– SONDERWEG – Alle radici del cosmo russo – Terza Roma [cap.2]_di Daniele Lanza

Forti degli “strumenti di navigazione” fin qui acquisiti (cap.1) possiamo iniziare ad analizzare.
Esiste un fattore banale che immancabilmente confonde lo spettatore.
La sembianza fisica, la sagoma geografica fuori scala dello stato russo quasi sempre distrae l’occhio dell’osservatore inesperto rendendo meno scontato di quanto sembri capire COSA sta osservando, decrittarne la natura. Un po come se il nucleo storico/spirituale del paese risultasse come annegato nella massa territoriale cucita attorno a sé in questi secoli : occorre far sbiadire il contorno di quel lunghissimo confine che dalla Polonia va fino alla Cina e regredire sino a qualcosa di assai più minuscolo che tuttavia ne contiene il DNA. Bisanzio, rifondata in terra slava e capitanata da un suo principe – superstite tra i RUS – è per l’appunto la cellula che stiamo cercando. Si tratta quindi di analizzarla con gli strumenti che abbiamo pazientemente assimilato fin qui.
La genesi dunque, quella Mosca tardo medievale (1450-1500) che, metaforicamente, si illumina come una fiaccola della cristianità nel vuoto di una landa remota punteggiata di torme turcomanne a cavallo, sulle macerie di quanto svariati secoli prima era stata la RUS – passato arcadico e irraggiungibile, età d’oro perduta – , ora da lungo tempo smembrata, sfigurata sotto la duplice pressione di scimitarre tatare ad est o spade teutoniche e polacche da ovest…..solo nemici – ad ogni punto cardinale – insidie in ogni angolo o, in alternativa, il nulla. Nessun alleato : troppo lontani i principi russi, troppo distanti dall’umanità (in ottica eurocentrica), nessuna convenienza a spingersi fino a quelle contrade sconosciute, nemmeno i pontefici della santa madre chiesa a Roma hanno volontà di intervenire e se lo fanno, peggio ancora, autorizzando crociate verso il nord, finiscono col favorire la penetrazione germanica dell’ordine teutonico nel cui mirino, dopo i pagani del Baltico, finiscono i russi stessi (!) a momenti bersaglio e vittima della crociata anziché soggetto da salvare.
Questa il genere di cornice entro la quale scocca la scintilla. La gravità del contesto oltrepassa la soglia oltre la quale si innesca il meccanismo di difesa che porta all’estremo opposto : Mosca allora non è più semplicemente un elemento qualsiasi della cristianità, ma ne è il suo fulcro ! Costantinopoli spiritualmente, abbandona la sua base terrena sul Bosforo – occupata dall’Islam dal 1454 – e si reincarna a questa nuova latitudine. Il concetto di TERZA ROMA è uno dei pilastri ideologici (diremmo con mentalità odierna) dell’aggregazione politica pan-russa attorno ai sovrani moscoviti tra il 15° e il 16° secolo : al cuore del mito fondativo dello stato unificato degli slavi orientali che verrà (che conosciamo col nome di zarato di Russia). Singolare notare l’ampiezza del disegno rispetto alla materia di cui si dispone nel momento in cui lo si tratteggia : nell’Anno Domini 1492, quando per la prima volta viene espressa formalmente l’idea dal metropolita di Mosca che parla del sovrano in carica (Ivan III°) come il “nuovo Costantino”, uno stato unificato ancora nemmeno esiste sebbene se ne intraveda la rapida formazione. In pratica ancora non c’è un regno sul terreno, che già si adotta la mitologia di un IMPERO, trionfo dell’idea sulla materia : la prima precede di molto la seconda in questo caso, ne prepara il terreno, la costringe ad assumere le sembianze di una visione. Farebbe quasi sorridere – quanto un gattino che si vede leone, riflesso in uno specchio – non fosse che conosciamo già l’esito storico di lungo corso.
Sogni, visioni, mitologie, idee, Bisanzio e Roma, pontefici e imperatori……..cribbio con COSA mai abbiamo a che fare ?! Con qualcosa di “eccezionale”, nella misura in cui non risponde e si adegua ai normali meccanismi e regole degli altri stati (non completamente) : entità eletta dal cielo che si muove al di fuori dei ritmi e degli spazi della realtà materiale. La santa chiesa di Roma si disinteressa di cosa accade ai cristiani slavi lasciati al destino ? Non c’è problema : lo stato moscovita non ha bisogno di Roma, “diventa” esso stesso Roma (pardon, Bisanzio) e su tale fondamento messianico la crociata se la fanno da soli da quel momento in poi, facendo capitolare uno ad uno inesorabilmente tutti i potentati turco tatari adiacenti, dai più prossimi fino ai più distanti. Lo zarato di Mosca (ora “di Russia”) nello spazio di mezzo secolo – la vita di Ivan il Terribile – diventa un titano fagocitando più terra di quanta ne abbia l’Europa messa assieme e non si ferma alle barriere geografiche convenzionali : varca la soglia degli Urali dando inizio al processo di conquista dell’Asia boreale che si snoderà per i 3 secoli a venire.
La Russia delle età a venire vedrà cambiare più volte forma, colori e parole d’ordine a seconda del momento, ma la sostanza alla base rimane il principato moscovita delle origini : rivestito di volta in volta, eppure sempre il medesimo. Spogliato di tutti i dettagli, orpelli estetici e superstizioni della propria era remota, ridotto ad un’essenza che tuttavia mantiene e che si mantiene distinta dalla comunità di regni – grandi e piccoli – del resto d’Europa. Un grande e misterioso vicino alle porte orientali dl nostro continente, i cui abitanti sono nell’aspetto simili agli europei eppure non lo saranno considerati mai (non del tutto).
L’identità messianica e ultraterrena del regno di IVAN IV – lo zarato di Russia che irradia la propria cristianità bizantina ad ovest e ad est di Mosca, ponendo le basi per l’impero territoriale che si vedrà in seguito – si ridimensiona, si standardizza nel corso del secolo seguente. Il 600 in effetti vede una successione di eventi chiave : la conclusione storica della dinastia rurikide (che governava sin dall’era RUS) che segna la definitiva cesura con l’era medievale e che tuttavia determina a sua volta un drammatico vuoto di potere alla base del collasso politico del regno agli inizi del secolo. I 15 anni di assenza di un vero monarca (squarciata la Russia dal conflitto dinastico) causano uno stato di debolezza tale da facilitare un’invasione polacca su larga scala che metterà a rischio l’esistenza stessa di uno stato russo (gli eventi del 1612, uno dei frangenti più critici per la nazione, parte integrante del discorso patriottico ancora oggi). Più avanti, verso la metà del secolo 40 anni dopo, si decide per lo strappo, il “raskol” che ridisegna la chiesa ortodossa russa riportandola su un binario di ordinarietà e compatibilità con la comunità delle altre chiese ortodosse, omologandola ad esse in un momento in cui era necessaria una vera comunità con esse in vista di espansioni territoriali e legami politici con altri popoli ortodossi (…). In parole altre l’edificio spirituale/statale dello zarato tardomedievale si aggiorna ai tempi, perdendo formalmente parte della propria eccezionalità : si tratta solo di un’impressione dal momento che siamo invece di fronte al primo esempio (un primo momento) di adattamento fisiologico dello stato al differente contesto in cui si viene a trovare….l’esteriorità si evolve, ed anche vistosamente a costo di affrontare perdite di consenso in modo da non danneggiare con eventuali rigidità gli interessi dell’intera macchina.
Ricapitolando : lo stato russo si genera in circostanze uniche e drammatiche di isolamento sin dall’era remota, per necessità autonomo da qualsiasi forza esterna a sé stesso : isolamento sacralizzato dall’elemento della fede che fa dello stato una vera e propria patria dello spirito ancor prima che della materia : uno “spazio dello spirito” dotato nel tempo di sagoma geografica ciclopica che pare corrispondere fisicamente alle ambizioni millenaristiche dell’ortodossia (a sua volta debitrice – come una capsula temporale – di quell’universalismo ellenistico inaugurato da Alessandro il macedone, che è il contraltare dell’universalismo latino che permea la chiesa cattolico romana). Ragionando in termini assolutamente astratti, come vuole la filosofia della storia, si potrebbe intravedere un grandioso e tragico filo conduttore che dagli abissi dell’antichità macedone vede l’affermarsi del concetto di impero universale di taglio greco come embrione……che sopravvive alla latinità (la quale vi si sovrappone senza poter cancellare il substrato) trasfigurato da questa fino a “riformularsi” sotto le sembianze di impero romano d’oriente, liquefatto il quale – sotto la spinta degli eventi storici – si ricompone, come già detto, più a settentrione tra gli slavi allora ancora circondati da entità tatare. L’imprevisto della storia sta nel fatto che quello che era allora un modesto regno di ambizioni regionali (zarato moscovita), vede invece un successo di conquiste territoriali che ne demoltiplica la prospettiva fino alla scala transcontinentale : in pratica quella che sul momento poteva sembrare una eccentrica sopravvivenza dell’ideale imperiale bizantino (in contesto decisamente improbabile) diventa invece una realtà per i secoli a venire, rimettendo per così dire tutto in gioco , quando da una prospettiva occidentale e romana un’idea di potenza ortodossa poteva sembrare storicamente concluso e per sempre. La bizantinità sopravvive infiltrandosi nel dna statale russo che sopravvive a tutt’oggi malgrado centinaia di anni di intemperie.