LA DIS-INTEGRAZIONE DELLE STELLE, di Teodoro Klitsche de la Grange

LA DIS-INTEGRAZIONE DELLE STELLE

Le ultime vicende del Movimento 5 stelle, ridotto, da quel che risulta, a meno di un quarto dei suffragi conseguiti nel 2018 e afflitto da una continua emorragia di parlamentari (ormai rimasti a circa la metà degli eletti alle ultime politiche) in tutte le forme (dimissioni, scissioni, allontanamenti, ecc.), induce a fare qualche considerazione, che non ha l’ambizione di essere esauriente, ma piuttosto di evidenziarne (qualche) concausa. Questo partendo da alcune regolarità e costanti della politica. A cominciare da Machiavelli, il quale, nel Principe, scrive delle difficoltà dei principi “nuovi”, che più per fortuna che per virtù hanno ottenuto il potere “non sanno e non possano tenere quel grado: non sanno, perché, se non è uomo di grande ingegno e virtù, non è ragionevole che, sendo sempre vissuto in privata fortuna, sappi comandare; non possano, perché non hanno forze che gli possino essere amiche e fedeli”. E che i governanti 5 Stelle fossero degli inesperti era vanto degli stessi ed occasione d’ironia dei loro (tanti) avversari. Parimenti è vero che nella loro ascesa al potere vi sia stata più fortuna che virtù, perché insistere sulla crisi che attanagliava e attanaglia l’Italia, governata da una classe dirigente decadente, è facile: si attacca chi è poco difendibile.

La lunga serie di “no” esibiti dal movimento prima del 2018 era corroborato dalla contraria opinione e pratica delle élite, le quali né autorevoli né legittime proprio per tali loro qualità asseveravano a contrario i “no”, spesso contraddittori o ingiustificati, dei grillini. Ma tale vantaggio è venuto meno – più che altro si è ridotto – una volta andati al governo: la necessità di scelte ha costretto a ridimensionare radicalmente il dissenso, e quindi il consenso che ne conseguiva.

Ma in particolare occorre valutare il giudizio di Machiavelli sulla “forze amiche e fedeli” che (non) sostengono il principe nuovo (e “fortunato”). Il genio di Machiavelli individua così i limiti dei politici – e governanti – improvvisati, spinti su dalle circostanze, più che da una reale capacità e applicazione, nell’ “inesperienza” e nella mancanza di “seguito” da intendersi nel senso weberiano del rapporto tra capo e “fedeli” (“forze amiche e fedeli”)”.

E tra le forze amiche e fedeli occorre distinguere due categorie: gli aiutanti, cioè i collaboratori del vertice politico, e gli elettori. All’uopo può servire quanto sosteneva, per gli Stati, ma applicabile (in larga parte) a tutti i gruppi politici, un acuto giurista come Rudolf Smend. Questi sosteneva “l’integrazione è un processo di vita fondamentale per ogni formazione sociale nel senso più lato. Questa, in prima analisi, consiste nella produzione o formazione di unità o totalità a partire dagli elementi singoli, cosicché l’unità ottenuta è qualcosa di più della somma delle parti unificate”, ogni gruppo politico realizza necessariamente attraverso l’unione delle volontà dei componenti, l’integrazione; la quale, secondo Smend, può distinguersi in materiale, funzionale o personale; e in genere è, in proporzione diversa tra loro, tutte e tre le cose insieme. Se si riscontra la rilevanza e l’esistenza delle suddette forme d’integrazione nel M5S, se ne avverte la carenza.

L’integrazione personale è quella suscitata dalla forte considerazione della personalità del capo. Ma a concedere che il capo fosse uno (è dubbio) è chiaro che il M5S ne ha cambiati diversi, da Casaleggio a Di Maio, da Crimi (??) a Conte. Fermo sullo sfondo Grillo.

Al contrario di Forza Italia, fondata sul forte (un tempo) richiamo aggregante di Berlusconi e della sua storia di successo, nessuno dei “capi” 5S ha costituito un forte elemento di integrazione personale.

Né è migliore l’impressione che si può ricavare dall’integrazione funzionale, la quale consiste nelle attività e procedure di partecipazione alla decisione – e alla direzione – politica: elezioni, referendum, congressi, manifestazioni, assemblee “Nella vita di ogni struttura le procedure di decisione e discussione sono – come scriveva Smend – prevalentemente indirizzate alla formazione della volontà comune: così il gruppo realizza la propria unità come unità di volontà, indirizzata a scopi comuni… la partecipazione, anche meramente consultiva, al processo decisionale permette sia di sondare gli umori della base sia, soprattutto, di coinvolgerla nella decisione e nell’azione”. Nei partiti “tradizionali” con prevalente organizzazione territoriale (per lo più a carattere democratico) sono l’elezione dei dirigenti e la discussione nei vari organi a rivestire il ruolo maggiore.

Nel movimento si è parlato spesso di piattaforma digitale, d’iscritti, , ma a parte la non chiarezza del tutto, è sicuro che:

  1. a) le procedure suddette sono da millenni di competenza di assemblee: dall’Agorà ateniese ai Soviet della rivoluzione d’ottobre, a decidere era un insieme di partecipanti riunito collettivamente, e non un singolo davanti ad un computer.
  2. b) Per quanto ci riguarda c’è l’interrogativo: può produrre – e quanta – integrazione nel gruppo un iscritto che a casa sua decida se Caio deve fare il Ministro e Sempronio l’assessore? Probabilmente se il giudizio è rispettato qualche effetto integrativo lo può avere, ma assai modesto rispetto alla decisione in praesentia. In secondo luogo diverse sentenze hanno giudicato non democratiche o poco democratiche norme e pratiche interne del M5S. Non è il caso di insistervi, ma occorre prenderne atto.

Infine l’integrazione materiale, intesa come fede comune in determinate idee e valori, in una visione condivisa del mondo. Ma il cartello di “no” del M5S serviva bene ad identificare il nemico ma assai male a fidelizzare l’amico. Oltretutto una volta al governo è stato costretto a compiere scelte destinate a scontentare parte dei “no”. Ancor più se a partire dal governo Conte bis, il M5S si alleava col PD, maggiore espressione dell’establishment destinatario dei “no”.

Se è vero quanto scriveva Smend, che l’unità politica è un processo, un divenire dinamico (Schmitt) realizzata in un’unione di volontà, non c’è da stupirsi che l’unione di volontà non vi sia né tra vertice e base né all’interno del vertice. Con la conseguenza di scissioni, dimissioni, ecc. Dei vecchi partiti ideologici della Prima Repubblica si è detto tutto il male possibile (e anche di più) ma fenomeni di decomposizione erano eccezionali e limitati per lo più a reali differenze ideali e politiche, come quelle tra seconda e terza internazionale.

Ma se il “collante” delle idee è tenue o inesistente, l’unione di volontà non si realizza o se si realizza lo è in modo debole e transitorio. Non era solo la disciplina a generare il partito “classico”, fino all’ “Ordine dei Portaspada” di Stalin, ma ancor di più la comunanza di ideali (ed obiettivi).

Attorno a quel che resta del M5S si aggirano i (soliti) megafoni delle élite. Con la logica che li contraddistingue qualcuno proclama la crisi del populismo basandosi sull’equazione Populista=M5S ergo crisi dei M5S=crisi dei populisti. Dimenticando che, a parte quel che succede all’estero, dal 2018 (al più tardi) l’elettorato anti establishment italiano è largamente e costantemente superiore al 50% dei suffragi espressi e che la crisi del M5S non ha giovato ai partiti di regime (PD in primis) ma ha solo trasferito gran parte dell’elettorato anti-élite ad altri due partiti anti-establishment come la Lega e FdI.

Onde il calo del M5S non è dovuto al tramonto del populismo, ma, in larga parte, al dissolversi dell’ “unione di volontà” tra vertice e base elettorale e l’evaporazione a tous azimouts dell’(irrisolta e tenue) identità del movimento.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

 

La scoperta di noi stessi, di Andrea Zhok

L’altro giorno stavo assistendo ad una bella discussione di tesi avente per oggetto autori dei cosiddetti “postcolonial studies”.
Era tutto molto interessante, ma mentre ascoltavo gli argomenti di Frantz Fanon, Edward Said, ecc. ad un certo punto ho avuto quello che gli psicologi della Gestalt chiamano un’Intuizione (Einsicht, Insight).
Ascoltavo di come gli studi postcoloniali cercano di depotenziare quelle teorie filosofiche, linguistiche, sociali ed economiche per mezzo delle quali i colonialisti occidentali avevano “compreso” i popoli colonizzati proiettandovi sopra la loro autopercezione.
Ascoltavo di come veniva analizzata la natura psicologicamente distruttiva del colonialismo, che imponendo un’identità coloniale assoggettante intaccava la stessa salute mentale dei popoli soggiogati.
Queste ferite psicologiche, questa patogenesi psichiatrica avevano luogo in quanto lo sguardo coloniale toglieva al colonizzato la capacità di percepirsi come “essere umano pienamente riuscito”, perché e finché non riusciva ad essere indistinguibile dal colonizzatore. Ma tale compiuta assimilazione era destinata a non avvenire mai, ad essere guardata sempre come ad un ideale estraneo ancorché bramato. Di conseguenza il subordinato era condannato ad una esistenza dimidiata, in una sorta di mondo di seconda classe, irreale.
Quest’inferiore dignità rispetto alla cultura colonizzante finiva per inculcare una mentalità insieme servile e frustrata, perennemente insoddisfatta.
Di fronte al rischio di perenne dislocazione mentale una parte dei colonizzati reagiva cercando di fingere che la propria condizione subordinata era proprio ciò che avevano sempre desiderato.
D’altro canto, con il consolidarsi del dominio coloniale la stessa capacità di organizzare la propria esistenza in una forma diversa da quella del colonizzatore andava impallidendo, con sempre meno gente che aveva memoria del mondo di “prima”.
Il passo finale decisivo era l’adozione della lingua del colonizzatore, che il colonizzato parlava naturalmente sempre in modo subottimale e riconoscibile come derivato. Nel momento in cui i colonizzati iniziano ad adottare la lingua dei colonizzatori essi importano lo sguardo degli oppressori e le loro strutture di alienazione: il colonizzato introiettando lo sguardo del colonizzatore finiva per generare forme di sistematico autorazzismo.
Ecco, mentre sentivo tutte queste cose, ragionavo, come fanno tutti, assumendo che “noi” fossimo i colonizzatori e gli altri i colonizzati.
Ma poi, d’un tratto, lo slittamento gestaltico, l’intuizione.
D’un tratto ho visto che immaginarci come quel “noi” era a sua volta frutto della nostra introiezione della cultura dei colonizzatori.
Noi, come italiani, o mediterranei, dopo essere stati colonizzati dagli angloamericani, ne abbiamo adottato lo sguardo fino ad immaginare che “noi” fossimo come loro, che fossimo noi ad avere sulla coscienza secoli di tratta degli schiavi e di sfruttamento coloniale imperialistico con cui fare i conti (innalzando un paio di patetici e fallimentari episodi in Libia e nel corno d’Africa come se giocassero nella stessa lega con i professionisti).
Nell’ultimo mezzo secolo, abbiamo adottato pienamente e senza remore tutte le dinamiche dei popoli assoggettati, fantasticando che la “vita vera” fosse quella che ci arrivava come immaginario d’oltre oceano, dimenticando tutto ciò che avevamo ed eravamo, per proiettarci nell’esistenza superiore dei colonialisti, pronti ad assumerne i peccati nella speranza che ciò ci assimilasse, almeno da quel punto di vista, al modello irraggiungibile.
Questa condizione di esistenza a metà, tremebonda e felice di essere assoggettata, ma frustrata dal nostro essere ancor sempre distanti dal modello, ha creato ondate di autorazzismo inestinguibile e ha bruciato tutte le possibilità di rinascita.
In sempre maggior misura tutta la nostra cultura, da quella popolare a quella accademica ha iniziato questo processo di mimesi, immaginando che se farfugliavamo qualche neologismo in inglese o se ne infarcivamo i documenti ufficiali (dai programmi scolastici alle direttive ministeriali) avremmo magicamente acquisito la potenza del nostro santo oppressore.
Come paese sotto occupazione ci siamo inventati di essere “alleati” degli occupanti, e mentre eravamo orgogliosi del nostro acume nel denunciare “governi fantoccio” in giro per il mondo non vedevamo quelli che si succedevano (e succedono) in casa nostra.
In tutta questa storia di falsa coscienza conclamata, di cui si dovrebbero narrare le vicende in un libro apposito, siamo sempre rimasti un passo al di sotto della consapevolezza di ciò che siamo e possiamo.
Oggi che gli orientamenti della potenza occupante danno segni di progressivo disinteresse per noi – salvo che come ponte di volo per cacciabombardieri – oggi forse si presenta per la prima volta dopo tre quarti di secolo la possibilità di uscire da questa condizione di falsa coscienza.
Tra non molto saremo forse in grado di applicare lo sguardo dell’emancipazione coloniale anche a noi stessi. Sarà una presa di coscienza dolorosa e vi si opporranno forze enormi, ma il processo è avviato e con il fatale deterioramento della situazione interna esso emergerà sempre di più.

La tempesta infuria, di George Friedman

Nel mio libro più recente, “The Storm Before the Calm”, ho previsto che il 2020 sarebbe stato un periodo di intensi disordini economici e politici negli Stati Uniti che si sarebbero esauriti verso la fine del decennio. Ho scritto che gli Stati Uniti subiscono cicli politici ogni 50 anni e che il periodo di crisi alla fine dell’ultimo ciclo negli anni ’70 si è risolto all’inizio degli anni ’80. Voglio cogliere questa opportunità per confrontare dove stiamo andando confrontandolo con gli anni ’70.

Gli Stati Uniti erano in crisi economica. L’inflazione stava aumentando, quindi il presidente Richard Nixon ha dichiarato un congelamento dei prezzi e degli stipendi all’inizio del decennio. Nel 1973 scoppiò una guerra tra Israele e il mondo arabo. Gli Stati Uniti si sono schierati con Israele, quindi gli arabi hanno imposto un embargo petrolifero. Ciò ha creato una massiccia carenza di petrolio e inflazione su tutta la linea. Il primo periodo includeva anche guerre culturali. La guerra del Vietnam ha creato quello che è stato chiamato il divario generazionale che si è manifestato nella controcultura. La controcultura è stata guidata dalla scrittura di Herbert Marcuse (ho scritto la mia tesi di dottorato in gran parte su di lui) che con altri aveva sviluppato una cosa chiamata teoria critica, un capostipite della teoria critica della razza. Marcuse e altri hanno sostenuto che gli Stati Uniti erano tormentati dalla falsa coscienza, che le persone non capissero la distruttività del materiale e dell’azienda. Le università sono diventate il centro dei movimenti progettati per cambiare i valori e le credenze americane. Una delle convinzioni chiave era la liberazione sessuale. Rivolte razziali e omicidi hanno dilaniato il paese. Mentre ci avvicinavamo alla metà del decennio, i problemi di fondo erano disoccupazione, inflazione e tassi di interesse incredibilmente alti.

Quell’era è stranamente simile alla nostra attuale. La guerra in Ucraina ha contribuito a innescare una massiccia inflazione e ci stiamo avvicinando a un periodo di alti tassi di interesse. La disoccupazione probabilmente sostituirà l’attuale carenza di manodopera. La pandemia di COVID-19 ha certamente giocato un ruolo importante nei nostri problemi attuali, ma direi che non è il ruolo determinante.

Politicamente, un presidente negli anni ’70 è stato costretto a lasciare l’incarico a causa di attività criminali. Il caso di Donald Trump è diverso, ovviamente, ma la divisione che ne risulta è simile. Gran parte dell’America credeva che Nixon fosse stato distrutto dai media liberali. Altri hanno detto che si è autodistrutto. Oliver Stone ci ha fatto un film.

La rabbia tra le culture era intensa. Ricordo di aver guidato attraverso la Carolina del Nord, fermandomi su un 7-11 per una birra per tenermi sveglio. Il cassiere mi ha guardato e mi ha chiamato un “punk degenerato hippie”. Per l’amor di Dio, stavo andando a Fort Bragg; Avrei potuto essere un degenerato e un punk, ma non un hippie. Un’altra volta ho incontrato una giovane donna che mi ha detto che Nixon era Hitler. ho esitato. Mi ha chiamato mostro. Ho stupidamente detto che era solo un mostro part-time. Brutta mossa in un brutto momento.

Nixon diede origine a Gerald Ford, che nella mia mente era Joe Biden in termini di efficacia se non di ideologia. Poi è arrivato Jimmy Carter, che ha rappresentato tutti i tratti del ciclo della morte. Tra la furiosa inflazione, ha imposto un taglio delle tasse per la classe media e un aumento delle tasse per i ricchi. Ciò ha giocato sulla posizione morale di Franklin Roosevelt, ma ha aumentato la domanda e i prezzi, diminuendo il capitale per gli investimenti, proprio mentre il Giappone stava irrompendo nell’industria automobilistica statunitense. Nel 1980, Ronald Reagan è stato eletto e, indipendentemente dal fatto che ti piaccia, ha inaugurato una nuova era, non perché ne fosse responsabile, ma perché le elezioni hanno aperto il tavolo.

In altre parole, Nixon è stato sostituito da Ford, che non ha potuto ottenere il controllo. Ford è stato sostituito da Carter, che ha cercato di creare una versione del New Deal. Lungi dall’essere sciocchi, erano semplicemente intrappolati in un vecchio ciclo che non poteva vedere oltre. Per il nostro ciclo attuale, Biden è Ford e tra un paio d’anni verrà eletto un nuovo Carter. Il Carter del nostro tempo sarà qualcuno che non può vedere che l’era Reagan è finita e che qualcosa di nuovo arriverà. Come Carter, chiunque venga eletto peggiorerà la situazione. Poi nel 2028 inizierà una nuova era.

Allora, dove siamo adesso? Le guerre culturali infuriano, ma iniziano a logorarsi. C’è una massiccia crisi economica costruita attorno a una guerra, inflazione e tassi di interesse in aumento. Non c’è una soluzione apparente e l’ostilità interna generale sta ribollendo. Abbiamo almeno sei anni per raggiungere una risoluzione. Fino ad allora, attendiamo un Jimmy Carter che crede profondamente che le soluzioni di 50 anni fa ora funzioneranno.

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IL GOVERNO NON LEGITTIMATO DAL PAESE REALE HA FALLITO ANCHE IN POLITICA ESTERA, di Marco Giuliani

IL GOVERNO NON LEGITTIMATO DAL PAESE REALE HA FALLITO ANCHE IN POLITICA ESTERA

In piena crisi internazionale, Farnesina sempre più subordinata agli interessi stranieri come poche volte è successo nella storia repubblicana d’Italia

 

Quando un governo non ha consenso, se non in una percentuale effimera che giorno dopo giorno si assottiglia sempre più (un italiano su due lo sfiducerebbe), solitamente prende in considerazione l’idea di dimettersi, in attesa che siano indette nuove elezioni. La crisi è dunque aperta, e poco male se per alcuni mesi servirà un traghettatore prima di tornare alle urne. Salvo artificiosi rimpasti, è già successo e succederà ancora.

Una maggioranza parlamentare – a dire il vero sempre più risicata, anche se ancora robusta – non può non tener conto delle difficoltà e del malcontento popolare che aleggiano in Italia rispetto “all’uomo solo al comando”; un personaggio che non ha cambiato né migliorato di una virgola le condizioni di un paese gravemente indebitato, socialmente in sofferenza e privo di una politica estera autonoma (una condizione senza precedenti, dal 1948). Una guida politica che anzi è andata e sta andando in modo osceno contro la volontà dei cittadini, soprattutto in merito al welfare, annichilito ancor più dalla spesa al riarmo imposta dal duo Biden-Stoltemberg ed eseguita alla lettera da Di Maio & c. È stata quest’ultima variabile, in ordine di tempo, a portare inesorabilmente alla luce la gravità di una condizione resa già difficile dalla pandemia, che tra l’altro è stata gestita senza infamia e senza lode tra mille malumori di carattere normativo e logistico.

Si parlava poc’anzi del boomerang rappresentato dalle decisioni – o meglio dalle non decisioni – intraprese dal governo spalla a spalla col Ministero degli Esteri rispetto allo scoppio della guerra in Ucraina, che si protrae ormai da quasi cinque mesi. La perfetta subalternità, la quale ha comportato una linea politica dolorosissima per l’Italia, manifestata a seguito dei diktat della Nato e di Bruxelles, ha messo la stragrande maggioranza degli italiani di fronte a un disagio non solo economico, ma anche etico. La penuria e la perfetta inconsistenza di iniziative mirate a dare una minima svolta o comunque a creare le basi per un diversivo circa la crisi internazionale in atto, si sono sommate al tragico peso che l’Italia dovrà sopportare (e sta già sopportando) per la scelta di fare la guerra ibrida a Mosca. Una guerra dichiarata ponendosi in modo feroce ed esponendosi in prima linea, se non altro come rappresentante UE. Gli unici segni sono stati gli insulti rivolti da Di Maio a Putin – in ogni caso non consoni al ruolo ricoperto da un capo diplomatico – e un risibile invito al dialogo, stante la ferma volontà dell’Italia di inasprire le sanzioni e di mostrarsi come il paese europeo più ostile e allineato alla Casa Bianca. Risultato: il Cremlino si è messo a ridere, come probabilmente mezzo mondo. Pessima figura, in primo luogo innanzi alla comunità internazionale e in aggiunta di fronte a 58 milioni di italiani, rimasti tra l’altro meravigliati dall’avvicinamento all’amico “democratico” Erdogan (altra giravolta di Draghi).

Repetita iuvant: l’invio di armi uccide e peggiora lo stato sociale del paese che spende miliardi per acquistarle. Ma torniamo per qualche istante a discorrere sul casino in cui si è messo Palazzo Chigi assumendo il ruolo di paese più bellicoso di tutto lo scacchiere comunitario. I sondaggi ci dicono che gli italiani sono per gran parte contrari alla politica militare e aggressiva perpetrata da Palazzo Chigi (solo il 16% si dichiara a favore) e sostengono che alle sanzioni, le quali non piacciono affatto poiché il potere d’acquisto è vertiginosamente aumentato, bisognerebbe associare una strategia di mediazione. Di suddette paventate politiche, è stato fatto esattamente l’opposto. La domanda è: il governo sta lavorando per gli interessi del suo paese o per obbedire Washington e Bruxelles? Con una crisi che morde, quale significato ha spendere 38 miliardi l’anno per inviare le armi agli ucraini sottraendoli, di fatto, alla sanità, alla scuola e all’università?

In linea con la nostra Costituzione – che ormai viene interpretata e non applicata – i dati ci confermano che gli italiani sono una popolazione pacifista; di questo status, il governo dei “migliori”, che sinora non ha trovato neanche uno straccio di opposizione alle camere e ha il 95% della stampa nazionale ai propri piedi, deve assolutamente tenere conto. Sempre in attesa della recessione prevista nell’autunno del 2022, che l’Italia affronterà – lo dice Il Sole 24 Ore, notoriamente draghista e non certo filobolscevico – come paese meno produttivo della zona UE.

 

MARCO GIULIANI

 

 

 

FONTI, BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Il Sole 24 Ore del 14 luglio 2022 –

Rilevazioni effettuate da Alessia Grossi, da Il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2022 –

Sondaggio Nomos dell’8 luglio 2022 –

Sondaggio Ipsos, media effettuata su arco temporale 20 maggio-8 luglio –

www.europa.today.it, pagina del 14 luglio 2022 –

 

Gli Stati Uniti sono diventati due paesi all’interno di una nazione, Di Steve McCann

Da anni nel mondo e da pochi mesi in Italia si inizia a parlare apertamente del declino degli Stati Uniti, della fine del mondo unipolare, del rischio che quel paese arrivi addirittura a dividersi facendo precipitare alle estreme conseguenze il virulento dibattito politico in corso al proprio interno. Un segno inconfondibile del declino e del tramonto inesorabile di un paese, più che la virulenza del confronto, è piuttosto l’accettazione amorfa ed inconsapevole della propria condizione. Lo scontro accanito è un segno di vitalità e di protagonismo. Evitiamo quindi  di vendere la pelle dell’orso prima che sia catturato; soprattutto, guardiamoci in casa nostra, in Europa. Qui i segnali di vitalità tendono ad affievolirsi come le luci di candele consunte. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Non dal decennio che ha preceduto la guerra civile si è discusso così tanto sulla possibilità che gli Stati Uniti si dividano in due o più paesi come negli ultimi 10 anni. La realtà è che questa nazione si è effettivamente divisa in due paesi che, per il momento, vivono debolmente fianco a fianco.

La razza o l’etnia è stata la base fondamentale nella creazione di ogni nazione nella storia dell’umanità ad eccezione degli Stati Uniti, poiché la sua fondazione si basava sul principio che tutti gli uomini sono creati uguali e sono dotati di determinati diritti inalienabili che il governo non può abrogare. Poiché non ha i fattori coesi di razza o etnia, questa nazione così costituita può sopravvivere solo sulla base della bontà della sua gente e della saggezza e dell’integrità della sua classe dirigente.

Ben Franklin alla chiusura della Convenzione costituzionale nel 1787 in un discorso ai suoi colleghi membri della convenzione disse della Costituzione appena redatta e del governo che aveva creato:

… e non c’è alcuna forma di governo se non quella che può essere una benedizione per il popolo se ben amministrata, e [io] credo inoltre che questo sarà probabilmente ben amministrato per un corso di anni, e può finire solo con il dispotismo, come altri moduli hanno fatto prima di esso…

Il preveggente avvertimento di Ben Franklin si è avverato. Negli ultimi trent’anni, una pluralità di cittadini male istruiti e malleabili ha permesso alla classe dirigente egoista, decadente e nescitrice, in alleanza con la sinistra radicale, di stabilire un dispotismo quasi permanente negli Stati Uniti. Hanno deliberatamente e inesorabilmente ampliato il divario tra il popolo e il governo e hanno effettivamente diviso la nazione in due paesi de facto che sono ai ferri corti ideologici e sociali.

  • Un’America è decisa a privare i suoi cittadini del loro diritto inalienabile all’autodifesa come codificato nel Secondo Emendamento e ad eliminare la libertà di parola costituzionalmente protetta. La loro insensata determinazione a confiscare le armi con ogni mezzo possibile, palese o subdolo, e a censurare i discorsi che non approvano sono sfrenati e sfrenati indipendentemente dalle sentenze dei tribunali.

L’altra America è ferma e ferma nella sua convinzione che i diritti inalienabili e costituzionalmente protetti siano non negoziabili e immutabili. L’impavido tentativo di disarmo ha avuto l’effetto di convincere più della metà della popolazione che queste azioni sono un preludio alla volontà del governo di usare la forza contro i cittadini per spogliarli di tutti i loro diritti. Questo, poiché il 92% degli americani crede che tutti i loro diritti fondamentali siano sotto assedio.

  • One America è determinata a proteggere gli interessi delle élite al potere istituendo un implacabile sistema di giustizia a due livelli . La classe dirigente e i suoi compagni di letto militanti hanno creato un sistema giudiziario in cui i loro alleati, seguaci e criminali e criminali politicamente corretti sono trattati con indulgenza o, in molti casi, non perseguiti, mentre i loro avversari politici e i loro seguaci che rappresentano una minaccia alla loro egemonia e criminali e criminali non politicamente corretti sono perseguitati e perseguiti.

Nel frattempo, nell’altra America, i cittadini credono fermamente nell’uguaglianza di giustizia secondo la legge: che loro e tutti gli americani hanno un diritto costituzionalmente protetto a una giustizia equa e imparziale.  Ben più della metà della cittadinanza è irrevocabilmente convinta che esista un sistema giudiziario a due livelli e iniquo che avvantaggia le élite dominanti a loro spese. Questa mentalità ora intrattabile è stata rafforzata dal trattamento dei manifestanti non violenti del 6 gennaio 2021 rispetto alle azioni dei terroristi domestici nell’estate del 2020.

  • One America è guidata e promuove le distinzioni di classe . In cima alla piramide ci sono le élite dominanti e i loro ricchi mecenati che guardano con disprezzo al resto della società mentre vivono nelle loro bolle autonome tirando i fili del governo e concentrandosi esclusivamente sulla loro mobilità verso l’alto. Sebbene possano guardare al futuro, la maggior parte della società non può, poiché devono concentrarsi sulla sopravvivenza del presente a causa dell’avarizia della classe dirigente e della loro decennale fedeltà al globalismo elitario. Questi due settori hanno situazioni residenziali nettamente diverse, possibilità di mobilità verso l’alto, opportunità educative, accesso alle cure mediche e interazione con la legge.

Nell’altra America, i cittadini si aggrappano ancora al rispetto per il duro lavoro, lo sforzo onesto e applaudono coloro che si sforzano di migliorare se stessi e la società. Poiché vivono in una nazione che un tempo si vantava di essere una società essenzialmente senza classi caratterizzata da una mobilità verso l’alto, non possono tollerare una società strutturata basata sull’egocentrismo e sull’avarizia. Grazie a questo egocentrismo elitario e al malgoverno, oltre il sessanta per cento dei cittadini crede che il sogno americano non sia più realizzabile per loro, poiché il loro risentimento verso la classe dirigente privilegiata e la rabbia per essere permanentemente rinchiusi in un sistema di caste de facto crescono inesorabilmente.

  • One America ha ripristinato il razzismo e la discriminazione sponsorizzati dal governo con l’intento malevolo di frammentare la società e la cultura al fine di raggiungere un’egemonia politica permanente. La classe dirigente ha favorito i suoi alleati di sinistra radicale affermando che il razzismo è radicato nel DNA dell’America (cioè, il razzismo sistemico ), che è esclusivamente colpa dell’attuale popolazione bianca. Questo segmento della società, quindi, dovrebbe essere capro espiatorio e discriminato, mentre la società americana viene radicalmente trasformata a causa della fondazione “bianca” della nazione. Come risultato di questa tattica malevola, hanno fomentato con successo l’animosità razziale e hanno manipolato gli americani facendogli credere che le relazioni razziali fossero peggiori che mai. Come solo il 25%credono che le relazioni razziali siano eccellenti o buone nella nazione nel suo insieme.

L’altra America è la stessa che nel 2005 ha visto quasi il 70% degli americani affermare che le relazioni razziali negli Stati Uniti erano molto o in qualche modo buone. Queste sono le stesse persone che sono tra il 77% in un recente sondaggio che pensava che le relazioni razziali fossero buone nella loro comunità nonostante fossero notevolmente peggiorate a livello nazionale. Questa dicotomia rivela che questo paese di lavoratori della classe operaia non è razzista o infastidito dalla cosiddetta “supremazia bianca” e la cui indignazione nei confronti delle élite razziste che si lamentano di queste false accuse sta aumentando.

  • In un’America c’è tra le élite dominanti e i loro servitori senza cervello la convinzione dominante che gli Stati Uniti come fondati siano un paese carente e irredimibile la cui storia è piena di atrocità e ingiustizia. Pertanto, il governo della nazione deve essere convertito in un’oligarchia socialista a partito unico e i suoi documenti imperfetti devono essere effettivamente riscritti. Questo processo risoluto iniziato decenni fa ha effettivamente portato alla frammentazione permanente di quella che era una cultura americana unica e universalmente accettata.

Nell’altra America la maggior parte della cittadinanza ( 85% degli americani) crede che gli Stati Uniti siano un grande paese che ha superato con successo le carenze umane dei suoi cittadini del passato. Si oppongono con veemenza a qualsiasi modifica sostanziale ai documenti costitutivi della nazione. Capiscono che la Costituzione così come è scritta garantisce loro libertà e indipendenza da un governo ormai prepotente. Non scenderanno a compromessi né saranno disposti a trovare una via di mezzo con la classe dirigente e i loro servi senza cervello.

  • In un’America le élite e i loro compagni di viaggio nelle classi superiori hanno ipocritamente abbandonato praticamente tutta la moralità nella loro risoluta ricerca dell’edonismo superficiale, della ricchezza e della fama. Sono sempre più agnostici, promuovono sfacciatamente lo sfruttamento sessuale dei bambini, approvano l’aborto fino al momento della nascita e giustificano qualsiasi mezzo immorale o non etico per raggiungere i propri fini, tra cui l’imposizione coatta della loro immoralità al resto della società . Come sottoprodotto dei loro alleati nell’establishment dei media e dell’intrattenimento che promuovono la loro immoralità, un recente sondaggio ha indicato che il 50% degli americani ha valutato i valori morali della nazione come poveri e in peggioramento.

Mentre nell’altra America la stragrande maggioranza dei cittadini ( 81%) crede in Dio, riconosce che credere in Dio o in una religione non è una necessità per comprendere l’importanza della moralità e vivere una vita morale. Quella moralità è la base di fondo di una società libera. Senza la moralità, e la sua enfasi sul rispetto della vita, la libertà si estingue. Queste due visioni diametralmente opposte della moralità non possono coesistere nella stessa società.

Questi due paesi all’interno di un paese non possono più mantenere la loro relazione sempre più tenue e potenzialmente instabile. Noi come nazione siamo in quel momento decisivo in cui una parte deve vincere e l’altra perde; non ci sono vie di mezzo. L’era dei conservatori, dei libertari e degli americani di mezzo che cercano un accordo con la sinistra e la classe dirigente è finita, che lo vogliano o meno, poiché più della metà dei cittadini americani è d’accordo con l’affermazione: “USA la democrazia è a rischio di estinzione” e solo il 26% crede che sopravviverà.

Affinché l’America fondata vinca senza che nessuna delle parti ricorra alla dissoluzione o alla potenziale violenza, le linee di vita delle élite al potere/della sinistra radicale devono essere troncate e il loro peso politico completamente emarginato.

La recente attenzione all’avvio di mezzi di informazione “conservatori” deve lasciare il posto a concentrarsi invece sui nuovi media di intrattenimento al fine di minare i punti vendita di intrattenimento di sinistra esistenti. Dopo che i boicottaggi e la perdita di pubblico hanno preso il loro pedaggio finanziario, queste e le società di media in fallimento dovrebbero essere acquisite. Le società “politicamente corrette” devono subire le conseguenze finanziarie di assecondare la sinistra attraverso boicottaggi, messaggi mediatici e l’acquisizione mirata dei loro consigli di amministrazione. I finanziamenti del governo per le università “svegliate” devono essere drasticamente ridotti e infine eliminati.

La trasformazione del Partito Repubblicano, iniziata dal presidente Trump, deve continuare fino a quando il partito non sarà epurato da tutti i politici e amministratori eletti non disposti a lottare incondizionatamente per l’anima del Paese. Uno sforzo determinato e concertato deve essere intrapreso nelle Camere di Stato per fare in modo che determinate elezioni siano eque e prive di frodi. L’affluenza alle urne per tutte le elezioni locali, statali e federali deve superare le medie storiche poiché i politici che la pensano allo stesso modo devono essere selezionati alle primarie e alle elezioni generali.

Infine, invece di crogiolarsi nella loro indipendenza e stare in disparte lanciando pietre senza pensare, i libertari e altre fazioni che la pensano allo stesso modo devono unirsi alla battaglia e allearsi incondizionatamente con conservatori, repubblicani ed elettori moderati che desiderano preservare questo paese come fondato.

In caso contrario, il paese che tutti conosciamo e amiamo non ci sarà più.

https://www.americanthinker.com/articles/2022/07/the_united_states_has_become_two_countries_within_a_nation.html

Tonti e finti tonti_di Roberto Buffagni

Stamattina ho fatto un test, obiettivo: capire che pensano le classi dirigenti italiane del conflitto ucraino.
Telefonato a “Prima Pagina” di RadioTre, conduttore F. Fubini.
Sintesi mia domanda: “Che vuol dire ‘non possiamo permettere che la Russia vinca’? Quali sono gli obiettivi strategici occidentali nel conflitto ucraino? Il 23 giugno scorso la Commission on Security and Cooperation in Europe, nota anche come Helsinki Commission, un organismo del governo federale USA, ha tenuto un briefing dal titolo ‘Decolonizzare la Russia. Necessità morale e strategica di frammentare politicamente la Russia’, con tanto di cartina dove la Federazione Russa appare divisa in una decina di staterelli. D’altronde hanno implicato lo stesso obiettivo strategico di regime change e frammentazione politica della Russia anche i Ministri della Difesa e degli Esteri, e il Presidente degli Stati Uniti, che hanno dichiarato: ‘Dobbiamo indebolire la Russia e far sì che non possa mai più rifare qualcosa come l’invasione dell’Ucraina’. L’unico modo per raggiungere questo obiettivo è espellere la Russia dal novero delle grandi potenze, ossia frammentarla politicamente. Questo è un obiettivo molto difficile da raggiungere, ammesso che sia possibile tentarlo senza innescare un confronto nucleare strategico tra Russia e USA; ma anche se fosse raggiunto, la frammentazione della Russia aprirebbe un buco nero geopolitico in Eurasia in cui precipiterebbe l’intero mondo. Domanda: ci abbiamo pensato seriamente, noi europei?”
Sintesi risposta Fubini: “Dobbiamo ammettere che sul terreno, la Russia sta ottenendo i suoi obiettivi. Pare che i territori del Donbass saranno integrati nel territorio russo, dopo un referendum bandito dai sindaci fantoccio imposti dai russi, quindi sarà impossibile toccarli perché sarebbe una minaccia esistenziale per la Russia [che reagirebbe con le armi nucleari, NdA]. Inoltre le sanzioni alla Russia, contrariamente a quel che anch’io pensavo, non stanno ottenendo l’effetto sperato di indebolire la Russia tanto da impedirle di proseguire la guerra, almeno entro 12 o 18 mesi. Però questa delle sanzioni è una scommessa sul lungo periodo, a lungo termine la Russia sarà indebolita economicamente e anche come potenzialità militari, per esempio perché manca di semiconduttori. Quindi la fermezza è importante e va mantenuta.”
Risultato test. Le classi dirigenti italiane non hanno capito, o fanno finta di non aver capito (la domanda permanente della nostra epoca), assolutamente niente.
Ragioni:
1) non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che gli obiettivi strategici dell’occidente li detta Washington, e punto. Non li detta il Corriere della Sera, non li detta il governo italiano, non li detta la UE.
2) non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che la linea strategica USA è affrontare INSIEME Russia e Cina. L’obiettivo strategico frammentazione della Russia è propedeutico al contenimento del nemico principale, la Cina.
3) non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che la linea strategica degli USA implica necessariamente a) la probabilità di un allargamento e una escalation del conflitto, tanto maggiore quanto più esso si prolunga b) la possibilità reale di una degenerazione nucleare, che inizierebbe con l’uso delle atomiche tattiche e potrebbe escalare a un conflitto nucleare strategico.
4) non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che per gli Stati europei è possibile modificare la linea strategica degli USA soltanto se vi si contrappongono apertamente, rompendo il fronte NATO-UE. I mormorii nei corridoi delle Cancellerie o le virgole allusive nelle dichiarazioni diplomatiche contano zero. Altrimenti resta solo pregare che la prossima Amministrazione presidenziale americana rinsavisca e inverta rotta (probabilità: molto bassa).
5) non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che i numeretti magici della Bocconi non spiegano niente e non decidono niente, in questo conflitto. L’economia vi ha un importante ruolo solo come “potenza latente” trasformabile in “potenza manifesta” militare, e la Russia con le sue risorse e la sua rete di alleanze, in primis la Cina, è economicamente inaffondabile.
6) Non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, che sia la Russia, sia gli USA, fanno sul serio, mortalmente sul serio. Non bluffano, non le sparano grosse per fini propagandistici. Gli obiettivi strategici americani sono quelli, frammentazione della Russia in vista del contenimento della Cina. Per la Russia configurano una minaccia esistenziale immediata. La Cina sa benissimo di essere il prossimo Stato nel mirino, e ne trae le conseguenze logiche.
6) insomma le classi dirigenti italiane non hanno capito, o fanno finta di non aver capito, un ca**o. Dio ci aiuti, anche se non ce lo meritiamo.

19 giugno 2022 Crisi di regime: 2022 come 1877, di André Larané

Gli Amici di Herodote.net hanno potuto intravedere nel nostro editoriale del 19 gennaio 2022 il terremoto politico che sta scuotendo la Francia. Herodote.net aveva quindi anticipato l’elezione di un’Assemblea senza maggioranza. Cinque mesi dopo, questa Assemblea è in vigore. Segue de facto la fine del regime presidenziale stabilito dal generale de Gaulle. Questa situazione è paragonabile a quella della Terza Repubblica dopo la crisi del 16 maggio 1877, che vide il presidente Mac-Mahon rinunciare alle sue prerogative a favore della Camera dei Deputati…

La presidenza Macron come la presidenza Mac-Mahon?Il 19 gennaio scrivevo: «Non è affatto certo che il presidente riacquisti la maggioranza parlamentare perché non beneficerà più di alcuno stato di grazia e i candidati del suo partito saranno giudicati sul loro curriculum e su quello del precedente durata quinquennale. »

Concludo l’analisi con queste parole: “Dopo le elezioni presidenziali che si preannunciano molto noiose, non si può escludere a giugno un risveglio della democrazia con accesi dibattiti in ciascuna delle 577 circoscrizioni. Il confronto tra Emmanuel Macron e il suo lontano predecessore Patrice de Mac-Mahon assumerebbe poi il suo pieno significato se, per caso, il presidente dovesse confrontarsi con un’Assemblea meno conciliante di quella attuale. »

La situazione incombente, infatti, non ha nulla a che vedere con le precedenti convivenze della Quinta Repubblica. Ciò ha portato a un’opposizione tra due blocchi ben strutturati: sinistra e destra, con leader assertivi alla testa: Mitterrand e Chirac, Chirac e Jospin.

Niente del genere oggi. Non sta emergendo alcuna coalizione di governo in stile tedesco o italiano. A sinistra, il Nupes (142 seggi) agglomera partiti che non smettono mai di disgregarsi (socialisti, comunisti, ecologisti, nuova sinistra razzista); a destra, i repubblicani (64 seggi), troppo pochi per governare, sono divisi sull’atteggiamento da assumere nei confronti del presidente. All’estrema destra, il  Raduno Nazionale , con i suoi 89 posti, sarà in posizione di arbitro sulle fatture delicate.

L’alleanza centrista Insieme! (246 seggi) rimane lontana dalla maggioranza assoluta (289 seggi). Al suo interno, il partito presidenziale LREM (170 seggi) dovrà fare i conti con i suoi alleati, il Modem di François Bayrou e gli Orizzonti di Édouard Philippe. A peggiorare le cose, questo partito è destinato a scomparire al termine del mandato di cinque anni, quando il suo leader Emmanuel Macron si ritirerà dalla competizione come previsto dalla Costituzione. Questa prospettiva non può motivare i suoi vice…

Nessun leader di partito è un leader. Jean-Luc Mélenchon , abile stratega, disdegnava di essere eletto all’Assemblea e rischia di essere superato dall’età (70). Quanto a Marine Le Pen, leader del Rassemblement National , il suo tratto più sorprendente non è la rabbia per vincere nonostante l’indefettibile sostegno delle classi lavoratrici, disorientate dall’accelerato degrado del Paese. Emmanuel Macron , infine, non avrà altra scelta che “sottomettersi” come il maresciallo Patrice de Mac-Mahon e tutti i suoi successori della Terza Repubblica prima di lui.

Siamo entrati in un sistema parlamentare senza maggioranza. La Francia dovrà essere gestita a pezzi, senza visione né prospettiva (non osiamo immaginare cosa sarebbe successo con un voto proporzionale ). Questa è la configurazione peggiore nella multiforme crisi che la Francia e l’Europa stanno vivendo.

Il 22 gennaio 2015, Herodote.net si chiedeva se il 2015 avrebbe segnato una nuova rottura storica come l’Europa sperimenta ogni secolo (1914, 1815, 1713, 1618, 1519…). In effetti, eccoci qui. Testata dalle  ondate migratorie  (agosto 2015), l’Unione Europea da allora è entrata in un susseguirsi di shock: crisi greca, Brexit, Covid-19, ecc. La guerra in Ucraina ha oscurato ancora un po’ il quadro: la Russia, saldamente radicata nelle sue posizioni, ha trascinato l’Europa in una lunga guerra con conseguenze che minacciano di essere disastrose per le classi lavoratrici: penuria, inflazione, ecc.

Di fronte a tutte queste sfide, la Francia, per mancanza di un governo stabile, sarà impotente come lo è stata la Quarta Repubblica di fronte alla guerra in Algeria. Dovrà anche fare i conti con i suoi fallimenti interni: il collasso dei sistemi sanitari e educativi, il comunitarismo, la violenza. Da diversi anni, la mortalità infantilecomincia a crescere e anche indicatori sanitari come l’aspettativa di vita potrebbero deteriorarsi nei prossimi mesi (questo sarebbe senza precedenti per due secoli in tempo di pace). La violenza del 28 maggio 2022, allo Stade de France, fa temere il peggio per i Giochi Olimpici del 2024, che si svolgeranno nello stesso luogo, alle porte di Parigi. Olimpiadi sotto assedio? Sarebbe il colpo di grazia per un regime e un Paese senza fiato… Speriamo che la percezione di queste difficoltà ci porti a reagire e faccia sì che le minacce non si concretizzino.

18 ottobre 2018

Francia: dalla sovranità alla servitù volontaria?

Diciassette mesi dopo la sua elezione, il presidente Macron, come i suoi predecessori, sta cadendo nell’impopolarità. I suoi tratti caratteriali e il suo metodo di governo hanno una parte di responsabilità. Ma il malessere deriva soprattutto dall’incompatibilità tra una funzione presidenziale quasi monarchica e una libertà d’azione fortemente limitata dalle autorità europee e, in misura minore, dalla NATO e dagli Stati Uniti. In questo modo il Paese può accontentarsi di un buon manager. Non c’è bisogno che il presidente possieda, come il fondatore della Quinta Repubblica (de Gaulle), un carisma eccezionale o una visione politica a lungo termine…

Dall’affare Benalla e dalla rivelazione dell’impunità di cui gode la guardia del corpo dell’Eliseo, Emmanuel Macron sembra essere sfortunato. Dimenticato la sua intronizzazione reale nel cortile del Louvre, il ricevimento di Putin a Versailles e la stretta di mano virile a Trump. Il presidente passa di errore in errore, dal rimprovero esagerato a uno scolaro che lo aveva salutato con un familiare “Manu” al selfie tra due giovani indiani occidentali, per una volta francamente irrispettosi e volgari.

Il presidente Macron in televisione il 16 ottobre 2018Colto alla sprovvista dalle brutali dimissioni di due ministri di Stato, Nicolas Hulot (Ambiente) e Gérard Collomb (Interni), ha impiegato due settimane per ricomporre la squadra ministeriale con i “secondi coltelli” .

Queste difficoltà ricordano quelle di Nicolas Sarkozy e François Hollande. Questi presidenti hanno, per sfiga, debolezze che li rendono inadatti ad assumere la loro funzione? Anche i primi presidenti della V Repubblica avevano le loro debolezze, ma non impedivano loro di condurre fino in fondo il carro di Stato con più o meno fermezza. Solo gli ultimi due anni del secondo mandato di François Mitterrand e Jacques Chirac sono stati segnati da una grave crisi di autorità.

Ego o arbitro? Paradosso del “noi di maestà”

Abusando del  “me, io” dell’autorità ( “io voglio” , “ho deciso” ), Emmanuel Macron si pone al centro della scena con il rischio di essere accusato di tutti i fallimenti del governo. Ricordiamoci che l’unico monarca che ha così usato il “me, io” è Luigi XVI, di fronte ai deputati degli Stati Generali. Prima di lui, Luigi XIV era attento a usare sempre il “noi di maestà” , che designava non la sua persona fisica ma la sua persona morale, cioè il Trono e l’intera Nazione. Quando il re proclamò: “Abbiamo deciso…”, i suoi ascoltatori compresero che egli parlava come portavoce e arbitro di tutte le istituzioni rappresentative del regno, anche se ciò significava contraddirle in tutto o in parte. Nessuno si sognava allora di fissare la persona regale, le sue debolezze e i suoi tic, il suo umile involucro carnale. Ci siamo inchinati davanti alla figura della Nazione.
Ci rammarichiamo quindi che il Presidente della Repubblica non utilizzi più spesso il “noi” falsamente qualificato come “maestà” . Apparirebbe quindi come un arbitro che esprime un’opinione consensuale e non personale. Le sue decisioni sarebbero state accettate più facilmente ei suoi errori e passi falsi sarebbero più facilmente perdonati.

Un potere privo di contenuti

In questo 21° secolo, i presidenti possono ostentare la loro autorità a colpi di mento ai loro ministri e ai loro concittadini, ma la loro impotenza non è meno flagrante sulla scena internazionale e in materia di politica economica. Più decisivo dei tratti caratteriali l’uno dell’altro, c’è stato uno sconvolgimento a partire dagli anni ’90 che ha trasformato la presidenza della Repubblica in “missione impossibile” .

La Francia, come le altre democrazie dell’Unione Europea, ha sacrificato la propria sovranità, svuotando di sostanza i mandati elettivi e in primo luogo quello del Presidente della Repubblica. A che serve in queste condizioni un presidente che ha più potere di Luigi XIV (almeno per cinque anni) ma non può farci nulla?

In termini di valuta, politica industriale e commerciale, diritto civile, protezione delle frontiere e cittadinanza, il presidente e il suo governo non hanno praticamente alcun margine di manovra. Lo stesso in materia diplomatica, militare e strategica.

– politica non monetaria:

La moneta unica ha diviso più che mai gli Stati della zona euro. Questa moneta unica era stata voluta da François Mitterrand. Nel 1989, legato a una visione superata dell’Europa (è nato nel 1916), il presidente temeva che la Germania federale si stesse allontanando dalla Francia e dall’Europa occidentale per fondare una nuova Mitteleuropa . Ha ritenuto intelligente trattenerlo dissolvendo il marco nell’euro, come ci ricorda il filosofo Marcel Gauchet ( Capire la disgrazia francese ).

Questa moneta unica, infatti, ha avuto effetti disastrosi sulle economie europee ( Come la moneta unica sta uccidendo l’Europa ): sopravvalutata rispetto alla Francia e sottovalutata rispetto alla Germania, è responsabile di uno squilibrio commerciale tra i due paesi che continua a crescere .

Incapace di ristabilire l’equilibrio con un semplice adeguamento dei tassi di cambio, il governo francese si riduce da un lato a promettere aiuti ai contadini sovraindebitati per dissuaderli dal suicidio, dall’altro ad aiutare i lavoratori a negoziare al meglio il loro TFR!

Dovendo peraltro colmare il deficit monetario causato dall’eccesso di importazioni, dovette indebitarsi massicciamente dall’estero e si consolava dicendo che la buona immagine dei banchieri di Francoforte con fondi speculativi gli permetteva di ottenere tassi di interesse moderati. Ci confortiamo a vicenda come meglio possiamo.

Questo non basta per accrescere il prestigio della classe politica, tanto più che è stata largamente ingannata dalle promesse della moneta unica: convergenza delle economie europee e prosperità per tutti! È successo tutto il contrario e, per due decenni, la macchina europea ha avuto un solo obiettivo: garantire la sopravvivenza dell’euro contro ogni previsione. Ha rinunciato a lanciare nuovi progetti di mobilitazione come in passato Airbus, Ariane, Erasmus… L’Europa muore se l’euro sopravvive. Anche il giornalista Jean Quatremer, fervente sostenitore dell’Europa, ha perso le illusioni su questa Europa e non si aspetta più nulla da essa ( nota ).

– politica non industriale e commerciale:

A metà degli anni Ottanta, i leader europei, in primis i socialisti francesi, si convertirono all’ideologia neoliberista apparsa poco prima nel mondo anglosassone (ne abbiamo dettagliato origine e contenuto in Histoire of the European Crisis, l’esplosione di gli anni ’80 ).

Facendo l’apprendista stregone, hanno fatto dell’Europa un laboratorio del neoliberismo applicandone i principi senza alcuna restrizione: non si tratta di autorizzare politiche industriali che favoriscano un campione nazionale o addirittura europeo; non si tratta di bloccare l’ offensiva di Gafa mettendo i concorrenti locali contro questi colossi di Internet, come hanno già fatto con successo russi e cinesi (Bruxelles riesce a malapena a far pagare loro le tasse!)…

È così che i nostri leader hanno aperto l’Europa alle burrasche della globalizzazione e del libero scambio ( nota ) senza preoccuparsi che i loro principali concorrenti mantenessero solide protezioni.

• Gli Stati Uniti usano e abusano del loro potere militare e monetario. Lo hanno appena dimostrato ancora una volta rinunciando al trattato con l’Iran e costringendo le aziende europee a rinunciare a questo mercato promettente.

Stanno trasformando il trattato commerciale tra il Canada e l’Unione Europea ( CETA ) in un vaglio, costringendo il Canada a firmare con loro un trattato bilaterale di libero scambio più vantaggioso. Quali vantaggi possono aspettarsi gli imprenditori europei dal CETA quando i loro concorrenti statunitensi beneficiano di migliori condizioni doganali in Canada? Gli europei avranno tutti gli svantaggi del trattato e nessuno dei vantaggi previsti.

• Dovremmo insistere sulla Cina? Questa economia, che è diventata la prima al mondo, è anche la meno liberale che ci sia. Tutte le banche e le imprese strategiche sono controllate dal governo di Xi Jinping.

Grazie alle valute estere recuperate dal settore bancario statale e subito prestate al governo americano, il governo cinese è riuscito a mantenere artificialmente la sottovalutazione dello yuan. Questo dumping monetario le ha permesso di favorire le sue esportazioni e di devastare le industrie occidentali a basso valore aggiunto ( l’arma monetaria di Pechino ). Ora sta usando le sue eccedenze commerciali per acquistare società high-tech occidentali attraverso le proprie società, per quanto in bancarotta e in perdita.

– politica non estera e militare:

L’irruzione di Donald Trump sulla scena internazionale ha messo a nudo l’impotenza di Europa e Francia ( Il lato oscuro dell’impero americano ). Il presidente americano ha rinnegato il trattato COP21 firmato dal suo predecessore e ha voltato le spalle agli impegni ambientali presi da tutti gli altri governi del pianeta senza che nessuno potesse opporsi.

Anche lui, come abbiamo visto, ha rinnegato il trattato faticosamente concluso con l’Iran. Il presidente Macron, lucido, ha percepito il significato di questo gesto: «Se accettiamo che altre grandi potenze, alleati compresi, amici compresi nelle ore più dure della nostra storia, si mettano nelle condizioni di decidere per noi la nostra diplomazia, la nostra sicurezza, a volte facendoci correre i rischi peggiori, allora non siamo più sovrani» (Aix-la-Chapelle, 10 maggio 2018). Il presidente francese ei suoi colleghi europei hanno agito di conseguenza? Anzi. Sono andati a letto e anche noi. La conclusione è chiara e lo stesso Emmanuel Macron lo ha espresso pubblicamente: non siamo più sovrani!

Infatti, Parigi ha abbandonato ad altri (Bruxelles, Francoforte, Berlino, Washington, ecc.) le grandi politiche e il dominio sovrano: valuta, commercio, politica industriale, protezione delle frontiere, alleanze strategiche, ecc.

A poco a poco, la Francia e gli altri stati europei barattarono la loro sovranità con una “servitù volontaria” (l’espressione è tratta da La Boétie, 1576). Per questo i politici francesi e lo stesso presidente non possono più farsi sentire. L’ospite dell’Eliseo non ha più poteri di un sindaco di villaggio: distribuisce aiuti e permessi; aumenta le tasse qui, le diminuisce là; lui “fa social”  o “social” e mette i suoi uomini in posizioni chiave per rafforzare la sua autorità e assicurarne la rielezione… Non sorprende che Gérard Collomb abbia lasciato il ministero dell’Interno per il suo municipio a Lione, cosa che non sarebbe accaduta nel secolo precedente quando la Francia era ancora la Francia, uno stato sovrano e ovunque rispettato. Il ministero dell’Interno era allora molto più ricco di significato di un comune, anche quello di Lione.

Questa servitù è definitiva? Diciamo che la “Grande Nazione” ha ancora una grande risorsa: a differenza della Grecia (poveri) o del Regno Unito (marginale), occupa una posizione centrale nell’Unione Europea. Senza di essa, l’Unione scompare.

Se il presidente francese sollevasse la minaccia di un referendum sul Frexit (uscita dall’Unione Europea), gli altri leader europei sarebbero obbligati ad ascoltarlo con rispetto e a riflettere con lui, perché no? la fine della moneta unica e la sua sostituzione con monete nazionali facenti capo a una moneta comune ( vedi la nostra analisi ), la protezione delle attività e delle imprese europee contro il dumping cinese o nordamericano, il ritorno a grandi progetti di mobilitazione, la creazione di un’Europa di difesa indipendente dagli Stati Uniti…

https://www.herodote.net/Crise_de_regime_2022_comme_1877-article-2813.php

https://www.herodote.net/De_la_souverainete_a_la_servitude_volontaire-article-2716.php?ID_dossier=74

Capi, plenipotenziari e luogotenenti, a cura di Giuseppe Germinario

La chiosa all’intervento di Putin, tradotto in calce, inizia con la dichiarazione inquietante, parte di una intervista al Corriere della Sera del 18 giugno, di un certo Pavlo Klimkin, già  oscuro Ministro del Governo Poroshenko e ambasciatore ucraino in Germania, nonché negoziatore degli accordi di Minsk: «Non voglio spaventare nessuno, ma sento che si avvicina il momento in cui le emozioni della guerra traboccheranno anche all’estero. Nel vostro Paese, ad esempio, ci sono migliaia di ucraini e anche di russi. Temo che ci saranno conflitti, personali e non. Succederà. È meglio prepararsi». Affermazioni invece che devono essere colte nel loro significato allusivo e “spaventare”. Potrebbe sembrare una delle tante rodomontate cui ci hanno abituato i dirigenti ucraini, se non fosse per i riscontri sempre più frequenti nella vita reale. 

Risse e minacce ai meno entusiasti del sostegno al regime ucraino e ai russi residenti in Italia; una sicumera tale che gli aiuti e i sostegni diventano pretese gratuite. Del resto gli ucraini sono stati eletti dalla nostra commissaria i nuovi templari a difesa della Unione Europea e della democrazia; qualche obolo bisognerà pure riconoscere al merito. Solo che questo obolo arriva a costare ormai 5 miliardi di euri al mese solo per mantenere una nazione in guerra e costerà oltre 600 miliardi di euri per una ricostruzione a spese dell’Europa, ma determinata dalle politiche provocatorie ed avventuriste statunitensi. Le prime reazioni della gente alla sicumera imperante cominciano ad affiorare con gli sfratti di nuclei ucraini ospitati da famiglie inglesi e francesi con scarsa riconoscenza e cura degli occupanti, diciamo così, delle suppellettili; con l’improvvisa cancellazione del Governo Polacco di quasi ogni forma di sostegno assistenziale ai rifugiati. Onde prevenire le scontate ed indignate, pelose critiche di razzismo, non si tratta di accusare certo la genìa di un popolo, quanto di stigmatizzare la politica “compassionevole” di accettazione a buon mercato fatta di concessioni agevolate ed approssimative di cittadinanza (vedi circolari del Ministero degli Interni), di promozioni gratuite a scuola (disposizioni del Ministero della Istruzione) e quant’altro tende a creare un atteggiamento di pretese piuttosto che di integrazione in una comunità civile. Gli Stati Uniti, la UE e gli stati europei non stanno sostenendo il popolo ucraino; stanno puntellando un regime nemico di quel popolo, apertamente nei confronti di una parte, in maniera subdola verso l’altra; tale compagine é disposta a sacrificare sino alla morte la propria gente per interessi prosaici inseriti in una economia di guerra e perché preda di un nazionalismo astratto e fanatico che per reggersi deve consegnarsi mani e piedi allo straniero. Sono dinamiche già viste in questi ultimi due secoli in quell’area e in quel vasto campionario di repubbliche delle banane conosciuto in America Latina e in Africa. Dinamiche che ridurranno il popolo ucraino superstite a diventare plebe e riserva di mercenari buoni a tutti gli usi dentro e fuori il loro paese, in un contesto europeo in cui le bande più o meno organizzate proliferano già nelle periferie; ucraini senza nemmeno la effettiva disponibilità della loro terra e delle poche competenze tecnologiche mantenute ed acquisite nella terra di nessuno delle biotecnologie, dell’informatica e degli armamenti. Simili dichiarazioni non devono passare sotto silenzio. Mettono in piena luce la imperterrita coerenza del nostro Presidente del Consiglio, nonché plenipotenziario, nonché secondino e segugio dei possibili trasgressori europei ai dictat della componente più oltranzista dei decisori statunitensi. Altrettanto ostinato e ligio come Zelenski, ma molto meno convincente nella recitazione. Altrettanto disposto a dissestare e sconvolgere il paese che governa, non solo in occasione del conflitto ucraino, ma sempre meno credibile nella capacità di ammantare il disastro e il suicidio con l’aura di valori e principi inossidabili e inoppugnabili. Dotato però di una visione più ampia; ancora più disposto di Zelenski ad estendere la logica della geopolitica ucraina ai paesi dei Balcani, con la spinta alla loro inclusione accelerata nella UE. Un modo per introdurre ulteriori situazioni di conflitto civile all’interno della istituzione europea e per ridurre ulteriormente la UE ad appendice e clone della NATO. Sarà forse l’età e il peso degli antefatti, la scontata ripetitività di un uomo che ha iniziato quarant’anni fa la propria brillante carriera partecipando a pieno titolo alla liquidazione del patrimonio industriale e finanziario del proprio paese e conta di concludere il proprio percorso di “statista” chiudendo definitivamente il ciclo con il totale e supino asservimento politico e degrado socio-economico. I nostri ventriloqui della “stampa e comunicazione” non vogliono capire o fingono di non capire che non è il nostro paese ad acquisire lustro e prestigio da Mario Draghi, ma è la sua figura esclusiva di plenipotenziario a farlo emergere nell’agone europeo. Ragion per cui, se qualche cambiamento ci sarà, sarà dovuto all’aspro confronto interno negli Stati Uniti. Mario Draghi prima se ne andrà, meglio sarà. E con lui la coorte di ministri, improbabili nella gran parte, di cui amava pavoneggiarsi, almeno sino a poco tempo fa. Certamente non gli mancherà, a missione conclusa, l’ennesimo riconoscimento di una giusta mercede. Lo ha ribadito del resto lui stesso più volte che non ha bisogno di mecenati italici per garantirsi un futuro dorato. L’importante è che, quantomeno, senza che ne arrivi uno peggiore, se ne vada nel silenzio sprezzante piuttosto che con gli allori e con l’aura del salvatore della patria. Un concetto del resto estraneo al suo bagaglio e che fatica addirittura ad esprimere con appropriatezza, tanto è distante dalla sua forma mentis.

Non mancherà certo qualche solerte alta istituzione pronta a conferire onorificenze nemmeno richieste. L’importante che si arrivi quantomeno ad evidenziare la solitudine del potere, “il re nudo”.

Intanto godetevi l’intervento di Putin, sperando che la sua lettura rafforzi la convinzione di dover uscire fuori, prima che sia troppo tardi, dal cappio, dal pantano e dalla tragedia in cui ci stiamo e ci stanno infilando. Ci sarà tempo per commentare il resto. Buona lettura, Giuseppe Germinario

 

Sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo

Il Presidente ha partecipato alla sessione plenaria del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

17:40
San Pietroburgo

Alla sessione ha preso parte anche il Presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev . Il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping e il presidente della Repubblica araba d’Egitto Abdel Fattah el-Sisi sono intervenuti alla sessione in videoconferenza.

Il tema di quest’anno è Nuove opportunità in un nuovo mondo.

* * *

La moderatrice della sessione plenaria Margarita Simonyan: Buon pomeriggio, o quasi sera.

Come forse saprai, abbiamo avuto un piccolo problema tecnico. Per fortuna, è stato risolto rapidamente. Siamo grati a coloro che hanno risolto questo problema.

Ringraziamo anche il pubblico.

Siamo grati al nostro leader, il presidente Vladimir Putin, per aver tradizionalmente inserito questo forum nel suo programma in modo che possa parlarci delle prospettive economiche e di altri piani.

Siamo grati al presidente Kassym-Jomart Tokayev per aver partecipato al nostro forum. Sappiamo che non è una cosa facile da fare. Grazie per supportare il nostro forum e il nostro paese. Lo apprezziamo davvero.

Avremo molte domande oggi. Alcuni potrebbero non piacerti e potrei non essere felice di chiederne alcuni. Saremmo molto più felici di parlare solo di cose buone, ma questo è impossibile oggi.

Signor Presidente, vorrei chiederle di prendere posizione e di dirci cosa c’è in serbo per tutti noi. Grazie.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Grazie mille. Presidente Tokayev, amici e colleghi,

Saluto tutti i partecipanti e gli ospiti del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

Si svolge in un momento difficile per la comunità internazionale in cui l’economia, i mercati e gli stessi principi del sistema economico globale hanno subito un duro colpo. Molte catene commerciali, industriali e logistiche, dislocate dalla pandemia, sono state sottoposte a nuovi test. Inoltre, nozioni aziendali fondamentali come la reputazione aziendale, l’inviolabilità della proprietà e la fiducia nelle valute globali sono state gravemente danneggiate. Purtroppo, sono stati indeboliti dai nostri partner occidentali, che lo hanno fatto deliberatamente, per il bene delle loro ambizioni e al fine di preservare obsolete illusioni geopolitiche.

Oggi, la nostra – quando dico “nostra”, intendo la leadership russa – la nostra visione della situazione economica globale. Vorrei parlare in modo più approfondito delle azioni che la Russia sta intraprendendo in queste condizioni e di come intende svilupparsi in queste circostanze che cambiano dinamicamente.

Quando ho parlato al Forum di Davos un anno e mezzo fa, ho anche sottolineato che l’era di un ordine mondiale unipolare è giunta al termine. Voglio iniziare con questo, perché non c’è modo di aggirarlo. Questa era è finita nonostante tutti i tentativi di mantenerla e preservarla a tutti i costi. Il cambiamento è un processo naturale della storia, poiché è difficile conciliare la diversità delle civiltà e la ricchezza delle culture del pianeta con stereotipi politici, economici o di altro tipo: qui non funzionano, sono imposti da un centro in modo approssimativo e maniera senza compromessi.

Il difetto è nel concetto stesso, poiché il concetto afferma che esiste un potere, sebbene forte, con una cerchia ristretta di stretti alleati o, come si suol dire, paesi con accesso garantito e tutte le pratiche commerciali e le relazioni internazionali, quando è convenienti, sono interpretati esclusivamente nell’interesse di questo potere. Essenzialmente funzionano in una direzione in un gioco a somma zero. Un mondo costruito su una dottrina di questo tipo è decisamente instabile.

Dopo aver dichiarato la vittoria nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si proclamarono messaggeri di Dio sulla Terra, senza alcun obbligo e solo interessi dichiarati sacri. Sembrano ignorare il fatto che negli ultimi decenni si sono formati nuovi centri potenti e sempre più assertivi. Ciascuno di essi sviluppa il proprio sistema politico e le proprie istituzioni pubbliche secondo il proprio modello di crescita economica e, naturalmente, ha il diritto di proteggerli e di assicurare la sovranità nazionale.

Si tratta di processi oggettivi e di vere e proprie trasformazioni tettoniche rivoluzionarie nella geopolitica, nell’economia globale e nella tecnologia, nell’intero sistema delle relazioni internazionali, dove il ruolo di paesi e regioni dinamici e potenzialmente forti è in sostanziale crescita. Non è più possibile ignorare i loro interessi.

Per ribadire, questi cambiamenti sono fondamentali, rivoluzionari e rigorosi. Sarebbe un errore presumere che in un momento di cambiamento turbolento, si possa semplicemente lasciar perdere o aspettare che tutto ritorni in carreggiata e diventi quello che era prima. Non lo farà.

Tuttavia, l’élite dominante di alcuni stati occidentali sembra nutrire questo tipo di illusioni. Si rifiutano di notare le cose ovvie, aggrappandosi ostinatamente alle ombre del passato. Ad esempio, sembrano credere che il predominio dell’Occidente nella politica e nell’economia globali sia un valore immutabile ed eterno. Niente dura per sempre.

I nostri colleghi non stanno solo negando la realtà. Più di quello; stanno cercando di invertire il corso della storia. Sembrano pensare nei termini del secolo scorso. Sono ancora influenzati dalle proprie idee sbagliate sui paesi al di fuori del cosiddetto “miliardo d’oro”: considerano tutto un ristagno, o il loro cortile. Li trattano ancora come colonie, e le persone che ci vivono, come persone di seconda classe, perché si considerano eccezionali. Se sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda categoria.

In tal modo, l’irrefrenabile urgenza di punire, di schiacciare economicamente chiunque non si adatti al mainstream, non vuole obbedire ciecamente. Inoltre, impongono crudamente e spudoratamente la loro etica, le loro opinioni sulla cultura e le idee sulla storia, a volte mettendo in discussione la sovranità e l’integrità degli stati e minacciando la loro stessa esistenza. Basti ricordare cosa è successo in Jugoslavia, Siria, Libia e Iraq.

Se uno stato “ribelle” non può essere soppresso o pacificato, cercano di isolare quello stato, o “cancellarlo”, per usare il loro termine moderno. Tutto va bene, anche lo sport, le Olimpiadi, i divieti di cultura e capolavori d’arte solo perché i loro creatori vengono dal Paese “sbagliato”.

Questa è la natura dell’attuale ciclo di russofobia in Occidente e delle folli sanzioni contro la Russia. Sono pazzi e, direi, sconsiderati. Non hanno precedenti nel numero di essi o nel ritmo con cui l’Occidente li sforna.

L’idea era chiara come il giorno: si aspettavano di schiacciare improvvisamente e violentemente l’economia russa, di colpire l’industria, la finanza e il tenore di vita delle persone della Russia distruggendo catene commerciali, richiamando con la forza le società occidentali dal mercato russo e congelando i beni russi.

Questo non ha funzionato. Ovviamente, non ha funzionato; non è successo. Gli imprenditori e le autorità russe hanno agito in modo raccolto e professionale e i russi hanno mostrato solidarietà e responsabilità.

Passo dopo passo, normalizzeremo la situazione economica. Abbiamo stabilizzato i mercati finanziari, il sistema bancario e la rete commerciale. Ora siamo impegnati a saturare l’economia con liquidità e capitale circolante per mantenere il funzionamento stabile di imprese e aziende, occupazione e posti di lavoro.

Le terribili previsioni per le prospettive dell’economia russa, che erano state fatte all’inizio della primavera, non si sono concretizzate. È chiaro perché questa campagna di propaganda è stata alimentata e sono state fatte tutte le previsioni del dollaro a 200 rubli e il crollo della nostra economia. Questo era e rimane uno strumento in una lotta per l’informazione e un fattore di influenza psicologica sulla società russa e sui circoli economici interni.

Per inciso, alcuni dei nostri analisti hanno ceduto a questa pressione esterna e hanno basato le loro previsioni sull’inevitabile crollo dell’economia russa e su un critico indebolimento della valuta nazionale, il rublo.

La vita reale ha smentito queste previsioni. Tuttavia, vorrei sottolineare che per continuare ad avere successo, dobbiamo essere esplicitamente onesti e realistici nel valutare la situazione, essere indipendenti nel giungere a conclusioni e, naturalmente, avere uno spirito positivo, il che è molto importante. Siamo persone forti e possiamo affrontare qualsiasi sfida. Come i nostri predecessori, possiamo risolvere qualsiasi compito. L’intera storia millenaria del nostro Paese lo conferma.

In soli tre mesi dall’imponente pacchetto di sanzioni, abbiamo soppresso i picchi dei tassi di inflazione. Come sapete, dopo aver raggiunto il picco del 17,8 per cento, l’inflazione ora si attesta al 16,7 per cento e continua a scendere. Questa dinamica economica si sta stabilizzando e le finanze statali sono ora sostenibili. Confronterò questo con altre regioni più avanti. Sì, anche questa cifra è troppo per noi: il 16,7 percento è un’inflazione elevata. Dobbiamo e lavoreremo su questo e, ne sono certo, otterremo un risultato positivo.

Dopo i primi cinque mesi di quest’anno, il bilancio federale ha un avanzo di 1,5 trilioni di rubli e il bilancio consolidato – un avanzo di 3,3 trilioni di rubli. Solo a maggio, l’eccedenza del bilancio federale ha raggiunto quasi mezzo trilione di rubli, superando di oltre quattro volte la cifra di maggio 2021.

Oggi, il nostro compito è creare le condizioni per costruire la produzione e aumentare l’offerta nel mercato interno, nonché ripristinare la domanda e il finanziamento bancario nell’economia in proporzione alla crescita dell’offerta.

Ho accennato al fatto che abbiamo adottato misure per ristabilire le attività fluttuanti delle società. Nella maggior parte dei settori, le imprese hanno ricevuto il diritto di sospendere i premi assicurativi per il secondo trimestre dell’anno. Le aziende industriali hanno ancora più opportunità: potranno ritardarle anche nel terzo trimestre. In effetti, questo è come ottenere un prestito senza interessi dallo stato.

In futuro, le aziende non dovranno pagare i premi assicurativi ritardati in un unico pagamento. Potranno pagarli in rate uguali in 12 mesi, a partire da giugno del prossimo anno.

Prossimo. Da maggio il tasso del mutuo agevolato è stato ridotto. Ora è del 9 per cento, mentre il programma è stato prorogato fino alla fine dell’anno. Come ho già detto, il programma mira ad aiutare i russi a migliorare la loro situazione abitativa, sostenendo nel contempo l’industria dell’edilizia domestica e le industrie correlate che danno lavoro a milioni di persone.

Dopo il picco di questa primavera, i tassi di interesse sono gradualmente scesi, poiché la Banca centrale ha abbassato il tasso di riferimento. Credo che ciò consenta di ridurre ulteriormente al 7 per cento il tasso del mutuo agevolato.

Cosa è importante qui? Il programma durerà fino alla fine dell’anno senza modifiche. Significa che i nostri concittadini russi che cercano di migliorare le loro condizioni di vita dovrebbero approfittare del sussidio entro la fine dell’anno.

Anche il limite di prestito non cambierà, a 12 milioni di rubli per Mosca e San Pietroburgo e 6 milioni per il resto della Russia.

Vorrei aggiungere che dobbiamo rendere più accessibili i prestiti a lungo termine alle imprese. L’attenzione deve spostarsi dai sussidi di bilancio per le imprese ai prestiti bancari come mezzo per stimolare l’attività imprenditoriale.

Abbiamo bisogno di supportare questo. Assegneremo 120 miliardi di rubli dal National Wealth Fund per aumentare la capacità della VEB Project Financing Factory. Ciò fornirà prestiti aggiuntivi per iniziative e progetti tanto necessari per un valore di circa mezzo trilione di rubli.

Colleghi,

Ancora una volta, la guerra lampo economica contro la Russia era destinata a fallire fin dall’inizio. Le sanzioni come arma si sono rivelate negli ultimi anni un’arma a doppio taglio, danneggiando i loro sostenitori e architetti solo molto, se non di più.

Non sto parlando delle ripercussioni che vediamo chiaramente oggi. Sappiamo che i leader europei in modo informale, per così dire, di nascosto, discutono della possibilità molto preoccupante che le sanzioni vengano comminate non alla Russia, ma a qualsiasi nazione indesiderabile e, in definitiva, a chiunque, comprese l’UE e le società europee.

Finora non è così, ma i politici europei hanno già assestato un duro colpo alle loro economie da soli. Vediamo che i problemi sociali ed economici peggiorano in Europa, e anche negli Stati Uniti, i prezzi di cibo, elettricità e carburante aumentano, con la qualità della vita in Europa in calo e le aziende che perdono il loro vantaggio sul mercato.

Secondo gli esperti, le perdite dirette e calcolabili dell’UE dovute alla febbre delle sanzioni potrebbero superare i 400 miliardi di dollari quest’anno. Questo è il prezzo delle decisioni che sono lontane dalla realtà e contraddicono il buon senso.

Queste spese ricadono direttamente sulle spalle delle persone e delle aziende nell’UE. Il tasso di inflazione in alcuni paesi dell’Eurozona ha superato il 20%. Ho menzionato l’inflazione in Russia, ma i paesi dell’Eurozona non stanno conducendo operazioni militari speciali, eppure il tasso di inflazione in alcuni di essi ha raggiunto il 20%. Anche l’inflazione negli Stati Uniti è inaccettabile, la più alta degli ultimi 40 anni.

Naturalmente, anche l’inflazione in Russia è finora a doppia cifra. Tuttavia, abbiamo adeguato le prestazioni sociali e le pensioni all’inflazione e aumentato i salari minimi e di sussistenza, proteggendo così i gruppi più vulnerabili della popolazione. Allo stesso tempo, gli alti tassi di interesse hanno aiutato le persone a mantenere i propri risparmi nel sistema bancario russo.

Gli uomini d’affari sanno, ovviamente, che un tasso chiave elevato rallenta chiaramente lo sviluppo economico. Ma nella maggior parte dei casi è un vantaggio per le persone. Hanno reinvestito una notevole quantità di denaro nelle banche a causa dei tassi di interesse più elevati.

Questa è la nostra principale differenza rispetto ai paesi dell’UE, dove l’aumento dell’inflazione sta riducendo direttamente i redditi reali delle persone e divorando i loro risparmi, e le attuali manifestazioni della crisi colpiscono soprattutto i gruppi a basso reddito.

Le crescenti spese delle società europee e la perdita del mercato russo avranno effetti negativi duraturi. L’ovvio risultato di ciò sarà la perdita di competitività globale e un calo a livello di sistema del ritmo di crescita delle economie europee negli anni a venire.

Nel complesso, ciò aggraverà i problemi profondi delle società europee. Sì, abbiamo anche molti problemi, ma ora devo parlare dell’Europa perché puntano il dito contro di noi anche se hanno già abbastanza dei loro problemi. Ne ho parlato a Davos. Un risultato diretto delle azioni e degli eventi dei politici europei quest’anno sarà l’ulteriore crescita della disuguaglianza in questi paesi, che, a sua volta, dividerà ancora di più le loro società, e il punto in questione non è solo il benessere, ma anche l’orientamento al valore dei vari gruppi in queste società.

In effetti, queste differenze vengono soppresse e spazzate via sotto il tappeto. Francamente, le procedure democratiche e le elezioni in Europa e le forze che salgono al potere sembrano un fronte, perché partiti politici quasi identici vanno e vengono, mentre in fondo le cose rimangono le stesse. I reali interessi delle persone e delle imprese nazionali vengono spinti sempre più alla periferia.

Tale disconnessione dalla realtà e dalle esigenze della società porterà inevitabilmente a un’ondata di populismo e movimenti estremisti e radicali, a grandi cambiamenti socioeconomici, al degrado ea un cambiamento delle élite nel breve termine. Come puoi vedere, le feste tradizionali perdono sempre. Nuove entità stanno venendo a galla, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti.

I tentativi di mantenere le apparenze e le chiacchiere sui presunti costi accettabili in nome della pseudo-unità non possono nascondere la cosa principale: l’Unione Europea ha perso la sua sovranità politica, e le sue élite burocratiche stanno ballando al ritmo di qualcun altro, facendo di tutto raccontato dall’alto e danneggiando la propria gente, le economie e le imprese.

Ci sono altre questioni di fondamentale importanza qui. Il peggioramento della situazione economica mondiale non è uno sviluppo recente. Ora esaminerò le cose che ritengo estremamente importanti. Quello che sta succedendo ora non deriva da quello che è successo in questi mesi, ovviamente no. Inoltre, non è il risultato dell’operazione militare speciale condotta dalla Russia nel Donbass. Dirlo è una distorsione deliberata e non nascosta dei fatti.

L’aumento dell’inflazione nei mercati dei prodotti e delle materie prime era diventato un dato di fatto molto prima degli eventi di quest’anno. Il mondo è stato trascinato in questa situazione, a poco a poco, da molti anni di politiche macroeconomiche irresponsabili perseguite dai paesi del G7, comprese l’emissione incontrollata e l’accumulo di debito non garantito. Questi processi si sono intensificati con l’inizio della pandemia di coronavirus nel 2020, quando l’offerta e la domanda di beni e servizi sono diminuite drasticamente su scala globale.

Questo fa sorgere la domanda: cosa c’entra la nostra operazione militare nel Donbass con questo? Niente di niente.

Poiché non potevano o non volevano escogitare altre ricette, i governi delle principali economie occidentali hanno semplicemente accelerato le loro macchine per la stampa di denaro. Un modo così semplice per compensare deficit di bilancio senza precedenti.

Ho già citato questa cifra: negli ultimi due anni, l’offerta di moneta negli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 38 per cento. In precedenza, un aumento simile richiedeva decenni, ma ora è cresciuto del 38 percento o 5,9 trilioni di dollari in due anni. In confronto, solo pochi paesi hanno un prodotto interno lordo maggiore.

Anche l’offerta di moneta dell’UE è aumentata notevolmente in questo periodo. È cresciuto di circa il 20 percento, ovvero 2,5 trilioni di euro.

Ultimamente ho sentito parlare sempre di più dei cosiddetti – mi scusi, non mi piacerebbe davvero farlo qui, nemmeno menzionare il mio nome a questo proposito, ma non posso farne a meno – tutti sentiamo parlare di così -chiamata ‘inflazione Putin’ in Occidente. Quando vedo questo, mi chiedo chi si aspettano comprerebbe queste sciocchezze – persone che non sanno leggere o scrivere, forse. Chiunque sia abbastanza alfabetizzato da leggere capirebbe cosa sta realmente accadendo.

Russia, le nostre azioni per liberare il Donbass non hanno assolutamente nulla a che fare con questo. L’aumento dei prezzi, l’accelerazione dell’inflazione, la carenza di cibo e carburante, benzina e problemi nel settore energetico sono il risultato di errori a livello di sistema che l’attuale amministrazione statunitense e la burocrazia europea hanno commesso nelle loro politiche economiche. Ecco dove sono le ragioni, e solo lì.

Citerò anche la nostra operazione: sì, potrebbe aver contribuito alla tendenza, ma la causa principale è proprio questa: le loro politiche economiche errate. In effetti, l’operazione che abbiamo lanciato nel Donbass è un’ancora di salvezza a cui stanno afferrando per poter incolpare i propri errori di calcolo sugli altri, in questo caso, sulla Russia. Ma chiunque abbia almeno completato la scuola primaria capirebbe le vere ragioni della situazione odierna.

Quindi, hanno stampato più soldi, e poi? Dove sono finiti tutti i soldi? È stato ovviamente utilizzato per pagare beni e servizi al di fuori dei paesi occidentali: è qui che scorreva il denaro appena stampato. Hanno letteralmente iniziato a ripulire, a spazzare via i mercati globali. Naturalmente nessuno ha pensato agli interessi degli altri Stati, compresi quelli più poveri. Sono rimasti con gli scarti, come si suol dire, e anche quello a prezzi esorbitanti.

Se a fine 2019 le importazioni di merci verso gli Stati Uniti ammontavano a circa 250 miliardi di dollari al mese, ora sono cresciute a 350 miliardi. È interessante notare che la crescita è stata del 40 per cento, esattamente in proporzione all’offerta di moneta non garantita stampata negli ultimi anni. Stampavano e distribuivano denaro e lo usavano per spazzare via le merci dai mercati di paesi terzi.

Questo è quello che vorrei aggiungere. Per molto tempo, gli Stati Uniti sono stati un grande fornitore di cibo nel mercato mondiale. Era orgoglioso, ea ragione, delle sue conquiste, della sua agricoltura e delle sue tradizioni contadine. A proposito, questo è un esempio anche per molti di noi. Ma oggi il ruolo dell’America è cambiato drasticamente. Si è trasformata da esportatore netto di cibo in importatore netto. In parole povere, sta stampando denaro e attirando flussi di merci, acquistando prodotti alimentari in tutto il mondo.

L’Unione europea sta accumulando importazioni ancora più velocemente. Ovviamente, un così forte aumento della domanda che non è coperta dall’offerta di beni ha innescato un’ondata di carenze e inflazione globale. È qui che ha origine questa inflazione globale. Negli ultimi due anni, praticamente tutto – materie prime, beni di consumo e in particolare prodotti alimentari – è diventato più costoso in tutto il mondo.

Sì, certo, questi paesi, compresi gli Stati Uniti, continuano a importare merci, ma l’equilibrio tra esportazioni e importazioni è stato invertito. Credo che le importazioni superino le esportazioni di circa 17 miliardi. Questo è l’intero problema.

Secondo le Nazioni Unite, nel febbraio 2022 l’indice dei prezzi dei generi alimentari era del 50% più alto rispetto a maggio 2020, mentre l’indice delle materie prime composite è raddoppiato in questo periodo.

Sotto la nuvola dell’inflazione, molti paesi in via di sviluppo si pongono una buona domanda: perché scambiare beni con dollari ed euro che stanno perdendo valore proprio davanti ai nostri occhi? La conclusione si suggerisce: l’economia delle entità mitiche viene inevitabilmente sostituita dall’economia dei valori reali e dei beni.

Secondo il FMI, le riserve valutarie globali sono ora a 7,1 trilioni di dollari e 2,5 trilioni di euro. Tali riserve sono svalutate ad un tasso annuo di circa l’8 per cento. Inoltre, possono essere confiscati o rubati in qualsiasi momento se agli Stati Uniti non piace qualcosa nella politica degli stati coinvolti. Penso che questa sia diventata una minaccia molto reale per molti paesi che mantengono le loro riserve di oro e valuta estera in queste valute.

Secondo le stime degli analisti, e questa è un’analisi oggettiva, inizierà una conversione delle riserve globali proprio perché non c’è spazio per esse con tali carenze. Saranno convertiti dall’indebolimento delle valute in risorse reali come cibo, materie prime energetiche e altre materie prime. Altri paesi lo faranno, ovviamente. Ovviamente, questo processo alimenterà ulteriormente l’inflazione globale del dollaro.

Per quanto riguarda l’Europa, la loro politica energetica fallita, puntando ciecamente tutto sulle energie rinnovabili e sulle forniture spot di gas naturale, che hanno causato aumenti dei prezzi dell’energia dal terzo trimestre dello scorso anno – ancora, molto prima dell’operazione nel Donbass – hanno anche esacerbato gli aumenti dei prezzi. Non abbiamo assolutamente nulla a che fare con questo. È stato a causa delle loro stesse azioni che i prezzi sono saliti alle stelle, e ora stanno ancora una volta cercando qualcuno da incolpare.

Gli errori di calcolo dell’Occidente non solo hanno influito sul costo netto di beni e servizi, ma hanno anche comportato una diminuzione della produzione di fertilizzanti, principalmente fertilizzanti azotati derivati ​​dal gas naturale. Nel complesso, i prezzi globali dei fertilizzanti sono aumentati di oltre il 70% da metà 2021 a febbraio 2022.

Sfortunatamente, al momento non ci sono condizioni che possano superare queste tendenze di prezzo. Al contrario, aggravata dagli ostacoli all’attività dei produttori di fertilizzanti russi e bielorussi e dall’interruzione della logistica di approvvigionamento, questa situazione si sta avvicinando a un punto morto.

Non è difficile prevedere sviluppi futuri. Una carenza di fertilizzanti significa un raccolto inferiore e un rischio maggiore di un mercato alimentare globale sottofornito. I prezzi saliranno ancora, il che potrebbe portare alla fame nei paesi più poveri. E sarà pienamente sulla coscienza dell’amministrazione statunitense e della burocrazia europea.

Voglio sottolineare ancora una volta: questo problema non si è presentato oggi né negli ultimi tre o quattro mesi. E di certo non è colpa della Russia, come cercano di affermare alcuni demagoghi, spostando sul nostro Paese la responsabilità dell’attuale stato di cose dell’economia mondiale.

Forse sarebbe anche bello sentire che siamo così potenti e onnipotenti da poter far esplodere l’inflazione in Occidente, negli Stati Uniti e in Europa, o che possiamo fare cose per gettare tutto nel disordine. Forse sarebbe bello sentire questo potere, se solo ci fosse della verità in esso. Questa situazione si sta preparando da anni, stimolata dalle azioni miopi di coloro che sono abituati a risolvere i propri problemi a spese di qualcun altro e che hanno fatto affidamento e fanno ancora affidamento sul meccanismo dell’emissione finanziaria per superare le offerte e attirare flussi commerciali, aumentando così deficit e provocando disastri umanitari in alcune regioni del mondo. Aggiungerò che questa è essenzialmente la stessa politica coloniale predatoria del passato, ma ovviamente in una nuova iterazione, un’edizione più sottile e sofisticata. All’inizio potresti anche non riconoscerlo.

L’attuale priorità della comunità internazionale è aumentare le consegne di cibo al mercato globale, in particolare per soddisfare le esigenze dei paesi che hanno più bisogno di cibo.

Pur garantendo la sua sicurezza alimentare interna e fornendo il mercato interno, la Russia è anche in grado di aumentare le sue esportazioni di cibo e fertilizzanti. Ad esempio, le nostre esportazioni di grano nella prossima stagione possono essere aumentate a 50 milioni di tonnellate.

Forniremo in via prioritaria i Paesi che più hanno bisogno di cibo, dove potrebbe aumentare il numero di persone che muoiono di fame, in primis i Paesi africani e il Medio Oriente.

Allo stesso tempo, ci saranno problemi lì, e non per colpa nostra. Sì, sulla carta grano, cibo e fertilizzanti russi… Per inciso, gli americani hanno adottato sanzioni sui nostri fertilizzanti e gli europei hanno seguito l’esempio. Più tardi, gli americani li hanno sollevati perché hanno visto a cosa poteva portare. Ma gli europei non si sono tirati indietro. La loro burocrazia è lenta come un mulino nel 18° secolo. In altre parole, tutti sanno che hanno fatto una cosa stupida, ma fanno fatica a tornare sui propri passi per motivi burocratici.

Come ho detto, la Russia è pronta a contribuire all’equilibrio dei mercati globali dei prodotti agricoli e vediamo che i nostri colleghi delle Nazioni Unite, consapevoli della portata del problema alimentare globale, sono pronti al dialogo. Potremmo parlare di creare normali condizioni logistiche, finanziarie e di trasporto per aumentare le esportazioni russe di cibo e fertilizzanti.

Per quanto riguarda le forniture alimentari ucraine ai mercati globali – devo menzionarlo a causa di numerose speculazioni – non le stiamo ostacolando. Possono farlo. Non abbiamo estratto i porti ucraini del Mar Nero. Possono ripulire le miniere e riprendere le esportazioni di cibo. Garantiremo la navigazione sicura delle navi civili. Nessun problema.

Ma di cosa stiamo parlando? Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, la questione riguarda 6 milioni di tonnellate di grano (lo stimiamo in 5 milioni di tonnellate) e 7 milioni di tonnellate di mais. Questo è tutto, del tutto. Poiché la produzione mondiale di grano è di 800 milioni di tonnellate, 5 milioni di tonnellate fanno poca differenza per il mercato globale, come puoi vedere.

In ogni caso, il grano ucraino può essere esportato, e non solo attraverso i porti del Mar Nero. Un’altra rotta è la Bielorussia, che è, per inciso, la via più economica. Oppure via Polonia o Romania, come preferisci. In effetti, ci sono cinque o sei rotte di esportazione.

Il problema non è con noi, il problema è con l’adeguatezza delle persone che controllano a Kiev. Possono decidere cosa fare e, almeno in questo caso particolare, non dovrebbero prendere l’iniziativa dai loro capi stranieri, i loro padroni dall’altra parte dell’oceano.

Ma c’è anche il rischio che il grano venga utilizzato come pagamento per le consegne di armi. Questo sarebbe deplorevole.

Gli amici,

Ancora una volta, il mondo sta attraversando un’era di cambiamenti drastici. Le istituzioni internazionali stanno crollando e vacillando. Le garanzie di sicurezza vengono svalutate. L’Occidente ha deciso di rifiutarsi di onorare i suoi precedenti impegni. È stato semplicemente impossibile raggiungere nuovi accordi con loro.

Date queste circostanze e in un contesto di crescenti rischi e minacce, la Russia è stata costretta a portare avanti l’operazione militare speciale. È stata una decisione difficile ma necessaria e siamo stati costretti a prenderla.

Questa è stata la decisione di un paese sovrano, che ha il diritto incondizionato di difendere la propria sicurezza, che si basa sulla Carta delle Nazioni Unite. Questa decisione mirava a proteggere il nostro popolo e gli abitanti delle repubbliche popolari del Donbass che per otto lunghi anni sono stati oggetto di genocidio da parte del regime di Kiev e dei neonazisti che godevano della piena protezione dell’Occidente.

L’Occidente non solo ha cercato di attuare uno scenario “anti-Russia”, ma si è anche impegnato nello sviluppo militare attivo del territorio ucraino, inondando l’Ucraina di armi e consiglieri militari. E continua a farlo ora. Francamente, nessuno presta attenzione all’economia o al benessere delle persone che vivono lì, semplicemente non se ne preoccupano affatto, ma non hanno mai risparmiato denaro per creare un punto d’appoggio della NATO nell’est diretto contro la Russia e coltivare aggressività, odio e russofobia.

Oggi i nostri soldati e ufficiali, così come la milizia del Donbass, stanno combattendo per proteggere la loro gente. Stanno combattendo per il futuro della Russia come paese multietnico grande, libero e sicuro che prende le proprie decisioni, determina il proprio futuro, fa affidamento sulla sua storia, cultura e tradizioni e rifiuta qualsiasi tentativo esterno di imporre pseudo-valori intrisi di disumanizzazione e degrado morale.

Senza dubbio, i nostri obiettivi delle operazioni militari speciali saranno raggiunti. La chiave di questo è il coraggio e l’eroismo dei nostri soldati, consolidata società russa, il cui sostegno dà forza e fiducia all’esercito e alla marina russi e una profonda comprensione della verità e della giustizia storica della nostra causa che è costruire e rafforzare la Russia come un forte potere sovrano.

Il mio punto è che la sovranità non può essere segmentata o frammentata nel 21 ° secolo. Le componenti della sovranità sono ugualmente importanti e si rinvigoriscono e si completano a vicenda.

Quindi, ciò che conta per noi non è solo la difesa della nostra sovranità politica e della nostra identità nazionale, ma anche il rafforzamento di tutto ciò che determina l’indipendenza economica, finanziaria, professionale e tecnologica del nostro Paese.

La struttura stessa delle sanzioni occidentali si basava sulla falsa premessa che economicamente la Russia non è sovrana ed è criticamente vulnerabile. Si sono talmente lasciati trasportare nel diffondere il mito dell’arretratezza della Russia e delle sue posizioni deboli nell’economia e nel commercio globali che, a quanto pare, hanno iniziato a crederci loro stessi.

Durante la pianificazione del loro blitzkrieg economico, non si sono accorti, hanno semplicemente ignorato i fatti reali di quanto il nostro Paese fosse cambiato negli ultimi anni.

Questi cambiamenti sono il risultato dei nostri sforzi pianificati per creare una struttura macroeconomica sostenibile, garantire la sicurezza alimentare, implementare programmi di sostituzione delle importazioni e creare il nostro sistema di pagamento, solo per citarne alcuni.

Naturalmente, le restrizioni delle sanzioni hanno creato molte sfide per il paese. Alcune aziende continuano ad avere problemi con i pezzi di ricambio. Le nostre aziende hanno perso l’accesso a molte soluzioni tecnologiche. La logistica è allo sbando.

Ma, d’altra parte, tutto questo ci apre nuove opportunità, se ne parla spesso ma è proprio così. Tutto questo è uno slancio per costruire un’economia con pieno e non parziale potenziale tecnologico, produttivo, umano e scientifico e sovranità.

Naturalmente, è impossibile risolvere all’istante una sfida così ampia. È necessario continuare a lavorare sistematicamente con uno sguardo al futuro. Questo è esattamente ciò che la Russia sta facendo attuando i suoi piani a lungo termine per lo sviluppo di rami dell’economia e il rafforzamento della sfera sociale. Le sperimentazioni in corso si limitano ad adeguare e modificare i piani senza cambiarne l’orientamento strategico.

Oggi vorrei parlare dei principi chiave su cui si svilupperà il nostro Paese, la nostra economia.

Il primo principio è l’apertura. Gli stati genuinamente sovrani sono sempre interessati a un partenariato equo ea contribuire allo sviluppo globale. Al contrario, i paesi deboli e dipendenti sono solitamente alla ricerca di nemici, alimentando la xenofobia o perdendo gli ultimi resti della loro identità e indipendenza, seguendo ciecamente la scia del loro sovrano.

La Russia non seguirà mai la strada dell’autoisolamento e dell’autarchia, anche se i nostri cosiddetti amici occidentali lo stanno letteralmente sognando. Inoltre, stiamo ampliando la cooperazione con tutti coloro che ne sono interessati, che vogliono lavorare con noi e continueranno a farlo. Ce ne sono molti. Non li elencherò a questo punto. Costituiscono la stragrande maggioranza delle persone sulla Terra. Non elencherò tutti questi paesi ora. È conoscenza comune.

Non dirò nulla di nuovo quando vi ricordo che tutti coloro che vogliono continuare a lavorare o stanno lavorando con la Russia sono soggetti a palesi pressioni da parte degli Stati Uniti e dell’Europa; arriva fino alle minacce dirette. Tuttavia, questo tipo di ricatto significa poco quando si tratta di paesi guidati da veri leader che conoscono la differenza tra i propri interessi nazionali, gli interessi della propria gente e quelli di qualcun altro.

La Russia rafforzerà la cooperazione economica con questi stati e promuoverà progetti congiunti. Allo stesso tempo, continueremo sicuramente a collaborare con le società occidentali che sono rimaste nel mercato russo nonostante la torsione del braccio senza precedenti: anche tali società esistono.

Riteniamo che lo sviluppo di un’infrastruttura di pagamento conveniente e indipendente nelle valute nazionali sia una base solida e prevedibile per approfondire la cooperazione internazionale. Per aiutare le aziende di altri paesi a sviluppare legami logistici e di cooperazione, stiamo lavorando per migliorare i corridoi di trasporto, aumentare la capacità delle ferrovie, la capacità di trasbordo nei porti dell’Artico e nella parte orientale, meridionale e in altre parti del paese, anche nel Bacini Azov-Mar Nero e Caspio: diventeranno la sezione più importante del corridoio nord-sud, che fornirà una connettività stabile con il Medio Oriente e l’Asia meridionale. Prevediamo che il traffico merci lungo questa rotta comincerà a crescere costantemente nel prossimo futuro.

Ma il commercio estero non è la nostra unica priorità. La Russia intende aumentare la cooperazione scientifica, tecnologica, culturale, umanitaria e sportiva basata sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco tra i partner. Allo stesso tempo, il nostro Paese si adopererà per una leadership responsabile in tutte queste aree.

Il secondo principio del nostro sviluppo a lungo termine è la fiducia nella libertà imprenditoriale. Ogni iniziativa privata volta a beneficiare la Russia dovrebbe ricevere il massimo sostegno e spazio per l’attuazione.

La pandemia e gli eventi più recenti hanno confermato l’importanza della flessibilità e della libertà nell’economia. Le imprese private russe – in condizioni difficili, tra i tentativi di frenare il nostro sviluppo con qualsiasi mezzo – hanno dimostrato di poter competere sui mercati globali. Anche le imprese private dovrebbero essere accreditate per l’adattamento della Russia alle condizioni esterne in rapido cambiamento. La Russia deve garantire lo sviluppo dinamico dell’economia, naturalmente, basandosi su affari privati.

Continueremo a ridurre gli ostacoli amministrativi. Ad esempio, nel 2016-2018 abbiamo imposto una moratoria sugli audit di routine delle piccole imprese. Successivamente è stata prorogata fino al 2022. Nel 2020 questa moratoria è stata estesa alle medie imprese. Inoltre, il numero di audit non programmati è diminuito di circa quattro volte.

Non ci siamo fermati a questo e lo scorso marzo abbiamo annullato gli audit di routine per tutti gli imprenditori, indipendentemente dalle dimensioni delle loro attività, a condizione che le loro attività non mettano a rischio le persone o l’ambiente. Di conseguenza, il numero di audit di routine è diminuito di sei volte rispetto allo scorso anno.

Perché sto dando così tanti dettagli? Il punto è che dopo che è stata imposta la moratoria sugli audit, il numero delle violazioni da parte degli imprenditori – questo è stato il risultato – non è aumentato, anzi è diminuito. Ciò testimonia la maturità e la responsabilità delle imprese russe. Naturalmente, dovrebbero essere motivati ​​​​piuttosto che essere costretti a osservare regolamenti e requisiti.

Quindi, ci sono tutte le ragioni per fare un altro passo avanti radicale, ovvero abbandonare, per sempre e su base permanente, la maggior parte degli audit per tutte le imprese russe, ad eccezione di attività rischiose o potenzialmente pericolose. Tutti hanno capito da tempo che non c’era bisogno di controllare tutti senza eccezioni. Dovrebbe essere operativo un approccio orientato al rischio. Chiedo al Governo di sviluppare nei prossimi mesi i parametri specifici di tale riforma.

C’è un altro argomento molto delicato per le imprese, che oggi è diventato importante anche per la nostra sicurezza nazionale e la nostra resilienza economica. Per ridurre e ridurre al minimo ogni tipo di abuso e scappatoia per esercitare pressione sugli imprenditori, stiamo costantemente rimuovendo dal diritto penale le norme non valide che vengono applicate ai reati economici.

Lo scorso marzo è stata firmata una legge in base alla quale le cause penali fiscali contro gli imprenditori devono essere portate davanti a un tribunale solo dal servizio fiscale: non c’è altro modo. Presto sarà approvato un disegno di legge sulla riduzione dei termini di prescrizione per i reati fiscali e sul rigetto delle azioni legali per avviare un procedimento penale dopo che gli arretrati fiscali sono stati pagati.

Lavorando in modo completo, anche se prudente, dobbiamo depenalizzare un’ampia gamma di reati economici, ad esempio quelli che puniscono le imprese prive di licenza o accreditamento. Questa è una pratica controversa oggi perché i nostri partner occidentali si rifiutano illegittimamente di fornire tali licenze.

Le nostre stesse agenzie non devono da sole responsabilizzare penalmente le nostre attività per non aver fatto nulla di male. Il problema è questo, e le piccole imprese lo capiscono molto bene: se una licenza è scaduta e i partner occidentali si rifiutano di estenderla, cosa devono fare le aziende, concludere le operazioni? In nessun caso, lasciarli lavorare. Il controllo statale dovrebbe continuare, ma non dovrebbero esserci indebite interferenze negli affari.

Ha senso anche pensare di innalzare la soglia della responsabilità penale per dazi doganali non pagati e altre tasse simili. Inoltre, non abbiamo riconsiderato per molto tempo i parametri dei termini “grande” e “molto grande” perdita economica ai fini dei reati economici nonostante l’inflazione abbia accumulato il 50 per cento dal 2016. La legge ora non rispecchia le realtà e le esigenze attuali da correggere.

Occorre riconsiderare le condizioni per la detenzione degli imprenditori e per l’estensione delle indagini preliminari. Non è un segreto che queste pratiche siano state a lungo utilizzate in modo inappropriato.

Le aziende sono state costrette a cessare l’attività oa fallire anche prima che le indagini fossero terminate. Ne risente la reputazione dei proprietari e del marchio, senza dimenticare la perdita finanziaria diretta, la perdita di quote di mercato e di posti di lavoro.

Voglio chiedere alle forze dell’ordine di porre fine a queste pratiche. Chiedo inoltre al Governo e alla Corte Suprema di redigere una legislazione adeguata entro il 1° ottobre di quest’anno.

Inoltre, presso il Consiglio di sicurezza, è stata impartita un’istruzione speciale per esaminare le cause penali aperte senza procedere successivamente in tribunale. Il numero di tali casi è cresciuto negli ultimi anni. Conosciamo le ragioni. Un caso viene spesso aperto senza motivi sufficienti o per esercitare pressioni sui singoli. Ne discuteremo in autunno per intraprendere un’azione legislativa e cambiare il modo in cui lavorano le nostre forze dell’ordine.

Inutile dire che i governi regionali svolgono un ruolo importante nella creazione di un ambiente imprenditoriale moderno. Come è consuetudine durante il Forum di San Pietroburgo, sottolineo le regioni che hanno compiuto progressi significativi nelle classifiche nazionali di investimento sul clima compilate dall’Agenzia per le iniziative strategiche.

Ci sono stati cambiamenti nei primi tre. Mosca e Tatarstan sono rimaste al vertice e sono state raggiunte dalla Regione di Mosca che, nell’arco di un anno, è passata dall’ottavo posto alle prime tre. I leader della classifica includono anche le regioni di Tula, Nizhny Novgorod, Tyumen, Novgorod e Sakhalin, San Pietroburgo e Bashkortostan.

Separatamente, vorrei evidenziare le regioni che hanno fatto i progressi maggiori come la Regione di Kurgan, che è salita di 36 posizioni; il Territorio di Perm e il Territorio dell’Altai, in rialzo di 26 posizioni; Inguscezia, fino a 24 punti; e la regione di Ivanovo che è salita di 17 posizioni.

Voglio ringraziare e congratularmi con i nostri colleghi nelle regioni per l’ottimo lavoro svolto.

Il governo federale e i governi regionali e municipali dovrebbero concentrarsi sul sostegno alle iniziative imprenditoriali individuali nelle piccole città e nelle remote comunità rurali. Siamo consapevoli di tali storie di successo. Ciò include lo sviluppo di software popolari e la commercializzazione di alimenti biologici prodotti localmente e prodotti rispettosi dell’ambiente a livello nazionale utilizzando siti Web nazionali.

È importante creare nuove opportunità, introdurre formati di vendita al dettaglio moderni, comprese le piattaforme di e-commerce, come ho detto sopra, e ridurre la logistica, i trasporti e altri costi, anche utilizzando uffici postali russi aggiornati.

È anche importante aiutare i dipendenti delle piccole imprese, i lavoratori autonomi e gli imprenditori in fase di avvio ad acquisire abilità e competenze aggiuntive. Si prega di includere misure corrispondenti adattate specificamente alle piccole città e alle aree rurali e remote come linea separata nel progetto nazionale per la promozione delle piccole e medie imprese.

Oggi vorrei rivolgermi ai nostri funzionari, proprietari di grandi aziende, ai nostri dirigenti e dirigenti aziendali.

Colleghi, amici,

Un successo reale e stabile, un senso di dignità e rispetto di sé si ottengono solo quando colleghi il tuo futuro e il futuro dei tuoi figli con la tua Patria. Abbiamo mantenuto legami con molte persone per molto tempo e sono consapevole dei sentimenti di molti dei capi e dei proprietari delle nostre aziende. Mi hai detto molte volte che il business è molto più di un semplice profitto, e sono pienamente d’accordo. Si tratta di cambiare la vita intorno a te, di contribuire allo sviluppo delle tue città, delle regioni e del paese nel suo insieme, il che è estremamente importante per la realizzazione personale. Non c’è niente come servire le persone e la società. Questo è il senso della tua vita e del tuo lavoro.

Gli ultimi avvenimenti hanno ribadito quello che ho sempre detto: a casa sta molto meglio. Coloro che si sono rifiutati di ascoltare quel chiaro messaggio hanno perso centinaia di milioni, se non miliardi di dollari in Occidente, in quello che sembrava un rifugio sicuro per i loro beni.

Vorrei dire ancora una volta quanto segue ai nostri colleghi, sia quelli che sono in questo pubblico che quelli che non sono qui: per favore, non cadete di nuovo nella stessa trappola. Il nostro paese ha un potenziale enorme e ci sono compiti più che sufficienti che richiedono il tuo contributo. Investi qui, nella creazione di nuove imprese e posti di lavoro, nello sviluppo delle infrastrutture turistiche, nel sostegno a scuole, università, sanità e sociale, cultura e sport. So che molti di voi lo stanno facendo. Lo so, ma volevo ripeterlo.

È così che le famiglie Bakhrushin, Morozov, Shchukin, Ryabushinsky, Akchurin, Galeyev, Apanayev, Matsiyev, Mamontov, Tretyakov, Arsanov, Dadashev e Gadzhiyev hanno compreso la loro nobile missione. Molte famiglie di mercanti e imprenditori russi, tartari, buriati, ceceni, daghestani, yakutiani, osseti, ebrei, armeni e altre famiglie non hanno privato i loro eredi della loro quota dovuta, e allo stesso tempo hanno inciso i loro nomi nella storia del nostro paese.

Per inciso, vorrei sottolineare ancora una volta che resta da vedere cosa è più importante per i potenziali eredi: denaro e proprietà o il buon nome dei loro antenati e il servizio al paese. Quest’ultimo è qualcosa che non può essere sperperato o, perdonate il mio linguaggio, sprecato per bere.

Un buon nome è qualcosa che apparterrà sempre ai tuoi discendenti, alle generazioni future. Farà sempre parte delle loro vite, passare da una generazione all’altra, aiutarli e renderli più forti di quanto il denaro o la proprietà che potrebbero ereditare possano renderli.

Colleghi,

Una politica macroeconomica responsabile ed equilibrata è il terzo principio guida del nostro sviluppo a lungo termine. In effetti, questa politica ci ha ampiamente consentito di resistere alla pressione senza precedenti esercitata dalle sanzioni. Consentitemi di ribadire che questa è una politica essenziale a lungo termine, non solo per rispondere alle sfide attuali. Non seguiremo le orme dei nostri colleghi occidentali replicando la loro amara esperienza innescando una spirale inflazionistica e sconvolgendo le loro finanze.

Il nostro obiettivo è garantire una solida crescita economica per gli anni a venire, riducendo l’onere dell’inflazione sui nostri dipendenti e imprese e raggiungendo il tasso di inflazione target a medio e lungo termine del 4%. L’inflazione è stata una delle prime cose che ho menzionato durante le mie osservazioni, quindi lasciate che vi dica questo: rimaniamo impegnati a raggiungere questo obiettivo di un tasso di inflazione del quattro per cento.

Ho già incaricato il Governo di elaborare proposte in merito alle nuove linee guida di bilancio. Devono garantire che la nostra politica di bilancio sia prevedibile e ci consenta di sfruttare al meglio le condizioni economiche esterne. Perché abbiamo bisogno di tutto questo? Mettere la crescita economica su basi più stabili, realizzando al contempo le nostre infrastrutture e gli obiettivi tecnologici, che forniscono una base per migliorare il benessere delle nostre persone.

È vero, ultimamente alcune valute di riserva internazionali hanno intrapreso una strada suicida, il che è un fatto ovvio. In ogni caso, hanno chiaramente intenzioni suicide. Naturalmente, usarli per “sterilizzare” la nostra offerta di moneta non ha alcun senso. Tuttavia, il principio di pianificare la propria spesa in base a quanto si guadagna rimane rilevante. Funziona così e lo capiamo.

La giustizia sociale è il quarto principio alla base del nostro sviluppo. Ci deve essere una forte dimensione sociale quando si tratta di promuovere la crescita economica e le iniziative imprenditoriali. Questo modello di sviluppo deve ridurre la disuguaglianza invece di approfondirla, a differenza di quanto sta accadendo in altri paesi. Ad essere onesti, non siamo stati in prima linea quando si tratta di raggiungere questi obiettivi. Dobbiamo ancora risolvere molti problemi e problemi in questo senso.

Ridurre la povertà e la disuguaglianza significa creare domanda di prodotti di fabbricazione russa in tutto il paese, colmare il divario tra le regioni in termini di capacità e creare nuovi posti di lavoro dove sono più necessari. Questi sono i principali motori di sviluppo economico.

Consentitemi di sottolineare che generare uno slancio positivo in termini di crescita del reddito familiare e riduzione della povertà sono i principali indicatori di performance per le agenzie governative e lo stato in generale. Dobbiamo raggiungere risultati tangibili in questo ambito già quest’anno, nonostante tutte le sfide oggettive che dobbiamo affrontare. Ho già affidato questo compito al Governo.

Ancora una volta, forniamo un sostegno mirato ai gruppi più vulnerabili: pensionati, famiglie con bambini e persone in situazioni di vita difficili.

Le pensioni sono indicizzate annualmente ad un tasso superiore all’inflazione. Quest’anno sono stati aumentati due volte, incluso un altro 10 percento il 1 giugno.

Contestualmente è stato aumentato del 10 per cento anche il salario minimo, così come il minimo di sussistenza – una cifra di riferimento utilizzata per calcolare molte prestazioni sociali e pagamenti – di conseguenza, anche queste prestazioni dovrebbero crescere, aumentando i redditi di circa 15 milioni di persone.

Negli ultimi anni abbiamo costruito un sistema olistico per sostenere le famiglie a basso reddito con bambini. Le donne hanno diritto al sostegno statale sin dalle prime fasi della gravidanza e fino al compimento dei 17 anni di età.

Il tenore di vita e la prosperità delle persone sono i fattori demografici più importanti; la situazione attuale è piuttosto impegnativa a causa di diverse ondate demografiche negative che si sono recentemente sovrapposte. Ad aprile in Russia sono nati meno di centomila bambini, quasi il 13 per cento in meno rispetto ad aprile 2020.

Chiedo al Governo di continuare a tenere sotto controllo lo sviluppo di ulteriori misure di sostegno per le famiglie con bambini. Devono essere di vasta portata e commisurati all’entità della straordinaria sfida demografica che stiamo affrontando.

Il futuro della Russia è assicurato dalle famiglie con due, tre e più figli. Pertanto, dobbiamo fare di più che fornire un sostegno finanziario diretto: dobbiamo indirizzare e indirizzare il sistema sanitario, l’istruzione e tutte le aree che determinano la qualità della vita delle persone verso i bisogni delle famiglie con bambini.

Questo problema è affrontato, tra gli altri approcci, dalle iniziative sociali nazionali, che i team regionali e l’Agenzia per le iniziative strategiche stanno attuando insieme. Quest’autunno valuteremo i risultati del loro lavoro, esamineremo e classificheremo le regioni russe in base alla qualità della vita al fine di applicare le migliori esperienze e pratiche il più ampiamente possibile in tutto il paese.

Dare priorità allo sviluppo delle infrastrutture è il quinto principio alla base della politica economica russa.

Abbiamo aumentato la spesa di bilancio diretta per l’ampliamento dei corridoi di trasporto. L’anno prossimo sarà lanciato un piano ambizioso per la costruzione e la riparazione della rete centrale autostradale federale e regionale. Almeno l’85% delle strade deve essere regolamentato entro i prossimi cinque anni.

Il prestito di bilancio infrastrutturale è un nuovo strumento ampiamente utilizzato. I prestiti sono emessi per 15 anni con un aprile del 3 per cento. Come ho detto prima, sono molto più popolari di quanto pensassimo inizialmente. Le regioni hanno molteplici progetti ben congegnati e promettenti che dovrebbero essere lanciati al più presto. Esamineremo come utilizzare questa misura di sostegno. Abbiamo discusso di questo problema ieri sera. Quello che sto dicendo è che è uno strumento affidabile.

L’aggiornamento dei servizi abitativi e dei servizi pubblici è una questione separata con un arretrato di problemi. L’industria è cronicamente sottoinvestita per un importo di 4,5 trilioni di rubli. Oltre il 40% delle reti deve essere sostituito, il che spiega la loro bassa efficienza e le grandi perdite. Circa il 3% delle reti diventa inutilizzabile ogni anno, ma non più del 2% viene sostituito, il che aggrava ulteriormente il problema ogni anno.

Propongo di consolidare le risorse e di lanciare un programma completo per il miglioramento degli alloggi e dei servizi pubblici e di sincronizzarlo con altri piani di sviluppo delle infrastrutture e di revisione degli alloggi. L’obiettivo è capovolgere la situazione e ridurre gradualmente il numero di reti datate, proprio come stiamo facendo trasferendo persone da edifici strutturalmente non sicuri o riparando strade. Discuteremo in dettaglio di alloggi e servizi pubblici e del complesso edilizio con i governatori in una riunione del Presidium del Consiglio di Stato la prossima settimana.

In una nota a parte, propongo di aumentare le risorse per finanziare progetti per creare un ambiente urbano confortevole in piccole città e insediamenti storici. Questo programma funziona bene per noi. Propongo di destinare altri 10 miliardi di rubli all’anno per questi scopi nel 2023-2024.

Assegneremo fondi aggiuntivi per rinnovare le aree urbane nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente. Voglio che il governo destini fondi dedicati a questo scopo nell’ambito dei programmi per il prestito di bilancio delle infrastrutture e l’ammodernamento di alloggi e servizi pubblici, così come altri programmi di sviluppo.

La promozione di miglioramenti e sviluppo globali per le aree rurali è per noi una priorità assoluta. Le persone che vivono lì stanno nutrendo il paese. Ora vediamo che stanno nutrendo anche una parte importante del mondo, quindi devono vivere con comodità e dignità. A questo proposito, chiedo al governo di stanziare fondi aggiuntivi per il programma corrispondente. I dazi all’esportazione sui prodotti agricoli possono fungere da fonte di finanziamento in questo caso. Questa è una fonte di reddito permanente. Certo, possono esserci delle fluttuazioni, ma almeno questo garantisce un flusso costante di entrate.

In una nota a parte, suggerisco di ampliare i programmi di riqualificazione e modernizzazione dei centri culturali rurali, nonché dei teatri e dei musei regionali, stanziando sei miliardi di rubli per ciascuno di questi progetti nel 2023 e nel 2024.

Quello che ho appena detto sulle istituzioni culturali è qualcosa che le persone non vedono l’ora, qualcosa a cui tengono davvero. Ti faccio un esempio recente: durante la consegna delle medaglie Hero of Labor, uno dei vincitori, Vladimir Mikhailov della Yakutia, mi ha chiesto direttamente aiuto per la costruzione di un centro culturale nel suo villaggio natale. Questo è stato durante la parte della cerimonia in cui ci siamo incontrati a porte chiuse. Lo faremo sicuramente. Il fatto che le persone sollevino questo problema a tutti i livelli dimostra che sono davvero ansiose di vedere implementati questi progetti.

A questo punto, vorrei fare una nota a margine su un argomento che è particolarmente rilevante ora, dato che siamo all’inizio dell’estate, quando i russi di solito trascorrono le vacanze estive.

Ogni anno, sempre più turisti vogliono visitare gli angoli più belli del nostro Paese: parchi nazionali, oasi faunistiche e riserve naturali. Secondo le stime disponibili, quest’anno questo flusso turistico dovrebbe superare i 12 milioni di persone. È fondamentale che tutti gli organi di governo, le imprese ei turisti siano ben consapevoli di cosa possono e non possono fare in questi territori, dove possono costruire infrastrutture turistiche, e dove tale attività è severamente vietata perché mette in pericolo ecosistemi unici e fragili.

Il disegno di legge che disciplina il turismo nei territori speciali protetti e che regola civilmente tale attività è già alla Duma di Stato.

In questo contesto, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che dobbiamo elaborare in anticipo tutte le stime pertinenti e garantire che le decisioni siano equilibrate. Dobbiamo essere seri su questo.

Vorrei porre un accento particolare sulla necessità di preservare il lago Baikal. In particolare, esiste un progetto di sviluppo globale per la città di Baikalsk, che deve diventare un modello di governance municipale sostenibile ed eco-sensibile.

Non si tratta solo di sbarazzarsi degli impatti ambientali negativi accumulati dalla cellulosa e della cartiera di Baikalsk, ma anche di stabilire uno standard di vita più elevato per la città e trasformarla in una destinazione caratteristica per il turismo ambientale in Russia. Per realizzare questo progetto dobbiamo affidarci alle tecnologie più all’avanguardia e all’energia pulita.

Nel complesso, svilupperemo una tecnologia pulita per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati nell’ammodernamento ambientale degli impianti di produzione e per ridurre le emissioni pericolose, soprattutto nei grandi centri industriali. Continueremo anche a lavorare su progetti di economia a circuito chiuso, progetti verdi e conservazione del clima. Ho parlato di questi problemi in dettaglio in questo forum l’anno scorso.

Di conseguenza, il sesto principio trasversale di sviluppo che consolida il nostro lavoro è, a mio avviso, il raggiungimento di un’autentica sovranità tecnologica, creando un sistema integrale di sviluppo economico che non dipenda da istituzioni straniere quando si tratta di componenti di importanza critica. Abbiamo bisogno di sviluppare tutti gli ambiti della vita a un livello tecnologico qualitativamente nuovo senza essere semplicemente utenti di soluzioni di altri paesi. Dobbiamo disporre di chiavi tecnologiche per lo sviluppo di beni e servizi di prossima generazione.

Negli ultimi anni, abbiamo concentrato molta attenzione sulla sostituzione delle importazioni, riuscendo in una vasta gamma di settori, tra cui agricoltura, prodotti farmaceutici, apparecchiature mediche, produzione per la difesa e molti altri.

Ma dovrei sottolineare che nella nostra società si discute molto sulla sostituzione delle importazioni. E non è una panacea né una soluzione completa. Se imitiamo gli altri solo quando proviamo a sostituire le merci straniere con copie, anche se di altissima qualità, potremmo finire per recuperare costantemente il ritardo mentre dovremmo essere un passo avanti e creare le nostre tecnologie, beni e servizi competitivi che possono diventare nuovi standard globali.

Se ricordi, Sergei Korolyov non si è limitato a copiare o aggiornare localmente la tecnologia missilistica catturata. Si è concentrato sul futuro e ha proposto un piano unico per sviluppare il razzo R-7. Ha aperto la strada allo spazio per l’umanità e di fatto ha stabilito uno standard per il mondo intero, per decenni a venire.

In modo proattivo: è così che lavoravano all’epoca i fondatori di molti programmi di ricerca sovietici. E oggi, basandosi su queste basi, i nostri designer continuano a fare progressi e a mostrare il loro valore. È grazie a loro che la Russia ha armi supersoniche che non esistono in nessun altro paese. Rosatom rimane il leader nella tecnologia nucleare, sviluppando la nostra flotta di rompighiaccio a propulsione nucleare. Molte soluzioni di IA e Big Data russe sono le migliori al mondo.

Per ribadire, lo sviluppo tecnologico è un’area trasversale che definirà il decennio in corso e l’intero 21 ° secolo. Esamineremo in modo approfondito i nostri approcci per costruire un’economia basata sulla tecnologia rivoluzionaria – una tecnoeconomia – alla prossima riunione del Consiglio per lo sviluppo strategico. C’è così tanto di cui possiamo discutere. Soprattutto, molte decisioni manageriali devono essere prese nell’ambito della formazione ingegneristica e del trasferimento della ricerca all’economia reale e della fornitura di risorse finanziarie per le aziende high-tech in rapida crescita. Discuteremo anche lo sviluppo di tecnologie trasversali e lo stato di avanzamento dei progetti di trasformazione digitale nei singoli settori.

Per essere chiari, ovviamente è impossibile realizzare tutti i prodotti disponibili e non ce n’è bisogno. Tuttavia, abbiamo bisogno di possedere tecnologie critiche per poterci muovere rapidamente se dovessimo iniziare la nostra produzione di qualsiasi prodotto. Questo è ciò che abbiamo fatto quando abbiamo iniziato rapidamente a produrre vaccini contro il coronavirus e, più recentemente, abbiamo lanciato la produzione di molti altri prodotti e servizi.

Ad esempio, dopo che i partner disonesti di KamAZ hanno lasciato il mercato russo, il loro posto è stato preso da società nazionali, che forniscono parti per modelli tradizionali e persino veicoli avanzati, di trasporto e pesanti.

Il sistema di pagamento con carta Mir ha sostituito con successo Visa e MasterCard sul mercato nazionale. Sta espandendo la sua geografia e guadagnando gradualmente il riconoscimento internazionale.

Lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo è un altro esempio calzante. Il suo ex partner straniero ha smesso di vendere motori e fornire manutenzione in garanzia. I costruttori di motori di Yaroslavl e Tutayev sono venuti in soccorso e hanno iniziato a fornire i loro motori. Di conseguenza, la produzione di macchine agricole presso lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo ha raggiunto un livello record tra marzo e aprile. Non è diminuito, ma ha raggiunto il massimo storico.

Sono sicuro che ci saranno più pratiche positive e storie di successo.

Per ribadire, la Russia possiede il potenziale professionale, scientifico e tecnologico per sviluppare prodotti che godono di una forte domanda, inclusi elettrodomestici e attrezzature per l’edilizia, nonché attrezzature industriali e di servizio.

Il compito di oggi è aumentare le capacità e mettere prontamente in funzione le linee necessarie. Una delle questioni chiave sono condizioni di lavoro confortevoli per le aziende e la disponibilità di siti di produzione preparati.

Chiedo al Governo di presentare entro l’autunno i parametri chiave delle nuove linee guida operative per i distretti industriali. Cosa c’è di critico qui?

Primo: finanziamento. I progetti lanciati in questi cluster devono disporre di una risorsa di credito a lungo termine per un massimo di dieci anni a un tasso di interesse annuo inferiore al sette percento in rubli. Abbiamo discusso tutte queste questioni anche con le nostre agenzie economiche. Tutti erano d’accordo, quindi procederemo.

Secondo – la tassazione. I cluster devono avere un livello basso di tasse relativamente permanenti, compresi i contributi assicurativi.

Terzo: sostenere la produzione nella fase iniziale e di avvio, formando un pacchetto di ordini che include il sovvenzionamento degli acquisti di prodotti pronti da parte di tali imprese. Non è un problema facile, ma penso che potrebbero essere necessari sussidi. Sono necessari per garantire il mercato. Dobbiamo solo risolverlo.

Quarto: amministrazione semplificata che include ispezioni minime o assenti, nonché un comodo monitoraggio doganale non gravoso.

Quinto, e probabilmente il più importante, è necessario predisporre meccanismi di garanzia della domanda a lungo termine per i nuovi prodotti innovativi che stanno per entrare nel mercato. Ricordo al Governo che tali condizioni preferenziali e rispettivi distretti industriali devono essere varati già dal 1° gennaio 2023.

In una nota correlata, voglio dire che i punti di crescita industriale sia nuovi che già operativi devono attrarre le piccole imprese e coinvolgerle nella loro orbita. È fondamentale per gli imprenditori, per le piccole realtà, vedere l’orizzonte e cogliere le loro prospettive.

Pertanto, chiedo al governo insieme alla SME Corporation [Federal Corporation for the Development of Small and Medium Enterprises] e alle nostre più grandi aziende di lanciare uno strumento per contratti a lungo termine tra aziende a partecipazione statale e PMI. Ciò garantirà la domanda dei prodotti di tali imprese per anni a venire, mentre i fornitori possono assumere con sicurezza impegni per lanciare un nuovo impianto di produzione o ampliarne uno esistente per soddisfare quell’ordine.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/68669

SERVILITÁ, di Teodoro Klitsche de la Grange

SERVILITÁ

Da quanto si legge sulla stampa il Ministero degli esteri russo avrebbe tacciato il comportamento italiano nella guerra russo-ucraina “servile e miope” e che dimostrerebbe “anche l’a-moralità” di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche e dei media italiani. In risposta – si legge in un comunicato – la Farnesina “ha respinto con fermezza le accuse di amoralità di alcuni rappresentanti delle istituzioni e dei media italiani, espresse in recenti dichiarazioni del Ministero degli Esteri russo…” Ad aver attirato quasi universalmente l’attenzione è stata quell’ “amoralità”; a mio avviso avrebbe dovuto esserlo quel “servile”. E spiego il perché.

Non so se al Ministero degli esteri russo conoscono il discorso di V.E. Orlando alla Costituente, perorante il rifiuto della ratifica del trattato di pace tra Italia e vincitori della seconda guerra mondiale. Probabilmente lo conoscono, perché tra i vincitori c’era anche l’U.R.S.S.; e Orlando – Presidente della vittoria – era un personaggio da non passare inosservato. Quel discorso terminava con una profezia: “Questi sono voti di cui si risponde dinanzi alle generazioni future: si risponde nei secoli di queste abiezioni fatte per cupidigia di servilità”.

Sempre nello stesso discorso, ben conoscendo i difetti nazionali, Orlando sosteneva che malgrado grandi personaggi francesi avessero collaborato con i nazisti, come i fascisti repubblichini, la differenza era che noi dovevamo essere rieducati alla libertà e alla democrazia, i francesi no, perché la “vera superiorità della Francia su di noi può riconoscersi nella fierezza dei suoi rappresentanti” (peccato che Letta non l’abbia assimilata). E quanto alla nostra esterofilia (coniugata ad un “complesso di colpa”): “nei rapporti con l’estero noi ci dobbiamo sempre precipitare; noi sentiamo sempre l’urgente bisogno di dar prova al mondo che siamo dei ragazzi traviati”. Anche questo difetto ricorrente è inestinguibile: vi contribuisce un fondo di (parziale) verità. Le classi dirigenti nostrane non sono all’altezza di quelle estere, dedicandosi con eccessivo zelo al proprio particulare piuttosto che all’interesse generale quasi fossero dei privati. E hanno quindi la convenienza ad addebitare al popolo italiano un difetto che grava maggiormente sulle élite.

Il fatto che il governo russo stigmatizzi il servilismo italiano è un’ulteriore conferma della differenza della profondità di vista tra statisti, come Orlando, e non: i primi vedono a lungo termine, i secondi solo a breve (o brevissimo). A più di settant’anni dalla sconfitta non riusciamo a scuotercene di dosso le conseguenze. Perfino la Germania con le enormi responsabilità di Hitler, è riuscita (e riesce) a non appiattirsi sugli U.S.A. Quando Busch jr iniziò la seconda guerra irachena (finita come sappiamo) i tedeschi (e i francesi) gli risposero di accomodarsi da solo. L’Italia si mise sull’attenti e fornì le proprie truppe (e il loro sangue – Nassiria): gli ascari della NATO. Inoltre quando i governanti esternano e praticano la dipendenza dall’estero (i “compiti a casa”) se la cavano senza danni; laddove hanno un soprassalto d’indipendenza (v. Craxi e Andreotti a Sigonella) finiscono in esilio o sotto processo, comunque senza potere perché giudicati poco sottomessi a quelli “forti” (spesso tali solo per la debolezza loro). Attitudine sottomessa confermata anche nella guerra russo-ucraina e oggetto della (facile) ironia di Mosca, come della profondità della previsione di Orlando.

Ma quand’è che un comportamento diventa “servile”, ossia qual è per così dire il “criterio della servilità” (almeno il principale)?

E qua bisogna andare ad un concetto – e ad una conseguente distinzione – che pur risalente (almeno) a S. Tommaso “La legge è un ordinamento di ragione volto al bene comune, promulgata da chi abbia la cura della comunità”, preferiamo riportare da Jean Bodin. Questi ritiene che “Per Stato si intende il governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse famiglie e su tutto ciò che esse hanno in comune”, governo che dev’essere ordinato al bene comune; concetto che, evolvendosi nella secolarizzazione dei secoli successivi, ha cambiato nome (ma meno i connotati) diventando l’interesse generale, s’intende dei cittadini.

Notare che Bodin insiste (ripetutamente sul fatto che il sovrano “non deve essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare la legge ai sudditi…Il principe o il duca, infatti… non è sovrano se a sua volta la riceve da un superiore o da un uguale (…); ancor meno poi si può dire sovrano se non ha il potere altro che in qualità di vicario, luogotenente o reggente…”.

Ciò stante il dovere del governante è di fare l’interesse generale: se fa quello di altri, compreso il proprio, a scapito di quello generale, non solo fa male, ma distorce la condizione perché possa esercitare il potere di fare l’interesse di tutti: la propria indipendenza; che è il carattere principale della sovranità.

E infatti l’Italia, come gran parte del pianeta, è a sovranità limitata. Che significa servilità assicurata.

Teodoro Klitsche de la Grange

Stati Uniti, scontro politico e arma giudiziaria_con Gianfranco Campa

L’arma giudiziaria e la sua esibizione ostentata sono diventate sempre più uno strumento dello scontro politico. Non è un’esclusiva di un paese. Negli Stati Uniti sta assumendo connotati caratteristici, particolarmente virulenti e protratti nel tempo. Ciò è dovuto agli assetti istituzionali e al legame diretto degli apparati giudiziari ed investigativi con quello rappresentativo ed esecutivo. Succede quando sono in discussione gli assetti di potere più vitali e l’esito del confronto non riesce a trovare una soluzione di continuità. Il prezzo in termini di credibilità alla fine è altissimo; la capacità di resistenza dei movimenti politici alle lusinghe e alle manipolazioni dei centri decisori predominanti ne sono il corollario più interessante; il crepuscolo irreversibile di una potenza egemone, l’esito sempre più probabile. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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