causa della comune percezione della minaccia dell’India, ma è anche possibile che gli Stati Uniti sostituiscano gradualmente la dipendenza del Pakistan dalle armi cinesi, sebbene a scapito del loro orientamento verso l’India.

Il secondo scenario prevede che il conflitto del Kashmir venga finalmente risolto, il che, secondo l’ala America First, richiederebbe un governo democratico guidato dai civili in Pakistan, sbloccando così nuove opportunità economico-finanziarie per sostituire quelle cinesi perdute e riducendo al contempo la percezione di una minaccia reciproca. I ruoli di Russia e Stati Uniti sopra menzionati diventerebbero più importanti che mai in tal caso, ma questo scenario, considerato il migliore, dal loro punto di vista e da quello dell’India è meno probabile del primo, che di per sé è incerto.

L’opinione pubblica non è a conoscenza dell’interazione tra le due fazioni americane del deep state su questo tema, quindi nessuno può dire con certezza cosa accadrà, ma solo quali sono gli interessi di ciascuna e come chi spinge per un cambiamento radicale (il Dipartimento di Stato e il Pentagono) potrebbe cercare di ottenerlo. Se la CIA prevale e lo status quo viene mantenuto, l’amministrazione Trump rischia di dover ridurre la portata del suo “ritorno in Asia” e potrebbe persino essere richiamata in Afghanistan da un’espansione della missione.

Drop Site News ha riportato all’inizio di febbraio che “l’ esercito pakistano spera di trascinare Trump di nuovo in guerra in Afghanistan “, il che gli aprirebbe un vaso di Pandora pieno di problemi, come la sua impopolare opinione pubblica interna, la messa a repentaglio del perno degli Stati Uniti verso l’India e il peggioramento delle già elevate tensioni con l’Iran. D’altra parte, abbandonare il Pakistan, qualora intervenisse unilateralmente in Afghanistan su larga scala senza prima ottenere il supporto degli Stati Uniti, potrebbe rischiare di “diventare un dissidente” per vendetta, come spiegato in precedenza, creando così un dilemma.

Finché il regime militare de facto del Pakistan si rifiuterà di attuare qualsiasi concessione (probabilmente sotto pressione degli Stati Uniti) nei confronti dell’ex Primo Ministro Imran Khan, attualmente in carcere , e continuerà a voler controllare il suo partito di opposizione, rendendo così impossibile un governo democratico guidato da civili, i problemi con gli Stati Uniti persisteranno, a meno che la CIA non riesca a prevalere nella competizione con il Dipartimento di Stato e il Pentagono. Qualunque sia l’esito, avrà un impatto enorme sugli affari globali, da qui l’importanza di seguirlo.

La SAARC probabilmente non verrà rianimata tanto presto

Andrew Korybko7 aprile
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La normalizzazione politica tra India e Pakistan non è all’orizzonte, poiché ciò richiederebbe che il Pakistan accetti la revoca dell’articolo 370 da parte dell’India.

Il Ministro degli Affari Esteri indiano, il Dott. Subrahmanyam Jaishankar, avrebbe dichiarato il mese scorso ai membri del Comitato Consultivo Parlamentare per gli Affari Esteri che l’Associazione dell’Asia Meridionale per la Cooperazione Regionale (SAARC) “è in pausa; non abbiamo premuto un pulsante. È in pausa a causa dell’approccio del Pakistan”. Ha poi aggiunto che l’Iniziativa del Golfo del Bengala per la Cooperazione Tecnica ed Economica Multisettoriale (BIMSTEC) è ora la principale piattaforma indiana per l’integrazione regionale.

Il SAARC comprende Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka, mentre il BIMSTEC comprende Bangladesh, Bhutan, India, Myanmar, Nepal, Sri Lanka e Thailandia. In altre parole, il BIMSTEC elimina Afghanistan, Maldive e Pakistan e li sostituisce con Myanmar e Thailandia. Il SAARC si è sciolto nel 2016 dopo che l’India si è rifiutata di partecipare al vertice di quell’anno a Islamabad, in seguito all’attacco terroristico di Uri, attribuito dall’India al Pakistan. Da allora è in uno stato di stasi.

Al contrario, ogni altra regione del mondo ha abbracciato la tendenza multipolare della regionalizzazione attraverso le proprie piattaforme, rendendo così l’Asia meridionale un’eccezione evidente. Ciononostante, come Jaishankar avrebbe aggiunto nel suo intervento parlamentare, il BIMSTEC è ancora vivo e vegeto, e oggi rappresenta la piattaforma preferita dall’India per l’integrazione regionale. Non esistono differenze inconciliabili tra i suoi membri, a differenza del ruolo che il conflitto del Kashmir svolge per l’India e il Pakistan del SAARC.

BIMSTEC ha anche un proprio megaprogetto di connettività regionale, l’ autostrada trilaterale tra India, Myanmar e Thailandia, mentre SAARC non ha analoghi progetti, come ad esempio un corridoio India-Asia centrale attraverso Pakistan e Afghanistan. Inoltre, SAARC coinvolge i paesi ASEAN di Myanmar e Thailandia, rendendola così una piattaforma di cooperazione interregionale. Questi tre fattori rendono comprensibilmente BIMSTEC molto più attraente agli occhi dei politici indiani di quanto lo sia mai stata SAARC.

Questo contesto permette di comprendere meglio l’importanza delle ultime dichiarazioni di Jaishankar sul SAARC. Confermare che la partecipazione dell’India sia solo “in pausa” implica la possibilità che venga riattivata in presenza di diverse condizioni politiche regionali, in particolare un disgelo delle tensioni con il Pakistan, sebbene ciò dovrebbe comportare progressi significativi nella risoluzione del conflitto in Kashmir. Nessuna prospettiva si profila all’orizzonte, salvo una svolta imprevista dovuta alla divergenza delle posizioni.

Il sostegno del Pakistan a coloro che l’India considera terroristi è il problema principale dal punto di vista di Delhi, mentre per Islamabad è il trattamento riservato dall’India ai Kashmir, che considera un abuso coloniale. Hanno anche opinioni opposte sul tema di un referendum supervisionato dalle Nazioni Unite. Un’altra questione importante è la revoca da parte dell’India dell’articolo 370 nell’agosto 2019, che ha revocato l’autonomia del Kashmir amministrato dall’India e ha diviso la regione. Il Pakistan ritiene che ciò sia illegittimo e controproducente per la pace.

Sebbene entrambi gli stati siano potenze nucleari, l’India sta rapidamente emergendo come una grande potenza nella transizione sistemica globale verso la multipolarità, mentre il Pakistan sta vivendo una crisi socio-politica e, ancora oggi, una crisi terroristica. tumulti degli ultimi tre anni dal postmoderno Colpo di stato contro Imran Khan. Le loro traiettorie separate in questo momento cruciale riducono le probabilità che sia l’India a fare concessioni volte a rianimare la SAARC e aumentano le probabilità comparative che lo faccia invece il Pakistan.

Detto questo, il Pakistan non ha ancora mostrato alcun segno concreto di volerlo fare, né prenderebbe una decisione del genere in modo avventato. Il conflitto del Kashmir non è solo una questione militare, ma anche un mezzo per rafforzare la legittimità di qualsiasi cricca politica che formalmente governa il Pakistan in un dato momento. Sostenere una risoluzione massimalista a favore del Pakistan è una politica genuinamente popolare a livello di base; allo stesso modo, segnalare qualsiasi cosa che possa anche lontanamente essere interpretata come un’intenzione di compromesso è molto impopolare.

Risolvere il conflitto del Kashmir attraverso un compromesso potrebbe anche non piacere alla potente leadership militare pakistana. La pace con l’India potrebbe portare a tagli alla spesa per la difesa, erodendo gradualmente l’influenza della loro istituzione. Renderebbe inoltre il Pakistan meno propenso a intervenire a sostegno della Cina se il suo “fratello di ferro” si trovasse coinvolto in una guerra aperta con l’India. La Cina, in quanto principale investitore del Pakistan, potrebbe sfruttare la sua influenza finanziaria per dissuadere l’esercito dal scendere a compromessi, al fine di non perdere quel piano di riserva.

Questi interessi reconditi impediscono una soluzione di compromesso al conflitto del Kashmir, sebbene tale esito schiuderebbe opportunità economiche senza precedenti per il Pakistan. Anche la normalizzazione politica tra India e Pakistan non è all’orizzonte, per non parlare di un accordo sul Kashmir, poiché richiederebbe al Pakistan di accettare la revoca dell’Articolo 370 da parte dell’India. Pertanto, è probabile che il SAARC non verrà rianimato a breve, e più a lungo rimarrà moribondo, più importante diventerà il BIMSTEC.

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VALUTAZIONE ANNUALE DELLE MINACCE DELLA COMUNITÀ DI INTELLIGENCE DEGLI STATI UNITI_a cura di Tulsi Gabbard (US Intelligence Community)

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VALUTAZIONE ANNUALE DELLE MINACCE DELLA COMUNITÀ DI INTELLIGENCE DEGLI STATI UNITI

Marzo 2025

INTRODUZIONE

Questo rapporto annuale sulle minacce mondiali alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti risponde alla sezione 617 dell’Intelligence Authorization Act FY21 (Pub. L. No. 116-260). Questo rapporto riflette le intuizioni collettive della Comunità di intelligence (CI), che si impegna a fornire l’intelligence sfumata, indipendente e senza fronzoli di cui i responsabili politici, i combattenti e il personale addetto all’applicazione della legge nazionale hanno bisogno per proteggere le vite americane e gli interessi dell’America ovunque nel mondo.

Questa valutazione si concentra sulle minacce più dirette e gravi per gli Stati Uniti, principalmente nel corso del prossimo anno. Tutte queste minacce richiedono una solida risposta di intelligence, comprese quelle per cui un’attenzione a breve termine può aiutare a prevenire minacce più gravi in futuro.

Per la preparazione di questa valutazione sono state utilizzate le informazioni disponibili 18 marzo.[3 ]

CONTENUTI

INTRODUZIONE ………………………………………………………………………………………………………………………………………..2

PREMESSA ………………………………………………………………………………………………………………………………………………..4

CRIMINALI TRANSNAZIONALI NON STATALI E TERRORISTI ………………………………………………………….5

Attori stranieri di droghe illecite ……………………………………………………………………………………………………………..5

Estremisti islamici transnazionali…………………………………………………………………………………………………………….6

Altri criminali transnazionali………………………………………………………………………………………………………………….7

I PRINCIPALI ATTORI STATALI ……………………………………………………………………………………………………………….9

Cina ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………..9

Russia …………………………………………………………………………………………………………………………………………………16

Iran …………………………………………………………………………………………………………………………………………………….22

Corea del Nord …………………………………………………………………………………………………………………………………….26

Cooperazione avversaria ……………………………………………………………………………………………………………………….29

[4 ]

PREMESSA

La Valutazione annuale delle minacce (ATA) del 2025 è la valutazione ufficiale e coordinata della Comunità di intelligence (CI) una serie di minacce ai cittadini statunitensi, Patria e agli interessi degli Stati Uniti nel mondo. Una serie eterogenea di attori stranieri sta prendendo di mira la salute e la sicurezza degli Stati Uniti, le infrastrutture critiche, le industrie, la ricchezza e il governo. Gli avversari statali e i loro procuratori stanno anche cercando di indebolire e di spostare il potere economico e militare degli Stati Uniti nelle loro regioni e in tutto il mondo.

Sia gli attori statali che quelli non statali pongono molteplici minacce immediate alla Patria e agli interessi nazionali degli Stati Uniti. Le organizzazioni terroristiche e criminali transnazionali minacciano direttamente i nostri cittadini.

I cartelli sono in gran parte responsabili degli oltre 52.000 decessi negli Stati Uniti causati da oppioidi sintetici nei 12 mesi terminati nell’ottobre 2024 e hanno contribuito a facilitare i quasi tre milioni di arrivi di immigrati illegali nel 2024, mettendo a dura prova le risorse e a rischio le comunità statunitensi. Una serie di attori informatici e di intelligence sta prendendo di mira la nostra ricchezza, le infrastrutture critiche, le telecomunicazioni e i media. I gruppi non statali sono spesso sostenuti, direttamente e indirettamente, da attori statali, come la Cina e l’India che forniscono precursori e attrezzature ai trafficanti di droga. Gli avversari statali dispongono di armi che possono colpire il territorio statunitense o disabilitare sistemi vitali degli Stati Uniti nello spazio, a scopo coercitivo o di guerra vera e propria. Queste minacce si rafforzano a vicenda, creando un ambiente di sicurezza molto più complesso e pericoloso.

Russia, Cina, Iran e Corea del Nord – individualmente e collettivamente – sfidano gli interessi degli Stati Uniti nel mondo attaccando o minacciando altri nelle loro regioni, con tattiche di hard power sia asimmetriche che convenzionali, e promuovendo sistemi alternativi per competere con gli Stati Uniti, principalmente nel commercio, nella finanza e nella sicurezza. Cercano di sfidare gli Stati Uniti e altri Paesi attraverso campagne deliberate per ottenere un vantaggio, cercando anche di evitare la guerra diretta. La crescente cooperazione tra questi avversari sta aumentando la loro forza contro gli Stati Uniti, la possibilità che le ostilità con uno di essi ne attirino un altro e la pressione su altri attori globali affinché scelgano da che parte stare.

Questo rapporto ATA 2025 sostiene l’impegno dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale di mantenere il Congresso degli Stati Uniti e il popolo americano informati sulle minacce alla sicurezza della nazione, rappresentando la dedizione dell’IC al monitoraggio, alla valutazione e alla segnalazione di minacce di ogni tipo. In

Per la preparazione di questa valutazione, il Consiglio nazionale dell’intelligence ha lavorato a stretto contatto con tutti i componenti dell’IC, con il governo degli Stati Uniti in generale e con partner ed esperti stranieri ed esterni, al fine di fornire le informazioni più tempestive, obiettive e utili per l’allarme strategico e il vantaggio decisionale degli Stati Uniti.

Questa valutazione annuale delle minacce per il 2025 illustra nel dettaglio questa miriade di minacce per attore o autore, iniziando con gli attori non statali e presentando poi le minacce poste dai principali attori statali. Il National Intelligence Council è pronto a supportare i responsabili politici con ulteriori informazioni in un ambiente riservato.

CRIMINALI TRANSNAZIONALI NON STATALI E TERRORISTI

Criminali transnazionali, terroristi e altri attori non statali minacciano e compromettono la vita dei cittadini statunitensi, la sicurezza e la prosperità del Paese e la forza degli Stati Uniti in patria e all’estero. Alcune organizzazioni criminali transnazionali (TCO) producono e trafficano grandi quantità di droghe illecite che mettono a rischio le vite e i mezzi di sussistenza degli americani. Conducono altre attività illegali che mettono a rischio la sicurezza degli Stati Uniti, come traffico di esseri umani, le operazioni informatiche, il riciclaggio di denaro e l’incitamento alla violenza. I cittadini statunitensi – in patria e all’estero – si trovano anche ad affrontare minacce terroristiche più diverse, complesse e decentralizzate. Gli attori, che vanno dalle organizzazioni terroristiche straniere designate – tra cui lo Stato islamico dell’Iraq e dell’Ash-Sham (ISIS), al-Qaeda, altri gruppi terroristici islamici e alcuni cartelli della droga – ai terroristi che agiscono da soli o in piccole cellule, sono suscettibili di perseguire, mettere in atto o ispirare attacchi. Infine, l’immigrazione clandestina su larga scala ha messo a dura prova le infrastrutture e le risorse locali e nazionali e ha permesso a terroristi noti o sospetti di entrare negli Uniti.

Attori stranieri di droghe illecite

Le TCO basate nell’emisfero occidentale e i terroristi coinvolti nella produzione e nel traffico illecito di droga diretti negli Stati Uniti mettono in pericolo la salute e la sicurezza di milioni di americani e contribuiscono all’instabilità regionale. Il fentanil e gli altri oppioidi sintetici rimangono le droghe più letali trafficate negli Stati Uniti, causando più di 52.000 decessi negli Stati Uniti in un periodo di 12 mesi terminato nell’ottobre 2024. Secondo i dati provvisori del CDC, questo dato rappresenta una diminuzione di quasi il 33% dei decessi per overdose legati agli oppioidi sintetici rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e potrebbe essere dovuto alla disponibilità e all’accessibilità del naloxone.

• Le TCO con sede in Messico, tra cui il Cartello di Sinaloa e il Cartello di Jalisco di Nuova Generazione,

rimangono i produttori e fornitori dominanti di droghe illecite, tra cui fentanil, eroina, metanfetamina e cocaina

di origine sudamericana, per il mercato statunitense. L’anno scorso, i punti di ingresso ufficiali lungo il confine

tra Stati Uniti e Messico sono stati il principale punto di ingresso per le droghe illecite, spesso nascoste in

veicoli passeggeri e rimorchi di trattori. Tuttavia, è probabile che alcuni TCO modifichino almeno

temporaneamente le loro tecniche e rotte di contrabbando in risposta all’aumento della presenza delle forze di

sicurezza statunitensi al confine.

• Almeno dal 2020, la crescita dei produttori indipendenti di fentanil con sede in Messico – attori autonomi o

semiautonomi dal controllo dei cartelli messicani – ha frammentato sempre più il commercio di fentanil in

Messico. I produttori indipendenti di fentanil sono attratti dalla redditività della droga e dalle basse barriere

all’ingresso nel mercato, compresa la facilità di sintetizzarla utilizzando attrezzature di laboratorio di base e

poco personale.

• Le TCO e i gruppi armati illegali con base in Colombia sono responsabili della produzione e dell’esportazione

della stragrande maggioranza della cocaina che raggiunge gli Stati Uniti, in parte trasbordata attraverso

l’Ecuador, contribuendo all’aumento dei conflitti criminali violenti che stimolano la migrazione regionale.

• Le TCO con sede in Messico stanno intensificando gli attacchi letali contro i rivali e le forze di sicurezza

messicane con l’uso di ordigni esplosivi improvvisati, tra cui mine, mortai e granate. Nel 2024, sono stati

registrati quasi 1.600 attacchi alle forze di sicurezza messicane con l’utilizzo di ordigni esplosivi improvvisati,

rispetto ai soli tre attacchi segnalati tra il 2020 e il 2021. La sofisticazione delle tattiche delle TCO sta

ridisegnando il panorama della sicurezza del Messico e ha aumentato il rischio per le forze di sicurezza.[6 ]

La Cina rimane il principale Paese di provenienza dei precursori chimici illeciti del fentanil e delle attrezzature per la pressatura delle pillole, seguita dall’India. I broker chimici con sede in Messico eludono i controlli internazionali attraverso spedizioni con etichette errate e l’acquisto di prodotti chimici a doppio uso non regolamentati.

Estremisti islamici transnazionali

I rami più aggressivi dell’ISIS, tra cui l’ISIS-Khorasan (ISIS-K), e i suoi complottisti imprenditoriali continueranno a cercare di attaccare l’Occidente, compresi gli Stati Uniti, attraverso la diffusione e la propaganda online finalizzata a indirizzare, consentire o ispirare gli attacchi e potrebbero sfruttare le rotte di viaggio vulnerabili. L’ISIS ha subito importanti battute d’arresto ed è incapace di mantenere il terreno in Iraq e Siria. Negli ultimi anni, l’ISIS ha visto la sconfitta del suo califfato fisico da parte degli Stati Uniti nel 2019, la perdita di tre leader generali nel 2022, 2023 e 2025, e i rinnovati sforzi dell’antiterrorismo di quest’anno hanno rimosso i leader che guidano le operazioni globali. Ciononostante, l’ISIS rimane la più grande organizzazione terroristica islamica del mondo, ha cercato di guadagnare slancio grazie ad attacchi di alto profilo e continua a fare affidamento sui suoi rami più capaci e sulla sua leadership dispersa a livello globale per resistere al degrado.

L’attentatore di Capodanno a New Orleans è stato influenzato dalla propaganda dell’ISIS e, separatamente, un cittadino afghano è stato arrestato in ottobre per aver pianificato un attacco nel giorno delle elezioni in nome dell’ISIS,

evidenziando la capacità dell’ISIS di raggiungere la madrepatria per ispirare e rendere possibili gli attacchi.

• L’ISIS-K in Asia meridionale è il ramo del gruppo più capace di compiere attacchi terroristici esterni e

mantiene l’intenzione di condurre attacchi in Asia meridionale e centrale e a livello globale, sebbene le sue

capacità varino. Gli attacchi di massa dell’ISIS-K in Russia e in Iran nel 2024, così come gli arresti di sostenitori

dell’ISIS-K in Europa e negli Stati Uniti, evidenziano l’espansione delle capacità del gruppo al di là dell’Asia

meridionale e la capacità di ispirare individui a condurre attacchi all’estero.

• L’ISIS cercherà di sfruttare la fine del regime di Asad in Siria per ricostituire le proprie capacità di

attacco, compresi i complotti esterni, e liberare i prigionieri per ricostruire i propri ranghi.

• Nel 2024, il portavoce dell’ISIS ha salutato pubblicamente l’espansione del gruppo in Africa, sottolineando la

crescente importanza del continente per il gruppo. L’ISIS-Somalia ha raddoppiato le sue dimensioni nell’ultimo

anno, l’ISIS-Africa Occidentale rimane il ramo più grande e in testa per numero di attacchi rivendicati, e l’ISISSahel si sta espandendo nell’Africa occidentale costiera.

Al-Qaeda mantiene il suo intento di colpire gli Stati Uniti e i cittadini statunitensi attraverso i suoi affiliati globali. I suoi leader, alcuni dei quali rimangono in Iran, hanno cercato di sfruttare il sentimento anti-israeliano per la guerra a Gaza per unire i musulmani e incoraggiare attacchi contro Israele e gli Stati Uniti. L’apparato mediatico di Al-Qaeda ha rilasciato dichiarazioni dei leader e degli affiliati del gruppo che sostengono HAMAS e incoraggiano attacchi contro obiettivi israeliani e statunitensi.

• Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) ha rilanciato la sua guida Inspire con video e tweet che incoraggiano

attacchi contro obiettivi ebraici, Stati Uniti ed Europa. Inspire forniva istruzioni per costruire bombe e piazzare

ordigni esplosivi su aerei civili e forniva giustificazioni religiose, ideologiche, storiche e morali per tali attacchi.

Oltre a cercare di ispirare attacchi in tutto il mondo e negli Stati Uniti, AQAP ha l’intenzione di condurre

operazioni nella regione e oltre.

• Al-Shabaab, l’affiliato più grande e più ricco di Al-Qaeda, rimane concentrato sugli attacchi in Somalia che

favoriscono i suoi obiettivi regionali, fornisce finanziamenti agli sforzi di Al-Qaeda al di fuori della Somalia e

ha una[7 ] relazione nascente con gli Huthi che potrebbe fornire l’accesso a una nuova fonte di armi più sofisticate, aumentando la minaccia agli interessi statunitensi nella regione.

• In Africa occidentale, al-Qaeda sta espandendo il proprio controllo territoriale, guadagnando terreno tra i civili

attraverso la fornitura di servizi e l’intimidazione, e sta minacciando i centri urbani del Burkina Faso e del Mali,

dove si trova il personale statunitense.

• L’affiliato di al-Qaeda in Siria, Hurras al-Din, probabilmente sta sfruttando la fine del regime di Asad in Siria

per rafforzare la propria posizione. Nonostante l’annuncio pubblico dello scioglimento del gruppo da parte dei

vertici di al-Qaeda in Iran, ai membri di Hurras al-Din è stato consigliato di non disarmare e di prepararsi a un

futuro conflitto, sottolineando la loro continua lotta contro gli ebrei e i loro sostenitori.

Altri gruppi terroristici islamici – compresi alcuni con legami storici con Al-Qaeda – continuano a rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti principalmente nelle regioni in cui operano. Negli ultimi anni, la maggior parte di questi gruppi ha generalmente preso di mira i governi locali, mentre l’Hizballah libanese ha continuato a prendere di mira, in maniera limitata, soprattutto individui israeliani ed ebrei, sia in Medio Oriente che al di fuori di esso. Il governo degli Stati Uniti collabora con i suoi partner in tutto il mondo per prevenire gli attacchi contro i cittadini statunitensi, tenendo d’occhio i segnali che indicano che questi gruppi potrebbero mutare le loro intenzioni e creare le capacità per perseguire attacchi transnazionali.

• In Asia meridionale, negli ultimi anni le operazioni del Tehrik-e-Taliban (TTP) si sono concentrate

esclusivamente governo del Pakistan, probabilmente per evitare di attirare maggiori pressioni antiterroristiche.

Tuttavia, le capacità del TTP, i suoi legami storici con Al-Qaeda e il suo precedente sostegno a operazioni contro

gli Stati Uniti ci preoccupano per la potenziale minaccia futura. Anche i gruppi anti-India, tra cui Lashkar-e

Tayyiba, ci preoccupano in parte per i loro legami storici con Al-Qaeda.

Altri criminali transnazionali

I criminali transnazionali motivati dal profitto utilizzano la corruzione, l’intimidazione e le tecnologie abilitanti per espandere le loro attività illegali in nuovi mercati e per diversificare le loro fonti di reddito, aumentando così la loro capacità di resilienza.

Le forze dell’ordine statunitensi e internazionali e gli sforzi di regolamentazione finanziaria. Le TCO frodano i cittadini statunitensi, le imprese e i programmi governativi, riciclando miliardi di dollari di proventi illeciti attraverso istituzioni finanziarie statunitensi e internazionali. Le TCO talvolta esternalizzano le operazioni di riciclaggio e gli investimenti a individui e reti con competenze legali e bancarie per eludere le normative finanziarie.

• Le TCO e i loro facilitatori finanziari utilizzano una miriade di metodi per riciclare e rimpatriare i proventi

illeciti e per eludere le pressioni delle forze dell’ordine e delle normative. Alcuni TCO utilizzano le valute

digitali per le attività di riciclaggio di denaro e di elusione delle sanzioni a causa dell’anonimato percepito e

delle normative internazionali più deboli rispetto alle valute fiat.

I criminali informatici con motivazioni finanziarie continuano a predare obiettivi statunitensi non adeguatamente difesi, come i sistemi sanitari e le amministrazioni comunali, che potrebbero avere un ampio impatto sulla popolazione e sull’economia degli Stati Uniti. Altri hanno condotto attacchi alle infrastrutture critiche, interrompendo le reti aziendali delle aziende di servizi pubblici o manipolando sistemi di controllo scarsamente protetti.

• A metà del 2024, alcuni attori del ransomware hanno attaccato il più grande processore di pagamenti per le

transazioni sanitarie statunitensi, ostacolando le prescrizioni e causando lunghi ritardi nell’accesso alle cartelle

cliniche elettroniche, alle comunicazioni con i pazienti e ai sistemi di ordinazione dei farmaci, e costringendo

alcune ambulanze a dirottare i pazienti verso altri ospedali.[8 ]

• Le infrastrutture idriche statunitensi sono diventate un obiettivo più comune. Nell’ottobre 2024, attori criminali

hanno condotto attacchi informatici contro grandi e piccole aziende idriche negli Stati Uniti, forse ispirati da

attacchi contro le infrastrutture idriche da parte di hacktivisti russi e attori informatici iraniani nel 2023, che

hanno avuto scarsi effetti ma hanno attirato una notevole pubblicità.

I trafficanti di esseri umani con sede all’estero e negli Stati Uniti sfruttano individui e gruppi vulnerabili promettendo posti di lavoro ben pagati, confiscando i documenti di identificazione e costringendo le vittime ad assumere comportamenti rischiosi e a lavorare in condizioni disumane. Le TCO che si dedicano alla tratta di esseri umani possono anche intraprendere altre attività criminali che minacciano gli Stati Uniti, tra cui , traffico di droga, contrabbando di armi e di esseri umani.

• Gli attori criminali, comprese le TCO con sede in Messico, sfruttano i migranti in transito nell’emisfero

occidentale verso gli Stati Uniti attraverso rapimenti a scopo di riscatto, lavoro forzato e operazioni di traffico

sessuale. Ad esempio, alcune vittime sono costrette a ripagare i costi del contrabbando attraverso la servitù per

debiti una volta arrivate negli Stati Uniti. Questi migranti sono in genere costretti a diventare , a lavorare nelle

industrie della pesca, dell’agricoltura e della lavorazione della carne per salari bassi, o a lavorare nelle

coltivazioni illegali di marijuana.

Il numero totale di migranti che cercano di raggiungere gli Stati Uniti è diminuito significativamente dal gennaio 2025 a causa di un’intensificazione dell’applicazione delle misure di sicurezza alle frontiere. Mentre i principali fattori di migrazione nell’emisfero occidentale, come la criminalità, la povertà e la repressione politica, probabilmente continueranno ad esistere, l’aumento della sicurezza delle frontiere e le politiche di deportazione di massa probabilmente fungeranno da deterrente per i migranti che cercano di attraversare illegalmente i confini degli Stati Uniti.

• Gli incontri delle forze dell’ordine con i migranti al confine tra Stati Uniti e Messico sono diminuiti del 14% nel

2024 rispetto all’anno precedente e gli arresti della polizia di frontiera degli Stati Uniti lungo il confine sudoccidentale nel gennaio 2025 sono diminuiti dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2024. I cittadini guatemaltechi, messicani e venezuelani sono stati i cittadini più frequentemente incontrati al confine tra Stati Uniti e Messico.

• Modifiche reali o percepite alle leggi sull’immigrazione o alle politiche di viaggio nei Paesi di transito

possono innescare picchi inaspettati. Dal 2021, ad esempio, il Nicaragua ha eliminato l’obbligo di visto

per i viaggiatori aerei provenienti da Paesi terzi, innescando un’impennata della migrazione verso gli Stati

Uniti da quei Paesi attraverso il Nicaragua

I PRINCIPALI ATTORI STATALI

Diversi grandi attori statali rappresentano minacce prossime e durature per Stati Uniti e i loro interessi nel mondo, sfidando la forza militare ed economica degli Stati Uniti, a livello regionale e globale. La Cina si distingue come l’attore più capace di minacciare gli interessi statunitensi a livello globale, sebbene sia anche più cauta di Russia, Iran e Corea del Nord nel rischiare la propria immagine economica e diplomatica nel mondo con un atteggiamento troppo aggressivo e dirompente. La crescente cooperazione tra questi attori amplia la minaccia, aumentando il rischio che si verifichino ostilità con uno di essi, può attirare altri.

CINA

Panoramica strategica

Il presidente Xi Jinping e la Repubblica Popolare Cinese (RPC) vogliono realizzare “il grande ringiovanimento della Cina”. nazione cinese” entro il 2049. La RPC cercherà di aumentare il suo potere e la sua influenza per plasmare gli eventi mondiali in modo da creare un ambiente favorevole agli interessi della RPC, ottenere una maggiore deferenza degli Stati Uniti nei confronti degli interessi della Cina e respingere le sfide alla sua reputazione, legittimità e capacità in patria e all’estero.

• Pechino è profondamente sospettosa delle intenzioni degli Stati Uniti e vede le misure di Washington contro la

Cina come parte di uno sforzo concertato e completo del governo, in collaborazione con gli alleati e i partner

statunitensi, per contenere lo sviluppo e l’ascesa della Cina, minare il governo del PCC e impedire alla RPC di

raggiungere i suoi obiettivi. I leader della RPC temono soprattutto una forte opposizione unitaria da parte degli

Stati Uniti e dei suoi alleati e stanno rispondendo, in parte, rafforzando i legami con partner come la Russia e la

Corea del Nord.

• Allo stesso tempo, i leader cinesi cercheranno opportunità per ridurre la tensione con Washington quando

ritengono che sia vantaggioso per Pechino, che protegga i suoi interessi fondamentali e che faccia guadagnare tempo per rafforzare la sua posizione.

La RPC continuerà probabilmente a fare dichiarazioni per trovarsi in una posizione di vantaggio in un potenziale conflitto con gli Stati Uniti. La RPC continuerà a cercare di fare pressioni su Taiwan per l’unificazione e continuerà a condurre operazioni informatiche ad ampio raggio contro obiettivi statunitensi sia per spionaggio che per vantaggio strategico. La Cina probabilmente faticherà a limitare sufficientemente le attività delle aziende e degli elementi criminali della RPC che consentono la fornitura e il traffico di precursori del fentanil e di oppioidi sintetici negli Stati Uniti, in assenza di maggiori azioni di contrasto.

• Le operazioni militari della Cina per proiettare il potere su Taiwan e i suoi sforzi per affermare le rivendicazioni

di sovranità nel Mar Cinese Meridionale e Orientale si verificano regolarmente con scontri che aumentano la

preoccupazione di errori di calcolo che potrebbero portare a un conflitto.

• La Cina ha dimostrato di essere in grado di compromettere le infrastrutture statunitensi grazie a

formidabili capacità informatiche che potrebbe utilizzare durante un conflitto con gli Stati Uniti.

Pechino continuerà a rafforzare le sue capacità militari convenzionali e le sue forze strategiche, a intensificare la competizione nello spazio e a sostenere la sua strategia economica ad alta intensità industriale e tecnologica per competere con la potenza economica e la leadership globale degli Stati Uniti.[10 ]

Militare

La Cina rappresenta la minaccia militare più completa e solida per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) sta mettendo in campo una forza congiunta in grado di condurre una guerra a tutto spettro per sfidare l’intervento degli Stati Uniti in una contingenza regionale, proiettare il potere a livello globale e garantire ciò che Pechino sostiene essere il suo territorio sovrano. Una parte importante degli sforzi di modernizzazione militare della Cina è incentrata sullo sviluppo di capacità di contro-intervento, adatte a contrastare tutti gli aspetti delle operazioni militari statunitensi e alleate nel Pacifico. Pechino si concentrerà sul raggiungimento di tappe fondamentali di modernizzazione entro il 2027 e il 2035, con l’obiettivo di rendere il PLA un esercito di livello mondiale entro il 2049.

• Tra gli esempi di progressi della PLA nel 2024, la terza portaerei della Marina Militare (CV-18 Fujian) inizierà

le prove in mare e sarà probabilmente pronta a entrare in operativo nel 2025. La Forza missilistica del PLA

probabilmente metterà in campo il missile balistico DF-27, con un’opzione di carico utile per il veicolo

ipersonico e una gittata stimata tra i 5.000 e gli 8.000 chilometri. Le forze di terra del PLA stanno anche

mettendo in campo il più avanzato lanciarazzi multiplo, il PCH191, aumentando la capacità di attacco di

precisione a lungo raggio.

• Il PLA ha migliorato la struttura delle sue forze, la preparazione e l’addestramento. Probabilmente il PLA ha

compiuto particolari progressi in aree critiche, come l’ammodernamento delle principali forze di terra,

l’espansione della marina con navi da combattimento più moderne e la messa in campo di un’ampia gamma di

nuovi sistemi missilistici; ha inoltre migliorato le sue capacità di guerra elettronica (EW).

Il PLA ha la capacità di condurre attacchi di precisione a lungo raggio con armi convenzionali contro la periferia della Patria nel Pacifico occidentale, comprese Guam, Hawaii e Alaska. La Cina ha sviluppato una gamma di missili balistici e da crociera con carico utile convenzionale che possono essere lanciati dalla terraferma, per via aerea e marittima, anche da sottomarini a propulsione nucleare. È possibile che la Cina stia esplorando lo sviluppo di sistemi missilistici intercontinentali ad armamento convenzionale che, se sviluppati e messi in campo, le consentirebbero di minacciare attacchi convenzionali contro obiettivi negli Stati Uniti continentali.

Il PLA continuerà a perseguire la creazione di installazioni militari all’estero e di accordi di accesso per proiettare il potere e proteggere gli interessi della Cina all’estero. Per soddisfare le sue esigenze logistiche militari all’estero, Pechino potrebbe anche perseguire un mix di modelli logistici militari, tra cui l’accesso preferenziale alle infrastrutture commerciali all’estero, le strutture logistiche esclusive del PLA con rifornimenti pre-posizionati e co-locate con le infrastrutture commerciali, e le basi con forze di stanza.

Per affermare le proprie posizioni e la propria forza nei confronti degli altri, la Cina sta utilizzando campagne complesse, che coinvolgono l’intero governo, con operazioni militari, economiche e di influenza a breve distanza dalla guerra, riservando strumenti più distruttivi per un conflitto su larga scala. Pechino probabilmente espanderà queste campagne per promuovere l’unificazione con Taiwan, proiettare il potere in Asia orientale e contrastare l’egemonia percepita degli Stati Uniti.

• Pechino ha reagito alle operazioni militari statunitensi, come i voli di ricognizione e i bombardamenti, le

operazioni per la libertà di navigazione e le esercitazioni intorno ai confini e alle rivendicazioni marittime

della RPC. Il PLA intercetta regolarmente le forze statunitensi e le mette in ombra e talvolta conduce manovre

non sicure nelle loro vicinanze.[11 ]

Taiwan e i punti di infiammabilità marittima

Nel 2025, Pechino probabilmente applicherà una pressione coercitiva più forte contro Taiwan e un aumento percepito del sostegno degli Stati Uniti all’isola per promuovere il suo obiettivo di unificazione finale. La RPC chiede un’unificazione pacifica con Taiwan per risolvere la guerra civile che ha portato alla separazione di Taiwan, anche se minaccia di usare la forza per costringere l’unificazione, se necessario, e contrastare quello che considera un tentativo degli Stati Uniti di usare Taiwan per minare l’ascesa della Cina.

Un conflitto tra Cina e Taiwan comprometterebbe l’accesso degli Stati Uniti al commercio e alla tecnologia dei semiconduttori, fondamentale per l’economia globale. Anche senza il coinvolgimento degli Stati Uniti in un conflitto di questo tipo, ci sarebbero probabilmente conseguenze significative e costose per gli interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti e del mondo.

Pechino sta lavorando per isolare Taipei facendo pressione sugli Stati affinché riducano i legami diplomatici e sostengano l’obiettivo di unificazione della Cina. Dal 2016, le relazioni diplomatiche ufficiali di Taiwan sono scese da 22 a sole 12, e molte delle rimanenti sono vulnerabili alle pressioni cinesi.

La Cina sta avanzando le capacità militari per una campagna oltre lo Stretto e allo stesso tempo sta usando le sue forze armate per esercitare una pressione costante su Taiwan. Probabilmente il PLA sta facendo progressi costanti ma non uniformi sulle capacità che utilizzerebbe nel tentativo di impadronirsi di Taiwan e di scoraggiare – e se necessario sconfiggere – l’intervento militare degli Stati Uniti, e sta intensificando la portata, le dimensioni e il ritmo delle operazioni intorno a Taiwan.

Pechino continuerà a fare pressione su Taipei con la coercizione economica e probabilmente la aumenterà se vedrà che Taiwan sta facendo passi verso l’indipendenza formale. Potrebbe sospendere le condizioni tariffarie preferenziali, vietare selettivamente le importazioni di Taiwan in Cina e applicare arbitrariamente i regolamenti.

Gli sforzi aggressivi di Pechino per affermare le rivendicazioni di sovranità nei mari cinesi meridionali e orientali stanno aumentando le tensioni che potrebbero innescare un conflitto più ampio.

• Nel 2024, le tattiche della RPC nel Mar Cinese Meridionale hanno portato alla perdita dell’accesso

unilaterale delle Filippine ad alcune aree contese e hanno costretto a colloqui tra Pechino e Manila, in cui le

Filippine hanno accettato concessioni in cambio dell’accesso. Tuttavia, è improbabile che Manila rinunci

alle sue rivendicazioni, creando un potenziale di escalation da entrambe le parti.

• Le tensioni tra Cina e Giappone sulle isole Senkaku sono esplose l’ultima volta un decennio fa. Da allora,

le navi cinesi sono rimaste in prossimità delle isole contese, entrando occasionalmente nella zona

territoriale e provocando la risposta della Forza di autodifesa giapponese per monitorare l’attività.

Cyber

La RPC rimane la minaccia informatica più attiva e persistente per il governo degli Stati Uniti, per il settore privato e per le aree critiche.

reti infrastrutturali. La campagna della RPC per il preposizionamento dell’accesso alle infrastrutture critiche in vista di attacchi durante crisi o conflitti, nota come Volt Typhoon, e la più recente compromissione delle infrastrutture di telecomunicazione statunitensi, anch’essa nota come Salt Typhoon, dimostrano la crescente ampiezza e profondità delle capacità della RPC di compromettere le infrastrutture statunitensi.[12 ]

• Se Pechino ritenesse imminente un conflitto importante con Washington, potrebbe prendere in considerazione

operazioni informatiche aggressive contro le infrastrutture critiche e i mezzi militari statunitensi. Tali attacchi

sarebbero progettati per scoraggiare l’azione militare degli Stati Uniti, ostacolando il processo decisionale degli

Stati Uniti, inducendo il panico nella società e interferendo con il dispiegamento delle forze statunitensi.

Economia

La RPC cerca di competere con gli Stati Uniti come prima potenza economica del mondo. Per farlo, la strategia prevede un approccio centralizzato, diretto dallo Stato e dotato di risorse nazionali per dominare i mercati globali e le catene di approvvigionamento strategiche, limitare i concorrenti stranieri e rendere le altre nazioni dipendenti dalla Cina. I leader della RPC stanno applicando la stessa strategia per rafforzare la posizione della Cina e diventare più dominante a livello globale nelle catene di approvvigionamento critiche, sia per quanto riguarda i fattori di produzione a monte che può fornire a basso costo rispetto agli altri, sia per quanto riguarda la produzione a valle su scala più ampia.

• La debolezza della domanda interna cinese, unita alle sue politiche industriali, come i sussidi alla produzione,

hanno permesso un’impennata delle esportazioni cinesi a basso costo in settori come l’acciaio, danneggiando i

concorrenti statunitensi e alimentando un surplus commerciale record della RPC.

• La posizione dominante della Cina nelle principali catene di approvvigionamento le consente di utilizzare la

coercizione economica contro i Paesi che adottano politiche contrarie a Pechino. Pechino sta sviluppando un

quadro istituzionalizzato che consente ritorsioni commerciali più assertive e controllate a livello centrale. I leader

della RPC stanno utilizzando barriere commerciali e di investimento apparentemente non ufficiali o tecniche,

regolamenti amministrativi, logistica e sanzioni simboliche in modo mirato contro individui, aziende e settori,

parallelamente a messaggi di avvertimento e dissuasione.

• I leader della RPC sembrano prepararsi a maggiori attriti economici con gli Stati Uniti e probabilmente stanno

valutando le opzioni con la nuova amministrazione americana, cercando di fare leva e di trovare altri modi per

evitare una grave escalation e il disaccoppiamento.

Il dominio della Cina nell’estrazione e nella lavorazione di diversi materiali critici rappresenta una minaccia particolare, in quanto le conferisce la capacità di limitare le quantità e di influenzare i prezzi globali. Pechino ha dimostrato la volontà di limitare l’accesso globale alle sue risorse minerarie, a volte in risposta a dispute geopolitiche, come nel caso del divieto di esportazione verso gli Stati Uniti di metalli utilizzati nella produzione di semiconduttori, come gallio, germanio e antimonio, nel dicembre 2024, in risposta ai controlli statunitensi sulle esportazioni di semiconduttori avanzati e di apparecchiature per la produzione di chip. Altri esempi sono l’interruzione temporanea delle esportazioni di terre rare verso il Giappone nel 2010 e la creazione da parte di Pechino di nuove leggi che codificano l’autorità di limitare le esportazioni di minerali. Un’interruzione prolungata delle forniture controllate dalla Cina potrebbe interrompere gli input critici necessari all’industria e ai progressi tecnologici degli Stati Uniti.

La Cina ha obiettivi simili nel trasporto marittimo globale e nell’accesso alle risorse, anche nell’Artico, dove lo scioglimento dei ghiacci marini sta creando opportunità di espansione del trasporto marittimo e dello sfruttamento energetico, soprattutto lungo la Northern Sea Route (NSR) al largo delle coste russe. La Cina cerca di accedere alle potenzialmente vaste risorse naturali dell’Artico, tra cui petrolio, gas e minerali, anche se non è tra gli otto Paesi artici che controllano il territorio della regione. Pechino cerca di normalizzare rotte marittime più dirette ed efficienti verso la Russia e altre aree dell’emisfero settentrionale, come modo per alimentare la sua crescita economica e la sua sicurezza energetica e ridurre la sua dipendenza dall’energia del Medio Oriente. La Cina ha gradualmente aumentato l’impegno con la Groenlandia, soprattutto attraverso progetti minerari, sviluppo di infrastrutture e progetti di ricerca scientifica. Nonostante un impegno meno attivo al , l’obiettivo a lungo termine della Cina è quello di ampliare l’accesso alle risorse naturali della Groenlandia e di utilizzare lo stesso accesso come punto d’appoggio strategico per far avanzare gli obiettivi economici e di più ampio respiro della Cina nell’Artico.[13 ]

Tecnologia

La Cina sta utilizzando un approccio aggressivo, che coinvolge l’intero governo, unito alla direzione statale del settore privato, per diventare una superpotenza globale della S&T, superare gli Stati Uniti, promuovere l’autosufficienza e ottenere ulteriori vantaggi economici, politici e militari. Pechino ha dato priorità a settori tecnologici come l’energia avanzata, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la scienza dell’informazione quantistica e i semiconduttori, sfidando ulteriormente gli sforzi degli Stati Uniti per proteggere le tecnologie critiche, adattando le restrizioni in modo ristretto per rispondere ai problemi di sicurezza nazionale. La Cina sta accelerando i suoi progressi nel campo della S&T attraverso una serie di mezzi leciti e illeciti, tra cui investimenti, acquisizione e furto di proprietà intellettuale, operazioni informatiche, reclutamento di talenti, collaborazioni internazionali ed elusione delle sanzioni.

• Secondo alcune previsioni, i settori tecnologici cinesi rappresenteranno il 23% del prodotto interno lordo entro

il 2026, più che raddoppiando dal 2018. Oltre ai finanziamenti privati, il governo della RPC sta investendo

centinaia di miliardi di dollari in tecnologie prioritarie, come l’intelligenza artificiale, la microelettronica e le

biotecnologie, per perseguire i suoi obiettivi di autosufficienza.

La Cina ha quasi certamente una strategia nazionale sfaccettata, progettata per sostituire gli Stati Uniti come potenza mondiale più influente nel campo dell’IA entro il 2030. La Cina sta vivendo un boom dell’IA generativa con la rapida comparsa di un gran numero di modelli sviluppati dalla RPC e sta perseguendo ampiamente l’IA per le città intelligenti, la sorveglianza di massa, la sanità, l’innovazione S&T e le armi intelligenti. Le aziende cinesi di AI sono già leader mondiali nel riconoscimento vocale e delle immagini, nell’analisi video e nelle tecnologie di sorveglianza di massa. Il PLA probabilmente prevede di utilizzare modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) per generare attacchi di inganno informativo, creare fake news, imitare personaggi e attivare reti di attacco. La Cina ha anche annunciato iniziative per rafforzare il sostegno internazionale alla sua visione di governance dell’IA.

• La Cina ha rubato centinaia di gigabyte di proprietà intellettuale ad aziende in Asia, Europa e Nord America nel

tentativo di superare gli ostacoli tecnologici; nel 2021, l’80% dei casi di spionaggio economico negli Stati Uniti

riguardava entità della RPC.

Anche la Cina ritiene che le biotecnologie siano fondamentali per diventare una potenza economica dominante e intende far crescere la propria bioeconomia interna fino a 3,3 trilioni di dollari quest’anno. Per raggiungere questi obiettivi, Pechino sta investendo molto nella raccolta di dati sanitari e genetici sia in patria che all’estero e ha dimostrato di poter essere competitiva a livello globale in alcuni prodotti di base a basso costo e ad alto volume, come la biolavorazione e il sequenziamento genetico. Pechino ha identificato i dati genetici come una risorsa strategica nazionale e sta espandendo il controllo statale sui dati genetici.

banche genetiche e altri depositi genetici del paese, posizionandosi potenzialmente come leader nella medicina di precisione.

e le applicazioni delle biotecnologie agricole.

La Cina ha fatto progressi nella produzione di chip semiconduttori avanzati a 7 nanometri (nm) per il mining di criptovalute e per i dispositivi cellulari, utilizzando le apparecchiature di litografia a ultravioletti profondi (DUV) acquisite in precedenza, ma dovrà affrontare sfide per ottenere una produzione di alta qualità e in grandi volumi di questi chip senza avere accesso a strumenti di litografia a ultravioletti estremi. I ricercatori della RPC continuano inoltre a studiare l’applicazione di tecniche avanzate di patterning alle macchine DUV per produrre chip di semiconduttori con dimensioni di 3 nm. La Cina è leader mondiale nella produzione di semiconduttori logici legacy (da 28 nm in ), con il 39,3% della capacità globale, e si prevede che aggiungerà più capacità del resto del mondo messo insieme fino al 2028. Questi chip legacy sono fondamentali per la produzione di automobili, elettronica di consumo, elettrodomestici, automazione di fabbrica, banda larga e molti sistemi militari e medici.[14 ]

ADM

La Cina rimane intenzionata a modernizzare, diversificare ed espandere la propria posizione nucleare. Le armi nucleari e i sistemi di lancio avanzati della Cina rappresentano una minaccia diretta per la patria e sono in grado di provocare danni catastrofici agli Stati Uniti e di minacciare le forze militari americane qui e all’estero.

La Cina possiede molto probabilmente capacità di guerra chimica e biologica (CBW) che rappresentano una minaccia per le forze statunitensi, alleate e partner e per le popolazioni civili.

Biosicurezza

L’approccio e il ruolo della Cina nelle priorità biologiche, mediche e sanitarie globali rappresentano sfide uniche per gli Stati Uniti e per il mondo La pandemia COVID-19, che alla fine ha portato alla morte di oltre un milione di americani – e di molte altre persone nel mondo – è iniziata in Cina, dove Pechino è tuttora presente.

si rifiuta di riconoscerlo. La rigida censura cinese e la repressione della libertà di parola hanno impedito ai medici di curare i primi pazienti di Wuhan dall’avvertire il mondo di un contagio ben più grave di quello di Pechino.

ha voluto raccontare, rallentando la preparazione e la risposta del mondo. Ancora oggi, Pechino si rifiuta di collaborare pienamente con il resto della comunità internazionale nel tentativo di individuare definitivamente la causa precisa della malattia, in modo da poter prevenire e prepararsi a qualsiasi nuova malattia.

Per quanto riguarda le origini del COVID-19, le agenzie della CI hanno continuato a valutare le nuove informazioni provenienti da fonti classificate e aperte, a rivedere i rapporti precedenti e a consultarsi con diversi esperti tecnici per aumentare la nostra comprensione della causa della pandemia. Questi sforzi hanno portato la CIA a valutare che un’ipotesi legata alla ricerca è più probabile di un’ipotesi di origine naturale.

L’altra ipotesi per la COVID-19 – l’origine naturale – include molti scenari in cui gli esseri umani potrebbero essere stati infettati con il SARS-CoV-2 – il virus che causa la COVID-19 – o con un progenitore vicino attraverso l’esposizione ad animali selvatici o domestici. La Cina ospita una serie di coronavirus presenti in natura in un’ampia area geografica, e ci sono precedenti di questi virus che emergono all’interno di popolazioni umane lontane dai luoghi in cui si trovano i serbatoi. Ad esempio, il coronavirus che è il parente più prossimo alla SARS – il virus che causa la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) – probabilmente ha avuto origine nella provincia dello Yunnan, secondo gli studi scientifici, anche se il primo focolaio di SARS rilevato nell’uomo nel 2003 si è verificato nella provincia di Guangdong, a centinaia di chilometri di distanza.

• L’ipotesi di incidente legato alla ricerca considera anche un’ampia gamma di potenziali scenari iniziali di

infezione umana, da eventi in strutture di ricerca, come laboratori governativi o universitari, ad attività legate

alla ricerca sul campo, come la raccolta di campioni da animali selvatici.

La posizione dominante della RPC nella produzione di prodotti farmaceutici e di forniture mediche, unita a standard di sicurezza e ambientali di qualità inferiore a quelli degli Stati Uniti, fa sì che Pechino possa potenzialmente limitare tali esportazioni per esercitare un’influenza su Washington e su altri paesi in caso di controversie commerciali o di sicurezza. La RPC svolge un ruolo sempre più importante nella fornitura di prodotti farmaceutici e di forniture mediche agli Stati Uniti e al resto del mondo.

• Le importazioni statunitensi di prodotti farmaceutici cinesi, definiti come medicinali, vaccini, sangue,

colture organiche, bendaggi e organi, sono aumentate di quasi cinque volte solo tra il 2020 e il 2022,

passando da 2,1 miliardi di dollari a 10,3 miliardi di dollari.[15 ]

• La RPC potrebbe anche cercare di fornire in modo unico tali forniture e aiuti medici ai Paesi, a costi più bassi

e a livelli che i concorrenti non possono eguagliare, come modo per aumentare la sua influenza globale a spese degli Stati Uniti. La “diplomazia dei vaccini” della RPC durante la pandemia di COVID-19 – ha fornito vaccini a 83 Paesi – è stata guidata almeno in parte da considerazioni geopolitiche, come l’interesse per un nuovo porto in Birmania.

Spazio

La Cina ha eclissato la Russia come leader spaziale ed è pronta a competere con gli Stati Uniti come leader mondiale nello spazio, distribuendo sistemi multisensoriali interconnessi sempre più capaci e lavorando per raggiungere obiettivi scientifici e strategici ambiziosi. La Cina ha raggiunto una copertura globale in alcune delle sue costellazioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR) e uno status di livello mondiale in tutte le tecnologie spaziali, tranne alcune.

• La costellazione cinese Beidou è una capacità di posizione, navigazione e cronometraggio di livello mondiale

che compete con il GPS statunitense e il servizio europeo Galileo. L’architettura ISR del PLA e le comunicazioni

satellitari sono settori che il PLA continua a migliorare per colmare il divario percepito tra sé e le forze armate

statunitensi.

• Il successo della missione cinese di restituzione di un campione lunare nel giugno 2024 contribuisce a

rafforzare l’abilità tecnologica e il prestigio nazionale di Pechino, sostenendo il suo sforzo di far atterrare

astronauti sulla Luna entro il 2030 e di stabilire la prima base lunare entro il 2035.

• Il settore spaziale commerciale cinese sta crescendo rapidamente con l’aspirazione di diventare un importante

concorrente globale.

Le aziende spaziali statunitensi ed europee. L’anno scorso, ad esempio, la Cina ha lanciato la prima serie di satelliti della sua costellazione in orbita terrestre bassa (LEO) per il proprio servizio Internet via satellite, in concorrenza con i servizi Internet commerciali via satellite occidentali.

Le operazioni di controspazio saranno parte integrante delle campagne militari del PLA e la Cina dispone di capacità di armi controspaziali destinate a colpire i satelliti statunitensi e alleati. La Cina ha già messo in campo capacità controspaziali terrestri, tra cui sistemi EW, armi a energia diretta (DEW) e missili antisatellite (ASAT) destinati a disturbare, danneggiare e distruggere i satelliti bersaglio.

• La Cina ha anche condotto dimostrazioni di tecnologia orbitale che, pur non essendo test di armi controspaziali,

dimostrano la sua capacità di utilizzare future armi controspaziali basate sullo spazio. La Cina ha anche

condotto ispezioni satellitari in orbita di altri satelliti, che probabilmente sarebbero rappresentative delle tattiche

richieste per alcuni attacchi controspaziali.

Attività di influenza maligna

Pechino continuerà a espandere le sue attività coercitive e sovversive di influenza maligna per indebolire gli Stati Uniti all’interno e a livello globale, oltre a contrastare quella che Pechino considera una campagna guidata dagli Stati Uniti per offuscare le relazioni globali della Cina e rovesciare il PCC. Attraverso questi sforzi, la RPC cerca di sopprimere le opinioni critiche e i critici della Cina all’interno degli Stati Uniti e nel mondo, e di seminare dubbi sulla leadership e sulla forza degli Stati Uniti. È probabile che Pechino si senta incoraggiata a usare l’influenza maligna con maggiore regolarità nei prossimi anni, in particolare quando metterà in campo l’intelligenza artificiale per migliorare le proprie capacità ed evitare di essere individuata.[16 ]

• Gli attori della RPC hanno aumentato le loro capacità di condurre operazioni di influenza segrete e di

diffondere disinformazione. Ad esempio, nel 2024 gli attori online pro-Cina hanno utilizzato conduttori di

notizie generati dall’AI e falsi account di social media con immagini di profilo generate dall’AI per seminare

divisioni su questioni come l’uso di droghe, l’immigrazione e l’aborto.

Le sfide della Cina

La Cina si trova di fronte a sfide impegnative che comprometteranno i risultati strategici e politici dei leader del PCC. I leader cinesi sono probabilmente i più preoccupati per la corruzione, gli squilibri demografici e le difficoltà fiscali ed economiche, perché minacciano le prestazioni economiche e la qualità della vita del Paese, due fattori chiave per la crescita del paese. alla base della legittimità del PCC. Nonostante il forte rallentamento economico, i leader cinesi probabilmente resisteranno a fare le necessarie riforme strutturali e manterranno invece politiche economiche stataliste per indirizzare il capitale verso i settori prioritari, ridurre la dipendenza dalle tecnologie straniere e consentire la modernizzazione militare.

• La crescita della Cina continuerà probabilmente a rallentare a causa della scarsa fiducia dei consumatori e

degli investitori. I tassi di natalità e di matrimonio in Cina continuano a diminuire, rafforzando le tendenze

demografiche negative e la contrazione della forza lavoro.

L’attenzione di Xi per la sicurezza e la stabilità del PCC e per assicurarsi la lealtà personale degli altri leader sta minando la capacità della Cina di risolvere i complessi problemi interni e ostacolerà l’azione globale di Pechino. leva. L’unione delle minacce alla sicurezza interna ed estera da parte di Xi sta minando la posizione e il prestigio della Cina all’estero, riducendo la capacità di Pechino di plasmare la percezione globale e di competere con la leadership degli Stati Uniti.

RUSSIA

Panoramica strategica

La Russia considera la guerra in corso in Ucraina come un conflitto per procura con l’Occidente e il suo obiettivo di ripristinare la forza e la sicurezza russa nel suo vicino estero contro l’invasione percepita dagli Stati Uniti e dall’Occidente ha aumentato i rischi di un’escalation involontaria tra Russia e NATO. Il conseguente inasprimento e prolungamento del conflitto politico-militare

Le tensioni tra Mosca e Washington, insieme alla crescente fiducia della Russia nella sua superiorità sul campo di battaglia e nella sua base industriale di difesa e all’aumento del rischio di una guerra nucleare, creano urgenza e complicazioni per gli sforzi degli Stati Uniti di portare la guerra a una conclusione accettabile.

A prescindere da come e quando finirà la guerra in Ucraina, le attuali tendenze geopolitiche, economiche, militari e di politica interna della Russia sottolineano la sua resilienza e la sua potenziale minaccia duratura al potere, alla presenza e agli interessi globali degli Stati Uniti. Nonostante abbia pagato enormi costi militari ed economici nella sua guerra con l’Ucraina, la Russia si è dimostrata adattabile e resistente, in parte grazie all’appoggio esteso di Cina, Iran e Corea del Nord. Il Presidente Vladimir Putin sembra deciso e pronto a pagare un prezzo molto alto per prevalere in quello che considera un momento decisivo nella competizione strategica della Russia con gli Stati Uniti, nella storia mondiale e nella sua eredità personale. La maggior parte dei russi continua ad accettare passivamente la guerra e l’emergere di un’alternativa a Putin è probabilmente meno probabile ora che in qualsiasi momento del suo quarto di secolo di governo.[17 ]

• Gli sforzi occidentali per isolare e sanzionare la Russia hanno accelerato i suoi investimenti in partnership

alternative e l’uso di vari strumenti di statecraft per controbilanciare il potere degli Stati Uniti, con il sostegno e il

rafforzamento della Cina. Il rapporto della Russia con la Cina ha aiutato Mosca ad aggirare le sanzioni e i

controlli sulle esportazioni per continuare lo sforzo bellico, mantenere un forte mercato per i prodotti energetici e

promuovere un contrappeso globale agli Stati Uniti, anche se a costo di una maggiore vulnerabilità all’influenza

cinese. La Russia sta anche aumentando la cooperazione militare con l’Iran e la Corea del Nord, il che continuerà

ad aiutare il suo sforzo bellico e a rafforzare la cooperazione e la capacità collettiva degli avversari statunitensi.

Infine, Mosca è sempre più disposta a fare da guastafeste in forum occidentali come l’ONU e a utilizzare

organizzazioni non occidentali come il gruppo Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (BRICS) per fare

pressione su politiche come la de-dollarizzazione.

• La Russia ha dimostrato di essere in grado di superare, almeno nel breve periodo, le notevoli sfide economiche

derivanti dal continuo logorio della guerra, dall’imposizione dei costi da parte dell’Occidente, dall’alta inflazione

e dai tassi di interesse, utilizzando soluzioni finanziarie e di sostituzione delle importazioni, mantenendo un

basso indebitamento e continuando a investire nella base industriale della difesa. L’economia russa rimane la

quarta più grande del mondo (in base al PIL a parità di potere d’acquisto).

• Le ingenti perdite delle forze di terra della Russia nella guerra hanno fatto poco per minare i pilastri strategici

del suo potere militare, tra cui il suo diverso e solido deterrente nucleare e le sue capacità asimmetriche, in

particolare nella guerra controspaziale e sottomarina. Le forze aeree e navali russe rimangono intatte, e le

prime sono più moderne e capaci rispetto all’inizio dell’invasione. La Russia sta sviluppando un crescente

arsenale di capacità convenzionali, come le armi d’attacco di teatro, per colpire la Patria e le forze e i mezzi

dispiegati all’estero – e per mettere a rischio gli alleati degli Stati Uniti – durante le crisi e le guerre.

I programmi avanzati della Russia in materia di armi di distruzione di massa e di spazio minacciano la patria,

le forze statunitensi e i principali vantaggi bellici.

• La Russia continuerà a poter utilizzare la diplomazia anti-statunitense, le tattiche energetiche coercitive, la

disinformazione, lo spionaggio, le operazioni di influenza, l’intimidazione militare, i cyberattacchi e gli

strumenti della zona grigia per cercare di competere al di sotto del livello di conflitto armato e creare

opportunità per far avanzare gli interessi russi.

• La guerra in Ucraina ha fornito a Mosca una grande quantità di lezioni sul combattimento contro le armi e

l’intelligence occidentali in una guerra su larga scala. Questa esperienza probabilmente metterà a dura prova la

futura pianificazione della difesa statunitense, anche nei confronti di altri avversari con cui Mosca sta

condividendo le lezioni apprese.[18 ]

La Russia e l’Artico

La Russia controlla circa la metà di tutte le coste artiche e considera la regione essenziale per il suo benessere economico e la sua sicurezza nazionale. Mosca vuole sviluppare ulteriormente le sue riserve di petrolio e gas nell’Artico e posizionarsi in modo da trarre vantaggio dal previsto aumento del commercio marittimo. La Russia è preoccupata per la crescente competizione economica e militare con i Paesi occidentali nella regione, che si è aggravata lo scorso anno con l’allargamento della NATO agli ultimi due Stati artici non allineati, Finlandia e Svezia.

• La guerra in Ucraina ha prosciugato le finanze e le risorse militari disponibili della Russia per adempiere

ai suoi obblighi. ambizioni artiche, spingendo la Russia a cercare una più stretta collaborazione con la Cina nell’Artico, e  accogliendo con favore il crescente coinvolgimento di altri paesi non occidentali, per compensare il coinvolgimento dei paesi della NATO vantaggi percepiti.

• L’interesse della Russia per la Groenlandia si concentra principalmente sulla sua vicinanza a rotte navali

strategicamente importanti tra l’Oceano Artico e l’Oceano Atlantico, anche per i sottomarini dotati di armi

nucleari, e sul fatto che la Groenlandia ospita una base militare statunitense chiave.

Militare

I massicci investimenti di Mosca nel settore della difesa renderanno l’esercito russo una minaccia continua per gli Stati Uniti. sicurezza nazionale, nonostante le significative perdite di personale e di equipaggiamento subite dalla Russia, soprattutto nelle forze di terra, durante la guerra con l’Ucraina. Le forze aeree e navali russe, nonostante abbiano subito alcune perdite e abbiano speso notevoli quantità di munizioni a guida di precisione, rimangono in grado di fornire Mosca forze di proiezione di potenza a livello regionale e globale, mentre le forze nucleari e controspaziali della Russia continuano a fornirle una capacità di deterrenza strategica.

• Il conflitto in Ucraina ha portato al miglioramento di alcune capacità militari russe. Ad esempio, l’uso iniziale dei

sistemi EW e senza pilota da parte della Russia era carente, ma si è adattato e innovato utilizzando l’EW per

interferire più efficacemente con l’uso ucraino di radar e GPS e di veicoli aerei senza pilota (UAV).

• La Russia possiede capacità di attacco di precisione a lungo raggio, in particolare sottomarini e

bombardieri dotati di LACM e missili da crociera antinave, che possono mettere a rischio la Patria.

• Mosca ha aumentato il bilancio della difesa fino a raggiungere il livello più pesante durante gli oltre

vent’anni di potere di Putin e ha adottato misure per ridurre limpatto delle sanzioni sull’industria militare

e della difesa.

• La Russia ha importato munizioni come UAV dall’Iran e proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord per

mitigare l’impatto delle sanzioni internazionali, sostenendo così la sua capacità di condurre una guerra in

Ucraina e aumentando la minaccia militare.

Mosca dovrà affrontare sfide a lungo termine come la qualità delle truppe, la corruzione e un tasso di fertilità inferiore a quello necessario per i rimpiazzi, ma i suoi investimenti nel reclutamento e nell’approvvigionamento del personale dovrebbero consentirle di ricostituire costantemente le riserve e di espandere le forze di terra in particolare nel prossimo decennio. Tuttavia, la guerra in Ucraina sarà un freno a questi sforzi finché persisterà. Mosca dovrà continuamente bilanciare l’allocazione delle risorse tra la produzione su larga scala di equipaggiamento per sostenere la guerra e gli sforzi di modernizzazione e ricapitalizzazione.

Russia e Ucraina

Nell’ultimo anno, la Russia ha preso il sopravvento nell’invasione su larga scala dell’Ucraina ed è in procinto di acquisire una maggiore influenza per spingere Kiev e i suoi sostenitori occidentali a negoziare una fine della guerra che conceda a Mosca le concessioni che cerca. Il proseguimento della guerra tra Russia e Ucraina perpetua i rischi strategici per gli Stati Uniti di un’escalation involontaria verso una guerra su larga scala, il potenziale uso di armi nucleari, l’aumento dell’insicurezza tra gli alleati della NATO, in particolare nell’Europa centrale, orientale e settentrionale, e una Cina e una Corea del Nord più forti.

Anche se il presidente russo Putin non sarà in grado di ottenere la vittoria totale che aveva previsto al momento dell’inizio dell’invasione su larga scala nel febbraio 2022, la Russia mantiene lo slancio come una guerra di macinazione di

La guerra di logoramento gioca a favore dei vantaggi militari della Russia. Questa guerra di logoramento porterà a una graduale ma costante erosione della posizione di Kiev sul campo di battaglia, indipendentemente dai tentativi degli Stati Uniti o degli alleati di imporre nuovi e maggiori costi a Mosca.

• Nonostante le difficoltà di reclutamento, la Russia ha regolarmente generato personale sufficiente per

reintegrare le perdite e creare nuove unità per sostenere gli attacchi su più assi del fronte. Se da un lato

l’Ucraina ha aumentato l’organico complessivo dopo l’approvazione della nuova legislazione sulla

mobilitazione nella primavera del 2024, dall’altro Kyiv ha teso le sue risorse cercando di lanciare nuove

offensive – come a Kursk, in Russia – e di costruire più brigate difendendo su tutti i fronti.

• L’aumento della spesa di Mosca per la difesa e gli investimenti nella capacità industriale della difesa

continueranno a consentire un alto livello di produzione di capacità critiche – come l’artiglieria, i missili a

lunga gittata, gli UAV d’attacco unidirezionali e le bombe plananti – e garantiranno alla Russia un vantaggio

di potenza di fuoco sull’Ucraina.

• Sia Putin che il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy sono interessati a proseguire le discussioni con gli

Stati Uniti su come porre fine alla guerra e hanno mostrato la volontà di testare cessate il fuoco parziali.

Tuttavia, Putin è probabilmente consapevole del fatto che un conflitto prolungato potrebbe trascinare

l’economia russa e provocare un’escalation indesiderata con l’Occidente, e Zelenskyy probabilmente capisce

che la sua posizione si sta indebolendo, che il futuro dell’assistenza occidentale è incerto e che un cessate il

fuoco potrebbe alla fine diventare un ricorso necessario. Tuttavia, entrambi i leader per ora probabilmente

considerano i rischi di una guerra più lunga inferiori a quelli di un accordo insoddisfacente. Per la Russia, le

tendenze positive sul campo di battaglia consentono una certa pazienza strategica, mentre per l’Ucraina,

concedere il territorio o la neutralità alla Russia senza sostanziali garanzie di sicurezza da parte

dell’Occidente potrebbe provocare contraccolpi interni e futura insicurezza.

Cyber

Le avanzate capacità informatiche della Russia, i suoi ripetuti successi nel compromettere obiettivi sensibili per la raccolta di informazioni e i suoi tentativi passati di preposizionare l’accesso alle infrastrutture critiche statunitensi ne fanno una persistente minaccia di controspionaggio e di attacco informatico. Il punto di forza unico di Mosca è l’esperienza pratica acquisita nell’integrare gli attacchi e le operazioni cibernetiche con l’azione militare in tempo di guerra, amplificando quasi certamente il suo potenziale per concentrare l’impatto combinato su

Obiettivi statunitensi in tempo di conflitto.[20 ]

• Nell’ultimo decennio la Russia ha dimostrato di possedere capacità di disturbo reali, tra cui l’acquisizione di

esperienza nell’esecuzione degli attacchi, colpendo senza sosta le reti ucraine con malware dirompenti e

distruttivi.

Attività di influenza maligna

Mosca utilizza le attività di influenza per contrastare le minacce, anche fomentando il disaccordo politico in Occidente, seminando dubbi sui processi democratici e sulla leadership globale degli Stati Uniti, sminuendo il sostegno occidentale all’Ucraina e amplificando il ruolo dell’Unione Europea.

le narrazioni russe preferite. Le attività di influenza maligna di Mosca continueranno nel prossimo futuro e quasi certamente aumenteranno di livello e volume.

• Mosca probabilmente ritiene che gli sforzi delle operazioni informative per influenzare le elezioni statunitensi

siano vantaggiosi, a prescindere dal fatto che influenzino i risultati elettorali, perché rafforzano i dubbi

sull’integrità del sistema elettorale.

Il sistema elettorale statunitense raggiunge uno dei suoi obiettivi principali.

• La Russia si avvale di diverse entità, come le organizzazioni per l’influenza Social Design Agency (SDA) e

ANO Dialog, autorizzate dagli Stati Uniti, e l’emittente statale RT, nel tentativo di plasmare in modo occulto

l’opinione pubblica degli Stati Uniti, amplificare e fomentare le divisioni interne e coinvolgere discretamente

gli americani, nascondendo al contempo la mano della Russia.

ADM

La Russia possiede la più grande e diversificata riserva di armi nucleari che, insieme ai suoi sistemi di lancio terrestri, aerei e marittimi, potrebbero infliggere danni catastrofici alla Patria. La Russia ha sviluppato una forza nucleare strategica più modernizzata, mobile e sopravvissuta, destinata a eludere o neutralizzare la futura difesa missilistica aumentata degli Stati Uniti e a garantire la deterrenza attraverso un potenziale di attacco di rappresaglia affidabile. Inoltre, il vasto arsenale di armi nucleari non strategiche aiuta la Russia a compensare la superiorità convenzionale occidentale e a fornire formidabili opzioni di gestione dell’escalation in scenari di guerra di teatro.

La Russia continua ad impegnarsi per modernizzare le proprie capacità di armamento nucleare, a fronte di molteplici test falliti di nuovi sistemi.

La minaccia russa di CBW è in espansione. Gli istituti scientifici russi continuano a ricercare e sviluppare capacità CBW, comprese le tecnologie per la distribuzione di agenti CBW. La Russia mantiene un programma di armi chimiche non dichiarato e ha usato armi chimiche almeno due volte negli ultimi anni in tentativi di assassinio con agenti nervini Novichok, noti anche come agenti di quarta generazione, contro il leader dell’opposizione russa Aleksey Navalny nel 2020 e contro il cittadino britannico Sergey Skripal e sua figlia Yuliya Skripal sul suolo del Regno Unito nel 2018. Le forze russe continuano quasi certamente a utilizzare sostanze chimiche contro le forze ucraine, con centinaia di attacchi segnalati dalla fine del 2022.

Spazio

La Russia continua ad addestrare i suoi elementi militari spaziali e a mettere in campo nuove armi antisatellite per interrompere e degradare le attività di ricerca e sviluppo.

capacità spaziali degli Stati Uniti e degli alleati. Sta ampliando il suo arsenale di sistemi di disturbo, DEW, capacità di controspazio in orbita e missili ASAT progettati per colpire i satelliti statunitensi e alleati.[21 ]

Capacità antisatellite russa

La Russia sta sviluppando un nuovo satellite destinato a trasportare un’arma nucleare come capacità antisatellite. Una detonazione nucleare nello spazio potrebbe causare conseguenze devastanti per gli Stati Uniti, l’economia globale e il mondo in generale. Danneggerebbe i satelliti e le infrastrutture commerciali e di sicurezza nazionale di tutti i Paesi, oltre a compromettere l’uso dello spazio da parte degli Stati Uniti come motore di sviluppo economico.

• Nel febbraio 2022, la Russia ha lanciato un satellite che secondo quanto dichiarato dal Ministero della

Difesa, serviva a testare gli strumenti e i sistemi di bordo sotto l’influenza di radiazioni e particelle

cariche pesanti.

• La Russia utilizza l’EW per contrastare le risorse occidentali in orbita e continua a sviluppare missili

ASAT in grado di distruggere obiettivi spaziali in LEO.

Nonostante l’eredità sovietica, la guerra in Ucraina ha rivelato evidenti carenze nell’architettura spaziale russa, che continuerà a incontrare difficoltà a causa degli effetti delle sanzioni e dei controlli sulle esportazioni, dei problemi del settore spaziale interno e della crescente competizione per le risorse del programma all’interno della Russia. Tuttavia, la Russia rimarrà un concorrente spaziale, probabilmente dando la priorità agli asset critici per la sua sicurezza nazionale e integrando i servizi spaziali militari rispetto ai progetti spaziali civili.

• Mosca utilizza i propri e altrui satelliti civili e commerciali di telerilevamento per integrare le capacità

militari dedicate e ha avvertito che le infrastrutture commerciali di altri Paesi nello spazio esterno utilizzate

per scopi militari possono diventare un obiettivo legittimo.

Capacità antisatellite russa

La Russia sta sviluppando un nuovo satellite destinato a trasportare un’arma nucleare come capacità antisatellite. Una detonazione nucleare nello spazio potrebbe causare conseguenze devastanti per gli Stati Uniti, l’economia globale e il mondo in generale. Danneggerebbe i satelliti e le infrastrutture commerciali e di sicurezza nazionale di tutti i Paesi, oltre a compromettere l’uso dello spazio da parte degli Stati Uniti come motore di sviluppo economico.

• Nel febbraio 2022, la Russia ha lanciato un satellite che secondo quanto dichiarato dal Ministero della

Difesa, serviva a testare gli strumenti e i sistemi di bordo sotto l’influenza di radiazioni e particelle

cariche pesanti.  

Tecnologia

Sebbene l’ecosistema S&T della Russia sia stato limitato in seguito all’invasione dell’Ucraina, Mosca continua a distribuire applicazioni nascenti di IA sul campo di battaglia e al di fuori di esso e ha approfondito la cooperazione tecnica con partner come la Cina a sostegno degli obiettivi di R&S a lungo termine. L’uso dell’IA da parte di Mosca per aumentare le operazioni militari probabilmente affinerà ulteriormente le tattiche e le capacità russe in caso di futuri conflitti con gli Stati Uniti o gli alleati della NATO.

• La Russia sta usando l’IA per creare deepfakes altamente capaci per diffondere disinformazione, condurre

operazioni di influenza maligna e fomentare ulteriore paura. La Russia ha anche dimostrato l’uso di

apparecchiature antidrone abilitate all’intelligenza artificiale durante il conflitto in corso con l’Ucraina.

• I pochi produttori nazionali di microelettronica russi sono riusciti a produrre chip solo fino al livello di 65 nm e

hanno l’obiettivo di produrre in massa chip da 28 nm entro il 2030, con un notevole ritardo rispetto ai leader

mondiali.

• Pur essendo in gran parte tagliata fuori dalle catene di approvvigionamento occidentali, la Russia ha

notevolmente ampliato e approfondito la cooperazione in diversi settori tecnici con partner internazionali. La

Russia cerca di allineare ulteriormente i propri sforzi di S&T con la Cina e gli alleati BRICS in settori quali lo

sviluppo e la governance dell’intelligenza artificiale e la produzione di semiconduttori, per far progredire le

proprie capacità e diminuire in generale l’influenza occidentale.[22 ]

Le sfide della Russia

Anche se la Russia si è dimostrata resistente, deve affrontare una miriade di sfide per rimanere un attore globale indispensabile, mantenere una sfera di influenza e sostenere la stabilità interna – i suoi obiettivi strategici più elevati – che suggeriscono limiti alla sua fiducia nei confronti degli Stati Uniti e della comunità internazionale. La Russia ha pagato un prezzo pesante in termini di sangue, tesori e perdita di reputazione internazionale e di opzioni di politica estera a causa della sua invasione su larga scala dell’Ucraina. Il Presidente Putin ha sconvolto due decenni di rinascita geopolitica della Russia, ha creato nuove minacce alla sua sicurezza esterna e interna e ha messo a dura prova il suo potenziale economico e militare, rendendola più dipendente dalla Cina e da altri partner affini come la Corea del Nord.

• Le forze armate russe hanno subito più perdite in Ucraina che in tutte le altre guerre dalla Seconda Guerra

Mondiale (oltre 750.000 tra morti e feriti) e la sua economia si trova ad affrontare significativi venti

macroeconomici a lungo termine ed è sempre più dipendente dalla Cina.

• L’aggressione della Russia ha rafforzato l’unità europea e ha spinto Finlandia e Svezia ad aderire alla

NATO. Gli sforzi dell’Armenia, della Moldavia e di alcuni Stati dell’Asia centrale per cercare partner

alternativi evidenziano come la guerra abbia danneggiato l’influenza di Mosca, anche nello spazio postsovietico, e fatto deragliare la visione di Putin di una maggiore unione eurasiatica.

IRAN

Panoramica strategica

Teheran cercherà di far leva sulla sua solida capacità missilistica e sul suo programma nucleare ampliato, oltre che sui suoi contatti diplomatici con gli Stati regionali e i rivali degli Stati Uniti, per rafforzare la sua influenza regionale e garantire la sopravvivenza del regime. Tuttavia, le sfide regionali e interne, in particolare le tensioni con Israele, stanno mettendo a dura prova le ambizioni e le capacità dell’Iran. Un Hizballah degradato, la caduta del regime di Asad in Siria e l’incapacità dell’Iran stesso di scoraggiare Israele hanno portato i leader di Teheran a sollevare questioni fondamentali riguardo all’approccio dell’Iran. Anche l’economia iraniana, costantemente sottotono, e le lamentele della società continueranno a mettere alla prova il regime sul piano interno.

Teheran continuerà a contrastare Israele e a spingere gli Stati Uniti a lasciare la regione, aiutando e armando il suo consorzio di attori terroristici e militanti che la pensano allo stesso modo, noto come “Asse della Resistenza”. Sebbene la caduta del regime di Asad, un alleato chiave di Teheran, sia un colpo per l’Asse, questi attori rappresentano ancora un’ampia gamma di minacce. Queste minacce includono la continua vulnerabilità di Israele nei confronti di HAMAS e Hizballah, gli attacchi delle milizie contro le forze statunitensi in Iraq e Siria e la minaccia di attacchi missilistici e UAV degli Huthi contro Israele e il traffico marittimo in transito vicino allo Yemen. La Guida Suprema Ali Khamenei continua a voler evitare di coinvolgere l’Iran in un conflitto diretto ed esteso con gli Stati Uniti e i suoi alleati.

Gli investimenti iraniani nel settore militare sono stati un elemento chiave dei suoi sforzi per affrontare diverse minacce e cercare di dissuadere e difendere da un attacco da parte degli Stati Uniti o di Israele. L’Iran continua a rafforzare la letalità e la precisione dei suoi sistemi missilistici e UAV di produzione nazionale, di cui possiede le più grandi scorte della regione. L’Iran li considera fondamentali per la sua strategia di deterrenza e per la sua capacità di proiezione di potenza e ne utilizza la vendita per approfondire le partnership militari globali. Le crescenti competenze e la volontà dell’Iran di condurre operazioni informatiche aggressive ne fanno una minaccia importante per la sicurezza delle reti e dei dati degli Stati Uniti, degli alleati e dei partner. [23 ]

L’Iran continuerà inoltre minacciare direttamente le persone degli Stati Uniti a livello globale e rimane impegnato nel suo sforzo decennale di sviluppare reti di surrogati all’interno degli Stati Uniti. L’Iran cerca di colpire ex e attuali funzionari statunitensi che ritiene coinvolti nell’uccisione del comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC)-Forze Qods Qasem Soleimani nel gennaio 2020 e in precedenza ha cercato di condurre operazioni letali negli Stati Uniti.

Teheran intende che l’espansione delle sue relazioni con gli altri principali avversari degli Stati Uniti e con il Sud globale mitighino le sue relazioni con gli Stati Uniti.

Gli sforzi degli Stati Uniti per isolare il regime e attenuare l’impatto delle sanzioni occidentali. È probabile che gli sforzi diplomatici di Teheran – che a volte si sono rivolti all’Europa – continuino con diversi gradi di successo. Nell’ultimo anno, l’Iran ha puntato molto sull’approfondimento dei legami con la Russia – anche attraverso la cooperazione militare per la sua guerra in Ucraina – e ha fatto affidamento sulla Cina come partner politico ed economico chiave per aiutarlo a mitigare la pressione economica e diplomatica. L’Iran sta anche facendo progressi nello sviluppo di legami diplomatici e di difesa più stretti con gli Stati africani e con altri attori del Sud globale e sta cercando di consolidare i nascenti miglioramenti nei suoi legami con altri attori regionali, come l’Arabia Saudita, nonostante i continui sospetti reciproci sulle visioni finali della regione.

I semi economici, politici e sociali del malcontento popolare potrebbero minacciare ulteriori conflitti interni, simili alle proteste su larga scala e prolungate in Iran alla fine del 2022 e all’inizio del 2023. L’economia è afflitta da bassa crescita, volatilità del tasso di cambio e alta inflazione. In assenza di un alleggerimento delle sanzioni, queste tendenze probabilmente continueranno nel prossimo futuro.

Siria

La caduta del regime del presidente Bashar al-Asad per mano delle forze di opposizione guidate da Hay’at Tahrir alSham (HTS) – un gruppo precedentemente associato ad al-Qaeda – ha creato le condizioni per una prolungata instabilità in Siria e potrebbe contribuire alla rinascita dell’ISIS e di altri gruppi terroristici islamici. Anche se il governo provvisorio guidato dall’HTS riuscirà a superare gli obiettivi divergenti, governare la Siria rimarrà una sfida ardua in mezzo alla

I problemi economici del Paese, le esigenze umanitarie indotte in parte da milioni di sfollati interni, l’insicurezza dilagante e i dissidi etnici, settari e religiosi.

• Le forze governative provvisorie guidate dall’HTS, insieme a elementi di Hurras al-Din e altri gruppi

jihadisti, hanno commesso violenze ed esecuzioni extragiudiziali nel nord-ovest della Siria all’inizio di

marzo 2025, prendendo di mira principalmente le minoranze religiose e causando la morte di oltre 1.000

persone, tra cui civili alawiti e cristiani.

• Il leader dell’HTS sostiene di essere disposto a collaborare con la schiera di gruppi etnosettari siriani per

sviluppare un modello di governance inclusivo. Molti di questi gruppi rimangono scettici nei confronti dell’HTS.

intenzioni, soprattutto se si considera il passato di associazione del leader ad Al-Qaeda, suggerendo che il

protrarsi dei negoziati potrebbe sfociare nella violenza. I funzionari del governo israeliano sono scettici sulle rivendicazioni e sulle intenzioni dell’HTS, esprimendo la preoccupazione che gli obiettivi storici dell’HTS contro Israele persistano.

• Alcuni gruppi jihadisti rimasti si rifiutano di confluire nel Ministero della Difesa dell’HTS e l’ISIS ha già

manifestato la sua opposizione all’appello alla democrazia dell’HTS e sta progettando attacchi per minare

la sua governance.[24 ]

Militare

Le capacità convenzionali e non convenzionali dell’Iran costituiranno una minaccia per le forze e i partner statunitensi nella regione nel prossimo futuro, nonostante il degrado dei suoi proxy e delle difese aeree durante il conflitto di Gaza. Le grandi forze convenzionali iraniane sono in grado di infliggere danni sostanziali a un aggressore, eseguendo attacchi regionali, e interrompere la navigazione, in particolare le forniture di energia, attraverso lo Stretto di Hormuz. Le operazioni di guerra non convenzionale dell’Iran e i suoi partner e proxy militanti, come Hizballah, hanno tradizionalmente permesso a Teheran di perseguire i propri interessi in tutta la regione e di mantenere la profondità strategica con un minimo di negabilità.

Tuttavia, i funzionari iraniani sono alle prese con il modo di rallentare ed eventualmente annullare le recenti perdite militari subite da loro e dai loro proxy a causa della campagna israeliana contro l’Iran e i suoi alleati regionali, compresi gli attacchi a obiettivi militari iraniani come i sistemi di difesa aerea nell’aprile e nell’ottobre 2024. Il CI ritiene che le prospettive dell’Iran di ricostituire le perdite di forze e di costituire un deterrente credibile, in particolare per le azioni israeliane, siano scarse nel breve termine.

L’Iran ha messo in campo una grande quantità di missili balistici e da crociera e di UAV che possono colpire in tutta la regione e continua a impegnarsi per migliorarne la precisione, la letalità e l’affidabilità. L’industria della difesa iraniana ha una solida capacità di sviluppo e produzione, soprattutto di armi a basso costo come i piccoli UAV.

Tuttavia, i danni limitati che gli attacchi iraniani dell’aprile e dell’ottobre 2024 hanno inflitto a Israele mettono in evidenza la necessità di un’azione di prevenzione.

le carenze delle opzioni militari convenzionali dell’Iran.

L’Iran ha anche schierato piccole imbarcazioni e sottomarini in grado di interrompere il traffico marittimo attraverso lo Stretto di Hormuz. Le sue forze terrestri e aeree, pur essendo tra più grandi della regione, soffrono di un equipaggiamento obsoleto e di un addestramento limitato.

Conflitto in Medio Oriente

Il conflitto tra Israele e HAMAS, scatenato dall’attacco di HAMAS del 7 ottobre contro Israele, ha fatto deragliare la diplomazia e la cooperazione senza precedenti generate Accordi di Abraham e la traiettoria di crescente stabilità in Medio Oriente. Ci aspettiamo che la situazione a Gaza, così come le dinamiche Israele-Hizballah e Israele-Iran, rimangano volatili.

Anche in forma degradata, HAMAS continua a rappresentare una minaccia per la sicurezza di Israele. Il gruppo conserva migliaia di combattenti e gran parte delle sue infrastrutture sotterranee e probabilmente ha utilizzato il cessate il fuoco per rafforzare e rifornire le sue scorte militari e di munizioni in modo da poter combattere di nuovo. HAMAS è in grado di riprendere una resistenza di guerriglia a basso livello e di rimanere l’azione politica dominante a Gaza per il prossimo futuro. Le scarse aspettative di tutte le parti sulla durata del cessate il fuoco e l’assenza di un piano politico e di ricostruzione credibile dopo i combattimenti lasciano presagire anni di instabilità.

• Mentre la popolarità di HAMAS è diminuita tra i gazesi, la sua popolarità rimane alta tra gli occidentali.

palestinesi della Cisgiordania, soprattutto per quanto riguarda l’Autorità Palestinese (AP).

Le relazioni israelo-palestinesi a lungo termine dipendono anche dalla traiettoria di una Cisgiordania sempre più instabile. La debolezza e il declino della capacità dell’Autorità palestinese di fornire sicurezza e altri servizi in Cisgiordania, le operazioni israeliane in Cisgiordania, la violenza dei coloni israeliani e dei gruppi militanti palestinesi, tra cui HAMAS, e una potenziale transizione di leadership all’interno dell’Autorità palestinese potrebbero esacerbare le sfide di governance a Ramallah. Molto dipenderà anche dal modo in cui Israele gestirà la situazione postbellica di Gaza e le sue operazioni in Cisgiordania, che potrebbero indebolire o minare l’Autorità palestinese.

Durante il conflitto di Gaza, l’Iran ha incoraggiato e permesso ai suoi vari proxy e partner di condurre attacchi contro le forze e gli interessi israeliani e talvolta statunitensi nella regione.

• Gli Huthi sono emersi come l’attore più aggressivo, attaccando le navi commerciali nel Mar Rosso e

nell’Oceano Indiano, le forze statunitensi ed europee e Israele. Oltre a ricevere l’assistenza iraniana, gli

Huthi hanno ampliato il loro raggio d’azione, stringendo partnership con altri attori, come la Russia e i

broker di armi russi, le società commerciali di difesa della RPC, al-Shabaab e i militanti sciiti iracheni.

• Le milizie sciite irachene continuano a cercare di costringere gli Stati Uniti a ritirarsi dall’Iraq

attraverso pressioni politiche sul governo iracheno e attacchi alle forze statunitensi in Iraq e Siria.

Ulteriori combattimenti tra Hizballah e Israele minaccerebbero la fragile stabilità del Libano e qualsiasi progresso politico iniziato con l’elezione di un presidente a gennaio, dopo anni di tentativi. Una ripresa delle prolungate operazioni israeliane in Libano potrebbe innescare un forte aumento delle tensioni settarie, minare le forze di sicurezza libanesi e peggiorare drasticamente le condizioni umanitarie. Sebbene indebolito, Hizballah mantiene capacità di colpire persone e interessi statunitensi nella regione, nel mondo e, in misura minore, negli Stati Uniti.[26 ]

Le sfide dell’Iran

I leader iraniani riconoscono che il Paese si trova in uno dei punti più fragili dai tempi della guerra Iran-Iraq, il che probabilmente pesa sul loro calcolo strategico e sulla fiducia nel loro approccio verso la regione, gli Stati Uniti e i partner statunitensi. Devono affrontare crescenti pressioni politiche, sociali, economiche e regionali, che rendono l’Iran sempre più vulnerabile all’instabilità del regime e alle interferenze esterne.

Cyber

Le crescenti competenze e la volontà dell’Iran di condurre operazioni informatiche aggressive ne fanno una minaccia importante per la sicurezza delle reti e dei dati statunitensi. Le indicazioni dei leader iraniani hanno incentivato gli attori informatici a diventare più aggressivi nello sviluppo di capacità per condurre attacchi informatici.

Attività di influenza maligna

L’Iran spesso amplifica le sue operazioni di influenza con attività informatiche offensive. Durante il conflitto tra Israele e Hamas, l’industria privata statunitense ha monitorato le campagne di influenza e gli attacchi informatici iraniani.

• Nel giugno 2024, un attore dell’IRGC ha compromesso un account di posta elettronica associato a un

individuo con legami informali con la campagna elettorale dell’allora ex presidente Trump e ha utilizzato

tale account per inviare un’e-mail mirata di spear-phishing a individui all’interno della campagna stessa.

L’IRGC ha poi cercato di manipolare i giornalisti statunitensi per far trapelare informazioni acquisite

illecitamente dalla campagna.

ADM

Continuiamo a ritenere che l’Iran non stia costruendo un’arma nucleare e che Khamenei non abbia riautorizzato il programma di armi nucleari che aveva sospeso nel 2003, anche se probabilmente sono aumentate le pressioni su di lui per

. Nell’ultimo anno, si è assistito all’erosione del tabù decennale di discutere in pubblico di armi nucleari che ha i sostenitori delle armi nucleari all’interno dell’apparato decisionale iraniano. Khamenei rimane il Il programma nucleare iraniano, compresa la decisione di sviluppare armi nucleari.

È molto probabile che l’Iran intenda continuare la ricerca e lo sviluppo di agenti chimici e biologici a scopo offensivo. Gli scienziati militari iraniani hanno studiato sostanze chimiche che hanno un’ampia gamma di effetti sedativi, di dissociazione e di incapacità amnestica e possono anche essere letali.

Le sfide dell’Iran

I leader iraniani riconoscono che il Paese si trova in uno dei punti più fragili dai tempi della guerra Iran-Iraq, il che probabilmente pesa sul loro calcolo strategico e sulla fiducia nel loro approccio verso la regione, gli Stati Uniti e i partner statunitensi. Devono affrontare crescenti pressioni politiche, sociali, economiche e regionali, che rendono l’Iran sempre più vulnerabile all’instabilità del regime e alle interferenze esterne.

COREA DEL NORD

Panoramica strategica

Il leader nordcoreano Kim Jong Un continuerà a perseguire capacità militari strategiche e convenzionali che mirano al Paese, minacciano le forze armate e i cittadini statunitensi e alleati e consentono a Kim di minare il potere degli Stati Uniti e rimodellare l’ambiente di sicurezza regionale a suo favore. La nuova partnership strategica di Kim con la Russia sta producendo benefici finanziari, sostegno diplomatico e cooperazione in materia di difesa. La partnership con[27 ] Mosca contribuisce anche a ridurre la dipendenza di Pyongyang da Pechino. L’avanzamento delle capacità di armamento strategico della Corea del Nord e l’aumento dell’accesso alle entrate consentono a Kim di raggiungere gli obiettivi di lunga data: assicurarsi l’accettazione internazionale come potenza nucleare, ridurre la presenza militare degli Stati Uniti nella penisola coreana, espandere il potere statale e la sicurezza.

controllo sull’economia del Nord e blocco dell’influenza straniera.

• Nel giugno 2024, Kim e Putin hanno firmato un accordo strategico globale per una vasta collaborazione

economica e tecnologica. Kim sta anche usando la clausola di difesa reciproca dell’accordo, che impegna

ciascun Paese a fornire assistenza militare se uno dei due viene invaso da una potenza straniera, per giustificare

il dispiegamento di truppe da combattimento contro l’Ucraina.

• Kim non ha intenzione di negoziare la rinuncia ai suoi programmi di armi strategiche, che percepisce come

garanzia della sicurezza del regime e dell’orgoglio nazionale, perché minacciano la Patria, le forze statunitensi

nella regione e gli alleati degli Stati Uniti come la Corea del Sud e il Giappone. Sta aumentando le scorte di

testate nucleari della Corea del Nord e sta migliorando la sua tecnologia missilistica balistica; ad esempio, nel

2024 la Corea del Nord ha effettuato tre lanci di quelli che ha dichiarato essere IRBM dotati di carichi utili

manovrabili e ipersonici.

• Kim cerca di intimidire gli Stati Uniti e i suoi alleati affinché abbandonino l’opposizione alle armi nucleari della

Corea del Nord e l’aggressione alla Corea del Sud. Ad esempio, risponde alla pianificazione militare statunitense

con la Corea del Sud e alla cooperazione trilaterale con Corea del Sud e Giappone ordinando lanci di missili e

minacciando ritorsioni nucleari.

• La Corea del Nord continuerà a sfidare le sanzioni internazionali e a impegnarsi in attività illecite, tra cui il

furto di criptovaluta, l’invio di manodopera all’estero e il commercio di beni vietati dalle Nazioni Unite per

finanziare le priorità di Kim, tra cui i missili balistici e le armi di distruzione di massa.

Kim agirà in modo aggressivo per contrastare le attività che considera minacciose per il regime e minaccerà di usare la forza quando riterrà che le azioni degli Stati Uniti e degli alleati sfidino la sovranità della Corea del Nord, minino il suo potere o mirino a frenare le sue ambizioni nucleari e missilistiche. Pyongyang sta ampliando la sua capacità di operazioni coercitive e sta utilizzando nuove tattiche, man mano che acquista fiducia nel suo deterrente nucleare. Da quando è salito al potere, Kim si è generalmente affidato ad attività coercitive non letali, tra cui dimostrazioni missilistiche e lanci di palloni aerostatici transfrontalieri di rifiuti, per ottenere concessioni e contrastare le attività militari, diplomatiche e civili statunitensi e sudcoreane.

• La Corea del Nord usa le minacce per cercare di fermare gli sforzi della Corea del Sud di diffondere

informazioni nel Nord, che considera destabilizzanti per il suo controllo. In passato Kim ha sfidato le

rivendicazioni della Corea del Sud sui confini marittimi de facto e potrebbe farlo di nuovo, sollevando la

prospettiva di nuovi scontri lungo la linea di demarcazione settentrionale.

• Kim potrebbe passare ad attività asimmetriche più letali se ritenesse che gli sforzi di deterrenza della Corea del

Nord non funzionassero e avesse bisogno di inviare un messaggio più forte. Potrebbe anche ricorrere a queste

attività letali se ritenesse che ciò possa intimidire la Corea del Sud o gli Stati Uniti a cambiare le loro politiche

per essere più favorevoli al Nord, riducendo al minimo il rischio di ritorsioni.[28 ]

ADM

Kim rimane impegnato ad aumentare il numero di testate nucleari della Corea del Nord e a migliorare le sue capacità missilistiche per minacciare la Patria e le forze, i cittadini e gli alleati statunitensi e per indebolire il potere degli Stati Uniti nella regione dell’Asia e del Pacifico, come dimostra il ritmo dei test missilistici del Nord e le dichiarazioni pubbliche del regime sulle sue capacità di arricchimento dell’uranio. La Corea del Nord è probabilmente pronta a condurre un test nucleare e continua a testare in volo i missili intercontinentali per consentire a Kim di minacciare la Patria. La Russia sostiene sempre più la Corea del Nord

nucleare in cambio del sostegno di Pyongyang alla guerra di Mosca contro l’Ucraina.

La Corea del Nord mantiene le sue capacità CBW e potrebbe utilizzare tali armi in un conflitto o in un attacco non convenzionale o clandestino contro gli Stati Uniti o i suoi alleati.

Militare

L’esercito della Corea del Nord rappresenta una minaccia letale per le forze e i cittadini statunitensi in Corea del Sud e nella regione, grazie alla sua capacità di lanciare massicci attacchi convenzionali attraverso la DMZ e ai continui investimenti in capacità di nicchia progettate per scoraggiare l’intervento esterno e compensare le persistenti carenze delle forze convenzionali del Paese. Le capacità militari convenzionali del Nord forniscono a Kim anche opzioni per promuovere i suoi obiettivi politici attraverso la coercizione.

• L’esercito nordcoreano faticherebbe ad eseguire una guerra di manovra ad armi combinate perché le sue forze

di terra, aria e marina sono ancora fortemente dipendenti dalle attrezzature di epoca sovietica e non hanno un

addestramento adeguato, nonostante gli investimenti per migliorare le capacità convenzionali.

• Kim continuerà a dare priorità agli sforzi per costruire una forza missilistica più capace – dai missili da crociera

ai missili intercontinentali e ai veicoli di planata ipersonici – progettata per eludere le difese missilistiche

statunitensi e regionali, migliorare le capacità di attacco di precisione del Nord e mettere a rischio le forze

statunitensi e alleate.

Pyongyang è in grado di ottenere competenze tecniche per lo sviluppo di armi in cambio della vendita di munizioni a Mosca, che potrebbe accelerare gli sforzi di sperimentazione e dispiegamento della Corea del Nord. Anche l’esperienza di combattimento nella guerra tra Russia e Ucraina potrebbe aiutare Pyongyang a rafforzare il suo addestramento e a diventare più abile dal punto di vista tattico.

Cyber

La Corea del Nord sta finanziando il suo sviluppo militare – che le consente di porre maggiori rischi agli Stati Uniti – e le sue iniziative economiche rubando centinaia di milioni di dollari all’anno in criptovaluta agli Stati Uniti e ad altre vittime. In prospettiva, il Nord potrebbe anche espandere lo spionaggio informatico in corso per colmare le lacune nei programmi di armamento del regime, prendendo potenzialmente di mira le aziende della base industriale della difesa coinvolte nelle tecnologie aerospaziali, sottomarine o di planata ipersonica.[29 ]

Le sfide della Corea del Nord

La Corea del Nord continuerà a lottare per superare i danni che il bisogno di controllo assoluto e le politiche aggressive di Kim – e l’isolamento che queste creano – arrecano alla forza economica e alla vitalità del Paese. Finora Kim è stato in grado di portare avanti i suoi programmi di armi di distruzione di massa e missilistici e di continuare a minacciare i suoi vicini e gli Stati Uniti.

Stati Uniti, ma ciò è avvenuto a spese del suo popolo e della salute generale del Paese. La campagna di ricentralizzazione del regime è volta a garantire la sopravvivenza a lungo termine del governo della famiglia Kim, ma le sue periodiche repressioni limitano l’attività economica, minacciano i mezzi di sussistenza e promuovono controlli statali inefficienti, contribuendo alla scarsità di cibo e all’erosione dell’ordine civile a causa della criminalità violenta che incoraggiano sempre più spesso.

Kim si sforzerà di ridurre la dipendenza della Corea del Nord dalla Cina, in particolare per l’accesso a

bancario internazionale e le importazioni di prime essenziali, beni di consumo, alimenti e prodotti alimentari del regime.

e sopportare l’influenza che questo dà a Pechino.[30 ]

COOPERAZIONE AVVERSARIA

La cooperazione tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord è cresciuta più rapidamente negli ultimi anni, rafforzando le minacce di ciascuno di essi individualmente e ponendo nuove sfide alla forza e al potere degli Stati Uniti a livello globale.

Queste relazioni principalmente bilaterali, in gran parte nei settori della sicurezza e della difesa, hanno rafforzato le loro capacità individuali e collettive di minacciare e danneggiare gli Stati Uniti, nonché migliorato la loro resistenza agli sforzi statunitensi e occidentali per limitare o scoraggiare le loro attività. La guerra della Russia in Ucraina ha accelerato questi legami, ma è probabile che la tendenza continui a prescindere dall’esito della guerra. Questo allineamento aumenta le possibilità che le tensioni o i conflitti degli Stati Uniti con uno qualsiasi di questi avversari ne attirino un altro. La Cina è fondamentale per questo allineamento e per il suo significato globale, dati gli obiettivi particolarmente ambiziosi della RPC, le sue potenti capacità e la sua influenza nel mondo.

La cooperazione tra gli avversari degli Stati Uniti è stata comunque disomogenea e guidata principalmente dall’interesse comune di aggirare o minare il potere degli Stati Uniti, sia esso economico, diplomatico o militare. Le preoccupazioni per il controllo dell’escalation e per il confronto diretto con gli Stati Uniti, così come alcuni interessi politici divergenti, hanno attenuato il ritmo e la portata di queste relazioni. Tuttavia, è probabile che i leader continuino a cercare opportunità di collaborazione, soprattutto nei settori in cui vi sono vantaggi reciproci e non hanno altri modi per raggiungere i loro obiettivi o per resistere da soli agli Stati Uniti.

La Russia è stata un catalizzatore per l’evoluzione dei legami, soprattutto in quanto si affida sempre più ad altri Paesi per i suoi obiettivi e le sue esigenze, tra cui, ma non solo, l’Ucraina. Mosca ha rafforzato la cooperazione militare con altri Stati, in particolare con Pyongyang e Teheran. La Russia ha anche ampliato i suoi legami commerciali e finanziari, in particolare con la Cina e l’Iran, per mitigare l’impatto delle sanzioni e dei controlli sulle esportazioni.

• La RPC sta fornendo assistenza economica e di sicurezza alla guerra della Russia in Ucraina attraverso il

sostegno alla base industriale della difesa di Mosca, anche fornendo materiale e componenti a doppio uso per la

difesa.

armi. Il sostegno della Cina ha migliorato la capacità della Russia di superare le perdite materiali subite in guerra e di

lanciare attacchi in Ucraina. Gli scambi commerciali tra Cina e Russia aumentati dall’inizio della guerra in Ucraina, aiutando Mosca a resistere alle sanzioni statunitensi.

• L’Iran è diventato un fornitore militare chiave per la Russia, soprattutto di UAV, e in cambio Mosca ha offerto

a Teheran supporto militare e tecnico per far progredire le armi, l’intelligence e le capacità informatiche

iraniane.

• La Corea del Nord ha inviato in Russia munizioni, missili e migliaia di truppe da combattimento per sostenere la

La guerra di quest’ultima contro l’Ucraina, giustificata come adempimento degli impegni presi nel Trattato di

partenariato strategico globale che Pyongyang e Mosca hanno annunciato nel giugno 2024.

La cooperazione tra Cina e Russia ha il maggior potenziale di porre rischi duraturi agli interessi statunitensi. I loro leader probabilmente ritengono di essere più capaci di contrastare l’aggressione statunitense percepita insieme che da soli, data la convinzione comune che gli Stati Uniti stiano cercando di limitare ciascun avversario.

• Per almeno un decennio, Pechino e Mosca hanno utilizzato attività militari congiunte di alto profilo

principalmente per segnalare la forza dei legami di difesa tra Cina e Russia. Questa relazione si è

approfondita durante la guerra Russia-Ucraina, con la Cina che ha fornito alla Russia attrezzature a

doppio uso e componenti di armi per sostenere le operazioni di combattimento.

• La Russia ha aumentato le esportazioni di petrolio e gas naturale liquefatto (GNL) verso la Cina nel tentativo

di mantenere le entrate a fronte delle sanzioni degli Stati occidentali.

• La Cina sta sfruttando la sua maggiore cooperazione con la Russia per ottenere una presenza più forte

nell’Artico e legittimare la sua influenza in quella regione. Un’area di cooperazione è la produzione cinese di

navi rompighiaccio che consentono un passaggio sicuro nelle acque artiche.

• I due Paesi probabilmente amplieranno i pattugliamenti congiunti di bombardieri e le operazioni navali nel

teatro artico per segnalare e rendere più concreta la loro cooperazione. A novembre, i due Paesi hanno anche

concordato di espandere la loro cooperazione sullo sviluppo della NSR per il suo potenziale economico e come

alternativa alle rotte dominate dall’Occidente

Gli Stati Uniti faranno fatica a convincere l’Europa a rispettare la richiesta di Putin di smettere di armare l’Ucraina, di Andrew Korybko

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Gli Stati Uniti faranno fatica a convincere l’Europa a rispettare la richiesta di Putin di smettere di armare l’Ucraina

Andrew Korybko27 marzo
 
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È possibile un compromesso in cui gli europei siano costretti dagli Stati Uniti a stoccare le armi destinate all’Ucraina in Polonia e Romania per poterle spedire rapidamente oltre il confine nel caso in cui le ostilità dovessero riprendere dopo un cessate il fuoco, un armistizio o un trattato di pace.

La relazione ufficiale del Cremlino dell’ultima telefonata di Putin con Trump ha condiviso la richiesta di Putin che “la completa cessazione della fornitura a Kiev di aiuti militari stranieri e di intelligence deve diventare la condizione chiave per prevenire un’escalation del conflitto e fare progressi verso la sua risoluzione”. La sospensione temporanea di Trump di tale assistenza dimostra che ha la volontà politica di chiuderla definitivamente se ottiene ciò che vuole dai negoziati con Putin, ma gli europei sono una storia diversa.

Il Segretario di Stato Marco Rubio ha detto a Trump durante una riunione di Gabinetto lunedì scorso, prima della fine dei colloqui russo-statunitensi di 12 ore a Riyadh, che “Hai [promosso nonostante] nonostante gli impedimenti di altri Paesi”, il che era probabilmente un’allusione al guerrafondaio degli europei. Anche se volutamente vago, potrebbe benissimo essersi riferito ai piani dell’UE e del Regno Unito di continuare ad armare l’Ucraina nonostante Putin abbia chiesto che questo cessi come una delle sue condizioni più importanti per la pace.

La Poloniala Romania e il Mar Nero in ordine decrescente sono i punti di ingresso per le armi straniere in Ucraina, su cui gli Stati Uniti non hanno il pieno controllo. Gli Stati Uniti gestiscono congiuntamente l’hub logistico di Rzeszow, nel sud-est della Polonia, attraverso il quale passa stimato il 90-95% di tutte le armi destinate all’Ucraina, ma questa struttura può continuare a funzionare anche se gli Stati Uniti si ritirano. La situazione è simile a quella della “Autostrada di Moldova” costruita di recente dalla Romania per facilitare la spedizione di armi dai porti greci all’Ucraina.

Le forze armate statunitensi gestiscono congiuntamente solo le strutture portuali locali di Alexandroupolis mentre non hanno alcuna influenza diretta sulla “Moldova Highway”, entrambe le quali possono continuare a funzionare anche senza di esse. Per quanto riguarda il Mar Nero, il nuovo accordo sul grano che gli Stati Uniti stanno negoziando con la Russia potrebbe portare a controlli internazionali sul carico per individuare il traffico di armi o creare una copertura plausibile per questo commercio. In ogni caso, proprio come i due precedenti, il punto è che anche altri, oltre agli Stati Uniti, possono fare affidamento su questa via.

È improbabile che Trump minacci sanzioni economiche contro gli alleati nominali della NATO i cui Paesi continuano ad armare l’Ucraina, anche se i suoi decidono di tagliarle definitivamente nell’ambito della serie di compromessi pragmatici che sta negoziando con la Russia per porre fine in modo sostenibile al conflitto. L’unico scenario in cui potrebbe convincere il Congresso ad approvare un altro pacchetto di armi è se la Russia espandesse in modo significativo la sua campagna di terra oltre le regioni che rivendica come proprie, come è stato discusso qui.

Finché ciò non accadrà, gli aiuti statunitensi dell’era Biden si esauriranno presto e l’Ucraina dipenderà interamente dagli aiuti europei, ma non è chiaro se questa drastica riduzione degli aiuti (tenendo anche conto delle loro scorte già notevolmente esaurite) sarebbe sufficiente per far cessare le ostilità alla Russia. Putin potrebbe accettarlo come parte della serie di compromessi pragmatici che sta negoziando con Trump, oppure potrebbe comunque fare leva sulla sua controparte per esercitare maggiori pressioni sugli europei affinché seguano le sue orme.

Nel secondo scenario, come appena illustrato, Trump avrebbe le mani legate, ma potrebbe anche prendere l’iniziativa suggerendo agli europei di stoccare in Polonia e Romania le attrezzature che vogliono inviare all’Ucraina in base ai loro impegni di “garanzia di sicurezza” nei confronti di Kiev. Questi si riferiscono ai patti bilaterali stipulati l’anno scorso con cui i principali Paesi come Regno Unito, Francia, Polonia, Italia e gli stessi Stati Uniti hanno sostanzialmente accettato di riprendere il loro attuale livello di sostegno all’Ucraina in caso di ripresa delle ostilità.

Qualunque armamento gli europei possano ancora inviare all’Ucraina non compenserebbe il taglio degli aiuti statunitensi, per cui trasferirebbero le loro attrezzature da distruggere senza alcuno scopo se non quello di ritardare l’inevitabile risoluzione politica del conflitto, quando la Russia potrebbe addirittura guadagnare terreno. Putin potrebbe ovviamente preferire che la NATO non accumuli nulla in prossimità dei confini ucraini per poterlo spedire rapidamente in caso di continuazione della guerra, ma la Russia non può controllare ciò che fanno sul proprio territorio.

Trump e il suo team farebbero quindi bene a trasmettere questi punti agli europei per facilitare il processo di pace in Ucraina. Putin potrebbe non accettare un cessate il fuoco o un armistizio fintanto che gli europei continueranno ad armare l’Ucraina, cosa che sarebbe comunque inutile da parte loro, mentre sprecherebbero solo le loro armi che potrebbero essere utilizzate meglio se le ostilità dovessero riprendere e gli Stati Uniti ripristinassero il loro precedente livello di sostegno all’Ucraina. Questo compromesso proposto potrebbe portare a una svolta.

Cinque conseguenze della rivelazione che la Polonia ha meno di due settimane di munizioni

Andrew Korybko28 marzo
 
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Questo pericoloso stato di cose è interamente colpa del duopolio al potere.

Il capo dell’Ufficio di Sicurezza Nazionale polacco Dariusz Lukowski ha recentemente rivelato che la Polonia ha solo 1-2 settimane di scorte di munizioni, poco più di un mese dopo aver ammesso candidato che il suo Paese “non ha indipendenza” nella sfera militare-industriale. Questo pericoloso stato di cose si verifica nonostante la Polonia vanti ora il terzo esercito più grande della NATO, suggerendo così che è davvero una tigre di carta, almeno per il momento. Ecco cinque considerazioni su questa sconvolgente rivelazione:

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1. Il duopolio polacco al potere è responsabile

Come gli Stati Uniti erano governati dal duopolio democratico-repubblicano prima di Trump, anche la Polonia è attualmente governata dal duopolio liberale “Piattaforma Civica” (PO) e conservatore “Diritto e Giustizia” (PiS), noto come POPiS. La responsabilità di ciò è da attribuire al fatto che nessuno dei due ha fatto nulla per sviluppare la sfera militare-industriale del Paese nei due decenni in cui hanno governato fino a poco tempo fa. Questo spiega perché il “Trump polacco”, Slawomir Mentzen della Confederazione, è in ascesa nei sondaggi in vista delle elezioni presidenziali di maggio.

2. La Polonia ha perpetuato il conflitto ucraino…

La Polonia ha avuto la stessa colpa della Gran Bretagna nel sabotare i colloqui di pace della primavera del 2022” permettendo al Regno Unito e ad altri di rifornire l’Ucraina di armi attraverso il suo territorio in cambio della continuazione da parte di Zelensky della guerra per procura dell’Occidente contro la Russia. Il calcolo era quello di far sì che l’Ucraina portasse l’Occidente alla sperata sconfitta strategica della Russia, motivo per cui la Polonia ha perpetuato il conflitto in quel momento insieme al Regno Unito, ma questa politica si è ritorta contro dopo aver finito per infliggere un grave danno strategico ai suoi interessi.

3. …con un enorme costo finanziario-militare per se stessa

La Polonia ha speso finora il 4,91% del suo PIL per sostenere l’Ucraina, la maggior parte dei quali per aiutare i suoi rifugiati, secondo il sito web ufficiale della presidenza. Il rapporto precedente mostra anche che la Polonia ha donato 100 milioni di munizioni e più carri armati, IFV e aerei di chiunque altro, esaurendo così le sue scorte. Se la Polonia non avesse contribuito a perpetuare il conflitto, avrebbe potuto sviluppare la sua sfera militare-industriale con quello che ha speso per i rifugiati e avere più di due settimane di munizioni a disposizione.

4. Ora sta dando freneticamente la priorità alla difesa dei confini…

Non avendo modo di sconfiggere la Russia da sola nella fantasia politica di un’invasione, la Polonia sta ora costruendo freneticamente il suo “Scudo orientale” lungo il confine con Kaliningrad e la Bielorussia per rallentare qualsiasi ipotetica forza d’invasione abbastanza a lungo da permettere ad altri come gli Stati Uniti o l’Europa occidentale di unirsi alla lotta. Questo include il pianificato impianto su larga scala di mine antiuomo. Tuttavia, se la Russia dovesse ancora sfondare in questo scenario, la Polonia dovrebbe ritirarsi sulla Vistola come previsto dai piani di emergenza del 2011.

5. …E Multilateralizzazione della sua sicurezza fisica

In relazione al suddetto piano di affidarsi ad altri per salvarsi dalla Russia nell’inverosimile caso di un’invasione, la Polonia sta accogliendo più truppe americane, è aperta ad ospitare quelle tedesche, e vuole ottimizzare lo “Schengen militare” per facilitare l’invio delle proprie e altrui forze. L’obiettivo è quello di multilateralizzare la propria sicurezza fisica creando fili d’inciampo che obblighino i partner a rispettare gli impegni assunti ai sensi dell’articolo 5, ma ciò potrebbe andare a scapito della sovranità polacca.

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Il pericoloso stato di cose in cui la Polonia ha solo meno di due settimane di munizioni è interamente colpa del duopolio POPiS al governo, le cui metà differiscono solo su alcune questioni sociali e se la Polonia debba subordinarsi alla Germania come vuole PO o agli Stati Uniti come vuole PiS. A meno che Mentzen non vinca la presidenza e la Confederazione non vinca le prossime elezioni parlamentari dell’autunno 2027, formando probabilmente un governo con il PiS come partner minore, non cambierà nulla, ma potrebbe essere troppo tardi per rimediare.

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La ripresa del Grain Deal avvicinerebbe Russia e Ucraina a un cessate il fuoco completo

Andrew Korybko26 marzo
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Ciò che conta di più è che Putin e Trump si fidino l’uno dell’altro, che i loro rappresentanti intrattengano ottimi rapporti di lavoro tra loro e che questi due leader siano consapevoli delle sfide poste dall’Ucraina e dall’Europa.

Martedì, Russia e Stati Uniti hanno confermato la loro reciproca intenzione di far rivivere l’accordo sui cereali, sebbene la dichiarazione della Russia abbia condizionato ciò al fatto che gli Stati Uniti si siano finalmente conformati alle disposizioni dell’accordo originale, vale a dire la rimozione delle sanzioni e di altri ostacoli all’esportazione di prodotti agricoli e fertilizzanti russi. L’Ucraina ha accettato in colloqui separati con gli Stati Uniti, sempre in Arabia Saudita, di far rivivere l’accordo. Sia la Russia che l’Ucraina hanno anche confermato la loro volontà di aderire al cessate il fuoco di 30 giorni sulle infrastrutture energetiche .

Questi due accordi finora concordati, il cessate il fuoco energetico sopra menzionato e quello complementare nel Mar Nero, si basano sui rispettivi sforzi dell’anno scorso da parte di Qatar e Turchia che sono stati analizzati all’epoca nei due collegamenti ipertestuali precedenti. Sono caduti a terra perché l’Ucraina ha cambiato idea all’ultimo minuto sull’orlo di un altro accordo sui cereali la scorsa primavera, usando i colloqui di cessate il fuoco energetico dell’estate scorsa per ingannare la Russia prima di invadere Kursk e la mancanza di interesse degli Stati Uniti nel fare pressione sull’Ucraina.

Mentre l’Ucraina rimane capricciosa e ingannevole, la sua espulsione dalla maggior parte di Kursk e la volontà di Trump di fare pressione su Zelensky, come dimostrato dalla sua sospensione temporanea degli aiuti militari e di intelligence all’Ucraina, hanno cambiato le dinamiche strategiche, consentendo così queste scoperte. Come si poteva prevedere, l’Ucraina ha ripetutamente violato il cessate il fuoco sulle infrastrutture energetiche e probabilmente violerà anche quello ripristinato del Mar Nero, ma la fiducia tra Putin e Trump probabilmente manterrà tutto in carreggiata.

Entrambi i leader comprendono la posta in gioco: evitare una guerra nucleare è il loro obiettivo comune, mentre gli Stati Uniti vogliono anche accelerare il loro “Pivot (back) to Asia” per contenere più energicamente la Cina, mentre la Russia vuole anche riconcentrarsi sul suo sviluppo socioeconomico interno, da qui il cauto ottimismo di alcuni osservatori. Tutto può ancora andare storto se l’Ucraina continua a violare il cessate il fuoco parziale finché la Russia non risponde finalmente o la possibile espansione della sua campagna terrestre da parte della Russia spinge Trump ad abbandonare i colloqui.

In entrambi i casi, Putin probabilmente informerebbe Trump dei suoi piani in anticipo a causa della fiducia tra loro o incaricherebbe i suoi subordinati di trasmetterli alle loro controparti, quindi è possibile che nessuna delle due cose porti alla ripresa su vasta scala della guerra per procura NATO-Russia in Ucraina. Le sfide in questo momento sono quindi triplici e sono interamente responsabilità degli Stati Uniti superarle: 1) impedire allo “stato profondo” di sabotare i piani di Trump; 2) fare pressione sull’Ucraina affinché accetti la pace; e 3) fermare l’ingerenza europea.

Di conseguenza: 1) lo “stato profondo” potrebbe impedire la revoca delle sanzioni statunitensi richiesta dalla Russia; 2) l’Ucraina potrebbe lanciare un’altra invasione della Russia destinata a fallire e/o colpire pericolosamente ancora una volta le centrali nucleari; e 3) il sostegno europeo, in particolare britannico , potrebbe incoraggiare l’Ucraina a fare quanto sopra. In ogni caso, sono già stati compiuti progressi tangibili per quanto riguarda il fatto che l’Ucraina accetti formalmente l’infrastruttura energetica parziale e i cessate il fuoco del Mar Nero (“accordo sui cereali”), il che è impressionante.

Prima del passaggio finale di mediazione di un cessate il fuoco completo , che potrebbe poi tradursi in ricompense per la conformità come molti più investimenti degli Stati Uniti in Ucraina e un graduale allentamento delle sanzioni per la Russia, le attuali sanzioni parziali devono essere applicate di fronte alle ripetute violazioni del cessate il fuoco sulle infrastrutture energetiche da parte di Kiev. Il prerequisito è quello di assemblare una missione di osservazione veramente neutrale, che potrebbe essere composta da paesi non occidentali, e solo allora un meccanismo di applicazione potrà essere concordato da tutte le parti interessate.

C’è ancora molta strada da fare prima che ciò accada, quindi nessuno dovrebbe farsi illusioni su rapidi progressi, in particolare a causa dei complicati aspetti tecnici coinvolti in questi passaggi interconnessi, ma è anche possibile che dietro le quinte siano stati fatti più progressi di quanto si sappia pubblicamente. Parallelamente, gli Stati Uniti devono anche superare le tre sfide menzionate in precedenza del proprio “stato profondo”, della conformità ucraina e dell’ingerenza europea, tutte e tre più facili a dirsi che a farsi.

In ogni caso, a patto che non emergano incomprensioni tra Putin e Trump, tutto dovrebbe continuare a muoversi verso un cessate il fuoco completo, anche se ciò richiedesse più tempo dell’obiettivo dichiarato dagli Stati Uniti per il 20 aprile . Ciò che è più importante è che Putin e Trump si fidino l’uno dell’altro, che i loro rappresentanti abbiano eccellenti relazioni di lavoro tra loro e che questi due leader siano consapevoli delle sfide poste dall’Ucraina e dall’Europa. Ciò suggerisce che un cessate il fuoco completo è inevitabile, è solo una questione di quando e a quali condizioni.

Analisi delle complicazioni segnalate nel trasferimento del carro armato Abrams dall’Australia all’Ucraina

Andrew Korybko25 marzo
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Ciò suggerisce che dietro le quinte potrebbe esserci molto di più di quanto l’opinione pubblica possa sapere, in particolare per quanto riguarda alcuni compromessi che gli Stati Uniti stanno discutendo con la Russia.

L’Australian Broadcasting Corporation (ABC), finanziata pubblicamente, ha riferito nel fine settimana che sono emerse alcune complicazioni con il trasferimento pianificato da Canberra di 49 carri armati Abrams all’Ucraina. Un funzionario americano anonimo ha detto loro che “l’anno scorso il governo degli Stati Uniti ha messo in guardia l’Australia dal donare i carri armati obsoleti a causa delle spese logistiche e delle difficoltà legate alla manutenzione dei veicoli all’interno dell’Ucraina”. Ciò ha preceduto la sospensione temporanea degli aiuti militari all’Ucraina da parte di Trump.

ABC ha fatto sembrare che le complicazioni non descritte che si suppone siano emerse da allora siano collegate a quella decisione, anche se Trump l’ ha annullata poco dopo e il ministro della Difesa polacco ha successivamente confermato che gli aiuti militari stanno di nuovo fluendo in Ucraina a un “ritmo normale”. “Fonti in Europa”, tuttavia, hanno detto ad ABC che il futuro del polo logistico di Rzeszow “è ora in dubbio” dopo il suddetto voltafaccia di Trump. Il loro rapporto merita quindi un’ulteriore analisi.

Le tre spiegazioni più probabili per le complicazioni segnalate nel trasferimento del carro armato Abrams dall’Australia all’Ucraina sono: 1) gli USA non hanno ripreso completamente i loro aiuti militari all’Ucraina (il che significa che il ministro della Difesa polacco stava ingannando); 2) gli USA hanno sospeso informalmente il trasferimento di equipaggiamento militare americano all’Ucraina da paesi terzi (come l’Australia); o 3) questo è un caso specifico. Ogni scenario verrà ora brevemente esaminato prima di concludere quale sia il più probabile.

Per quanto riguarda il primo, gli ucraini e/o i loro influenti sostenitori all’estero a livello statale e della società civile (inclusi i media) avrebbero presumibilmente fatto trapelare che Trump potrebbe non aver ripreso completamente gli aiuti militari degli Stati Uniti all’Ucraina. È difficile credere che Trump, che è disprezzato dalla maggior parte degli ucraini, degli europei e di tutti i democratici statunitensi, abbia mentito su questo per poi farla franca grazie alla collusione di così tanti altri che potrebbero facilmente far trapelare una contro-affermazione o persino prove fattuali del contrario.

Per quanto riguarda il secondo, Trump avrebbe potuto riprendere gli aiuti militari degli Stati Uniti all’Ucraina, ma avrebbe anche potuto dire ai suoi subordinati di comunicare ai partner esteri del loro paese che non approva più il trasferimento di equipaggiamento militare americano in Ucraina. Quelli che continuano a portare avanti i loro piani come sta cercando di fare l’Australia potrebbero poi incontrare complicazioni se alle truppe statunitensi in rotta venisse ordinato di non assisterli. Questo potrebbe essere ciò che ha spinto a speculare sul futuro del polo logistico di Rzeszow.

E infine, è possibile che questo sia solo un caso specifico e non suggerisca nulla di più significativo come uno dei due scenari precedenti, ma ciò non spiega perché “fonti in Europa” avrebbero riferito ad ABC che lì il futuro del polo logistico di Rzeszow “è ora in dubbio”. Quest’ultima osservazione, se fosse stata veramente condivisa da fonti europee di alto rango, suggerisce che le “complicazioni” vanno oltre il trasferimento del carro armato Abrams dall’Australia all’Ucraina e quindi dà credito a una delle altre spiegazioni.

Poiché il primo richiede che i nemici di Trump coprano la sua presunta bugia nonostante i loro interessi nel screditarlo, è probabile che possa essere escluso, sebbene con l’avvertenza che qualsiasi rallentamento nelle spedizioni di aiuti militari potrebbe essere dovuto naturalmente al fatto che non sono stati approvati ulteriori pacchetti mentre gli aiuti dell’era Biden scarseggiano. Il secondo scenario è quindi il più credibile dei tre, ma potrebbe anche incorporare elementi del primo scenario che è stato appena chiarito, sebbene resti comunque più solido da solo rispetto agli altri.

Passando alle speculazioni sul futuro del polo logistico di Rzeszow, quella struttura non sarebbe più lontanamente importante come prima se gli USA riuscissero a mediare con successo un cessate il fuoco o un armistizio tra Russia e Ucraina che implichi la riduzione o la fine totale degli aiuti militari americani a Kiev. Mentre l’accordo di Putin su qualsiasi accordo è condizionato al fatto che l’Occidente non fornisca più armi all’Ucraina, potrebbe accettare solo la conformità degli USA, dal momento che gli altri non hanno più molto nelle loro scorte in ogni caso.

Il continuo trasferimento di armi leggere e munizioni da altri paesi occidentali all’Ucraina tramite il centro logistico di Rzeszow durante un cessate il fuoco o un armistizio non sarebbe così destabilizzante come il fatto che gli Stati Uniti continuino a trasferire armamenti pesanti, ad esempio. Putin potrebbe anche chiedere agli Stati Uniti di non approvare più il trasferimento di equipaggiamento militare americano all’Ucraina da parte di paesi terzi come l’Australia, come gesto di buona volontà. Ciò limiterebbe notevolmente le capacità di combattimento dell’Ucraina e quindi la scoraggerebbe dal riprendere le ostilità.

Anche nello scenario in cui tutti gli aiuti militari occidentali non fluiscano più verso l’Ucraina, il polo logistico di Rzeszow probabilmente funzionerà comunque a capacità ridotta, fungendo da punto di ingresso per le forniture straniere, che saranno poi immagazzinate in prossimità della frontiera per facilitare una rapida spedizione se il conflitto dovesse ricominciare. Le “garanzie di sicurezza” bilaterali dell’anno scorso che l’Ucraina ha stretto con Stati Uniti, Regno Unito, Polonia, Francia, Germania e Italia li obbligano a riprendere il loro attuale livello di aiuti militari in tale caso.

È quindi ragionevole aspettarsi che accumulino tutte le scorte che possono radunare nella Polonia sud-orientale, nel caso in cui ciò accada. Chiudere l’hub logistico di Rzeszow, che è stato indispensabile per rifornire l’Ucraina, ostacolerebbe i loro piani di emergenza ed è per questo che probabilmente non accadrà mai. Le speculazioni sul suo futuro potrebbero di conseguenza essere dovute ai timori tipicamente esagerati di alcuni europei su Trump, più che a qualsiasi reale piano statunitense di chiudere questa struttura.

Tutto sommato, le complicazioni segnalate nel trasferimento del carro armato Abrams dall’Australia all’Ucraina suggeriscono fortemente che potrebbe esserci molto di più dietro le quinte di quanto il pubblico sia a conoscenza, in particolare per quanto riguarda alcuni dei compromessi che gli Stati Uniti stanno discutendo con la Russia. In cambio dell’accettazione da parte della Russia di un cessate il fuoco o di un armistizio, gli Stati Uniti potrebbero quantomeno accettare di non armare più l’Ucraina e potrebbero impedire ai propri partner di passarle anche equipaggiamento militare americano, il che potrebbe soddisfare la Russia.

Le implicazioni nazionali e internazionali dello scandalo dei piani di guerra in Yemen del team Trump

Andrew Korybko26 marzo
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I lettori possono apprendere molto sulle dinamiche politiche interne della sua amministrazione, sui suoi rapporti con Israele e sul suo approccio generale al conflitto yemenita.

Il caporedattore dell’Atlantic Jeffrey Goldberg ha rivelato di essere stato aggiunto accidentalmente dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz a una chat segreta di Signal in cui altri importanti funzionari della sicurezza nazionale pianificavano i recenti attacchi dell’amministrazione Trump contro gli Houthi. Tra i partecipanti c’erano il segretario alla Difesa Pete Hegseth, il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, il direttore della CIA John Ratcliffe, il segretario di Stato Marco Rubio e il vicepresidente JD Vance, tra alcune altre figure.

Oltre ai dettagli presumibilmente segreti di pianificazione e obiettivi, altri dettagli degni di nota includevano le preoccupazioni di Vance sul salvataggio degli europei, sentimento con cui Hegseth concordava sulla base del fatto che stanno approfittando degli Stati Uniti e dei prezzi del petrolio in aumento. Hegseth ha anche suggerito che il messaggio si concentrasse su come la politica di deterrenza dell’amministrazione Biden abbia fallito, sui finanziamenti iraniani agli Houthi e sul ripristino della libertà di navigazione. Il Consiglio per la sicurezza nazionale ha successivamente confermato l’autenticità della chat.

I democratici, come prevedibile, hanno condannato questa falla nella sicurezza e chiesto un’indagine, sperando chiaramente di sfruttare questo scandalo per tenere udienze al Congresso e forse anche mettere sotto accusa coloro che erano coinvolti, forse sulla base del fatto che Goldberg ha suggerito come ciò avrebbe potuto violare la legge federale sui documenti. Ha ricordato ai lettori alla fine del suo articolo esplosivo che “i messaggi di testo sugli atti ufficiali sono considerati documenti che dovrebbero essere conservati” e ha citato diversi pareri legali su questo caso particolare.

Non è chiaro se ne seguiranno delle conseguenze serie, ma questo episodio è estremamente imbarazzante, soprattutto perché Trump e la sua cerchia hanno chiesto che Hillary Clinton venisse imprigionata per aver utilizzato un server di posta elettronica privato durante il suo mandato come Segretario di Stato. Sono stati quantomeno smascherati come ipocriti. L’unico modo in cui Goldberg avrebbe potuto essere aggiunto accidentalmente alla chat era perché Waltz aveva il suo numero, ma il pubblico non sapeva ancora che erano in contatto, per non parlare del fatto che forse erano anche amici.

Ciò suggerisce che Waltz potrebbe aver tenuto conversazioni riservate con Goldberg che avrebbero potuto anche includere fughe di notizie. A parte le speculazioni sul perché Waltz abbia il numero di Goldberg, un’altra implicazione scandalosa è che nessuno nella chat ha pensato di controllare chi era stato invitato, nemmeno Gabbard o Ratcliffe. Ciò a sua volta parla della loro negligenza, per non parlare del fatto che stavano condividendo dettagli segreti in un’app di messaggistica, il che riflette molto negativamente sulla loro professionalità.

Ci sono anche implicazioni internazionali in questo scandalo. Secondo Vance, il motivo di Trump nell’autorizzare questi attacchi era “mandare un messaggio”, con quello secondario implicito dal vice capo dello staff della Casa Bianca Stephen Miller. Ha scritto che gli Stati Uniti si aspettano qualcosa dall’Egitto e dall’Europa in cambio del ripristino della libertà di navigazione nella regione nonostante solo il 3% del suo commercio passi attraverso il Canale di Suez rispetto al 40% dell’Europa, come ha scritto lo stesso Vance nella chat.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha anche detto in precedenza che il suo paese perde circa 800 milioni di dollari al mese a causa del blocco degli Houthi che di conseguenza ha ridotto il transito attraverso il Canale di Suez. Gli Stati Uniti stanno quindi facendo un favore agli europei e agli egiziani degradando alcune delle capacità di quel gruppo. Come ha scritto Hegseth, “siamo gli unici sul pianeta (dalla nostra parte del libro mastro) che possono farlo. Nessun altro si avvicina nemmeno”, eppure non si sa esattamente cosa gli Stati Uniti chiederanno loro per questo servizio.

Per fare un tentativo, Trump potrebbe volere che l’Egitto accetti i rifugiati palestinesi da Gaza, mentre potrebbe anche voler far sì che gli europei si impegnino a importare più GNL dagli Stati Uniti, anche se è tutto speculativo. In ogni caso, il punto è che gli ultimi attacchi contro gli Houthi erano in parte pensati per ottenere qualcosa da quei due in cambio, minando così il messaggio dell’amministrazione. C’è anche una dimensione israeliana in tutto questo.

Uno degli argomenti che Hegseth ha condiviso per procedere ora invece di aspettare qualche settimana o un mese come suggerito da Vance è stato che “Israele agisce per primo – o il cessate il fuoco di Gaza crolla – e non possiamo iniziare alle nostre condizioni”. Ciò è degno di nota poiché implica che gli Stati Uniti non si aspettano che Israele coordini le sue “azioni” nello Yemen o che dia preavviso agli Stati Uniti dei suoi piani per riprendere le ostilità su vasta scala a Gaza, il che potrebbe innescare più regolari attacchi tit-for-tat Houthi-Israele.

In entrambi i casi, gli Stati Uniti non avrebbero potuto iniziare attacchi contro gli Houthi alle proprie condizioni, rispondendo invece a eventi al di fuori del loro controllo anziché plasmarli guidando dal fronte allo scopo di ripristinare la deterrenza come Hegseth ha detto essere uno dei motivi dell’amministrazione. Ciò è in linea con ciò che Vance ha detto su come Trump voglia principalmente “inviare un messaggio” di qualche tipo. Ciò che è più importante è che gli Stati Uniti e Israele non si coordinino così strettamente su Gaza e Yemen come alcuni pensavano.

Invece, nonostante Trump sia di gran lunga più filo-israeliano di quanto non lo fosse l’amministrazione Biden , Israele non si sente ancora a suo agio a coordinarsi strettamente con gli Stati Uniti. Ciò potrebbe avere a che fare con le preoccupazioni che gli elementi anti-israeliani nelle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti degli Stati Uniti (“stato profondo”) non siano stati sradicati, e che potrebbero quindi far trapelare ancora una volta informazioni riservate , o Trump – Bibi tiff . In ogni caso, Israele e gli Stati Uniti non stanno lavorando mano nella mano, il che dovrebbe essere una rivelazione per molti.

E infine, la chat trapelata non contiene alcuna discussione su come porre fine a questa guerra civile-internazionale che dura da oltre un decennio, di cui il direttore associato dell’Institute for Future Conflict presso l’Accademia dell’aeronautica militare statunitense Gregory D. Johnsen ha parlato nel suo articolo una settimana prima di quello di Goldberg. Ha chiesto di rafforzare le capacità militari e politiche del diviso Presidential Leadership Council (PLC), in assenza delle quali gli attacchi degli Stati Uniti “non saranno in grado di piegare [gli Houthi] alla propria volontà”, eppure l’amministrazione Trump non ha alcun piano in merito.

Da un lato, gli ultimi piani di investimento da 1,3 trilioni di dollari dei sauditi potrebbero incentivare gli Stati Uniti a rafforzare finalmente il PLC, mentre l’impegno ancora più recente degli Emirati Arabi Uniti a investire 1,4 trilioni di dollari nell’economia statunitense potrebbe spingerli nella direzione del supporto al ripristino dell’indipendenza dello Yemen del Sud . Al momento, tuttavia, non è stata presa alcuna decisione sull’avanzamento di uno dei due scenari. Gli Stati Uniti sono quindi ancora privi di qualsiasi piano per porre fine a questo conflitto, il che mina notevolmente la loro prevista leadership regionale.

Mettendo insieme il tutto, l’articolo di Goldberg ha rivelato molto sulle dinamiche interne di definizione delle politiche dell’amministrazione Trump, oltre a qualche spunto significativo sulla relazione degli Stati Uniti con Israele e sul suo approccio nei confronti dello Yemen, il che lo rende una lettura obbligata per chiunque non l’abbia ancora fatto. Waltz si pentirà del suo errore nell’aggiungere accidentalmente Goldberg a quella chat segreta di Signal, non solo perché è stato estremamente imbarazzante, ma anche perché potrebbe far cadere lui e/o alcuni degli altri di conseguenza.

Il consigliere senior di Putin, Patrushev, ha condiviso alcuni aggiornamenti sui fronti artico e baltico

Andrew Korybko24 marzo
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Il fronte artico della nuova Guerra Fredda si sta sciogliendo molto più rapidamente di quello baltico, poiché nel primo gli Stati Uniti potrebbero potenzialmente collaborare con la Russia, mentre nel secondo il Regno Unito potrebbe cercare di provocare una crisi con la Russia.

L’assistente senior di Putin, Nikolai Patrushev, che ha diretto l’FSB per quasi un decennio (1999-2008) prima di presiedere il Consiglio di sicurezza per oltre 15 anni fino a poco tempo fa (2008-2024), ha condiviso alcuni aggiornamenti sui fronti baltico e artico della Nuova Guerra Fredda in una recente intervista con la rivista russa National Defense . Ha iniziato accusando i britannici di aver orchestrato le tensioni baltiche al fine di interrompere l’incipiente processo di normalizzazione russo-statunitense e i colloqui associati sull’Ucraina.

In relazione a ciò, ha anche avvertito che alcuni membri della NATO (presumibilmente guidati dagli inglesi) stanno praticando attacchi informatici contro le apparecchiature di navigazione delle navi russe e ha suggerito che potrebbero essere stati responsabili delle recenti affermazioni di sabotaggio nel Baltico, che hanno spinto a una maggiore presenza navale. Questa stessa presenza estesa rappresenta una minaccia per gli interessi della Russia e potrebbe manifestarsi attraverso attacchi terroristici contro i suoi oleodotti sottomarini, petroliere e navi cargo.

La Russia ha intenzione di difendersi da questo tramite sistemi sottomarini senza equipaggio e rafforzando la sua flotta baltica. Per quanto riguarda una delle peggiori minacce convenzionali, quella di Finlandia ed Estonia che si uniscono per bloccare la Russia all’interno del Golfo di Finlandia, Patrushev ha espresso fiducia che il suo paese potrebbe superare quel complotto e punire gli aggressori. Ciò ha fatto seguire la conversazione a una discussione sulla Finlandia, che Patrushev ha detto avere una popolazione amichevole, a differenza del suo governo.

Ha menzionato come le autorità locali distorcano la storia per evitare di parlare dell’obiettivo della “Grande Finlandia”, che ha assunto la forma di occupare la Russia nordoccidentale, rinchiuderne gli abitanti in campi di concentramento e sterminare gli slavi. Proprio come la Finlandia è stata usata dai nazisti come trampolino di lancio per l’aggressione contro l’URSS, così Patrushev ha avvertito che potrebbero essere in atto dei piani per la NATO di usarla come trampolino di lancio per una potenziale aggressione contro la Russia.

Ha poi detto qualche parola su come l’Artico si stia aprendo come un nuovo fronte di competizione, soprattutto per le sue risorse, ma ha ribadito che la Russia vuole pace e cooperazione lì invece di rivalità. La rotta del Mare del Nord (NSR), che quest’anno celebra il suo 500 ° anno di concettualizzazione, può contribuire a realizzare questo obiettivo. La Russia continuerà a sviluppare infrastrutture regionali e a costruire imbarcazioni di classe ghiaccio per facilitare il transito attraverso queste acque durante tutto l’anno. È stato su questa nota che si è conclusa l’intervista.

Esaminando il briefing di Patrushev, la prima parte in cui si accusano i britannici per le tensioni nel Baltico è in linea con quanto recentemente affermato dal Foreign Spy Service (SVR) russo su come il Regno Unito stia cercando di sabotare il previsto ” Nuovo Distensione ”. Potrebbe quindi essere che stiano tentando di aprire questo fronte a tale scopo, prima attraverso atti di aggressione non convenzionali come attacchi terroristici “plausibilmente negabili” e poi eventualmente intensificando fino a un blocco congiunto finlandese-estone del Golfo di Finlandia.

Smascherare queste trame ed esprimere fiducia nella capacità della Russia di superarle serviva rispettivamente a garantire che l’amministrazione Trump fosse consapevole di ciò che il Regno Unito sta facendo e a scoraggiare i delegati regionali del Regno Unito dall’accettare ciò, poiché gli Stati Uniti e persino il Regno Unito potrebbero lasciarli lì ad asciugare. Anche le parole di Patrushev sulla Finlandia erano importanti nel senso di ricordare a tutti che i governi non sempre riflettono la volontà del popolo sul fronte della politica estera.

Allo stesso tempo, tuttavia, tutti dovrebbero essere consapevoli delle distorsioni storiche del governo finlandese e della minaccia che la sua sconsiderata politica estera rappresenta per il suo stesso popolo. Per concludere, Patrushev ha sottolineato l’importanza dell’Artico nella pianificazione futura della Russia, e la sua riaffermazione delle sue intenzioni pacifiche potrebbe essere interpretata come una volontà di collaborare con gli Stati Uniti lì, come hanno discusso i loro rappresentanti il mese scorso a Riyadh. Anche l’NSR può diventare un vettore di cooperazione.

Mettendo insieme tutto, il fronte artico della Nuova Guerra Fredda si sta sciogliendo molto più rapidamente di quello baltico, poiché il primo è dove gli Stati Uniti potrebbero cooperare in prospettiva con la Russia, mentre il secondo è dove il Regno Unito potrebbe provare a provocare una crisi con la Russia, ma resta da vedere se qualcosa di tutto ciò si svolgerà. La cooperazione russo-statunitense nell’Artico è probabilmente subordinata a un cessate il fuoco in Ucraina, mentre un conflitto russo-NATO nel Baltico orchestrato dai britannici è subordinato al fatto che questi ultimi traggano in inganno gli Stati Uniti su questo.

L’interesse di Putin per una soluzione politica duratura al conflitto ucraino è di buon auspicio per lo scenario artico, proprio come le critiche di Trump alla NATO sono di cattivo auspicio per quello baltico, quindi entrambi alla fine si riducono alla loro volontà. Sono le due persone più potenti del pianeta, quindi i loro legami determineranno in larga misura cosa accadrà in seguito su quei fronti e anche su tutti gli altri. È proprio per questo motivo che gli inglesi vogliono rovinare le loro relazioni, ma dopo che Patrushev ha appena svelato il loro complotto baltico, è molto meno probabile che ciò abbia successo rispetto a prima.

La vera importanza delle ultime esercitazioni navali russo-pakistane

Andrew Korybko23 marzo
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Il Pakistan continua a fare affidamento sulla Russia per riequilibrare pragmaticamente i rapporti con la Cina.

La Marina russa e quella pakistana hanno condotto un’esercitazione di passaggio (PASSEX) nel Mar Arabico la scorsa settimana. Si tratta di un’esercitazione standard, “durante la quale la comunicazione e l’interazione tra loro vengono verificate in una situazione militare o quando si fornisce assistenza umanitaria”, secondo Izvestia . Pertanto non è stato un grosso problema, anche se alcuni osservatori, sia nei rispettivi paesi che in India, potrebbero enfatizzarlo dato l’impressionante riavvicinamento di quei due nell’ultimo decennio.

Questa analisi qui di fine gennaio ha spiegato perché i legami di difesa russo-pakistani probabilmente rimarranno limitati, vale a dire a causa del rispetto che la Russia ha per la sensibilità dell’India e a causa della dipendenza tecnico-militare del Pakistan dalla Cina, che disincentivano reciprocamente dal portare avanti tali legami. La loro più stretta cooperazione militare negli ultimi anni (quasi esclusivamente esercitazioni antiterrorismo e navali), tuttavia, è stata interpretata nei seguenti tre modi dagli osservatori.

Alcuni credono che il Pakistan si stia allontanando dagli Stati Uniti verso la Russia ; altri che il Pakistan stia riequilibrando pragmaticamente i suoi legami con la Cina tramite la Russia; mentre altri pensano che la Russia stia facendo lo stesso con l’India tramite il Pakistan. La seconda è la più vicina alla realtà da quando il Pakistan è tornato nella sfera di influenza degli Stati Uniti dopo la primavera del 2022 post-moderna colpo di stato contro l’ex primo ministro Imran Khan, mentre la Russia fa affidamento sull’India come mezzo per evitare preventivamente una dipendenza sproporzionata dalla Cina.

Pertanto non è ragionevole che il Pakistan si allontani dagli Stati Uniti verso la Russia, e tanto meno che gli Stati Uniti non facciano nulla per ostacolare questa tendenza, o che la Russia non rispetti la sensibilità dell’India. Anche così, ci sono alcuni nell'”ecosistema mediatico globale” della Russia che spingono la prima narrazione per creare l’ottica che la Russia abbia “rubato” un importante partner degli Stati Uniti, mentre alcuni nell’ecosistema mediatico interno del Pakistan spingono la seconda poiché crea un’ottica complementare del loro paese che “ruba” un importante partner indiano.

Quest’ultima narrazione è anche spinta o implicita da alcuni commentatori indiani amici degli USA per travisare la Russia come un partner inaffidabile, al fine di giustificare poi il passaggio verso gli USA a spese dei legami strategici dell’India con la Russia, con questo pretesto emotivo ma comunque falso. Come è stato scritto, l’unica delle tre che è correlata alla realtà è la narrazione secondo cui il Pakistan sta riequilibrando pragmaticamente i suoi legami con la Cina tramite la Russia, ma con l’avvertenza che ciò avviene con la tacita approvazione degli USA.

Questa analisi qui di metà dicembre ha spiegato la logica, vale a dire che le aziende private americane non possono competere con quelle statali russe per modernizzare l’infrastruttura delle risorse del Pakistan, e ostacolare le incursioni associate della Russia in Pakistan non farebbe che accrescere la dipendenza del Pakistan dalla Cina. Ne consegue quindi che gli Stati Uniti non dovrebbero impedire quella che alla fine sarà l’espansione limitata dei legami russo-pakistani in sfere strategiche se vogliono davvero vedere altri paesi riequilibrare i loro legami con la Cina.

Il regime militare de facto del Pakistan sa anche che la vicinanza del suo paese con la Cina è stato uno dei pretesti impliciti sui quali gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni in passato per un impegno di alto profilo con la Russia, soprattutto nel contesto del nascente Russo – Stati Uniti “ Nuovo Détente ”, potrebbe aiutare ad alleviare un po’ tutto questo. Tutto sommato, questa intuizione dimostra che le ultime esercitazioni navali russo-pakistane non sono state un granché, sebbene siano in linea con la tendenza di una cooperazione più stretta e di più alto profilo che agli Stati Uniti non sembra importare.

Il piano segnalato dall’Europa per sostituire gli Stati Uniti nella NATO ignora gli interessi di cinque paesi chiave

Andrea Korybko22 marzo
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È fortemente implicito che la Polonia, gli Stati baltici e la Romania preferiscano rimanere sotto l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti.

Il Financial Times (FT) ha citato quattro funzionari europei non identificati per riferire che ” le potenze militari europee stanno lavorando a un piano quinquennale-decennale per sostituire gli USA nella NATO “. Il Regno Unito, la Francia, la Germania e le nazioni nordiche sono nominate come quelle che vogliono presentare questa proposta agli USA durante il prossimo vertice NATO di giugno. Hanno anche riferito che alcuni paesi hanno rifiutato di partecipare a questi colloqui per paura che ciò potesse incoraggiare gli USA a muoversi più velocemente in questo senso o perché credono che non abbandoneranno l’Europa.

FT si riferisce probabilmente alla Polonia , agli Stati Baltici e alla Romania , i paesi più importanti sul fianco orientale della NATO, che preferiscono tutti rimanere sotto l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti. Il recente flirt della Polonia con la Francia potrebbe annunciare un vero e proprio perno se i liberal-globalisti al potere vincessero le elezioni presidenziali di maggio, ma per ora funziona come un tentativo di riequilibrare i legami con gli Stati Uniti in mezzo all’incertezza sui suoi piani futuri. Può anche essere visto come una tattica di negoziazione fuorviante per mantenere ed espandere la presenza militare degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda gli Stati baltici, hanno un’élite filoamericana irriducibile e si riallineeranno all’UE solo nel caso in cui fossero costretti a farlo da Trump che unilateralmente riduce o addirittura rimuove totalmente le truppe statunitensi dai loro territori come parte di un grande accordo con la Russia. Nel frattempo, la Romania ha respinto in modo significativo la proposta della Francia di estendere il suo ombrello nucleare al resto del continente, il che può essere interpretato come una fiducia maggiore negli Stati Uniti che nell’Europa nello scenario di una crisi con la Russia sulla Moldavia .

Se questi cinque paesi continuano a percepire i loro interessi nazionali in questi modi, il che richiederebbe ai liberal-globalisti al potere in Polonia di non virare verso la Francia se vincessero la presidenza (i loro avversari sono relativamente più filo-USA), allora emergerebbe una frattura europea intra-NATO. Francia e Germania, che sono in competizione tra loro e con la Polonia per la leadership dell’Europa post-conflitto , potrebbero quindi vedere la loro influenza prevista sull’Europa centrale e orientale (CEE) messa in discussione dagli USA.

Dall’Estonia fino alla Romania e forse fino alla Bulgaria e persino alla Grecia, la penultima delle quali si è rivolta agli USA molto tempo fa contro la volontà della sua popolazione russofila mentre l’ultima ha bisogno degli USA per tenere a bada le rivendicazioni marittime della Turchia, il fianco orientale della NATO cadrebbe sotto l’influenza degli USA. Questo cosiddetto “cordone sanitario” potrebbe quindi servire al duplice scopo di mantenere l’influenza degli USA in questa parte geostrategica dell’Europa mentre “torna indietro verso l’Asia” mantenendo anche divise l’Europa occidentale e la Russia.

Questo scenario potrebbe essere compensato dai liberali polacchi come è stato spiegato, ma a parte questo, si basa su: 1) i paesi CEE continuano a percepire la Russia come una minaccia; 2) considerano gli USA un partner di sicurezza più affidabile dell’UE; e 3) gli USA non cedono volontariamente tutta la loro influenza in Europa. Se queste variabili rimangono costanti, allora l’Europa occidentale potrebbe consolidarsi militarmente in gran parte indipendentemente dalla CEE, cosa che la CEE potrebbe comunque apprezzare poiché rafforzerà le loro strategie di “deterrenza”.

Dopotutto, se l’America li abbandona nell’improbabile scenario di una guerra NATO-Russia che in qualche modo rimane al di sotto della soglia nucleare, allora i paesi CEE potrebbero contare su un’Europa occidentale consolidata militarmente per correre in loro soccorso se non riescono a fermare la Russia da soli . Detto questo, la Russia non ha intenzione di invadere la NATO, la continua influenza militare degli Stati Uniti nella CEE potrebbe scoraggiare azioni provocatorie da parte di quei paesi anti-russi e la reputazione degli Stati Uniti verrebbe distrutta se li abbandonassero durante una guerra calda.

Con questa intuizione in mente, l’Europa potrebbe militarmente dividersi in una metà occidentale strategicamente autonoma e una orientale allineata agli americani se il rapporto del FT sui piani della prima di sostituire gli USA nella NATO fosse vero. L’unico fattore che potrebbe realisticamente compensare tale scenario potrebbe essere l’esito delle prossime elezioni presidenziali in Polonia, attirando così l’attenzione sulla sua sproporzionata influenza nel plasmare la futura architettura di sicurezza dell’Europa, il cui argomento è al centro delle tensioni NATO-Russia.

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Come l’Europa può piegare Trump : note strategiche per organizzare la resistenza, di David Amiel, Shahin Vallée

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Di fronte alla guerra commerciale e alle tentazioni imperiali, l’Europa ha i mezzi per guidare la resistenza.

Ecco come organizzarsi.

Dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, l’Europa sta affrontando una crisi esistenziale. Le iniziative del Presidente americano e il cambio d’epoca simboleggiato dal discorso di J. D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco stanno imponendo un campanello d’allarme collettivo – per l’Ucraina, per l’architettura di sicurezza dell’Europa, ma anche, ed è l’argomento di questo articolo, per le sue relazioni economiche. C’è infatti il forte rischio che le offensive americane in quest’area portino, nei prossimi mesi, a una “Monaco economica” : una capitolazione scomposta agli Stati Uniti che garantirebbe disonore e sconfitta.

Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, dobbiamo guardare con chiarezza alle nostre vulnerabilità. Dal punto di vista strategico, l’Europa ha da tempo basato la sua architettura di sicurezza e difesa sugli americani, il che conferisce agli Stati Uniti una notevole influenza. Le minacce di Donald Trump sul finanziamento della NATO, la prospettiva di un accordo di pace con la Russia firmato sulle spalle dell’Ucraina o il suo interesse per la Groenlandia hanno suscitato troppo poche reazioni da parte delle istituzioni europee e dei leader nazionali, prima delle riunioni di emergenza organizzate a Parigi, Washington e Londra da Emmanuel Macron e Keir Starmer. Dal punto di vista economico, l’Europa ha una carta da giocare, ma troppo spesso ha paura della propria forza, rimanendo l’ultimo impotente difensore di un ordine commerciale internazionale liberale in piena disintegrazione. Deve finalmente accettare di perseguire una politica economica più offensiva, se non vuole essere schiacciata dalla tenaglia sino-americana. Questo esame di coscienza va oltre le semplici considerazioni di politica pubblica. Dal punto di vista ideologico, la trasformazione del paradigma dominante delle relazioni internazionali dal libero scambio neoliberista al mercantilismo, da un “ordine internazionale multilaterale aperto basato su regole” a un mondo basato sull’uso della forza, dal primato dell’economia al primato della geopolitica, ha gettato l’Europa in uno stato di tetania.

Ma c’è la possibilità che gli europei si sveglino gradualmente e si rendano conto della necessità di una rivoluzione culturale. La possibilità di tariffe generalizzate di circa il 25% su tutte le merci europee a partire da aprile rende urgente una risposta europea. Il tema della sovranità europea sta guadagnando terreno e il linguaggio del potere diventa sempre meno spaventoso. Inoltre, il rapporto Draghi ha portato all’inizio di un aggiornamento economico europeo sulla politica economica interna. La “Bussola della competitività” presentata a metà gennaio dal Presidente della Commissione europea mira ad attuarla, ma nei prossimi mesi saranno necessarie numerose iniziative legislative per essere all’altezza.

Gli europei si stanno gradualmente svegliando sulla necessità di una rivoluzione culturale.David Amiel e Shahin Vallée

Inoltre, e questo è il cuore del nostro punto di vista, il rapporto Draghi deve essere integrato da un aggiornamento sulla politica economica esterna. L’Unione, se lo desidera, può costruire un vero e proprio ” deterrente protezionistico “, cioè un arsenale di misure in grado di rispondere in modo credibile, duraturo ed efficace a un’offensiva economica americana che si preannuncia molto più ampia delle iniziative tariffarie adottate durante il primo mandato di Donald Trump : sarà quindi necessario essere in grado di sferrare colpi economici profondi contro gli interessi americani, andando oltre la “semplice ritorsione tariffaria”.

Questa prima fase, indispensabile, dovrebbe aprire la strada a una seconda, in cui l’Europa riprenda finalmente le redini, il che richiede profondi cambiamenti nelle politiche commerciali, industriali e fiscali del continente, nonché nella sua politica macroeconomica. Questo è il prezzo che l’Europa dovrà pagare per poter lanciare una controffensiva contro le iniziative statunitensi, che andrà anche oltre il commercio, rilanciando immediatamente gli investimenti interni, stringendo una “alleanza inversa” con le economie emergenti e aprendo la strada, senza dubbio a medio termine, a un nuovo accordo del Plaza con gli Stati Uniti e la Cina. Difendendo i propri interessi, l’Europa aprirà anche la strada a una roadmap di riforma della globalizzazione che, senza cedere al trumpismo, riconosca i fallimenti del modello attuale e tenti di passare a un nuovo ordine internazionale che dia alle grandi economie emergenti il posto che spetta loro al posto del defunto “Washington consensus”.

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A favore di un “protezionismo deterrente” capace di colpire in profondità

L’Europa non può più accontentarsi di una risposta tariffaria classica e mirata, per quanto necessaria, sul mercato delle merci per far fronte al protezionismo americano. L’approccio adottato nel 2017-2018 dalla Commissaria al Commercio estero Cecilia Malmström e dal Juncker 1, noto come ” Piano Juncker “, che consisteva nell’applicazione di contromisure doganali mirate (cfr. Tabella 1) e nella negoziazione di un accordo di acquisto (per i prodotti agricoli o il gas), non sarebbe ora né efficace né sostenibile.

L’approccio di Trump I è stato relativamente mirato, concentrandosi su acciaio, alluminio e settore automobilistico. L’approccio di Trump II sembra essere molto più generalizzato. Durante la campagna elettorale si è parlato di tariffe del 10% su tutte le merci e, più recentemente, di portare tutte le tariffe statunitensi al livello delle tariffe reciproche. Se, come suggerisce, includerà l’IVA tra le barriere non tariffarie, ciò potrebbe significare tariffe massicce contro l’UE. Dobbiamo quindi ampliare notevolmente il nostro arsenale, perché la risposta commerciale dovrà essere integrata da altre.

Inoltre, le stesse offensive statunitensi non si limitano ai dazi (cfr. Tabella 1), ma mirano a costringere l’Unione Europea a modificare le proprie politiche economiche in una direzione favorevole agli interessi statunitensi, in particolare nel settore digitale. Le minacce alla DSA e alla DMA sono evidenti e dovrebbero indurci a utilizzare questi strumenti in modo più aggressivo, anche se non sono stati concepiti come strumenti politici. Nei primi giorni della presidenza di Donald Trump, il memorandum America First Trade Policy ha annunciato una revisione completa degli strumenti di protezione economica. In particolare, prevedeva un esame approfondito della base industriale e manifatturiera degli Stati Uniti, nonché un inasprimento dei controlli sulle esportazioni volto a preservare la leadership tecnologica degli Stati Uniti in settori strategici come l’intelligenza artificiale o i semiconduttori 2.

La Commissione europea deve identificare con urgenza tutte le esportazioni di beni e servizi statunitensi che potrebbero essere oggetto di una massiccia ritorsione.David Amiel e Shahin Vallée

È anche da notare che questa offensiva ha preceduto l’insediamento dell’amministrazione Trump: l’amministrazione Biden aveva preso, nei suoi ultimi decreti presidenziali, in particolare il 13 gennaio 2025 3, forti misure per limitare le esportazioni di chip e semiconduttori verso alcuni Paesi dell’UE, aprendo potenzialmente importanti questioni per l’integrità del mercato unico, della politica commerciale europea.

La Commissione europea deve quindi identificare con urgenza tutte le esportazioni di beni e servizi americani che potrebbero essere oggetto di una massiccia ritorsione. Questa lista dovrebbe essere redatta in modo da massimizzare il danno inflitto e dovrebbe essere attuata il più possibile indipendentemente dai beni europei presi di mira dagli americani, prevedendo al contempo specifiche misure di accompagnamento a sostegno di questi settori, in modo da non permettere l’insorgere di tensioni tra gli Stati membri e i negoziati bilaterali tra questi e gli Stati Uniti.

L’Europa deve anche rafforzare i propri strumenti di difesa economica. Poiché l’Unione è un esportatore leader in un contesto di crescita debole, una guerra commerciale simmetrica necessariamente indebolirà ulteriormente le sue industrie, senza garantire un rapporto di forza favorevole nei confronti degli Stati Uniti. Come dimostra la recente opposizione di cinque Paesi, tra cui la Germania, all’introduzione di dazi doganali europei sui veicoli elettrici cinesi lo scorso ottobre, le tensioni tra la necessità di difendere le industrie europee e la tutela degli interessi economici a breve termine di alcuni Stati possono impedire l’emergere di una chiara linea strategica nel tempo.

Di fronte a queste sfide, l’UE deve ripensare il suo arsenale di misure di ritorsione e adottare una strategia più ampia, che combini politica commerciale, politica della concorrenza, sostegno all’innovazione e protezione dei settori strategici. L’idea non è quella di indulgere in un protezionismo cieco, ma piuttosto di stabilire un “protezionismo di dissuasione”, inviando un chiaro segnale agli Stati Uniti grazie alla possibilità di sferrare colpi economici di ampia portata.

La prima leva è la politica finanziaria, in particolare attraverso la regolamentazione e la supervisione del settore. L’UE potrebbe limitare l’accesso delle società finanziarie statunitensi al mercato europeo dei servizi finanziari inasprendo i requisiti normativi e l’accesso delle società statunitensi al mercato europeo, in particolare le licenze bancarie o in modo più sottile attraverso le cosiddette misure di vigilanza del “secondo pilastro”. Ciò potrebbe anche limitare l’accesso dei gestori patrimoniali statunitensi ai risparmi europei attraverso una modifica della direttiva sui fondi di investimento alternativi. L’UE potrebbe anche utilizzare il suo meccanismo di screening degli investimenti esteri per limitare l’accesso degli Stati Uniti alle società e agli asset europei, se necessario. Questo approccio proteggerebbe meglio gli interessi europei dagli operatori statunitensi dominanti, garantendo al contempo condizioni di maggiore parità.

Non si tratta di cedere a un protezionismo cieco, ma di instaurare un “protezionismo di deterrenza”, inviando un chiaro segnale agli Stati Uniti, grazie alla possibilità di sferrare attacchi economici in profondità.David Amiel e Shahin Vallée

Anche l’accesso al mercato digitale è una questione fondamentale, soprattutto in un contesto in cui le principali aziende tecnologiche statunitensi, la GAFAM, stanno cercando di eludere gli obblighi europei in termini di monitoraggio dei contenuti e di parità di trattamento politico. L’Unione dispone già di strumenti potenti, come il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA), che impongono obblighi rigorosi alle piattaforme dominanti. Rafforzare la loro applicazione 4 e sanzioni più severe in caso di inadempienza darebbero all’Europa un’ulteriore leva per difendere i propri interessi digitali e impedire alle aziende statunitensi di dettare unilateralmente le proprie condizioni sul mercato europeo.La conformità darebbe all’Europa un’ulteriore leva per difendere i propri interessi digitali e impedire alle aziende statunitensi di dettare unilateralmente le proprie condizioni sul mercato europeo, anche se la semplice attuazione dell’attuale legislazione europea sembra essere messa in discussione dalla nuova amministrazione statunitense. Un confronto in campo digitale sembra sempre più inevitabile.

Un’altra linea di risposta si basa sulla politica di concorrenza. L’UE potrebbe intensificare il monitoraggio degli abusi di posizione dominante e il controllo delle fusioni, per evitare che le aziende statunitensi acquisiscano un’influenza indebita sui mercati europei. In passato, la Commissione europea ha già utilizzato questi strumenti, in particolare imponendo pesanti multe a Google, Apple e Microsoft per pratiche anticoncorrenziali. È anche possibile ipotizzare misure comportamentali che potrebbero arrivare fino alla vendita di alcuni asset. Questo è stato l’orientamento del primo caso Microsoft, alcuni decenni fa, ed è attualmente quello che si sta discutendo nelle cause pendenti davanti al giudice statunitense riguardanti Google 5 – questo sarebbe in realtà un ritorno alle origini del diritto antitrust con lo Sherman Act. L’UE è sempre stata più reticente in questo campo, ma potrebbe essere una buona idea cambiare questo paradigma e adottare un approccio geopolitico alla politica di concorrenza. La Commissaria Vestager ha indicato prima della fine del suo mandato che questa potrebbe essere un’opzione… 6. Le aziende americane hanno ora una posizione strategica nell’intelligenza artificiale o nel cloud computing, che può creare non solo vulnerabilità strategiche ma anche pericolose posizioni dominanti per l’economia digitale europea da cui dobbiamo essere in grado di difenderci.

Infine, l’Europa deve essere in grado di rispondere ai potenti strumenti utilizzati dagli Stati Uniti per extraterritorializzare le proprie restrizioni e sanzioni alle esportazioni, come i meccanismi messi in atto dal Bureau of Industry and Security (BIS) e la Foreign Direct Product Rule (FDPR). Questi strumenti consentono a Washington di imporre restrizioni alle aziende straniere con il pretesto che utilizzano tecnologie americane. È il caso, ad esempio, dell’azienda olandese ASML, leader mondiale nelle macchine per la litografia dei semiconduttori, regolarmente minacciata dagli Stati Uniti se non interrompe le forniture di apparecchiature alla Cina. Queste minacce erano inizialmente limitate ad alcuni prodotti utilizzati per la produzione dei semiconduttori più avanzati, ma l’elenco tende ad allungarsi con l’espandersi del conflitto sino-americano. Questo punto è diventato centrale nella risposta all’extraterritorialità dei controlli sulle esportazioni statunitensi. La Commissione si sta finalmente preparando insistendo sul coordinamento dei controlli sulle esportazioni, che in linea di principio sono di esclusiva competenza degli Stati membri. E potrebbe essere indotta a ricorrere a strumenti come il regolamento di blocco o il meccanismo anti-coercizione, che sarebbe necessario garantire possano essere utilizzati per contrastare le restrizioni imposte attraverso i controlli sulle esportazioni.

Riprendere il controllo: l’arte dell’accordo europeo

Il “protezionismo deterrenza “, per quanto forte, non sarà sufficiente a lanciare una controffensiva duratura contro le iniziative di Trump.

L’Europa deve anche riprendere il controllo del dibattito globale. La sua risposta potrebbe essere costruita in tre fasi: in primo luogo, un nuovo quadro macroeconomico europeo per rendere possibile l’attuazione del programma di competitività; in secondo luogo, un patto con i Paesi emergenti per colmare le lacune dell’unilateralismo di Trump; in terzo luogo, il lavoro su un nuovo accordo del Plaza con Cina e Stati Uniti per affrontare gli squilibri globali evitando una guerra commerciale;

Per una profonda modernizzazione del quadro macroeconomico europeo 

L’attuazione contemporanea degli investimenti necessari per le spese militari, l’innovazione e la transizione energetica – che non ci stanchiamo mai di sottolineare servono anche alla nostra autonomia strategica riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili – non può essere realizzata in un quadro macroeconomico costante. Oltre alle misure per stimolare la produttività attraverso l’approfondimento del mercato interno, è essenziale una vera e propria riforma delle regole di bilancio, più ambiziosa della riforma del Patto di stabilità e crescita prevista per l’aprile 2024. Si noti che le elezioni parlamentari tedesche rappresentano un punto di svolta decisivo, in quanto aprono la prospettiva di una riforma delle regole costituzionali oltre il Reno. Ciò potrebbe incoraggiare una politica fiscale più espansiva a livello nazionale e quindi influenzare il rapporto di forza tra i “frugali ” e gli altri in seno al Consiglio per quanto riguarda l’allentamento delle regole di bilancio. A livello europeo, il finanziamento della difesa europea, un minimo, richiederà inevitabilmente l’introduzione di un nuovo prestito comune e di una politica di approvvigionamento centralizzata, con una chiara preferenza per le industrie europee. In questo contesto, è imperativo che l’Unione non riduca i suoi investimenti pubblici e che estenda anche la NextGenerationEU, aumentando nel contempo il suo bilancio entro il 2027;

L’Europa deve smettere di restare indietro rispetto alle iniziative statunitensi e riprendere il controllo del dibattito globale.David Amiel e Shahin Vallée

A questa capacità di indebitamento dovrà corrispondere l’allocazione di nuove risorse proprie. Per quanto riguarda la fiscalità, l’Europa non può più aspettare un consenso globale che non arriverà con l’inversione di rotta della politica statunitense. Non solo dovrà mantenere e approfondire le misure volte a contrastare l’ottimizzazione fiscale da parte delle multinazionali, nonostante le prospettive di ratifica da parte del Congresso americano dell’accordo raggiunto a livello OCSE siano ormai definitivamente remote, ma dovrà anche impegnarsi maggiormente nella lotta all’evasione fiscale delle persone fisiche, visto che l’ascesa al potere di Donald Trump rende ancora più pessimisti i progressi a livello di G20. Una tassa europea sulle persone più ricche sarebbe un primo passo utile, accompagnato dall’introduzione di una tassa di uscita, coordinata a livello europeo per evitare le carenze delle iniziative nazionali, per evitare che i ricchi spostino i loro patrimoni in giurisdizioni più clementi quando lasciano un Paese.

La diga costituita dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) è stata indebolita dagli Stati Uniti (in realtà già sotto Biden) e deve essere urgentemente consolidata e rafforzata. Attraverso meccanismi come l’IRA e il CBAM europeo, è emersa la stessa idea, quella di unire gli imperativi economici, energetici, strategici e ambientali: se gli Stati Uniti abbandonano gli impegni sul clima e qualsiasi ambizione di transizione energetica, indeboliranno la propria politica ambientale e danneggeranno attivamente gli sforzi europei. La pressione esercitata da Washington contro il CBAM europeo costituisce una minaccia esistenziale per l’intera politica industriale e climatica dell’Unione, poiché in assenza di un meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere, il mercato europeo dei diritti di inquinamento (ETS) diventerebbe insostenibile. Per un’Europa che ha fatto del prezzo del carbonio il perno centrale della sua strategia di transizione, una simile sfida rappresenterebbe una notevole battuta d’arresto strategica. Il CBAM deve essere rafforzato con urgenza, sia estendendo il campo di applicazione dei beni interessati, in particolare ai prodotti finiti, sia semplificandone la metodologia e l’attuazione, sia introducendo un meccanismo di sovvenzione delle esportazioni “a basse emissioni di carbonio”. Il CBAM aumenta il prezzo dei beni “a base di carbonio” importati, garantendo parità di condizioni con la produzione europea, ma non abbassa il costo dei beni “decarbonizzati” esportati: questa vulnerabilità potrebbe diventare ancora più dolorosa nel mondo emergente in cui gli Stati Uniti escono dall’Accordo di Parigi e ogni prospettiva di generalizzare questo tipo di meccanismo è remota. Il rafforzamento del meccanismo di aggiustamento delle emissioni di carbonio alle frontiere contribuirà inoltre a liberare risorse per investimenti comuni;

Per un’alleanza inversa tra Europa e Paesi emergenti

L’unilateralismo di Donald Trump, simboleggiato dalla chiusura degli aiuti statunitensi (USAID), offre un’opportunità che gli europei possono rapidamente cogliere per stringere una nuova alleanza con i Paesi in via di sviluppo. Era nell’interesse generale del pianeta permettere loro di avere i mezzi per investire, in particolare nella transizione energetica, e questo è stato uno dei temi chiave del vertice di Parigi del 2023. È ora interesse vitale degli europei cogliere l’interregno americano per difendere i propri interessi strategici nell’assicurare le forniture di materiali critici, salvaguardare gli accordi di Parigi e cooperare in materia di sicurezza e migrazione. Per 50 miliardi di dollari all’anno – il budget di USAID – l’Unione avrebbe l’opportunità di assumere una posizione decisiva nelle economie in via di sviluppo e un nuovo importante ruolo strategico a fianco delle grandi economie emergenti.

Gli effetti più probabili di un aumento delle tariffe sarebbero un’inflazione più alta negli Stati Uniti, un dollaro più forte e un rallentamento globale, che compenserebbero rapidamente i benefici attesi.David Amiel e Shahin Vallée

A breve termine, gli europei potrebbero rispondere alle misure adottate da Donald Trump per rafforzare i propri meccanismi rilanciando l’idea delle Vie della Seta europee. A livello istituzionale, l’Europa deve essere coinvolta nella riforma della governance delle istituzioni finanziarie internazionali, dando un ruolo maggiore alle grandi economie emergenti e assumendosi tutti i rischi di forti tensioni con Washington che questo comporterebbe. Infine, sembra inevitabile una ristrutturazione del debito dei Paesi in via di sviluppo, un nuovo “piano Baker”, ma questa volta dovrebbe includere la Cina, il cui ruolo è diventato assolutamente centrale in tanti casi;

Le debolezze dell’amministrazione Trump devono quindi essere sfruttate sistematicamente. In un ambito completamente diverso, l’Europa potrebbe contribuire a organizzare una “fuga di cervelli inversa” dagli Stati Uniti, rivolgendosi a ricercatori e innovatori, di nazionalità americana o europea, offrendo loro vantaggi materiali e professionali e una procedura accelerata per venire in Europa.

Per un nuovo ” Plaza “

Al centro dell’ossessione di Trump ci sono i cronici deficit commerciali degli Stati Uniti.

È vero che le massicce eccedenze accumulate in Asia e in alcuni Paesi europei, in particolare la Germania, hanno destabilizzato l’economia globale negli ultimi decenni, deprimendo la domanda durante i rallentamenti economici e minando i settori industriali chiave durante tutto il ciclo, anche nella fase “alta” con l’accumulo di “sovraccapacità”, come stiamo vedendo attualmente in Cina. È da notare che dalla crisi finanziaria globale, che ha reso questo tema un elemento chiave delle discussioni del G20, non ci sono stati progressi significativi.

Attualmente, ciascuno dei principali blocchi economici sta adottando una strategia esattamente opposta a quella necessaria per un riequilibrio globale: l’Europa non investe abbastanza, gli Stati Uniti non si consolidano abbastanza e la Cina non consuma abbastanza.David Amiel e Shahin Vallée

Ma è sbagliato credere che la risposta sarebbe un aumento generalizzato delle tariffe doganali. Gli effetti più probabili di un aumento dei dazi doganali sarebbero un aumento dell’inflazione negli Stati Uniti, un apprezzamento del dollaro e un rallentamento globale che neutralizzerebbe rapidamente i benefici attesi da queste misure protezionistiche sulla domanda, mentre avrebbe un effetto deleterio sull’offerta, destabilizzando profondamente le catene del valore. A ciò si aggiunge naturalmente il fatto che l’effetto dell’incertezza legata a decisioni commerciali erratiche rischia di bloccare una serie di investimenti 8.

Queste analisi sembrano infondersi anche all’interno delle persone vicine a Donald Trump. Il duo composto da Peter Navarro e Robert Lighthizer, rispettivamente Consigliere del Presidente e Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti sotto Trump I, era molto propenso a utilizzare le tariffe per riequilibrare il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti. Un nuovo duo, composto da Stephen Miran, presidente del Consiglio dei consulenti economici 9 e Scott Bessent, Segretario del Tesoro 10, dall’altro hanno prodotto analisi che convergono sulla sopravvalutazione strutturale del dollaro come causa centrale del deficit delle partite correnti degli Stati Uniti. Queste analisi non sono prive di tensioni, in quanto difendono sia il ruolo del dollaro come valuta di riserva (che ha un effetto rialzista sul tasso di cambio) sia la necessità imperativa di ridurre i disavanzi delle partite correnti (il che implica un deprezzamento). Oltre a questa tensione economica, esiste anche una tensione politica tra il crescente numero di annunci di tariffe doganali (che avranno un effetto rialzista sul tasso di cambio) e la pressione sulla Federal Reserve per mantenere bassi i tassi di interesse, a beneficio dei mercati finanziari (che avranno un effetto ribassista sul tasso di cambio).

Come abbiamo visto, l’Europa deve fare molto di più per sostenere la domanda interna. La Cina, dal canto suo, deve riequilibrare la propria economia incoraggiando i consumi piuttosto che gli investimenti eccessivi. Un apprezzamento significativo del renminbi (RMB) contribuirebbe a riequilibrare l’economia cinese, ma rischierebbe di avere un impatto deflazionistico sulla Cina e di rallentare la crescita globale se non fosse accompagnato da sufficienti misure di sostegno interno. Gli Stati Uniti non possono limitarsi a denunciare gli squilibri esterni senza ammettere le proprie responsabilità, poiché l’eccessivo consumo interno e la politica fiscale espansiva sono i principali fattori alla base degli squilibri globali. Per porvi rimedio, Washington deve impegnarsi in un consolidamento fiscale forte e credibile. Tuttavia, tale riduzione del deficit non può essere attuata senza rischi di recessione per l’economia globale, a meno che l’Europa e la Cina non si facciano carico di stimolare la propria domanda. Attualmente, ciascuno dei principali blocchi economici sta adottando una strategia esattamente opposta a quella necessaria per un riequilibrio globale: l’Europa non investe abbastanza, gli Stati Uniti non si consolidano abbastanza e la Cina non consuma abbastanza;

In particolare, un riequilibrio duraturo implica un accordo paragonabile al Plaza Agreement (1985). Dovrebbe portare a un apprezzamento dello yuan, a un deprezzamento del dollaro e a un rilancio della domanda interna europea – attraverso un aumento degli investimenti pubblici sostenuti da nuove risorse proprie -, in cambio di una tregua nella guerra commerciale. L’Europa, se riesce a recuperare una posizione di forza, dovrebbe prendere l’iniziativa di questo vertice multilaterale sul coordinamento dei tassi di cambio e delle politiche macroeconomiche 11. Questo approccio richiede una vera e propria rivoluzione da parte degli europei, dal momento che la politica dei tassi di cambio rimane un argomento tabù e l’Unione è storicamente riluttante ad assumere impegni multilaterali in materia di bilancio, anche durante la crisi finanziaria del 2008, nonostante le notevoli pressioni degli Stati Uniti.

Conclusione: un’alternativa europea alla guerra commerciale  

L’intorpidimento degli europei di fronte all’offensiva di Trump riflette un disordine ideologico più profondo: quello di gran parte delle élite occidentali che si trovano di fronte alla disintegrazione delle illusioni della Pax Americana, del ” commercio dolce ” e del modello neoliberale. La crisi di Covid-19 e l’aumento delle tensioni geopolitiche hanno rivelato le vulnerabilità generate dall’integrazione delle catene globali del valore e hanno riportato in primo piano le questioni di sovranità. L’ascesa dei partiti populisti ha ricordato a coloro che erano tentati di reprimerli le divisioni sociali e territoriali create dalla nuova economia globalizzata. I persistenti e massicci squilibri delle partite correnti stanno gradualmente apparendo insostenibili. Il potere seduttivo del nazionalismo economico di Donald Trump deriva dalla sua capacità di dare la falsa impressione di rispondere a questi difetti reali.

A questo proposito, è rivelatore il fatto che Joe Biden non abbia scelto di tornare alla linea economica di Barack Obama. La sua politica industriale prevedeva un uso massiccio di sussidi diretti e crediti d’imposta, promulgati attraverso l’Inflation Reduction Act (IRA), il CHIPS Act e il Research and Development, Competition, and Innovation Act – tutti incentrati su settori ritenuti particolarmente critici o strategici, soprattutto semiconduttori e tecnologie verdi. La sua politica commerciale si rifletteva in particolare nella cosiddetta dottrina ” piccolo cortile, alti steccati “, che faceva parte di un protezionismo mirato al servizio della transizione energetica.

La tetania degli europei di fronte all’offensiva di Trump riflette un disordine ideologico più profondo  quello di gran parte delle élite occidentali di fronte alla disintegrazione delle illusioni della Pax Americana, del ” commercio dolce ” e del modello neoliberale. David Amiel e Shahin Vallée

Gli europei non possono nemmeno predicare un ritorno allo statu quo ante. Devono difendere solidamente i loro interessi, accelerare la loro politica di innovazione e derisking e, sulla base di successivi equilibri di potere e deals, proporre un’alternativa ambiziosa come quella di Donald Trump per ” riprendere il controllo ” della globalizzazione, affrontando la concorrenza fiscale, gli squilibri macroeconomici e il finanziamento della transizione energetica attraverso un nuovo impulso alla cooperazione con i Paesi del Sud. Riprendere il controllo di questi flussi finanziari è, a lungo termine, l’unico modo per rispondere all’ondata di nazionalismo ed evitare una guerra commerciale distruttiva e inutile;

Se questa prospettiva a lungo termine non sarà sicuramente sufficiente a convincere molti europei a realizzare una rivoluzione culturale, essi potrebbero accontentarsi di considerare i loro interessi a breve termine. Sarebbe un’illusione credere che nella discussione transatlantica si possano separare le questioni strategiche, legate all’architettura della sicurezza in Europa, da quelle economiche, così come non sarà possibile affrontare queste ultime negoziando separatamente gli aspetti fiscali, commerciali, macroeconomici, normativi e di altro tipo. Se l’organizzazione politica del continente, così come le sue abitudini ideologiche, lo hanno abituato ad approcci in silos, sarebbe mortificante ragionare in questo modo di fronte a un’amministrazione Trump che incrocia continuamente le questioni. È definendo al più presto un approccio globale che gli europei potranno stabilire un rapporto di forza più favorevole, evitando di dover vendere i propri interessi in modo frammentario nei prossimi mesi, in una Monaco che si riavvia continuamente.

Fonti
  1. Milan Schreuer, ” L’UE si impegna a reagire alle tariffe di Trump mentre la guerra commerciale incombe “, The New York Times, 7 mars 2018.
  2. Voir Section 4. c)  du mémorandum America First Trade Policy.
  3. FACT SHEET : Ensuring U.S. Security and Economic Strength in the Age of Artificial Intelligence, Maison-Blanche.
  4. La Commission a par exemple annoncé en janvier 2025 le renforcement de l’enquête qu’elle mène contre la plateforme X dans le cadre des mesures prévues par le DSA.
  5. Stati Uniti d’America e altri contro Google LLC, Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia, caso n. 1:20-cv-03010-APM.
  6. Foo Yun Chee, ” Google affronta l’ordine di scioglimento dell’UE per pratiche adtech anticoncorrenziali “, Reuters, 14 juin 2023.
  7. Luca Bertuzzi e Oscar Pandiello, ” L’UE prepara i commenti sulle norme statunitensi di controllo delle esportazioni di chip AI “, MLex, 11 février 2024.
  8. Editorial Board delWSJ, ” Trump’s Tariffs and the Dollar “,The Wall Street Journal, 3 février 2025.
  9. Stephen Miran, ” A User’s Guide to Restructuring the Global Trading System “, Hudson Bay Capital, novembre 2024.
  10. Shahin Vallée, ” Why Scott Bessent could be Trump’s James Baker “, The Financial Times, 25 novembre 2024.
  11. Buti, M. (2018). La nuova governance economica globale : l’UE può contribuire a vincere la pace ? Documento di lavoro Luiss 

Quale impatto potrebbero avere le ultime sanzioni energetiche degli Stati Uniti sulle relazioni russo-indo-indiane?_di Andrew Korybko

Quale impatto potrebbero avere le ultime sanzioni energetiche degli Stati Uniti sulle relazioni russo-indo-indiane?

24 gennaio
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La preferenza di Trump per le sanzioni e la sua ultima minaccia di raddoppiare quelle secondarie potrebbero ostacolare il cauto allineamento multilaterale dell’India tra Stati Uniti e Russia, costringendola a scegliere tra i due.

I media sono stati inondati di resoconti che ipotizzano che le relazioni russo-indo-indiane potrebbero soffrire a causa delle ultime sanzioni energetiche degli Stati Uniti, visto che di recente si sono concentrati sull’importazione su larga scala di petrolio scontato da Mosca da parte di Delhi, che potrebbe essere messa a repentaglio da queste ultime restrizioni unilaterali. Una fonte indiana anonima ha detto ai media che “la Russia troverà il modo di raggiungerci” e ha previsto sconti più ripidi per contrastare i nuovi rischi di sanzioni, tuttavia, quindi per ora non c’è molto motivo di preoccuparsi.

Le misure non entreranno in vigore prima di marzo, quindi entrambe le parti hanno ancora tempo per pianificare soluzioni alternative, una delle quali sta prendendo la forma dell’India che ha recentemente ampliato il suo pool di assicuratori russi per includere società non sanzionate, anche se non è ancora chiaro cosa faranno riguardo alla “flotta ombra” sanzionata dalla Russia. In ogni caso, è un passo nella giusta direzione e mostra l’importanza che l’India attribuisce al proseguimento della sua importazione su larga scala di petrolio russo scontato, il cui significato strategico verrà ora spiegato.

Non solo ha contribuito a scongiurare una policrisi negli ultimi anni che avrebbe potuto catalizzare conseguenze disastrose a cascata nel Sud del mondo, come accennato qui alla fine del 2023, ma ha anche mantenuto in carreggiata l’impressionante traiettoria di crescita dell’India, mantenendo così anche la sua attrattiva per gli investimenti esteri. Inoltre, l’India ha preventivamente scongiurato la dipendenza potenzialmente sproporzionata della Russia dalla Cina diversificando i suoi flussi di entrate energetiche, impedendo così alla Russia di diventare il partner minore della Cina.

Ciò ha fermato le tendenze bi-multipolari sino-americane e ha facilitato la fase di transizione tri-multipolare della transizione sistemica globale verso una multipolarità più complessa (“multiplexity”). Quel risultato potrebbe essere visto da alcuni decisori politici statunitensi come dannoso per i grandi interessi strategici del loro paese, ma d’altro canto, la Russia deve ancora trasformarsi in una riserva di materie prime per dare una spinta all’ascesa della superpotenza cinese come avrebbe potuto già diventare se l’India non avesse diversificato i flussi di entrate energetiche della Russia.

I grandi interessi strategici dell’India sono di impedire che ciò accada a causa della possibilità che la Cina possa un giorno sfruttare la sua partnership senior sulla Russia per far sì che quest’ultima riduca e alla fine sospenda (indipendentemente dal pretesto) le nuove e sospese forniture militari all’India. Inoltre, il turbocompressore russo dell’ascesa della superpotenza cinese potrebbe costringere l’India a diventare il partner junior degli Stati Uniti in natura, il che potrebbe portare a serie concessioni sulla sua autonomia strategica duramente guadagnata.

Questi imperativi suggeriscono che l’India farà tutto ciò che è in suo potere per mantenere la sua importazione su larga scala di petrolio russo scontato, poiché l’alternativa è rischiare che la Russia diventi il partner minore della Cina, con tutto ciò che ciò comporterebbe per rimodellare la transizione sistemica globale ripristinando la bi-multipolarità sino-americana. Nel caso in cui l’India si senta costretta a rispettare queste ultime sanzioni, come se Trump venisse tratto in inganno da consiglieri fuorviati che minacciano paralizzanti sanzioni secondarie, allora potrebbe provare a raggiungere un accordo.

In cambio di esenzioni dalle sanzioni, che l’India potrebbe spiegare sarebbero necessarie per impedire la trasformazione della Russia in una riserva di materie prime per dare una spinta all’ascesa della superpotenza cinese a spese dei grandi interessi strategici degli Stati Uniti, potrebbe provare a convincere la Russia ad accettare il piano di pace di Trump. Mentre non è ancora chiaro cosa abbia esattamente in mente, i segnali che ha inviato finora suggeriscono che chiederà compromessi duri alla Russia, che Putin potrebbe rifiutare e poi Trump potrebbe intensificare in risposta.

Ciò potrebbe portare a sanzioni anti-russe ancora maggiori, tra cui l’applicazione di sanzioni secondarie minacciate contro paesi terzi come l’India, e più aiuti armati all’Ucraina per perpetuare il conflitto. Se la Russia non accetta il cessate il fuoco, l’armistizio o i termini di pace offerti, allora potrebbe non avere altra scelta che diventare il partner minore della Cina per disperazione di finanziamenti e potenzialmente anche di equipaggiamento tecnico-militare in cambio della vendita delle sue risorse a prezzi stracciati come finora si è rifiutata di fare .

Trump vuole “tornare (tornare) in Asia” subito per contenere la Cina in modo più muscoloso, il che richiede che risolva rapidamente il conflitto ucraino, così la sua possibile perpetuazione potrebbe ritardarlo indefinitamente, mentre la Russia potrebbe dare una spinta all’ascesa della superpotenza cinese, come lui vorrebbe evitare. Lui e i suoi consiglieri potrebbero non vederla così, ma l’India potrebbe aiutarli a convincerli di questa previsione di scenario, a cui alcuni del suo team potrebbero essere ricettivi a causa della loro indofilia .

Anche se l’India non riesce a convincere Trump a chiedere compromessi duri a Putin e poi non riesce a convincere Putin ad accettarli, potrebbe comunque sfidare le prevedibili minacce di sanzioni secondarie degli Stati Uniti continuando a importare petrolio russo scontato, anche se forse non nella stessa scala di prima. Questa possibilità si basa sulla grande importanza strategica dei loro legami energetici in relazione alla transizione sistemica globale dal punto di vista dell’India e all’imperativo di impedire alla Russia di diventare il partner minore della Cina.

Con tutte queste intuizioni in mente, la probabilità che le ultime sanzioni energetiche degli Stati Uniti danneggino i legami russo-indiani è bassa e lontana da ciò che alcuni media hanno ipotizzato, ma esiste ancora il rischio che possano essere danneggiati un po’ se non hanno successo nell’intraprendere soluzioni alternative. L’altra variabile significativa è se l’India può convincere Trump a concederle una deroga alle sanzioni a causa del modo in cui questi acquisti su larga scala impediscono alla Russia di diventare il partner minore della Cina o in cambio della mediazione sull’Ucraina.

La preferenza di Trump per le sanzioni e la sua ultima minaccia di raddoppiare quelle secondarie in quel caso potrebbero far deragliare il cauto multi-allineamento dell’India tra Stati Uniti e Russia, costringendola a scegliere tra loro, cosa che non vuole fare in nessuna circostanza. Ciò contestualizza la recente espansione dell’India del suo pool di assicuratori russi come un compromesso pragmatico almeno per ora, il che dimostra quanto l’India non voglia essere costretta nel suddetto dilemma, anche se alla fine potrebbe comunque esserlo.

In fin dei conti, tutto dipende da quanto Trump è disposto a fare pressione sull’India per la sua importazione su larga scala di petrolio russo scontato e dal grado in cui l’India potrebbe poi sfidarlo. Trump potrebbe essere convinto dall’India a riconsiderare di andare fino in fondo, mentre l’India potrebbe poi perseguire coraggiosamente i suoi grandi interessi strategici se ciò non accadesse, anche se a rischio di una grave crisi con gli Stati Uniti. Gli osservatori dovrebbero quindi tenere d’occhio queste dinamiche a causa del loro potenziale impatto enorme sull’ordine mondiale.

Non ci si aspetta che Trump estenda le garanzie di difesa reciproca dell’articolo 5 alle forze alleate in paesi terzi come l’Ucraina, poiché ciò potrebbe provocare una guerra con la Russia che potrebbe poi coinvolgere gli Stati Uniti.

Zelensky ha chiesto un minimo di 200.000 peacekeeper europei durante la sessione del panel che ha seguito il suo discorso a Davos, che lo ha visto proporre che Francia, Germania, Italia e Regno Unito uniscano le loro forze con quelle dell’Ucraina per contrastare la Russia in numeri quasi uguali. Ha anche suggerito che Trump abbandonerà l’Europa per raggiungere un accordo sull’Ucraina con Russia e Cina. Il sottinteso è che dovrebbero organizzare una missione di peacekeeping su larga scala prima che ciò accada.

Tuttavia, è improbabile che accolgano la sua richiesta, per lo stesso motivo per cui è improbabile che il Regno Unito stabilisca effettivamente una base militare in Ucraina, come ha accettato di esplorare nel suo nuovo patto di partenariato di 100 anni . Nessuno degli europei vuole rischiare una guerra con la Russia, dove sarebbero lasciati a combattere da soli senza il supporto americano , nemmeno il Regno Unito e la Francia dotati di armi nucleari, dal momento che non ci si aspetta che Trump estenda le garanzie di difesa reciproca dell’articolo 5 alle forze degli alleati in paesi terzi come l’Ucraina.

Lui, che ama avere il massimo controllo possibile su tutto, naturalmente non si sentirebbe a suo agio sapendo che altri potrebbero provocare una guerra con la Russia che potrebbe poi trascinare gli Stati Uniti. Il grande obiettivo strategico di Trump è di concludere il conflitto ucraino il prima possibile in modo da dare priorità ai suoi piani di riforme interne di vasta portata mentre “torna (indietro) verso l’Asia” per contenere più muscolosamente la Cina. Tutto ciò che potrebbe ostacolare questo programma, specialmente altri che provocano una guerra con la Russia, è un anatema.

Detto questo, non si può escludere che gli europei possano assemblare una forza su larga scala ai confini polacchi e rumeni dell’Ucraina per un rapido dispiegamento in caso di future ostilità, indipendentemente dal fatto che ciò sia coordinato tramite la NATO controllata dagli USA o al di fuori di essa. Affinché ciò accada, tuttavia, polacco – ucraino i rapporti dovrebbero migliorare (Zelensky ha ignorato la Polonia nel suo discorso nonostante abbia il terzo esercito più grande della NATO ) e il favorito populista della Romania dovrebbe perdere le elezioni presidenziali di maggio .

Inoltre, l’Europa dovrebbe compiere progressi significativi nella costruzione dell’“ apparato militare Schengen ” per facilitare il movimento di truppe e attrezzature attraverso il blocco verso i suoi confini orientali, altrimenti qualsiasi cosa venga assemblata sulla frontiera ucraina e poi inviata attraverso di essa sarebbe logisticamente vulnerabile. I legami polacco-ucraini non sono ancora migliorati, la ripetizione delle elezioni presidenziali in Romania non è ancora avvenuta e lo “Schengen militare” rimane per lo più sulla carta, il che va contro i piani di Zelensky.

Di conseguenza, la probabilità che gli europei radunino una forza su larga scala ai confini polacchi e rumeni dell’Ucraina in tempi brevi è bassa, per non parlare del fatto che dispieghino unilateralmente peacekeeper, che siano 200.000 o solo 2.000, in Ucraina senza la previa approvazione degli Stati Uniti. Tuttavia, il discorso di Zelensky a Davos e la sessione del panel potrebbero servire a piantare il seme di un “pensiero ambizioso” nelle menti dei decisori politici europei, il che potrebbe portarli ad avviare tali discussioni con gli Stati Uniti.

Dal punto di vista di Trump, è importante “condividere il peso” in Ucraina e idealmente scaricarne il più possibile sulle spalle degli europei, anche se senza incoraggiarli a provocare una guerra con la Russia in seguito. A tal fine, potrebbe flirtare pubblicamente con qualche variazione della proposta di pace europea di Zelensky, ma solo come parte di una tattica negoziale con Putin in modo che possa poi annullarla come una falsa concessione in cambio di qualcosa di più tangibile e significativo dalla sua controparte.

Trump potrebbe anche autorizzare in ultima analisi gli USA a prendere l’iniziativa di radunare la suddetta forza su larga scala ai confini polacchi e rumeni dell’Ucraina, ma a condizione che tutti i membri della NATO accettino la sua richiesta di spendere il 5% del PIL per la difesa. Potrebbero esserci anche altre condizioni, come quelle commerciali, per “confortarli” in questo modo, facendo finta di non “abbandonare” l’Europa come Zelensky ha appena insinuato che potrebbe essere un complotto.

Un modo per costringerli a fare entrambe le cose, vale a dire spendere il 5% del PIL per la difesa mentre accettano concessioni commerciali per guidare un rafforzamento NATO senza precedenti sui confini occidentali dell’Ucraina per “scoraggiare la Russia” dopo la fine del conflitto, è chiedere tagli drastici alle Forze armate ucraine. Zelensky ha avvertito durante la sua sessione di panel che Putin potrebbe chiedere una riduzione di cinque volte in base al precedente della bozza di trattato della primavera 2022 e, se Trump accetta, allora questo potrebbe spaventare l’Europa e spingerla a fare ciò che chiede.

Qualunque cosa finisca per fare, le probabilità che permetta agli europei di inviare unilateralmente un qualsiasi numero di peacekeeper in Ucraina sono prossime allo zero a causa della possibilità che provochino una guerra con la Russia che potrebbe rischiare di trascinare gli Stati Uniti, facendo così deragliare i suoi programmi di politica interna ed estera. Tutto ciò che deve fare per impedirlo è chiarire che le garanzie di difesa reciproca dell’articolo 5 non saranno estese a quelle delle loro forze in paesi terzi, indipendentemente dalle circostanze degli attacchi a cui potrebbero essere sottoposti.

L’unico scenario in cui potrebbe tollerare questa possibilità è se venisse ingannato dal complesso militare-industriale, dagli europei (in particolare dal presidente polacco uscente Andrzej Duda, che è uno dei suoi amici più cari) e da consiglieri fuorviati, trasformando l’Ucraina nel suo Vietnam, come ha appena avvertito Steven Bannon . Sebbene vi siano motivi di preoccupazione, in particolare le sue osservazioni sulla Russia dopo l’insediamento, è prematuro concludere che seguirà questa strada, quindi lo scenario di peacekeeper europeo rimane molto improbabile.

Questo dovrebbe essere visto solo come un segnale che la Russia è a conoscenza di questo complotto, non come qualcosa di più profondo, come l’aspettativa che Trump porti a termine i piani di Biden o un’insinuazione che i rapporti con il Pakistan potrebbero diventare problematici in tal caso.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha detto a Putin durante la riunione del Consiglio di sicurezza lo stesso giorno dell’insediamento di Trump e mentre esaminava i conflitti regionali che “non dimentichiamo l’Afghanistan, dove gli americani stanno anche cercando di ripristinare la loro presenza in una certa misura, utilizzando i paesi vicini per questo e pensando di riportare lì la loro infrastruttura militare. Sto dicendo tutto questo in termini di politiche portate avanti dalla precedente amministrazione”. La sua accusa merita un’ulteriore analisi.

Il punto di accesso più realistico degli Stati Uniti all’Afghanistan è il Pakistan, che ha assistito passivamente la sua occupazione militare di due decenni di quel paese vicino, ma allo stesso tempo ha anche sostenuto clandestinamente i talebani contro le forze straniere e l’esercito nazionale afghano. Postmoderno di aprile 2022 Il colpo di stato contro l’ex primo ministro multipolare Imran Khan avrebbe dovuto migliorare i rapporti con gli Stati Uniti e facilitare ciò di cui la Russia lo ha appena accusato, ma è stato declassato a causa della guerra per procura in corso in Ucraina .

Nonostante ciò, gli USA hanno comunque tentato di coltivare influenza nella regione più ampia, inclusa l’Asia centrale . Ciò non ha mai portato a nulla di significativo a causa dell’effetto moderatore che Russia e Cina hanno avuto sui potenziali piani che alcuni in quei paesi avrebbero potuto architettare. I loro decisori politici alla fine hanno capito che è meglio non provocare nessuno dei due attraverso partnership di sicurezza rafforzate con gli USA piuttosto che procedere con quanto sopra a possibile scapito della stabilità regionale e del commercio bilaterale.

Il Pakistan ha preso una strada diversa da quella intrapresa, tuttavia, poiché il suo regime post-golpe ha continuato a nutrire la speranza di ripristinare il suo ruolo tradizionale nell’aiutare le operazioni militari statunitensi in Afghanistan in cambio di benefici personali (anche finanziari). Questo spiega perché ha continuato a inchinarsi agli Stati Uniti su tutto, tranne che sul voto simbolico contro la Russia all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, cosa che gli è stata consentita dagli Stati Uniti per mantenere aperta la possibilità che la Russia modernizzasse l’industria delle risorse del Pakistan al posto della Cina.

I lettori possono saperne di più su questa logica qui , che copre i modi machiavellici in cui gli USA stanno tentando di adattarsi all’emergente ordine mondiale multipolare , ma i legami tra Pakistan e USA sono diventati di recente problematici, come è stato spiegato poco dopo qui . In breve, il programma missilistico balistico a lungo raggio del Pakistan ha fatto sospettare agli USA che abbia motivi di proliferazione illegale o forse persino ostili, mentre la sua brutale repressione dell’opposizione va ben oltre ciò che gli USA hanno approvato.

Ciò ha ridotto notevolmente la sua attrattiva per gli Stati Uniti come punto di ingresso in Afghanistan, poiché i decisori politici apparentemente pensavano che il Pakistan avrebbe sfruttato la sua assistenza logistica all’esercito americano lì per continuare con quei due corsi di azione che di recente avevano suscitato la preoccupazione degli Stati Uniti. In tal caso, il primo potrebbe alla fine portare a rischi per la sicurezza, mentre il secondo potrebbe rischiare un’ulteriore instabilità che potrebbe sfociare in una crisi nazionale che trasforma il Pakistan più in una passività americana che in una risorsa regionale.

Dopo aver spiegato il contesto più ampio in cui Lavrov ha fatto le sue ultime osservazioni sull’Afghanistan, che alludono ai sospetti della Russia che il Pakistan voglia facilitare il ritorno delle infrastrutture militari statunitensi lì, è ora il momento di discutere cosa questo potrebbe significare per le loro relazioni bilaterali incredibilmente strette. Come dimostrato dal fatto che la Russia continua a vendere energia all’UE nonostante il blocco stia armando l’Ucraina, non ci sono precedenti per ipotizzare che ridurrà o forse annullerà la cooperazione con un Pakistan molto più amichevole.

In questo caso particolare, il Pakistan potrebbe assistere passivamente gli USA nel promuovere sfide alla sicurezza provenienti dall’Afghanistan (principalmente non convenzionali/terroristiche) lungo i suoi ” confini strategici ” meridionali in Asia centrale, ma questo non è minimamente minaccioso quanto ciò che l’UE sta attualmente facendo in Ucraina. Non è nemmeno chiaro se Trump sarebbe interessato a chiudere un occhio sulle due nuove preoccupazioni degli USA nei confronti del Pakistan per restituire l’infrastruttura militare statunitense all’Afghanistan con tutti i rischi che ciò comporta.

Non gli interessa impantanarsi di nuovo in Afghanistan, figuriamoci mettere a rischio la vita delle truppe statunitensi nella stessa zona di conflitto da cui Biden si è ritirato in modo disastroso e che ha provocato aspre critiche da parte di Trump all’epoca, quindi non ne verrà fuori nulla. Inoltre, la sua amministrazione è considerata molto indofila e potrebbe di conseguenza respingere qualsiasi mossa in quella direzione poiché potrebbe peggiorare i legami con l’India, che ora è il principale partner regionale degli Stati Uniti.

Per queste ragioni, le ultime osservazioni di Lavrov sull’Afghanistan e le loro insinuazioni sul fatto che il Pakistan cospira per restituire lì l’infrastruttura militare statunitense dovrebbero essere viste solo come un segnale che la Russia è a conoscenza di questo complotto, non come qualcosa di più profondo. Mentre alcuni decisori politici russi potrebbero essere delusi dal fatto che il Pakistan stia anche solo considerando questa possibilità, altri potrebbero essere motivati a raddoppiare il riavvicinamento della Russia al Pakistan nella speranza che venga dissuaso o a capitalizzare i suoi legami potenzialmente in peggioramento con gli Stati Uniti.

L’operazione di influenza di Duda mira a indurre Trump a umiliare Putin nella convinzione errata che questo sia l’unico modo per scongiurare la Terza guerra mondiale, che in realtà perpetuerebbe il conflitto sabotando il processo di pace e servendo così da pretesto agli Stati Uniti per “intensificare l’escalation” alle proprie condizioni.

Il presidente polacco uscente Andrzej Duda ha rilasciato un’intervista al Washington Post in cui ha discusso di diversi argomenti importanti, primo fra tutti il finale ucraino, che ha suggerito essere inestricabilmente connesso alla psicologia e all’ottica. La Russia deve credere di non essere stata vittoriosa, il che non è la stessa cosa che sconfiggere la Russia, semplicemente impedirle di vincere. È un caro amico di Trump, quindi potrebbe sussurrargli qualcosa di tutto questo all’orecchio per influenzare il finale. Ecco esattamente cosa ha detto Duda :

“Quindi crediamo che se la Russia vince questa guerra contro l’Ucraina, lancerà un ulteriore attacco. È molto semplice. Se la Russia ha questa convinzione interna di essere stata vittoriosa in quel conflitto, non deve nemmeno impadronirsi dell’intera Ucraina.

Non è davvero… non è importante quanto grande sarebbe quella vittoria. Se c’è questa convinzione interna che sono vittoriosi, attaccheranno di nuovo. E vorrei che voi, signore e signori, comprendeste nei dettagli il mio modo di pensare, perché non sono sicuro che abbiate seguito le mie dichiarazioni in modo regolare. Quello che dico sempre è che non si tratta di sconfiggere la Russia, perché per molte persone sconfiggere la Russia significherebbe una parata tenuta nella Piazza Rossa.

La cosa è rendere impossibile alla Russia vincere, proibire alla Russia di vincere. La cosa è che impediamo alla Russia di ottenere una grande vittoria. È per assicurarci che la Russia non possa strombazzare di essere stata vittoriosa, di aver ottenuto successo.”

Il leader del pensiero MAGA Steve Bannon ha avvertito all’inizio di questa settimana che l’Ucraina potrebbe trasformarsi nel Vietnam di Trump se non porrà fine rapidamente al conflitto come promesso, ricordando come il precedente di Nixon che alla fine si è appropriato della guerra di LBJ potrebbe portare Trump ad assumersi la responsabilità di quella di Biden. Secondo lui, il complesso militare-industriale, gli europei e alcuni amici fuorviati come il nuovo inviato speciale in Ucraina e Russia Keith Kellogg stanno preparando una trappola per Trump.

È in questo contesto che i suggerimenti di Duda sulla fine ucraina dovrebbero essere analizzati. Inquadrando tutto nel modo in cui ha fatto, vale a dire seminando il panico sul fatto che la Russia potrebbe attaccare la NATO anche se non “prendesse possesso dell’intera Ucraina” finché continua a pensare di aver vinto, Duda sta quindi cercando di indurre Trump a proporre un accordo inaccettabile a Putin sapendo benissimo che probabilmente verrà respinto. Ciò potrebbe quindi spingere i consiglieri di Trump a fare pressione su di lui affinché “escalation to de-escalate”.

Rapporti precedenti indicano che potrebbe imporre più sanzioni alla Russia e inviare più aiuti armati all’Ucraina in quello scenario, il che rischia di escalare e perpetuare il conflitto in modi che potrebbero benissimo trasformarlo nel Vietnam di Trump, sebbene con puntate nucleari se una delle due parti sbaglia i calcoli. La Polonia, tutti i suoi pari europei a livello statale, ad eccezione di Ungheria e Slovacchia, e il complesso militare-industriale sarebbero contenti di questo risultato poiché temono che Trump stia pianificando di abbandonare l’Ucraina.

Trump è noto per essere facilmente manipolabile ed è anche considerato una persona ossessionata dal battere tutti i suoi concorrenti. Questi tratti combinati rendono Trump suscettibile all’operazione di influenza di Duda volta a indurlo a umiliare Putin con la convinzione errata che questo sia l’unico modo per evitare la Terza Guerra Mondiale. Se Trump ascolta di più Duda e meno Bannon, allora potrebbe presto avere il suo Vietnam, che dominerà il suo secondo mandato e farà deragliare l’intera sua agenda nel tradimento finale della sua base.

Nessuno può dire con certezza cosa accadrà, se non che il conflitto potrebbe raggiungere un punto di svolta entro la fine dell’anno, anche se non è chiaro se ciò avverrà a favore del Tatmadaw o delle forze antigovernative.

Il presidente del “Governo di unità nazionale” (NUG) del Myanmar, Duwa Lashi La, ha richiesto un aiuto militare di tipo ucraino in una recente intervista : “Abbiamo davvero bisogno di armi efficaci, come i missili antiaerei. Ma ci sono molte limitazioni per ottenere tali armi militari. È possibile se c’è la volontà, prendiamo l’Ucraina, ad esempio. Siamo fiduciosi di poter abbattere l’intero esercito entro sei mesi se ci vengono fornite tali armi. Se potessimo mai ottenere un supporto come l’Ucraina, questa lotta finirebbe immediatamente”.

Il suo paese potrebbe diventare il prossimo campo di battaglia della Nuova Guerra Fredda , mentre gli Stati Uniti “tornano (di nuovo) in Asia” sotto Trump 2.0 per contenere la Cina in modo più muscoloso. I lettori possono saperne di più sull’ultima fase della guerra civile più lunga del mondo qui , mentre questa analisi qui elabora gli interessi della Cina in essa. In breve, è iniziato come qualcosa di più complesso di ribelli sostenuti dall’Occidente che combattono un governo militare sostenuto congiuntamente da Cina e Russia, ma ora sta finalmente assumendo questi contorni.

Il leader del NUG ha anche detto ad Al Jazeera durante la sua intervista con loro che spera di vedere il Myanmar replicare il fulmineo cambio di regime del mese scorso in Siria, per cui “l’intervento internazionale è essenziale”, che si tratti di pressione politica/legale ed economica o di supporto armato. Ha poi invitato “le superpotenze mondiali, i paesi vicini e i paesi ASEAN” a “garantire l’allontanamento dell’esercito dalla politica”.

Si è fatto cenno alla Cina e alla Russia quando Duwa Lashi La ha detto che la comunità internazionale dovrebbe smettere di acquistare le risorse naturali del Myanmar e di smettere di fornire alle forze armate carburante per aerei e armi. Ha elaborato di più sul vettore cinese promettendo di salvaguardare i suoi investimenti e promettendo una migliore cooperazione economica con la Repubblica Popolare rispetto a quella che ha attualmente il governo militare. Affinché ciò accada, tuttavia, la Cina deve smettere di supportare il Tatmadaw (le forze armate del Myanmar).

Sul fronte interno, ha riconosciuto che alcune organizzazioni armate etniche (EAO) “non riconoscono esattamente il NUG come un governo centrale”, nonostante lui affermi che funzioni come tale, il che ha attribuito a una sfiducia preesistente che è in qualche modo attribuibile alle loro diverse eredità storiche. Spera di organizzare tutte le EAO disponibili sotto una catena di comando congiunta con l’obiettivo di stabilire una forza armata federale nel caso in cui il governo militare venga rovesciato.

Duwa Lashi La non lo ha detto apertamente, ma le sue osservazioni sul non voler affrettare gli emendamenti alla Legge sulla cittadinanza del 1982 che ha privato i Rohingya dei pieni diritti di cittadinanza suggeriscono una riluttanza a peggiorare le relazioni con l’Arakan Army (AA), che non è allineato con il NUG e vuole un proprio stato. L’AA fa parte della “Three Brotherhood Alliance” (3BA) che ha guidato la controffensiva nazionale delle forze antigovernative dall’ottobre 2023 fino ad oggi ed è quindi indispensabile per continuare il conflitto.

Quel gruppo ha anche appena preso il controllo del confine con il Bangladesh, le cui possibili conseguenze sono state analizzate qui , e potrebbe persino catturare il porto di Kyaukphyu più avanti quest’anno, che funge da punto terminale delle rotte petrolifere, del gas e logistiche del China-Myanmar Economic Corridor (CMEC). Anche se il leader del NUG ha dichiarato che “stiamo cercando la fine” del conflitto nel 2025, David Scott Mathieson di Asia Times ha sostenuto in modo convincente che ” il NUG del Myanmar trucca i libri sul successo della resistenza “.

Questo perché “il rapporto sui progressi militari del governo in esilio si attribuisce il merito delle vittorie e dei guadagni in guerra da parte di gruppi armati che non comanda né controlla”. La sua richiesta di “intervento internazionale” per quanto riguarda gli aiuti militari di tipo ucraino (inclusi i missili antiaerei) potrebbe di conseguenza non valere nulla, dal momento che il NUG non è il responsabile delle vittorie delle forze antigovernative negli ultimi 15 mesi. Se ne venisse inviato uno, tale aiuto potrebbe essere indirizzato a coloro che stanno effettivamente combattendo, non al NUG.

Per raggiungere questo obiettivo, i media potrebbero rilanciare le affermazioni dell’inverno scorso sul contrabbando nucleare in Myanmar e/o quelle dell’estate scorsa sulla presunta minaccia internazionale rappresentata dalle reti criminali organizzate di quel paese per generare sostegno pubblico a questa politica, il tutto con l’intento di mascherare i suoi motivi anti-cinesi. La narrazione potrebbe essere costruita secondo cui l’Occidente dovrebbe armare gruppi relativamente più responsabili contro le loro controparti meno responsabili al fine di gestire queste minacce per procura.

Si potrebbero fare altre affermazioni sulla necessità di supportare la governance dei suddetti gruppi nei territori sotto il loro controllo come un passo verso un’ulteriore “balcanizzazione” di questo paese ricco di risorse. Il NUG potrebbe comunque rimanere utile all’Occidente come gruppo ombrello sotto il quale la maggior parte degli EAO potrebbe in seguito essere spinta a riunirsi se il Tatmadaw venisse sconfitto per formalizzare più facilmente la “balcanizzazione” del paese attraverso la federalizzazione postbellica. Questo potrebbe però essere un processo politico prolungato.

Non si può dare per scontato neanche perché le ultime acquisizioni di caccia e elicotteri russi da parte del Tatmadaw (sei e sei ciascuno) potrebbero cambiare le sorti del conflitto se gli USA non fornissero agli EAO i missili antiaerei che il NUG ha appena richiesto per le proprie forze. La precedente analisi con collegamento ipertestuale sugli interessi della Cina nell’ultima fase della più lunga guerra civile del mondo ha anche attirato l’attenzione sui resoconti sulla possibilità che potrebbe schierare PMC per proteggere i progetti BRI se i combattimenti peggiorassero.

Tutto ciò potrebbe portare alla possibilità che un maggiore supporto aereo russo per il Tatmadaw venga sfruttato dai falchi di Trump 2.0 come pretesto per trasferire missili antiaerei alle EAO del Myanmar, il che potrebbe mantenere in corso la loro offensiva e quindi potenzialmente innescare un intervento del PMC cinese. In tal caso, il Myanmar diventerebbe davvero il prossimo campo di battaglia della Nuova Guerra Fredda, ma questo scenario può essere evitato se gli Stati Uniti non hanno più abbastanza missili da cedere o Trump decide di non farlo.

Nessuno può dire con certezza cosa accadrà, se non prevedere che il conflitto potrebbe superare un punto di svolta più avanti quest’anno, anche se non è chiaro se ciò sarebbe a favore del Tatmadaw o delle forze antigovernative. Non si può nemmeno escludere che si verifichi una situazione di stallo, ma è improbabile poiché i sostenitori stranieri di entrambe le parti potrebbero voler aiutare i loro partner a superare questa situazione per vincere finalmente, con qualsiasi ulteriore aiuto a tal fine che peggiorerebbe il loro dilemma di sicurezza e inasprirebbe questa crisi della Nuova Guerra Fredda.

Hanno suscitato molta attenzione da parte dei media nell’Asia meridionale, ma non c’è nulla di nuovo in quello che ha detto.

Al ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov è stato chiesto durante una recente conferenza stampa in che modo il Pakistan può “utilizzare le sue relazioni con i paesi SCO e BRICS all’interno della dottrina marittima [della Russia] per promuovere una cooperazione sicura e reciprocamente vantaggiosa” e di commentare i legami bilaterali. Ha iniziato elogiando le loro relazioni come “il periodo più positivo da decenni” in un’allusione al loro rapido riavvicinamento che più di recente ha assunto la forma di un’espansione completa della cooperazione sulle risorse .

Poi ha continuato a parlare di come il Pakistan, in quanto vittima del terrorismo, possa lavorare all’interno dei meccanismi associati della SCO per combattere questa piaga. Ha suggerito una più stretta cooperazione tra esso, l’Afghanistan e l’India, entrambi precedentemente accusati dal Pakistan di sostenere i terroristi. Lavrov ha specificamente proposto che l’inclusione dell’India nel formato di Mosca sull’Afghanistan, che include Russia, Cina, Iran e Pakistan, aiuterebbe molto in questo senso e ha affermato che il suo paese fornirà assistenza in qualsiasi modo possibile.

Le sue ultime osservazioni hanno generato molta attenzione mediatica nell’Asia meridionale, ma non c’è nulla di nuovo in ciò che ha detto. La Russia aveva già riconosciuto in precedenza il Pakistan come vittima del terrorismo e riconosciuto le minacce correlate provenienti dall’Afghanistan, sebbene senza incolpare i talebani o l’India per questo. Ha anche proposto costantemente di mediare tra le parti in conflitto, sia attraverso un formato trilaterale che all’interno di quelli più multilaterali, al fine di impedire che fossero divise e governate dall’estero.

I commenti di Lavrov sono quindi coerenti con queste politiche. È anche importante che gli osservatori notino che sono stati sollecitati da una domanda che gli è stata posta a riguardo e non facevano parte delle sue osservazioni preparate all’inizio della conferenza stampa di martedì. Ciò conferma che si trattava di una riaffermazione politica e non della presentazione di qualcosa di nuovo. Tuttavia, è comprensibile il motivo per cui alcuni osservatori regionali li hanno interpretati diversamente, il che verrà ora brevemente spiegato.

Alcuni in Pakistan hanno grandi speranze sul futuro dei legami del loro paese con la Russia, ma queste rimangono ostacolate dalla riluttanza della sua leadership militare a sfidare gli Stati Uniti, ergo perché nessun accordo energetico su larga scala è stato ancora concordato nonostante anni di trattative in merito. Dal punto di vista indiano, alcuni hanno sospettato che la Russia sia caduta sotto l’influenza cinese negli ultimi anni, il che temono potrebbe avere implicazioni per la sua politica sud asiatica, avvicinandola al Pakistan a spese dell’India.

La realtà è che l’India rimane il partner strategico speciale e privilegiato della Russia, non solo nella regione, ma in tutta l’Eurasia. La Cina gioca un ruolo paritario in questo senso, ma la Russia si affida presumibilmente all’India come contrappeso per scongiurare preventivamente lo scenario di una potenziale dipendenza sproporzionata dalla Repubblica Popolare. Tuttavia, le relazioni russo-indiane non sono a spese della Cina, né quelle russo-cinesi e russo-pakistane sono a spese dell’India. Il Cremlino cerca sempre di mantenere equilibrati i suoi legami.

A tal fine, ha perfettamente senso che la Russia sostenga l’inclusione dell’India nel formato di Mosca sull’Afghanistan, il che può servire a ridurre parte della sfiducia tra India-Cina e India-Pakistan. L’India era uno dei partner più stretti dell’Afghanistan prima del ritorno al potere dei talebani e da allora ha cercato di rivendicare tale status. Questo obiettivo verrebbe promosso tramite l’inclusione nel suddetto formato, ma è proprio per questo motivo che Cina e Pakistan potrebbero opporsi nonostante le pressioni della Russia.

L’influenza americana potrebbe riprendersi nel Sud del mondo, poiché una delle ragioni principali per cui molti di questi paesi hanno iniziato ad allontanarsi dagli Stati Uniti dall’inizio del secolo è stata la violazione della loro sovranità attraverso il finanziamento di “ONG” che si intromettono nei loro affari.

Uno degli ordini esecutivi appena firmati da Trump sospende alcuni aiuti esteri per 90 giorni , in particolare “fondi di assistenza allo sviluppo per paesi stranieri e organizzazioni non governative, organizzazioni internazionali e appaltatori”, al fine di valutare la loro “efficienza e coerenza con la politica estera degli Stati Uniti”. Al momento in cui scrivo , non è ancora chiaro se i successivi ” ordini di sospensione dei lavori ” del Dipartimento di Stato influenzeranno gli aiuti militari all’Ucraina, quindi questa possibilità non sarà trattata in questa analisi.

La maggior parte dei programmi di aiuti esteri sono stati sfruttati per intromettersi negli affari di altri paesi finanziando movimenti antigovernativi e persino antistatali che in seguito orchestrano le rivoluzioni colorate . Anche se non vengono portati a questo estremo, creano almeno problemi all’attuazione delle politiche interne ed estere di quei paesi, creando artificialmente un’opposizione di base, che manipola la percezione della loro popolarità e può quindi influenzare le elezioni nazionali.

Questo è stato di recente il caso della Georgia, che ha respinto una campagna contro il partito al governo, sostenuta dall’Occidente ma superficialmente guidata dalle “ONG”, durata quasi due anni . Questa è stata ufficialmente condotta in risposta alla loro legge sugli agenti stranieri ispirata al FARA, ma in realtà è stata una punizione per essersi rifiutati pragmaticamente di sanzionare la Russia e di aprire un “secondo fronte” contro di essa nel Caucaso meridionale durante la fallita controffensiva dell’Ucraina nell’estate del 2023. Ora la Georgia può riposare un po’ più tranquillamente per il momento.

Lo stesso vale per i molti paesi africani come il nuovo partner BRICS Uganda che sono stati aggressivamente pressati dalle “ONG” sostenute dagli americani ad accettare la normalizzazione LGBT+ in violazione dei loro valori tradizionali. Come affermato nell’ordine esecutivo di Trump, “L’industria degli aiuti esteri e la burocrazia degli Stati Uniti… servono a destabilizzare la pace mondiale promuovendo idee in paesi stranieri che sono direttamente inverse alle relazioni armoniose e stabili all’interno e tra i paesi”.

Gli osservatori non dovrebbero dimenticare l’India dopo che gli USA si sono intromessi nelle elezioni dell’anno scorso nonostante la loro partnership strategica. La Russia ha dato voce alle preoccupazioni dell’India all’epoca a causa della sensibilità dell’India nel chiamare gli USA fuori mentre il processo politico era in corso, dopo di che il BJP al potere ha accusato il Dipartimento di Stato e lo “stato profondo” di intromettersi in altri questioni il mese scorso. Mentre Soros finanziato in modo indipendente rimane ancora un problema , il governo degli Stati Uniti non dovrebbe esserlo per ora, con sollievo dell’India.

Meno intromissioni politiche e meno ingegneria socio-culturale, almeno per i prossimi tre mesi, saranno molto apprezzate da tutti quei paesi che sono stati presi di mira da progetti ibridi guidati dalle “ONG”. Guerra . L’enfasi è posta su un numero minore di questi sforzi piuttosto che sul loro congelamento completo, poiché alcuni programmi potrebbero avere fondi sufficienti per funzionare parzialmente durante l’interim, mentre il Segretario di Stato può emettere delle esenzioni per quelli specifici a sua discrezione. Alcuni potrebbero quindi continuare per intero, ma la maggior parte ne sarà influenzata negativamente.

L’effetto finale è che l’influenza americana potrebbe rimbalzare nel Sud del mondo, poiché gran parte del motivo per cui molti di questi paesi hanno iniziato ad allontanarsi dagli Stati Uniti dall’inizio del secolo è dovuto alla violazione della loro sovranità tramite il finanziamento di “ONG” che si intromettono nei loro affari. Se Trump riforma la strategia di prestito internazionale degli Stati Uniti per rimuovere i vincoli politici sui programmi di aiuti, anche da quelle istituzioni che controlla come il FMI e la Banca Mondiale, allora questo processo accelererebbe ulteriormente.

La sua promessa imposizione di più tariffe potrebbe creare problemi ad alcuni di questi stessi paesi, ma non è la stessa cosa che costringerli a fare cambiamenti politici e socio-culturali contro la loro volontà in cambio di aiuti finanziari di emergenza, che alla fine rischiano di destabilizzarli e in seguito di far avanzare un cambio di regime. Questo approccio potenzialmente nuovo potrebbe ripristinare parte dell’attrattiva nel collaborare con gli Stati Uniti livellando parzialmente le probabilità rispetto alla concorrenza con Cina e Russia nel Sud del mondo.

Nel caso in cui ciò accadesse, quei due sarebbero costretti a offrire accordi migliori ai loro partner per evitare che vengano indotti dagli Stati Uniti ad accettare qualsiasi cosa proponga, catalizzando così un ciclo di competizione che vada a vantaggio di quegli altri paesi. Affinché ciò accada, gli Stati Uniti dovrebbero trattare i loro partner più come pari e meno come vassalli, ma le vecchie abitudini sono dure a morire, quindi questo non può essere dato per scontato, anche se Trump sembra in qualche modo (qualificatore chiave) interessato.

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Osservazioni del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov e risposte alle domande dei media durante una conferenza stampa sull’operato della diplomazia russa nel 2024

Osservazioni del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov e risposte alle domande dei media durante una conferenza stampa sull’operato della diplomazia russa nel 2024

18-14-01-2025

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Signore e signori,

Vorrei augurare a tutti i presenti un felice anno nuovo e un buon Natale a tutti coloro che celebrano questa festività. Vorrei anche augurare a tutti coloro che hanno senso dell’umorismo un felice Capodanno Old Style, che abbiamo festeggiato ieri e che ha sicuramente aggiunto qualche nota positiva alla routine quotidiana, che è un dato di fatto e di cui parleremo soprattutto oggi.

Le valutazioni fondamentali della situazione internazionale degli ultimi anni, le nostre azioni, la nostra politica e i nostri obiettivi sulla scena internazionale sono stati presentati in dettaglio durante la conferenza stampa annuale del Presidente Vladimir Putin del 19 dicembre 2024. Prima di essa, ha regolarmente parlato di questioni internazionali in altre sue dichiarazioni, anche in occasione di una riunione del Valdai Discussion Club e di altri eventi. Non mi soffermerò sugli eventi internazionali che hanno costituito l’essenza della nostra operazione e delle nostre iniziative.

Tuttavia, vorrei ricordarvi, come abbiamo sottolineato in molte occasioni, che stiamo vivendo in un periodo storico, o forse in un’epoca storica o in un confronto tra coloro che sostengono i principi fondamentali del diritto internazionale (e l’ordine mondiale che si è sviluppato dopo la vittoria sul nazismo e sul militarismo giapponese nella seconda guerra mondiale), che sono stati formulati, enunciati e presentati nel più importante documento internazionale – la Carta delle Nazioni Unite – e coloro che non sono soddisfatti di quel documento e che, dopo la fine della Guerra Fredda, hanno deciso che il gioco è fatto e che il loro principale avversario – l’Unione Sovietica – e il campo socialista che lo accompagnava sono stati definitivamente soppressi. Hanno deciso che da quel momento in poi non avrebbero più potuto vivere secondo la Carta delle Nazioni Unite, ma secondo i desideri dell'”Occidente politico”, che comprende gli alleati asiatici degli Stati Uniti (Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud). Noi li consideriamo “Occidente politico” o “Occidente collettivo”. Considerandosi vincitori della Guerra Fredda, hanno deciso di non avere più bisogno di coordinare le loro azioni con un avversario forte come l’Unione Sovietica e di decidere autonomamente tutte le questioni, impartendo istruzioni dall’alto verso il basso, proprio come avveniva nel sistema di partito dell’Unione Sovietica (il Politburo, il Comitato Centrale, i comitati regionali di partito, i comitati distrettuali di partito, ecc.)

A quel tempo, la RPC non aveva ancora raggiunto il tipo di enorme successo economico e di influenza politica che vediamo oggi, quindi l’Occidente non incontrò alcuna seria resistenza. Il Presidente Vladimir Putin ne ha parlato più volte, in modo convincente e approfondito, spiegando le vere cause del conflitto che non ci hanno lasciato altra scelta. Abbiamo dovuto iniziare l’operazione militare speciale in Ucraina per respingere un attacco, una guerra condotta contro di noi dall’Occidente collettivo con l’obiettivo principale di sopprimere la concorrenza quando la Russia è riemersa come suo forte rivale sulla scena internazionale. Non elencherò queste ragioni nel dettaglio. Il loro obiettivo principale era quello di indebolire il nostro Paese dal punto di vista geopolitico, creando minacce militari dirette per noi – non da qualche parte al di là dell’oceano, ma proprio ai nostri confini, nei territori nativi della Russia lavorati dai russi e sviluppati dagli zar russi e dai loro associati, nel tentativo di ridurre il nostro potenziale strategico e svalutarlo il più possibile. La seconda ragione ha anch’essa a che fare con la storia della regione, solo che si trattava più delle persone che hanno vissuto su quella terra per secoli, l’hanno sviluppata da zero, hanno costruito città, fabbriche e porti, che della terra stessa. Queste persone sono state etichettate come “terroristi” dall’attuale regime ucraino, salito al potere con un colpo di Stato illegale e anticostituzionale. Quando si sono rifiutati di accettarlo, il regime ha lanciato un’offensiva totale contro tutto ciò che è russo, che ha fornito un quadro secolare per la regione in cui la gente si è rifiutata di obbedire ai nuovi nazisti.

Ora stiamo assistendo al culmine di questa battaglia. Sono sicuro che ci saranno domande al riguardo, quindi non entrerò nei dettagli in questo momento. Tuttavia, vorrei ribadire il conflitto principale dell’attuale periodo storico – cosa che i professori hanno sempre sottolineato nei corsi di storia sovietica. Il conflitto principale è tra coloro che sostengono un mondo multipolare, la Carta delle Nazioni Unite e l’uguaglianza sovrana degli Stati, che impone a tutti coloro che l’hanno ratificata di non imporre la propria volontà agli altri, ma di razionalizzare il proprio punto di vista e di cercare un equilibrio di interessi, di negoziare, e che sostengono tutti gli altri principi della Carta delle Nazioni Unite, da un lato [- e coloro che non lo fanno, dall’altro]. Questi principi costituiscono il quadro giuridico internazionale per il sistema internazionale equo che viene comunemente chiamato sistema di Yalta-Potsdam. Molti, compresi i nostri politologi, ne parlano ormai come di un’epoca passata. Non sono del tutto d’accordo con questa valutazione. Dal punto di vista del diritto internazionale, il sistema di Yalta-Potsdam non richiede alcuna “riparazione” – è nella Carta delle Nazioni Unite. Tutti dovrebbero semplicemente rispettarla, e non in modo selettivo, come se si ordinasse alla carta – oggi vorrei il pesce e domani qualcosa di più forte – ma nella sua interezza. Inoltre, tutte le interrelazioni tra i principi della Carta delle Nazioni Unite sono state definite da tempo nella Dichiarazione sui principi di diritto internazionale relativi alle relazioni amichevoli e alla cooperazione tra gli Stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. È stata adottata all’unanimità, senza che nessuno abbia sollevato obiezioni.

Ribadisco che coloro che si oppongono al multipolarismo e agli sforzi per raggiungerlo oggi credono di essere al di sopra della legge e di poter seguire le proprie regole, con la fine della Guerra Fredda. Chiamano questo insieme di regole in stile occidentale “ordine basato sulle regole” – anche se nessuno ha mai visto queste regole – e le impongono a tutte le nazioni.

Dopo la fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, essi persistono, come spinti dall’inerzia, nel loro desiderio di proiettarsi come padroni dei destini. Questo mi sorprende e mi inquieta. Infatti, ogni politico ragionevole deve capire che la situazione è radicalmente cambiata rispetto a 30 o 35 anni fa. C’è stata una ripresa degli sforzi per opporsi al diktat occidentale, con le economie emergenti e i nuovi centri di potere finanziario di Cina, India, ASEAN, mondo arabo e Celac che hanno sostituito l’URSS in questo ruolo. Questo gruppo comprende anche una Russia risorgente insieme ai suoi alleati dell’EAEU, della CSI e della CSTO. Questo gruppo comprende anche la SCO e i BRICS, e molte altre associazioni emergenti e in rapido sviluppo in tutto il mondo, nei Paesi del Sud globale o, per usare una denominazione migliore, all’interno della Maggioranza globale. È già emersa una nuova realtà con forti concorrenti che vogliono impegnarsi in una leale competizione economica, finanziaria e sportiva. Tuttavia, l’Occidente, o almeno le sue élite attuali, si sono dimostrate incapaci di smettere di seguire la strada del tentativo di garantire il proprio dominio totale e di perorare quella che definiscono la fine della storia. Si stanno avviando su una china scivolosa nel tentativo di fermare i loro concorrenti, anche in termini di concorrenza economica. Oggi gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni sui microchip AI, che prevede il divieto di importazione nei Paesi della NATO e dell’UE. Ho la netta sensazione che gli Stati Uniti non vogliano avere concorrenti da nessuna parte, a cominciare dal settore energetico. In questo settore, gli Stati Uniti hanno dato il via libera ad attacchi terroristici volti a minare il benessere dell’UE in termini di forniture energetiche. Ora stanno incoraggiando i loro clienti ucraini a mettere fuori uso il TurkStream, proprio come hanno fatto con i gasdotti Nord Stream. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno posto le politiche sanzionatorie al centro del loro operato sulla scena internazionale, anche per quanto riguarda la Russia, ma anche per altri aspetti. Ciò dimostra il loro rifiuto di impegnarsi in una concorrenza economica leale e il loro impegno a utilizzare pratiche sleali e aggressive per reprimere gli avversari. Hanno imposto una pletora di sanzioni anche alla Cina. Come ho già detto, non esitano a sanzionare i loro alleati ogni volta che c’è anche una minima minaccia che questi alleati possano produrre qualcosa di più economico o più efficace sui mercati internazionali rispetto ai produttori statunitensi.

Nello sport, abbiamo assistito a competizioni leali che si sono trasformate in sforzi per servire gli interessi nazionali acquisiti di un Paese che aspira a dominare tutto.

Se Donald Trump cercherà di rendere l’America più grande una volta entrato in carica, dovremo tenere d’occhio i metodi che il Presidente Donald Trump utilizzerà per raggiungere questo obiettivo.

Questa è la mia opinione sulle principali contraddizioni che dobbiamo affrontare oggi. Sono a vostra disposizione per ascoltare e rispondere alle vostre domande.

Domanda: La mia domanda fa seguito a ciò che lei ha detto prima riguardo al sistema di Yalta-Potsdam, in particolare sul fatto che esiste ancora e che i suoi principi fondamentali devono essere rispettati. Che dire del fatto che gli attori globali che avevano annunciato un ordine basato sulle regole hanno di fatto ammesso apertamente di non considerare più rilevante questo sistema? Cosa intende fare la Russia per mantenerli all’interno di tale sistema?

Sergey Lavrov: Il sistema Yalta-Potsdam, lo ripeto, non è andato da nessuna parte. Alcuni dicono che ha fatto il suo corso. Gli scienziati politici suggeriscono di guardare altrove, di sedersi di nuovo con tre, quattro o cinque parti e di redigere nuovi accordi, tenendo conto dell’equilibrio di potere esistente.

Tutti questi principi sono giusti. Anche noi sosteniamo la riforma delle Nazioni Unite. Tuttavia, alcuni sostengono che l’appartenenza permanente di alcuni Paesi al Consiglio di Sicurezza con il diritto di veto sia la più grande ingiustizia in circolazione. Abbiamo ripetutamente chiarito che si tratta di un meccanismo speciale. Le associazioni internazionali che la comunità internazionale ha cercato di creare in precedenza non avevano questo meccanismo. Nessuna entità concedeva diritti speciali a nessun Paese. Il meccanismo dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza è il risultato delle lezioni apprese dalla Società delle Nazioni con il principio “un Paese, un voto”. Questo approccio non solo non ha fornito privilegi alle grandi potenze, ma ha anche impedito alle nazioni più grandi e influenti di esercitare le loro particolari responsabilità. Non si sentivano responsabili del destino dei sistemi creati, compresa la Società delle Nazioni.

Tutto il resto della Carta rappresenta principi assolutamente giusti che devono essere applicati in modo coerente e non selettivo;

Indubbiamente, la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è necessaria. Non tutti i Paesi che hanno particolari responsabilità nell’economia, nella finanza, nella politica e negli affari militari globali sono rappresentati nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È stato ripetutamente sottolineato che Paesi come l’India e il Brasile si sono guadagnati da tempo l’appartenenza al Consiglio di Sicurezza permanente per tutti i motivi, così come l’Africa;

D’altra parte, l’Occidente sta ancora una volta cercando di far deragliare questo processo, utilizzando qualsiasi mezzo per assicurarsi una posizione preferenziale. Già ora, su 15 membri, l’Occidente ha sei seggi. Gli americani nominano Germania e Giappone, che non hanno una voce indipendente nella politica internazionale, come candidati “chiave” per l’adesione al Consiglio di Sicurezza permanente. Questi due Paesi seguono ciecamente e obbedientemente la scia della politica statunitense. Ogni volta che Washington viola direttamente i loro interessi, non osano dire una parola per difenderli. Questo vale anche per il Cancelliere Olaf Scholz dopo l’esplosione del gasdotto Nord Stream. Non ha fatto altro che distogliere lo sguardo senza dire una parola;

Lo stesso vale per il Giappone, che dipende interamente dagli Stati Uniti. Questo è ingiusto. L’Occidente ha già sei seggi su quindici. È sufficiente. I Paesi in via di sviluppo devono godere di una rappresentanza più ampia;

Dopo la riforma, durante la riforma e nel contesto di essa, o parallelamente alla riforma del Consiglio di Sicurezza, faremo capire all’Occidente che non è più in grado di imporre le sue regole al resto del mondo come ha fatto per secoli durante il periodo coloniale, estrarre ricchezza dai Paesi africani, asiatici e latinoamericani e vivere alle spalle degli altri, e che dobbiamo cercare un equilibrio di interessi, e abbiamo una solida base per farlo sotto forma di un quadro giuridico internazionale rappresentato dall’ordine mondiale di Yalta-Potsdam, la Carta delle Nazioni Unite. Dobbiamo solo seguirla. E questo richiede che ci si renda conto che governare il mondo come si faceva prima non è più un’opzione.

Domanda: Il presidente della Serbia Aleksandar Vučić ha recentemente fatto alcune dichiarazioni che alcuni esperti interpretano come un allineamento di fatto con gli Stati Uniti. Come si conciliano queste dichiarazioni con la natura particolare delle relazioni tra Russia e Serbia?

Sergey Lavrov: La nostra preoccupazione principale è che le nostre relazioni con la Serbia si basino esclusivamente sugli interessi dei popoli serbo e russo, nonché dei nostri rispettivi Stati. I nostri interessi sono allineati sulla maggior parte delle questioni. Queste relazioni sono ricche di accordi e progetti specifici, compresi quelli nel settore energetico, approvati dai nostri capi di Stato, dai governi e dalle imprese. Esistono joint venture, come la Naftna Industrija Srbije. Secondo il suo statuto, la nazionalizzazione non è un’opzione in nessun caso. La scena politica americana, in particolare tra i democratici, mostra spesso la tendenza a lasciare un “pasticcio” all’amministrazione entrante. Ciò è stato evidente quando Barack Obama, tre settimane prima del primo insediamento di Donald Trump, ha espulso 120 diplomatici russi e le loro famiglie e ha sequestrato, in stato di arresto, due proprietà immobiliari inviolabili dal punto di vista diplomatico, alle quali è tuttora vietato l’accesso. Questo ci ha costretto a reagire e di certo non ha facilitato le relazioni tra Stati Uniti e Russia durante la nuova amministrazione Trump.

Similmente, sembra esserci un tentativo di “mettere i bastoni tra le ruote”, come diciamo noi, sia ai serbi che all’amministrazione Trump. Un vice assistente per l’energia è arrivato sul posto, ha partecipato a una conferenza stampa congiunta con il presidente Aleksandar Vučić e ha moralizzato, insistendo sul fatto che il capitale russo dovrebbe essere escluso dalla Naftna Industrija Srbije e dal settore energetico serbo in generale. In caso contrario, ha minacciato di bloccare l’accesso al mercato per le merci serbe. È stata una performance piuttosto sfacciata, eppure questo è il “marchio di fabbrica” dell’amministrazione americana uscente.

Quando non si è stati rieletti, e la propria squadra percepisce l’America in un modo che non è stato sostenuto dalla maggioranza degli americani, eticamente parlando – al di là della politica, per elementare decenza umana – si dovrebbe semplicemente attendere la conclusione dei tre mesi tra le elezioni e l’insediamento, comprendendo che il popolo desidera una politica diversa. Invece no, si insiste a “sbattere la porta”, assicurandosi di lasciare un impatto significativo.

Ribadisco che con la Serbia condividiamo una ricca storia di lotta comune contro il nazismo e per il rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli. Ci sosteniamo reciprocamente a livello politico e all’interno delle organizzazioni internazionali. Naturalmente, osserviamo che la Serbia viene “distorta”. Quando il presidente Vučić ha dichiarato da tempo che la Serbia rimane in rotta per l’adesione all’UE, e anno dopo anno si sente dire che sono i benvenuti, ma solo se prima riconoscono l’indipendenza del Kosovo – invitando essenzialmente il popolo serbo e il suo presidente all’autodistruzione – e in secondo luogo, naturalmente, i serbi devono aderire a tutte le sanzioni dell’UE contro la Federazione Russa. Parallelamente a questo invito all’autodistruzione, c’è la richiesta di tradire il loro alleato. Il presidente Vučić ha ripetutamente affermato che si tratta di una politica inaccettabile spinta dagli europei e chiaramente incoraggiata dagli Stati Uniti.

La situazione, anche dal punto di vista legale, richiede decisioni coraggiose. Dicono che hai un accordo con qualcuno che non ci riguarda, ma riguarda il nostro desiderio di punire il tuo partner. E aggiungono: “Mi dispiace, ma verrete colpiti anche in modo tangenziale, e piuttosto doloroso”.

La decisione spetta alla leadership serba. Il vice primo ministro Aleksandar Vulin, che ha rappresentato la Serbia al vertice BRICS di Kazan, ha fatto una dichiarazione chiara al riguardo. Quindi, vedremo.

Restiamo in contatto con i nostri amici serbi. Abbiamo richiesto consultazioni urgenti e speriamo di ricevere una risposta al più presto.

Domanda: In Venezuela, Nicolás Maduro, il presidente legalmente eletto, è stato inaugurato pochi giorni fa. Tuttavia, il suo avversario elettorale, Edmundo González, continua a proclamarsi vincitore. Washington, insieme a diverse nazioni latinoamericane, in particolare Argentina e Uruguay, dove è stato riconosciuto come presidente eletto, condividono questa opinione. Come valuta la situazione? Le ricorda lo scenario con Juan Guaidó dopo le precedenti elezioni? Quali sono gli obiettivi di Washington?

Sergey Lavrov: L’Occidente è inebriato dalla sua percepita “grandezza”, dalla sua impunità e dall’autorità che si è autoconferita per dettare i destini dei popoli di tutto il mondo. Questo comportamento è evidente non solo in America Latina, non solo in Venezuela, non solo con Juan Guaidó, né solo con Edmundo González. Anche Svetlana Tikhanovskaya viene etichettata da alcuni Paesi come “legittima rappresentante” della Bielorussia. Sotto questa veste, viene abbracciata dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni occidentali-centriche.

Ciò riflette arroganza e un atteggiamento di disprezzo nei confronti del resto del mondo. È l’ennesima sfacciata affermazione che quando si parla di “democrazia” significa solo una cosa: “facciamo quello che ci pare”. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken (che ho citato in precedenza) ha osservato che coloro che non ascoltano il loro appello non avranno un posto al tavolo della democrazia, ma piuttosto si troveranno nel “menu”. Questa è una manifestazione diretta della loro politica. Credono di avere l’autorità di emettere verdetti sui risultati delle elezioni. In realtà, una nazione ha il diritto, non l’obbligo, di farlo. Nell’ambito dell’OSCE, i Paesi hanno il diritto di invitare osservatori internazionali. Non si tratta necessariamente dell’ODIHR. Si può trattare di associazioni parlamentari di qualsiasi nazione e di varie organizzazioni.

Non mi soffermerò nemmeno sulla loro reazione alle elezioni in Moldavia, su come siano stati presi accordi per impedire a mezzo milione di cittadini moldavi residenti in Russia di votare, e su come tutto sia stato orchestrato in modo che un numero leggermente inferiore di moldavi che lavorano in Occidente abbia potuto “votare” senza sforzo per il candidato designato – il “presidente” Maia Sandu.

Osservate come viene ridicolizzato il popolo georgiano. Ci hanno accusato di “orchestrare” qualcosa. Gli osservatori dell’OSCE non hanno riscontrato violazioni significative. Questo verdetto implica che tutto si è svolto in modo corretto e legittimo. Tuttavia, sono insoddisfatti.

Romania. È vergognoso. Forse il “presidente” Edmundo González, come il “presidente” Juan Guaidó, seguirà l’esempio dell’ex presidente georgiano Salome Zourabichvili? Due giorni prima dell’insediamento del nuovo presidente, ha insistito che non se ne sarebbe andata e che, in quanto unica autorità legittima in Georgia, sarebbe rimasta a palazzo per “impartire” ordini. Tuttavia, la mattina dopo, ha lasciato la carica e si è assicurata un posto in un “think tank” di scienze politiche.

Commentare questa vicenda è impegnativo. È pura ipocrisia, comportamento dittatoriale, mancanza di rispetto per la popolazione e una grossolana sopravvalutazione delle proprie capacità intellettuali e non solo. Alla fine tutto questo passerà. Tuttavia, questi individui devono ricevere una lezione.

Domanda: Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato non molto tempo fa che, sotto la guida strategica fornita dai due capi di Stato, le relazioni Cina-Russia stanno diventando ogni giorno più mature, stabili, indipendenti e forti, e fungono da modello di interazioni amichevoli tra grandi potenze e Paesi vicini. Che cosa ha da dire in proposito? Quale pensa sia il segreto della costante espansione delle relazioni bilaterali? Quali sono le sue aspettative per la cooperazione bilaterale di quest’anno?

Sergey Lavrov: Condivido pienamente le valutazioni sulle relazioni Russia-Cina fornite dal mio buon amico di lunga data Wang Yi. Ci incontriamo più volte all’anno e questi incontri sono molto utili, in quanto ci aiutano a raggiungere accordi concreti per attuare gli obiettivi di politica estera concordati dal Presidente Vladimir Putin e dal Presidente Xi Jinping e a coordinare i nostri passi sulla scena internazionale.

Senza dubbio, il partenariato Russia-Cina è tra i fattori chiave che stabilizzano la vita internazionale moderna e i processi in corso che vengono utilizzati, tra l’altro, per intensificare il confronto e l’ostilità negli affari internazionali, che è ciò che i nostri vicini della NATO intraprendono sotto la guida degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti stanno cercando di creare ostacoli e di seminare discordia, sia in Europa, sia nello Stretto di Taiwan, sia nel Mar Cinese Meridionale, sia, come si dice, nella regione indo-pacifica, sia in Medio Oriente o in Africa;

Con le sue centinaia di basi militari in tutto il mondo, gli Stati Uniti non hanno problemi a creare scompiglio qua e là. Tuttavia, questi piani trasparenti non ingannano nessuno. Cercano di creare scontri destabilizzanti ovunque sia necessario, inducendo le nazioni che spingono per l’influenza regionale a sprecare le loro risorse, la loro attenzione e il loro tempo per risolvere le crisi piuttosto che utilizzarle per scopi di sviluppo. Nel frattempo, Washington ne trae sempre più vantaggi. Lo hanno fatto durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Questa volta, hanno spostato il peso principale della guerra che stanno conducendo contro la Russia attraverso l’Ucraina sull’Unione Europea. La maggior parte dell’UE, compresi i leader di Francia, Germania e Italia, rimane in gran parte in silenzio. Alcuni esprimono il loro malcontento, ma queste voci provengono soprattutto dall’opposizione, come l’Alternativa per la Germania, l’Unione di Sahra Wagenknecht e il Fronte Nazionale in Francia.

L’opposizione si chiede perché si spendono tanti soldi altrove mentre la povertà aumenta, la deindustrializzazione è in corso e l’industria manifatturiera fugge negli Stati Uniti, dove i costi dell’energia sono quattro volte più bassi e anche le tasse sono più basse.

Hanno “bruciato” quasi tutta la California, causando danni stimati in 250 miliardi di dollari, più di quanto hanno speso per l’Ucraina, anche se le cifre sono paragonabili. In occasione di vari eventi internazionali, come l’APEC a San Francisco, abbiamo visto che gli Stati Uniti stanno affrontando numerosi problemi. La povertà è diffusa. Per vederla basta uscire dalle strade principali;

Quindi, quando la Cina e la Russia invocano un dialogo paritario e onesto con Washington, significa innanzitutto sostenere i principi della comunicazione internazionale sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite.

Dopo che la Seconda guerra mondiale si è conclusa con la sconfitta del nazismo tedesco in Europa e del militarismo giapponese in Estremo Oriente, i nostri leader hanno concordato di celebrare congiuntamente questi due eventi eccezionali che sono l’80° anniversario della Vittoria nella Seconda guerra mondiale in Europa e l’80° anniversario della Vittoria nella Seconda guerra mondiale in Estremo Oriente.

Sono certo che questi saranno eventi eccezionali. Sono fondamentali per ricordare a tutti, soprattutto alle giovani generazioni, il prezzo pagato per la pace e per continuare a contrastare con fermezza i tentativi di riscrivere la storia, equiparando i nazisti a coloro che hanno liberato l’Europa da loro e l’Estremo Oriente dal militarismo giapponese.

Si tratta di una componente essenziale che cementa il partenariato globale Russia-Cina e la cooperazione strategica. Credo che il segreto del successo risieda nella nostra storia comune. Non rifiutiamo questa storia. A differenza dell’Occidente, né la Russia né la Cina hanno mai rinunciato ai loro impegni, compresi quelli codificati nella Carta delle Nazioni Unite. L’Occidente, pur non rinunciando formalmente ai propri impegni, fa di tutto per non rispettarli, perseguendo invece i propri disegni egoistici;

Le entità che si affidano al partenariato Russia-Cina e alle iniziative congiunte appartengono a un nuovo tipo di associazione, senza capi né seguaci, né padroni né subordinati.

Queste entità includono la SCO, che sta espandendo i suoi legami con l’EAEU. L’Unione economica eurasiatica sta armonizzando i suoi piani di integrazione con l’iniziativa cinese Belt and Road. Il BRICS ha acquisito ancora più forza dopo il vertice di Kazan. L’Indonesia, che abbiamo fortemente sostenuto durante la presidenza russa, è diventata membro a pieno titolo. Altri otto Paesi sono diventati Stati partner e la SCO e l’ASEAN, così come molte altre associazioni, mantengono una stretta collaborazione. Il tandem Russia-Cina può portare avanti questi processi con il sostegno di altri partecipanti. L’importanza internazionale della nostra cooperazione, del nostro partenariato e dei nostri piani futuri è immensa. Sono fiducioso che questi piani si realizzeranno.  Non cerchiamo di opporci a nessuno. L’unica cosa che vogliamo è vedere tutti i Paesi del nostro pianeta, compreso l’Occidente collettivo guidato dagli Stati Uniti, interagire sulla base del rispetto degli interessi di tutti i loro partner. Questa posizione è condivisa da Mosca e Pechino.

Domanda: Ci rendiamo tutti conto che l’Armenia sta percorrendo una strada fallace e distruttiva. Mi spingerei fino a suggerire che ciò sta rappresentando una minaccia esistenziale per il Paese. Questo serve esclusivamente a favorire l’Occidente, a scapito dei secolari legami russo-armeni.

Sappiamo tutti che l’Armenia ha sospeso la sua partecipazione alla CSTO. Sappiamo che il governo armeno sta boicottando una serie di eventi ospitati dalla Russia. Allo stesso tempo, di recente, le autorità di Erevan hanno iniziato a trascinare il Paese nell’Unione Europea. Secondo quanto riferito, hanno intenzione di indire un referendum sull’adesione all’UE. Oggi abbiamo anche scoperto che l’Armenia firmerà un documento di partenariato strategico con gli Stati Uniti. Tutto questo avviene sullo sfondo di minacce molto concrete da parte dei nostri vicini, che aumentano le possibilità di una nuova guerra. Qual è l’approccio di Mosca alla situazione in Armenia? Come vede gli ulteriori sviluppi?

La mia seconda domanda riguarda l’80° anniversario della Grande Vittoria, che lei ha citato. Si tratta di una vittoria comune. Sappiamo quanto il popolo sovietico, compreso quello armeno, abbia contribuito a questa vittoria. Hanno dato un contributo davvero grande e prezioso. È d’accordo sul fatto che la memoria di questa vittoria debba rimanere uno dei pilastri dell’ulteriore alleanza strategica tra Armenia e Russia?

Sono membro del Consiglio dell’Eurasia. Questa organizzazione autonoma senza scopo di lucro è attiva in tutto il continente eurasiatico da sette mesi. Abbiamo sostenuto la conservazione della memoria storica e la difesa dei valori tradizionali. Posso dire con certezza che questo impegno di advocacy sta ottenendo un’ampia risposta da parte dei nostri giovani. Nell’ottobre 2024 abbiamo organizzato un grande evento di massa a Yerevan, al quale hanno partecipato oltre 1.000 studenti armeni. Non solo abbiamo celebrato la Giornata di Yerevan, ma abbiamo anche reso omaggio alla Vittoria nella Grande Guerra Patriottica deponendo fiori presso la Fiamma Eterna.

Sergey Lavrov: In risposta alla sua seconda domanda – questo tema è sacro per tutte le nazioni, soprattutto per l’Unione Sovietica. È sacra per tutti coloro che sono sopravvissuti al tentativo di genocidio da parte delle armate hitleriane e che hanno combattuto per la giustizia e la verità, come parte degli eserciti regolari dei loro Paesi o dei gruppi partigiani e dei movimenti di resistenza, respingendo i nazisti e il gran numero di Paesi europei che i nazisti tedeschi fecero entrare in battaglia al loro fianco. Soldati spagnoli e francesi hanno partecipato all’assedio di Leningrado e a molti altri atti criminali commessi dal regime nazista.

Non lo abbiamo dimenticato. Ciò che vediamo oggi ci riporta alla mente quegli eventi, e non si può fare a meno di notare delle analogie. Napoleone invase l’Europa e costrinse tutti a unirsi al suo esercito per sconfiggere l’Impero russo. Non dovevamo respingere solo i francesi. La Germania di Hitler fece lo stesso. Decine di Paesi occupati dai tedeschi inviarono i loro soldati per distruggere e annientare l’URSS.

Il Presidente Joe Biden, che ieri ha tenuto il suo ultimo discorso sulla politica estera degli Stati Uniti, ha affermato di aver reso la NATO più forte e più capace, con 50 nazioni pronte “ad aiutare l’Ucraina” – in realtà, a combattere contro la Russia usando l’Ucraina come proxy.

La storia si ripete, e ogni iterazione prevede che qualcuno abbia un senso di superiorità e promuova una versione di quello che oggi viene chiamato “bonapartismo”. Con Hitler, questo si è trasformato in nazismo. Oggi, nuovi nazisti mettono a disposizione i loro vessilli a chiunque voglia marciare sotto di loro nel nuovo tentativo di distruggere il nostro Paese. Pertanto, questi anniversari sono sacri.

Credo che tutto ciò che viene fatto dalla società civile, compresa la vostra organizzazione, oltre a ciò che viene fatto dagli Stati e dai governi, meriti il massimo elogio.

Sono a conoscenza dei vostri risultati in Armenia, non solo a Yerevan, ma anche in altre città e villaggi. La nostra ambasciata mantiene una forte collaborazione con voi su questioni in cui possiamo unire i nostri sforzi, come l’organizzazione della marcia del Reggimento Immortale, o iniziative come il Giardino della Memoria e la Dettatura della Vittoria. Questi sforzi sono fondamentali se vogliamo far conoscere ai giovani questi valori veramente eterni;

I nostri diplomatici incontrano i veterani armeni, si prendono cura dei luoghi di sepoltura e mantengono i monumenti in buone condizioni. Non c’è dubbio che russi e armeni siano popoli amichevoli e fraterni, e le relazioni reciproche si fonderanno in ultima analisi sull’amicizia;

Per quanto riguarda le attuali relazioni ufficiali, esse non sono prive di difficoltà. Lei ha citato alcuni fatti che abbiamo commentato in precedenza;

Ad esempio, quando è stata annunciata la decisione del governo armeno di avviare il processo di adesione all’Unione Europea, il vice primo ministro russo Alexei Overchuk, esperto professionista responsabile degli affari dell’EAEU, ha dichiarato apertamente che questa iniziativa era contraria allo stato di cose esistente. Si tratta di due aree di libero scambio diverse, con sistemi diversi di riduzione (o eliminazione) di tariffe e dazi. Sono incompatibili, chiaro e semplice;

Come forse saprete, già nel 2013, dopo diversi richiami da parte nostra, l’allora Presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich aveva notato che i negoziati con l’UE relativi all’accordo di associazione dell’Ucraina, che all’epoca erano in corso da molti anni, stavano per raggiungere termini che sarebbero stati direttamente in contrasto con gli obblighi dell’Ucraina nell’ambito della zona di libero scambio della CSI. L’Ucraina ne faceva parte e ne beneficiava, essendo quasi esente da tariffe interne. L’Ucraina si sforzava di ottenere lo stesso accordo di tariffe zero con l’UE, con la quale, per ovvie ragioni, la Russia e gli altri membri della CSI avevano barriere protettive piuttosto elevate;

Quando la Russia stava per entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio, ci sono voluti 17 anni di negoziati per ottenere una forte protezione per molti settori della nostra economia e dei nostri servizi. Se l’Ucraina, con le sue tariffe zero per la Russia, avesse ottenuto accordi simili con l’UE, le merci europee, che erano soggette a tariffe sostanziali in base al nostro accordo con Bruxelles, avrebbero invaso il nostro mercato senza tariffe. L’abbiamo detto chiaramente agli ucraini;

Il governo di Yanukovich era d’accordo. Si sono resi conto che se non avessero fatto nulla, avremmo semplicemente bloccato le importazioni ucraine in Russia, il che avrebbe avuto ripercussioni sull’Ucraina, dato che la maggior parte del commercio ucraino è con la CSI, non con l’Europa. L’Ucraina ha chiesto all’UE di rinviare la firma dell’accordo di associazione per diversi mesi, al fine di rivalutare la situazione;

Avevamo proposto che la Russia, l’Ucraina e la Commissione europea si sedessero e trovassero un modo per far sì che l’Ucraina ottenesse ulteriori benefici dall’accordo di associazione con l’UE senza perdere i vantaggi offerti dalla zona di libero scambio della CSI.

L’allora Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, un individuo piuttosto presuntuoso, liquidò questo suggerimento in modo altrettanto presuntuoso, affermando che non erano affari nostri, paragonandolo al fatto che l’UE non interferisce nelle relazioni della Russia con il Canada.  Pertanto, la decisione del legittimo governo armeno di avviare un processo di accesso a un’entità internazionale che lo accoglie è una decisione sovrana. Tuttavia, soppesare tutti i pro e i contro fa parte delle responsabilità del governo armeno e dei responsabili della politica economica armena;

Lei ha detto che l’Armenia ha bloccato la sua partecipazione alla CSTO. Pur non partecipando ai suoi eventi, l’Armenia ha dichiarato ufficialmente che ciò non significa bloccare il processo decisionale che richiede il consenso;

L’organizzazione continua a funzionare come sempre. Nell’autunno del 2022 abbiamo concordato l’invio di una missione di osservatori della CSTO, adeguatamente equipaggiata per svolgere un ruolo di deterrenza lungo il confine. Tuttavia, i nostri amici armeni, nonostante tutto fosse concordato e pronto a partire, alla fine hanno rifiutato, adducendo le difficoltà derivanti dagli scontri di tre giorni al confine tra Armenia e Azerbaigian del settembre 2022 e sostenendo che la CSTO “non è riuscita a difendere il territorio del suo alleato”;

Il presidente Vladimir Putin ha rivisitato la questione in più occasioni. Non c’è stato nessun confine delineato, e certamente nessuna demarcazione. Nessuna e mai. Si trattava di un paio di chilometri in un senso e di un paio di chilometri nell’altro. In effetti, c’è stato uno scambio di fuoco. Tuttavia, anche il rifiuto di una missione della CSTO, che sarebbe stata molto efficace, è stata una decisione sovrana. Allo stesso tempo, hanno invitato una missione UE di due mesi, poi prolungata unilateralmente a tempo indeterminato senza consultare l’Azerbaigian. Successivamente, il Canada si è unito alla missione, introducendo un elemento di presenza NATO. Secondo le nostre informazioni, questo personale sta affrontando questioni che interessano non solo l’Armenia, ma anche diverse alleanze occidentali;

Ieri ho appreso la notizia che il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha firmato un accordo di partenariato strategico con il Segretario di Stato americano Antony Blinken, una decisione sovrana tra due Stati. Il punto principale non è ciò che è stato firmato o il nome del documento che è stato firmato, ma le implicazioni;

Anche noi abbiamo usato il termine “partenariato strategico” in numerosi accordi con Paesi occidentali. Tuttavia, tali accordi, pur essendo strategici, non hanno mai richiesto ai partecipanti di agire contro Paesi terzi.

Non abbiamo mai, in tempo di pace, (la Seconda Guerra Mondiale e la Grande Guerra Patriottica sono un discorso a parte) messo per iscritto in nessun documento che siamo partner strategici di qualcuno e dobbiamo, quindi, aderire a qualche sanzione, come nel caso della Serbia. Chiederanno all’Armenia di fare lo stesso.

Il nostro dialogo però continua. Il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan è stato invitato a visitare la Federazione Russa e ha accettato l’invito. Ci auguriamo di averlo presto qui.

Domanda (ritradotta dall’inglese): Il ritorno in carica di Donald Trump ha rilanciato le discussioni sull’accordo con l’Ucraina. È realistico per lui trovare un accordo del genere e raggiungere la pace? Fino a che punto la Russia è disposta a spingersi per raggiungere un accordo?

Cosa ne pensa del recente rifiuto di Donald Trump di escludere l’uso della forza militare per conquistare la Groenlandia? Che cosa farete se il signor Trump andrà avanti con il suo piano?

Sergey Lavrov: Per quanto ne so, sono già in atto iniziative specifiche che entreranno in vigore il giorno successivo all’insediamento di Donald Trump. Almeno, quello che ho visto indica iniziative per avviare colloqui con la Danimarca per l’acquisto della Groenlandia;

Al tempo stesso, sentiamo il primo ministro della Groenlandia Múte Bourup Egede affermare che i groenlandesi hanno relazioni speciali con Copenaghen. Non vogliono essere né danesi né americani, ma preferiscono rimanere groenlandesi. Credo che ascoltare ciò che i groenlandesi hanno da dire sia la strada da seguire;

Questo approccio è in linea con il modo in cui noi, come vicini di altre isole, penisole e territori, abbiamo ascoltato ciò che i residenti della Crimea, del Donbass e della Novorossia avevano da dire per scoprire cosa pensano del regime salito al potere con un colpo di Stato incostituzionale, che i residenti della Crimea, della Novorossia e del Donbass hanno rifiutato di accettare.

Ciò è del tutto coerente con il principio che ho menzionato all’inizio del mio intervento, ovvero il diritto delle nazioni all’autodeterminazione. Nei casi in cui una nazione, in quanto parte di uno Stato più grande, si senta a disagio in quello Stato e cerchi l’autodeterminazione in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, lo Stato più grande è obbligato a non opporsi o ostacolare questo processo. Non è quello che hanno fatto gli spagnoli con la Catalogna o gli inglesi con la Scozia. Se una nazione all’interno di uno Stato esprime tale desiderio, ha il diritto di esercitare il proprio diritto;

Il diritto internazionale è sancito dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione dell’Assemblea Generale, che afferma che tutti devono rispettare l’integrità territoriale di uno Stato il cui governo rappresenta tutte le persone che vivono all’interno dei suoi confini. Se la Groenlandia ritiene che Copenaghen non rappresenti i suoi interessi o quelli del suo popolo, può entrare in gioco il diritto all’autodeterminazione;

Lo stesso diritto all’autodeterminazione ha costituito la base giuridica internazionale per il processo di decolonizzazione negli anni Sessanta e Settanta. A quel tempo, le popolazioni indigene africane si resero conto che i loro governanti coloniali non rappresentavano i loro interessi. Questo è stato il primo esercizio su larga scala del diritto all’autodeterminazione previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, anche se il processo rimane incompleto. Oggi ci sono 17 territori non autogovernati in tutto il mondo. Il Comitato speciale delle Nazioni Unite sulla decolonizzazione si riunisce ogni anno per ribadire l’importanza di completare questo processo. Numerose risoluzioni affrontano casi come l’isola di Mayotte, che la Francia rifiuta di restituire alle Comore nonostante le risoluzioni dell’ONU, nonché la decolonizzazione di Mauritius e di altre regioni;

Ciononostante, il diritto all’autodeterminazione esiste. È stato attuato nell’ambito della decolonizzazione e costituisce la base giuridica per il completamento di tale processo (mi riferisco ai 17 territori non autogovernati);

Il diritto all’autodeterminazione è alla base delle decisioni prese dai residenti della Crimea nel 2014 e dai residenti della Novorossiya e del Donbass nel 2022. Così come i popoli africani non vedevano i loro governanti coloniali come rappresentanti dei loro interessi, i residenti della Crimea, del Donbass e della Novorossiya non vedono il regime nazista, che ha preso il potere nel 2014 attraverso un colpo di Stato, come rappresentante dei loro interessi. Questi nazisti hanno preso il potere e hanno immediatamente dichiarato il loro piano per eliminare lo status della lingua russa in Ucraina e hanno proceduto a realizzarlo. Hanno emanato una legge che vieta la lingua russa molto prima che iniziasse l’operazione militare speciale. L’Occidente, che si occupa della questione dei diritti umani, non ha mosso un dito o detto una parola sugli sviluppi in Ucraina;

Per inciso, i diritti umani sono anche parte della Carta delle Nazioni Unite. L’articolo 1 afferma che tutti devono rispettare i diritti umani indipendentemente da razza, sesso, lingua o religione. Eppure la lingua russa è stata totalmente bandita, così come la Chiesa ortodossa ucraina canonica. Nessuno sembra preoccuparsi di queste grossolane violazioni della Carta delle Nazioni Unite, anche se l’Occidente usa qualsiasi motivo o nessun motivo per difendere i diritti umani in questioni totalmente estranee al benessere delle persone. Tuttavia, nel caso dell’Ucraina, è rimasto in silenzio in un momento in cui la vita quotidiana delle persone è stata sconvolta e si sta cercando di cancellare la loro storia e le loro tradizioni.

Non appena Donald Trump assumerà la presidenza e articolerà la sua posizione definitiva sulle questioni ucraine, la esamineremo. Attualmente, il discorso è in gran parte preparatorio, in vista del suo insediamento e dell’inizio del lavoro concreto. Come ha osservato lo stesso Donald Trump, queste discussioni fanno parte della sua preparazione all’insediamento. Riconosce l’importanza di trasferirsi prima nello Studio Ovale.

Le conversazioni dell’ultimo anno comprendono molteplici aspetti. In particolare, il crescente riferimento alle realtà “sul campo” è uno sviluppo che probabilmente sarà accolto con favore. Michael Waltz, che a quanto mi risulta dovrebbe diventare consigliere per la sicurezza nazionale, al fianco del Presidente Trump, in un’ampia intervista ha evidenziato le cause profonde del conflitto. Hanno alluso all’ingresso del regime di Kiev nella NATO, contravvenendo agli accordi presi attraverso i dialoghi sovietici e successivamente russo-americani, nonché nell’ambito dell’OSCE. Questi accordi, raggiunti per consenso ai massimi livelli e approvati dai presidenti, tra cui il presidente Barack Obama nel 2010, stabilivano che nessuna nazione o organizzazione all’interno dell’OSCE avrebbe dovuto cercare di dominare, né avrebbe dovuto rafforzare la propria sicurezza a spese di altre. Eppure, la NATO ha perseguito proprio ciò che aveva giurato di non fare, come ha sottolineato Donald Trump.

Questa è la prima volta che un leader americano e occidentale riconosce apertamente che la NATO è stata disonesta quando ha firmato numerosi accordi con il nostro Paese e nell’ambito dell’OSCE. Questi accordi sono serviti solo come facciata, un pezzo di carta, mentre in pratica la NATO è avanzata verso i nostri confini, violando i termini in base ai quali la Germania Est si è integrata nella Repubblica Federale. Questo include l’avanzamento delle infrastrutture militari vicino ai nostri confini e la pianificazione di basi militari, comprese quelle navali in Crimea e sul Mar d’Azov. Questi fatti sono ben documentati.

Il fatto che questa causa profonda venga finalmente incorporata nella narrazione americana dopo mesi, se non anni, di nostri richiami, è davvero positivo. Tuttavia, la narrazione e il discorso in generale non hanno ancora affrontato i diritti dei russi, la cui lingua, cultura, istruzione, media e religione canonica sono stati legalmente vietati in Ucraina. Non è possibile avviare discussioni significative se l’Occidente continua a fingere la normalità su questo tema.

Quando l’amministrazione uscente, rappresentata dal Segretario di Stato Antony Blinken e dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, si dice fiduciosa che la nuova Casa Bianca continuerà nella sua politica di sostegno all’Ucraina, cosa implica? Il desiderio di continuare a sradicare tutto ciò che è russo? Non è una questione banale, è profondamente pericolosa. Suggerisce che il nazismo viene utilizzato come strumento di politica estera. In alternativa, indica la promozione del nazismo come strategia per attuare la politica estera contro una nazione che gli Stati Uniti mirano a contenere e a impedire che acquisisca un vantaggio competitivo.

Attendiamo iniziative specifiche. Il Presidente Vladimir Putin ha costantemente espresso la sua disponibilità a incontrarsi, ma finora non è emersa alcuna proposta. Successivamente, il Presidente Donald Trump ha dichiarato che Vladimir Putin è desideroso di incontrarsi [con lui]. Concordo sul fatto che un incontro sia essenziale, ma prima è indispensabile assumere l’incarico.

Domanda: L’Europa sta affrontando un paradosso. Sono certo che la stragrande maggioranza delle persone in Europa e in alcuni Paesi come il mio, cioè Grecia, Cipro e altri, non è d’accordo con le politiche dei nostri governi. Questo significa che la gente si oppone fermamente agli sforzi di chiunque per provocare un’escalation militare. Purtroppo – e questo è un paradosso per le nostre democrazie – questi governi non considerano un imperativo il coordinamento della loro politica estera con il proprio popolo. Inoltre, alcuni governi ci hanno detto che ci sono altri tipi di impegni e obblighi che definiscono la loro politica estera. Ma la Russia, dopo tutto, fa parte del nostro comune continente europeo. Quali sarebbero le sue previsioni al riguardo? Riusciremo mai a riportare alla normalità le relazioni nel nostro continente comune?

Lei è probabilmente uno dei diplomatici più esperti e navigati al mondo, e ha lavorato sulla questione cipriota, cercando di trovare una soluzione. In questi giorni si sta svolgendo un nuovo round del complesso processo negoziale su Cipro. Ha qualche aspettativa o eventualmente qualche consiglio per chi sta lavorando su questo tema?

Sergey Lavrov: Inizio con la sua seconda domanda. In effetti, ho lavorato alla soluzione di Cipro mentre ero a New York. Il Presidente di Cipro partecipava ogni anno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e durante le sue visite invitava gli ambasciatori dei P5 a discutere le modalità di attuazione dei principi previsti dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Naturalmente, abbiamo anche parlato dei fallimenti, delle mancanze e delle sfide nella risoluzione della questione cipriota.

L’ultimo tentativo significativo in questo senso risale al piano di Kofi Annan del 2004. All’epoca, il mio vecchio amico Kofi Annan, che riposi in pace, e che è stato un grande Segretario Generale, ebbe il coraggio di seguire il consiglio dei suoi collaboratori e di presentare un piano per perfezionare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza al fine di limitare in qualche modo la portata del governo centrale di quello che alla fine sarebbe diventato uno Stato unificato. Ciò significava che i greci ciprioti avrebbero avuto meno autorità.

C’è stato un referendum e la gente ha respinto questo piano. Da allora non abbiamo visto alcuna iniziativa significativa. So però che i nostri vicini turchi hanno detto apertamente che ora ci sono due Stati uguali e che non può funzionare diversamente, il che significa che dovranno incontrarsi a metà strada. Non abbiamo e non possiamo offrire, né tanto meno imporre, alcuna soluzione magica. È necessario rispettare gli interessi di entrambe le nazioni. Un tempo i Paesi rappresentati nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite erano considerati i garanti di questo processo. Ma, a quanto mi risulta, il P5 non ha tenuto alcuna riunione su questo tema negli ultimi tempi, il che è dovuto, tra l’altro, alla posizione di Nicosia. Ho motivo di credere che la leadership cipriota abbia lavorato su questo tema con gli Stati Uniti.

Tutto ciò che vogliamo è che la popolazione di Cipro, sia a nord che a sud, viva come vuole. Ci sono molti cittadini russi, soprattutto nel sud, ovviamente, ma ci sono anche più di 10.000 russi nel nord. Offriamo loro servizi consolari, anche se non abbiamo una missione consolare in loco, a differenza di altri Paesi come il Regno Unito. Tuttavia, siamo stati in grado di offrire assistenza consolare in loco. Vogliamo che sia il popolo cipriota a decidere come vivere la propria vita.

So che gli attuali leader ciprioti hanno collaborato con coloro che non solo vogliono che il popolo cipriota faccia la sua scelta il prima possibile, ma cercano di imporre la loro visione su Cipro, che include l’adesione alla NATO e la modifica delle leggi nazionali per causare fastidi ai russi che hanno trasferito il loro denaro nelle banche di questo Paese. In altre parole, proprio come con la Serbia, stanno dicendo che l’adesione all’UE ha un costo. Questo è ciò che hanno detto a Cipro: andate avanti e aderite alla NATO e in questo modo tutti i problemi saranno risolti, poiché tutte le parti diventeranno alleate e tutto andrà bene per il nord. Tuttavia, dovete fare in modo che ci siano meno russi in giro, così da dimenticare il vostro passato comune. Detto questo, la Russia non interferisce negli affari interni degli altri Paesi.

So che la questione di cui stiamo discutendo in questo momento ha molta importanza per Cipro. Tuttavia, la prima parte della sua domanda è ancora più importante dal punto di vista geopolitico. Lei ha chiesto se riusciremo mai a riportare alla normalità le relazioni nel nostro continente condiviso. La nozione stessa di continente condiviso ha un significato molto importante in questo contesto. Questo continente condiviso si chiama Eurasia – il più grande, il più popolato e probabilmente il più ricco di tutti. In termini di risorse naturali, può probabilmente competere con l’Africa e la Groenlandia.

Tuttavia, a questo continente manca un quadro transcontinentale comune. L’America Latina ha la CELAC, la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici. L’Africa ha l’Unione africana. Sia in Africa che in America Latina esistono associazioni subregionali di ogni tipo, ma allo stesso tempo hanno anche le loro strutture pancontinentali. Per quanto riguarda l’Eurasia, essa dispone solo di strutture subregionali, mentre manca un’unica organizzazione ombrello che le riunisca tutte. Cercare di crearne una sarebbe probabilmente una buona idea.

Lei ha chiesto se possiamo riportare le relazioni alla normalità. Naturalmente, nella parte occidentale del nostro continente condiviso esistono diverse organizzazioni, tra cui l’OSCE, la NATO, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea. Le prime due – l’OSCE e la NATO – sono radicate nel concetto di sicurezza euro-atlantica, che include il Nord America. Gli europei hanno creato l’Unione Europea per se stessi. Tuttavia, l’UE ha recentemente firmato un accordo con la NATO. In base a questo documento, se dovesse scoppiare una guerra – Dio non voglia – l’UE farà ciò che la NATO le dirà di fare in termini di azione militare. Questo va oltre l’UE. Hanno già detto alla Svizzera di andare avanti e di aderire allo Schengen militare. Se la NATO dovesse attraversare il suo territorio per recarsi nella Federazione Russa, la Svizzera dovrebbe garantire che la NATO non debba chiedere alcuna approvazione o autorizzazione. Esiste anche il Consiglio d’Europa. Comprensibilmente, gli Stati Uniti non ne fanno parte, poiché gli americani non sono europei. Gli Stati Uniti hanno uno status di osservatori. Tuttavia, ciò che il Consiglio d’Europa fa ora, compresa l’istituzione di tutti questi tribunali illegali e la compilazione di tutti questi registri e l’elaborazione di un certo meccanismo di compensazione per punire la Russia – gli Stati Uniti sono stati dietro a tutte queste iniziative.

L’OSCE, la NATO, e anche l’UE, il Consiglio d’Europa e il Consiglio nordico dei ministri, dove tutti i Paesi sono ora membri della NATO, non sono organizzazioni euro-asiatiche ma euro-atlantiche. Coloro che vogliono tenere sotto controllo l’Europa sono probabilmente interessati a mantenere la struttura euro-atlantica e il suo dominio.

Di recente si sono resi conto che le zone centrali e orientali dell’Eurasia sono molto più attraenti dal punto di vista economico e infrastrutturale e che i progetti di infrastrutture logistiche in corso in quelle zone hanno un’importanza globale. Cosa vogliono ora la NATO e Washington? Vogliono soprattutto che il continente eurasiatico diventi parte della struttura euro-atlantica. L’ex segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato, poco prima di andare in pensione, che la sicurezza dell’Euro-Atlantico e dell'”Indo-Pacifico” è indivisibile. In altre parole, hanno stravolto il principio della sicurezza indivisibile, formulato in sede OSCE nel 1999. Questo principio prevedeva che la sicurezza di nessun Paese dovesse essere rafforzata a spese di altri Paesi. Oggi vogliono che lo sviluppo politico-militare dell’Eurasia proceda all’interno dei parametri euro-atlantici.

La regione “Indo-Pacifico” comprende ora AUKUS, i Quattro Indo-Pacifici (Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud) e il gruppo Quad (Australia, Giappone, Stati Uniti e India). Gli americani intendono aggiungervi una dimensione politico-militare, che i nostri amici indiani comprendono. Taiwan viene armata e non si tratta solo di sforzi, ma di vere e proprie azioni per distogliere le Filippine dall’ASEAN e coinvolgerle in queste ristrette strutture americane.

Riguardo allo Stretto di Taiwan, americani, europei e britannici affermano di rispettare la formula secondo cui esiste un solo Stato cinese – la Repubblica Popolare Cinese. Tuttavia, aggiungono anche che nessuno deve cambiare lo status quo, il che implica una “Taiwan indipendente”. Questo è ovvio. La RPC ha ripetutamente fatto notare ai visitatori americani a Taiwan che questo è inaccettabile, così come è inaccettabile ricevere delegazioni taiwanesi che viaggiano in tutto il mondo e sono accolte come funzionari di Stato.

Il Presidente Vladimir Putin ha parlato in questa sala della posizione della Russia sull’accordo sull’Ucraina del 14 giugno 2024, in base al quale la questione dell’adesione dell’Ucraina alla NATO deve essere tolta dal tavolo e devono essere ripristinati i diritti linguistici, religiosi e di altro tipo dei russofoni, che il regime nazista di Zelensky ha messo fuori legge. In questa sala ha anche parlato dell’importanza di creare un’architettura eurasiatica che, proprio come l’Unione Africana e la Celac, dovrebbe essere aperta a tutti i Paesi del continente. La discussione di queste idee è in corso da circa 10 anni, da quando Vladimir Putin ha avanzato l’iniziativa del Grande partenariato eurasiatico al primo vertice Russia-ASEAN. Sono stati firmati accordi in materia tra la SCO, l’UEEA e l’ASEAN. Stiamo ora coordinando la questione con il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo.

Quando diciamo che questo partenariato economico, di trasporto e logistico deve essere aperto a tutti i Paesi del continente (sfruttando i vantaggi comparativi geografici e divini), includiamo anche la parte occidentale del continente. Alcuni Paesi dell’Europa occidentale hanno manifestato il loro interesse per questa iniziativa. Stiamo promuovendo l’idea del Grande partenariato eurasiatico attraverso lo sviluppo di legami e l’allineamento dei programmi delle associazioni di integrazione esistenti. Questo processo è in corso.

Le relazioni si stanno sviluppando nello stesso modo nell’ambito della Belt and Road Initiative cinese, del corridoio di trasporto internazionale Nord-Sud, della Northern Sea Route, della rotta Golfo-Chittagong e del promettente progetto Bangladesh-Mumbai-Far East. Questo è ciò che vediamo come il Grande Partenariato Eurasiatico.

Quando questo partenariato prenderà slancio (e questo è un dato di fatto), includerà la creazione di modalità competitive e più efficaci di scambio economico e una base materiale per l’architettura di sicurezza eurasiatica. Un dialogo su questo è già in corso.

Nell’ottobre 2024 si è tenuta la seconda Conferenza internazionale di Minsk sulla sicurezza eurasiatica. Vi hanno partecipato membri dei governi di Serbia e Ungheria (il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha partecipato a entrambe le conferenze), che hanno manifestato il loro interesse per questo concetto. La Bielorussia, in quanto Paese ospitante che ha dato il via alla conferenza, sta ora lavorando per renderla un evento regolare. In effetti, la decisione in merito è stata presa. Abbiamo sostenuto l’idea di redigere una Carta eurasiatica della diversità e del multipolarismo nel XXI secolo per la prossima conferenza.

Ritengo che dovremmo anche discutere i modi per promuovere lo sviluppo dell’Eurasia sulla base degli interessi dei suoi Paesi, nonché della sua storia e della sua geografia, piuttosto che dalla prospettiva dell’Atlantico, del Pacifico o di qualsiasi altra prospettiva. Lo faremo. Vorrei ribadire che questo processo è aperto a tutti i Paesi del continente eurasiatico, senza eccezioni. Cipro è un’isola, ma la invitiamo a partecipare.

Domanda: Ha già parlato di un possibile incontro tra il Presidente Putin e il Presidente Trump. Quale ruolo vede per l’Unione Europea e per Paesi come la Germania in un eventuale negoziato sul conflitto ucraino?

Sergey Lavrov: La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande ci hanno detto che sono i garanti degli accordi di Minsk tra Russia, Ucraina, Germania e Francia. Gli accordi sono stati sviluppati nella capitale bielorussa, dove ho avuto anche l’onore di essere presente, e sono durati quasi 20 ore. I tedeschi e i francesi hanno detto che si trattava di un accordo di pace tra Mosca e Kiev e che loro erano i garanti. Noi avevamo un’interpretazione diversa degli status dei partecipanti, ma questa era la posizione a cui Germania e Francia si attenevano. Il loro punto di vista era che ci avevano fatto sedere al tavolo, avevamo raggiunto un accordo e loro avevano svolto il ruolo di garanti.

Noi, la parte russa, abbiamo portato questo documento al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che lo ha approvato all’unanimità e ha chiesto il rispetto degli accordi. Non elencherò le centinaia e migliaia di violazioni da parte del regime di Kiev, tra cui i bombardamenti di strutture civili e il blocco totale del territorio che si è rifiutato di riconoscere il colpo di Stato. Queste violazioni sono state regolarmente denunciate alle Nazioni Unite e all’OSCE. Abbiamo detto ai garanti: fermiamo questo oltraggio. Avrebbero affermato che anche la Russia avrebbe sparato, aiutando le milizie.

Nel dicembre 2022, già in pensione, Angela Merkel disse che nessuno aveva intenzione di rispettare gli accordi, né la Germania, né la Francia, né l’allora Presidente dell’Ucraina Petr Poroshenko che aveva firmato i documenti. A quanto pare, a loro bastava vincere qualche anno per preparare l’Ucraina alla guerra.

La questione riguarda la natura del sistema di Yalta-Potsdam sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. L’articolo 25 stabilisce che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sono obbligatorie per tutti i membri dell’organizzazione. L’ex cancelliere tedesco Angela Merkel ha affermato che l’articolo 25 non è una regola obbligatoria da seguire – sebbene lei stessa abbia fatto parte di questo documento, che è stato anche integrato da una dichiarazione di quattro Paesi (Russia, Ucraina, Germania e Francia) che includeva ancora una volta una dichiarazione su uno spazio condiviso da Lisbona a Vladivostok che avremmo costruito, una dichiarazione secondo cui Francia e Germania avrebbero aiutato il Donbass a istituire un sistema bancario mobile e che avrebbero contribuito a rimuovere il blocco e a organizzare colloqui per risolvere le questioni relative al trasporto del gas, aiutando essenzialmente la Russia e l’Ucraina in questo senso. Nulla di tutto ciò è stato realizzato.

Con tutto il rispetto per la storia del popolo tedesco, credo che abbia già dato il suo “contributo” attraverso l’amministrazione dell’ex Cancelliere della Germania. Il Presidente Vladimir Putin non ha mai rifiutato le proposte di stabilire contatti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz lo ha chiamato un paio di volte. Si sono parlati di recente. Olaf Scholz si è detto orgoglioso del proprio atto di coraggio. Ma ci sono state anche conversazioni con altri rappresentanti dell’Unione europea. Spero che il Presidente non se la prenda con me per aver rivelato dei segreti, ma durante questa conversazione Olaf Scholz non ha detto nulla che non dica pubblicamente tutti gli altri giorni: La Russia deve lasciare l’Ucraina. Non è stato detto nulla sull’origine della crisi, non una parola sulla lingua russa e sui diritti dei russi di cui Zelensky vuole appropriarsi.

In realtà, già nel 2021, molto prima dell’operazione militare speciale, Vladimir Zelensky aveva detto che se uno si sente russo in Ucraina, dovrebbe mettersi in viaggio e andare in Russia per il bene dei propri figli. Proprio di recente, ha usato oscenità russe per parlare del suo atteggiamento nei confronti delle forze di pace che non vogliono spingere i russi ai confini del 1991. La sanità mentale di quest’uomo è un’altra cosa.

Molti hanno offerto i loro servizi. La Türkiye è stato un luogo dove è stato raggiunto e siglato un accordo. L’ex primo ministro britannico Boris Johnson (che ora sta scrivendo alcuni libri) ha proibito la firma dell’accordo che si basava sui principi approvati a Istanbul. In Bielorussia si è svolta una serie di incontri. Il Presidente Alexander Lukashenko ha confermato ancora una volta che, in quanto vicino di Russia e Ucraina, ritiene che gli interessi della Bielorussia debbano essere presi in considerazione. Apprezziamo questo approccio.

In generale, la comprensione sta crescendo. Ecco perché c’è un notevole interesse nella discussione su una conversazione telefonica e un incontro tra i Presidenti di Russia e Stati Uniti. Tutti si sono resi conto (lo sapevano da tempo ma si rifiutavano di ammetterlo) che non si tratta dell’Ucraina, ma del fatto che l’Ucraina viene usata per indebolire la Russia nel contesto del nostro posto nel sistema di sicurezza eurasiatico.

Ci sono due aspetti della sicurezza. Le minacce ai nostri confini occidentali, che sono una delle maggiori cause originarie del conflitto, devono essere eliminate. Questo obiettivo può essere raggiunto solo nel contesto di accordi più ampi. Siamo pronti a discutere di garanzie di sicurezza per un Paese che ora si chiama Ucraina, o per la parte di questo Paese che rimane indecisa in termini di autodeterminazione – a differenza di Crimea, Donbass e Novorossiya. Per quanto importante sia questo aspetto, sarà il contesto eurasiatico a dominare, perché la parte occidentale del continente non può isolarsi da giganti come la Cina, l’India, la Russia, il Golfo Persico e l’intera Asia meridionale, il Bangladesh e il Pakistan. Centinaia di milioni di persone popolano questa regione. Dobbiamo sviluppare il continente per garantire che le questioni della sua parte centrale, dell’Asia centrale, del Caucaso, dell’Estremo Oriente, dello Stretto di Taiwan e del Mar Cinese Meridionale siano gestite dai Paesi della regione piuttosto che dall’ex segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, il quale ha affermato che la NATO opererà in quella regione perché la sicurezza dell’alleanza dipende dalla regione indo-pacifica.

Come dipende esattamente da questa regione? Gli è stato chiesto se la NATO è ancora un’alleanza di difesa. Ha risposto di sì. Difendono il territorio dei loro membri, ma nelle condizioni moderne la sicurezza del loro territorio dipende dalla sicurezza della regione indo-pacifica. Per questo motivo, tra le altre cose, costruiranno lì le infrastrutture della NATO. Lì si creeranno alleanze. Gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno già creato un’alleanza militare con una componente nucleare. Lo hanno confermato di recente.

Questo è un aspetto interessante da considerare per gli analisti politici. Come si possono integrare queste cose? Le assicuro che l’approccio euro-atlantico all’Eurasia è un’illusione.

Domanda: Potrebbe fornire maggiori informazioni sul trattato di partenariato strategico globale Iran-Russia? Quali messaggi trasmette il trattato e ci sono preoccupazioni da parte di terzi al riguardo?

Sergey Lavrov: Il 17 gennaio il Presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian visiterà la Russia. Questa visita è stata annunciata e i nostri presidenti firmeranno il trattato;

Per quanto riguarda il fatto che a qualcuno piaccia o meno, questa domanda viene posta di solito dai nostri colleghi occidentali, che cercano sempre di trovare qualche argomento che suggerisca che la Russia – insieme all’Iran, alla Cina e alla Repubblica Democratica Popolare di Corea – stia tramando qualcosa contro qualcuno 24 ore su 24. Questo trattato, come il Trattato sul partenariato strategico globale tra la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Democratica di Corea, non è diretto contro alcun Paese terzo. È costruttivo e mira a consentire sia alla Russia che all’Iran, così come ai nostri amici in varie parti del mondo, di sviluppare meglio le loro economie, affrontare le questioni sociali e garantire capacità di difesa affidabili;

Domanda: Sappiamo che la Russia sostiene costantemente un mondo multipolare. Dopo il ritiro della Russia dal Medio Oriente, in quella regione sembra emergere un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti. Quali passi ci si può aspettare dalla Russia in quella regione? La popolazione locale rispetta la Russia e si aspetta che svolga un ruolo;

Sergey Lavrov: Questo è indicativo del suo particolare approccio al giornalismo. Lei inizia facendo due affermazioni: “La Russia si è ritirata dal Medio Oriente” (questo non è più un argomento di discussione) e “Di conseguenza gli Stati Uniti stanno conducendo lo spettacolo”. E poi ci si chiede: cosa si dovrebbe fare?

Non sono d’accordo con entrambe le affermazioni. Non stiamo lasciando il Medio Oriente. In Siria si sono verificati alcuni eventi che il Presidente Vladimir Putin e altri rappresentanti russi hanno commentato. Per molti aspetti, questi eventi si sono verificati perché i progressi nel processo politico sono stati bloccati negli ultimi dieci anni dopo che la Russia ha dispiegato il suo contingente militare in Siria su richiesta dell’allora Presidente della Repubblica Araba Siriana, Bashar al-Assad, e dopo che la Russia, la Turchia e l’Iran hanno stabilito il Formato di Astana, che coinvolgeva un certo numero di Paesi arabi.

Ritenevamo che questo approccio fosse sbagliato. Abbiamo sollecitato in tutti i modi i leader siriani a riprendere i lavori del Comitato costituzionale siriano. Il Comitato costituzionale siriano è stato creato su iniziativa della Russia durante il Congresso del dialogo nazionale siriano a Sochi nel 2018, ma i suoi sforzi sono svaniti dopo le prime due o tre riunioni. Tuttavia, i leader di Damasco non erano desiderosi di farlo funzionare e di raggiungere un accordo. Dopo tutto, questo accordo potrebbe solo implicare la condivisione del potere con i gruppi dell’opposizione (oltre alle fazioni terroristiche, ovviamente).  Ci sono stati ritardi accompagnati da un’escalation di problemi sociali. Le scandalose sanzioni statunitensi stavano soffocando l’economia siriana. La fertile regione orientale della Siria, ricca di petrolio, è ancora occupata dagli americani. Le risorse prodotte localmente vengono utilizzate per finanziare le tendenze separatiste nel nord-est della Siria.

Ai colleghi delle organizzazioni curde abbiamo offerto assistenza per costruire ponti con le autorità centrali. Erano piuttosto riluttanti, ritenendo che gli americani fossero lì a lungo termine e che avrebbero creato un quasi-stato a sé stante. Abbiamo cercato di convincerli che né la Turchia né l’Iraq avrebbero mai permesso l’istituzione di uno Stato curdo. Eravamo favorevoli a tenere una discussione speciale su come garantire in modo affidabile i diritti dei curdi in Siria, Iraq, Iran e Turchia;

Da un lato, Damasco non era particolarmente entusiasta di tenere colloqui. E nemmeno i curdi, dall’altro. Ci sono stati anche pochi contatti tra le diverse piattaforme (Mosca, Il Cairo, Istanbul) citate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU come partecipanti diretti al processo di risoluzione.  Tutto questo ha portato a un vuoto, nel quale si è verificata un’esplosione. La realtà deve essere accettata per quello che è.

L’ambasciata russa non ha lasciato Damasco. Sta mantenendo contatti regolari. Vogliamo essere utili nel contesto degli sforzi per normalizzare la situazione, cosa che richiede un dialogo nazionale inclusivo in Siria con la partecipazione di tutte le forze politiche, etniche e religiose, nonché di tutti gli attori esterni.

Ho avuto discussioni con i nostri colleghi della Turchia e dei Paesi del Golfo. Hanno tenuto un secondo incontro (dopo la Giordania) in Arabia Saudita, al quale hanno partecipato i Paesi arabi, la Türchia e alcuni Stati occidentali.  Partono dalla premessa che il processo dovrebbe necessariamente coinvolgere la Russia, la Cina e l’Iran, se vogliono davvero avviare un processo affidabile volto a raggiungere un risultato stabile, piuttosto che rimanere invischiati in un regolamento di conti con i loro rivali in Siria. Siamo aperti a questo dialogo. Anche il Formato Astana può svolgere un ruolo significativo, soprattutto perché la Turchia, la Russia e l’Iran stanno cooperando con i Tre (Giordania, Libano e Iraq); anche l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar stanno mostrando interesse.

Durante il mio incontro con l’inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la Siria Geir Pedersen a Doha il 7 dicembre 2024, Pedersen ha affermato che è urgente convocare una conferenza internazionale con la partecipazione di tutti i siriani e delle parti interessate esterne. Siamo in attesa che ciò avvenga.

Domanda: L’insediamento di Donald Trump come 47° presidente degli Stati Uniti avverrà lunedì prossimo. Quali sono le sue aspettative sulla squadra entrante nel contesto delle relazioni tra Russia e Stati Uniti?

Sergey Lavrov: Stiamo aspettando che la nuova squadra formuli il proprio approccio agli affari internazionali. Sono a conoscenza dei desideri del Presidente Trump. Ne ha parlato. Siamo anche consapevoli della sua grande responsabilità per lo stato delle cose nel suo Paese, considerando la sua “eredità”, anche a Los Angeles, in California. La situazione delle persone lì è orribile. Il Presidente Trump ha anche annunciato che la sua altra priorità sarà quella di ristabilire l’ordine nel campo della migrazione. Sono state proposte misure pratiche.

Come ha detto, deve prima occupare la carica. In questa fase, tutte le spiegazioni, le iniziative e le deliberazioni non hanno alcun valore pratico. Dobbiamo aspettare che la nuova amministrazione formuli la sua posizione ufficiale. Gli americani lo aspettano, visti i numerosi problemi che Joe Biden si è lasciato alle spalle, così come coloro che vorrebbero che gli Stati Uniti svolgessero un ruolo costruttivo nelle situazioni di crisi sulla scena internazionale.

Domanda: La dottrina marittima russa considera l’Oceano Indiano come un’area di suoi interessi strategici. Come potrebbe il Pakistan utilizzare le sue relazioni con la SCO e i Paesi BRICS nell’ambito di questa dottrina per promuovere una cooperazione sicura e reciprocamente vantaggiosa? Cosa può dire delle attuali relazioni Russia-Pakistan?

Sergey Lavrov: Le nostre relazioni si stanno sviluppando progressivamente. Il periodo attuale è il più positivo da molti decenni a questa parte. Esistono anche progetti volti a ripristinare le strutture create nell’economia pakistana durante il periodo sovietico.

C’è un interesse reciproco nell’interazione pratica nella lotta al terrorismo. Anche il Pakistan ne soffre. La lotta al terrorismo richiede anche di unire gli sforzi con i vostri vicini afghani, con l’India e con tutti i Paesi della SCO, perché i malvagi usano l’Asia centrale, l’Afghanistan e il Pakistan per pianificare e attuare i loro progetti criminali.

La SCO ha una struttura antiterrorismo. Sta funzionando bene. Ci stiamo scambiando informazioni. Poiché il finanziamento del terrorismo è strettamente legato al traffico di droga come forma di criminalità organizzata, negli ultimi anni abbiamo promosso l’idea di creare un centro comune per combattere le nuove minacce come il terrorismo, il traffico di droga, la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani. Quest’anno inizieremo ad attuare questa idea.

Vorrei sottolineare che tutte le misure organizzative sono importanti, ma è ancora più importante rafforzare la fiducia all’interno della SCO nel formato che sta attualmente lavorando sull’Afghanistan (Russia, Cina, Pakistan e Iran). Riteniamo che sarebbe utile coinvolgere l’India. La SCO e i formati incentrati sull’Afghanistan, come quello di Mosca, sono un’ulteriore piattaforma in cui Pakistan, India e Cina potrebbero interagire più da vicino, cercando di promuovere la comprensione reciproca, ponendo domande che li riguardano e ricevendo e analizzando le risposte. Siamo pronti a contribuire a promuovere questo processo. Sarà nell’interesse dei vostri Paesi, della nostra regione e della SCO.

Domanda: Il Primo Ministro Mikhail Mishustin è attualmente ad Hanoi in visita ufficiale. La sua visita è incentrata sulla partecipazione della Russia alla costruzione della centrale nucleare Ninh Thuan 1. In che modo una soluzione positiva di questa questione cambierebbe le relazioni Russia-Vietnam?

Sergey Lavrov: Il principale cambiamento nelle nostre relazioni bilaterali sarebbe una decisione positiva sul progetto della centrale nucleare. Un altro progetto comune si aggiungerebbe alle nostre relazioni bilaterali. Abbiamo molti progetti comuni con il Vietnam, ad esempio il Centro tropicale, che è in fase di ammodernamento e funzionerà in modo più efficace. Ci sono anche progetti congiunti nel mercato degli idrocarburi (Rusvietpetro e Vietsovpetro lavorano nei rispettivi territori) e nella sfera della generazione di energia nucleare. Si tratta di progetti ad alta tecnologia. Il Presidente Putin ha sottolineato in molte occasioni che non ci limitiamo a costruire centrali elettriche per poi utilizzarle, ma creiamo anche una nuova industria nei Paesi in cui lo facciamo, formando anche il personale.

Tali accordi possono includere vari aspetti commerciali. Ad esempio, la Russia sarà proprietaria della centrale elettrica che stiamo costruendo in Turchia. Noi forniremo elettricità e pagheremo le tasse in loco. Altri progetti prevedono la parità di proprietà con il Paese d’origine. Possono esserci diversi formati, ma è un dato di fatto che le nostre relazioni si arricchiranno con un ulteriore progetto ad alta tecnologia.

Oggi abbiamo parlato dell’Ucraina. Il Vietnam ha annunciato la sua disponibilità ad ospitare i negoziati. Ne siamo grati. Apprezziamo questa posizione dei nostri amici vietnamiti. Non posso commentare ora perché non sono state fatte proposte concrete e i compiti che stiamo affrontando devono essere portati a termine.

Domanda: Secondo lei, esiste la possibilità di un ulteriore deterioramento delle relazioni russo-giapponesi dopo l’insediamento di Donald Trump, considerando la sua intenzione di rafforzare l’alleanza USA-Giappone? È un motivo di preoccupazione per la Russia? Quali aree delle relazioni russo-giapponesi rischiano di deteriorarsi durante la presidenza Trump?

Sergey Lavrov: La domanda è se sia possibile sprofondare ancora di più.

Non posso rispondere perché tutto il movimento verso il basso è stato avviato dai nostri vicini giapponesi: la distruzione di quasi tutto, compreso il dialogo politico regolare e rispettoso ai livelli più elevati e alti. La Russia non ha fatto alcun passo in questa direzione.

Da tempo abbiamo perso la speranza che i Paesi occidentali rispettino le loro promesse e i loro obblighi, tra cui la non espansione della NATO a est, l’astensione dall’attirare l’Ucraina nella NATO e la prevenzione del nazismo, che ha iniziato a sradicare tutto ciò che è russo in Ucraina. Tutti tacciono su questo tema, nonostante i nostri insistenti richiami. Nonostante gli accordi di Minsk, hanno bombardato queste persone, che avrebbero dovuto ottenere uno status speciale in conformità con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo anni di spiegazioni e dopo aver riscontrato non solo la mancanza di comprensione, ma anche la sordità, la semplice mancanza di volontà di ascoltare, alla fine abbiamo lanciato l’operazione militare speciale per proteggere i nostri interessi di sicurezza e gli interessi del popolo russo in Ucraina. In risposta, al Giappone è stato immediatamente ordinato di aderire alle sanzioni. Il Giappone si è conformato. Questa è la realtà.

Di tanto in tanto, riceviamo segnali di disponibilità a riprendere il dialogo su un trattato di pace, insieme a richieste di permettere ai loro cittadini di visitare le isole per motivi culturali. Ma il tutto viene gestito in modo così poco serio, come se qualcuno si presentasse e dicesse: “Oh, a proposito, ci è stato chiesto di trasmettere questa notizia”. Non c’è un “Caro così e così”. Non c’è. È solo: “Ecco, ora lavoraci su”.

Il Giappone si è sempre distinto per il suo approccio delicato alla vita, dalla cucina ai vari rituali. Questa delicatezza nel suo rapporto con noi sembra essere svanita. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni. Almeno non abbiamo mai fatto della cultura, dello sport o dei progetti educativi comuni una vittima della politica. Mai. Apprezziamo il fatto che, nonostante tutto, il Giappone ospiti ogni autunno delle tournée con artisti russi chiamate “Giornate della cultura russa in Giappone”. Non tutti i Paesi dimostrano questo coraggio.

Se questa particolare qualità – e mi riferisco ai vostri datori di lavoro e al loro governo, non a voi personalmente – potesse essere applicata per dimostrare un senso di dignità, credo che sarebbe nell’interesse del popolo giapponese.

Domanda: Lei e i suoi colleghi del Governo avete compilato una lista di Paesi e territori ostili, che include l’isola di Taiwan. Capisco che questa decisione riflette la situazione di fatto, ma sulla carta sembra che un pezzo della Cina amica sia stato designato come ostile. La parte cinese ha commentato questo fatto? Cosa può dire al riguardo?

Sergey Lavrov: La Commissione di coordinamento Mosca-Taipei per la cooperazione economica e culturale a Taipei funziona in modo simile alle nostre ambasciate nei Paesi che ci hanno imposto sanzioni. Anche Taiwan ci ha imposto delle sanzioni. Questo è il criterio che ci ha guidato;

Può sembrare un po’ macchinoso, ma noi consideriamo i governi dei Paesi che hanno aderito alle sanzioni non amichevoli. Per noi non esistono Paesi o popoli ostili;

I nostri amici cinesi sono pienamente consapevoli di questo stato di cose;

Domanda (ritradotta dall’inglese): Come lei sa, il primo ministro italiano Giorgia Meloni sta cercando di stabilire una relazione speciale con Donald Trump. Se Trump avvia una nuova politica che implica un dialogo con la Russia e propone nuove iniziative, che ruolo potrebbe avere l’Italia in questo scenario? Il governo italiano potrebbe essere il primo ad adottare un nuovo approccio nei confronti della Russia?

Sergey Lavrov: Non possiamo dire ai governi sovrani cosa fare, tanto più che questi governi sovrani continuano a dirci cosa fare.

La sua domanda riflette un assunto profondamente radicato secondo cui con Donald Trump alla Casa Bianca tutti dovranno scegliere da che parte stare e decidere se essere a favore o contro Trump. Il Presidente Trump entrerà in carica, vi dirà cosa fare e, forse, il ruolo dell’Italia negli sviluppi in corso sull’Ucraina e sugli affari europei diventerà chiaro.

Domanda: Come può descrivere il 2024 nel contesto delle relazioni russo-azere? Cosa può dire del 2025? Quali sono i vostri piani e le vostre prospettive?

Sergey Lavrov: Valuto molto bene le relazioni russo-azere. Sono basate sulla fiducia. Il Presidente Vladimir Putin e il Presidente Ilham Aliyev comunicano regolarmente e non esistono argomenti off-limits nelle nostre relazioni;

I due presidenti incoraggiano i rispettivi governi a cercare nuovi progetti reciprocamente vantaggiosi. Ciò include il corridoio di trasporto internazionale Nord-Sud e altri progetti di trasporto nel Caucaso e nelle zone limitrofe, che comprendono la secca del Mar Caspio. Stiamo creando un gruppo di lavoro bilaterale e prevediamo di allargarlo a tutti e cinque gli Stati che si affacciano sul Mar Caspio.

Cooperiamo strettamente sulla scena internazionale. Manteniamo un dialogo e intraprendiamo passi concreti per espandere le nostre capacità in materia di sicurezza e di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Anche le nostre rispettive forze armate e agenzie di intelligence interagiscono. Questa relazione strutturata ci permette di affrontare prontamente ogni questione sulla base di un esame approfondito di tutti i fatti, come nel caso di incidenti come l’abbattimento accidentale del nostro elicottero durante la seconda guerra del Karabakh o l’incidente aereo ad Aktau che ha coinvolto un aereo azero. Abbiamo apprezzato il fatto che i nostri amici azeri abbiano immediatamente sostenuto la partecipazione della Russia alle indagini, considerando tutti i fattori. In Brasile si è svolto un incontro speciale durante il quale sono state aperte le scatole nere. Il loro contenuto ha fornito informazioni significative, ribadendo l’importanza di un’indagine completa piuttosto che alimentare speculazioni mediatiche basate su informazioni non confermate dalle registrazioni delle scatole nere;

Ho uno stretto rapporto di lavoro con il mio omologo e amico, il Ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov. I nostri rispettivi ministeri degli Esteri mantengono contatti regolari su tutte le questioni di politica estera, dall’ONU e l’OSCE a questioni tematiche come il cambiamento climatico, soprattutto in considerazione del fatto che Baku ospiterà la 29ª Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.

Le nostre relazioni sono soddisfacenti e si basano sulla fiducia reciproca. Ci aspettiamo che si espandano ancora di più in tutti i settori nel 2025;

Domanda: In che modo la convergenza tra l’Armenia e gli Stati Uniti e l’UE potrebbe influire sulla sicurezza e sulla situazione generale del Caucaso meridionale?

Sergey Lavrov: Inevitabilmente, la risoluzione delle questioni regionali coinvolgerà gli Stati vicini, che è ciò che Russia, Azerbaigian, Turchia e Iran hanno sempre detto.

Ho detto che condividiamo un continente comune con regioni distinte, come l’Asia centrale, il Caucaso, il Caucaso meridionale, la Siberia, l’Asia meridionale e l’Estremo Oriente. Quando Paesi lontani, che vivono secondo le proprie tradizioni e vedono la storia solo nella sua dimensione coloniale, affermano di voler “aiutare” tutti, non vedo alcun problema di dialogo. Tuttavia, trovo difficile comprendere le loro affermazioni secondo cui una missione dell’UE garantirà la sicurezza nella regione di Syunik.

Per questo motivo il presidente Erdogan della Turchia e la Russia hanno sostenuto con forza l’iniziativa del presidente Aliyev di istituire un formato 3+3 che includa tre Paesi del Caucaso meridionale, ovvero Azerbaigian, Armenia e Georgia, e i loro tre vicini, Russia, Turchia e Iran. Le parti hanno avuto i primi incontri. I nostri vicini georgiani devono ancora sedersi al tavolo, dove intendiamo discutere dei problemi che affliggono la regione. Credo che questo sia un formato più produttivo;

Ho sentito che l’Azerbaigian e l’Armenia sono vicini a concordare un trattato di pace. Naturalmente, due questioni ancora aperte non possono restare irrisolte e devono trovare una risposta affermativa o negativa. L’UE ha subito dichiarato la propria disponibilità a fornire assistenza;

In definitiva, spetta all’Azerbaigian e all’Armenia decidere dove firmare il documento una volta ultimato. I tentativi di Bruxelles e Washington di prendersene il merito evidenziano solo il desiderio di far sapere a tutti chi è il capo.

Domanda: Vorrei esprimere la mia gratitudine a lei e al Ministero per l’aiuto fornito nell’organizzazione del forum Dialogo sui falsi, che si è tenuto nel novembre 2024. Durante il forum abbiamo annunciato la creazione dell’Associazione internazionale per il fact checking.

A nostro avviso, l’opinione ufficiale dei governi occidentali non coincide necessariamente con ciò che credono i cittadini di questi Paesi. Questo è stato effettivamente confermato in questa sede. Pertanto, abbracciando una politica di massima apertura, siamo stati molto lieti di invitare i rappresentanti dei Paesi occidentali e gli esperti dei Paesi ostili dell’UE e degli Stati Uniti a partecipare al forum e a far parte della nostra associazione. Ritiene che questa sia una strategia ragionevole, oppure dovremmo concentrarci sui Paesi amici per ottenere una maggiore efficienza?

Sergey Lavrov: No, non recingerei nessuno. È questo che rende diverso il nostro lavoro di informazione e sensibilizzazione: Maria Zakharova è qui per mantenermi onesto.

Quando questa isteria era appena iniziata (ancora prima dell’operazione militare speciale), il Presidente francese Emmanuel Macron ha visitato la Russia, il Presidente russo Vladimir Putin ha visitato Macron, ed entrambi hanno tenuto cene informali con un ambiente quasi familiare. All’epoca, abbiamo chiesto ai francesi perché Sputnik e RT non fossero accreditati all’Eliseo. Ci fu risposto che non si trattava di media, ma di strumenti di propaganda. Non sto scherzando. Non sono mai stati accreditati lì, vero?

Maria Zakharova: Non erano autorizzati a partecipare agli eventi. Erano invitati ma non potevano entrare.

Sergey Lavrov: Ecco un esempio che abbiamo citato. Eravamo negli anni ’90, quando l’euforia iniziale si era un po’ attenuata, ma si manifestava ancora nelle relazioni estere. Nell’autunno del 1990 si tenne a Parigi una conferenza dell’OSCE. I partecipanti adottarono numerosi documenti, tra cui la Carta di Parigi per una nuova Europa e un documento sull’accesso alle informazioni, per il quale la Francia e altri membri dell’UE, i Paesi occidentali, stavano spingendo molto. Il documento affermava che tutti i governi avevano l’obbligo di consentire ai loro cittadini di accedere a tutte le informazioni, sia quelle create all’interno che quelle provenienti dall’estero. Volevano sostenere la nostra perestrojka, che stava abbattendo tutte le barriere, ecc. Ora, improvvisamente, bloccano i nostri canali, imponendo loro dei divieti (come dicono gli utenti avanzati). Abbiamo chiesto ai francesi: come è possibile? Avete l’OSCE e i documenti che avete contribuito a scrivere. Non ci hanno mai ascoltato e si rifiutano di farlo ora.

Abbiamo anche alcune restrizioni, ma sono chiaramente regolamentate. Si tratta di contenuti socialmente pericolosi, che riguardano soprattutto i bambini e i nostri valori tradizionali. L’Occidente, invece, cerca di sopprimere qualsiasi informazione critica nei confronti delle proprie autorità, ma questo va oltre la critica e comprende anche le informazioni basate sui fatti.

Per quanto riguarda il fact-checking, mi rendo conto che molti anglicismi sono difficili da sostituire. Sono espressivi e concisi. Ma “fact-checking” non sembra una combinazione difficile da pronunciare.

Credo che non ci sia bisogno di avere paura. Che vengano a vedere e ad ascoltare. Qui sono presenti diversi corrispondenti stranieri, mentre altrove l’accesso ai giornalisti è negato. Ho ragione, signora Zakharova?

Maria Zakharova: Siamo aperti a tutti.

Sergey Lavrov: Voglio dire, ad alcuni non è stato permesso di partecipare dai loro comitati editoriali.

Maria Zakharova: Questo è vero. Alcune pubblicazioni non permettono ai loro corrispondenti di partecipare. I giornalisti tedeschi ci hanno detto di non essere stati ammessi.

Sergey Lavrov: Che cosa fanno allora in Russia?

Maria Zakharova: Stanno “lavorando”.

Vedo che la Komsomolskaya Pravda è presente. Tra l’altro, la Francia ha recentemente negato l’accreditamento a un altro corrispondente della Komsomolskaya Pravda.

Domanda: Recentemente abbiamo ricevuto una lettera da Miroslava, una studentessa di 12 anni di Malta. Nonostante la sua giovane età, ha una posizione civica attiva e una profonda ammirazione per la Russia, di cui è orgogliosa. Mi ha chiesto di porvi una domanda che ritiene significativa: “A scuola, mi capita di incontrare atteggiamenti prevenuti nei confronti della Russia da parte dei miei insegnanti. Credo che altri bambini in Europa possano spesso sentire informazioni errate sulla Russia. Potreste consigliarmi come affrontare queste situazioni?”.

Sergey Lavrov: Non viviamo più nell’era della carta.

Internet, i social network e i siti web, compresi quelli del nostro Ministero, dei musei russi, della Biblioteca di Stato russa e di altre importanti organizzazioni bibliotecarie, hanno tutti un proprio sito web. È improbabile che vengano censurati.

Mi informerei semplicemente se ha accesso a tali risorse. In caso contrario, forse potremmo fornirle un computer attraverso il programma dell’Albero dei desideri e inviarglielo come regalo.

Domanda: L’anno 2024 ha visto il continuo rafforzamento delle forze politiche di estrema destra più intransigenti, al limite del nazismo, in varie parti del mondo, soprattutto in Europa. Queste entità rifiutano completamente la razionalità e i principi del multilateralismo, della coesistenza pacifica, della sovranità statale e dell’autodeterminazione dei popoli. Come percepisce la Russia queste nuove tendenze socio-politiche e quali sono le possibilità pratiche di modificare questa situazione?

Sergey Lavrov: Vorrei chiarire. Lei ha parlato di “forze radicali di destra che rifiutano categoricamente l’uguaglianza dei diritti e il principio di autodeterminazione dei popoli”? Dove si sta verificando esattamente questo? Si riferisce all’Occidente?

Domanda: Sì, in Occidente, in particolare in Europa occidentale, Germania e Francia. Queste forze radicali di destra sono diventate più attive.

Sergey Lavrov: Si riferisce all’Alternativa per la Germania e al National Rally?

Domanda: Tra gli altri, sì.

Sergey Lavrov: L’Alleanza Sahra Wagenknecht?

Domanda: No.

Sergey Lavrov: L’Alternativa per la Germania e il National Rally sono partiti parlamentari mainstream. La gente li vota e la percentuale dei loro consensi è in aumento.

Ho avuto modo di confrontarmi con rappresentanti sia dell’AfD che del National Rally. Francamente, non posso accusarli di opporsi al diritto dei popoli all’autodeterminazione. Anzi, credo che sia proprio il contrario. Sia l’AfD, sia l’Alleanza Sahra Wagenknecht, sia il National Rally in Francia cercano di ripristinare l’autodeterminazione nazionale e la consapevolezza di sé tra i tedeschi e i francesi. Essi sostengono che gran parte di ciò è stato usurpato dalla burocrazia di Bruxelles. È difficile per me fare ipotesi in questo contesto.

Inoltre, non direi che stanno proponendo programmi distruttivi. Se mi fornisce qualche esempio, posso fare commenti più dettagliati.

I membri dell’Alternativa per la Germania partecipano talvolta a talk show politici in televisione, articolando pensieri volti principalmente a risolvere i problemi nelle relazioni russo-tedesche. Discutono di fatti noti che da decenni, se non da secoli, illustrano l’intento anglosassone di impedire la sinergia delle potenzialità russe e tedesche.

Trovo molta razionalità nelle loro affermazioni. Pertanto, se ci sono casi specifici che la portano a tali conclusioni, sarei disposto a commentarli.

Domanda: Quali sono i principali progetti e priorità della Russia in America Latina per il prossimo anno?

Sergey Lavrov: Consideriamo l’America Latina come uno dei poli significativi dell’emergente ordine mondiale multipolare. Le nostre relazioni con quasi tutti i Paesi della regione sono diverse.

Questo include i nostri amici brasiliani, che collaborano con noi non solo a livello bilaterale, ma anche nel quadro dei BRICS. Il Brasile ha ora assunto la presidenza di questo gruppo, segnando una strada promettente. Abbiamo un’agenda bilaterale con il Brasile che comprende, tra l’altro, la sfera economica, militare e tecnica.

La nostra ambasciata in Argentina è attivamente impegnata e stiamo attualmente stabilendo relazioni con il Presidente Javier Milei e la sua nuova amministrazione per esplorare nuove opportunità.

I nostri principali partner, amici e alleati includono Venezuela, Cuba e Nicaragua.

Seguiamo con attenzione gli sviluppi della campagna elettorale in Bolivia, notando che gli Stati Uniti stanno ancora una volta cercando di interferire e creare divisioni tra le forze progressiste del Paese. La cosa non ci sorprende più di tanto.

Sosteniamo attivamente la CELAC, in particolare dopo che la leadership del Presidente Lula da Silva ha rinvigorito l’organizzazione, con il Brasile che non solo partecipa ma cerca anche di prendere l’iniziativa. Ciò include la proposta del Presidente Lula da Silva di sviluppare piattaforme di pagamento alternative per ridurre la dipendenza dalla posizione dominante del dollaro. Si tratta di considerazioni pragmatiche. Manteniamo relazioni con il Mercosur, l’Unasur, il Sistema di integrazione centroamericano, l’ALBA e molti altri.

La Russia è stata rappresentata all’insediamento del Presidente venezuelano Nicolas Maduro, dove si sono svolti colloqui produttivi tra il nostro portavoce della Duma di Stato Vyacheslav Volodin e il Presidente.

Prevedo un anno fruttuoso nelle nostre relazioni bilaterali.

Domanda: Su iniziativa del Movimento dei Primi, i bambini hanno lanciato l’idea di creare un’associazione internazionale di organizzazioni di bambini. Quanto sono importanti queste organizzazioni? Come possono i bambini contribuire alla politica internazionale? Quali consigli può darci su come interagire in modo efficace?

Sergey Lavrov: Abbiamo molte organizzazioni di bambini che stanno facendo rivivere, espandendo e adattando le nostre esperienze passate (come i movimenti dei Piccoli Ottobristi, dei Pionieri e del Komsomol) alle realtà odierne. Credo che questa sia un’iniziativa utile;

Ho dei ricordi bellissimi degli anni dei Pionieri e del Komsomol. Tra i miei ricordi più caldi – forse questo può essere utile – ci sono le attività pratiche come la raccolta delle patate, le escursioni, i concerti e le scenette, che erano un’ottima attività di team building. Accanto al lavoro serio (le lezioni sono ovviamente indispensabili), c’era quello che oggi si chiama “parlare di ciò che conta” nelle scuole, anch’esso obbligatorio. Tuttavia, dovrebbe essere intervallato da attività divertenti.

Non ho sentito parlare dell’iniziativa del Movimento dei Primi di creare una rete di organizzazioni di giovani e bambini. Inviateci informazioni sui vostri progetti in modo che possiamo capire di cosa si tratta, faremo tutto il possibile. Ad esempio, potremmo aiutarvi a organizzare interazioni con giovani di età e interessi simili, introducendoli anche alle nozioni di base della politica estera.

Domanda: I ricercatori di San Pietroburgo ci hanno chiesto di porre una domanda sulle relazioni russo-marocchine. Il Marocco si considera la porta dell’Africa. Ci piacerebbe conoscere il suo punto di vista sulle relazioni Russia-Marocco;

Sergey Lavrov: Il Marocco è un Paese amico. Nel dicembre 2023, abbiamo tenuto una sessione del Forum di cooperazione russo-arabo a Marrakech, in Marocco. L’evento è stato organizzato brillantemente e c’è stato un ricevimento con il Primo Ministro. Abbiamo dei buoni progetti. Assistiamo il Marocco nell’affrontare le questioni di competenza del Ministero degli Esteri, in primo luogo la questione del Sahara occidentale, che deve essere affrontata sulla base delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il tema dell’autodeterminazione è stato sollevato più volte oggi. Circa 40 anni fa, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite decise che la questione dello status del Sahara occidentale doveva essere risolta attraverso l’autodeterminazione del popolo saharawi. A quel tempo lavoravo a New York. C’era un inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite incaricato di organizzare un referendum, James Baker, ex Segretario di Stato americano. Egli ha redatto procedure dettagliate sulle modalità di conteggio dei voti e sulla selezione dei partecipanti al referendum da parte degli anziani delle tribù. Sembrava che tutto fosse sulla buona strada. Eppure, in 40 anni le cose non si sono mosse. Questa è una sfida per il Marocco.

Durante il primo mandato di Donald Trump, la sua amministrazione ha dichiarato unilateralmente il Sahara occidentale parte del Marocco. Ora ci troviamo di fronte a una situazione simile con la Groenlandia e il Canale di Panama. Queste questioni possono essere risolte solo attraverso sforzi bilaterali. Qualsiasi altro approccio non farà altro che gettare i semi della tempesta;

È fondamentale cercare accordi reciprocamente accettabili. Sappiamo quanto la questione sia importante per il Marocco e faremo ogni sforzo per assisterlo. Tuttavia, la questione può essere risolta solo attraverso il mutuo consenso, senza imporre nulla a nessuna delle due parti.

Domanda: E la seconda domanda. Il nostro Ministero degli Esteri è considerato un guardiano della sicurezza internazionale sulla Terra. Teniamo in grande considerazione il vostro lavoro. Tuttavia, la questione della sicurezza ambientale globale viene alla ribalta, poiché la Russia è percepita come un donatore dell’ambiente terrestre, mentre gli Stati Uniti sono visti come un “vampiro” anti-ambientale, che esaurisce le risorse naturali per il proprio tornaconto. Per quanto riguarda l’inquinamento planetario, oggi ci sono circa 170 milioni di detriti spaziali in orbita vicino alla Terra. A prescindere dagli sforzi di Ilon Musk, tra 20 anni nessuna delle nazioni che si occupano di spazio sarà in grado di lanciare satelliti o razzi nello spazio.

Sarebbe opportuno che il nostro Ministero degli Esteri, lei personalmente, signor Lavrov, e il Presidente Vladimir Putin, proponeste un’iniziativa alla nuova amministrazione statunitense, il Presidente Trump, e a tutte le nazioni che abitano lo spazio per intraprendere uno sforzo ambientale congiunto per trovare soluzioni per ripulire lo spazio vicino alla Terra?

Sergey Lavrov: La questione dei detriti spaziali è in discussione da tempo. Esiste un Comitato per l’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico e questo è uno dei temi su cui si sta lavorando. Per ovvie ragioni, non sono un esperto in questo settore. Sono consapevole che i detriti sono dannosi, ma gli scienziati e gli esperti sono impegnati in discussioni su soluzioni pratiche specifiche a questo problema. Sono certo che tali informazioni siano facilmente accessibili online.

Domanda: Ho ancora una carta SIM tedesca nel mio telefono. Le restrizioni da lei citate, applicate in Germania alle risorse russe, rimangono in vigore. Queste sono rigidamente legate al numero di telefono.

Tuttavia, non stiamo parlando solo di restrizioni, ma anche delle sfide che devono affrontare i giornalisti russi che lavorano nei Paesi occidentali. Potrebbe chiarire cosa provoca esattamente disagio o irritazione tra i rappresentanti delle autorità occidentali in loco e cosa provoca tali sfide? Esiste una correlazione tra questi problemi e la traiettoria dell’operazione militare speciale, in particolare i risultati delle forze armate russe?

Sergey Lavrov: È una fortuna che lei abbia sollevato questo punto. Una delle domande iniziali riguardava anche i giornalisti. Come ho già detto, a differenza delle autorità occidentali, non abbiamo mai cercato di limitare il lavoro dei giornalisti. Maria Zakharova può testimoniare la mia onestà a questo proposito. Molto prima dell’operazione militare speciale, i nostri giornalisti hanno subito molestie e alcuni sono stati addirittura espulsi o accusati di spionaggio. Per più di un anno non abbiamo reagito. È corretto?

Maria Zakharova: Sì. Nel 2017, la legge FARA è stata applicata a Russia Today.

Sergey Lavrov: Quando ci è stato chiesto perché la nostra risposta fosse così contenuta, abbiamo spiegato che non volevamo adottare il detto “Quando si è a Roma, si fa come i romani.”

Abbiamo iniziato a rispondere dopo un anno e mezzo o due anni, quando è diventato assolutamente insostenibile ignorare questa persistente irritazione, come lei l’ha descritta, riguardo al divieto di lavoro dei nostri corrispondenti.

È difficile affermare qualcosa che vada oltre l’ovvio: non vogliono riconoscere la verità o permettere alle loro popolazioni di discostarsi dalla narrazione costruita sull'”aggressione”, le “atrocità” e i “Santi Innocenti uccisi dai soldati russi” russi. È probabile che questo sia uno sforzo per preservare questi miti, non siete d’accordo? Non c’è molto altro da aggiungere.

Domanda: La seconda domanda riguarda il gas. Secondo quanto riferito, l’operatore di Nord Stream 2 in Svizzera rischia di fallire in primavera e potrebbe essere messo all’asta. I media occidentali suggeriscono che gli investitori americani potrebbero acquistarlo. Può commentare questa situazione particolare, soprattutto alla luce delle esplosioni e del comportamento evasivo di Scholz & Co?

Sergey Lavrov: Per quanto riguarda la seconda domanda, non ho letto sui media occidentali che dopo il fallimento – che dovrebbe avvenire secondo le procedure stabilite – sarebbe stata venduta agli americani. È stato infatti il presidente della Serbia Aleksandar Vucic a fare una simile previsione la notte di Capodanno.

Storicamente, lo sfruttamento è stato un metodo con cui i Paesi occidentali si sono sostenuti a spese di altri sin dall’epoca coloniale e dalla schiavitù.

Intervista di Trump e del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov all’agenzia di stampa TASS, 30 dicembre 2024

Intervista del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov all’agenzia di stampa TASS, 30 dicembre 2024

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Domanda: Ci sono segnali che indicano che i colloqui per una soluzione diplomatica del conflitto in Ucraina potrebbero essere rilanciati all’inizio del prossimo anno dopo l’insediamento di Donald Trump? C’è l’intenzione o la necessità per la Russia di ripristinare le relazioni con gli Stati Uniti sotto la nuova amministrazione?

Sergey Lavrov: Non abbiamo ricevuto alcun segnale ufficiale riguardo a un accordo in Ucraina. Donald Trump rimarrà presidente eletto fino al suo insediamento, il 20 gennaio, e la politica americana in tutti gli ambiti sarà determinata dal presidente in carica, Joe Biden, e dalla sua amministrazione. Finora solo l’amministrazione Biden ha l’autorità di stabilire contatti con la Russia a nome degli Stati Uniti. A volte succede, e ne informiamo l’opinione pubblica, ma questi contatti non hanno nulla a che fare con i colloqui sull’Ucraina.

A giudicare dalle numerose fughe di notizie e dall’intervista rilasciata da Donald Trump alla rivista Time il 12 dicembre, la loro idea è quella di sospendere le ostilità lungo la linea di contatto e trasferire la responsabilità del confronto con la Russia agli europei. Non siamo ovviamente soddisfatti delle proposte avanzate dai membri del team di Trump di rinviare di 20 anni l’ammissione dell’Ucraina alla NATO e di dislocare in Ucraina forze di pace britanniche ed europee.

La posizione di principio della Russia in merito alla questione ucraina è ben nota. È stata esposta dal Presidente Vladimir Putin in molte occasioni, compresa la conferenza stampa annuale del 19 dicembre. Siamo sempre stati pronti al dialogo e lo siamo ancora.

Tuttavia, è importante capire con chi possiamo parlare e di cosa discuteremo. Non sono domande retoriche. Il Presidente Putin ne ha parlato in dettaglio nell’incontro con i giornalisti che ho citato. Personalmente, vorrei sottolineare che abbiamo bisogno di accordi affidabili e giuridicamente vincolanti che eliminino le cause alla radice del conflitto e sigillino un meccanismo che precluda la possibilità di una loro violazione.

Per quanto riguarda il futuro delle relazioni tra Russia e Stati Uniti, siamo pronti a rinnovare il dialogo politico che Washington ha interrotto dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, se gli Stati Uniti sono pronti a farlo. Dato che sono stati gli americani a interromperlo, spetta a loro fare la prima mossa.

Alcuni possono ancora farsi delle illusioni, ma io le ho abbandonate da tempo. Giudicate voi stessi. Anche se Trump tenterà di rilanciare i legami bilaterali, dovrà nuotare controcorrente, considerando l’attuale consenso bipartisan sulla politica di dissuasione della Russia, anche attraverso il sostegno al regime neonazista di Kiev. Non sarà così semplice, anche perché i documenti dottrinali statunitensi definiscono la Russia come un avversario.  Vedremo cosa succederà. Se gli americani rispetteranno i nostri interessi, il nostro dialogo si rinnoverà gradualmente. In caso contrario, tutto rimarrà com’è.

Domanda: Vladimir Zelensky ha riconosciuto che l’esercito ucraino non può recuperare il terreno perduto. Cosa significa questo per la Federazione Russa? Secondo lei, la NATO ha ascoltato gli avvertimenti della Russia, secondo cui qualsiasi tipo di adesione dell’Ucraina sarebbe inaccettabile?

Sergey Lavrov: Ci fidiamo dei fatti, non delle dichiarazioni, soprattutto quando si tratta del regime di Kiev.

Finora Kiev non ha rinunciato all’obiettivo di ripristinare quella che definisce l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i confini del 1991 e di garantire che le truppe russe lascino questo territorio. Questo obiettivo fa parte della cosiddetta formula Zelensky. In ottobre si sono svolti incontri per preparare il secondo vertice di pace. Vogliono invitare la Russia. Per quanto possiamo vedere, l’obiettivo è quello di presentare un ultimatum alla Russia. Ho spiegato più volte che la Russia non intende partecipare a questo sedicente vertice di pace, anche se ricevessimo un invito.

È impossibile immaginare cosa significhi il riconoscimento pubblico di Vladimir Zelensky dell’impossibilità di recuperare i territori perduti con la forza. Fa dichiarazioni di ogni tipo. A dire il vero, a un certo punto abbiamo smesso di prestare attenzione.

Per quanto riguarda i nostri avvertimenti sul fatto che avremmo rifiutato di accettare l’adesione dell’Ucraina alla NATO indipendentemente dal fattore territoriale, per quanto possiamo giudicare, c’è una mancanza di unità tra i membri della NATO su questa questione. In effetti, la NATO ha ampliato il suo raggio d’azione per molti anni, il che è diventato una delle cause principali della crisi ucraina. Tenendo conto di ciò, tra gli obiettivi dell’operazione militare speciale vi è ancora l’imperativo di garantire all’Ucraina uno status di non allineamento. I suoi obiettivi devono essere raggiunti.

Domanda: Quando l’Occidente smetterà di inscenare le cosiddette rivoluzioni colorate lungo i confini della Russia? Pensa che la Georgia sarà in grado di superare ciò che sta accadendo in questo momento?

Sergey Lavrov: Questa è una domanda per i politici occidentali. Da tempo si affidano agli sforzi per interferire negli affari interni di altri Paesi, compresi i nostri vicini più prossimi, come strumento di politica estera. Per molti anni, Washington e i suoi satelliti hanno agito in questo modo nel tentativo di scoraggiare e contenere i loro rivali geopolitici e di eliminare qualsiasi attore indesiderato, come confermato da quanto accaduto in Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria e Ucraina.

Gli sviluppi in Georgia derivano da due pesi e due misure, quando la cura per la democrazia e i diritti umani serve come pretesto per rovesciare i risultati delle elezioni, dopo che persino l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, con la sua reputazione macchiata, ha riconosciuto le elezioni come libere ed eque. Perché vogliono cambiare i risultati? Solo perché i burattinai di Washington e Bruxelles non hanno trovato di loro gradimento il modo in cui la gente ha votato.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno cercando di imporre a Tbilisi una visione distorta che consiste nel dividere tutti in chi è con noi e chi è contro di noi. Nel frattempo, sembra che le autorità georgiane abbiano optato per una politica sovrana che risponde agli interessi nazionali del Paese. Si rifiutano di agire come pedine manipolate dall’Occidente nel suo tentativo di destabilizzare la Georgia, minare la sua economia e provocare un’escalation nelle sue relazioni con la Russia.

Sono certo che il popolo georgiano è in grado di vedere oltre tutto questo e andrà avanti. Per quanto riguarda la Russia, non abbiamo alcuna intenzione di interferire negli affari interni della Georgia. Siamo impegnati a riportare le relazioni tra Russia e Georgia alla normalità, a patto che Tbilisi sia disposta a incontrarci a metà strada.

Domanda: Come si evolverà la situazione in Siria dopo il cambio di governo? Perché è avvenuto così rapidamente? È vero che è in corso una ridistribuzione delle sfere di influenza in Medio Oriente?

Sergey Lavrov: Seguiamo da vicino gli sviluppi in Siria. Sarebbe prematuro trarre ora conclusioni di ampia portata.

Tuttavia, si può affermare che una delle ragioni dell’aggravarsi della situazione in quel Paese è stata l’incapacità del precedente governo di soddisfare le richieste fondamentali della popolazione in un conflitto civile prolungato. Le speranze dei siriani di ottenere miglioramenti dopo una convincente sconfitta del terrorismo internazionale, anche con l’aiuto delle forze aerospaziali russe, non si sono concretizzate.

Washington, che ha di fatto occupato la parte nord-orientale della Siria, ricca di risorse, e sta esercitando una seria pressione sanzionatoria su Damasco insieme a una coalizione di suoi satelliti, ha una grande responsabilità per questo. Questa linea di strangolamento dell’economia siriana ha fomentato il malcontento sociale.

In questa situazione, le autorità siriane hanno dovuto adottare misure impopolari, come il taglio o la cancellazione dei sussidi per prodotti e servizi di rilevanza sociale. Il sentimento di protesta stava crescendo nella società e il sostegno pubblico al governo stava diminuendo.

Abbiamo fornito varie forme di assistenza all’amichevole popolo siriano, tra cui aiuti umanitari, il ripristino delle infrastrutture sociali distrutte durante il conflitto e la creazione di strutture per il ritorno dei rifugiati siriani e degli sfollati interni. Ci siamo inoltre adoperati con energia per contribuire a una soluzione politica, anche nell’ambito del formato di Astana.

Tuttavia, si può affermare che, nonostante le nostre forti raccomandazioni e l’assistenza attiva, le precedenti autorità non sono riuscite a sviluppare un dialogo costruttivo con i loro oppositori e con gli influenti vicini regionali al fine di avviare un processo politico su larga scala, né a risolvere i gravi problemi socioeconomici.

Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, ho una descrizione diversa degli attuali sviluppi in Medio Oriente e Nord Africa. Gli eventi drammatici e tragici a cui stiamo assistendo sono stati in gran parte provocati dalle azioni irresponsabili e distruttive degli Stati Uniti. Nel tentativo di mantenere la propria influenza in quella parte del mondo, Washington ha interferito attivamente negli affari interni dei Paesi arabi e ha tracciato in modo aggressivo nuove linee di divisione. L’Iraq e la Libia stanno ancora cercando di chiarire le conseguenze del comportamento sconsiderato degli americani e dei loro satelliti. Un’altra fonte di tensioni croniche è il ricorrente conflitto palestinese-israeliano, in cui Washington ha cercato di agire come unico intermediario.

La combinazione di questi fattori ha portato alla destabilizzazione della situazione politico-militare in Medio Oriente nell’ottobre 2023. Da allora, l’arco di violenza si è esteso dalla zona del conflitto palestinese-israeliano al Libano e al Mar Rosso. Il confronto tra Iran e Israele ha raggiunto un livello pericoloso. Ho già parlato della situazione in Siria.

La Russia ha sempre cercato di trovare soluzioni ai conflitti regionali che soddisfacessero principalmente le parti in conflitto. Gli stessi Stati mediorientali devono svolgere un ruolo di primo piano nella normalizzazione della situazione. Siamo pronti a fornire loro assistenza.

Domanda: L’Occidente sostiene senza sosta che i militari della Repubblica Democratica Popolare di Corea sarebbero coinvolti in ostilità nell’ambito dell’operazione militare speciale della Russia, definendola una nuova escalation da parte di quest’ultima. Inoltre, queste affermazioni vengono fatte senza mezzi termini e in modo accusatorio nei confronti di Mosca. Come commenterebbe questo fatto?

Sergey Lavrov: Abbiamo ripetutamente commentato l’infinito clamore che circonda questa questione, che l’Occidente continua ad alimentare. Recentemente, questa propagazione di falsità è diventata ancora più aggressiva. La risposta è facile e veloce: protestano davvero troppo, come dice una frase popolare.

A coloro che accusano la Russia di varie azioni si consiglia di guardarsi allo specchio. I militari e i mercenari della NATO partecipano apertamente alla pianificazione delle operazioni di combattimento e ai combattimenti al fianco delle Forze Armate dell’Ucraina. La NATO è complice dell’invasione della regione di Kursk e degli attacchi missilistici a lungo raggio all’interno della Russia. Il Presidente Vladimir Putin lo ha detto chiaramente nelle sue recenti dichiarazioni pubbliche. Di che tipo di escalation da parte nostra stanno parlando?

Non si può certo pretendere che i rappresentanti occidentali siano obiettivi in una guerra di informazioni. Continueremo a confutare con calma e ragionevolezza le loro insinuazioni tendenziose contro la Russia.

La Russia continuerà a cooperare con la Repubblica Popolare Democratica di Corea in conformità con il Trattato bilaterale sul Partenariato Strategico Complessivo, recentemente promulgato. L’accordo prevede, tra l’altro, una risposta congiunta alle minacce che si manifestano contro una delle parti.

Domanda: Taiwan è un’altra fonte di tensione nel mondo. La Cina sta lavorando per risolvere questo problema. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti si sono ripetutamente impegnati in provocazioni su questo fronte. Pensa che questa politica cambierà con la seconda amministrazione Trump? Quanto è reale la minaccia di una grande guerra nella regione?

Sergey Lavrov: Preferiamo astenerci dall’indovinare i piani della prossima amministrazione statunitense e lasciare questo compito ai politologi. Secondo la nostra valutazione, la situazione generale nella regione continua a deteriorarsi. Gli Stati Uniti e i loro satelliti dichiarano il loro impegno a favore della politica dell’Unica Cina, insistendo sul mantenimento dello status quo, che implica il mantenimento della situazione attuale a tempo indeterminato. Allo stesso tempo, gli americani intraprendono azioni di incitamento nello Stretto di Taiwan e forniscono armi a Taipei, instaurando un dialogo quasi politico con le autorità locali. Queste azioni contribuiscono prevedibilmente alla crescita dei sentimenti separatisti e i loro metodi sono molto simili a quelli usati in precedenza per creare una testa di ponte anti-Russia in Ucraina.

Per noi è chiaro che questa politica perseguita da Washington, in violazione degli obblighi assunti nei confronti di Pechino su Taiwan, fa parte della sua strategia per intensificare la pressione militare e politica sulla RPC e alla fine minare la sicurezza regionale all’estremità orientale del continente eurasiatico.

La nostra posizione di principio sulla questione di Taiwan non è cambiata. Anche in questo caso, è stata definita in una dichiarazione congiunta dei leader di Russia e Cina dopo la visita del presidente Vladimir Putin in Cina a maggio. Poiché ogni parola è importante in questo caso, citerò un estratto di questa dichiarazione: “La Russia riafferma la sua adesione al principio dell’Unica Cina, riconosce che Taiwan è una parte inalienabile della Repubblica Popolare Cinese, si oppone a qualsiasi forma di “indipendenza di Taiwan” e sostiene fermamente le misure della Cina per salvaguardare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale e realizzare la riunificazione nazionale”. Continueremo a essere guidati da queste disposizioni.

Trump e la dottrina di Mar-a-Lago: coordinate di una presidenza imperiale

(a geometria variabile-nota di Giuseppe Germinario)

In una storica conferenza stampa nella sua residenza di Mar-a-Lago, il Presidente eletto Donald Trump ha abbozzato quella che ormai si potrebbe definire una dottrina geopolitica: gli Stati Uniti diventeranno un Impero, estendendo il loro territorio da Panama alla Groenlandia passando per il Canada; la NATO sarà trasformata in un’alleanza puramente asimmetrica, sul modello del Patto di Varsavia.

Ironia, bluff, annuncio di un piano  le parole di Donald Trump segnano una svolta – bisogna leggerle.

Autore
Le Grand Continent

In una lunga conferenza stampa (quasi un’ora e mezza) segnata dall’anniversario della tentata insurrezione del 6 gennaio 2021, Donald Trump – rifiutandosi sistematicamente di rispondere alle domande sull’assalto al Campidoglio – si è sorprendentemente concentrato sugli affari esteri e ha chiarito la sua intenzione di configurare il suo secondo mandato come quello di un “presidente imperiale”.

In netto contrasto con l’immagine isolazionista che potrebbe aver presentato anche ai suoi stessi elettori, Trump intende ridefinire l’equilibrio geopolitico mondiale, arrivando persino a rovesciare le alleanze e a tracciare nuovi confini per una Grande America.

Oltre a giustificare le ambizioni americane nei confronti di Panama e della Groenlandia, questo lungo e sconclusionato discorso non affronta di petto la questione che ha caratterizzato la politica estera americana nell’ultimo decennio: la rivalità con la Cina. Il giorno prima, Trump aveva dichiarato che lui e Xi Jinping andavano “molto d’accordo” e che i rispettivi consiglieri erano già in comunicazione con lui.

Abbiamo messo insieme i momenti chiave che definiscono una rottura, in particolare per quanto riguarda l’Europa.

L’ipotesi di coercizione militare in Groenlandia e a Panama

“No, in entrambi i casi [Groenlandia e Panama], non posso assicurare [che gli Stati Uniti non useranno la forza armata] “.

Questo è stato senza dubbio il momento più inquietante della conferenza stampa. Alla domanda sulla possibilità di ordinare all’esercito di costringere Panama a rinunciare al canale – in violazione dei trattati e degli accordi firmati sotto l’amministrazione Carter – o di fare lo stesso con la Groenlandia, ha risposto: “No, in ogni caso, non posso assicurarvelo.

Si tratta di un’importante svolta retorica. Era dai tempi del presidente William McKinley, che alla fine del XIX secolo condusse la guerra ispano-americana e ottenne il controllo delle Filippine, di Guam e di Porto Rico, che un presidente eletto americano non minacciava così apertamente di usare la forza per estendere i confini territoriali del Paese, in questo caso sotto il controllo di un alleato particolarmente fedele.

Questa retorica imperiale – molto presente in una parte vocale della sfera trumpista su X e sostanzialmente indistinguibile da quella di Vladimir Putin – è stata poi ripresa da diversi conduttori televisivi;

Ad esempio, uno dei conduttori più influenti di Fox News, Jesse Watters, ha dichiarato ieri in diretta televisiva: “Se fossi un cittadino di un altro Paese e un vicino degli Stati Uniti, considererei un privilegio essere annesso dagli Stati Uniti d’America”, o ancora: “Il fatto che i canadesi non vogliano che li invadiamo mi fa venire voglia di farlo. Voglio placare la mia sete imperialista”.

Le argomentazioni di Trump: spazio e sicurezza nazionale “vitali”

“Abbiamo bisogno della Groenlandia per motivi di sicurezza nazionale. Ci vivono circa 45.000 persone. Non sappiamo nemmeno se la Danimarca abbia davvero un diritto legale su questo territorio. Ma se così fosse, dovrebbe rinunciarvi, perché ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale. È essenziale per proteggere il mondo libero. (…) Probabilmente la gente voterà per l’indipendenza o per unirsi agli Stati Uniti. Ma se questo accadesse, se accadesse davvero, imporrei tariffe molto alte alla Danimarca.

Oltre alle minacce di usare la forza militare, che secondo l’ex ambasciatore francese presso la NATO potrebbero giustificare l’attivazione dell’articolo 4 della NATO (“Le parti si consulteranno ogni volta che, secondo l’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti è minacciata.Nell’ambito dell'”accordo sulla Groenlandia”, Trump ha minacciato di imporre “tariffe molto alte alla Danimarca” se il Paese non avesse ceduto il controllo della Groenlandia.

La Danimarca è uno dei più stretti alleati degli Stati Uniti: ha partecipato alla guerra in Afghanistan e spende oltre il 2% del suo PIL per la difesa. Danimarca e Groenlandia autorizzano da tempo la presenza di basi americane sul loro territorio.

“Il Canale di Panama è vitale per il nostro Paese. Attualmente è gestito dalla Cina. Abbiamo dato il canale a Panama, non alla Cina”.

Durante la conferenza stampa, Donald Trump ha ripetutamente rivendicato il sacrificio americano nella costruzione del Canale di Panama, accusando la Cina di sfruttarlo oggi;

Il ministro degli Esteri di Panama, Javier Martínez-Acha, ha dichiarato martedì ai giornalisti che il suo Paese non cederà mai il Canale di Panama a nessun altro Stato. “La sovranità del nostro canale non è negoziabile e fa parte della nostra storia di lotta e di conquista irreversibile”, ha dichiarato. Le uniche mani che controllano il canale sono panamensi e tali rimarranno” “

In entrambi i casi, usando l’aggettivo “vitale”, Donald Trump riattiva il concetto chiave dell’imperialismo tedesco, il Lebensraum, il cui uso da parte di Hitler portò alla Seconda guerra mondiale. Per giustificare la conquista del territorio, l’argomentazione si basa su una semplice considerazione, ripresa da un buon numero di influencer: “Panama è uno spazio vitale per il nostro Paese” oppure “abbiamo bisogno della Groenlandia per la nostra sicurezza economica”.

Da fonti vicine alla questione, è facile immaginare che Elon Musk – le cui esportazioni di Tesla utilizzano il canale – avrebbe potuto convincere Trump utilizzando l’argomento cinese per spiegare l’aumento dei costi di trasporto. In realtà, la ragione principale è da ricercarsi nelle condizioni meteorologiche conseguenti al fenomeno El Niño: la siccità provoca un minor pescaggio, per cui le navi passano più lentamente. Come ha sottolineato Jean-Michel Valantin nelle nostre pagine : ” Dall’estate del 2023, il calo del 41 % delle precipitazioni rispetto ai livelli normali, indotto dagli effetti dirompenti del cambiamento climatico, in particolare sotto la pressione del ciclo El Niño 2023, ha portato a un drastico abbassamento del livello del Canale di Panama, al punto da ridurre il traffico del 50 % dal novembre 2023. Per avere il pescaggio necessario a passare attraverso le chiuse del canale, un gran numero di navi da carico è costretto a scaricare parte del proprio carico.

Un ” 51° Stato ” : il metodo di Trump per conquistare il Canada

“Con il Canada non useremo la forza militare, ma quella economica. Canada e Stati Uniti, questo sarebbe davvero qualcosa: non dimenticate che stiamo essenzialmente proteggendo il Canada. Ma ecco il punto sul Canada: io amo i canadesi. Sono persone fantastiche. Ma spendiamo centinaia di miliardi all’anno per proteggerli. Perdiamo deficit commerciali, perdiamo quantità colossali di denaro. Non abbiamo bisogno delle loro auto. Producono il 20% delle nostre auto. Non ne abbiamo bisogno. Preferisco produrli a Detroit. Non abbiamo bisogno del loro legno. Abbiamo enormi campi di legna (sic). Non abbiamo bisogno di loro. Non abbiamo bisogno di nulla di ciò che hanno. Non abbiamo bisogno dei loro prodotti caseari. Allora perché stiamo perdendo 200 miliardi di dollari o più all’anno per proteggere il Canada? Trudeau ha detto che il Canada sarebbe crollato. Il Canada non potrebbe funzionare se non prendessimo il loro 20% del nostro mercato automobilistico.

Come sottolinea Frédéric Mérand, ” la Groenlandia e il Canada hanno importanti forme di dipendenza dagli Stati Uniti : il 75 % del commercio internazionale del Canada è con il suo vicino meridionale”. Le minacce di Donald Trump hanno, nella migliore delle ipotesi, una funzione illocutiva: non solo minaccia un Paese, ma costringe una democrazia a prendere decisioni radicalmente diverse da quelle che la popolazione avrebbe voluto adottare, perché la minaccia è reale”.

Un recente sondaggio ha mostrato che il 13% dei canadesi sarebbe favorevole al fatto che il loro paese diventi il “51° ” Stato degli Stati Uniti – una frase che Trump continua a ripetere;

Sebbene ciò possa sembrare marginale su scala nazionale, Frédéric Mérand richiama l’attenzione, al di là di questo dato, sulla profonda metamorfosi “trumpista” del partito conservatore di Pierre Poilievre, che dovrebbe vincere le prossime elezioni dopo le dimissioni di Justin Trudeau: “Sebbene non sostenga specificamente l’integrazione con gli Stati Uniti, adotta una corrente ideologica favorevole a Trump. Tra i sostenitori del Partito Conservatore, il tasso di approvazione dell’idea di unirsi agli Stati Uniti è significativamente più alto. E l’idea che il Canada debba conformarsi alle politiche di Donald Trump, in particolare in materia di energia ed economia, è condivisa da ben oltre il 13% della popolazione conservatrice.

Il Golfo del Messico diventa Golfo d’America

“Cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America, un nome magnifico che racchiude un territorio vastissimo. Il Golfo d’America – che bel nome! Ed è appropriato”.

La spinta imperiale alla conquista del territorio va spesso di pari passo con la ricerca di trasformare i nomi dei luoghi;

Il Golfo del Messico è delimitato dagli Stati Uniti a nord e a est-nord-est, da Cuba a est-sud-est e dal Messico a sud e sud-ovest. Storicamente, fu attraverso questo golfo che iniziò l’esplorazione e la conquista del continente americano: Amerigo Vespucci lo esplorò già nel 1497; Cortes conquistò Hispaniola e Cuba nel 1506. Questa fu anche la rotta seguita dai francesi quasi due secoli dopo per colonizzare la Louisiana. Il nome ” Golfo del Messico ” compare in una mappa reale del 1782 realizzata dall’ufficiale di marina francese François Pagès.

Le modifiche ai nomi dei luoghi sono generalmente approvate dallo United States Board on Geographic Names (USBGN), responsabile della standardizzazione dei nomi geografici utilizzati dal governo federale. L’USBGN dipende dal Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti. Il Presidente può quindi influenzare direttamente o indirettamente un cambiamento, ad esempio esercitando pressioni politiche o firmando decreti che possono incoraggiare l’adozione di una nuova terminologia in contesti specifici, ad esempio nell’uso militare o diplomatico. Anche se questi cambiamenti non si applicherebbero automaticamente alle mappe ufficiali o all’uso generale, è sicuro che un tale cambiamento dall’alto verso il basso incontrerebbe una resistenza poco più che marginale.

La NATO e lo spettro del 5 %

“Nessuno conosce la NATO meglio di me. Sono io che li ho spinti a pagare il 2%. Se non paghiamo i nostri conti, gli Stati Uniti ci proteggeranno dalla Russia? Se siete inadempienti, non vi proteggeremo. (…) Non ci si può accontentare del 2 %. Ogni Paese, se vuole avere un esercito regolare, deve essere al 4 %. Loro [l’Unione Europea] sono in una situazione pericolosa – penso che dovrebbero essere al 5 %, non al 2 %”.

È la prima volta che Trump suggerisce esplicitamente ciò che alcuni consiglieri avevano accennato ai leader europei a dicembre: il Presidente eletto vuole che gli europei spendano il 5% del loro PIL per la difesa.

Se questo obiettivo fosse raggiunto, gli europei spenderebbero 915 miliardi di euro all’anno per la difesa, rispetto ai 345 miliardi attuali;

Dei 32 membri della NATO, solo 8 hanno speso meno del 2% del loro PIL per la difesa nel 2024: Italia, Spagna, Slovenia, Lussemburgo, Belgio, Canada, Italia, Portogallo e Croazia. Secondo i nostri calcoli, per raggiungere il 3 % del PIL destinato alla difesa, i membri della NATO dovrebbero spendere altri 265 miliardi di euro all’anno, di cui 186,95 miliardi solo per gli Stati membri dell’UE. Per raggiungere il 5 %, uno sforzo aggiuntivo di 544 miliardi di euro dovrebbe essere compiuto dai membri dell’Unione Europea che sono anche membri della NATO (tutti tranne Austria, Malta, Cipro e Irlanda).

In un contesto di bilancio fragile, sono la Germania, l’Italia, la Spagna e la Francia a dover compiere i maggiori sforzi di bilancio in termini di volume per raggiungere il nuovo obiettivo. L’Italia dovrebbe spendere 35,7 miliardi di euro in più all’anno per raggiungere il 3 % del PIL dedicato alla difesa, e 82,9 miliardi in più per raggiungere il 5 %. Si tratta di una cifra superiore al bilancio dell’istruzione e quasi uguale a quella della sanità, per un totale di 122,9 miliardi di euro all’anno. Per la Francia, ciò significherebbe 92,7 miliardi di euro in più all’anno, mentre, senza un bilancio votato, il Paese rischia di avere un deficit di bilancio nel 2025 identico a quello di quest’anno, ovvero il 6,1%. La Germania, che nel 2022 ha adottato un fondo speciale per la difesa di 100 miliardi di euro per ammodernare l’esercito in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, dovrebbe spendere 136,1 miliardi di euro in più all’anno se si ponesse un obiettivo del 5 %, per un bilancio totale della difesa di 236,2 miliardi di euro (rispetto ai 93,66 euro del 2024).

Sostegno all’Ucraina

” Vi impegnate a continuare a sostenere gli ucraini durante i negoziati  ?”. – Beh, se me lo chiedessero non glielo direi.

Domani, giovedì 9 gennaio, si terrà la riunione finale del Gruppo di contatto sulla difesa dell’Ucraina (noto anche come formato Ramstein) sotto la guida del Presidente Biden. Dal lancio dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, gli Stati Uniti hanno fornito l’equivalente di 61,4 miliardi di dollari in assistenza militare a Kiev.

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca minaccia la continuità di questo sostegno, che è vitale se l’esercito ucraino vuole difendere il suo territorio di fronte all’avanzata della Russia. Nonostante il significativo sostegno europeo e la coalizione in atto dal 2022, l’interruzione delle forniture di armi e munizioni americane e della condivisione di informazioni e immagini satellitari con lo Stato Maggiore ucraino comprometterebbe notevolmente la capacità dell’Ucraina di difendersi;

Trump e i suoi alleati – compreso il futuro vicepresidente J.D. Vance – si sono ripetutamente espressi contro l’assistenza all’Ucraina. Al di là di una certa simpatia per il regime di Putin, la retorica di Trump consiste nel puntare il dito contro la mancanza di capacità produttiva e di riserve di armi per garantire la sicurezza degli Stati Uniti, pur continuando a inviare attrezzature ai “quattro angoli del mondo”.

Poiché i finanziamenti per i programmi di aiuto all’Ucraina votati nella primavera del 2024 dal Congresso scadranno presto, è improbabile che Trump sostenga un rinnovo degli aiuti nella loro forma attuale. Per continuare a ricevere equipaggiamenti di difesa statunitensi e al contempo procedere gradualmente verso l’apertura di negoziati per il cessate il fuoco con Mosca, Zelensky ha dichiarato all’inizio della settimana di aver “proposto a Trump di utilizzare i 300 miliardi di beni russi congelati per l’Ucraina per acquistare armi americane”. Trump non ha reagito pubblicamente a questa proposta, né ha approfittato di questo lungo discorso da Mar-a-Lago per farlo.

Sebbene Trump e il suo team siano fondamentalmente contrari a fornire all’Ucraina “assegni in bianco”, potrebbe essere aperto a un’alternativa che consenta a Kiev di continuare ad acquistare attrezzature americane. Questo potrebbe assumere la forma di un prestito, come suggerito dal Presidente eletto nell’aprile 2024. Tuttavia, è probabile che si opponga alla prosecuzione della fornitura di alcuni sistemi d’arma all’Ucraina, come i missili ATACMS che Kiev utilizza per colpire obiettivi in territorio russo.

La rinascita della propaganda di Putin come specchio della tentazione imperiale

“La Russia ha detto per molti anni, molto prima di Putin, che l’Ucraina non dovrebbe mai essere coinvolta nella NATO. Biden ha detto: ‘no, dovrebbero poter entrare nella NATO’. Allora la Russia ha qualcuno alle sue porte e posso capire la sua reazione. (…) Penso che avessero un accordo e che Biden l’abbia infranto. Avevano un accordo che sarebbe stato soddisfacente per l’Ucraina e per tutti gli altri. Ma poi Biden ha detto: “No, dovete poter entrare nella NATO”.

Per quanto riguarda le cause della guerra in Ucraina, Donald Trump ha ripreso quasi alla lettera la narrazione russa.

In un gioco di echi, i sostenitori della guerra di Mosca come l’ex éminence grise di Putin Vladislav Sourkov – la ” magia del Cremlino ” – ha riconosciuto nella retorica di Trump sull’espansione territoriale il segno di una tendenza al ritorno degli imperi – a imitazione della Russia. In un recente testo, tradotto e commentato dalla rivista, in cui cerca di definire quella che definisce una ” retranslatio imperii “, Sourkov scrive :

” Così sempre più persone sognano di imitare la nostra nazione audace, consolidata, bellicosa e ” senza confini ” : La Turchia interviene nel Transcaucaso e in Siria secondo le migliori tradizioni della Sublime Porta; Israele respinge senza sosta i suoi vicini; la Cina tesse lentamente le sue “vie della seta” in tutti i continenti; gli gnomi baldanzosi dei Paesi baltici si sforzano di montare un’Europa squilibrata e di lanciarla in battaglia; Trump rivendica la Groenlandia, il Canada, il Canale di Panama… In breve, la Russia è circondata da sosia e parodisti, che mettono in scena una vera e propria parata di ogni immaginabile imperialismo, in miniatura o grandioso, provinciale o globale, spesso grottesco, ma ancora più spesso serio..

Israele, Hamas e la guerra in Medio Oriente

“Se [gli ostaggi] non saranno restituiti prima del mio insediamento, si scatenerà l’inferno in Medio Oriente… E non sarà un bene per Hamas e, francamente, non sarà un bene per nessuno. Si scatenerà l’inferno. Non c’è bisogno di dire altro. Le cose stanno così”.

Il Presidente eletto ha ripetuto questa minaccia in quattro occasioni, suggerendo la possibilità di un’escalation regionale. Donald Trump si è rifiutato di fornire dettagli su ciò che intende attuare nei giorni precedenti l’insediamento o su cosa comporterebbe effettivamente questa minaccia;

Il suo inviato speciale nella regione, Steve Witkoff, è intervenuto alla conferenza stampa, affermando: “Sono molto fiducioso che da qui all’inaugurazione avremo qualche buona notizia da annunciare a nome del Presidente”;

Witkoff ha annunciato la sua partenza per Doha, dove Israele e Hamas stanno negoziando con l’aiuto di mediatori del Qatar. “Credo che [i membri di Hamas] abbiano sentito forte e chiaro: la questione deve essere risolta prima dell’inaugurazione”.

In questa fase, gli Stati Uniti non sembrano avere alcuno scenario che giustifichi l’impegno delle loro forze o sapere come fare pressione su Hamas per il rilascio degli ostaggi. Sebbene i rapporti personali tra Netanyahu e Donald Trump siano particolarmente stretti, sembra improbabile che quest’ultimo accetti di fargli pressione per fargli accettare i termini di un accordo che potrebbe sembrare vantaggioso per Hamas.

La Turchia nella partita della Siria post-Assad

“Il presidente [Recep Tayyip] Erdogan è mio amico e una persona che rispetto. Penso che anche lui mi rispetti. (…) La Turchia è molto intelligente. È un uomo intelligente [R. T. Erdogan], ed è molto tenace (…) La Turchia ha fatto una presa di potere non amichevole senza perdere molte vite. Posso dire che Assad era un macellaio.

Alla domanda se ritirerà le 2.000 truppe americane in Siria, Trump ha risposto: “Non glielo dirò perché fa parte di una strategia militare. Ma posso dirle che si tratta di una posizione con la Turchia ” prima di aggiungere la frase sopra riportata.

Putin e la promessa di un ” accordo “

” So che Putin vorrebbe incontrarmi. Non credo che sia appropriato per me farlo prima del 20, che odio perché, sapete, ogni giorno molti, molti giovani vengono uccisi. (…) La Russia ha attaccato l’Ucraina perché ha visto che questi ragazzi [gli Stati Uniti] erano incompetenti, che non sapevano cosa stavano facendo. Ma ora sappiamo cosa stiamo facendo e tutto questo finirà. Abbiamo un grande esercito.

La proiezione dell’immagine di un’America forte e di un Presidente forte è una costante della vita politica di Trump. Egli rifiuta ogni forma di diplomazia, che considera appannaggio dei leader deboli, e preferisce abbracciare un atteggiamento talvolta bellicoso che gli consentirebbe di sedersi al tavolo con tutti i leader, dittatori compresi;

Trump non riuscirà certamente a ottenere un cessate il fuoco in Ucraina nel primo giorno della sua presidenza. Ma gli piace pensare che il suo ritorno alla Casa Bianca invierà a Putin il segnale che è ora di porre fine alla sua guerra, o di affrontare conseguenze che metterebbero in ginocchio la Russia;

Ben prima di un possibile incontro tra Trump e Putin, il Presidente eletto invierà il suo inviato speciale per l’Ucraina e la Russia, Keith Kellogg, in Europa – e a Kiev in particolare – dopo aver rinviato definitivamente il suo viaggio in seguito all’insediamento di Trump il 20 gennaio. Non è ancora stata annunciata una visita di Kellogg a Mosca.

Dividere l’Unione: la tenaglia di Trump e lo spettro di un “racket di protezione”.

” Non tollereremo nemmeno l’Unione Europea. Abbiamo un deficit commerciale di 350 miliardi di dollari. Non accettano le nostre auto, non accettano i nostri prodotti agricoli, non accettano nulla. Quindi non andremo avanti così nemmeno con loro.

Come ha spiegato Olivier Schmitt in queste pagine, anche prima delle minacce di Trump sulla Groenlandia – e quindi direttamente sulla sovranità della Danimarca – che dovrebbero costringere l’Unione a reagire, la retorica del presidente eletto punta a una sorta di ricatto che solleva lo spettro di un ” racket della protezione ” sul continente.

Di fronte a quello che è chiaramente un tentativo di dividere il blocco, ” la tentazione sarà forte per gli Stati di cercare di negoziare accordi di protezione bilaterali con gli Stati Uniti, portando a una corsa al ribasso tra gli stessi europei per accaparrarsi il maggior numero di favori con Washington” .

 

L’Arabia Saudita abbandonerà gli Stati Uniti?_di Paul Fernandez-Mateo

L’Arabia Saudita abbandonerà gli Stati Uniti?

Per diversi decenni, il posizionamento geopolitico dell’Arabia Saudita non è mai stato in dubbio: il regno è un alleato di lunga data degli Stati Uniti e, per estensione, dell’Occidente. Ma negli ultimi anni la diplomazia saudita ha subito una serie di sconvolgimenti e sembra stia valutando possibili alternative strategiche a questa “relazione privilegiata”.

pubblicato il 05/01/2025 di Paul Fernandez-Mateo

Dal 1951 e dall’entrata in vigore dell’accordo di mutua assistenza tra i due Stati, l’Arabia Saudita si è praticamente sempre allineata alla linea stabilita da Washington. L’alleanza può sembrare innaturale, date le radicali differenze tra le società e i valori americani e sauditi, nel 1951 come oggi. Tuttavia, si spiega facilmente con considerazioni geostrategiche: l’Arabia Saudita è uno dei principali produttori di petrolio al mondo, con riserve tra le più grandi al mondo. Inoltre, la maggior parte del petrolio saudita è molto facile da estrarre, il che significa costi di produzione molto bassi.

Le origini dell’alleanza risalgono agli anni Quaranta. Già allora il potenziale del Golfo Persico in termini di produzione di petrolio era ben individuato, anche se lo sfruttamento era ancora agli inizi. All’epoca, la produzione mondiale di petrolio era largamente dominata dagli Stati Uniti. Stringendo un’alleanza con l’Arabia Saudita, destinata a diventare un importante Paese esportatore di petrolio data la sua scarsa popolazione, gli Stati Uniti si assicurarono il controllo dell’approvvigionamento petrolifero mondiale. I termini dell’alleanza sono ben noti: in cambio della protezione del regno da parte degli Stati Uniti, questi ultimi garantiscono una fornitura stabile di petrolio all’economia globale, il sostegno incondizionato alla politica estera statunitense e, non da ultimo, il diritto di vendere il proprio petrolio esclusivamente in dollari.

Per molto tempo, i due Stati sono rimasti sufficientemente legati ai benefici di questa alleanza per non soffermarsi sulle numerose aree di tensione che hanno afflitto le loro relazioni. Gli Stati Uniti hanno a lungo chiuso un occhio sulle innumerevoli violazioni dei diritti umani che avvengono nel regno e sul sostegno saudita al terrorismo internazionale. In cambio, le autorità saudite hanno dovuto accettare, come meglio potevano, di collaborare con Israele e, più in generale, di comportarsi come fedeli alleati di un Occidente con cui non hanno praticamente nulla in comune.

Una prima erosione delle relazioni con l’Occidente

Ma questa scomoda alleanza sembra aver preso una brutta piega. Da una prospettiva occidentale, in particolare, il calpestamento senza ritegno dei diritti umani da parte di Riyadh è finalmente diventato troppo evidente per essere ignorato come in passato. L’omicidio premeditato di Jamal Khashoggi, avvenuto in Turchia nell’ottobre 2018, ha rappresentato una svolta particolarmente evidente in questo senso.

L’omicidio del giornalista, avvenuto in territorio straniero e nei locali di un’ambasciata saudita, ha suscitato un clamore internazionale. Le relazioni tra Turchia e Arabia Saudita, già tese, si deteriorarono notevolmente e in Occidente si scatenò un vero e proprio putiferio. La posizione degli Stati Uniti, allora guidati da Donald Trump, è diventata molto scomoda; mentre Trump si rifiutava di puntare il dito contro l’Arabia Saudita, le relazioni tra i due Paesi si sono fatte tese. Sanzioni sono state addirittura messe in atto nei confronti di persone vicine al principe ereditario saudita, Mohammed ben Salmane.

Sebbene solo dopo l’insediamento di Joe Biden nel 2021 gli Stati Uniti abbiano ufficialmente denunciato Mohammed ben Salmane come responsabile dell’assassinio, il suo coinvolgimento non era in dubbio e era stato puntato il dito contro di lui fin dalla morte di Khashoggi. “MBS “, pur non essendo ancora re, è comunque il vero potere del regno, in modo ancora più esplicito da quando è diventato primo ministro nel 2022 – una posizione tradizionalmente ricoperta dal re.

Ma dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 e l’istituzione di sanzioni contro la Russia da parte dei Paesi occidentali, le risorse saudite di idrocarburi sono diventate immediatamente molto più cruciali per loro. In una straordinaria dimostrazione di cinismo (o di realpolitik, a seconda dei punti di vista), la presa di distanza dell’Occidente dall’Arabia Saudita è immediatamente terminata. La distensione ha assunto la forma di una tacita riabilitazione di Mohammed ben Salmane, che è tornato a essere un interlocutore chiave, ben accolto nelle capitali occidentali.

Resta da vedere, tuttavia, se la distensione sarà ricambiata. A parte la questione della possibile sfiducia saudita nei confronti di un Occidente che si è così rapidamente rivoltato contro di loro, l’Arabia Saudita del 2022 non è necessariamente la stessa del 2018. Sia a livello globale che regionale, nuove questioni stanno concentrando l’attenzione del regno.

La leadership saudita nella penisola arabica messa in discussione

L’Arabia Saudita gode da tempo di una certa preminenza tra i suoi vicini. In particolare, la sua diplomazia ha tradizionalmente dominato il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo, o CCG, un’organizzazione internazionale regionale fondata nel 1981 e incentrata sulla penisola arabica. Oltre all’Arabia Saudita, fanno parte del CCG il Kuwait, il Qatar, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman, ovvero tutti gli Stati della penisola arabica con la notevole eccezione dello Yemen.

La cooperazione tra gli Stati membri del CCG è principalmente militare e in questo settore, grazie ai suoi legami con gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita è stata a lungo senza concorrenza. In questo senso, il CCG è tradizionalmente una leva di influenza per gli Stati Uniti nella regione: tutti i membri del CCG hanno partecipato alla Guerra del Golfo nel 1991.

L’assenza dello Yemen dal CCG non è casuale. Per molti aspetti, lo Yemen è molto diverso dagli altri Stati della Penisola Arabica. Paese molto povero, non è una petromonarchia e, a differenza degli altri membri del CCG, sostenuti artificialmente dall’immigrazione, lo Yemen sta vivendo un’esplosione demografica che lo rende lo Stato più popoloso della penisola con 40 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali molto giovani. Infine, ma non meno importante, mentre le società degli Stati membri del CCG sono in gran parte pacifiche, con una repressione molto efficace, lo Yemen è in preda a una guerra civile dal 2014.

L’insediamento nello Yemen e i successi militari di gruppi ribelli molto ostili all’Arabia Saudita, primo fra tutti l’ormai famigerato Houthis, hanno motivato il CCG a intervenire nel conflitto. L’intervento si è rivelato un disastro: non solo gli Houthi non sono stati sconfitti, permettendo addirittura di colpire lo stesso territorio saudita, ma l’unità del CCG è stata erosa. Gli Emirati Arabi Uniti, e soprattutto il Qatar, hanno preso le distanze dalla posizione saudita sul conflitto, affermando al contempo una certa nuova indipendenza diplomatica da Riyad. Mentre le relazioni tra Arabia Saudita e Qatar, un tempo gravemente compromesse, sono tornate a essere relativamente cordiali, la parola di Riyadh non è più incontrastata in quella che un tempo era la sua riserva.

Peggio ancora, non potendo sconfiggere militarmente gli Houthi, l’Arabia Saudita si trova nella scomoda posizione di dover negoziare la pace con loro. Eppure gli Houthi sono in una posizione più forte che mai: né l’intervento saudita dal 2015, né quello anglo-americano dal 2023, sono sembrati diminuire le loro capacità operative e, nonostante la loro fede sciita, godono di un crescente sostegno da parte della strada araba. Sono uno dei pochi attori del mondo arabo ad agire attivamente contro Israele, nel contesto dei massacri dell’IDF nella Striscia di Gaza.

Fin dall’inizio del conflitto in Yemen, gli Houthi hanno sempre definito le loro azioni come dirette specificamente contro l’Arabia Saudita. Per Riyadh sarà difficile immaginare una via d’uscita realistica dalla crisi senza lasciare mano libera agli Houthi nel Paese, il che significherà dover fare i conti con un nuovo vicino radicalmente contrario agli attuali orientamenti strategici sauditi.

Normalizzazione con Israele in stallo

Il conflitto israelo-palestinese non è solo il lancio di missili da parte degli Houthi verso Israele a creare problemi all’Arabia Saudita. Il problema non è nuovo: Israele e Arabia Saudita sono entrambi alleati degli Stati Uniti. Di conseguenza, l’Arabia Saudita è costantemente costretta a mantenere una posizione di neutralità, o addirittura di cooperazione, nei confronti di Israele, anche se, come nel resto del mondo arabo, la sua popolazione è estremamente ostile a Israele a causa della situazione in Palestina.

Anche in uno Stato con un apparato repressivo efficace come l’Arabia Saudita, un tale divario tra le aspettative della strada e le richieste della diplomazia può essere difficile da gestire. Fino al 2023, Mohammed ben Salmane aveva guidato i principali sforzi per normalizzare le relazioni tra Tel Aviv e Riyad. Questi sforzi, condivisi da alcuni membri del CCG, hanno avuto un certo successo. Ad esempio, Israele si era rifiutato di condannare ” MBS ” per l’omicidio di Jamal Khashoggi, preferendo insistere sull’importanza di mantenere la stabilità dell’Arabia Saudita. Nel settembre 2023 si è svolta la prima visita ufficiale di un ministro israeliano in territorio saudita.

Dopo il 7 ottobre 2023, tuttavia, questi sforzi di normalizzazione sono stati immediatamente vanificati. L’estrema violenza della risposta israeliana, prima a Gaza e poi in Libano, ha provocato una condanna unanime da parte del mondo arabo, dalla quale l’Arabia Saudita non ha potuto dissociarsi. La questione della Palestina, semidimenticata dalla comunità internazionale prima del 7 ottobre, è tornata a essere un tema ineludibile.

L’Arabia Saudita non ha avuto altra scelta che riconoscere il fallimento del suo tentativo di riavvicinamento a Israele. Sebbene la posizione ufficiale saudita rivendichi ancora l’interesse a normalizzare le relazioni con lo Stato ebraico, questo è ora esplicitamente condizionato al riconoscimento di uno Stato palestinese – cosa che Israele, nell’attuale stato della sua politica interna, non è assolutamente in grado di accettare.

La tentazione di unirsi all’asse Cina-Russia-Iran

Ancora più problematico per Riyad, gli unici attori non palestinesi che hanno deciso di intervenire nel conflitto a suo sostegno sono stati gli Houthi, Hezbollah e l’Iran, un insieme di entità diametralmente opposte ai suoi obiettivi di leadership in Medio Oriente grazie alla sua collaborazione con gli Stati Uniti. Laddove persiste l’inazione degli Stati arabi allineati a Washington, ” l’Asse della Resistenza ” guidato dall’Iran sta guadagnando credibilità e popolarità in tutto il mondo musulmano.

Una famosa espressione statunitense, la cui origine precisa rimane sconosciuta, ma che sembra risalire ai primi anni del XXe secolo, è ” se non puoi batterli, unisciti a loro “. L’importanza strategica dell’Arabia Saudita non è destinata a scomparire: le sue riserve petrolifere sono ancora oggi tra le più grandi al mondo, con il solo Venezuela che possiede riserve paragonabili, ma molto più costose da sfruttare. Pertanto, rimarrà un importante attore geopolitico in Medio Oriente e oltre per molto tempo ancora. E se la sua alleanza con l’Occidente non le consentirà di raggiungere i suoi obiettivi strategici, di assicurarsi una posizione dominante nel mondo arabo, allora forse sarà meglio cercare nuovi collaboratori disposti a offrirle questo ruolo, anche tra i suoi attuali avversari.

È un’idea audace, ma che assilla la diplomazia saudita. L’influenza americana in Medio Oriente è in netto declino. Lo dimostra la rapidità del ritorno al potere dei Talebani dopo il pietoso ritiro dall’Afghanistan nel 2021. Lo stesso vale per gli insolenti successi degli Houthi, i cui missili e droni tengono ancora a bada l’onnipotente Marina statunitense, incapace di garantire la sicurezza del traffico marittimo nel Mar Rosso. Il protettore americano ora abbaia più di quanto morda. Riyadh sembra trarre le dovute conclusioni.

Già nel 2022, l’Arabia Saudita si è rifiutata di schierarsi apertamente con l’Occidente per isolare la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Al contrario, la cooperazione russo-saudita si è notevolmente rafforzata, soprattutto in termini di coordinamento delle forniture globali di idrocarburi attraverso l’OPEC+. Sfidando decenni di esclusività del dollaro nel commercio del petrolio, il regno sta ora prendendo in considerazione la possibilità di vendere il suo petrolio anche contro altre valute, tra cui lo yuan cinese.

L’Arabia Saudita, insieme agli Emirati Arabi Uniti, all’Egitto e soprattutto all’Iran, è stata persino formalmente invitata a far parte dei BRICS+. Anche se, a differenza degli ultimi tre, non ha ancora accettato ufficialmente la sua adesione allo status di membro, basterebbe una semplice dichiarazione per rendere ufficiale il suo ingresso nel gruppo. Sebbene gli interessi degli Stati membri dei BRICS+ rimangano divergenti su un gran numero di questioni, sono relativamente unanimi nel preferire un ordine mondiale multipolare, una preferenza che non si concilia con le tradizionali ambizioni egemoniche americane.

È chiaro che l’Arabia Saudita vuole lasciarsi il maggior numero di opzioni possibili per il futuro. Riyadh si è persino spinta a normalizzare le relazioni con l’Iran, suo storico rivale regionale, nel 2023. La portata di questa relativa distensione, orchestrata sotto l’egida della Cina e non degli Stati Uniti, tra due Stati da tempo impegnati in un’opposizione frontale, rimane incerta. Ma il solo fatto che l’Arabia Saudita possa prenderla in considerazione la dice lunga sui dubbi del regno riguardo alla sua alleanza con l’Occidente.

Al momento è ancora troppo presto per dire da che parte penderà l’equilibrio: il regno rimarrà nella sfera occidentale o abbandonerà l’alleanza con gli Stati Uniti? Una cosa è certa: l’Arabia Saudita non punta più tutto sullo stesso cavallo.

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Intervista del ministro degli Esteri Sergey Lavrov al programma televisivo 60 Minutes

Intervista del ministro degli Esteri Sergey Lavrov al programma televisivo 60 Minutes

, Moscow, December 25, 2024

2501-25-12-2024

Domanda: L’anno 2024 è stato tutt’altro che facile e, probabilmente, piuttosto impegnativo. L’anno prossimo potrebbe rivelarsi altrettanto difficile. Ultimamente è difficile avere fiducia in prospettive rosee. Tuttavia, proviamo a tracciare dei risultati preliminari.

Tutti e suo fratello parlano di colloqui quasi inevitabili (se crediamo alla retorica e alle dichiarazioni pubbliche) tra la Russia e la NATO, gli Stati Uniti e l’Ucraina sulla questione ucraina.

Si parla di un “accordo” inevitabile che farà comodo a una delle due parti e porrà fine allo spargimento di sangue. A giudicare dalle dichiarazioni rilasciate dal Presidente Putin al Ministero degli Esteri il 14 giugno, le condizioni che abbiamo posto sono chiare e articolate. E nessuno ha intenzione di soddisfarle. Che cosa si può dire al riguardo? Questa retorica sui colloqui non è forse un caso di wishful thinking?

Sergey Lavrov: Non ci siamo fatti illusioni sulle prospettive. Anche la soluzione della crisi ucraina non ha prospettive. È chiaro da tempo a tutti coloro che hanno posizioni imparziali che la crisi può essere risolta solo nel contesto di accordi sulla sicurezza e la stabilità durature in Europa, che tengano conto degli interessi della Federazione Russa e degli interessi legittimi di tutti gli altri Paesi.

Tutti pensano che l’arrivo dell’amministrazione Trump cambierà le cose. Ci sono molte speculazioni in merito.

Come ho già detto, non ci facciamo illusioni. A Washington esiste un consenso bipartisan abbastanza solido sul sostegno al regime di Kiev. I documenti dottrinali degli Stati Uniti descrivono il nostro Paese come un avversario che deve essere “sconfitto strategicamente”. In discorsi gratuiti, i funzionari dell’amministrazione Biden ci hanno persino definito un nemico.

Non abbiamo mai affermato che con l’amministrazione Trump alla Casa Bianca il processo negoziale sulla sicurezza globale e sull’Ucraina inizierà a prescindere da tutto. Non sarà, come molti sperano, un esito inevitabile.

Abbiamo sentito parlare dell’interesse di Donald Trump, che ha nominato Keith Kellogg come suo inviato speciale per l’Ucraina, a fermare questa guerra il prima possibile. Siamo sempre stati favorevoli a che non iniziasse mai, il che è confermato dal nostro sostegno al documento firmato da Yanukovich e dall’opposizione nel febbraio 2014. Era garantito dai Paesi europei, ma l’opposizione lo ha stracciato la mattina dopo.

Abbiamo anche sostenuto gli accordi di Minsk, che hanno fermato l’attacco terroristico del regime di Kiev contro i suoi cittadini nel Donbass.

Il Presidente Vladimir Putin continua a fare riferimento al fatto che abbiamo sostenuto gli Accordi di Istanbul nell’aprile 2022, anch’essi in gran parte stracciati per volontà dell’Occidente.

Il Presidente Putin ha ripetutamente sottolineato che non ci allontaniamo mai dai colloqui. Abbiamo bisogno di proposte serie e concrete. Quando le avremo, decideremo come rispondere in base ai nostri interessi nazionali, agli obiettivi dell’operazione militare speciale e al discorso del 14 giugno del Presidente Vladimir Putin al Ministero degli Esteri.

Lei ha detto che questo discorso “contiene condizioni”. In linea di massima, non ci sono condizioni. Contiene la richiesta di adempiere a ciò che è stato ripetutamente concordato nel corso di molti anni: la smilitarizzazione dell’Ucraina (che è una violazione diretta degli accordi secondo i quali la NATO non “ingloberà” un numero crescente di Paesi a est e si avvicinerà direttamente al confine della Federazione Russa), e il rispetto degli obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite, anche per quanto riguarda i diritti umani, tra cui i diritti linguistici e religiosi. Queste possono davvero essere definite condizioni? Questo è il minimo indispensabile di ciò che ogni normale membro della comunità internazionale deve fare.

L’espressione della volontà delle regioni della RPD, della LPR e delle regioni di Kherson e Zaporozhye è una condizione preliminare? No. La Carta delle Nazioni Unite dice esplicitamente che tutti i Paesi devono rispettare il valore territoriale di quegli Stati che rispettano il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, come è accaduto durante i referendum citati. Soprattutto, la Carta invita a rispettare l’integrità territoriale dei Paesi i cui governi rappresentano l’intera popolazione che vive sul territorio in questione. Possono le popolazioni della Crimea, del Donbass e della Novorossiya dire che i loro interessi sono rappresentati da un regime nazista che ha annunciato lo sterminio di tutto ciò che è russo, di fatto il suo obiettivo principale, mentre continuano a “giocare” nell’interesse dell’Occidente, che ha bisogno di eliminare un forte concorrente come la Federazione Russa dalla scena internazionale? L’Occidente vuole eliminare qualsiasi concorrente. Per quanto riguarda noi, l’Ucraina è stata scelta come strumento a questo scopo.

I principi formulati dal Presidente Vladimir Putin non sono precondizioni. In realtà derivano dal diritto internazionale.

D’altra parte, il discorso prevalente che sentiamo oggi sia in Occidente che in Ucraina riguarda la tregua e solo la tregua. Si tratta di guadagnare tempo per permettere al regime di Kiev di recuperare le forze, con l’aiuto dell’Occidente, e riprendere i suoi tentativi di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, agendo su istruzioni dei loro capi occidentali.

Il Presidente Vladimir Putin lo ha ribadito più volte, durante la Direct Line, alla riunione del Valdai Discussion Club e al forum sugli investimenti Russia Calling! Non ci accontenteremo di una tregua. Abbiamo bisogno di accordi affidabili e giuridicamente vincolanti, volti a eliminare le cause profonde del conflitto, ad affrontare problemi come la sicurezza comune in Europa, l’espansione della NATO, la recente decisione dell’Unione Europea di diventare un’appendice del blocco nord-atlantico, cancellando di fatto tutte le differenze tra queste organizzazioni, e soprattutto a sostenere i diritti delle persone che vivono in questi territori e che hanno sostenuto la riunificazione con la Federazione Russa. Ciò non significa che la richiesta di rispettare le libertà linguistiche e religiose, abolite per legge da Vladimir Zelensky, non valga per il resto dell’Ucraina. La maggior parte delle persone che vi abitano parla il russo come lingua madre. L’aggressione linguistica iniziata dal regime di Kiev non sarà certamente tollerata.

Per quanto riguarda una possibile procedura di pace immaginata dagli ucraini e dai loro responsabili, l’ex ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba è emerso di recente in una nuova veste. Ha annunciato che l’Ucraina deve ottenere l’adesione alla NATO perché, anche se l’attuale generazione raggiunge alcuni accordi e trascorre il prossimo periodo a ricostruire l’Ucraina, la generazione successiva cercherà sicuramente di vendicarsi per la sconfitta che, secondo loro, l’Ucraina subirà se rispetterà la volontà dei suoi cittadini. Secondo Dmitry Kuleba, l’unico modo per impedire all’Ucraina di attaccare inevitabilmente la Russia in futuro è quello di ammettere subito il Paese alla NATO, vincolandolo con obblighi legali all’alleanza a non attaccare la Russia.

Olga Skabeyeva, concludendo il suo saluto, ha detto di avere poca fiducia in qualcosa di buono. La fede e la speranza sono i nostri valori tradizionali. Ci sono molti proverbi che riguardano questi concetti e i loro significati, tra cui quello sulla speranza: “La speranza è eterna”. Ma questa idea è contestata da un altro aforisma: la speranza è il nutrimento della giovinezza. Per evitare di essere fuorviati da vuote speranze, che possono essere “il nutrimento della giovinezza e la delizia della vecchiaia”, abbiamo bisogno di una soluzione definitiva, completa, giuridicamente vincolante e duratura dei problemi in Europa, compresa la crisi ucraina.

Domanda: Parliamo delle prospettive attuali. Nella sua intervista con Tucker Carlson, lei ha detto che il mondo è più vicino che mai a un conflitto nucleare. Francamente, è stato piuttosto inquietante. Cosa pensa di questa situazione? Quali azioni dovremmo intraprendere? Le persone in Occidente stanno già investendo in bunker. Dovremmo prepararci anche noi?

Sergey Lavrov: Siamo pronti a prendere tutte le misure necessarie per garantire che i cittadini americani e quelli di altre nazioni occidentali non sperperino il denaro (che al momento non è in abbondanza per loro) nella costruzione di bunker. Saremmo lieti di aiutare i contribuenti occidentali a risparmiare su questi bunker.

Non abbiamo mai avviato una discussione su cosa si debba fare con le armi nucleari e se queste possano essere utilizzate. Al contrario, è stato su iniziativa della Russia che nel 2021, prima a livello di Vladimir Putin e Joe Biden, poi tra i leader di tutti gli Stati del G5 dotati di armi nucleari – i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – è stato riaffermato il principio di Gorbaciov-Reagan del 1987: non ci possono essere vincitori in una guerra nucleare, quindi non dovrebbe mai essere istigata. Questa è stata un’iniziativa russa.

Qualsiasi altra proposta o osservazione simile, che suggerisca la possibilità di un conflitto nucleare, è stata formulata esclusivamente dalle capitali occidentali. Un anno fa il capo dello Stato Maggiore dell’esercito tedesco ha osservato che la Russia non dovrebbe intimidirli eccessivamente, ricordando che la NATO è un’alleanza nucleare. Tutti ricordano la dichiarazione di Liz Truss, in qualità di Primo Ministro della Gran Bretagna, che non ha esitato a premere il pulsante nucleare. Anche i funzionari francesi hanno ribadito il loro status di potenza nucleare.

Recentemente, i generali del Pentagono hanno deliberato apertamente sulla possibilità di “attacchi nucleari limitati” con la Federazione Russa, con l’intenzione di assicurarsi di uscire vittoriosi da tale “scambio”. Abbiamo chiesto direttamente (visto che è stato proprio un generale a fare questa dichiarazione) il significato di questa affermazione. La loro risposta è stata tutt’altro che soddisfacente, in quanto hanno cercato di sminuire il significato di tali dichiarazioni, sostenendo che fossero puramente teoriche. In pratica, non c’era nulla di simile. Ma una simile retorica può essere considerata una seria espressione di opinione da parte di un rappresentante ufficiale del Dipartimento militare?

In ogni caso, non siamo interessati a inasprire la questione dei rischi legati all’uso delle armi nucleari. Siamo fermamente convinti del principio che ho citato prima: in una guerra nucleare non ci possono essere vincitori. Il Presidente Vladimir Putin lo ha ribadito in numerose occasioni. Tuttavia, vorrei mettere in guardia dal mettere alla prova la nostra pazienza e la nostra determinazione a difendere i nostri legittimi interessi nazionali con tutti i mezzi disponibili. Vladimir Putin ha elaborato questo concetto durante la Linea diretta e in precedenti discorsi. Confidiamo che chi ha orecchie ascolti e chi ha mente comprenda.

Domanda: Ogni giorno si verificano provocazioni da parte ucraina, evidentemente con l’assistenza dei Paesi della NATO. Uno degli episodi più recenti riguarda gli attacchi dei droni che hanno preso di mira un edificio residenziale a Kazan. Anche i giornali occidentali hanno paragonato questo fatto agli eventi di New York dell’11 settembre 2001, facendo un parallelo con quell’attacco terroristico. Ricordiamo chiaramente la reazione degli Stati Uniti in quell’occasione. C’è qualcosa che ci dissuade dal rispondere in modo analogo?

Sergey Lavrov: Innanzitutto, mi asterrei dal fare paragoni diretti con l’attacco terroristico dell’11 settembre. Ci sono numerose teorie (non tutte di cospirazione) che richiedono ulteriori chiarimenti su ciò che è accaduto allora, su chi ha orchestrato l’attacco e per quale scopo.

Per quanto riguarda gli incessanti atti terroristici perpetrati dal regime di Kiev, che prende deliberatamente di mira strutture puramente civili come edifici residenziali, ospedali, cliniche, negozi e luoghi in cui la gente si riunisce e si rilassa, questo è oltraggioso. È una palese violazione di tutte le convenzioni antiterrorismo e delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Esprimiamo la nostra condanna, anche se purtroppo quasi nessuno in Occidente e nessuno dei leader delle organizzazioni internazionali, tra cui l’ONU, l’OSCE, l’UNESCO e altri, si unisce a noi in questa denuncia. Naturalmente non ci fermiamo qui.

Diffondiamo regolarmente informazioni e presentiamo video pertinenti che illustrano i nostri sforzi per smantellare le strutture direttamente associate alla preparazione e all’esecuzione di attività da parte delle Forze Armate dell’Ucraina. Avvertiamo che qualsiasi continuazione di questo percorso sarà accolta da risposte sempre più decise da parte nostra. Per quanto posso accertare, pur non essendo un esperto militare, l’impatto sull’apparato militare di Kiev, non solo in rappresaglia a queste azioni terroristiche ma anche durante gli ultimi mesi dell’operazione militare speciale, è piuttosto sostanziale.

Non è indispensabile agire immediatamente dopo un attacco dei banditi a Kazan o nelle regioni di Kursk, Bryansk e Belgorod. Possiamo permetterci di aspettare. Siamo un popolo paziente. Tuttavia, a volte bisogna “misurare sette volte, tagliare una”. È essenziale misurare con attenzione per garantire che, quando agiamo, sia completamente efficace.

Domanda: Se possibile, parliamo del Primo Ministro della Slovacchia Robert Fico. Sono pienamente consapevole che i colloqui si sono svolti a porte chiuse e non sono disponibili dettagli. Non ci sono nemmeno conferenze stampa o dichiarazioni per i media. C’è qualcosa che può condividere con i nostri telespettatori? Almeno qualcosa? Tutti sperano di vedere almeno qualche progresso durante i colloqui. Il primo ministro slovacco Robert Fico è qui. Il primo ministro ungherese Viktor Orban sembra essere una persona ragionevole. A che punto è la situazione?

Sergey Lavrov: Non direi che non sono state fornite informazioni. Il Cremlino ne ha condivise alcune e anche il segretario stampa Dmitry Peskov ha fornito un commento. Non c’è nulla di particolarmente segreto;

Il Primo Ministro della Slovacchia ha dichiarato esplicitamente che l’anticipata cessazione del transito del gas russo attraverso l’Ucraina, che Vladimir Zelensky aveva ripetutamente e orgogliosamente annunciato pubblicamente, era il motivo immediato della sua visita.

Abbiamo discusso delle opzioni che consentirebbero di continuare le forniture di gas a Paesi come la Slovacchia, l’Ungheria e l’Austria, che, a quanto ho capito, sono interessati a questo. Si tratta di un loro interesse economico che non ha nulla a che vedere con gli obblighi dell’UE. Sono stati spinti a seguire un’unica politica estera e di sicurezza, ma le forniture di gas sono al di là della politica. Si tratta di garantire condizioni normali nel Paese durante l’inverno, in modo che le famiglie, le imprese manifatturiere e il settore sociale possano funzionare correttamente;

Le azioni di Vladimir Zelensky creano problemi proprio ai Paesi europei. Molti di essi affermano con orgoglio che la dipendenza dalla Russia deve essere eliminata. Ricordate il capo della Commissione europea Ursula von der Leyen che ha detto che il gas naturale liquefatto americano costa alla Germania meno del gas russo? Quando un giornalista le ha chiesto di chiarire a quali cifre si riferisse, visto che la realtà è opposta e rappresenta un onere aggiuntivo per l’economia, ha risposto che il gas americano è migliore e più economico in senso politico.

Questo dimostra la prontezza e la capacità di eseguire gli ordini provenienti dall'”elefante” che finora è rimasto fermo, mentre l'”asino” democratico è ancora alla guida di Washington D.C. e New York. Tuttavia, gli elefanti repubblicani si muoveranno presto e vedremo come si posizioneranno i “cagnolini”;

A proposito di gas, Vladimir Zelensky ha recentemente insultato la Slovacchia, l’Ungheria e altre figure politiche sensibili in un’intervista. Quando gli è stato chiesto perché non approverebbe il transito, dal momento che la Slovacchia può acquistare il gas direttamente al confine russo-ucraino (che poi diventerebbe gas slovacco o ungherese), ha risposto che anche se lo facessero, finirebbero per pagare il gas alla Russia e quindi finanziare la guerra. Ha suggerito che se si assicurassero che il gas diventi slovacco e non russo e si astenessero dal pagare la Russia fino alla fine della guerra, allora si potrebbe prendere in considerazione.

Il modo in cui funziona la mente di questa persona non può essere compreso dalle persone normali. Credo che non sia necessario commentare tutto ciò che Zelensky ha da sputare, soprattutto perché sputa regolarmente e le cose variano a seconda delle sue condizioni.

Permettetemi di condividere con voi una delle sue gemme più recenti. Un paio di settimane fa, rispondendo a una domanda su cosa dovrebbe fare la Russia per risolvere la crisi, ha dichiarato pubblicamente che dovrebbe andare a quattro zampe. Qualche domanda più tardi, nel corso della stessa intervista, ha suggerito di invitare la Russia a un forum successivo a quello di Bürgenstock, quando il loro ultimatum sarà stato ultimato, e di consegnarlo alla Russia. Se si soppesano queste due affermazioni (cosa deve fare la Russia per raggiungere un accordo e che la Russia deve essere presente al secondo vertice), nella sua frase iniziale ha effettivamente nominato e definito lo scopo di questo vertice;

Domanda: Un commento brillante ed esaustivo sulla situazione. Una breve domanda di approfondimento, però. La Russia è da tempo senza ambasciatore negli Stati Uniti. Si tratta di una pausa tecnica o di una sorta di demarcazione diplomatica?

Sergey Lavrov: No, non è un demarche. Gli americani hanno accolto il nuovo candidato come un professionista con un ampio background nelle relazioni sovietico-americane e russo-americane. La data di partenza è prevista in linea con il momento migliore per l’arrivo del nuovo ambasciatore a Washington, considerando l’imminente insediamento del presidente eletto Donald Trump tra sole tre settimane. Non c’è nessuna politica in gioco.

Domanda: Per una nota più leggera, avete avuto modo di decorare il vostro albero di Capodanno? Sentite l’allegria delle feste?

Sergey Lavrov: L’allegria è combattiva, perché la distensione durante le vacanze di Capodanno non è un’opzione. Alcuni politici e analisti seri non escludono la possibilità di provocazioni da parte dei nazionalisti di Kiev e dei loro sostenitori occidentali durante le vacanze di Capodanno e il Natale ortodosso. Osserveremo questa festività mentre conduciamo un’analisi vigile e attiva degli sviluppi in corso.

Subito dopo questa intervista, mi dirigo verso l’albero nell’atrio del Ministero. È l’Albero dei Desideri, e io e i miei vice partecipiamo attivamente a questa nobile iniziativa.

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