La “Bomba Terremoto” ci misero!_di Cesare Semovigo

La “Bomba Terremoto” ci misero!

L’esplosione in Siria, nei pressi della Santissima Base di Tartus (ora pro Oreshnik), ha fatto il giro del web. Alcuni gridavano alla “bomba nucleare tattica”, mentre altri, più sobriamente, cercavano di capire cosa fosse successo davvero.

Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 2024, Israele ha condotto una serie di attacchi aerei nella regione costiera siriana di Tartus, prendendo di mira siti militari, tra cui unità di difesa aerea e depositi di missili terra-terra. Questi attacchi sono stati i più intensi nella zona dal 2012, parte di un piano certosino che, a giudicare dalla minuziosa solerzia, giaceva già da tempo immemore nei cassetti della pianificazione dell’IDF. La disinformazione è entrata subito nella categoria “Maskirovka” venuta male e riuscita peggio (маскировка, per gli amici: tutte bandierine, nastri di San Giorgio in salsa grande vittoria finale e non ultimo “Dio è con noi!”). Inoltre, il pragmatismo logico, nonostante l’innata voglia di complotto che pervade l’animo dei critici per nascita, ci teneva a non farmi perdere la messa a fuoco. La vocina interiore, con quell’odioso accento francese da cortigiana, continuava a ripetermi: “Va bene, tutto molto suggestivo, ça va sans dire, ma quale mai sarebbe l’opportunità tattica di Israele?”.

L’impunità guadagnata con il silenzio della decenza internazionale nega ogni tipo di convenienza strategica, figuriamoci rischiare una “reazione a catena” che potrebbe riaccendere l’attenzione dei passionari progressisti tanto attivi nei primi due mesi delle operazioni a Gaza (oggi estinti). Inoltre: l’annessione del Golan e l’occupazione del sud della Siria è stata una formalità; Gaza è, ed è sempre stato, un esperimento sotto vetro per allenare l’instabilità psichiatrica degli sceneggiatori della loro filosofia politica; il fronte interno è ostaggio di una guerra permanente, nella quale le proteste iniziano ad assomigliare a una rappresentazione rassicurante per turisti della tenuta della loro stessa democrazia; l’IDF continua a superare il fiume Litani, demarcatore degli accordi di cessate il fuoco; seicento attacchi sul territorio siriano dalla metà di novembre ad oggi, in un clima di completa impunità e reazioni internazionali.

Una lettura può essere offerta riconoscendo la comparsa di specifiche alchimie mediatiche: un equilibrio tra il culto del linguaggio e delle tempistiche operative. Una volta che si presenta un’opportunità, confezionata dai lanci di stampa, gli automatismi si autorigenerano. Quale occasione migliore per stimolare la percezione della propria invincibilità, consacrando la propria determinazione e innalzando quella religione chiamata “deterrenza”?

La presenza di rilevamenti periodici (sismografici, elettromagnetici e dosimetrici), prodotti da vari enti per la conservazione ambientale e della salute pubblica, situati in vari paesi pertinenti, rende particolarmente improbabile l’uso indiscriminato di un sistema d’arma ingombrante che porta con sé l’aggravante probabilistica di un’attribuzione certa. Per sanare ogni dubbio, non ho trovato fonti ufficiali a conferma dei rumors che suggerivano un aumento della radioattività nell’aria nel territorio turco e cipriota nell’arco di tempo conseguente all’evento.

Qui trovate le fonti aggiornate e dettagliate ; potete consultare i siti web delle agenzie ambientali nazionali e verificarle voi stessi: Turchia – Ministero dell’Ambiente, Urbanizzazione e Cambiamento Climatico; Cipro – Dipartimento dell’Ambiente. Fonti 1, 2

Quando si parla di esplosioni di portata significativa, l’esplosione in Siria è stata un perfetto esempio di come una detonazione spettacolare possa essere scambiata per qualcosa di più iconico: in questo caso, una “bomba nucleare tattica”. Guardando le immagini e i video disponibili, è evidente che si tratta di una gigantesca esplosione convenzionale, scatenata da un attacco israeliano a un enorme deposito di munizioni. L’esplosione, amplificata dalla reazione a catena degli ordigni stoccati, ha creato uno spettacolo distruttivo, ma ben lontano da una detonazione nucleare. Il catalizzatore che alimenta la leggenda è la “bomba terremoto”. La provenienza? Il meglio del peggio dei tabloid UK. Questo tipo di eventi è abbastanza “usual” per chi segue da vicino questa guerra mondiale progressiva, quasi educata, in questo mondo a pezzi.

Una volta creato il titolo altisonante e la diffusione di immagini spettacolari, si è presentata la golosa opportunità di costruire un caso di formidabile efficacia, sia per l’agenzia stampa imperiale che per la spesso antiquata propaganda avversa, ancora molto lontana dall’essere vagamente competitiva nel linguaggio e nella lettura dell’inconscio del pubblico al quale vorrebbe rivolgersi. Le differenze non sono un dettaglio. Una bomba nucleare non è solo un’esplosione più potente: è un inferno che si trascina per giorni, settimane, mesi. Oltre al botto, c’è un rilascio di calore e luce così intenso da incenerire tutto nel raggio di chilometri, incendiare intere città e lasciare radiazioni mortali ovunque.

Oltretutto costa. È qualcosa di strategicamente prezioso e non è il prolungamento della tua virilità da sparare a Capodanno per impressionare i figli della tua vicina single che ti piace tanto. Sarebbe saggio capire cosa significhi davvero un attacco nucleare, un primo passo salutare per inibirne la probabilità effettiva. Un’esplosione nucleare genera temperature di milioni di gradi in frazioni di secondo, creando una palla di fuoco che supera i 10.000 gradi Kelvin (per capirci, il sole sta a 6.000). Questo calore immenso non solo distrugge, ma distribuisce incendi che si autoalimentano come pandoro e mascarpone a Capodanno, trasformando intere città in tempeste di fuoco.

Caratteristiche di un’esplosione nucleare: venti di uragano: l’aria calda sale, l’aria fredda viene risucchiata, creando venti a velocità distruttiva; calore mortale: le temperature possono superare i 1.000 gradi Celsius, rendendo impossibile la sopravvivenza anche nei rifugi; durata estesa: a differenza di un’esplosione convenzionale che si esaurisce rapidamente, una tempesta di fuoco può bruciare per ore, giorni, persino settimane. E poi ci sono le radiazioni: non le vedi, ma come i vietcong nascosti nella giungla, ti uccidono silenziosamente. Insomma, converrete che non è qualcosa che nascondi sotto la sabbia di al-Sahara per due settimane. Una tattica o un ordigno ibrido con materiale radioattivo non si presta a giochi di prestigio.

Nell’esplosione siriana si notano elementi chiave che parlano di un evento convenzionale: nubi multiple, colori distintivi tra il rosso e il giallo e frammenti in fiamme espulsi dall’esplosione. Tutto questo è tipico di una detonazione causata da munizioni, non da un ordigno nucleare. Capire la differenza tra esplosioni convenzionali e nucleari non è un esercizio accademico: è fondamentale per valutare i rischi reali. In un conflitto nucleare, i danni non si fermano all’impatto iniziale. Il fuoco dilaga, le radiazioni continuano a uccidere e il caos si amplifica. Un’esplosione convenzionale, per quanto devastante, ha effetti contenuti rispetto a un ordigno nucleare capace di propagare, poco dopo l’epicentro, temperature fino a 7.000-10.000°C, sufficienti per fondere acciaio, vetro e altre strutture. L’onda d’urto è seguita da un vento che trasporta aria calda a temperature tra 300 e 1.000°C, a seconda della carica nominale effettiva.

A onor del vero, parte delle speculazioni e della valanga del “si dice”, dietrologicamente esplosa in ritardo (indizio che assomiglia più a una prova), è stata innestata da testimonianze dirette e bollettini sanitari riguardo a malori, difficoltà respiratorie e ustioni a gola e viso di chi, soccorso, si trovava nelle zone pertinenti al deposito interessato dalla deflagrazione. Segnali accolti e divulgati con superficialità o dolo potrebbero aver contribuito a “gonfiare” l’evento fino a trasformarlo in altro.

Questa speculazione è la prova di come le leve della narrativa abbiano affondato gli artigli nell’inconscio collettivo, dove tutti, chi più chi meno, fanno enorme fatica a sintonizzarsi con questa simulazione chiamata realtà. L’inquietudine che provo è forse la presa di coscienza di come certi temi vengano affrontati da questa realtà circostante, cinica e spaventata, abile solo a difendersi con un esercizio di stile    che riduce tutta la propria capacità coscienziale a un loop tra l’onirico e il fatalista. Negazionismo puro dell’immanente: la cesta di Socrate si fa mongolfiera No-Limits con il logo Red Bull.

Il “qui prodest” conduce all’ennesima “media operation imperiale”, una delle tante alle quali abbiamo avuto l’onere poco onorevole di assistere. In ogni caso, Israele non sta ballando alone . La shock therapy, realizzata con maestria    grazie alle combinazioni della sua tabella di marcia durante la    fine del 2024, dovrebbe essere completamente ri-sequenziata: arricchendosi giornalmente    di particolari non trascurabili .

La situazione oggettiva, nella sua tragica progressività, narra di circa 650 attacchi aerei contro obiettivi militari strategici in Siria, a partire dal 10 dicembre eseguiti con solerzia dall’aviazione di Tel Aviv. Saggiamente dovremmo domandarci perché abbia fatto più scalpore una notizia falsa rispetto a quasi 700 bombardamenti veri, perpetrati    parallelamente a un’invasione di terra in piena regola.

Questa dissonanza    è ben racchiusa nel cortocircuito morale autoassolutorio che giustifica le azioni di Israele, sostenendo che il vizio di spianare le strutture militari del vecchio Stato Arabo Siriano ha evitato che le milizie HTS e FSAereditassero” le risorse del regime Baathista, sottolineando solo in questo caso il DNA jihadista di questa alleanza.

Fa sorridere, voltando una pagina qualsiasi delle edizioni “cammellate”, trovare lodi rassicuranti nei confronti di al-Golani, impegnatissimo in un turbine di incontri istituzionali. Ieri Master of al-Qaeda con una taglia da 10 milioni, oggi statista del rinnovamento siriano. Sarebbe superfluo sollevare contraddizioni così evidenti se non si vivesse l’epoca del    manierismo surreale .

Fonti consultabili:

1. Turchia: Ministero dell’Ambiente, Urbanizzazione e Cambiamento Climatico (csb.gov.tr).

2. Cipro: Dipartimento dell’Ambiente (moa.gov.cy).

3. The Sun: The Sun Article.

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