L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale, di ROBERTO IANNUZZI

L’espansione dei BRICS e la battaglia per il nuovo ordine mondiale

L’ascesa dei BRICS, confermata dal recente vertice di Johannesburg, è impressionante, ma il nascente mondo multipolare sarà all’insegna dell’incertezza.

8 SET 2023
Il logo dei BRICS (Wikimedia CommonsCC BY-SA 4.0)

Il vertice dei BRICS, recentemente tenutosi a Johannesburg in Sudafrica, ha attirato grande interesse a livello globale, ed in particolare in Occidente, nel teso contesto internazionale che ha visto il cosiddetto “Sud del mondo” in gran parte dissociarsi dai paesi occidentali sul conflitto tra Russia e Ucraina, e la competizione economica fra USA e Cina inasprirsi fino a divenire un’aperta contrapposizione geopolitica.

Sullo sfondo della crisi del sistema internazionale che si protrae almeno dal tracollo finanziario americano del 2008, molti paesi del “Sud del mondo” (una definizione imperfetta che racchiude gli stati non appartenenti al blocco occidentale) ritengono urgente una riforma dell’ordine globale a guida USA, considerato un residuo della Guerra Fredda discriminatorio e non rappresentativo dell’attuale realtà mondiale.

Alla luce di queste tensioni, l’Occidente ha cominciato a guardare ai BRICS (in realtà un’organizzazione abbastanza informale, che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) attraverso la lente della competizione con Cina e Russia.

Al vertice di Johannesburg, la presidenza dei BRICS ha annunciato l’imminente ingresso di ben sei nuovi membri nell’organizzazione: Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Etiopia e Iran. Essi aderiranno ufficialmente al gruppo il 1° gennaio del 2024.

Soprattutto in Occidente, molti hanno visto l’annuncio come una mossa finalizzata a permettere ai BRICS di competere con raggruppamenti occidentali come il G7 o con istituzioni finanziarie internazionali (dominate dall’Occidente) come la Banca Mondiale.

L’espansione dei BRICS ha un notevole valore simbolico. Per i sostenitori del gruppo, il suo rafforzamento potrà dare una spinta al tentativo di riformare l’ordine mondiale, contribuendo a definire i contenuti del nuovo sistema e avanzando la causa del multilateralismo.

Uno schieramento dei BRICS più forte – si augurano i suoi sostenitori – favorirà la nascita di una nuova architettura finanziaria globale, dedollarizando l’economia internazionale e spuntando l’arma occidentale delle sanzioni.

Potenziale ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi è la natura eterogenea del raggruppamento, ulteriormente accentuata dalla recente espansione, e le posizioni divergenti dei suoi membri su svariate questioni, prima fra tutte il rapporto con l’Occidente.

Una formidabile potenza economica

I BRICS hanno già sorpassato le economie “avanzate” del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, e Stati Uniti) in termini di contributo al PIL mondiale. Essi determinano circa un terzo dell’attività economica globale (a parità di potere d’acquisto), mentre l’apporto del G7, in continuo calo dagli anni ’70 del secolo scorso, è oggi sceso al 30%. I due raggruppamenti seguono dunque traiettorie economiche divergenti.

Andamento del PIL dei BRICS e del G7 a confronto (Screenshot, Visual Capitalist)

Con i nuovi membri, il partenariato dei BRICS (che ora alcuni indicano con l’acronimo BRICS+) arriverà a comprendere il 47,3% della popolazione mondiale, contro il mero 10% rappresentato dal G7.

I BRICS+ costituiscono anche un formidabile raggruppamento energetico. Iran, Arabia Saudita ed EAU (membri dell’OPEC), insieme alla Russia (un membro chiave dell’OPEC+), producono 26,3 milioni di barili al giorno, quasi il 30% della produzione mondiale.

Oltre ad includere alcuni fra i maggiori esportatori di petrolio e gas, i BRICS+ comprendono anche due dei maggiori importatori, Cina e India. Produttori e consumatori presenti in questo gruppo hanno un interesse condiviso a creare meccanismi per scambiare le materie prime al di fuori della portata del settore finanziario del G7 e dei suoi sistemi sanzionatori.

Sia Cina che India ed Arabia Saudita si sono opposte all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio, avanzata dai paesi occidentali per colpire la Russia.

Con l’ingresso dei nuovi membri, il BRICS allargato avrà inoltre il controllo sul 72% delle terre rare a livello mondiale (includendo tre dei cinque paesi con le maggiori riserve), sul 75% del manganese, sul 50% della grafite, e sul 28% del nickel – ovvero su molti dei minerali essenziali per la transizione energetica e la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”.

Questo schieramento esteso di paesi potrà investire in progetti e luoghi finora trascurati o esclusi dall’Occidente, come ad esempio l’Iran che possiede quantità significative di minerali strategici, fra cui le maggiori riserve mondiali di zinco e il secondo maggior giacimento di rame.

Nuovi membri, aspiranti candidati, e criteri di adesione

Oltre quaranta paesi hanno manifestato interesse ad aderire ai BRICS, di cui ventitré hanno fatto esplicita richiesta di adesione prima del vertice di Johannesburg (fra essi anche sette delle tredici nazioni che compongono l’OPEC). Rimangono in lista d’attesa paesi come Algeria, Indonesia, Kazakistan, Messico, Nigeria, Turchia ed altri.

BRICS, membri e aspiranti candidati. Blu: stati membri; Azzurro: nuovi membri; Arancione: candidati; Giallo: manifestazione di interesse ( By MathSquare – Author: Dmitry Averin (Дмитрий-5-Аверин), CC BY-SA 3.0)

Data la natura alquanto informale del raggruppamento dei BRICS, non vi erano specifici criteri di adesione. E’ stato perciò necessario stabilire dei parametri e delle procedure. Ma essenzialmente i sei nuovi membri sono stati selezionati attraverso negoziati diretti e decisioni ad hoc, in particolare cercando di conciliare l’approccio più entusiastico della Cina con quello più cauto di India e Brasile.

A giudicare dalle testimonianze, la discussione è stata lunga e tutt’altro che facile.

L’adesione di diversi paesi mediorientali testimonia non soltanto l’interesse del gruppo nei confronti di una regione strategica per le risorse energetiche e le rotte commerciali. E’ anche un’ulteriore conferma dell’intenzione della Cina di rafforzare il suo ruolo regionale dopo che la sua mediazione diplomatica ha favorito il riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran.

Anche grazie a questo riavvicinamento è stata possibile l’inclusione di Teheran, che altrimenti sarebbe forse risultata troppo controversa.

Il peso economico di Arabia Saudita ed EAU potrà essere utile per sostenere la New Development Bank (NDB), istituto fondato dai BRICS per finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo nei paesi membri.

Con la Cina in ascesa e l’Occidente in declino, paesi come Arabia Saudita, EAU ed Egitto, che tuttora subordinano la loro sicurezza ad accordi militari con Washington, hanno puntato a diversificare le proprie scelte di politica estera ed economica entrando nei BRICS.

Integrazione energetica e commerciale

Dal canto loro, i BRICS mirano non solo ad assicurarsi le fonti energetiche, ma anche a controllare le rotte che ne consentono la fruizione. La Belt and Road Initiative cinese (la cosiddetta “nuova via della seta”) ha già creato una rete di snodi energetici e commerciali che collegano il “Sud globale” sfruttando in particolare i porti degli EAU.

L’adesione dell’Egitto non solo introduce nel gruppo la seconda economia dell’Africa e un importante membro dell’Unione Africana, ma anche il paese che controlla lo strategico Canale di Suez.

L’inclusione di Teheran è rilevante soprattutto per la Russia, integrando nelle reti commerciali dei BRICS l’International North–South Transport Corridor (INSTC), corridoio logistico che consente a Mosca di esportare i propri beni verso l’Asia e l’Africa attraverso l’Iran, bypassando il Baltico, il Mar Nero e il Canale di Suez.

L’INSTC (in rosso) e la rotta tradizionale attraverso il Canale di Suez (in blu) (Public Domain)

L’interconnettività e lo sviluppo infrastrutturale dei BRICS costituiranno i temi chiave della presidenza russa del gruppo nel 2024. Il presidente russo Putin intende creare una commissione dei BRICS per i trasporti finalizzata alla creazione di arterie di transito a livello dell’Eurasia e globale.

Altro obiettivo della presidenza russa sarà quello di creare un’Agenzia energetica del gruppo finalizzata ad una maggiore cooperazione dei paesi membri nella definizione degli obiettivi di produzione e dei prezzi energetici.

Le sfide dell’allargamento

Dal canto suo, l’Iran vede l’adesione ai BRICS come un modo per attenuare il peso delle sanzioni occidentali che hanno soffocato la sua economia. La prospettiva che gli scambi commerciali all’interno del gruppo vengano condotti nelle valute nazionali, e quella (più lontana) di una “valuta dei BRICS”, promettono importanti vantaggi a Teheran sotto questo profilo.

L’adesione dell’Etiopia consente ai BRICS di integrare nel gruppo un altro importante paese africano assieme all’Egitto. L’Etiopia è il secondo stato più popoloso dell’Africa ed una delle economie emergenti del continente. Essa occupa una posizione strategica nel Corno d’Africa ed ospita la sede dell’Unione Africana.

Infine vi è l’Argentina, che è stata accolta in quanto importante rappresentante dell’America Latina (e unico nuovo membro dell’emisfero occidentale). L’ingresso di questo paese rappresenta però anche una sfida per i BRICS a causa del suo dissesto economico e della sua valuta in caduta libera.

L’Argentina è la nazione più indebitata con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Inoltre, se il candidato di estrema destra Javier Milei dovesse vincere le elezioni presidenziali di ottobre, ha già promesso di spezzare i legami con la Cina e di riorientare l’Argentina verso l’Occidente – cosa che potrebbe implicare una rinuncia all’adesione ai BRICS.

Potenziali problemi per i BRICS potrebbero emergere anche dall’ingresso di Egitto ed Etiopia. Il primo attraversa una grave crisi economica. Dopo lo scoppio del conflitto ucraino, la valuta egiziana ha perso più del 50% del suo valore mentre l’inflazione ha raggiunto il 36% lo scorso giugno.

L’Etiopia, dal canto suo, deve riprendersi da due anni di devastante guerra civile che ha coinvolto soprattutto la regione settentrionale del Tigray.

E’ importante ricordare anche che esistono annose tensioni fra alcuni dei nuovi membri che i BRICS si apprestano ad accogliere. Abbiamo già ricordato il caso di Iran e Arabia Saudita, che hanno solo da poco riallacciato i rapporti diplomatici grazie alla mediazione cinese. Vi è poi il teso rapporto fra Egitto ed Etiopia a causa della Grand Ethiopian Renaissance Dam, la gigantesca diga sul Nilo Blu che secondo il Cairo rischia di minacciare la sicurezza idrica egiziana.

Sarà interessante vedere se i BRICS rappresenteranno un forum in grado di contenere ed eventualmente risolvere queste tensioni.

Un raggruppamento molto eterogeneo

Complessivamente, tuttavia, tra democrazie vere o presunte (Argentina ed Etiopia), una repubblica autocratica (Egitto), due monarchie (Arabia Saudita ed EAU), ed una teocrazia (Iran), il diversificato schieramento di paesi che si appresta ad entrare nei BRICS è destinato a rendere il gruppo ancor più eterogeneo.

Come ha confermato lo stesso presidente brasiliano Lula da Silva, il criterio di scelta principale nel selezionare i nuovi membri non è stata la loro forma di governo ma il loro rispettivo peso geopolitico.

Quando nel 2009, su iniziativa russa, si tenne a Yekaterinburg il primo vertice dei BRIC (allora ancora privi del Sudafrica, che avrebbe aderito l’anno successivo), vi era un criterio, sebbene non scritto, ad unire i quattro membri del nuovo raggruppamento: quello della piena sovranità, ovvero della capacità di perseguire una politica estera ed economica indipendente.

Il variegato insieme di paesi che sono stati scelti come nuovi membri non risponde pienamente a questo criterio. Da ciò segue – osserva il noto analista russo Fyodor Lukyanov – che i leader dei BRICS, approvando questo allargamento, hanno preferito il principio di diversificazione a quello del consolidamento dell’organizzazione.

Se già in precedenza i BRICS erano un raggruppamento che mancava di un definito meccanismo istituzionale, con la sua espansione a undici membri che hanno visioni spesso divergenti, la creazione di un simile meccanismo appare ancor più lontana.

In realtà, fin dall’inizio i BRICS erano un insieme di paesi con visioni differenti, in particolare riguardo agli Stati Uniti. In contrasto con Russia e Cina, che cercano di riformulare l’ordine globale a guida USA, India e Brasile hanno adottato posizioni più neutrali, e talvolta, soprattutto nel caso indiano, di cooperazione con Washington.

Per l’India, la vicina Cina non è soltanto un competitore economico ma anche un paese con cui i rapporti sono guastati da serie dispute territoriali. Nuova Delhi è invece un partner di Washington all’interno del   Quadrilateral Security Dialogue (Quad), raggruppamento nell’Indopacifico che include anche Giappone ed Australia, a cui gli USA hanno cercato di dare nuovo impulso a seguito della loro crescente rivalità con Pechino.

Né con l’Occidente né contro di esso

Come abbiamo visto, sono molteplici anche le motivazioni che hanno indotto i nuovi membri ad aderire ai BRICS. Un paese come l’Iran è spinto dalla speranza che il suo ingresso nel raggruppamento contribuisca ad alleviare il fardello delle sanzioni (un problema peraltro condiviso anche dalla Russia, e in misura minore dalla Cina) ed a contenere l’egemonia occidentale.

Produttori energetici come l’Arabia Saudita e gli EAU, dotati di ingenti risorse finanziarie, sono motivati dal desiderio di allargare la platea dei propri partner e di diversificare i propri investimenti, ma non hanno interesse a trasformare i BRICS in uno schieramento antioccidentale.

I leader di questi paesi hanno messo in chiaro che non intendono “scegliere” fra Oriente e Occidente, ma fare affari con tutti.

Infine, paesi come Argentina, Egitto ed Etiopia si augurano che l’ingresso nei BRICS possa alleviare le loro difficoltà economiche, anche attraverso la possibilità di accedere ai finanziamenti della NDB, la quale non applica condizionalità come invece fanno la Banca Mondiale e l’FMI. Ma neanche loro sono marcatamente ostili all’Occidente.

Dunque i BRICS+ difficilmente avranno un orientamento spiccatamente antioccidentale, ma piuttosto saranno un insieme di paesi intenzionati a scegliere i propri partner a seconda delle proprie esigenze politiche ed economiche del momento.

Tuttavia, benché il raggruppamento dei BRICS non costituirà mai un’alleanza politica, un forum di paesi determinati ad estendere uno spazio di azione indipendente all’interno dell’attuale sistema internazionale è di per sé in grado di favorire dei cambiamenti importanti – sostiene Lukyanov.

Anche per paesi in aperto conflitto con l’Occidente, come Russia e Iran, il mero ampliamento di uno spazio indipendente nel panorama internazionale, composto da paesi che interagiscono fra loro al di fuori del sistema occidentale di incentivi e sanzioni, è una prospettiva augurabile e in armonia con i loro interessi.

Riformare le istituzioni internazionali, non smantellarle

Conseguentemente, i BRICS non hanno fra i loro principali obiettivi quello di smantellare le istituzioni dell’attuale ordine internazionale, come il WTO, la Banca Mondiale e l’FMI.

Anche nella dichiarazione conclusiva del vertice di Johannesburg, i paesi membri hanno ribadito il loro appoggio ad un sistema commerciale multilaterale ed inclusivo che sia “incentrato sul WTO”.

La dichiarazione ha anche espresso l’approvazione dei paesi membri per una rete di sicurezza finanziaria globale che abbia al proprio centro “un FMI adeguatamente finanziato e basato su quote”.

L’agenda dei BRICS segue dunque due binari paralleli.

Il primo consiste nel cercare di acquisire maggiore influenza e capacità di controllo sulle istituzioni internazionali finora dominate dall’Occidente (ad esempio attraverso la riforma delle quote dell’FMI, e la riorganizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Il secondo sta nel rafforzare proprie istituzioni parallele, come la NDB, alle quali ricorrere laddove le istituzioni consolidate dell’ordine globale non rispondano alle loro aspirazioni e ai loro interessi.

Da ciò si deduce che i BRICS, i quali ovviamente non rappresentano un’alternativa al sistema capitalistico, non incarnano neanche una sfida frontale all’egemonia americana ed occidentale, ma più modestamente il tentativo di ridurre le disparità e gli squilibri dell’attuale ordine.

Dedollarizzazione sì o no?

E’ in questo contesto che si inserisce il dibattito sull’impulso alla dedollarizzazione del sistema finanziario internazionale che i BRICS potrebbero imprimere.

Paesi direttamente sottoposti alle sanzioni americane, come Russia e Iran, certamente sono i primi a voler porre fine alla dipendenza dal dollaro.

Il desiderio di emanciparsi dalla valuta statunitense, e dal fardello che l’indebitamento in dollari comporta (basti pensare all’effetto disastroso che ogni rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve americana ha sulle economie dei paesi emergenti), è però generalmente diffuso fra vecchi e nuovi membri del gruppo.

Malgrado ciò, la prospettiva di una valuta di riserva comune dei BRICS non sembra al momento imminente.

Perfino se i membri del raggruppamento fossero geopoliticamente allineati, l’adozione di una valuta comune presenterebbe una serie di problemi, già messi in evidenza dalla natura zoppicante dell’euro: l’esigenza di una convergenza macroeconomica, la scelta di un meccanismo di cambio, la creazione di un sistema di pagamenti e di compensazione multilaterale che sia efficiente, la necessità di disporre di mercati finanziari caratterizzati da liquidità e stabilità.

Una possibile alternativa sarebbe quella di adottare il renminbi cinese come valuta comune dei BRICS. Ma la valuta di Pechino non è sufficientemente convertibile, e non dispone di un mercato finanziario abbastanza liquido. La Cina adotta ancora un regime di controllo dei capitali, a cui non sembra intenzionata a rinunciare. E paesi come l’India non accetterebbero il renminbi come valuta comune per paura di concedere a Pechino un ruolo troppo dominante.

E’ per questa ragione che il vertice di Johannesburg non si è concentrato su una potenziale valuta dei BRICS, ma sulla decisione di promuovere l’impiego delle valute nazionali nelle transazioni transfrontaliere – un fenomeno già in atto da tempo.

Sebbene Cina e India abbiano interessi di sicurezza divergenti, entrambe traggono beneficio da un aumentato ricorso alle valute locali. L’Arabia Saudita, dal canto suo, sta esaminando la possibilità di ricorrere al renminbi per regolare le transazioni petrolifere con Pechino. Nuova Delhi sta invitando molti paesi a intrattenere transazioni commerciali in rupie. Il mese scorso, l’India ha effettuato il suo primo pagamento petrolifero in rupie agli EAU.

Tuttavia, per due paesi ha senso commerciare nelle rispettive valute nazionali (non pienamente convertibili) solo se il saldo commerciale fra essi è più o meno in equilibrio.

A titolo di esempio, la Russia ha recentemente venduto ingenti quantità di petrolio all’India, la quale ha pagato Mosca in rupie. Ma siccome Nuova Delhi esporta in Russia molto meno di quanto importi da essa, Mosca si trova con una grossa somma di rupie che non sa come spendere o convertire, potendo utilizzarle solo per acquistare prodotti dell’India.

A questo problema potrebbe ovviare solo l’introduzione di una valuta comune per l’intero raggruppamento dei BRICS.

Il lento declino del dollaro

Sebbene i volumi commerciali fra i paesi BRICS non siano al momento sufficienti a sostenere una simile soluzione, le cose potrebbero cambiare con un ulteriore allargamento del raggruppamento ad altri paesi.

In tale contesto, si potrebbe passare da sistemi di compensazione bilaterali (che hanno i limiti appena esposti) ad un sistema di compensazione multilaterale, ed infine ad una valuta comune.

In un simile scenario, alcuni ipotizzano la creazione di una valuta condivisa che verrebbe utilizzata solo nelle transazioni fra gli stati membri, mentre i cittadini dei singoli paesi continuerebbero ad impiegare le proprie valute nazionali.

Un ulteriore allargamento dei BRICS tuttavia presenta sfide di altra natura, legate agli interessi eccessivamente divergenti che un numero troppo esteso di paesi potrebbe determinare, mettendo a rischio la coesione del gruppo.

Per queste ragioni, il dollaro è destinato a rimanere ancora per diversi anni la valuta dominante a livello internazionale.

Il biglietto verde comincerà a perdere sensibilmente potere nel momento in cui i prezzi di gas e petrolio non saranno più fissati in dollari. Ed è questa probabilmente una delle principali considerazioni che hanno spinto i membri fondatori ad includere nei BRICS l’Arabia Saudita, l’Iran e gli EAU. Tuttavia, Riyadh e Abu Dhabi hanno ancora un legame abbastanza stretto con Washington.

Dunque sul medio periodo, piuttosto che una singola alternativa al dollaro, emergeranno probabilmente blocchi regionali di valute, mutevoli e porosi, fondati su scambi commerciali bilaterali e multilaterali, accompagnati da una lenta perdita di influenza da parte del biglietto verde.

Un caotico mondo multipolare

Il nascente mondo multipolare sarà quindi, ancora per anni, segnato dal disordine e dall’incertezza. Esso sarà caratterizzato da alleanze variabili e da paesi – le cosiddette “medie potenze” – che cercheranno di giostrarsi fra tali alleanze senza aderirvi pienamente, mantenendo una posizione “non-allineata”.

Si è parlato a tale proposito di swing states (paesi “oscillanti fra i vari schieramenti) e di mondo à la carte.

Raggruppamenti come i BRICS e il G20 (più vicino agli USA) competeranno fra loro per assicurarsi la lealtà dei paesi in via di sviluppo.

Per diverso tempo i paesi emergenti continueranno ancora a dipendere dal loro debito denominato in dollari, e persino istituzioni finanziarie dei BRICS come la NDB (finché saranno legate all’impiego della valuta americana) resteranno potenzialmente esposte alle sanzioni secondarie di Washington.

Mentre la Cina rimarrà al centro delle catene di fornitura, e dunque del sistema produttivo mondiale, gli USA, più deboli dal punto di vista industriale, resteranno però almeno per qualche tempo al centro di forti alleanze geopolitiche nell’Atlantico e nel Pacifico.

La debolezza del sistema americano sta però nel fatto che, per molti alleati degli USA, sarà virtualmente impossibile sganciarsi dalle catene di fornitura e dai nodi di produzione legati alla Cina, se non vorranno andare incontro ad un repentino declino industriale e tecnologico.

In assenza di alternative industriali e di sviluppo, un’eccessiva fedeltà agli USA impedirà agli alleati di Washington di accedere alle reti produttive più avanzate e ai prodotti più competitivi, ed allo stesso tempo a rinunciare ad importanti mercati di esportazione.

La divergenza fra interessi economici e fedeltà politiche creerà tensioni e fratture che caratterizzeranno la transizione verso il nuovo ordine multipolare, e che sono destinate ad accrescere il rischio geopolitico e la possibilità di conflitti.

https://robertoiannuzzi.substack.com/p/lespansione-dei-brics-e-la-battaglia?utm_source=post-email-title&publication_id=727180&post_id=136847064&isFreemail=true&r=9fiuo&utm_medium=email

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Russia, Ucraina Il conflitto per immagini 10a puntata con Max Bonelli

Il conflitto Russo-Ucraino, ad essere precisi NATO/Russia, con la disperata controffensiva ucraina, ormai in fase di esaurimento, ha raggiunto livelli disastrosi di spargimento di sangue. I casi di formazioni disposte ad arrendersi per disperazione o per svilimento si moltiplicano. In repertorio una serie di immagini commentate. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

 

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Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia, di Drago Bosnic

La NATO, nella fattispecie soprattutto l’attuale leadership statunitense, riesce a trovare nuovi aspiranti suicidi, abbacinati dalle lusinghe e dall’incapacità di risolvere i contenziosi riemersi con l’implosione della Unione Sovietica. Il serbatoio dell’Ucraina è in via di esaurimento. E’ la volta della Armenia, non ostante l’esistenza di una opposizione interna ancora attiva. Folle festanti hanno accolto i leader statunitensi che si sono avvicendati nella veste di salvatori in Armenia. Il prodromo di una tragedia che investirà un altro popolo ai confini della Russia, ma anche della Turchia, poco consapevole dell’estremo sacrificio al quale sarà chiamato in nome di disegni geopolitici ostili alla Russia, ma che rischiano di rinsaldare paradossalmente il sodalizio circospetto di questa con la Turchia e con l’Iran. Il regime iraniano, del resto, alleato sino ad ora dell’Armenia, ha ammonito severamente il governo armeno a non consentire l’ingresso della NATO nell’area caucasica. La Francia, a sua volta, ambisce ad assumere un ruolo attivo nella regione. Potrà esercitarlo, ma a costo di un ulteriore asservimento. “Armiamovi e partite” sarà il motto rimasticato e la lezione che si fatica ad apprendere. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia

Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente

Rompere i legami con la Russia e puntare sulla Francia potrebbe distruggere l’Armenia
Secondo la “logica” di Pashinyan, la Francia entrerà in un confronto con la Turchia, uno dei suoi alleati della NATO, per il bene dell’Armenia, un Paese distante quasi 3.500 km che può raggiungere Yerevan solo attraverso la vicina Georgia. Tutto ciò senza considerare i problemi che Parigi sta attraversando, dato che il suo sistema neocoloniale in Africa sta affrontando un disfacimento senza precedenti.
Drago Bosnic, analista geopolitico e militare indipendente
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan sembra essere un “dono che continua a dare“, anche se l’unico problema è che il beneficiario è chiunque tranne l’Armenia. Al contrario, con il suo arrivo al potere nel 2018, all’indomani della cosiddetta “Rivoluzione di velluto” (lo stesso nome usato in Cecoslovacchia nel 1989 e opportunamente riciclato dallo stesso Pashinyan), la Turchia e l’Azerbaigian non avrebbero potuto ricevere un regalo strategico migliore di questo. I risultati del suo governo sono stati un disastro totale per l’Armenia, come dimostra la perdita della maggior parte del territorio dell’Artsakh (più noto come Nagorno-Karabakh), che ha ulteriormente galvanizzato le ambizioni neo-ottomane della Turchia.
Prima della rivoluzione cromatica di Pashinyan del 2018, l’Azerbaigian si impegnava regolarmente in schermaglie con le forze locali dell’Artsakh nel tentativo di “scongelare” e inasprire il conflitto che era più o meno congelato dal 1994. Ogni volta la Russia è intervenuta per impedire tale escalation, anche nel 2014, 2015, 2016 e 2018. Tuttavia, quell’anno, dopo che Pashinyan è salito al potere, ha avviato una campagna di “riforme” antirusso e di mosse che hanno essenzialmente allontanato Mosca da Yerevan. Tra queste, la chiusura delle scuole in lingua russa e l’intenzione apertamente dichiarata di aderire alle cosiddette “integrazioni euro-atlantiche”, il che significa di fatto aderire all’Unione Europea e alla NATO.
A quel punto, la Russia si è trovata di fronte a una scelta molto difficile: aiutare il suo alleato storico che si stava (lentamente ma inesorabilmente) trasformando in tutt’altro, oppure abbandonare l’Armenia a se stessa per non rischiare di far deragliare l’importantissimo riavvicinamento con Ankara e Baku. Anche in questo caso, Mosca ha deciso di intervenire tempestivamente per evitare la perdita totale dell’Artsakh, dispiegando rapidamente 2000 soldati nell’area. Come ha reagito Pashinyan? Ha iniziato uno scaricabarile nel tentativo di spostare la responsabilità da se stesso e di gettare semplicemente la Russia sotto l’autobus. Questo non ha portato ad altro che a un ulteriore raffreddamento delle relazioni tra Erevan e Mosca, l’ultima cosa di cui il popolo armeno ha bisogno.
E mentre 2000 soldati russi continuano a proteggere gli armeni indigeni dell’Artsakh, Pashinyan ha permesso la massiccia espansione dell’ambasciata americana a Yerevan, che ora ospita oltre 2000 membri del personale, molti dei quali sono agenti dei servizi segreti il cui unico scopo è danneggiare gli interessi della Russia nella regione. Come se non bastasse, in una recente intervista rilasciata al quotidiano italiano La Repubblica, il Primo Ministro armeno ha di fatto annunciato la rottura degli stretti legami con la Russia. Allo stesso tempo, è in corso uno spostamento strategico verso la Francia, il Paese che Pashinyan pensa, stupidamente, possa entrare in un confronto aperto con la Turchia sull’Armenia (per non parlare dell’Artsakh).
In particolare, all’inizio di luglio, diverse fonti hanno rivelato che la Francia avrebbe consegnato armi a Yerevan, tra cui veicoli blindati e sistemi SAM (missili terra-aria) a corto raggio. Non si è parlato di acquisizioni di droni, sebbene i sistemi senza pilota si siano rivelati il principale fattore decisivo durante l’invasione azera dell’Artsakh nel 2020. Proprio la Russia è uno dei leader mondiali in questo ambito, come dimostrano le superbe prestazioni dei suoi droni in Ucraina. Perché Pashinyan non si è rivolto a Mosca per procurarsi migliaia di droni d’attacco che potrebbero fornire un significativo vantaggio asimmetrico sulle forze azere, più numerose e pesantemente armate? Questo aiuterebbe sia l’Artsakh che l’Armenia vera e propria.
Tuttavia, Pashinyan ha altri piani, tra cui lo spreco delle modeste risorse dell’Armenia in costose armi francesi che ora stanno bruciando nelle sterminate steppe dell’Ucraina, insieme a innumerevoli altri carri armati e veicoli blindati occidentali, molti dei quali distrutti proprio dai suddetti (e poco costosi) droni russi. Nel frattempo, l’Azerbaigian continua a militarizzare il confine con l’Armenia, mentre l’Artsakh è ancora in pericolo. L’unica cosa che si frappone tra le forze di Baku e la popolazione armena nella zona sono le forze di pace russe. Inoltre, le forze di Mosca in Armenia sono l’unico motivo per cui la Turchia non osa attaccare il Paese. Tuttavia, tutto ciò non significa molto per Pashinyan.
In un evidente riferimento alla Russia, durante la già citata intervista a La Repubblica, ha affermato che avere “un solo partner è un errore strategico”. Secondo la “logica” di Pashinyan, la Francia entrerà in un confronto con la Turchia, uno dei suoi alleati della NATO, per il bene dell’Armenia, un Paese distante quasi 3.500 km che può raggiungere Yerevan solo attraverso la vicina Georgia. Inoltre, è estremamente improbabile che Tbilisi lo permetta, poiché non ha alcun motivo per peggiorare le sue relazioni ampiamente cordiali con la Turchia e l’Azerbaigian a favore dell’Armenia. Tutto questo senza nemmeno considerare i problemi che Parigi sta attraversando, dato che il suo sistema neocoloniale in Africa sta affrontando un disfacimento senza precedenti.
È inoltre improbabile che gli Stati Uniti permettano il peggioramento dei legami all’interno della NATO nel momento in cui stanno cercando di tenere insieme l’alleanza belligerante o almeno di mantenere una parvenza di unità durante la controffensiva strategica della Russia. Per il bene del popolo armeno e per la conservazione del suo magnifico patrimonio di civiltà, Erevan dovrebbe cercare di ristabilire stretti legami con la Russia, l’unico vero garante della sicurezza dell’Armenia.

Grigoryan rischia la sovranità dell’Armenia cambiando alleanze quando l’Azerbaigian minaccia la guerra

L’Armenia sta rafforzando l’influenza della NATO nel Caucaso ospitando esercitazioni con gli USA

Ahmed Adel, ricercatore di geopolitica ed economia politica del Cairo
Il segretario del Consiglio di sicurezza armeno Armen Grigoryan sta facendo perno sul Paese caucasico verso l’Occidente, quando la sua priorità immediata dovrebbe essere quella di mettere in sicurezza l’Armenia, visto che il conflitto con l’Azerbaigian sembra prossimo a scoppiare. Non è un segreto che la sua nomina a capo del Consiglio di sicurezza abbia inizialmente suscitato legittime preoccupazioni tra gli armeni, poiché si allontanava dalle relazioni tradizionali e di lunga data che l’Armenia intrattiene con la Russia. Tuttavia, la sua missione di far deragliare i legami armeno-russi non sorprende se si ricorda che è stato l’ex coordinatore dei programmi elettorali di Transparency International, una ONG finanziata da Soros con un’evidente agenda liberale.
Di recente Grigoryan ha fatto un altro viaggio, ma piuttosto concettuale, a Bruxelles e ha avuto un pranzo di lavoro con il rappresentante speciale del Segretario generale della NATO per il Caucaso e l’Asia centrale, Javier Colomina. Secondo i media armeni, Grigoryan ha spiegato a Colomina “la situazione della sicurezza intorno all’Armenia e al Nagorno-Karabakh, e ha anche discusso le conseguenze del blocco illegale del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian”.
Con il pretesto della “protesta ecologica”, Baku ha prima bloccato e poi istituito un proprio posto di blocco sulla strada tra Goris e Stepanakert, la capitale della regione separatista a popolazione armena dell’Azerbaigian riconosciuta a livello internazionale. Questo blocco ha portato 120.000 armeni della regione a soffrire la fame e la penuria.
Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altri Paesi occidentali, in particolare la Francia, stanno cercando di livellare qualsiasi accordo raggiunto con la partecipazione della Russia. Da qui i numerosi giri di consultazioni con il Segretario di Stato americano Antony Blinken, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e altri. Ciò non esclude il recente formato di negoziazione un po’ oscurato tra Grigoryan, l’assistente del presidente dell’Azerbaigian Hikmet Hajiyev e il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan.
Non c’è dubbio che Grigoryan partecipi attivamente alla lobby che mira sia al siluramento della Dichiarazione congiunta del 10 novembre 2020 sia all’uscita dell’Armenia dalla CSTO, come ha ammesso lui stesso in un’intervista rilasciata a Novaya Gazeta a maggio. In questo momento, l’Azerbaigian si sta preparando alla guerra mobilitando truppe ed equipaggiamenti ai confini del Nagorno-Karabakh, eppure questo è il momento in cui il governo di Nikol Pashinyan al potere a Yerevan sta cercando di rivedere completamente l’architettura di sicurezza dell’Armenia.
Si tratta di una mossa ad alto rischio, considerando che l’esito del prossimo conflitto militare è molto chiaro: una grave sconfitta militare per l’Armenia, che sarà quindi costretta a umiliazioni e perdite territoriali ancora maggiori, con la prospettiva di una perdita definitiva di sovranità de facto. Questa opzione è più probabile con la completa rottura delle relazioni dell’Armenia con la Russia, che Pashinyan e Grigoryan stanno portando avanti. L’onere maggiore di questa tragedia ricade su Gigoryan, poiché egli, a differenza di Pashinyan, è un armeno karabakhi.
Circa un mese fa Grigoryan ha annunciato progressi nelle relazioni tra Armenia e Stati Uniti nella sfera economica, ma ha lamentato che “la cooperazione tra Erevan e Washington in senso politico-militare non è ancora allo stadio di essere discussa”. Tuttavia, l’11 settembre, circa 175 truppe armene e 85 statunitensi inizieranno delle esercitazioni incentrate su operazioni di mantenimento della pace.
In una conferenza stampa successiva al vertice del G20, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha commentato le prossime esercitazioni militari: “Naturalmente non vediamo nulla di buono nel fatto che un paese aggressivo della NATO stia cercando di penetrare in Transcaucasia. Non credo che questo sia positivo per nessuno, compresa la stessa Armenia”.
Secondo il capo del Ministero degli Esteri russo, “ovunque gli americani appaiano (hanno centinaia di basi in tutto il mondo), da nessuna parte questo porta a qualcosa di buono. Nel migliore dei casi, siedono lì con calma, ma molto spesso cercano di adattare tutto a se stessi, compresi i processi politici”.
I canali mediatici pro-Pashinyan sono sovraccarichi di inviti da parte di esperti di parte a minimizzare qualsiasi legame con la Russia. Spesso promuovono la favola di rimuovere le basi militari russe in Armenia e sostituirle con quelle americane, mentre sostengono lo sviluppo di legami militari con l’Iran, nonostante la Repubblica islamica sia un nemico giurato degli Stati Uniti.
Allo stesso tempo, rifiutando di dispiegare una missione di monitoraggio della CSTO al confine con l’Azerbaigian a favore di osservatori europei, Pashinyan e Grigoryan stanno riducendo al minimo qualsiasi contatto significativo con Mosca. L’attuale élite al potere in Armenia considera gli Stati Uniti e i loro alleati come benefattori affidabili, ritenendo che il loro servizio dedicato garantirà la loro prosperità personale ed economica, assicurando al contempo il Paese dalla minaccia azera.
In questo contesto, Grigoryan è quasi l’incarnazione del collaborazionismo filo-occidentale e del tradimento nazionale.
La tendenza degli armeni a credere a voci ridicole e a teorie di cospirazione offre un terreno fertile per varie manipolazioni. Ma a prescindere dalle istruzioni che Grigoryan ha ricevuto dai suoi supervisori occidentali, l’ulteriore rafforzamento della sua posizione in Armenia non porta nulla di buono al popolo della Repubblica e crea maggiori rischi per esso.

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Nuovi rapporti occidentali che invitano ad abbandonare le tattiche della NATO, di SIMPLICIUS THE THINKER

Ho voluto fare una carrellata dei comunicati più interessanti provenienti dalla sfera degli opinionisti militari occidentali e riguardanti le tattiche russe e la loro presunta “evoluzione”, nonché le prospettive sul futuro del conflitto.

Il primo a fare scalpore è quello del RUSI (Royal United Services Institute), un thinktank militare che si definisce “il più antico think tank di difesa e sicurezza del mondo”, essendo stato fondato dal Duca di Wellington nel 1831.

Il loro ultimo “rapporto speciale” fornisce un aggiornamento ponderato sulla controffensiva ucraina. Si inizia con l’ammissione che l’Ucraina sta soffrendo “di pesanti tassi di perdita di equipaggiamento”, ma… “il design dei veicoli da combattimento corazzati forniti dai suoi partner internazionali sta impedendo che questo si trasformi in un alto numero di morti”.

Questa è l’ultima linea guida adottata dall’Occidente nel tentativo di risollevare il morale dell’AFU. Noterete che dopo la prima distruzione in assoluto del Challenger 2, l’altro giorno, il ministro della Difesa britannico appena nominato ha commentato che almeno l’equipaggio è sopravvissuto.

Anche se si tratta di una digressione, lasciatemi spiegare perché credo che stia mentendo, perché va al cuore dell’argomento.

Il filmato dell’uccisione del Challenger è stato diffuso, e si dice che sia stata compiuta da un ATGM Kornet, che ha creato una grande esplosione:

La cosa importante che è stata sottolineata è che se si guardano le foto del carro armato colpito, sembra che la torretta sia stata completamente staccata dallo scafo e si trovi sul bordo della fiancata in un modo che non dovrebbe essere:

Si noti come la parte anteriore della torretta sia all’incirca a filo con la fiancata del carro armato quando è girata, mentre la parte posteriore della torretta che ospita le munizioni pende dall’altra parte, in un carro armato correttamente montato. Nel filmato della distruzione, invece, si vede che la parte anteriore della torretta è effettivamente appesa al lato e la parte posteriore è a filo. Lo si vede meglio senza le linee disegnate:

Il punto è che per una torretta separarsi catastroficamente dallo scafo in questo modo significherebbe un’esplosione del genere a cui probabilmente nessuno è sopravvissuto. Per non parlare del fatto che sembra esserci un enorme buco nel punto in cui dovrebbe trovarsi il portello del comandante, il che fa pensare a una detonazione davvero grave.

Recentemente, gli ingegneri russi di Kurganmashzavod – il principale produttore di IFV della Russia – che hanno studiato un Bradley catturato, hanno pubblicato questo rapporto:

Ma aspettate di vedere il vero pezzo di resistenza del Bradley che conferma questo punto più avanti nell’articolo.

Il fatto è che le armi occidentali non sono buone come da pubblicità. Quindi, dire che l’equipaggio è “sopravvissuto” nonostante i sistemi venissero continuamente eliminati in un tiro al tacchino non è un granché.

Il rapporto RUSI continua affermando che “La condizione preliminare per qualsiasi azione offensiva è il dominio dei fuochi (dell’artiglieria). Questo è stato raggiunto grazie all’accecamento della capacità di controbatteria dei cannoni russi e alla disponibilità di sistemi di artiglieria precisi e a lungo raggio. È fondamentale garantire la sostenibilità di questo vantaggio attraverso un’adeguata produzione di munizioni e ricambi per un parco artiglierie consolidato”.

Vediamo cosa ha da dire un vero comandante di una divisione di artiglieria russa che combatte su questo fronte:

Innanzitutto, è un comandante di un gruppo della RPD chiamato “Kaskad”, non proprio dell’esercito russo, ma le sue parole sono comunque molto interessanti. Descrive l’azione di artiglieria nel settore di Urozhayne, proprio vicino a Staromayorsk, sulla famosa “sporgenza di Vremevske” a sud di Velyka Novosilka.

Punti riassunti:

Solo dalla sua unità sparano 450 proiettili all’ora.

L’AFU spara di più, fino a 2800 proiettili di tipo “cassetta” (munizioni a grappolo) al giorno.

Secondo le intercettazioni radio, l’AFU ha avuto più di 3.000 vittime solo nella sua piccola area di insediamenti. Questo senza contare l’intero fronte occidentale, ancora più attivo, vicino a Rabotino, dove sono state stimate fino a 10-20k vittime.

Ho pubblicato precedenti interviste con comandanti russi in questo stesso settore che affermano che le loro perdite sono minime rispetto all’AFU. Quindi, RUSI ha ragione a dire che l’Ucraina ha portato la “superiorità” dell’artiglieria contro la Russia? Secondo questo comandante nel suo settore sparano più proiettili – questo è probabilmente dovuto al fatto che quando si conduce un’offensiva, si deve destinare una grande quantità di munizioni con l’aspettativa di superare l’avversario. In teoria, l’avversario è in difesa e quindi trincerato, il che significa che è necessario sparare molti più colpi per ottenere lo stesso effetto o lo stesso tasso di vittime. Il difensore, invece, può sparare molti meno colpi e fare più danni, perché la forza offensiva è esposta “allo scoperto” ed è molto più facile da colpire quando attraversa i campi rispetto a un difensore trincerato in trincee sotterranee.

La RUSI conferma alcune di queste affermazioni con la sezione successiva, in cui si legge che l’Ucraina ha conservato a lungo le munizioni per la controffensiva e ora le sta spendendo più liberamente:

C’è la continua linea propagandistica secondo cui gli M777 forniti dagli americani hanno una portata superiore. A che cosa? La Russia ha più tipi di sistemi di artiglieria di tutta la NATO messa insieme. Ci sono D-20, D-30, 2A29, 2A36, 2A61, 2A65, 2S1, 2S3, 2S5, 2S7, 2S19 e 2S19M2, per non parlare del nuovo 2S43 “Malva” che, secondo quanto riferito, verrà presto spedito alle truppe, oltre agli infiniti sistemi MLRS non inclusi sopra. Molti di questi hanno una gittata inferiore a quella degli M777 americani, mentre alcuni hanno una gittata superiore, in particolare il 2S7M, ma anche il 2A36, il 2S19M2 e persino il 2A65, a seconda del tipo di proiettile, in particolare se utilizzano il RAP a più lunga gittata e l’M777 no.

Voglio risolvere una volta per tutte questo dibattito, che le fonti occidentali continuano a propagandare con falsi pretesti. Il proiettile standard dell’esercito americano utilizzato dall’Ucraina è l’M795. Sulla pagina ufficiale dell’M777 è riportata la gittata dell’obice con il proiettile M795:

Abbiamo 23,5 km, tenetelo a mente.

Ora elenchiamo le gittate dei sistemi di artiglieria russi. Utilizzeremo solo sistemi equivalenti da 152 mm piuttosto che da 122 mm. Potete verificare voi stessi tutti i dati riportati nelle pagine ufficiali del wiki.

Il più vecchio obice russo D-20 ha la gittata più piccola, 17,4 km, il 2S3 Akatsiya circa 18,5 km.

Ma il 2A36:

Poi:

Il proiettile OF45 standard russo sparato da un 2A65 e da un 2S19 raggiunge i 24,7 km, un valore superiore ai 23,5 km standard dell’M777.

Il 2S5 Hyacinth-S raggiunge 28 km con munizioni standard e il mostruoso 2S7M, pur sparando 203 mm, raggiunge 37,5 km senza assistenza e quasi 50 km con munizioni assistite.

Come si può vedere, due dei sistemi russi hanno una portata inferiore, un paio hanno una portata leggermente migliore o quasi uguale, e un altro paio hanno una portata molto più elevata.

Naturalmente i media occidentali “scelgono” i rapporti dei gruppi di volontari più piccoli o delle unità della DPR non altrettanto ben armate, che potrebbero usare Gvozdika, Akatsiya, D-20, ecc. Ma ignora le unità russe che usano i 2A36, i 2S19, i 2S5, i 2S7 ecc. che possono tutti superare l’M777.

Sì, l’Ucraina ha anche altri sistemi come il tedesco PhZ2000 e il francese Caesar che, a quanto pare, hanno una gittata maggiore con munizioni standard, ma sono anche molto meno numerosi e la Russia ne ha già distrutti molti, se non la maggior parte, per non parlare del fatto che la loro gittata impallidisce rispetto a quella dei 2S7M. Per quanto riguarda il Krab polacco e l’As-90 britannico, la stessa cosa, a parte il fatto che non hanno nemmeno una gittata maggiore per cominciare.

La verità è che la parte russa ha semplicemente una tolleranza molto più bassa alle perdite. Quindi, quando 1 o 2 unità vengono eliminate dal fuoco di controbatteria, scatta l’allarme e il loro tono nei rapporti è molto più conseguente. Ma l’Ucraina può perdere 10 pezzi di artiglieria e per loro sarà una “buona giornata”, per così dire. La gente coglie il tono più urgente della Russia e ne trae l’implicazione che la Russia sta subendo perdite più pesanti, quindi l’artiglieria ucraina deve essere in qualche modo superiore. Non è proprio così che funziona.

In effetti, negli ultimi tempi l’unico vero attacco all’artiglieria russa che l’Ucraina ha effettivamente portato a termine è stato quello con gli HIMAR, che hanno una gittata di 90 km. Perché pensate che si stiano affidando così pesantemente agli HIMAR per contrastare le batterie di artiglieria russa?

Perché due degli SPG di artiglieria più avanzati dell’Occidente, il Caesar francese e l’AS-90 britannico, sono morti entrambi in modo catastrofico negli ultimi giorni:

Inoltre, l’Ucraina soffre di un’usura delle canne di gran lunga superiore, poiché non ha il lusso di poterle scambiare come fa la Russia, per ovvie ragioni logistiche. Ciò significa che i loro sistemi perdono precisione e portata. Il raggio d’azione effettivo della maggior parte dei loro M777 rimanenti è probabilmente di 15 km più o meno, perché è il massimo che si può ottenere da una canna usurata – e le canne dell’M777 sono difficili da gestire.

La Russia, d’altra parte, è provato che cambia le canne sul fronte in continuazione, come testimoniano numerosi video:

In conclusione, la presunta superiorità di “raggio d’azione” dell’artiglieria ucraina non è veritiera, se non quando è tratta dal resoconto di una particolare unità, che si dà il caso sia sotto-equipaggiata con vecchi apparecchi come i D-30. Ci sono molte unità di questo tipo, non fraintendetemi, ma ce ne sono anche molte con piattaforme migliori. Ricordiamo che l’Ucraina ha preso in consegna solo circa ~150+ più o meno M777 in totale, la Russia ha 760 solo di 2S19 superiori, senza contare le migliaia di altri tipi di canna.

Proseguendo, l’articolo della RUSI descrive l’incursione iniziale della controffensiva di inizio giugno. Ci sono due ammissioni interessanti: la prima, che i MRAP MaxxPro si sono “impantanati” nel fango, a riprova delle voci che avevamo sentito sulla loro inadeguatezza al terreno ucraino. La seconda, ancora più interessante, è la seguente; leggere attentamente la parte evidenziata:

Ricordiamo che sappiamo che le prime violazioni condotte in questa controffensiva sono state effettuate con i Leopard 2A6. Qui la RUSI sceglie di demordere e di non ammettere la dura realtà, preferendo chiamarli vagamente “carri armati”.

Per anni ci è stato detto che i carri armati occidentali, in particolare le varianti del Leopard 2A6, erano i più avanzati al mondo e che avrebbero facilmente distrutto i carri armati russi in un duello testa a testa, grazie alla superiorità delle loro ottiche, dei sistemi di controllo del fuoco (FCS), della precisione delle canne, della portata delle munizioni e della balistica, della stabilizzazione delle armi, ecc.

Ma sorprendentemente, uno dei thinktank autoproclamatisi più autorevoli e antichi del mondo afferma che i carri armati russi hanno iniziato a ingaggiare la colonna guidata dai “carri armati” ucraini, e – ecco la dolorosa ammissione: “I veicoli della colonna sono stati messi fuori uso in successione”.

Che fine hanno fatto tutte quelle ottiche superiori, le stabilizzazioni e tutto il resto?

Un nuovo articolo di WarOnTheRocks degli ormai famigerati Rob Lee e Michael Kofman fa luce anche su questa tanto discussa fase iniziale. Essi confermano anche alcuni dei risultati, non solo affermando che l’Ucraina raramente utilizza più di un paio di carri armati alla volta per paura di perdite, ma che solo pochi plotoni di una brigata sono pronti all’assalto:

Intorno a Bakhmut, ad esempio, molti degli assalti meccanizzati ucraini sono costituiti da una o due squadre sostenute da due carri armati. Secondo le nostre ricerche sul campo, le unità di carri armati ucraine raramente si ammassano a livello di compagnia per il rischio di perdere troppi carri armati in una volta sola. Le battaglie tra carri armati sono rare. I carri armati passano gran parte del tempo a sostenere la fanteria e a fornire fuoco indiretto. In genere operano in coppia o in plotoni, sostenendo gli attacchi della fanteria. Questa offensiva è stata in gran parte caratterizzata da assalti di fanteria a livello di plotone, combattendo da un albero all’altro. Nonostante le loro dimensioni, le brigate hanno spesso un numero limitato di plotoni e compagnie addestrati all’assalto, il che limita le forze disponibili per questi compiti.
L’altra grande ammissione contenuta nel loro tiepido articolo è che la Russia sta in realtà deliberatamente scambiando spazio per logoramento, un fatto chiaro a qualsiasi analista anche di medio livello, ma ancora ripetutamente ignorato dalle cheerleader occidentali affamate di propaganda:

Tornando al pezzo della RUSI, il resto della sezione riguarda alcuni aspetti post-operatori della BDA, quindi passiamo alla sezione successiva, interessante, intitolata “Lezioni russe e adattamento”.

Inizia con un’altra grande concessione:

Le azioni tattiche intorno a Novodarivka e Rivnopil sono state in gran parte considerate un successo dalle forze russe nella misura in cui hanno inflitto sufficienti perdite di equipaggiamento nelle fasi iniziali in modo da degradare il raggio d’azione delle unità di manovra ucraine assumendo un tasso costante di perdite attraverso la profondità delle posizioni difensive della Russia.
Ammettono che, anche se alla fine l’Ucraina ha preso quei due piccoli insediamenti, si è trattato fondamentalmente di un successo russo a causa delle ingenti e insostenibili perdite subite dall’AFU. Si tratta di confessioni piuttosto crude da parte di un istituto impegnato a promuovere una versione il più possibile “asettica” della guerra.

E un’altra:

Le forze armate russe hanno anche deciso di sfruttare tatticamente le opportunità quando le forze ucraine si sono impantanate con un fiancheggiamento aggressivo con i blindati per mettere fuori uso i sistemi ucraini. Vale la pena notare che la Russia spesso perde i carri armati utilizzati per questi contrattacchi, ma questi infliggono danni sproporzionati perché le mine limitano la capacità di manovra o di risposta dei veicoli ucraini. Questa disponibilità al contrattacco e la decisione di difendersi in avanti evidenziano come l’addestramento degli equipaggi dei carri armati russi e di altre specialità abbia continuato a funzionare, generando nuovi equipaggi con una certa competenza tattica rispetto all’interruzione dell’addestramento collettivo che ha ostacolato la fanteria russa.
Secondo loro, la Russia sta mostrando ampi miglioramenti nella guerra EW, innovando nuovi usi come l’uso di sistemi mobili più piccoli e leggeri come il Pole-21 per fungere da “antenna” trasmittente a sistemi più grandi e potenti. In questo modo l’unità mobile emette il segnale EW lasciando il mainframe più grande al sicuro e nascosto, consentendo una copertura più ampia del campo di battaglia.

L’ultimo e più importante passo avanti è che il famoso complesso russo di ricognizione e fuoco (RFC) è stato continuamente migliorato ogni giorno. Notano che la Russia ha privilegiato le munizioni guidate come il Krasnopol e ha rafforzato le sue capacità ISR nell’effettuare attacchi precisi che le permettono di distruggere gli obiettivi con un dispendio di munizioni di gran lunga inferiore a quello delle vecchie dottrine sovietiche di posizionamento dei cannoni a griglia.

Si tratta di una tendenza preoccupante, perché nel tempo probabilmente migliorerà in modo significativo l’artiglieria russa. La crescita della complessità, della diversità e della densità degli UAV russi è preoccupante. I miglioramenti sia nell’effetto della testata che nell’economia del suo design tra il Lancet-3 e il Lancet-3M dimostrano come i russi stiano attivamente migliorando i loro equipaggiamenti in campo. Notevoli sono anche le modifiche apportate alle munizioni per il loitering per ottenere una riduzione del rumore sullo Shahed-136 e per rendere più difficile la navigazione.
Il punto più importante, a mio avviso, riguarda i miglioramenti nelle comunicazioni delle catene di autorità/uccisione Recon-Fire-Complex. Si tratta di un aspetto di estrema importanza, su cui ho insistito a lungo:

L’abilitazione della RFC dipende dalle comunicazioni. Anche in questo caso, l’esercito russo sta facendo importanti progressi. All’inizio dell’invasione su larga scala, le forze russe dipendevano in larga misura da radio militari su misura. Alla fine dell’anno scorso, nella corsa all’equipaggiamento, è stata impiegata un’ampia gamma di sistemi civili. Dal punto di vista concettuale, tuttavia, i russi sembrano aver fatto un passo avanti, affidandosi sempre più a reti portanti militari ma a servizi basati su app per la codifica e l’accesso ai dati. Il risultato è che un sistema come Strelets può fornire una connessione 3G a più dispositivi che utilizzano applicazioni intuitive per gli utenti civili. Questa separazione di portatori e servizi è ancora in fase embrionale e la sicurezza e la robustezza dei sistemi in fase di test devono essere messe in dubbio. Tuttavia, la riduzione del carico di addestramento di questo approccio e i miglioramenti nella direzione del fuoco già ottenuti fanno sì che l’AFRF probabilmente continuerà a spingere in questa direzione e sistematizzerà sempre più la propria architettura di comunicazione attorno a questi metodi.
Si parla del sistema Strelets, di cui ho scritto qui:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

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FEB 16
All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e noi siamo proprio in uno stato di tale transizione) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, così come della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.
Read full story

Questo è importante perché il canale della difesa russo ha pubblicato giorni fa questo video, che mostra proprio uno di questi sistemi, già in fase di distribuzione alle forze di artiglieria. Il video mostra il sistema Planshet-M, che consente un maggiore coordinamento tra le unità di comando/scout, le squadre ISR/drone e i comandanti delle batterie, inviando senza soluzione di continuità i dati relativi ai bersagli e alle coordinate tra le unità per un tempo ridotto di loop RFC:

A questo fa eco un altro pezzo di Foreign Affairs – che, tra l’altro, è la rivista ufficiale del Council on Foreign Relations – che dichiara che la Russia, in modo preoccupante, sta migliorando sotto molti aspetti:

Business Insider concorda con questo nuovo pezzo:

Scrivono:

La capacità della Russia di bloccare i droni ucraini è migliorata, costringendo gli operatori dei droni a spostarsi più vicino alle linee del fronte e mettendo queste preziose truppe in maggiore pericolo mentre la controffensiva ucraina continua.
Salteremo il resto, dato che copre punti precedenti.

Il pezzo di RUSI termina con alcuni altri punti importanti che evidenzierò in rapida successione. Si nota che i comandanti ucraini danno la priorità a non stendere fumo perché preferiscono vedere il campo di battaglia con gli “occhi nel cielo” dei droni, piuttosto che accecare la parte russa ma anche se stessi:

I comandanti continuano a dare la priorità al mantenimento della propria comprensione del campo di battaglia rispetto alla posa di fumo e all’occultamento dei movimenti del proprio personale. Data la criticità di una rapida applicazione dell’artiglieria a sostegno del movimento, questa priorità è comprensibile, ma riflette anche i limiti della capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici nell’eseguire le azioni quando non sono dirette da alti comandi con una maggiore consapevolezza della situazione. Data la saturazione del quartier generale che ne deriva, è fondamentale addestrare i leader più giovani, insieme all’espansione della capacità del personale.
L’aspetto più importante è che questo riflette le “limitazioni nella capacità della brigata di fidarsi dei comandanti tattici per eseguire le azioni quando non sono dirette dal quartier generale”.

Che cosa significa?

Stanno ammettendo che i sergenti “addestrati dalla NATO” e i tanto decantati sottufficiali non sono in realtà all’altezza del compito, e che i comandanti “nelle retrovie” non si fidano di loro per prendere decisioni tattiche valide da soli, preferendo osservare il campo di battaglia da droni e prendere tutte le decisioni tattiche “a livello centrale” come il cosiddetto “sistema sovietico”.

Dopo aver tanto parlato della superiorità della NATO e dell'”addestramento in stile occidentale”, ora ammettono che è tutto falso.

Continuano a descrivere come l’addestramento nei Paesi della NATO sia in realtà inadeguato perché viene svolto in condizioni non realistiche rispetto al campo di battaglia reale.

L’addestramento collettivo fuori dall’Ucraina è ostacolato dal fatto che, a causa della cultura della sicurezza nella NATO, le truppe ucraine non possono addestrarsi mentre combattono. Inoltre, molte tattiche della NATO richiedono un livello di addestramento che non è fattibile nei tempi disponibili, oppure non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna.
Rileggete: Le tattiche della NATO “non sono convalidate nell’ambiente della minaccia moderna”. È un’ammissione mostruosa. È interessante notare che il principale “esperto militare” dietro questo rapporto, il dottor Jack Watling – ricercatore senior per la guerra terrestre presso il Royal United Services Institute – aveva precedentemente scritto un articolo per il Guardian a luglio in cui affermava quanto segue:

Un paio di mesi prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ero sdraiato su una collina a guardare un battaglione meccanizzato statunitense che scendeva a valle con il compito di superare una serie di ostacoli. Gli ostacoli erano meno formidabili di quelli presenti in Ucraina e il nemico dell’esercitazione era costituito da una sola compagnia sostenuta da un’artiglieria limitata. Ciononostante, le truppe statunitensi hanno combinato un pasticcio. Le loro truppe di ricognizione non sono riuscite a schermare i loro veicoli, si sono bloccate in vista del nemico e sono state severamente punite. Il fatto che le truppe statunitensi ben addestrate facciano fatica a superare gli ostacoli in circostanze più favorevoli sottolinea quanto sia difficile. Inoltre, le truppe statunitensi che ho osservato possono essersi comportate male, ma lo hanno fatto in addestramento. Se mai dovessero farlo davvero, avranno avuto ripetute opportunità di imparare e migliorare. Le truppe ucraine non hanno avuto questo lusso.
Che cos’è questo? Per mesi siamo stati criticati per aver dubitato della supremazia delle millantate capacità statunitensi di “armi combinate”. Sembra che non tutto fosse come pensavamo.

Ma il rapporto RUSI continua:

Questo approccio alla generazione di forze significa che la maggior parte dei battaglioni ucraini sta generando circa due plotoni di truppe che sono considerate pienamente in grado di condurre azioni di assalto. Mentre il resto del battaglione fornisce rinforzi e la capacità di mantenere il terreno, le dimensioni delle formazioni che possono condurre azioni offensive sono fortemente limitate.
Quindi, a causa di queste varie limitazioni, ogni battaglione può generare solo una mezza compagnia di veri combattenti. Tra l’altro, nel precedente articolo del Guardian, Watling ha ammesso che l’unico motivo per cui l’Ucraina manda le proprie truppe all’estero per addestrarsi è che non può fare nulla di più dell’addestramento dei soli soldati in Ucraina, perché i campi di addestramento sono bersagli maturi per gli attacchi russi. Ciò significa che per l’addestramento di unità a livello di compagnia e oltre, è impossibile farlo se non nel Regno Unito, in Germania, ecc. E senza tale addestramento, le unità più grandi non possono formare la coesione necessaria per condurre assalti adeguati. Questo è l’enorme dilemma in cui si trova l’Ucraina.

Infine, il rapporto RUSI conclude:

È anche importante riconoscere che le forze russe stanno combattendo con maggiore competenza e ragionevole tenacia nella difesa. Sebbene stiano perdendo terreno, le forze russe stanno in gran parte conducendo ritiri ordinati dalle posizioni e stanno effettivamente rallentando e quindi gestendo le avanzate ucraine, imponendo al contempo un costo considerevole in termini di equipaggiamento.
Questa è bella grossa. Non solo la Russia sta combattendo con competenza, ma sta anche conducendo ritirate ordinate imponendo costi considerevoli all’AFU. Per mesi ci è stato detto che l’AFU si apriva valorosamente un varco tra i suoi ranghi, massacrando tutti e facendo prigionieri in ogni posizione catturata. Sembra che la realtà sia un po’ diversa dalla brodaglia data in pasto all’opinione pubblica occidentale.

Questo rapporto della RUSI ha generato un’ondata di titoli che hanno messo in evidenza quella che secondo loro era la tesi principale: che l’Ucraina dovrebbe “smettere di addestrarsi alle tattiche della NATO”, perché le sta solo danneggiando, e tornare a fare ciò che sa fare meglio:

The above report

Il  rapporto precedente cita anche Watling in una nuova intervista al Telegraph in cui afferma:

“Potremmo sbagliare terribilmente. “Potremmo fare in modo di insegnarvi come essere un ufficiale dello staff della NATO… abbiamo corsi e abbiamo un libro che ci dice cosa significa. “Ma il problema è che se prendete quella persona che ha imparato tutte queste procedure della NATO e la rimettete in Ucraina, dove ha strumenti diversi e dove nessuno dei suoi colleghi capisce la terminologia della NATO, allora tornerà a quello che capiscono i suoi colleghi”.
L’articolo riporta anche un nuovo rapporto della Bundeswehr tedesca che afferma che l’AFU ha iniziato internamente ad abbandonare gli inutili ufficiali “addestrati dalla NATO” a favore di persone con una reale esperienza di combattimento, rendendosi conto che sanno molto di più e sono molto più utili di quelli addestrati sulla sacra “dottrina della NATO”:

Un rapporto dell’intelligence tedesca, trapelato di recente, afferma che i progressi di Kiev hanno vacillato perché il suo esercito non sta mettendo in pratica l’addestramento ricevuto dall’Occidente. La valutazione della Bundeswehr afferma che le forze armate ucraine hanno preferito promuovere i soldati con esperienza di combattimento rispetto a quelli che avevano ricevuto l’addestramento standard della NATO, il che ha portato a “notevoli carenze nella leadership” e a “decisioni sbagliate e pericolose”.
Poiché si collega perfettamente all’articolo che  ho appena scritto sui sistemi sottufficiali della NATO e della Russia, ho voluto condividere anche il pezzo successivo, che afferma che l’Ucraina sta sperimentando un tale logoramento dei sottufficiali che i colonnelli stanno pianificando raid edilizi individuali:

L’elevato numero di perdite subite sul campo di battaglia ha solo esacerbato la mancanza di potenziali leader giovani con esperienza in prima linea. “Questo limita la scala alla quale le brigate possono combinare le armi, specialmente durante le operazioni offensive dove i tempi di pianificazione sono ridotti”, hanno scritto il dottor Watling e il suo co-autore Nick Reynolds. Spesso i leader più anziani, come i colonnelli responsabili di tratti fino a 10 miglia sulla linea del fronte, sono portati a pianificare attacchi di sezione agli edifici. La formazione di una nuova classe di ufficiali junior consentirebbe ai leader più esperti di pianificare e coordinare attacchi su larga scala che potrebbero accelerare l’avanzata dell’Ucraina nel territorio occupato dalla Russia.
A seguito di ciò, abbiamo un nuovo articolo di Economist con un direttore dell’Agenzia di Intelligence della Difesa degli Stati Uniti:

L’aspetto importante è che le agenzie di intelligence statunitensi ammettono di aver sottovalutato le difese russe. Ma l’ammissione mozzafiato che viene fatta è che il grosso delle riserve russe rimane ancora sulla terza linea, che l’Ucraina non ha ancora raggiunto:

In altre parole, la maggior parte di due interi corpi d’armata dell’AFU sono stati completamente distrutti, con un numero di perdite fino a 50.000, solo combattendo contro una frazione delle forze russe, mentre il grosso di esse rimane ancora non impegnato nelle retrovie. Immaginate quanto debba essere demoralizzante rendersene conto.

Ammettono che l’Ucraina ha esaurito la maggior parte delle sue riserve, un fatto attestato dalla recente distruzione del Challenger 2, il che significa – come ha detto qualcun altro – che l’Ucraina sta già “raschiando il fondo del barile” delle sue ultime capacità per l’offensiva. Ma non preoccupatevi, dice la DIA, l’Ucraina può riposare durante l’inverno e fare un nuovo tentativo nella primavera del 2024.

Questo ci porta a  questo articolo di Mick Ryan, che si occupa delle prospettive future:

È uno degli opinionisti occidentali più lucidi e ragionevoli su questa guerra e ammette molte delle stesse carenze che oggi affliggono regolarmente i rapporti dell’Occidente. Che l’Occidente ha sbagliato i calcoli e che non aveva idea di come combattere una guerra come quella che stiamo vedendo in Ucraina. Chiede un nuovo “Progetto Manhattan” finalizzato allo sminamento per trovare nuovi modi per l’Ucraina, o per chiunque in futuro, di eliminare i tipi di campi minati che la Russia sta costruendo.

L’articolo ruota attorno allo stesso tema del giorno che sta attraversando i reportage occidentali: la perdita di speranza per il 2023 e la conseguente concentrazione sul “sostegno” fino al 2024. Lo stato d’animo, sottolineato dal precedente articolo di WarOnTheRocks, è sostanzialmente che non c’è più speranza in armi “wunderwaffe” come gli F-16 o nuovi tipi di missili da crociera. La speranza può essere riposta solo nel sostegno generale dei sistemi d’arma utilizzati quotidianamente sul fronte: dai visori notturni agli Humvee e ai MRAP, fino ai proiettili d’artiglieria. L’attenzione deve essere spostata non solo dal tentativo di trasformare l’AFU in una sorta di nuova creatura della NATO, ma piuttosto di lasciarle fare ciò che sanno fare meglio.

Il problema di questa strategia è che presuppone che fino a quando si potrà continuare a fornire all’Ucraina un livello minimo di armi di base, l’Ucraina continuerà ad andare avanti e ad assorbire le perdite smisurate che sta subendo. Quando si dà uno sguardo cupo a ciò che dicono le stesse truppe in prima linea, diventa chiaro che questo “status quo” non è sostenibile.

Guardate, ad esempio, questo nuovo articolo tratto dal Kyiv Independent che intervista le truppe della 32esima brigata, di recente e frettolosamente formata, che si difendono dall’assalto russo in direzione di Kupyansk. Non c’è fonte di propaganda più grande del Kyiv Independent, eppure anche loro sono costretti a pubblicare queste parole rassicuranti, forse come segnale di allarme per i loro sponsor:

Parlando del loro addestramento “NATO” in Germania, le truppe ucraine hanno detto questo:

Tuttavia, gli stessi soldati che hanno parlato con il Kyiv Independent non hanno nascosto il loro disprezzo per il fatto che l’addestramento li abbia preparati a una guerra che non esiste in Ucraina. Hanno detto che gli ufficiali della NATO non capiscono la realtà sul campo. “Un soldato di fanteria della NATO sa di essere supportato e può avanzare con la certezza di avere un’alta probabilità di non essere ucciso o mutilato”, ha detto Ihor.Il modo di fare la guerra della NATO richiede massicci attacchi aerei preparatori, sbarramenti di artiglieria e sminamento prima che la fanteria venga inviata, ha aggiunto.Di solito non funziona così in Ucraina.
Tempo fa ho scritto che la NATO è abile solo nell’insegnare tattiche COIN (contro-insurrezione). L’articolo sopra riportato lo conferma, affermando che gli istruttori della NATO hanno insegnato ai soldati ucraini solo tattiche di guerra urbana:

Zgurets ha detto che gli istruttori in Germania hanno posto molta enfasi sull’insegnamento del combattimento urbano. Lo stile di combattimento nelle campagne ucraine, che fonde il combattimento in trincea della Prima Guerra Mondiale con la tecnologia e le tattiche del XXI secolo, si vede solo in Ucraina e non rientra nelle competenze della NATO.
Nel mio ultimo rapporto ho parlato di tattiche ucraine di assalto alla carne, perché la loro effettiva armatura si è ridotta a tal punto da costringerli a correre letteralmente a piedi verso le posizioni russe. Non solo l’articolo del Kyiv Post afferma in apertura che le truppe nella direzione di Kharkov non hanno un equipaggiamento adeguato perché “tutto il materiale migliore è stato inviato all’offensiva di Zaporozhye”, ma ecco una descrizione che conferma il tipo di cose che stavo evidenziando:

Non solo, ma ricordiamo le ripetute lamentele dei turbo/schizopatrioti o dei veri e propri troll che sostengono che le truppe russe sono a corto di ogni pezzo di kit prezioso, tipicamente prese da un rapporto fuori contesto di una singola unità di volontari, o qualcosa del genere. L’articolo chiarisce questo punto, almeno in questa direzione:

“Hanno droni per la visione notturna, Orlan e altre tecnologie; vedono tutto”, ha detto Volodymyr. La sensazione di essere costantemente osservati e presi di mira è estremamente demoralizzante per le truppe ucraine: “Ti blocca, vorresti fare certe azioni, ma non puoi perché l’occhio di Sauron ti guarda sempre”, ha detto Ihor, riferendosi al cattivo e padrone dell’orda orchesca del Signore degli Anelli.
Descrive inoltre quanto sia avanzata la guerra SIGINT russa:

Ma anche loro hanno le loro brutte sorprese di cui preoccuparsi. Un comandante di plotone di carri armati di nome Vladyslav ricorda che la prima volta che un ucraino ha provato a usare la radio di un carro armato, i russi lo hanno immediatamente individuato e sepolto dall’artiglieria. Da allora hanno imparato a non usare mai dispositivi di comunicazione più potenti di un palmare. Le truppe nemiche sono troppo ben posizionate per punire qualsiasi errore.
L’articolo si conclude con l’ammissione che “la Russia ha un enorme vantaggio di artiglieria in tutto il Paese”, sottolineando ancora una volta il mio punto di vista sulle esagerazioni che fanno morale nella direzione di Zaporozhye, in cui si afferma ripetutamente che l’Ucraina ha una sorta di “vantaggio di artiglieria” solo per dare loro almeno una cosa di cui scrivere.

E un nuovo articolo del quotidiano britannico  The Times fornisce l’ultima, cupa visione della mentalità che pervade le trincee ucraine:

L’articolo riporta queste statistiche, ormai blasé:

In effetti, questo articolo offre il più crudo di tutti gli sguardi sull’orrore vissuto dall’AFU. Per esempio, un altro estratto conferma come i soldati dell'”assalto alla carne” siano costretti a correre a piedi verso le postazioni nemiche perché le armature facilmente distrutte si sono rivelate troppo scarse e preziose per essere “sprecate” negli assalti frontali:

I medici della 47a brigata “d’élite” ammettono che le loro perdite sono a quattro cifre:

Fate i conti. Si dice che una brigata ucraina sia composta in linea di massima da 4.000 uomini, ma, secondo quanto riferito, molte o addirittura la maggior parte di esse ne hanno solo 2.000 – 3.000. Le perdite a quattro cifre significano che circa la metà della brigata o più è stata completamente spazzata via, un fatto purtroppo già corroborato dai documenti trapelati che ho presentato in precedenza.

Ma c’è di peggio. Ricordiamo che la principale consolazione degli opinionisti occidentali, in particolare per il recente colpo al Challenger, è che almeno gli equipaggi dei blindati occidentali sopravvivono dopo essere stati colpiti, a differenza – sostengono – di quelli dei blindati di fabbricazione russa. Tra questi ci sono i Bradley, che si dice siano infinitamente più ergonomici, più sicuri e più resistenti rispetto ai BMP russi.

Beh, vi lascio decidere con questa ultima, orribile sezione:

Sembra proprio un esempio di sopravvivenza.

Ora diventa così chiaro come decenni di propaganda occidentale abbiano costruito il loro equipaggiamento con riconoscimenti e distinzioni fraudolente e non meritate. Ora, nella loro prima vera prova contro un nemico reale, le bugie crollano.

Naturalmente, orrori come quelli sopra descritti sono sottolineati dagli ammutinamenti settimanali che si verificano all’interno dei ranghi dell’AFU. Solo negli ultimi due giorni abbiamo avuto due nuovi video, uno della 46ª Brigata aeromobile dell’AFU che combatte sulla linea di Zaporozhye:

L’altro da un’unità sul fianco destro del fronte di Kherson:

Entrambi lamentano problemi e morale basso, che è abbastanza universale in tutti i ranghi dell’AFU, a parte alcune unità nazionaliste irriducibili.

Avete mai giocato a uno di quei giochi di strategia in tempo reale in cui ogni unità accumula “punti esperienza” più a lungo rimane in vita, rendendola più forte, infliggendo più danni e così via? È un’analogia abbastanza azzeccata di come sarà il prossimo anno. Le unità russe subiscono molte meno perdite e quindi accumulano un sacco di esperienza che le rende più forti, più resistenti, più precise e intraprendenti, ecc. L’Ucraina, d’altro canto, viene costantemente rifornita di scorte sempre più nuove e sempre meno in forma, tra cui invalidi, geriatrici, ora donne, ecc.

Ciò significa che entro l’anno prossimo la maggior parte delle truppe russe avrà l’equivalente di una valutazione XP a tre stelle sopra la testa, mentre quelle dell’AFU saranno fresche di 0 stelle. Il risultato finale sarà che le perdite dell’AFU assumeranno una disparità sempre meno “lineare” e inizieranno a diventare paraboliche. Qualunque sia il rapporto di uccisioni attuale, non potrà che peggiorare entro l’anno prossimo, dato che le truppe russe esperte saranno messe a confronto con coscritti non addestrati e pressati.

Il risultato più importante di questi rapporti è la cieca speranza che l’Occidente possa in qualche modo “mantenere la rotta” e continuare a soddisfare i bisogni dell’Ucraina fino al prossimo anno. Ma abbiamo già visto che non solo sono previsti forti tagli ai finanziamenti, ma non c’è più molto equipaggiamento di punta da inviare, ed è per questo che si sta già raschiando il fondo del barile con cose come i vecchi Leopard 1 piuttosto che la serie 2. Inoltre, gran parte dell’auspicato sostegno ai soldati è stato dato in cambio di un’offerta di armi.

Inoltre, gran parte della sperata solidarietà europea/occidentale nella produzione di armi non si è realizzata. Le vuote promesse di massicci incrementi di produzione sono state fatte con la presunzione di consorzi di nuova formazione in grado di lavorare insieme per aprire nuove fabbriche e pompare enormi quantità di proiettili. Ma nulla di tutto ciò si è verificato, poiché le aziende hanno invece tentennato e giocato con il tempo, troppo caute per investire in una proposta dubbia. Per esempio, questa nuova “battuta d’arresto” esemplificativa:

La Russia, invece, comprende l’aspetto economico della guerra. Andrei Martyanov ne ha parlato di recente nel suo nuovo video su Alexander Svechin, considerato uno dei principali teorici militari russi, il “Clausewitz russo”. Dagli scritti di Svechin, Martyanov sottolinea quanto la dottrina russa sia profondamente intrisa di considerazioni economiche sulla guerra:

E poiché, come afferma Martyanov, Gerasimov è un grande devoto di Svechin, possiamo dedurre che la Russia è ben consapevole delle dimensioni economiche.

Altro dal video:

 

Questo riassume le prospettive. Credo che la Russia, nonostante le sue a volte apparenti vacillazioni o l’atteggiamento non impegnativo di Putin nel definire rigorosamente gli obiettivi del conflitto, abbia in realtà un piano concreto, che è più o meno quello descritto sopra. Il piano è sostenuto da una sinergia tra esercito e industria, che sta lavorando per fornire il tipo di produzione in costante aumento che mira a spingere l’Ucraina in un abisso di deficit di logoramento. Alla fine si tratta di un semplice gioco di numeri, e le dottrine e le teorie militari russe hanno da tempo stabilito tutti i parametri per macinare una vittoria di questo tipo con la stessa applicazione sistematica e pratica di un maestro di scacchi che applica una teoria di apertura sommaria contro un avversario principiante.

Mancando la capacità di ottenere vere scoperte strategiche o vittorie sul campo di battaglia, l’unico compito dell’Ucraina d’ora in poi è quello di continuare a creare una serie di “gettoni” di gestione della percezione che possono essere usati per guidare il sentimento e la convinzione dell’opinione pubblica quel tanto che basta per raggiungere il prossimo “gettone”.

Per esempio, il gettone di percezione dell’F-16 è ancora lontano: un abisso di perdite senza speranza si trova da qui ad allora. Per evitare il crollo della fiducia dell’opinione pubblica e del sostegno delle nazioni occidentali, l’Ucraina dovrà ottenere un nuovo giocattolo scintillante per colmare il divario e gestire brevemente la percezione dell’opinione pubblica fino a quando gli F-16 non saranno sistemati. Al momento della stesura di questo articolo, sembra che il nuovo e immediato gettone di percezione sarà il missile ATACMS, in quanto sono trapelati nuovi accenni da parte dell’amministrazione Biden che implicano che sono molto vicini al via libera per questa prossima wunderwaffe.

Se dovesse essere consegnato, l’ATACMS sarà usato per fare un paio di grossi colpi da qualche parte – molto probabilmente un’area civile non protetta dall’AD nel Donbass – che saranno grossolanamente confezionati e venduti, come sempre, dalla stampa mainstream come un “colpo devastante” a un presunto “nodo critico C2/C3” russo o a una retrovia logistica. Questo riavvierà il ciclo della speranza in una qualche “vittoria” ucraina, che continuerà con ritorni sempre minori, ogni nuova “wunderwaffe” non solo avrà un impatto sempre minore, ma anche una durata di vita sempre più breve. Anche se è difficile immaginare quanto più breve possa essere rispetto alle fiamme di una settimana dello Storm Shadow o del JDAM, ma ciò non significa che non si cercherà di estendere il suo significato.

Il prossimo anno sarà certamente un periodo estremamente ricco di eventi, che culminerà con l’apice del ciclo elettorale americano. Sarà interessante vedere se l’establishment al potere sarà finalmente costretto a tagliare la corda e a gettare l’Ucraina sotto l’autobus o se oserà rischiare qualche escalation da cigno nero alla vigilia delle importantissime e storiche elezioni. Per ora, l’Ucraina continuerà a sanguinare per la galleria, mentre la macchina da guerra russa finirà di allacciare con calma la sua armatura in preparazione del colpo di grazia.

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Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Michael Vlahos: L’Ucraina avrà lo stesso destino del Sud nella guerra civile americana

Il giornalista danese Flemming Rose intervista Michael Vlahos[1]


AGON
[2]

5 SETTEMBRE 2023

 

 

L’esercito ucraino è destinato al collasso? Lo storico militare americano Michael Vlahos ha una visione eterodossa della questione. Con il giornalista danese Flemming Rose[3] ha discusso dello stato della guerra.

Per la rubrica Pensiero libero di questa settimana ho parlato con l’analista militare statunitense Michael Vlahos, che ritiene che l’esercito ucraino si stia avviando al collasso. Vlahos prevede che la Russia vincerà la guerra e che Putin si attesterà al confine quando inizieranno i negoziati sul futuro dell’Ucraina.

 

L’Ucraina ha il coltello dalla parte del manico?

Non so voi, ma io credo che sia difficile capire l’andamento della guerra in Ucraina.

Nonostante le fosche notizie dal fronte dei principali media statunitensi – “Washington Post”, “Wall Street Journal” e “New York Times” – gli esperti occidentali continuano a insistere sul fatto che l’Ucraina sta avendo la meglio.

La scorsa settimana, l’analista della sicurezza Mark Galeotti ha dichiarato sul quotidiano britannico “The Sunday Times” che “l’Ucraina sta vincendo la guerra”, anche se questa continuerà fino al 2024. Lo stesso quadro viene dipinto da uno dei principali commentatori americani di affari esteri, David Ignatius, sul “Washington Post”, dove prevede che quest’anno, come risultato dell’offensiva in corso, l’Ucraina potrebbe riuscire a tagliare il corridoio terrestre della Russia verso la Crimea, minacciando così il controllo di Mosca sulla penisola di importanza strategica.

Nella rivista “Foreign Affairs”, quest’estate lo storico militare Lawrence Freedman ha sostenuto che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è più forte che mai, mentre tutte le tendenze del conflitto – militari, economiche e diplomatiche – vanno a favore dell’Ucraina, e che il Presidente russo Vladimir Putin è quindi sempre più sotto pressione. Secondo Freedman, non gli restano alternative valide.

Infine, l’esperto di sicurezza americano Edward Luttwak riconosce, in un’analisi pubblicata sul media digitale UnHerd, che l’offensiva ucraina probabilmente non è andata come desiderato, ma Luttwak crede ancora che l’Ucraina, con una mobilitazione di 2-3 milioni di uomini, possa vincere la guerra e liberare i territori occupati.

Tuttavia, Luttwak basa la sua previsione su una popolazione ucraina di 30 milioni di abitanti. Questo numero si riferisce al gennaio 2022. In un’analisi del think tank Jamestown Foundation, collegato alla comunità di intelligence americana, si afferma che la popolazione ucraina si è oggi ridotta a soli 20 milioni, un po’ più dei Paesi Bassi, ma meno di Taiwan. E di questi 20 milioni, secondo la Jamestown Foundation, più della metà è costituita da pensionati: 10,7 milioni.

Jamestown stima che circa 2 milioni di ucraini siano mobilitati, il che corrisponde a circa il 10% della popolazione. Si tratta di un numero elevato, che in altre guerre ha avuto conseguenze negative per l’economia di un Paese. È il caso della Finlandia durante la Seconda guerra mondiale e del Vietnam del Sud durante la guerra del Vietnam. Secondo il Parlamento ucraino, c’è una carenza di manodopera nel settore energetico e nella produzione industriale e di armi, perché i dipendenti sono stati mobilitati.

A ciò si aggiunga che negli ultimi tre mesi l’esercito ucraino è riuscito a reclutare solo circa la metà del numero previsto. Questo è il motivo per cui il Presidente Zelensky ha licenziato i capi di tutti gli uffici di reclutamento del Paese, denunciandone la corruzione. Questa è senza dubbio una parte della spiegazione, ma potrebbe anche essere che, semplicemente, non ci sono più abbastanza persone in Ucraina.

Alla luce di ciò, si possono nutrire dubbi sul realismo della previsione di Luttwak di una vittoria ucraina sulla base dei calcoli che presenta.

Ciononostante, un’ampia gamma di esperti occidentali ritiene che l’Ucraina possa ancora vincere la guerra. E forse hanno ragione.

 

Prevedere il collasso dell’Ucraina

 

Il sillabo dice che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà.

 

Lo storico militare americano Michael Vlahos è di opinione diversa. Prevede un collasso dell’esercito ucraino, e ritiene che esso si trovi in una situazione che per molti versi può essere paragonata al destino degli Stati del Sud nella Guerra Civile americana. Allo stesso tempo, ipotizza che l’esercito russo uscirà da questa guerra come forse il più forte del mondo.

Vlahos – come suggerisce la valutazione radicale di cui sopra – non è uno di quelli a cui piace marciare a tempo. Una volta ha lasciato il suo lavoro presso un istituto di istruzione superiore perché si era stancato delle persone che dicevano una cosa e facevano il contrario.

Il dottor Vlahos spiega:

Tutti continuavano a parlare di pensiero critico. Gli insegnanti e la direzione hanno detto agli studenti: Siamo qui per insegnarvi il pensiero critico”. E sebbene il “pensiero critico” sia stato menzionato un totale di 24 volte nel programma, lo scopo di un programma dettagliato di 186 pagine, in cui le risposte “corrette” si trovano in una pagina su due, non è quello di insegnare agli studenti a pensare in modo critico. Le risposte “corrette” sono state ripetutamente inculcate nella testa degli studenti. Tutto seguiva un rigido manuale, e tutte le risposte corrette erano note in anticipo. Mi ha provocato una ribellione intellettuale, e alla fine non l’ho più sopportato“.

 

Può fare un esempio?

 

Il programma diceva che le democrazie sono più brave delle tirannie a fare la guerra. Non c’è alcuna base empirica e storica per questo. Fa parte della dottrina religiosa americana, che non si cura della realtà“.

 

Penetrare il mistero della guerra

 

Torneremo su questo argomento quando parleremo della religione civile e della visione dogmatica del mondo degli Stati Uniti, ma prima dobbiamo saperne un po’ di più sul background di Michael Vlahos.

Vlahos ha una lunga carriera alle spalle, durante la quale ha insegnato guerra e strategia alla Johns Hopkins University di Washington e all’università della Marina statunitense, il Naval War College di Rhode Island. Vlahos ha lavorato anche per la CIA, e alla fine degli anni ’80 è stato capo della ricerca del Dipartimento di Stato americano. Negli ultimi anni ha collaborato con l’Institute for Peace & Diplomacy di Washington ed è autore del libro Fighting Identity: Sacred War and World Change[4]. Vlahos fa risalire il suo interesse per la storia della guerra alla prima infanzia, quando i suoi genitori gli regalarono una storia illustrata del mondo, e a quel tempo la guerra occupava gran parte della storia. Spiega:

Ho trascorso la maggior parte della mia vita professionale a capire il mistero della guerra e il motivo per cui la guerra è così centrale nella vita e nella morte delle civiltà e come la guerra sia servita come forza positiva e negativa nell’evoluzione umana“.

 

Tre fattori decisivi

All’inizio di agosto, Vlahos ha pubblicato un saggio sensazionale sulla rivista conservatrice Compact con il titolo drammatico “L’esercito ucraino sta cedendo“.[5]

Secondo Vlahos, è l’interazione di tre fattori che può causare il crollo di un esercito. In primo luogo, quando l’ottimismo iniziale e la fiducia nella vittoria si trasformano nella percezione che la guerra non può essere vinta. Proprio questo cambiamento di umore, dice Vlahos, può essere rintracciato nella società ucraina e al fronte, dove molti esprimono che l’obiettivo dichiarato della vittoria – il ripristino dei confini dell’Ucraina dal 1991 – non è più realistico.

In secondo luogo, sottolinea Vlahos, un punto di svolta critico si verifica se il sostegno esterno degli alleati inizia a diminuire. Nessun alleato occidentale lo dice apertamente, ma i politici ucraini si rendono conto di essere sottoposti a forti pressioni da parte di diversi Paesi occidentali affinché inizino i negoziati per porre fine alla guerra; e questa settimana, uno dei più forti sostenitori dell’Ucraina al Congresso, il repubblicano Andy Harris, che è presidente di un gruppo di sostegno all’Ucraina alla Camera dei Rappresentanti, ha osservato che l’offensiva di quest’estate è fallita e che è improbabile che l’Ucraina vinca la guerra, e che è quindi giunto il momento di ridurre il sostegno americano. Allo stesso tempo, il “Wall Street Journal” ha scritto, in un articolo sensazionale di qualche settimana fa, che i responsabili militari occidentali sapevano in anticipo che Kiev non aveva né l’addestramento necessario né le armi – dalle granate ai jet da combattimento – per respingere le forze russe.

In terzo luogo, la volontà di combattere di un esercito si avvicina a un punto di svolta critico, secondo Michael Vlahos, quando l’atteggiamento nei confronti di coloro che all’inizio della guerra hanno mostrato la via della vittoria e del trionfo, e che sono stati acclamati come eroi, diventano oggetto di critiche e alla fine vengono bollati come bugiardi e truffatori.

 

 

 

Un confronto con la Prima guerra mondiale

 

In Ucraina, questa tendenza si manifesta con una spaccatura tra il capo dell’esercito Valery Zaluzhny, da un lato, e il presidente Zelensky e la sua cerchia ristretta, dall’altro. Gli osservatori sottolineano che Zaluzhny era contrario all’offensiva di quest’estate, mentre Zelensky, a seguito delle pressioni esercitate in particolare dagli Stati Uniti, ha insistito per lanciarla. Se l’offensiva si concluderà con un fallimento, con perdite così pesanti che l’Ucraina non sarà in grado di ricostituire le sue forze, il Paese devastato dalla guerra rischia di precipitare in una resa dei conti politica interna su responsabilità e colpe, si legge nell’articolo.

Come dicevo, Michael Vlahos ritiene che tutti e tre i fattori siano ora in gioco in Ucraina, e che questo mini il morale.

Fa un paragone con la Prima guerra mondiale del 1914-1918, quando sei dei sette eserciti delle grandi potenze crollarono. Questo portò alla resa, all’ammutinamento e alle rivoluzioni. In quattro anni, la Germania perse il 3,1% della sua popolazione e la Francia il 3,6%. Vlahos stima che in un solo anno e mezzo l’Ucraina abbia perso il 2,5% della sua popolazione attuale, sotto forma di morti e feriti che non possono tornare sul campo di battaglia. Ciò corrisponde a 250.000 persone. Vlahos sospetta che i numeri possano essere più alti, ma per preservare il morale della popolazione ucraina sono un segreto di Stato. Secondo i documenti dell’intelligence americana, trapelati in primavera, all’epoca l’esercito ucraino aveva perso circa 130.000 tra morti e feriti. Vlahos insiste anche sul fatto che recentemente è emerso che fino a 50.000 ucraini hanno perso almeno una parte del corpo, un braccio, una gamba o altro. La cifra, per la Germania nella Prima Guerra Mondiale, è stata di 67.000 mutilati, in una guerra in cui la Germania ha perso 1,7 milioni di morti al fronte e 450.000 civili su una popolazione di 65 milioni.

 

Le perdite dell’Ucraina sono maggiori delle russe

 

Ma, sottolinea Vlahos, i dati sulle perdite non sono, alla fine, decisivi per la capacità di un esercito di continuare a combattere. Anche gli eserciti più logori continueranno a combattere, se credono nella causa. L’esercito britannico perse 60.000 uomini nel primo giorno della battaglia della Somme nel luglio 1916, mentre l’Italia ne perse 350.000 in 17 giorni a Caporetto, nell’autunno del 1917. Ma entrambi gli eserciti continuarono la guerra.

In contrasto con una convinzione diffusa in Occidente, Vlahos ritiene che l’Ucraina abbia subito perdite significativamente maggiori rispetto ai russi, salvo che nella prima fase della guerra. Lo sfondo del suo calcolo è il rapporto di forza dei cannoni e dei proiettili di artiglieria, dove si ritiene che i russi abbiano una preponderanza compresa tra 5:1 e 10:1. Proprio questo tipo di armi è stato il più letale in questa guerra, quindi, a meno che l’esercito russo non abbia sparato a casaccio, questa differenza sarà a suo favore, dice Vlahos. Durante la Prima guerra mondiale, le perdite dovute al fuoco dell’artiglieria rappresentavano il 70% di tutte le perdite, e Vlahos ritiene che questa sia un’eccellente linea guida per comprendere le cifre delle perdite nella guerra attuale. Inoltre, ritiene che i russi siano stati più bravi ad adattarsi agli sviluppi sul campo di battaglia.

 

Nessun congelamento del conflitto

Vlahos non crede che la guerra si concluderà con un conflitto congelato. Prevede invece una vittoria russa, in cui l’Ucraina e l’Occidente saranno costretti ad accettare le richieste di un’Ucraina neutrale senza una difesa significativa. L’Ucraina rischia di diventare grande come la Bielorussia, sia in termini di territorio che di popolazione, e proprio come la Bielorussia senza accesso al mare.

Se dovesse indicare un esempio dalla storia della guerra, simile a quello che vediamo in Ucraina, quale sarebbe?

La guerra civile americana ha avuto una dinamica simile, per molti aspetti. L’Ucraina è simile agli Stati del Sud. Anche loro, come l’Ucraina, avevano grandi potenze che li sostenevano. Hanno tenuto in piedi gli Stati del Sud. Gli inglesi regalarono agli Stati Confederati 1 milione di fucili. Furono i britannici ad attaccare segretamente le navi commerciali degli Stati del Nord. Stavano in effetti conducendo una guerra per procura contro gli Stati del Nord. I britannici inviarono anche la loro flotta alle Bermuda, dove protessero il naviglio confederato che attuava il blocco navale. Il modo in cui la Gran Bretagna ha agito nella guerra civile americana è esattamente quello che gli Stati Uniti stanno facendo oggi alla Russia in relazione alla guerra in Ucraina“.

 

Gli Stati del Sud avevano lo stesso obiettivo dell’Ucraina

 

E lei pensa che in Ucraina il risultato sarà lo stesso della guerra civile?

Il Nord era diverse volte più grande del Sud, proprio come la Russia è diverse volte più grande dell’Ucraina. Gli Stati del Nord erano molto più ricchi di quelli del Sud e possedevano la maggior parte dell’industria, e lo stesso vale nel rapporto tra Russia e Ucraina“. Vlahos sottolinea le enormi perdite subite dagli Stati del Sud durante la guerra civile americana. Un milione di uomini servì nell’esercito confederato, di cui 350.000 morirono e circa 200.000 furono feriti.

 

È incredibile che gli Stati del Sud abbiano potuto resistere così a lungo. Hanno perso circa lo stesso numero di uomini degli Stati del Nord, ma gli Stati del Nord avevano una popolazione più che doppia. Gli Stati del Sud avrebbero potuto resistere più a lungo se avessero investito di più nella difesa, ma invece attaccarono e invasero gli Stati del Nord per quattro volte. Subirono perdite enormi“.

 

Perché lo fecero allora?

Volevano convincere la Gran Bretagna e la Francia a entrare in guerra al loro fianco, e credevano che questo sarebbe potuto accadere se avessero ottenuto una vittoria spettacolare. Così il generale Robert E. Lee combatté per molti versi la stessa guerra in cui è costretta ora l’Ucraina. Ma ciò contribuì solo ad accelerare il crollo degli Stati del Sud. Furono completamente distrutti e gli ci vollero 100 anni per riprendersi. È lo stesso tragico sviluppo a cui stiamo assistendo in Ucraina“.

 

Anche gli Stati del Nord sono partiti male

 

E proprio come la Russia in Ucraina, anche gli Stati del Nord sono partiti male all’inizio della guerra civile?

Sì, nonostante la preponderanza demografica, la prosperità e la capacità industriale, all’inizio l’esercito degli Stati del Nord non era molto capace. Persero molte battaglie e diversi generali passarono dalla parte dei Confederati, ma durante i quattro anni di guerra il Nord imparò a combattere, e alla fine fu un esercito superbo a ribaltare le sorti della battaglia“.

 

I media aziendali seguono la narrazione del governo, come faceva la Pravda nell’Unione Sovietica.

 

Pensa che lo stesso stia accadendo all’esercito russo?

Sì. È un elemento di tutte le guerre. Certo, si può perdere e allora è finita, ma se una guerra dura abbastanza a lungo, si impara e si diventa più bravi a combattere. Abbiamo visto la stessa cosa durante le guerre napoleoniche all’inizio del 1800. Nei primi anni, Napoleone travolse un esercito europeo dopo l’altro, ma col tempo gli altri impararono a combattere e la cosa si concluse, come è noto, con la caduta di Napoleone. Ci sono voluti 10 anni, ma la curva di apprendimento dei russi in Ucraina è molto più veloce. Si sono adattati e innovati, e hanno aumentato la produzione di armi e munizioni. I russi potrebbero ora produrre 3-6 milioni di proiettili all’anno, mentre gli Stati Uniti possono fornirne 24.000 al mese“.

 

La battaglia per la narrazione

 

Quando parlano il Presidente Biden, i suoi ministri, i suoi consiglieri e i suoi capi dell’intelligence, sento una storia molto diversa. Tutti dicono all’unisono che la Russia ha già perso la guerra. Come dobbiamo interpretarlo?

Stanno conducendo una guerra con l’obiettivo di controllare la narrazione, e possono farlo perché la maggior parte della popolazione americana non è mai stata interessata a scoprire cosa sta realmente accadendo. I media mainstream seguono la narrazione del governo come faceva la “Pravda” nell’Unione Sovietica. All’inizio della guerra, si pensava che l’economia russa sarebbe crollata a causa di un rigido regime di sanzioni. E poiché l’impresa iniziale dei russi è fallita, si è detto che erano primitivi, selvaggi e irrimediabilmente incompetenti, e che non avrebbero mai potuto imparare perché bloccati nella loro mentalità e dottrina militare sovietica“.

 

Vlahos prosegue:

Quando la realtà ha iniziato a cambiare, non c’è stato alcun adattamento da parte nostra, e quando si è così concentrati a vincere la battaglia per il controllo della narrazione, indipendentemente da ciò che accade nella realtà, si finisce per credere a ciò che si racconta. E il rischio di promuovere una narrazione in contrasto con la realtà è che non solo crea aspettative irrealistiche. Finisce anche per esploderti in faccia e minare la fede e la fiducia in coloro che l’hanno propagata“.

 

La visione apocalittica dell’America

 

E ora arriviamo alla religione civile americana, cioè alla dottrina religiosa che, secondo Michael Vlahos, guida gli Stati Uniti, e di cui vede l’impronta anche in Ucraina.

 

Vlahos afferma che:

L’America è la patria del nazionalismo più riuscito e più estremo, che nasce dall’universalismo e dalla convinzione di aver ricevuto dal Creatore il compito divino di portare l’umanità sulla retta via, e di punire e sradicare tutto il male del mondo. Questa narrazione sacra attraversa la storia americana come un filo conduttore“.

 

Come si manifesta in Ucraina?

Qui vediamo la rievocazione di una narrazione che è stata tramandata dal XX secolo, due guerre mondiali e una guerra fredda, ma che in realtà risale alla Guerra Civile e alla Rivoluzione Americana. Si tratta del fatto che c’è un male nel mondo che deve essere combattuto e che l’America deve salvare il mondo da ogni male. Durante la guerra civile erano gli schiavi a dover essere salvati dal male, oggi sono gli ucraini a dover essere salvati dalla Russia malvagia, anche se la base della visione statunitense della Russia come epitome del male, il comunismo, è scomparsa. Tutti i nostri colpi di Stato e i tentativi di rovesciare militarmente i governi di tutto il mondo sono stati guidati dalla stessa narrazione. Dovevamo salvare tutti gli infelici, ma naturalmente è diventato più difficile perché si vedeva che non stava andando come si predicava“.

 

Non si tratta dell’Ucraina

 

E pensa che questo stia accadendo anche in Ucraina?

L’obiettivo di questa guerra non riguarda l’Ucraina, i bisogni e gli interessi ucraini. Si tratta della visione apocalittica che l’America ha del mondo. Il nostro compito è trasformare il mondo intero in una democrazia, e creare un nuovo ordine mondiale. Secondo questa narrazione sacra, l’America non può perdere perché noi siamo guidati da una provvidenza divina, abbiamo Dio o la Giustizia dalla nostra parte, e anche quando le cose vanno male più e più volte, noi andiamo avanti. Questo perché la nostra strategia è dominata dalla concezione di chi siamo. Non agiamo razionalmente, siamo guidati da un impulso religioso. Questa guerra finirà con l’opposto di ciò che l’America voleva“.

Cosa farà il Presidente Biden se le cose andranno come lei prevede? Dopo tutto, rischia di dover affrontare una sconfitta nel bel mezzo di una campagna elettorale.

Sarà un duro colpo. Possiamo già vedere i primi segni del modo in cui Washington imposterà la narrazione. Si dovrà dire: ‘Abbiamo fatto il possibile per l’Ucraina, abbiamo dato loro tutto ciò che chiedevano e li abbiamo addestrati, ma non erano all’altezza del compito’. Possono anche scegliere di gettare Zelensky sotto l’autobus e sottolineare l’enorme corruzione che è stata fatale per la guerra ucraina. Somiglierà un po’ all’Afghanistan, ma il collasso ucraino sarà qualcosa di completamente diverso, e prima o poi usciranno le cifre delle vittime. Sono gigantesche, quindi a un certo punto diverrà chiaro che gli Stati Uniti hanno bloccato i negoziati di Kiev con i russi, e sacrificato un intero Paese in nome della nostra vanità, del nostro narcisismo e delle nostre ambizioni eccessive“.

[1] https://www.agonmag.com/p/vlahos-ukraine-shares-same-fate-as?utm_source=post-email-title&publication_id=1191729&post_id=136547430&isFreemail=true&r=9fiuw&utm_medium=email

 

 

[2] https://substack.com/@agonmag

[3] https://frihedsbrevet.dk/militaerhistoriker-ukraine-deler-skaebne-med-sydstaterne-i-den-amerikanske-borgerkrig/

[4]  Vlahos, Michael (2008). Fighting Identity: Sacred War & World Change. Westport, Connecticut: Praeger Security International. https://www.libraryofsocialscience.com/ideologies/resources/vlahos-fighting-identity/

[5] https://compactmag.com/article/the-ukrainian-army-is-breaking

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La misteriosa morte di Prigozhin, l’Africa, la Russia e Putin, di ROBERTO IANNUZZI

La misteriosa morte di Prigozhin, l’Africa, la Russia e Putin

La scomparsa del leader della Wagner è una vicenda ben più complessa della narrazione propagandata dai media occidentali.

Funerali di Prigozhin (War Monitor, Twitter)

Chi ha ucciso Yevgeny Prigozhin, volto pubblico e storico finanziatore del gruppo Wagner, insieme ai suoi più stretti collaboratori, in pieno territorio russo fra Mosca e San Pietroburgo?

Chi ha scelto la giornata del 23 agosto, per abbattere, probabilmente tramite un ordigno piazzato a bordo, l’aereo privato su cui egli viaggiava, esattamente due mesi dopo l’ammutinamento di una parte consistente del suo gruppo lo scorso giugno?

Chi ha deciso che Prigozhin andava eliminato nel pieno di una delicata campagna di influenza russa in Africa (Prigozhin era per l’appunto appena tornato dal continente africano), e mentre era in corso un importantissimo vertice dei BRICS in Sudafrica?

“L’apostolo della vendetta”

Per la stampa occidentale non vi sono dubbi. Il presidente russo Putin, uscito fortemente indebolito dall’ammutinamento di giugno e dalla decisione di “perdonare” Prigozhin malgrado il mancato pentimento di quest’ultimo, avrebbe deciso di eliminarlo per ristabilire il proprio potere e la propria reputazione di “spietatezza”, incrinata dalla sua “risposta esitante” di fronte agli eventi di due mesi fa.

Putin, definito “l’apostolo della vendetta” dal direttore della CIA William Burns, avrebbe in questo modo lanciato un terrificante messaggio all’élite russa, in base al quale nessun dissenso sarà tollerato e chiunque oserà sfidare il Cremlino pagherà con la propria vita.

Sebbene gli autori di queste teorie invariabilmente debbano ammettere che “forse non sapremo mai se ciò è vero o no”, che “l’esatto sviluppo degli eventi che hanno portato alla morte di Prigozhin non è chiaro e forse non lo sarà mai”, e che “nessuna prova è stata presentata che indichi un deliberato atto di omicidio da parte del Cremlino o dei servizi di sicurezza russi”, tali ammissioni restano in secondo piano, e le teorie esposte solitamente vengono accettate come verità incondizionata.

La realtà dei fatti è probabilmente ben più complessa e difficile da decifrare.

Nemici interni ed esterni

E’ evidente che, dopo il tentato colpo di mano di giugno, Prigozhin aveva accresciuto il numero dei propri nemici all’interno del paese, oltre ad averne molti all’estero.

Sebbene egli godesse di simpatie in alcuni settori dell’esercito, nelle istituzioni russe tutti si erano dissociati dal suo ammutinamento, incluso il generale Sergei Surovikin, comandante delle forze aerospaziali russe considerato a lui vicino (un’interessante coincidenza vuole che Surovikin sia stato sollevato dal suo incarico proprio nel giorno in cui l’aereo di Prigozhin è precipitato).

Dopo gli eventi di giugno, il leader del gruppo Wagner aveva certamente perso il favore del governo e del presidente Putin (sebbene quest’ultimo avesse stipulato una sorta di armistizio con lui), e ciò lo ha probabilmente reso un più facile bersaglio.

Tra i suoi nemici esterni Prigozhin contava senz’altro il governo di Kiev e quello americano. Quest’ultimo aveva posto una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa nel 2022 per la sua presunta interferenza, attraverso la sua “fabbrica di trolls”, nelle elezioni presidenziali del 2016.

Sia Kiev che Washington (o Londra) potevano aver interesse ad eliminarlo per aggravare le fratture che il colpo di mano di giugno aveva messo a nudo nell’establishment militare russo. Gli USA erano anche intenzionati a contrastare la crescente influenza della Wagner in Africa.

Gli ucraini hanno dimostrato di avere agenti in Russia e di essere in grado di compiere attacchi con droni in profondità nel territorio russo, arrivando a minacciare la capitale. Hanno anche compiuto omicidi come quello di Daria Dugina, figlia del noto filosofo nazionalista Aleksandr Dugin. La CIA ha recentemente lanciato in Russia una campagna di reclutamento fra i cittadini che si oppongono al governo.

Tuttavia, un’operazione ucraina o americana, o più in generale straniera, avrebbe comportato rischi e implicherebbe una grave falla nella sicurezza russa, sebbene Prigozhin fosse un personaggio ormai in disgrazia.

Ipotesi sull’incidente

La possibilità che l’aereo su cui viaggiava sia stato abbattuto dall’esterno sembra da escludere. Esso volava ad un’altezza di circa 30.000 piedi (oltre 9.000 metri) prima di precipitare, dunque troppo in alto per poter essere colpito da sistemi missilistici trasportabili a spalla (Manpads) o da piccoli droni.

Solo un missile Buk, un S-300, o sistemi analoghi, avrebbero potuto raggiungere quell’altitudine, ma sistemi del genere sono difficili da impiegare senza lasciare tracce. La probabilità che l’aereo sia stato abbattuto dall’esterno, come pure era stato ipotizzato nelle prime fasi successive all’incidente, rimane dunque bassa.

Appare più probabile che l’aereo sia precipitato a causa di un ordigno piazzato all’interno. Pur non escludendo la possibilità di un attore straniero, ciò accresce la probabilità che l’attentato sia stato compiuto da attori interni alla Russia.

Braccio di ferro con il ministero della difesa

Nel paese, a causa dei suoi affari spregiudicati, Prigozhin senza dubbio aveva avversari tra gli uomini d’affari e gli oligarchi, così come fra le organizzazioni del crimine organizzato. Ma, più significativamente, egli aveva nemici all’interno degli apparati dello stato, dei vertici militari e dei servizi segreti.

Innanzitutto vi era la rivalità fra il gruppo Wagner da un lato e il ministero della difesa e lo stato maggiore dell’esercito dall’altro, che risale ai tempi del coinvolgimento dell’organizzazione nel conflitto siriano.

Prigozhin aveva apertamente invocato la sostituzione del ministro della difesa Sergei Shoigu e del capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. A seguito dell’acuirsi della rivalità fra la Wagner e il ministero della difesa durante la battaglia di Bakhmut, quest’ultimo aveva emanato un decreto che ingiungeva ai membri di tutte le compagnie militari private di firmare contratti direttamente con il ministero, praticamente sancendo l’integrazione di queste compagnie nell’esercito.

Di fronte alla prospettiva di perdere i suoi lucrosi affari, Prigozhin aveva tentato il tutto per tutto con il fallito colpo di mano di giugno. Malgrado la soluzione di compromesso, quasi incruenta, raggiunta con Putin il 24 di quel mese, vi sono indicazioni che il braccio di ferro con i vertici militari sia proseguito nei mesi successivi.

Non è però solo il ministero della difesa che potrebbe essere intervenuto per sbarazzarsi definitivamente dell’irriducibile Prigozhin e del suo staff. Altri possibili candidati sono il GRU, il servizio segreto militare del quale la Wagner era essenzialmente una costola (divenuta però troppo indipendente), e l’FSB, il servizio di sicurezza federale e principale erede del sovietico KGB (da cui proviene la principale base di potere del presidente Putin).

Per comprendere chi di questi attori potrebbe aver provocato l’incidente che ha portato alla morte di Prigozhin (e se Putin abbia giocato un ruolo in essa) è dunque necessario ripercorrere brevemente gli eventi successivi al 24 giugno.

Il “perdono” di Putin

Nella sciagura aerea, insieme al leader della Wagner sono rimasti uccisi Dmitry Utkin (fondatore militare dell’organizzazione ed ex ufficiale del GRU che aveva preso parte alle guerre cecene e poi al conflitto in Siria) e Valery Chekalov (socio di Prigozhin che curava i suoi affari in Siria e nel continente africano),oltre a quattro combattenti del gruppo ed ai tre membri dell’equipaggio.

E’ utile ricordare che solo una parte della Wagner (4-5.000 combattenti, secondo alcune stime) aveva accettato, in parte perché ingannato, di seguire Prigozhin nel suo tentato colpo di mano a giugno. Fra i pochi ufficiali che lo avevano seguito spiccava proprio Utkin, che avrebbe poi guidato la colonna del gruppo diretta a Mosca mentre Prigozhin era rimasto asserragliato a Rostov.

Nell’accordo di compromesso sancito il 24 giugno per risolvere pacificamente la crisi, Putin aveva affermato che coloro che avevano seguito Prigozhin nel suo ammutinamento avrebbero potuto accompagnarlo in esilio in Bielorussia, mentre gli altri combattenti del gruppo avrebbero potuto firmare contratti con il ministero della difesa o tornare alle rispettive famiglie. Il presidente russo aveva sottolineato che avrebbe mantenuto la propria promessa.

Cinque giorni dopo, Putin aveva anche ricevuto al Cremlino 35 alti ufficiali della Wagner, incluso Prigozhin, per tre ore di colloquio durante le quali egli ascoltò le loro spiegazioni ed offrì loro altre opzioni di impiego per il futuro.

Secondo la versione dello stesso Putin, fra le varie opzioni egli avrebbe proposto quella di continuare a combattere nei ranghi della Wagner agli ordini del loro comandante soprannominato “Sedoy” (“capelli grigi”), l’ex colonnello Andrey Troshev, veterano dei conflitti in Afghanistan, Cecenia e Siria, che non aveva aderito al colpo di mano di Prigozhin. La maggior parte degli ufficiali avrebbe accettato la proposta, ad eccezione dello stesso Prigozhin.

Il 30 giugno, ovvero il giorno dopo l’incontro al Cremlino con Putin, la Wagner dava notizia del licenziamento di Troshev poiché, secondo alcune fonti, egli aveva deciso di firmare un contratto con il ministero della difesa.

Malgrado queste contese, l’accordo del 24 giugno era andato avanti lo stesso. Prigozhin aveva spostato le sue forze in Bielorussia, mentre il ministero della difesa aveva progressivamente cercato di assumere il controllo degli affari del gruppo e inviato delegazioni presso i paesi stranieri che avevano rapporti con l’organizzazione per invitarli a trattare direttamente con il governo di Mosca.

Putin come arbitro

In Occidente si è molto discusso sulle ragioni per cui Putin avesse “perdonato” Prigozhin. Ma la stampa occidentale – la stessa che oggi sostiene che il presidente russo abbia “consumato” la sua vendetta sbarazzandosi del leader della Wagner e ristabilendo il proprio “governo del terrore” – era giunta invariabilmente alla conclusione che quello di Putin fosse un sintomo di debolezza, una “indecisione” che denotava una perdita di controllo e di potere.

Una simile valutazione si basa sul radicato malinteso occidentale per cui il presidente russo viene descritto come una specie di dittatore assoluto, un accentratore del potere che controlla ogni aspetto della Russia, oppure come uno spietato boss mafioso.

Molto più corretta e pertinente la descrizione fatta da Gordon Hahn, noto ricercatore ed esperto di questioni russe, il quale ha sottolineato come Putin non sia un autocrate impulsivo e irrazionale, ma un leader moderatamente autoritario, attento alla stabilità politica ed all’integrità dello stato.

Hahn descrive Putin come un equilibratore di poteri, un ago della bilancia che cerca contrappesi tra le varie forze politiche invece di schiacciarne alcune a vantaggio di altre. Consapevole dei rischi della ribellione per la stabilità dello stato, egli è un estimatore del giusto mezzo e di un equo compromesso.

“Gli intransigenti e i russi meno perspicaci si chiederanno perché egli non ha schiacciato Prigozhin o non ha accolto le sue lamentele”, aveva scritto Hahn dopo l’accordo di giugno. “Altri diranno giustamente che Prigozhin e la sua rivolta sono una conseguenza del malaccorto patrocinio di Putin […] nei suoi confronti”.

Tuttavia, aveva concluso Hahn, ogni analisi obiettiva della crisi di giugno deve riconoscere che egli l’ha gestita con capacità, con calma e moderazione, evitando mosse affrettate e trovando una soluzione di compromesso ad un conflitto che avrebbe potuto sfociare in un bagno di sangue.

Unitarismo russo

In un successivo articolo, Hahn aggiunge interessanti osservazioni sul retroterra culturale russo che rende il modo di governare alquanto differente da quello occidentale – soprattutto la propensione ad un certo “particolarismo” che adatta le decisioni alla situazione invece di sottometterle alla lettera della legge, e una predilezione culturale per l’unità o l’integrità piuttosto che per la divisione, il pluralismo e il conflitto.

Lungi dall’avere il monopolio incontrastato del potere, Putin doveva poi soppesare le conseguenze politiche di una repressione dura nei confronti di Prigozhin e dei combattenti della Wagner, considerati dai russi – e da lui stesso – patrioti che avevano servito mirabilmente la Russia nel conflitto ucraino. Scartare una soluzione di compromesso avrebbe potuto costargli l’appoggio di alcuni suoi sostenitori chiave, in particolare nei settori più tradizionalisti e nazionalisti.

Ma allora cos’è che ha portato al fallimento della soluzione di compromesso raggiunta a fine giugno, ed alla tragica uccisione di Prigozhin e di alcuni fra i suoi più stretti collaboratori?

Probabilmente il fatto che tale compromesso non è stato in grado di porre fine al braccio di ferro tra Prigozhin e gli apparati militari.

Prigozhin l’irriducibile

Fin dalla fine di giugno, questi ultimi avevano cercato di prendere il controllo delle operazioni della Wagner. Concord, la compagnia di catering di proprietà di Prigozhin, aveva perso i suoi lucrosi contratti con il ministero della difesa. I siti di notizie che operavano sotto l’ombrello del Patriot Media Group (a capo del cui consiglio di amministrazione fino a maggio figurava lo stesso Prigozhin) erano stati bloccati.

Nel frattempo il ministero della difesa guidato da Shoigu aveva inviato delegazioni in Siria e in Africa per informare i governi di quei paesi che da quel momento in poi avrebbero trattato direttamente con lo stato russo.

Ma Prigozhin non si era rassegnato al declino ed aveva continuato a viaggiare in Russia, in Africa e in Medio Oriente per mantenere in vita i propri rapporti d’affari. I suoi principali collaboratori, Utkin e Chekalov, avevano continuato a lavorare per mantenere i mercenari della Wagner in Siria, in Libia e nel Sahel.

Campagna d’Africa

Prigozhin aveva anche fatto la propria comparsa a margine dei lavori del vertice Russia-Africa di San Pietroburgo a luglio. I leader africani erano stati avvertiti dal governo russo di evitare di incontrare il capo della Wagner, ma quest’ultimo era riuscito ad avere un abboccamento con un alto funzionario della Repubblica Centrafricana, dove i mercenari del gruppo avevano registrato particolari successi.

Il vertice di San Pietroburgo aveva però anche visto per la prima volta la partecipazione di Andrei Averyanov, vicecapo del GRU, nella delegazione ufficiale russa. Secondo alcune fonti, Averyanov stava sviluppando un piano per rimpiazzare la Wagner in Africa con un corpo militare di 20.000 uomini. Prigozhin aveva tentato in ogni modo di ostacolarlo.

“Non ci stiamo ritirando, ed anzi, siamo pronti ad andare oltre e ad accrescere i nostri vari contingenti”, aveva dichiarato il leader della Wagner a luglio in Camerun. Egli aveva anche offerto i propri mercenari alla giunta militare recentemente insediatasi in Niger.

Pochi giorni prima di andare incontro al suo tragico destino, Prigozhin si era recato di nuovo nella Repubblica Centrafricana per garantire la continuità dei suoi affari di maggior successo. Egli aveva anche incontrato esponenti delle Forze di Supporto Rapido (FSR) che in Sudan stanno combattendo una guerra fratricida con l’esercito regolare.

Mentre la Wagner ha assicurato appoggio alle FSR, la posizione ufficiale di Mosca nel conflitto sudanese è una più equilibrata scelta di neutralità, intrattenendo il governo russo buoni rapporti anche con l’esercito di Khartoum.

L’influenza russa sta crescendo in molti paesi africani, ma Mosca deve anche tener conto dei delicati equilibri nel continente, ad esempio cercando di prevenire lo scoppio di un conflitto regionale in Niger, dove la giunta militare che ha preso il potere minaccia gli interessi di Francia e USA.

Non si può escludere che esponenti militari e diplomatici a Mosca abbiano ritenuto che l’irruenza e la spregiudicatezza di Prigozhin rappresentassero un rischio per gli interessi russi nel continente africano.

Resa dei conti

Mentre il leader della Wagner tesseva la sua tela toccando il suolo del Mali (da dove probabilmente ha pubblicato il suo ultimo video) dopo quello della Repubblica Centrafricana, una delegazione del ministero della difesa russo giungeva in Libia, proveniente dalla Siria, per definire le modalità con cui rimpiazzare il gruppo di Prigozhin nel paese.

La delegazione era guidata dal viceministro della difesa Yunus-Bek Yevkurov, già leader dell’Inguscezia (repubblica caucasica a maggioranza musulmana), brevemente fermato dai combattenti della Wagner nel quartier generale di Rostov durante il loro ammutinamento di giugno.

Il giorno dopo l’arrivo di Yevkurov in Libia, Prigozhin, appena rientrato dall’Africa, si schiantava con il suo aereo insieme a Utkin, Chekalov e alla sua scorta personale, a due mesi esatti dal tentato colpo di mano di giugno.

La Wagner condivide una base con il GRU a Molkino, nel distretto di Krasnodar, annovera tra i suoi ufficiali molti uomini provenienti dal GRU – fra cui lo stesso Utkin – e dall’esercito, ed ha ricevuto gran parte dei propri armamenti dal ministero della difesa.

E’ possibile che esponenti militari, all’interno del ministero della difesa o del GRU, abbiano deciso di infliggere una “punizione esemplare” a Prigozhin, in una data fortemente simbolica, per richiamare all’ordine un’organizzazione che, emersa come una costola degli apparati militari, era divenuta troppo indipendente e spregiudicata?

La possibilità esiste. Meno probabile è una responsabilità dell’FSB, che non sembra aver giocato un ruolo di rilievo nella vicenda. Di conseguenza, anche un ordine direttamente impartito da Putin appare meno plausibile. Il presidente russo aveva tentato una soluzione di mediazione che potrebbe essere stata ritenuta insoddisfacente dai ranghi militari, alla luce della “irriducibilità” di Prigozhin.

Putin potrebbe essere stato messo di fronte al fatto compiuto. Sembra non del tutto verosimile che egli, sempre attento agli equilibri internazionali ed all’immagine della Russia nel mondo, abbia ordinato un’operazione così brutale e definitiva proprio mentre era in corso un importantissimo vertice come quello dei BRICS in Sudafrica, nel quale Mosca era sotto i riflettori internazionali.

Se le cose sono andate così, ciò confermerebbe fra l’altro il carattere tutt’altro che assoluto del potere detenuto dal presidente russo, ed il ruolo via via più assertivo degli apparati militari in un paese impegnato in una guerra esistenziale con l’intero Occidente.

Epilogo

Il giorno dopo l’incidente, un Putin apparentemente in tono minore ha offerto le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime, soffermandosi in particolare sulla figura di Prigozhin, definito come “un uomo dal destino difficile” che egli aveva conosciuto fin dagli anni ’90, un uomo che aveva commesso “gravi errori” nella sua vita, e che però aveva ottenuto “i risultati necessari per se stesso ma anche per il bene comune quando gliel’ho chiesto”.

Naturalmente, numerosi interrogativi restano senza risposta. Si è parlato di altri ufficiali della Wagner forse presenti su un secondo aereo privato che volava con quello di Prigozhin al momento della catastrofe. Si è detto che il leader della Wagner utilizzava sempre due aerei e decideva all’ultimo momento con quale viaggiare. Altre fonti negano però che questo secondo aereo fosse legato all’organizzazione.

Vi sono sostenitori del gruppo che ritengono che l’incidente ancora una volta sia stato un trucco, una maskirovka, l’ultimo supremo inganno del trickster Prigozhin che gli avrebbe permesso di uscire di scena.

Storie e leggende continueranno a fiorire attorno alla figura del leader della Wagner, ma la sua parabola sembra essersi ormai definitivamente conclusa.

E’ possibile che l’organizzazione gli sopravviverà, anche se ridimensionata e di nuovo sottoposta al controllo dei vertici militari russi. Sicuramente Mosca continuerà ad impiegare lo strumento delle compagnie militari private in Africa e in altri teatri.

Non è da escludere, infine, che contraccolpi della vicenda Wagner si avvertiranno ancora nelle gerarchie militari, dove essa ha già messo a nudo alcune fratture.

Basti ricordare la rimozione del già citato generale Surovikin, dopo che egli aveva giocato un ruolo chiave nella riorganizzazione della campagna militare russa in Ucraina e nella costruzione di quelle linee difensive finora rivelatesi insuperabili per l’esercito di Kiev.

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SITREP 9/4/23: I primi sfidanti bruciano mentre l’Est continua a salire di potere, di Simplicius the Thinker

SITREP 9/4/23: I primi sfidanti bruciano mentre l’Est continua a salire di potere

Oggi, ancora una volta, iniziamo con le sempre importanti correnti sotterranee, che sono i veri motori significativi degli sviluppi, al di là dei continui capricci tattici del campo di battaglia.

Putin ha avuto un incontro con Erdogan in cui ha ribadito la posizione della Russia sull’accordo sul grano: non può andare avanti finché non vengono soddisfatte le richieste della Russia. Putin ha parlato soprattutto di fattori economici, ma Shoigu ha rilasciato una dichiarazione sull’aspetto militare, ovvero che parte dell’accordo prevedeva che l’Ucraina non potesse costruire o lanciare attacchi navali con i droni dalle aree portuali, cosa che secondo lui stavano facendo.

Ma sotto questo arbitrato di superficie, il vero peso si è spostato intorno a nuovi accordi tra Russia e Turchia, che sviluppano ulteriormente l’espansione multipolare. In particolare, i due Paesi hanno definito un piano in base al quale il grano russo sarà facilitato dalla Turchia in futuro e, cosa ancora più importante, l’inizio dei colloqui tra le banche russo-turche per avviare il commercio nelle valute nazionali.

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato l’importanza del passaggio alle valute nazionali negli scambi bilaterali con la Russia. Il presidente turco ha rilasciato queste dichiarazioni durante l’incontro di lunedì a Sochi con il presidente russo Vladimir Putin. “Credo che il fatto che i capi delle nostre banche centrali si incontreranno qui oggi sia importante dal punto di vista di un passo verso il passaggio alle valute nazionali nelle relazioni bilaterali tra noi”, ha dichiarato il presidente turco.

Ora circola la voce che la Turchia abbia chiesto aiuto all’Iran per ottenere un invito ai BRICS. Considerando che ora sappiamo che la Cina e alcuni dei potenti BRICS volevano più membri ma sono stati costretti a scendere a compromessi con la visione dell’India, è molto probabile che la Turchia sia in agenda per la prossima tornata di inviti. E dato che sta già avviando iniziative per il regolamento delle valute nazionali, questo si inserisce a pieno titolo nel processo di de-dollarizzazione globale dei BRICS.

Inoltre, la Russia sta portando le sue relazioni con la Corea del Nord a un livello superiore, che rafforzerà entrambi i Paesi e creerà un blocco di potere regionale ancora più pesante per contrastare la crescente espansione della NATO in una “NATO del Pacifico”. Non solo la Russia sta inviando una delegazione alla prossima parata militare della Corea del Nord, ma ha anche invitato lo stesso Kim Jung Un a visitare la Russia per rafforzare ulteriormente i legami militari e firmare accordi per la produzione di armi:

Questo segue altri sviluppi “sotto la superficie” che continuano ad accelerare il rapido movimento di multipolarità e di de-dollarizzazione:

Nel frattempo, sia la Cina che l’Arabia Saudita hanno scaricato i titoli di stato statunitensi:

L’Europa è nel panico per l’espansione dei BRICS, Borrell ora chiede un’espansione d’emergenza dell’UE, sperando che l’aggiunta di 10 nuovi membri possa rilanciare la morente reliquia totalitaria:

L’Unione Europea deve prepararsi a un nuovo allargamento, che porterà all’ingresso di 10 nuovi Stati; è necessario considerare i tempi della loro ammissione” – Borrell
Nel frattempo il presidente Xi ha snobbato il G20, dichiarando che non parteciperà, ma invierà una delegazione inferiore.

Alcuni sono giunti alla conclusione che questo sia in realtà un affronto all’India, dove si terrà il G20, ma alcune pubblicazioni occidentali sono più sagge e hanno colto la vera motivazione:

Il Sirius Report scrive:

La mancata partecipazione di Xi al G20 non ha assolutamente nulla a che fare con l’India e tutto a che fare con il suo personale rifiuto di un’udienza con Biden e con lo sdegno della Cina per l’atteggiamento e l’approccio disfunzionale della sua amministrazione nei confronti di Pechino.Perché questo cambi, dovrebbe accadere qualcosa di sismico nei prossimi giorni, cosa che sembra altamente improbabile.
Per ironia della sorte, l’India stessa ha sparato un colpo all’arco dei quadri globali guidati dall’Occidente quando Modi ha nuovamente chiesto alle Nazioni Unite colonialiste di “accettare le nuove realtà”, in particolare quella di ammettere l’India come Stato più popoloso del mondo nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Secondo un’intervista pubblicata domenica, il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha invitato le Nazioni Unite a riformarsi in linea con le realtà del XXI secolo per garantire la rappresentanza delle voci che contano. Un “approccio da metà del XX secolo non può servire il mondo nel XXI secolo”, ha dichiarato Modi, che ospiterà un vertice del Gruppo delle 20 grandi economie il prossimo fine settimana, all’agenzia di stampa Press Trust of India.
Con la situazione in Africa che peggiora di giorno in giorno per l’ordine atlantista, il cambiamento globale sta diventando sempre più visibile.

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In Ucraina gli sviluppi più importanti continuano a riguardare la crescente minaccia di mobilitazione. È ormai quasi certo che in autunno entrerà in vigore un nuovo regime repressivo per la stampa. Una pletora di documenti e di informazioni continua a riversarsi su questa linea, oltre a sottolineare ulteriormente le prove di perdite senza precedenti in corso.

Ogni sorta di “esenzione” viene cancellata. Chiunque abbia un’esenzione medica è ora costretto a rifare l’iter, come mostra questo folle video.

Alcune fonti, non ancora confermate, sostengono addirittura che verranno allentati i controlli su una serie di malattie gravi, al fine di rendere ammissibile il maggior numero possibile di ucraini:

Ciò è avvenuto in concomitanza con la conferma che diversi Paesi stanno collaborando per estradare con la forza i “rifugiati” ucraini in età militare, in particolare Polonia e Germania:

Ed ecco la BILD con

Autotraduzione:

Ma si tratterebbe anche di mettere sotto pressione migliaia, forse decine di migliaia in Germania, di rifugiati ucraini. Secondo il Ministero federale degli Interni (a febbraio) dopo l’inizio della guerra d’attacco russa sono entrati in Germania 163.287 ucraini maschi, in grado di fare il militare (data: febbraio 2023).

Per non parlare del fatto che le donne sono ora obbligate a registrarsi presso l’ufficio di arruolamento:

➡️Starting a partire dal 1° ottobre 2023, le lavoratrici del settore medico e farmaceutico saranno obbligate a registrarsi presso gli uffici di arruolamento militare.➡️Women altre professioni possono scegliere volontariamente di registrarsi. Le donne possono registrarsi se sono idonee al servizio militare a causa dell’età, fino a 60 anni, e delle loro condizioni di salute, determinate dalla Commissione per gli esami medici.
Secondo quanto riferito, un deputato ucraino ha persino proposto un disegno di legge per ridurre l’età della leva a 17 anni, in modo da poter iniziare a raccogliere tutti quei giovani adolescenti da mandare al macello:

⚡️⚡️⚡️La deputata del partito ucraino “Solidarietà europea” Sofya Fedina ha presentato una proposta di legge per ridurre l’età della leva a 17 anniMentre si parla di servizio militare, è noto che dopo il suo completamento i soldati non possono tornare a casa, facendo riferimento alla “legge marziale”.Questo è illegale, perché ufficialmente l’Ucraina non sta combattendo una guerra. Ciononostante, i giovani ragazzi sono costretti a firmare un contratto con le Forze Armate ucraine in vari modi, e sono già noti diversi casi di suicidio quando gli ucraini che non volevano combattere hanno scelto una misura così estrema.17 anni sono ancora adolescenti. E ora saranno mandati al fronte.⚡️⚡️⚡️
Ecco un servizio del Canale 1 russo sugli avvenimenti in corso:

E perché sta succedendo tutto questo?

Per rispondere, continuiamo ad avere sempre più conferme non solo delle perdite di massa che l’Ucraina sta subendo, ma anche della disparità di perdite tra l’AFU e le forze russe.

Unitevi a me in questo breve e macabro tour delle ultime novità:

In primo luogo, c’è stata un’intervista con un volontario polacco in Ucraina che ha detto cose davvero sconvolgenti:

Un polacco sulla difficile situazione in Ucraina: “Non hanno nessuno per combattere”: Slawomir Wysocki, un polacco che si reca regolarmente in Ucraina con gli aiuti umanitari, ha raccontato quanto sia tragica la situazione: “Per diversi mesi hanno violato solo la prima linea di difesa. Le perdite umane da parte ucraina sono enormi. Le attrezzature occidentali bruciano come fiammiferi. Ho contato le tombe a Lviv. Nella parte vecchia del cimitero ci sono circa 100 tombe, nella parte nuova più di 600. Nei villaggi questa proporzione è colossale. Nei villaggi la proporzione è enormemente diversa. Quando passo in auto, vedo cimiteri lungo le strade. Ognuno ha fino a una dozzina di tombe nuove. Vicino a ognuna di esse ci sono delle bandiere, sono facilmente riconoscibili. A Kharkov ci sono più di duemila tombe. Due mesi fa ero pieno di ottimismo sulla Kupyanskaya. Ora stiamo ancora riuscendo a resistere. Sembra che i russi stiano facendo di tutto per raggiungere Kupyansk, dove prenderanno posizione per l’offensiva di primavera”[Cosa pensano gli ucraini del sistema di difesa russo?] Sono terrorizzati. Sanno che l’esercito russo ha già previsto tutto. Il sistema di difesa è stato costruito da imprese di costruzione. Non si tratta di un contadino che agita una pala per costruire una trincea. Le imprese sono arrivate, hanno versato il cemento, hanno costruito fortificazioni nello stile della Linea Maginot. E ci sono tre o quattro linee di questo tipo. Gli ucraini dicono che ci sono cinque mine per metro quadro. Non si può mettere un piede a terra senza che una di queste esploda.[Con una situazione del genere al fronte, con perdite sempre maggiori, c’è ancora gente disposta a difendere la propria patria?] Non ce ne sono. Li cercano per le strade. Ci sono “rastrellamenti” a Leopoli, le persone vengono prese dai cantieri, dai bar. Recentemente ho assistito a una situazione simile alla stazione degli autobus di Lviv. Cinque poliziotti stavano in piedi e controllavano tutti quelli che volevano lasciare Lviv. Otto persone sono state trattenute in questo modo. Molte delle ragioni dell’attuale situazione di mobilitazione hanno origine a Bakhmut. È stato un tale scarico, un tale tritacarne che non c’era più nessuno a combattere”.
Per quanto riguarda la situazione delle miniere, potrebbe sembrare che stia esagerando, ma un nuovo video dal punto di vista ucraino mostra esattamente ciò di cui sta parlando:

Per quanto riguarda le perdite, ecco un nuovo resoconto di una fonte militare ucraina nella direzione di Klescheyevka:

E questo nuovo video della BBC sulle perdite ucraine è assolutamente da vedere per chiunque abbia ancora dei dubbi:

È un pezzo di accompagnamento a questo articolo della BBC:

Notate come il MSM ne parla apertamente.

Diavolo, basta guardare come gli ucraini stiano discutendo di uscire dalla mobilitazione:

Beh… meglio che essere morti, credo.

Inoltre, ci sono stati alcuni nuovi interessanti approfondimenti, in particolare per quanto riguarda gli scambi di prigionieri di guerra ucraini, che ci danno uno sguardo interno su quali siano le reali disparità di perdite tra le due parti.

Ricordiamo l’importante osservazione che avevo fatto qualche tempo fa: le perdite da entrambe le parti sono semi-soggettive e i numeri possono essere falsati con statistiche selettive da una parte o dall’altra. Ciò è dovuto al fatto che una parte non ha rilasciato perdite ufficiali dall’estate scorsa, mentre l’altra parte non ha mai rilasciato perdite ufficiali.

Tuttavia, le statistiche sui prigionieri di guerra sono l’unica statistica che è stata rilasciata in diversi momenti da entrambe le parti, il che significa che è l’unica statistica che ci permette di avere una misura di comprensione nel confrontare le perdite di entrambe le parti. Ho già detto molte volte in precedenza che la Russia prende da 5 a 15 volte più prigionieri di guerra di quanti ne prenda l’Ucraina dalle truppe russe, a seconda del momento. Per esempio, c’è stato un periodo in cui l’Ucraina ha confermato ufficialmente di avere circa ~2500 prigionieri di guerra russi, mentre la Russia ne aveva verificati più di 12-15k.

Il rapporto tra prigionieri di guerra e caduti è ovviamente relativo, così come lo è quello tra morti e feriti, il che ci dà un’idea del rapporto tra morti e feriti delle due parti.

E ora abbiamo un’ulteriore conferma per quanto riguarda l’aspetto dei prigionieri di guerra. Non solo questo portavoce dell’AFU conferma che non hanno abbastanza prigionieri di guerra russi per il fondo di scambio, cioè per scambiarli allo stesso tasso con i prigionieri di guerra ucraini detenuti dalla Russia:

 

Il regime di Kiev non ha così tanti prigionieri di guerra da poter effettuare lo scambio “tutti per tutti” – il difensore civico ucraino Dmytro Lubinets.

“C’è una cifra, ma non la nominiamo pubblicamente. Che ne è del fondo di scambio – sento costantemente questa domanda dai parenti. Abbiamo detto pubblicamente che sì, abbiamo problemi con il fondo di scambio.

Questo significa che non abbiamo abbastanza prigionieri di guerra russi, che vogliamo scambiare con prigionieri di guerra ucraini. Esistono, ma il numero non è sufficiente, e anche questo è un problema”, ha detto Lubinets.

Prima di tutto, questo fa il gioco della Russia, poiché qualsiasi trattativa si svolge in una posizione dominante, e anche un accordo a condizioni diseguali dimostra il desiderio di incontrarsi e raggiungere compromessi, mettendo la vita dei combattenti come priorità.

Ma sentite cosa dice questo prigioniero di guerra russo a un compiaciuto giornalista ucraino:

Se non avessimo la suddetta ammissione da parte dell’Ucraina stessa, potremmo considerarla una sorta di esagerazione sfacciata da parte dei russi. Ma in realtà ora possiamo constatare che è vero.

L’Ucraina chiede 15 dei suoi uomini per un solo soldato russo. Questo vi dà un’idea del tipo di rapporti di perdita che stiamo vedendo. Ricordiamo che questi numeri confermano il rapporto approssimativo che ho fornito da tempo, secondo il quale l’Ucraina aveva un paio di migliaia di prigionieri di guerra russi, mentre la Russia ne aveva fino a 15.000 ucraini.

Chiaramente, i rapporti di perdita sono coerenti con questo. Credo che Putin abbia recentemente dichiarato che i rapporti di perdita nell’offensiva sono stati superiori a 10:1 a favore della Russia.

Tonnellate di nuovi video lo confermano, anche per quanto riguarda i prigionieri di guerra. Solo negli ultimi 4-5 giorni, ci sono state decine di AFU catturate come confermato in video; se contiamo quelle non presenti in video, probabilmente sono centinaia. Nel frattempo, quasi nulla da parte ucraina. Guardate voi stessi, ecco solo un piccolo assaggio delle catture recenti dell’ultima settimana: Video 1, Video 2, Video 3, Video 4, Video 5, Video 6, Video 7, Video 8, Video 9. E ce ne sono molti altri. Nello stesso periodo di tempo ho visto forse 1 video ucraino che mostrava la cattura di un paio di truppe russe da qualche parte, presumibilmente.

In uno di essi il sequestratore russo dice addirittura che i 6 prigionieri di guerra che mostrano in video si aggiungono ai 14 catturati il giorno precedente, che non hanno filmato.

Questo si aggiunge alle infinite perdite che si verificano nello stesso momento, come qui, qui, qui e qui. In breve, è un massacro. Guardate il pezzo della BBC postato prima: anche le lavoratrici dell’obitorio hanno dovuto guardare i loro mariti che tornavano all’obitorio dalla prima linea. Si tratta di un genocidio di massa da parte del regime psicopatico dei narco-fuhrer.

Un account che effettua conferme visive delle perdite dell’AFU ha contato questo solo per il mese di agosto:

Perdite ucraine visivamente confermate per il mese di agosto 2023, secondo il contatore delle perdite giornaliere di@OsintArmor
Carri armati: 113
IFV – 199
APC-64
4×4 (soprattutto MRAPS) – 75
Artiglieria – 154
Difesa aerea – 11
Radar/EW- 15
Rifornimenti/Trasporti- 74 + Treno Echelon
Aerei – 4
Elicotteri – 3
Veicoli d’ingegneria – 5
Imbarcazioni – 5
Sconosciuti- 38Totale= 760 perdite confermate.

Anche l’Ucraina si sta dando da fare? Certo, ne sta ricevendo un po’ qua e là. Per esempio, il drone Bayraktar è tornato in azione per la prima volta da quanto – quasi un anno – ha ottenuto 2 o 3 nuove uccisioni di forze russe nella regione di Kherson, dove alcune unità russe sono sovraccariche sullo sputo di Kinburn, quei piccoli isolotti nella zona grigia di nessuno.

Uno dei colpi è stato inferto a una piccola imbarcazione con equipaggio, che probabilmente ha causato alcune vittime, ma l’altro è stato inferto a un camion vuoto parcheggiato sotto un albero. Una goccia nel mare rispetto alle perdite inflitte quotidianamente all’AFU. Inoltre, non mi sorprenderebbe se il filmato di TB2 fosse falso/vecchio, diffuso ora per disperare di risollevare il morale in calo.

Ma la stampa occidentale sta ora strombazzando che l’Ucraina sta finalmente facendo grandi guadagni, nonostante tutte queste perdite, e ha persino superato la vantata “prima linea” della difesa russa di Surovikin. È vero?

Ecco dove si trovano secondo una fonte ufficiale ucraina:

More:

Il video qui sotto è geolocalizzato nell’area che corrisponde alla mappa qui sopra, ovvero la strada che porta direttamente a Verbove:

Quello che sembra di vedere è quanto segue:Sì, un assalto di carne ucraino tutto a piedi viene inviato oltre i “denti di drago” verso le trincee russe. Ricordate che di recente ho descritto più volte la loro nuova tattica, in cui, dopo aver perso una grande quantità di corazzati, stanno ora ricorrendo al lancio di assalti di carne armati alla leggera e senza supporto di veicoli per qualsiasi disperato sfondamento? Lo potete vedere qui sopra.

A proposito, potete usare questa mappa per seguirci. Vedete quella linea a doppio strato? La prima, sotto il cerchio rosso, che hanno dichiarato di aver “sfondato” è un fossato per carri armati.

Si suppone che la breccia sia stata aperta solo da un’unità di esplorazione che ha tentato di superare di nascosto la linea, ma è stata respinta dall’artiglieria, subendo gravi perdite, come mostra il video qui sopra.

Hanno a malapena l’equipaggiamento per sfondare i veri fossati dei carri armati e i denti di drago, ed è per questo che stanno semplicemente inviando assalti di carne a piedi per essere fatti a pezzi.

In effetti, i loro Leopard e altri carri armati pesanti in generale hanno subito un tale logoramento che, in un grave declassamento, pare stiano ora lanciando i breacher MRAP MaxxPro:

Veicolo M1224 MaxxPro MRAP con un sistema di rullo antimine modulare Spark II durante un’esercitazione della 58ª Brigata di Fanteria Motorizzata Indipendente delle Forze Armate del regime ucraino.
Naturalmente, abbiamo già visto distruggere diversi Stryker ESV (Engineering Support Vehicles) con rulli LWMR:

Quindi, hanno davvero “violato” la prima linea Surovikin? Direi di no. Stanno semplicemente mandando della carne da cannone a malapena armata a morire proprio in cima a quella che a malapena viene considerata una linea.

Tuttavia, ci sono indicazioni che stanno cercando di riequipaggiare e raccogliere un nuovo pugno corazzato per fare un altro tentativo di sfondamento. Stanno ancora raccogliendo le unità spezzate nelle retrovie, ricostituendo le brigate distrutte dall’ultimo tentativo. Le voci sono ora le seguenti:

Il modo in cui stanno pianificando lo “sfondamento” è che stanno inviando unità d’assalto di carne di basso livello per la difesa del territorio per cercare di sfondare, mantenendo le loro brigate buone, l’82ª, la 47ª, ecc. nelle retrovie, in attesa dei carri armati Challenger 2 e Leopard. Una volta che le unità di carne avranno accumulato abbastanza cadaveri sulla linea di Surovikin da costituire uno “sfondamento”, si intende inviare le brigate principali, che sono state tenute insieme con un cerotto e una buccia di banana.

L’altra componente della “strategia” è che queste unità di carne territoriale, il cui unico scopo è quello di morire sulla prima linea, sono destinate a “esaurire” i difensori russi, piuttosto che a sfondare in modo significativo.

Per chi fosse interessato, il modo in cui l’AFU struttura le sue forze di prima linea è il seguente:

Torniamo alle tattiche del nemico. Ciò che è tipico delle azioni delle Forze Armate dell’Ucraina sulla linea di contatto – come sono stratificate le forze controffensive: – Fino al 15% del personale sulla lista delle unità si trova direttamente nelle posizioni di prima linea sulla LBS e nei punti forti (a una distanza di 1-5 km, nelle immediate retrovie). Di norma, non si tratta di gruppi d’assalto. Queste unità assicurano il ritiro delle truppe d’assalto al fronte, conducono la sorveglianza e la ricognizione aereo-visiva. – A una distanza di 5-10 km dalla LBS, nei punti di forza e nei rifugi (principalmente nelle fasce forestali), si trova fino al 35% della forza lavoro delle unità. Costituiscono la base per la formazione di gruppi di rinforzo, di evacuazione e di riserva tattica di truppe d’assalto.- Nelle aree posteriori, a una distanza fino a 15 km dalla linea del fronte, si trova il restante 50% del personale delle unità. Vengono utilizzati per posizionare oggetti fissi ed edifici con scantinati. È sulla loro base che si formano i distaccamenti d’assalto. Nonostante l’uso di un sistema stratificato di distribuzione delle truppe sulle LBS, il nemico non è stato in grado di ridurre al minimo le perdite di personale e di equipaggiamento sulla linea del fronte a causa del fuoco concentrato della nostra artiglieria e dei campi minati. Tuttavia, ha assicurato un afflusso stabile di riserve del gruppo offensivo sulla LBS, contando su un effetto di esaurimento. Questo è tipico di tutta la linea del fronte. È particolarmente evidente nelle aree delle battaglie più acute: Zaporozhye e i settori meridionali di Donetsk del fronte, direzione Bakhmut (Artemivsk). L’unica zona in cui questo sistema non è stato implementato è Kupyansky.
Ma nonostante le massicce perdite senza precedenti, quanto dovremmo preoccuparci del fatto che l’Ucraina continua a fare qualche progresso incrementale? Ad esempio, Boris Rozhin scrive quanto segue a questo proposito, in particolare per quanto riguarda gli annunci di mobilitazione di vari invalidi:

I piani dell’Ucraina per arruolare i “limitati idonei” nell’esercito sono uno sviluppo comune per qualsiasi Paese che sta conducendo una mobilitazione generale. I coscritti con questa categoria di validità di solito rientrano nelle unità e nelle divisioni di retrovia che supportano le attività delle truppe al fronte: riparazioni, sicurezza, trasporti e altro. L’effetto chiave della coscrizione di queste categorie è la possibilità di inviare al fronte tutti coloro che sono idonei al combattimento, senza lasciarli nelle retrovie, dove possono essere sostituiti da persone con determinate restrizioni.Quanto funziona efficacemente? Le Forze Armate ucraine continuano ad avanzare nonostante tutti i problemi, anche perché riescono a mantenere il numero di truppe al fronte, e il dominio assoluto della propaganda militare e dell’ideologia dell’odio permettono di mantenere alcuni fedeli e altri impauriti.I problemi iniziano quando le unità dotate di un numero limitato di effettivi devono essere lanciate in prima linea, come accadde ai tedeschi alla fine della guerra, quando il Volkssturm di adolescenti, anziani e disabili andò in battaglia, sostenendo la Wehrmacht abbastanza assottigliata. (Boris Rozhin)
Il fatto è che i progressi fatti finora non sono neanche lontanamente paragonabili a quanto si aspettavano anche gli analisti pro-Z più accaniti. Dopo gli incidenti di Kharkov e Kherson dello scorso anno, la maggior parte degli analisti prevedeva con cautela che l’AFU sarebbe stata in grado di arrivare almeno fino a Tokmak, se non oltre.

Personalmente, non sono affatto preoccupato del livello di avanzamento raggiunto finora. In alcune zone ha rivelato alcune carenze in corso da parte russa, su cui si sta lavorando e che vengono corrette, in particolare sul fronte di Staromayorsk. Tuttavia, in generale, il rapporto costi-benefici dello scambio è finora molto buono a favore della Russia.

Il pensiero comune, tuttavia, è che: “Certo, stanno subendo molte perdite, questo è un dato di fatto. Ma se potessero continuare a inviare un numero infinito di uomini e a subire perdite infinite finché non avanzano verso la Crimea/Mariupol/ecc?”.

Questo non è possibile e non accadrà.

Perché?

Perché:

Gli sta costando troppo equipaggiamento per un territorio troppo piccolo. È una vostra prerogativa sostenere che hanno manodopera infinita – forse è così – e va bene. Ma di certo non hanno armature ed equipaggiamenti infiniti. Sono stati talmente depauperati che i video continuano a mostrarli mentre si impalano letteralmente a piedi sulle difese russe vicino a Verbove, dopo aver corso per 5 km dal loro punto di schieramento.

Semplicemente non hanno l’equipaggiamento per arrivare così in basso con l’attuale livello di logoramento. Certo, stanno acquistando nuovi carri armati nel tentativo di tenerli a galla. Ma sono in arrivo ben 10 Abrams e altri 10 Leopard 1A5. Questo non è certo il valore di un giorno in una grande “spinta” corazzata per loro.

Ora, forse possono resistere durante l’autunno/inverno, accumulando enormi quantità di nuovi blindati nel corso dei prossimi 6 mesi e allora ammetto che potrebbero avere una possibilità di spingersi molto più lontano. Ma questo solo se la Russia decidesse di non fare letteralmente nulla in quel periodo, e dubito fortemente che sarà così. Non appena sentirà il sangue e vedrà l’AFU quasi esausta, la Russia probabilmente lancerà qualcosa di suo – che si tratti di una vera e propria offensiva per avanzare o semplicemente di picchiare e finire il materiale/personale dell’AFU non lo sappiamo ancora, ma non li lascerà semplicemente fermi ad accumulare armature.

In effetti, ultimamente non ci sono stati molti attacchi missilistici da parte della Russia e un portavoce dell’AFU giorni fa ha dichiarato che la Russia sta risparmiando un’enorme quantità di missili da crociera per una grande campagna d’attacco autunnale/invernale in cui intende decimare le retrovie e le infrastrutture dell’AFU; sono d’accordo.

Le poche volte che li hanno usati di recente, ci sono state grosse perdite, come quella di qualche giorno fa:

SALDATORI: Un accurato attacco missilistico delle Forze Armate russe ha distrutto il punto di posizionamento e il campo di addestramento dell’esercito ucraino nella zona di Selidovo. In questo campo, il comando della 53esima Divisione Separata di Fanteria delle Forze Armate dell’Ucraina ha collocato un rifornimento appena arrivato tra i mobilitati che avrebbero dovuto essere gettati in battaglia nei pressi di Avdiivka. Secondo i nostri dati, circa un centinaio di soldati ucraini sono stati uccisi. Nemmeno i comandanti ucraini conoscono il numero esatto dei morti in questo momento. Molti corpi sono ancora sepolti dalle macerie e non possono essere identificati.
Concludo questa sezione con quanto postato da qualcuno:

Come dice il detto classico, “La storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa”. “Borodino 1812Borodino 1941Rabotino 2023E mentre Napoleone e von Bock erano attratti da caldi quartieri invernali a Mosca, i protetti di Zelensky (simili a Napoleone, ma con una sfumatura) si trovano di fronte a radure di foresta arata sul campo o a cantine in rovina a Rabotino”.
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Passiamo a un ultimo paio di articoli vari.

Nuove foto satellitari hanno confermato i danni: 2 aerei del campo di aviazione di Kresti a Pskov sono stati distrutti:

L’unica notizia negativa è che secondo un account OSINT ucraino uno di essi era un più raro rifornitore IL-78 MIDAS, di cui la Russia possiede un numero molto inferiore di Il-76.

Allo stesso tempo, l’Ucraina ha rilasciato un video di un drone controllabile/FPV che ha sorvolato l’aeroporto e ha confermato che gli attacchi sono avvenuti in realtà dal territorio russo:

Ricordate tutti i pianti e le perle su come la difesa aerea della Russia possa aver fallito così tanto da permettere ai droni di volare a 600 km dal territorio ucraino? O i troll preoccupati che accusavano Putin di essere debole permettendo alla NATO di bombardare i campi d’aviazione russi dall’Estonia/Baltico?

Ebbene, insieme al video, lo stesso Budanov ha ora confermato che l’attacco è stato effettuato dal territorio russo, proprio come avevo indicato come una delle possibilità probabili nell’ultimo articolo, in cui ho pubblicato il rapporto della CNN che mostra come abbiano letteralmente confermato che i sabotatori ucraini vengono inviati in Russia con droni che possono essere lanciati dal territorio russo:

L’attacco all’aeroporto di Pskov è stato sferrato dal territorio della Federazione Russa, ha dichiarato il capo del GUR Budanov in un’intervista al progetto The War Zone. “Stiamo lavorando dal territorio della Russia”, ha detto Budanov, che ha rifiutato di fornire altri dettagli e ha affermato che “due (aerei russi Il-76) sono stati distrutti e due gravemente danneggiati”. “Non crediamo davvero a un attacco dal territorio della Federazione Russa, perché una cosa è lanciare un elicottero separato e un’altra è organizzare un raid massiccio. È necessario coinvolgere molte persone (che saranno sicuramente individuate), auto, droni da trasporto, cariche. E tutto questo in territorio nemico, vicino a una struttura militare. La storia è molto lontana dalla realtà.
Sfortunatamente, questi attacchi sono molto difficili da fermare, perché un occulto da qualche parte, proprio al di fuori della recinzione esterna del campo d’aviazione, può lanciare un drone di questo tipo e colpire l’aereo letteralmente in pochi secondi, dando a qualsiasi difesa aerea praticamente zero tempo per reagire. E ora che i droni FPV possono avere un raggio d’azione esteso fino a 10-15 km, non deve nemmeno trovarsi vicino alla recinzione/perimetro. Può far volare il drone FPV sfiorando letteralmente il terreno a un’altitudine di 10 piedi per molti chilometri fino alla base. Non c’è quasi modo di fermarlo con la tecnologia moderna.

La cosa più vicina e strana che la Russia ha tentato di fare è stata quella di coprire i Tu-95 con pneumatici di auto in un’altra base:

Molti li hanno derisi e ridicolizzati, mentre altri hanno fatto notare che gli Stati Uniti hanno presumibilmente fatto la stessa cosa in Afghanistan e/o in Iraq. In ogni caso, per il momento si tratta di una misura di ripiego che non è destinata a fermare completamente tutti gli attacchi, ma almeno a dare qualche attenuazione, anche se si tratta di una piccola percentuale.

A proposito, ecco un nuovo ucraino catturato che mostra come gli Stati Uniti alimentino gli obiettivi ucraini per colpire all’interno della Russia – ne ha un intero telefono pieno:

Se siete interessati a maggiori informazioni su questo aspetto, leggete il mio articolo sulle fughe di notizie da Delta che spiega in modo molto più dettagliato come funziona:

US/NATO ISR Addendum: Deep Dive Into The Delta Leaks

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MAR 4
US/NATO ISR Addendum: Deep Dive Into The Delta Leaks
In due articoli precedenti ho menzionato non solo lo schiacciante C4ISR che l’Occidente comanda in Ucraina, ma anche, nello specifico, la serie di fughe di notizie che lo hanno corroborato e che ci hanno permesso di capire come funzionano effettivamente i loro sistemi e con quale granularità trasmettono i dati essenziali alle forze ucraine in loco.
Read full story https://simplicius76.substack.com/p/usnato-isr-addendum-deep-dive-into

Avanti:

Nell’ultimo articolo abbiamo discusso a lungo i miti che ruotano attorno alle capacità di comando e di leadership della Russia, alla professionalità, ecc. Un nuovo video ha mostrato quella che si dice essere un’unità russa più “veterana” che conduce un assalto combinato di successo che sottolinea molti dei punti sollevati nel mio articolo. Si noti l’organizzazione professionale, il coordinamento tra le varie unità come i droni d’attacco FPV che sono integrati direttamente nel plotone/compagnia. Il poster menziona persino che “gli FPV sono ora parte [standard] dell’addestramento della fanteria motorizzata russa all’assalto”.

Secondo quanto riferito, si tratta della 5ª Brigata separata di fucilieri motorizzati del 1° Corpo d’armata delle forze della RF, precedentemente nota come unità della milizia della DPR.

Come le unità russe più veterane conducono le azioni di assalto in questi giorni. Dopo un breve bombardamento d’artiglieria delle trincee nemiche, gli IFV hanno svolto il loro ruolo. 1 persi a causa di mine direzionali. La fanteria prende posizione e costringe l’UA a uscire dalla trincea; gli FPV fungono da supporto di fuoco super preciso.
A proposito di droni, si dice che l’Ucraina stia ricevendo dai suoi alleati nuovi droni AI FPV in grado di agganciare un bersaglio nella fase terminale e di seguirlo da soli anche se/quando il segnale viene a mancare. Ho già detto che questi droni sono inattaccabili perché non c’è più alcun segnale in uscita o in entrata che si possa “disturbare”, perché il drone fa tutta la sua elaborazione e la sua catena di uccisione internamente.

Inoltre, l’Ucraina sta ricoprendo i droni di veleno in alcuni settori:

Un messaggio da un combattente [russo] che si trova in direzione di Kherson. I droni che le creste ci lanciano contro hanno iniziato a essere impregnati di sostanze chimiche che possono portare alla morte. Per esempio, come è successo nella mia unità: hanno lanciato un elicottero contro le nostre postazioni, dopo che è atterrato, in qualche modo non abbiamo prestato attenzione a punti strani. Il ragazzo che lo raccolse dopo un’ora e mezza iniziò a vomitare, la sua temperatura salì e gli vennero le vertigini. Dopo un paio di giorni in ospedale, si è ripreso e ha detto che gli era stato diagnosticato un avvelenamento. Di conseguenza, dopo l’atterraggio dei droni, è necessario verificare l’assenza di macchie sinistre, in quanto può essere chimica ed essere presa solo in difesa!
Sempre a proposito di droni, un nuovo filmato ha mostrato un Mi-28 Nighthunter / Havoc russo che insegue un grosso drone ucraino e lo uccide con l’autocannone Shipunov 2A42 da 30 mm a bordo. Sia dal punto di vista del Mi-28 che da quello del drone:

Il prossimo:

Sul tema della mobilitazione: mentre l’Ucraina si lancia in una spinta alla mobilitazione, la Russia ha segnalato la direzione opposta. Il deputato della Duma Gurulev ha dichiarato:

⚡️⚡️⚡️

Non ci sarà una nuova ondata di mobilitazione in Russia. Andrey Gurulev, membro del Comitato per la Difesa della Duma di Stato della Federazione Russa, ha dichiarato quanto segue: “Mi sono rotto la lingua per dire che siamo andati nella direzione opposta. Abbiamo un piano per 420.000 militari sotto contratto, che dobbiamo attuare entro la fine dell’anno… Di che tipo di mobilitazione stiamo parlando?”.
Questo è in concomitanza con un nuovo aggiornamento da parte di Medvedev riguardo ai numeri della “mobilitazione segreta” della Russia. Come ricorderete, ho tenuto sotto controllo le cifre ogni mese.

 

Il conteggio attuale è il seguente:

 

DMITRY Medvedev: Secondo il Ministero della Difesa, dal 1° gennaio circa 280 mila persone sono state accettate nei ranghi delle Forze Armate per un contratto. Alcuni di loro sono persone che facevano parte della riserva, altri sono volontari e altre categorie. “Secondo il Ministero della Difesa, dal 1° gennaio circa 280 mila persone sono state arruolate nelle Forze Armate”, ha detto durante un incontro a Sakhalin, aggiungendo che alcuni di loro sono volontari e altri sono nella riserva.
L’ultima volta erano circa 240-250 mila, quindi è naturale che siano saliti a 280 mila ora che abbiamo saputo che stanno guadagnando più di 40 mila uomini al mese.

Per quanto riguarda l’affermazione di Gurulev sui 420k sotto contratto entro la fine dell’anno. Questo sembra in linea con i precedenti articoli di quest’anno:

Se ora ne hanno 280k di nuovi, mancano 4 mesi alla fine dell’anno: 40k al mese x 4 = 160k di contratti previsti da firmare. Ciò significa che 280k + 160k = 440k.

Gurulev dice che l’obiettivo è appena inferiore a 420k. Ciò significa che entro la fine di quest’anno, la Russia prevede di avere 420-440k soldati a contratto completamente nuovi, che sono quelli che hanno firmato solo a partire da gennaio di quest’anno. Si tratta di una “mobilitazione furtiva” superiore del 150% rispetto al richiamo di settembre dell’anno scorso.

Anche se sembra miracoloso, ricordiamo che l’Ucraina dichiara l’intenzione di richiamare più di 500 mila soldati questo autunno/inverno, quindi vedremo chi vincerà effettivamente la gara di mobilitazione. Se leggete l’inizio di questo articolo, noterete che la maggior parte di quelli che finiranno per essere richiamati sono probabilmente invalidi sifilitici con epatite; oppure 17 o 60 anni e più. Non proprio una combinazione ideale.

A questo proposito, un altro generale in pensione che ora è deputato alla Duma, il tenente generale Viktor Sobolev, ha fatto scalpore affermando che quando la Russia conquisterà l’Ucraina, dovrebbe di fatto assorbire l’intero Stato e fare di Kiev la nuova capitale di tutta la Russia:

Cosa ne pensate? È una sciocchezza o ha ragione?

Naturalmente sappiamo che questi suggerimenti stravaganti sono normali per gli integralisti di Suvok, ma è un’idea interessante.

A proposito di generali russi. Ci sono due nuovi importanti aggiornamenti.

In primo luogo, il padre del generale Popov ha apparentemente parlato e confermato che suo figlio è stato inviato in Siria, il che conferma che Popov è stato effettivamente “rimosso” dal comando della 58a armata. Ciò sarebbe avvenuto come rappresaglia per le sue lamentele sulla MOD sul fronte meridionale di Zaporozhye.

Allo stesso tempo, Surovikin è stato visto per la prima volta dal 24 giugno in una nuova foto con la moglie:

Lo “scoop” è che la foto sembra essere a Sochi o altrove in Russia, e che è stato “permesso” di pubblicarla ora che Prigozhin è stato “ripulito” e la saga è finita. Secondo quanto riferito, il Ministero della Difesa russo permetterà a Surovikin di tornare alla ribalta, forse con una nuova posizione.

Il “TMZ” di Telegram russo afferma quanto segue:

Una fonte del VChK-OGPU afferma che a Surovikin è stato permesso di lasciare il luogo degli arresti domiciliari il 26 agosto, quando la questione con Prigozhin era già definitivamente chiusa e Surovikin stesso aveva finalmente accettato senza condizioni le condizioni della sua ulteriore esistenza pacifica. Quasi immediatamente, è volato con la moglie a Sochi, nella stessa struttura dell’indagine FBK. Quando sia riuscito a tornare non è chiaro, a meno che, ovviamente, la foto non sia stata scattata, come detto, a Mosca e non a Sochi.Secondo la fonte, la risoluzione positiva delle rivendicazioni contro Surovikin è stata possibile grazie a Sergei Chemezov e Sergei Kiriyenko. Su iniziativa di quest’ultimo, oggi è stata lanciata in rete la foto di Surovikin e della moglie. Secondo i risultati delle misurazioni dei media sulle reazioni della popolazione al “ritorno” di Surovikin, l’Amministrazione presidenziale farà una presentazione per Putin, in cui sottolineerà la correttezza della decisione di far cadere le accuse contro il beniamino del popolo.È da notare che Gennady Timchenko non ha fatto alcuno sforzo per rilasciare Surovikin, il che indica il desiderio dell’oligarca di isolarsi dai suoi legami con Wagner e Surovikin.
Per ora non ho molti commenti da aggiungere. Lascerò che si verifichino altri sviluppi su questo argomento e fornirò riflessioni più complete in seguito. Per ora, “è quello che è”, ma sembra segnalare il lento “epilogo” della saga post-Prigozhin/Wagner verso una normalità a bassa tensione.

Avanti:

Una piccola curiosità:

Il gruppo neonazista “Tribù del sangue”, con sede in Florida, è stato visto ieri in un video lodare l’Ucraina:

Dietro il loro leader Chris Pollhaus, si può vedere il famigerato nazista dal volto tatuato, chiamato simpaticamente “Boneface”.

Si scopre che Boneface aveva già prestato servizio in Ucraina nel battaglione Azov:

Ma la cosa più interessante è il video in cui rivela con nonchalance che è stata la CIA a mandarlo in Ucraina:

Quindi la CIA sta inviando nazisti americani a combattere per i nazisti ucraini di Azov? Chi l’avrebbe mai detto! E la gente ci chiama teorici della cospirazione.

Il rapporto completo è qui, per chiunque sia interessato:

Il prossimo:

Prima avevo accennato al fatto che l’Ucraina ha ritirato la sua debole flotta di Leopard per permettere ai gattini di leccarsi le ferite mentre gli scudi di carne si trasformavano. Qui vediamo che i Leopard ucraini rimasti sono stati riforniti, in un caso di tragi-commedia finale, di mattoni Kontakt-1 ERA di epoca sovietica:

Naturalmente, alcuni di essi sono già stati distrutti altrettanto rapidamente:

Il prossimo:

A proposito di carri armati distrutti, in questo momento la prima conferma di un Challenger 2 britannico distrutto sembra essere in arrivo:

Non ho ancora avuto modo di approfondire ed esaminare la questione, ma a prima vista sembra che sia così – e che siano stati inviati solo 12 di questi oggetti.

Ricordate questo titolo ormai risibile?

Via alle risate.

Il prossimo:

Il 1° settembre è l’anniversario del massacro della scuola di Beslan del 2004, dove i terroristi uccisero quasi tutti i bambini, mentre gli eroici spetsnaz russi ne salvarono molti altri. Ancora oggi in Russia gli scolari onorano la ricorrenza liberando palloncini bianchi:

Una delle ragazze era solo una bambina quando è stata salvata da un membro degli Spetsnaz, che l’ha invitata per una rimpatriata in occasione del suo diploma di diciassette anni:

❤️Alena Tskaeva, ormai cresciuta, ha invitato Elbrus Gogichaev, che l’aveva portata in braccio quando aveva sei mesi, fuori dalla scuola di Beslan 1, dove nel settembre 2004 morirono la madre e la sorella maggiore, al suo diploma di scuola nel maggio 2021. Eroi russi
Infine, vi lascio con questo video commovente di Putin che racconta una storia agli scolari all’inaugurazione dell’anno scolastico giorni fa:


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Il piano di Vivek Ramaswamy per porre fine alla guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina è pragmatico, di ANDREW KORYBKO

Il piano di Vivek Ramaswamy per porre fine alla guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina è pragmatico

ANDREW KORYBKO
31 AGO 2023

Accettando l’impossibilità che la Russia abbandoni la cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Cina e riconoscendo che la revoca delle sanzioni probabilmente non avverrà, il resto delle sue proposte potrebbe costituire i parametri di un potenziale accordo russo-americano per porre fine alla loro guerra per procura in Ucraina.

Dall’inizio dell’anno, la guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina si sta avviando verso uno stallo, dopo che il crescente vantaggio di Mosca nella “corsa alla logistica”/”guerra di logoramento” ha garantito che non sarà sconfitta. Tuttavia, è improbabile che anche la NATO venga sconfitta, dal momento che probabilmente interverrà direttamente – nel suo complesso o attraverso una missione guidata dalla Polonia che richiami il blocco tramite l’articolo 5 – per congelare la linea di contatto nel caso in cui la Russia riesca a sfondare e minacci di attraversare l’Ucraina.

Lo spettacolare fallimento della controffensiva e il successivo gioco dello scaricabarile tra Stati Uniti e Ucraina suggeriscono fortemente che entro la fine dell’anno riprenderanno i colloqui con la Russia per congelare il conflitto. Prima che ciò accada, questi alleati di guerra stanno freneticamente cercando di convincere i rispettivi popoli che l’altro è responsabile di questa disfatta, formulando al contempo un’attraente visione del futuro postbellico. Il primo è servito dal loro feroce scaricabarile, mentre il secondo sarà ora discusso.

Il candidato repubblicano alla presidenza Vivek Ramaswamy, che ora è terzo nei sondaggi dopo aver vinto il dibattito della scorsa settimana e che in precedenza aveva attirato un’enorme attenzione da parte dei media per la sua schiettezza su questioni delicate, ha appena pubblicato la sua “Viable Realism & Revival Doctrine” in un articolo per The American Conservative. Di rilievo per questo articolo è il suo piano per porre fine alla guerra per procura tra NATO e Russia. I politici liberal-globalisti e i loro alleati mediatici hanno reagito con furia e non è difficile capire perché.

Ramaswamy descrive il conflitto come una “guerra senza vincitori” che ha inutilmente impoverito le scorte occidentali a vantaggio della Cina. Nell’ottica di un più efficace contenimento della Repubblica Popolare nell’Asia-Pacifico, Ramaswamy suggerisce quindi di estromettere al più presto gli Stati Uniti dalla loro guerra per procura con la Russia. A tal fine, propone di riconoscere le nuove realtà del terreno in Europa orientale, di porre fine all’espansione della NATO, di rifiutare l’ingresso dell’Ucraina nel blocco, di revocare le sanzioni e di far sì che l’Europa si assuma l’onere della propria sicurezza.

L’obiettivo esplicito è “far sì che Putin scarichi Xi”, ed è per questo che afferma che la contropartita è “l’uscita della Russia dall’alleanza militare con la Cina”. Ramaswamy è convinto che il suo piano, se messo in pratica, “eleverà la Russia a controllo strategico dei disegni della Cina in Asia orientale”, ma il problema è che non esiste alcuna “alleanza militare” tra i due Paesi. Inoltre, non è realistico pensare che gli Stati Uniti “convinceranno Putin a scaricare Xi”, dal momento che sono buoni amici e i loro Paesi sono partner strategici.

Detto questo, il piano ha i suoi meriti. Da parte russa, garantisce gli interessi oggettivi di sicurezza nazionale del Paese e gli dà la possibilità di fare affidamento sull’UE per evitare preventivamente una dipendenza economica potenzialmente sproporzionata dalla Cina al momento della revoca delle sanzioni. Sul fronte interno, il piano di Ramaswamy si rivolge alla fazione dei politici pragmatici, la cui influenza è in crescita, come dimostrato dal successo della loro politica nei confronti dell’India, illustrata qui.

Il momento non poteva essere migliore. Gli Stati Uniti sono alla ricerca di un modo per “salvare la faccia” alla ripresa dei colloqui di pace, come spiegato in precedenza, e la crescente influenza dei politici pragmatici potrebbe portarli a superare le obiezioni dei liberal-globalisti, anche se i loro rivali potrebbero ancora cercare di sabotare questo processo. L’enorme attenzione mediatica che Ramaswamy ha già generato, per non parlare di quella che sta ricevendo in seguito alla sua proposta, potrebbe rimodellare il discorso nazionale sulla fine della guerra per procura.

Gli americani si stanno stancando di questo conflitto, ma finora nessuno aveva ancora articolato una visione attraente del futuro postbellico. A prescindere dal futuro politico di Ramaswamy, il suo piano serve ad accendere una conversazione più ampia a tutti i livelli sul pragmatismo del compromesso con la Russia per liberare gli Stati Uniti e contenere più efficacemente la Cina nell’Asia-Pacifico. Questo può a sua volta facilitare la ripresa dei colloqui con la Russia, soprattutto se incoraggia i responsabili politici americani più pragmatici.

Il vizioso gioco dello scaricabarile tra Stati Uniti e Ucraina sul fallimento della controffensiva porta a quello inevitabile su chi sia responsabile della perdita di questa guerra per procura, con tutto ciò che precede la formulazione da parte dell’America di una visione del futuro post-bellico attraente sia per la popolazione che per i politici. La prima dinamica si intensifica continuamente e fa notizia di giorno in giorno, mentre la seconda si sta svolgendo anch’essa, ma per lo più in silenzio, ed è a questa dinamica che contribuisce il piano di Ramaswamy.

Accettando l’impossibilità che la Russia abbandoni la cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Cina e riconoscendo che anche la revoca delle sanzioni probabilmente non avverrà, il resto delle sue proposte potrebbe costituire i parametri di un potenziale accordo russo-americano per porre fine alla loro guerra per procura in Ucraina. L’ex Repubblica sovietica non entrerebbe nella NATO, né il blocco si espanderebbe ulteriormente, e l’Occidente riconoscerebbe de facto le nuove realtà del terreno in Europa orientale, mentre l’UE si farebbe carico della sua sicurezza.

In questo scenario, la Russia dovrebbe ovviamente accettare anche alcuni compromessi regionali, come il rapporto privilegiato dell’Ucraina con la NATO dopo il conflitto e le garanzie di sicurezza che l’Asse anglo-americano probabilmente fornirà, ma questi potrebbero essere accettabili se i suoi altri interessi saranno soddisfatti. Se c’è qualche movimento in questa direzione, allora non dovrebbe essere malignamente interpretato come un complotto della Russia per facilitare il contenimento della Cina da parte degli Stati Uniti, ma visto per quello che è veramente: La Russia mette i suoi interessi al primo posto.

https://korybko.substack.com/p/vivek-ramaswamys-plan-for-ending

Il logo del conservatore americano

Un realismo praticabile e una dottrina di rinascita
Washington, Monroe e Nixon uguale America First.

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(Da Gage Skidmore/WikiMedia Commons)
Vivek Ramaswamy
28 agosto 2023
3:00 AM
Nel suo discorso inaugurale, Thomas Jefferson riassunse notoriamente il pensiero di George Washington in quella che oggi è nota come Dottrina Washington: “Pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni, senza stringere alleanze con nessuna”. L’ultimo dei Fondatori a ricoprire la carica di presidente, James Monroe, formulò la Dottrina Monroe, con la quale dichiarò alle potenze europee che l’emisfero occidentale sarebbe stato d’ora in poi l’unica sfera di influenza degli Stati Uniti. Più di un secolo dopo, con gli Stati Uniti ascesi allo status di superpotenza, Richard Nixon ampliò il corpus della strategia di politica estera americana con la sua dottrina, che prevedeva che i nostri alleati sostenessero i propri oneri di sicurezza e fornissero la forza lavoro primaria per la propria difesa, mentre l’America fungeva da difensore di ultima istanza.

Negli anni successivi alla formulazione della dottrina da parte di Nixon, il nostro Paese è passato dall’essere una delle due superpotenze all’ascesa come unica superpotenza mondiale dopo la caduta dell’URSS. Abbiamo sprecato l’opportunità di preservare questa posizione dopo la Guerra Fredda abbracciando in modo bipartisan il “capitalismo democratico” con la Cina comunista, sulla base della falsa premessa che avremmo potuto diffondere la democrazia attraverso il capitalismo creando una reciproca codipendenza economica con la Cina. La nostra posizione sbagliata nei confronti della Cina comunista ci ha portato negli ultimi tre decenni a un nuovo scomodo equilibrio, in cui gli Stati Uniti rimangono tenuemente la grande superpotenza mondiale, ma le nostre due grandi potenze rivali – Cina e Russia – stanno ora lavorando insieme in un modo che ci minaccia. Dobbiamo ammettere i nostri errori, riconoscere il nostro tempo e adottare una visione strategica riveduta per i nostri giorni, allineata con la realtà, piuttosto che desiderare malinconicamente che l’ordine immediatamente successivo alla Guerra Fredda torni a esistere.

La Dottrina Washington fornisce un’adeguata ispirazione su come iniziare. Condurrò la nostra nazione dalle sanguinose follie del neoconservatorismo e dell’internazionalismo liberale all’estero verso una strategia che difenda in modo deciso la nostra patria. Non saremo più lo zio babbeo. Invece di spendere miliardi per proiettare il potere in vuoti globali dove i nostri alleati non spenderanno per mantenerlo, metteremo di nuovo l’America al primo posto, come esortava George Washington, ricalibrando e considerando i nostri veri interessi.

Nixon e il realismo
Anche se rendo spesso omaggio a George Washington, quando si tratta di politica estera, il presidente che ammiro di più è Richard Nixon. Sullo sfondo caotico degli anni Sessanta, dove le battaglie sulle idee si riversavano nelle strade, Nixon affermò un realismo freddo e sobrio. Formulò la pace in Medio Oriente, pur mantenendovi solo un’impronta militare minima. Si rifiutò di intervenire nella guerra subcontinentale tra India e Pakistan, pur dando prova di deterrenza navale. Ci ha fatto uscire dal Vietnam. Soprattutto, ha riconosciuto la minaccia unica rappresentata dall’Unione Sovietica. In Cina, vide il più grande macellaio del XX secolo, Mao Zedong. Tuttavia, anziché contare i crimini di Mao o lanciare una spinta moralistica per la sua caduta, capì che Mao era il motore della scissione sino-sovietica. Nixon non avrebbe mai potuto fidarsi che Mao fosse un grande leader o un santo, ma poteva fidarsi che agisse nell’interesse della sua nazione. Fu così che Nixon andò in Cina e cambiò per sempre la Guerra Fredda.

Se solo Nixon avesse potuto vedere gli omaggi che le future amministrazioni avrebbero offerto alla Cina. Diffidava dei cinesi e credeva che sarebbero diventati una grande potenza e una grande minaccia entro il XXI secolo, ma non poteva immaginare che un’intera generazione di leader americani li avrebbe aiutati a farlo – “utili idioti”, nel linguaggio comunista. Ai suoi tempi, molti utili idioti popolavano l’establishment della politica estera, e lui rifiutò la loro influenza. Sotto la guida di Nixon, i motori di Stato passarono da un linguaggio universalistico a, come disse lui, spingere gli attori locali ad assumersi la “responsabilità primaria di fornire la forza lavoro per la [loro] difesa”.

Come Presidente degli Stati Uniti, rispetterò e farò rivivere l’eredità di Nixon rifiutando le chiacchiere sanguinarie degli utili idioti che predicano una guerra senza vincitori in Ucraina che costringe le nostre due grandi potenze nemiche ad avvicinarsi sempre di più. Più la guerra in Ucraina va avanti, più diventa chiaro che c’è un solo vincitore: La Cina. Condurrò l’America dal moralismo al realismo eseguendo l’inverso di ciò che fece Nixon nel 1972: Andrò a Mosca nel 2025. Porterò la pace in Ucraina alle uniche condizioni che dovrebbero essere importanti per noi – condizioni che mettono al primo posto gli interessi americani. L’amministrazione Biden ha cercato stupidamente di convincere Xi a scaricare Putin. In realtà, dovremmo convincere Putin a scaricare Xi.

Un buon accordo richiede che tutte le parti ne ricavino qualcosa. A tal fine, accetterò il controllo russo dei territori occupati e mi impegnerò a bloccare la candidatura dell’Ucraina alla NATO in cambio dell’uscita della Russia dall’alleanza militare con la Cina. Metterò fine alle sanzioni e riporterò la Russia nel mercato mondiale. In questo modo, eleverò la Russia a controllo strategico dei disegni della Cina in Asia orientale.

Con lo stesso realismo, ammetterò che è inaccettabilmente pericoloso che gran parte del nostro stile di vita dipenda dalla produzione cinese e dai semiconduttori taiwanesi. Dichiarerò l’indipendenza economica dalla Cina. Chiederò equità nelle nostre relazioni commerciali con loro. Non ci sarà più spionaggio industriale e furto attraverso “trasferimenti di tecnologia” forzati o altri favori politici come condizione per l’espansione delle aziende statunitensi in Cina, altrimenti prenderò provvedimenti rapidi per punire la Cina e impedire alle aziende statunitensi di impegnarsi in tali comportamenti. Incentiverò le aziende americane a spostare le catene di approvvigionamento dalla Cina e a trasferirle in mercati alleati, soprattutto nel nostro emisfero, e utilizzerò gli accordi commerciali come mezzo principale per farlo. La chiave di tante catene di approvvigionamento è il semiconduttore, e qui lavorerò con l’industria americana per assicurarmi che il nostro Paese raggiunga l’indipendenza dai semiconduttori.

Monroe e la sicurezza
Se Nixon ci insegna come affrontare una politica estera più lontana, è Monroe che ci insegna come gestire la sicurezza e le relazioni con il nostro vicino nell’emisfero occidentale. La sua dottrina ha guidato la grande strategia americana fin dal 1800. Non voglio cambiare la centralità di Monroe; piuttosto, voglio rinvigorire Monroe.

Se guardiamo all’emisfero occidentale oggi, vediamo sconfinamenti che James Monroe non avrebbe mai tollerato: Palloni spia cinesi che sorvolano il nostro cuore, basi di spionaggio cinesi a Cuba, porti cinesi vicino al Canale di Panama. Dobbiamo riabbracciare la Dottrina Monroe e dire che l’America viene prima di tutto e che il nostro emisfero non deve essere invaso dai nostri avversari.

I nostri nemici all’estero hanno seminato discordia nel nostro emisfero. Ondate di sinistra hanno sconvolto l’America Latina e creato instabilità economica. Gli Stati instabili non sono in grado di proteggere la propria popolazione, e spesso danno vita a Stati paralleli come i cartelli della droga che affliggono il Messico. Questi cartelli vengono poi utilizzati come soldati semplici dalle imprese criminali cinesi che li usano per spingere il velenoso fentanyl nel nostro Paese. Sia sotto forma di migranti che di droga, il nostro confine è sotto attacco.

Un emisfero occidentale sicuro rende l’America sicura. Ai nostri nemici che si augurano il male nostro e dei nostri partner emisferici, dico di tenere le distanze o ve ne pentirete. Quando faccio questa promessa, guardo soprattutto alla nostra Marina statunitense, che è caduta in un triste declino, ma che sarà un obiettivo chiave di investimento strategico per la mia amministrazione. Nel frattempo, ai nostri partner emisferici dico che è il momento di investire nella vostra sicurezza e prosperità, in modo che la vostra gente non abbia voglia di emigrare.

Soprattutto per quanto riguarda la prosperità regionale, prometto che l’America sarà un partner disponibile nel commercio di cui Jefferson parlava tanto tempo fa. Abbiamo già firmato accordi di libero scambio con dodici vicini del nostro emisfero, in particolare l’accordo USMCA che riguarda i nostri due più importanti partner commerciali, Messico e Canada. Sotto la mia guida, faremo crescere il commercio emisferico a livelli storici. Perseguiremo accordi commerciali equi che contribuiranno a creare posti di lavoro ben retribuiti sia negli Stati Uniti che nei Paesi vicini, con l’obiettivo di aiutarci a delocalizzare la nostra catena di approvvigionamento e ad allontanarla dalla Cina.

La mia visione della politica estera
Con Nixon e Monroe saldamente in mano, possiamo ora passare all’applicazione. Cominciamo dalla nostra grande potenza rivale, la Cina, e dal gioiello del suo vicino estero, Taiwan. Abbiamo operato troppo a lungo nell’ambiguità strategica nei confronti di Taiwan. Passerò alla chiarezza strategica, intendendo che la Cina deve capire che difenderò gli interessi americani a Taiwan. Se Taiwan vuole una partnership nella sua difesa, dovrà aumentare la spesa per la difesa e la preparazione militare a livelli accettabili. Nel frattempo, mi impegnerò a garantire che Taiwan abbia le armi necessarie per questa difesa, sia per un’invasione via mare che, in futuro, per un’insurrezione a lungo termine contro qualsiasi forza straniera occupante, se necessario.

Oltre alla Cina, l’India è la chiave della nostra politica indo-pacifica. Rispetto la tradizione realista indiana di non allineamento e di equidistanza, ma troverò comunque il modo di avvicinarla a noi e alla leadership regionale. In questo momento, l’India è il più grande importatore di armi al mondo, oltre che un forte centro di tecnologia e ingegneria. L’industria della difesa americana ha bisogno di tempo per crescere e riprendersi da decenni di cattiva gestione post-Guerra Fredda. Nel frattempo, l’India può essere un partner utile. Possiamo usare il commercio e il trasferimento di tecnologia per liberare la potenza tecnologica e manifatturiera dell’India, non solo per armare l’India ma anche altri alleati regionali, trasformandoli da importatori a esportatori. In modo simile, perseguirò un accordo in stile AUKUS per condividere la tecnologia dei sottomarini nucleari e potenziare la Marina indiana. Il risultato dovrebbe essere che, in caso di guerra a Taiwan, potremo contare sull’India per il blocco navale del Mare delle Andamane e dello Stretto di Malacca, la via di passaggio per le forniture di petrolio provenienti dal Medio Oriente e destinate alla Cina. Questa possibilità da sola dissuaderà ulteriormente la Cina dall’invadere Taiwan.

In altre zone dell’Asia e dell’Oceania, dobbiamo incoraggiare altri alleati come il Giappone, le Filippine e l’Australia a espandere i loro bilanci per la difesa. Questi Paesi e altri, compresi quelli europei come Francia e Regno Unito, dovrebbero essere incoraggiati a investire nei Paesi regionali più poveri per controbilanciare l’influenza economica cinese, comprese le isole polinesiane. La Francia e il Regno Unito hanno entrambi dei possedimenti in queste regioni e li incoraggerò a riposizionare le loro forze navali e a presidiare in modo permanente i loro protettorati nel Pacifico con uomini e mezzi. Se dobbiamo stare dalla parte degli europei nel loro continente, non dovremmo avere alcuna remora a chiedere loro di stare dalla nostra parte in Asia.

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Sul continente europeo, dobbiamo cercare un confine limitato della NATO e impegnarci a non espandere ulteriormente il territorio. La forza lavoro europea dovrebbe essere la principale difesa delle frontiere europee, con l’America come equilibratore di ultima istanza. Dal 1960 circa, gli Stati Uniti hanno contribuito in media a circa il 36% del PIL degli alleati, ma a più del 60% della spesa per la difesa degli alleati. Lo Zio Sam non dovrebbe fungere da Zio Paperone per l’Europa. Mentre gli interessi europei e americani rimangono allineati, le nostre priorità di spesa non lo sono. L’America non sovvenzionerà più la debolezza europea. A ostacolare questo discorso c’è la burocrazia della NATO, che è incline a spingere missioni internazionaliste liberali che esulano dal ruolo centrale dell’Alleanza. Proprio come lo Stato amministrativo americano, la burocrazia della NATO è irrecuperabile e deve essere ridotta all’osso. Riformulerò la NATO come un’alleanza militare strettamente difensiva, non come un club internazionalista che si occupa della politica interna dei suoi membri.

Una delle mie grandi speranze è che gli Stati Uniti debbano occuparsi del Medio Oriente molto meno di quanto abbiano fatto nel secolo scorso. Il petrolio ci ha trascinato nelle rivalità interne di questa regione. Più volte abbiamo cercato di scegliere vincitori e vinti in terre lacerate da antichi odi che per noi erano impenetrabili. Negli ultimi anni, il Medio Oriente si è stabilizzato in un equilibrio non facile. Gli accordi di Abraham sono un risultato brillante che ha portato una pace prima inimmaginabile. Tuttavia, dobbiamo riconoscere ciò che più di ogni altra cosa ha spinto questi accordi: Israeliani e arabi hanno lavorato insieme per necessità, per controbilanciare il potere degli iraniani. Non c’è una sola potenza che rappresenti una sfida egemonica nella regione, e se e quando ci sarà, l’America sarà lì a resistere. Abbiamo raggiunto un equilibrio non facile, ma si tratta comunque di un equilibrio: qualsiasi ulteriore intervento da parte degli Stati Uniti rischia di far saltare di nuovo l’equilibrio. Dovremmo quindi tornare alla saggezza nixoniana di mantenere un’impronta minima in una regione afflitta da rancori storici che gli americani non possono né devono cercare di cambiare con l’ingegneria sociale, a meno che non emerga una minaccia di una grande potenza.

La mia campagna, nella sua essenza, riguarda il ristabilimento dell’identità nazionale americana. Quando i miei due mandati saranno terminati, gli americani si saranno ripresi il loro Paese da élite non elette. Torneremo giustamente a provare l’orgoglio nazionale. Quanto meglio noi americani capiremo la nostra identità nazionale, tanto meglio ci capirà anche il mondo. Sarò onesto con i nostri partner all’estero così come lo sarò con i nostri cittadini: il compito del governo americano è esclusivamente quello di rappresentare gli interessi degli americani. Ritengo inoltre che quanto meglio noi americani comprendiamo la nostra identità nazionale, tanto meglio il mondo comprenderà la nostra identità internazionale. Cerchiamo ancora la pace, il commercio e l’amicizia con tutte le nazioni. Rimaniamo impegnati nella nostra sovranità al di sopra di qualsiasi illusione internazionalista che prometta il paradiso in terra, anche se cerchiamo ancora la pace, il commercio e l’amicizia con le altre nazioni. Siamo un’unica nazione sotto Dio, consapevoli della decadenza del nostro mondo, rassegnati ad affrontarlo con realismo, e tuttavia animati dalla certezza che la nostra libertà e la nostra prosperità possano animare nei cuori dei popoli all’estero la speranza di ciò che è possibile quando la più grande nazione fondata sulla libertà è davvero la versione più forte di se stessa in casa.

SULL’AUTORE
Vivek Ramaswamy
Vivek Ramaswamy è un uomo d’affari americano e autore di Woke, Inc: Inside Corporate America’s Social Justice Scam.

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Destinata a fallire La controffensiva ucraina del 2023, di JOHN J. MEARSHEIMER

Traduciamo questa lunga, accurata, equilibrata analisi John Mearsheimer, corredata da un ampio apparato di note. Come sempre, il grande studioso americano si sforza di essere obiettivo, e si esprime con garbo e moderazione. L’equilibrio e la moderazione di Mearsheimer, però, non possono (e non vogliono) nascondere la tragica, terribile realtà di quanto sta avvenendo in Ucraina, che è la conseguenza di colossali errori di valutazione strategica occidentali, e dell’ostinazione cinica con la quale i decisori statunitensi ed europei insistono a non prenderne atto. Nelle note al testo, in gran parte tratta dai media occidentali, la documentazione di questi errori e di questa cinica ostinazione.  Il costo umano di questi errori e di questa ostinazione è spaventoso, ed è ancora lontano il momento in cui si potrà tirare le somme delle perdite di uomini e materiali che ha provocato. Buona lettura. 

 

https://mearsheimer.substack.com/p/bound-to-lose?utm_source=substack&utm_medium=email

DESTINATA A FALLIRE

di JOHN J. MEARSHEIMER
2 SET 2023

 

È ormai chiaro che la tanto attesa controffensiva ucraina è stata un colossale fallimento. Dopo tre mesi, l’esercito ucraino ha fatto pochi progressi nel respingere i russi. In effetti, non ha ancora superato la cosiddetta “zona grigia”, la striscia di terra pesantemente contestata che si trova di fronte alla prima linea principale delle difese russe. Il New York Times riporta che “nelle prime due settimane della controffensiva, il 20% degli armamenti inviati dall’Ucraina sul campo di battaglia è stato danneggiato o distrutto, secondo i funzionari statunitensi ed europei. Il bilancio comprende alcune delle formidabili macchine da combattimento occidentali – carri armati e mezzi corazzati – su cui gli ucraini contavano per respingere i russi. Secondo quasi tutti i resoconti dei combattimenti, le truppe ucraine hanno subito perdite enormi. Tutte le nove brigate che la NATO aveva armato e addestrato per la controffensiva sono state gravemente danneggiate sul campo di battaglia.

La controffensiva ucraina era destinata a fallire fin dall’inizio. Uno sguardo allo schieramento delle forze di entrambe le parti e a ciò che l’esercito ucraino stava cercando di fare, insieme a una comprensione della storia della guerra terrestre convenzionale, rendono chiaro che non c’era praticamente alcuna possibilità che le forze ucraine attaccanti potessero sconfiggere i difensori russi e raggiungere i loro obiettivi politici.

L’Ucraina e i suoi sostenitori occidentali speravano che l’esercito ucraino potesse eseguire una classica Blitzkrieg, per sfuggire alla guerra di logoramento che lo stava distruggendo. Il piano prevedeva di aprire un ampio varco nelle linee difensive russe per poi di penetrare in profondità nel territorio controllato dai russi, non solo catturando il territorio lungo la strada, ma sferrando un colpo di grazia all’esercito russo. Come la storia dimostra chiaramente, si tratta di un’operazione particolarmente difficile da portare a termine quando le forze d’attacco sono impegnate in un combattimento alla pari, che coinvolge due eserciti più o meno equivalenti. Gli ucraini non solo erano impegnati in un combattimento alla pari, ma erano anche mal preparati a eseguire una Blitzkrieg e si trovavano di fronte a un avversario ben posizionato per ostacolarla. In breve, le carte in tavola erano fin dall’inizio a sfavore della controffensiva ucraina.

Ciononostante, l’ottimismo sulle prospettive dell’Ucraina sul campo di battaglia era diffuso tra i politici occidentali, gli opinionisti e gli editoriali dei media tradizionali, i generali in pensione e altri esperti della politica estera americana ed europea.I commenti del generale in pensione David Petraeus alla vigilia della controffensiva hanno colto lo spirito prevalente: “Penso che questa controffensiva sarà molto impressionante“. Ha poi descritto efficacemente gli ucraini che eseguono una Blitzkrieg di successo contro le forze russe.

In realtà, i leader occidentali e i media mainstream hanno esercitato notevoli pressioni su Kyiv affinché lanciasse la controffensiva, nei mesi precedenti il suo inizio il 4 giugno. All’epoca, i leader ucraini la tiravano per le lunghe e mostravano scarso entusiasmo per l’avvio della prevista Blitzkrieg, probabilmente perché almeno alcuni di loro si rendevano conto di essere condotti al massacro. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha poi dichiarato il 21 luglio: “Avevamo in programma di iniziare in primavera, ma non l’abbiamo fatto perché, francamente, non avevamo abbastanza munizioni e armamenti e non avevamo abbastanza brigate adeguatamente addestrate. Inoltre, dopo l’inizio della controffensiva, il generale Valerii Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine, ha dichiarato con rabbia al Washington Post che riteneva che l’Occidente non avesse fornito all’Ucraina armi adeguate e che “senza un rifornimento completo, questi piani non sono affatto fattibili. Ma vengono portati avanti.

Anche dopo l’impantanamento della controffensiva, verificatosi poco dopo il suo inizio, molti ottimisti hanno continuato a nutrire la speranza che alla fine essa avrebbe avuto successo, anche se il loro numero è diminuito nel tempo. Il generale statunitense in pensione Ben Hodges, uno dei più entusiasti sostenitori del lancio della Blitzkrieg, ha affermato il 15 giugno: “Penso che gli ucraini possano vincere questa battaglia e la vinceranno Dara Massicot, un’ importante esperta spesso citato dai media tradizionali, ha affermato il 19 luglio: “Per ora, le linee del fronte russo stanno tenendo, nonostante le decisioni disfunzionali del Cremlino. Tuttavia, la pressione cumulativa delle scelte sbagliate sta aumentando. Le linee del fronte russo potrebbero cedere nel modo in cui Hemingway scrisse una volta a proposito della bancarotta: ‘gradualmente, poi all’improvviso’. Michael Kofman, un altro esperto spesso citato dalla stampa tradizionale, ha affermato il 2 agosto che “la controffensiva in sé non è fallita“, mentre l’Economist ha pubblicato un articolo il 16 agosto che proclamava: “La controffensiva ucraina sta facendo progressi, lentamente: Dopo dieci settimane, l’esercito sta iniziando a capire cosa funziona[9].

Una settimana dopo, il 22 agosto, quando era difficile negare che la controffensiva fosse in grave difficoltà e che non ci fosse quasi alcuna possibilità di correggere la situazione, Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha dichiarato: “Non riteniamo che il conflitto sia in una situazione di stallo. Stiamo vedendo l’Ucraina continuare a conquistare territori su base metodica e sistematica.

Nonostante i commenti di Sullivan, molti in Occidente riconoscono che la controffensiva è fallita e che l’Ucraina è condannata a combattere una guerra di logoramento che è improbabile che vinca, soprattutto perché il conflitto si sta lentamente trasformando da una lotta tra pari in una lotta squilibrata. Ma avrebbe dovuto essere ovvio, per i sostenitori occidentali dell’Ucraina, che la Blitzkrieg che hanno sponsorizzato era destinata a fallire, e che aveva poco senso spingere l’Ucraina a lanciarla.

LA TEORIA DELLA VITTORIA DELL’UCRAINA

Le forze armate russe e ucraine sono state impegnate in un combattimento tra pari sin dall’inizio della guerra, nel febbraio 2022. La forza d’invasione russa, composta al massimo da 190.000 uomini, ha conquistato una quantità sostanziale di territorio ucraino, ma si è presto trovata sovrestesa. In altre parole, non aveva truppe sufficienti a difendere tutto il territorio ucraino che controllava. Di conseguenza, i russi ritirarono la maggior parte delle loro forze dall’oblast’ di Kharkiv, permettendo all’esercito ucraino di sopraffare i pochi rimasti. In seguito, l’esercito russo, troppo poco numeroso, fu costretto a ritirarsi dalla fetta dell’oblast’ di Kherson che si trova sulla sponda occidentale del fiume Dnieper, che l’esercito ucraino occupò senza combattere. Prima di ritirarsi, tuttavia, i russi hanno inflitto ingenti perdite alle forze ucraine che stavano cercando di scacciarli da Kherson. Il comandante di un battaglione riferì che le perdite erano così elevate che dovette “sostituire i membri della sua unità per tre volte. Queste due sconfitte tattiche avvennero tra la fine dell’estate e l’autunno del 2022.

In risposta agli eventi di Kharkiv e Kherson, Putin mobilitò 300.000 uomini nel settembre 2022; essi avrebbero avuto bisogno di alcuni mesi di addestramento prima di essere pienamente pronte a combattere. I russi hanno anche intensificato i loro sforzi per catturare Bakhmut, nel novembre 2022. Gli ucraini hanno risposto alla sfida per Bakhmut e le due parti hanno ingaggiato una lunga e dura battaglia per il controllo della città, che si è infine conclusa con una vittoria russa alla fine di maggio 2023.

Bakhmut fu una grave sconfitta per l’Ucraina, in parte perché Zelensky aveva pubblicamente dichiarato che lui e i suoi generali erano determinati a tenere la città, e perché impegnò molte delle migliori unità ucraine nella battaglia. Ancor più importante, l’Ucraina ha subito enormi perdite, durante i mesi di battaglia. A peggiorare le cose, la guerra si sarebbe probabilmente trasformata in una lotta impari nei mesi a venire, perché i russi avevano ottenuto un vantaggio di circa 5:1 in termini di popolazione, sulla scia dei primi combattimenti, il che implicava che potevano mobilitare un esercito molto più grande di quello ucraino, un vantaggio che conta molto, nella guerra di logoramento. Inoltre, i russi godevano già di un vantaggio significativo nell’artiglieria, l’arma più importante in una guerra di logoramento come quella combattuta in Ucraina. Né Kiev né l’Occidente avevano la capacità di correggere questo squilibrio, che secondo le stime era compreso tra 5:1 e 10:1 a favore della Russia.

In effetti, c’era motivo di pensare che l’Occidente potesse non continuare l’impegno totale a fornire all’Ucraina gli armamenti di cui aveva disperatamente bisogno, che includevano altri tipi di armi, oltre all’artiglieria, come carri armati, veicoli da combattimento blindati, droni e aerei. L’Occidente era sempre più stanco della guerra e gli Stati Uniti dovevano affrontare la minaccia della Cina in Asia orientale, un pericolo maggiore, per gli interessi americani, rispetto alla minaccia russa. Per farla corta: l’Ucraina avrebbe probabilmente perso, in una prolungata guerra di logoramento, perché avrebbe combattuto una battaglia impari.

Sia l’Ucraina che l’Occidente avevano quindi un forte incentivo a trovare una strategia intelligente capace di produrre rapidamente una vittoria militare che avrebbe concluso la guerra in termini favorevoli per loro. Ciò significava che l’Ucraina avrebbe dovuto impiegare una strategia di Blitzkrieg, che è l’unico modo per evitare o sfuggire a una guerra di logoramento in una competizione tra due eserciti terrestri alla pari che si affrontano su un fronte continuo.

L’ABC DELLA BLITZKRIEG

La Blitzkrieg si basa sulla mobilità e sulla velocità di una forza d’assalto corazzata per sconfiggere l’avversario senza ingaggiare una serie di battaglie sanguinose e prolungate. Questa strategia si basa sul presupposto che l’esercito avversario sia una macchina grande e complessa, orientata a combattere lungo una linea difensiva ben stabilita. Nelle retrovie della macchina si trova una rete vulnerabile, che comprende numerose linee di comunicazione, lungo le quali si muovono informazioni e rifornimenti, nonché punti nodali chiave in cui le varie linee si intersecano. La distruzione di questo sistema nervoso centrale equivale alla distruzione dell’esercito sulla difensiva.

Una Blitzkrieg comporta due operazioni principali: vincere una battaglia di sfondamento ed eseguire una profonda penetrazione strategica. Per essere più precisi, l’attaccante mira a concentrare surrettiziamente le sue forze corazzate in una o due posizioni specifiche lungo la linea del fronte, dove il rapporto forza-spazio del difensore è basso e dove l’attaccante può ottenere la superiorità numerica sul difensore. Una difesa poco distribuita e in inferiorità numerica è relativamente facile da sfondare. Dopo aver aperto uno o due varchi nella prima linea del difensore, l’attaccante cerca di muoversi rapidamente nelle profondità della difesa prima che le forze dello Stato bersaglio possano muoversi per tagliare la penetrazione. Sebbene possa essere necessario impegnarsi in una battaglia campale per realizzare lo sfondamento iniziale, è importante evitare ulteriori battaglie di questo tipo. L’attaccante segue invece il percorso di minor resistenza fino alle retrovie del difensore.

Il carro armato, con la sua intrinseca flessibilità, è l’arma ideale per far funzionare una Blitzkrieg. L’artiglieria, tuttavia, non gioca un ruolo importante nella Blitzkrieg, in parte perché richiede un significativo supporto logistico, che interferisce con il rapido movimento delle forze di secondo livello nel saliente in espansione e, più in generale, è un freno alla mobilità. Inoltre, impegnarsi in scambi di artiglieria su larga scala farebbe perdere tempo prezioso e rallenterebbe l’avanzata delle forze corazzate. Il supporto aereo ravvicinato, invece, non presenta nessuno di questi problemi. Data la flessibilità intrinseca di aerei, droni ed elicotteri, questa artiglieria volante è un’eccellente controparte per le forze corazzate in rapido movimento.

Come dovrebbe essere ovvio, una Blitzkrieg richiede una struttura di comando flessibile, popolata da cima a fondo da soldati in grado di prendere l’iniziativa in situazioni di combattimento in cui la nebbia della guerra è talvolta fitta. Una Blitzkrieg non si basa su un piano rigido che i comandanti devono seguire accuratamente. Anzi, è vero il contrario. Prima di lanciare l’attacco, si stabilisce un obiettivo generale e si preparano piani dettagliati per la battaglia di sfondamento. Ma non ci sono linee guida rigide che i comandanti devono seguire mentre conducono la penetrazione strategica in profondità. L’assunto di base è che nessuno può prevedere con un certo grado di certezza come si svilupperà la battaglia. L’incertezza sarà molto frequente, e quindi si dovranno correre dei rischi. In sostanza, si dà molta importanza alla capacità del comandante di prendere decisioni rapide che consentano alle forze corazzate di mantenere un’elevata velocità di avanzamento dopo aver vinto la battaglia di sfondamento. L’audacia è essenziale, anche quando le informazioni sono incomplete, affinché l’esercito attaccante possa mantenere l’iniziativa.

Infine, è opportuno spendere qualche parola sugli obiettivi associati alla Blitzkrieg. L’obiettivo abituale è quello di sconfiggere in modo decisivo le forze militari del difensore. È possibile, tuttavia, impiegare una Blitzkrieg per ottenere una vittoria limitata, in cui le forze di difesa sono accerchiate e deteriorate ma non completamente sconfitte, e in cui l’attaccante cattura una quantità significativa del territorio del difensore. Il problema di non ottenere una vittoria decisiva, tuttavia, è che i combattimenti probabilmente continueranno, il che implica quasi certamente una guerra di logoramento. Le guerre moderne, va sottolineato, non solo tendono a intensificarsi, ma sono anche difficili da terminare. Pertanto, i leader hanno un forte incentivo a impiegare una Blitzkrieg per ottenere una vittoria decisiva sull’esercito in difesa, e non a perseguire una vittoria limitata.

DAL PUNTO DI VISTA DEL DIFENSORE

Finora ci siamo concentrati sul modo in cui l’attaccante esegue una Blitzkrieg. Ma per comprendere appieno il funzionamento di una Blitzkrieg e le sue probabilità di successo, è essenziale considerare le capacità del difensore e la sua strategia di contrasto a una Blitzkrieg.

La questione chiave, per quanto riguarda le capacità, è la correlazione delle forze tra il difensore e l’aggressore. C’è una sostanziale parità in termini di qualità e quantità delle truppe e degli armamenti? Se è così, si prospetta un combattimento alla pari. Se invece una delle due parti dispone di forze nettamente superiori in termini di qualità, quantità o di entrambe, si tratterà di un combattimento impari. La differenza tra un combattimento alla pari e uno impari è molto importante, per determinare le prospettive di successo di una Blitzkrieg.

Per cominciare, è molto più difficile far funzionare una Blitzkrieg in un combattimento alla pari, perché il difensore non è in inferiorità numerica fin dall’inizio. Si tratta di uno scontro tra due forze combattenti formidabili, non di un conflitto impari, il che rende difficile per l’attaccante essere sicuro del successo. Inoltre, le conseguenze del fallimento di una Blitzkrieg sono nettamente diverse, nei due tipi di combattimento. Se una Blitzkrieg fallisce in un combattimento alla pari, il risultato sarà probabilmente una lunga guerra di logoramento il cui esito è difficile prevedere. Dopo tutto, il conflitto è tra avversari di pari livello. Ma se una Blitzkrieg non ha successo in un combattimento impari, l’attaccante è quasi certo di vincere la guerra che ne consegue in modo facile e veloce, semplicemente perché gode di un netto vantaggio materiale sul difensore.

Anche la strategia del difensore per contrastare una Blitzkrieg ha una profonda influenza sul suo esito. Semplificando al massimo, lo Stato bersaglio può schierare le sue forze in tre modi diversi: difesa avanzata, difesa in profondità e difesa mobile.

Con la difesa avanzata, la maggior parte delle forze del difensore è posizionata sulla linea che separa gli eserciti avversari, per impedire all’attaccante di sfondare. Il difensore colloca anche un numero ragionevole di forze combattenti dietro la linea del fronte, come riserve mobili che possono muoversi rapidamente per bloccare un potenziale sfondamento. L’enfasi, tuttavia, è sulla difesa in forze lungo la linea di contatto iniziale. Questo non significa però che il difensore non possa essere tatticamente flessibile nel gestire le forze attaccanti lungo la linea del fronte. Ad esempio, potrebbe cercare di attirarle in zone controllate dove possono essere bombardate dall’artiglieria.

La difesa in profondità è costituita da una serie di linee ben difese, una dietro l’altra, che hanno lo scopo di logorare l’esercito attaccante mentre combatte attraverso ogni cintura difensiva. Non solo è difficile per le forze d’attacco sfondare la prima linea di difesa, ma anche se lo fanno, non c’è possibilità di superare le riserve del difensore e di eseguire una penetrazione strategica profonda. Al contrario, l’attaccante deve combattere una serie di battaglie a puntate nel tentativo di perforare le successive linee di difesa del difensore.

La difesa in profondità è ideale per contrastare una Blitzkrieg; è probabilmente la migliore delle tre strategie a questo scopo. Il suo principale svantaggio è che di solito richiede un numero particolarmente elevato di truppe. Inoltre, richiede che il difensore non massimizzi il numero di truppe e di ostacoli che colloca in prima linea, ma che si assicuri che ogni linea di difesa sia fittamente popolata di barriere e soldati. Naturalmente, le truppe in difesa lungo la linea di contatto possono ritirarsi verso le linee di difesa alle loro spalle. Molti comandanti, tuttavia, saranno propensi a difendere il margine anteriore dell’area di battaglia con il maggior numero possibile di truppe.

Infine, c’è la difesa mobile, che è la più audace delle tre strategie. Il difensore colloca una piccola parte delle sue truppe in posizioni avanzate, dove possono ostacolare in qualche modo le forze attaccanti, ma altrimenti permette loro di penetrare in profondità nella sua zona posteriore. Al momento opportuno, il difensore usa il suo colpo della domenica – un grande corpo di forze mobili – per colpire i fianchi della penetrazione e tagliare le forze d’attacco dalla loro base. In effetti, le forze di invasione vengono accerchiate e isolate, diventando un facile bersaglio per la distruzione. La difesa mobile è una strategia molto impegnativa e rischiosa, soprattutto se paragonata alle altre due strategie difensive, che mirano semplicemente a logorare le forze corazzate attaccanti costringendole a combattere attraverso posizioni difensive ben fortificate.

LA STORIA DELLA BLITZKRIEG

Consideriamo ora come i dati storici si adattano a questi quadri analitici che descrivono l’ABC della Blitzkrieg. Dall’arrivo dei carri armati sul campo di battaglia si sono verificate 11 Blitzkrieg, quattro delle quali hanno comportato scontri alla pari e sette scontri impari. L’attaccante ha avuto successo in uno dei quattro scontri alla pari e in tutti e sette gli scontri impari.

La Germania lanciò cinque grandi offensive, nella Seconda Guerra Mondiale: contro la Polonia nel 1939, contro la Francia nel 1940, contro l’Unione Sovietica nel 1941 e poi di nuovo nel 1942, e contro gli eserciti alleati nel 1944. La Wermacht non impiegò una strategia di Blitzkrieg contro la Polonia, anche se l’operazione vide impegnate ingenti forze di carri armati. Si limitò a travolgere le forze armate polacche in quella che fu chiaramente una lotta impari. Un anno dopo, nella primavera del 1940, i tedeschi lanciarono una Blitzkrieg in Francia e ottennero una vittoria decisiva. Fu il primo caso di Blitzkrieg, e fu una battaglia alla pari. L’anno successivo, le forze di Hitler invasero l’Unione Sovietica, ingaggiando un’altra battaglia alla pari. Impiegarono una Blitzkrieg, con l’obiettivo di infliggere una sconfitta decisiva all’Armata Rossa a ovest del fiume Dnieper. Non riuscirono a raggiungere l’obiettivo, e l’offensiva si bloccò alle porte di Mosca all’inizio di dicembre del 1941. Cercando di evitare una guerra di logoramento, la Wermacht lanciò una seconda offensiva contro l’Armata Rossa alla fine del giugno 1942, questa volta spingendosi in profondità verso le aree ricche di petrolio del Caucaso e della Russia meridionale, sperando che la loro cattura avrebbe inferto un colpo mortale all’Unione Sovietica. Nonostante le impressionanti vittorie nei primi mesi della campagna, la Blitzkrieg del 1942 non ebbe successo e la Wermacht finì in una guerra di logoramento sul fronte orientale. Infine, i tedeschi lanciarono una Blitzkrieg nella Foresta delle Ardenne nel dicembre 1944, sperando di dividere e indebolire seriamente gli eserciti americano e britannico, di catturare l’importante porto di Anversa e, auspicabilmente, di costringere gli Alleati alla resa. Nonostante uno sfondamento iniziale, l’offensiva tedesca fallì.

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno lanciato Blitzkrieg contro l’esercito egiziano nel 1956 e nel 1967. In entrambi i casi, gli israeliani sconfissero in modo decisivo gli egiziani, ma non si trattò di uno scontro alla pari, poiché l’IDF era una forza combattente superiore. Oltre ai quattro casi tedeschi e ai due israeliani, ci sono state altre cinque guerre lampo: l’offensiva sovietica del 1945 contro l’esercito giapponese del Kwantung, in Manciuria; l’invasione nordcoreana della Corea del Sud nel 1950; l’offensiva indiana contro il Pakistan orientale nel 1971; l’attacco vietnamita in Cambogia nel 1979; l’attacco guidato dagli Stati Uniti contro l’esercito iracheno in Kuwait nel 1991. Questi casi, come i due casi israeliani, erano lotte impari.

Questa breve storia evidenzia che la caduta della Francia nel 1940 è l’unico caso in cui una Blitzkrieg ha avuto successo in uno scontro alla pari. Probabilmente la Wermacht non sarebbe riuscita a ottenere una vittoria rapida e decisiva, se le forze francesi fossero state schierate in modo diverso o se i difensori avessero reagito più rapidamente ed efficacemente all’importante sfondamento tedesco a Sedan. Anche gli altri tre scontri alla pari coinvolsero la Wermacht; in ogni caso, l’Armata Rossa o gli Alleati sventarono la Blitzkrieg tedesca. Gli altri sette casi sono stati tutti scontri impari, in cui l’attaccante ha ottenuto, com’era prevedibile, una vittoria decisiva. In nessun caso la Blitzkrieg fu impiegata per ottenere una vittoria limitata. In tutti gli undici casi l’obiettivo è stato quello di sconfiggere in modo decisivo l’esercito dello Stato bersaglio.

Per quanto riguarda la strategia del difensore, in tutti gli undici casi è stata impiegata una strategia di difesa in avanti. Non sorprende che non vi sia alcun caso di uno Stato obiettivo che impieghi una difesa mobile, poiché questa strategia è la più impegnativa e la più rischiosa. Non c’è nemmeno nessun caso di difensore che si affidi a una difesa in profondità per contrastare una Blitzkrieg, il che sorprende, dato che essa si presta bene allo scopo. Sembra chiaro che, date le risorse disponibili, i comandanti abbiano preferito piazzare il grosso delle loro forze ben in avanti e non preoccuparsi molto di popolare le linee di difesa successive.

Negli undici casi di Blitzkrieg, che prevedevano tutti di colpire un avversario con una strategia di difesa avanzata, le forze d’attacco hanno sempre sfondato la linea di difesa iniziale. In otto degli undici casi, la profonda penetrazione strategica che ne è derivata ha portato a una vittoria decisiva. Le tre eccezioni sono le Blitzkrieg tedesche contro l’Armata Rossa nel 1941 e nel 1942 e contro gli Alleati nel 1944. In tutti e tre i casi, il difensore fu in grado di creare nuove linee di difesa nelle retrovie e di logorare la Wermacht. In effetti, la strategia di difesa avanzata dell’Armata Rossa e degli Alleati si trasformò in una difesa in profondità che, come sottolineato, è ideale per sconfiggere una Blitzkrieg.

L’OFFENSIVA CONDANNATA DELL’UCRAINA

Questa breve storia della Blitzkrieg, unita alla comprensione del funzionamento di questa strategia, getta molta luce sulle prospettive di successo della controffensiva ucraina. In realtà, le prove dimostrano che la Blitzkrieg di Kiev non aveva praticamente alcuna possibilità di successo. Per cominciare, l’Ucraina era impegnata in un combattimento alla pari, il che significava che quasi tutto avrebbe dovuto andare per il verso giusto, perché la strategia funzionasse come previsto. L’esercito ucraino, tuttavia, non era adatto a lanciare una Blitzkrieg e, come se non bastasse, si trovava ad affrontare una formidabile difesa in profondità. L’unica speranza dell’Ucraina era che l’esercito russo crollasse una volta iniziata la controffensiva. Ma ci sono numerose prove che indicano che i russi stavano diventando combattenti migliori e che probabilmente avrebbero opposto una feroce resistenza. Tuttavia, anche se gli ucraini fossero riusciti a compiere un miracolo e a far funzionare la Blitzkrieg, la guerra sarebbe continuata, perché la Blitzkrieg di Kiev non mirava a sconfiggere in modo decisivo i russi, che sarebbero sopravvissuti per combattere un altro giorno. In poche parole, non c’era modo per l’Ucraina di evitare di continuare la sua guerra di logoramento con la Russia.

UN CONFLITTO ALLA PARI

Per stabilire se l’Ucraina fosse impegnata in una lotta alla pari o impari, nella controffensiva, è necessario confrontare la quantità e la qualità delle truppe e degli armamenti degli eserciti avversari.

Per quanto riguarda il numero di soldati che ciascuna parte aveva pronti per la battaglia, è impossibile ottenere cifre precise. Tuttavia, le prove disponibili indicano che le dimensioni delle due forze che parteciparono alla controffensiva erano approssimativamente uguali. Stimo che ciascuna delle due parti avesse circa 250.000 soldati pronti a combattere. È interessante notare che non trovo alcuna prova che qualcuno sostenesse che una delle due parti godesse di un vantaggio numerico significativo, alla vigilia della controffensiva. Il vero problema dell’Ucraina era il futuro, non il presente, poiché la correlazione di forze nel numero di truppe si sposterà a suo sfavore, con il passare del tempo. La Russia ha una popolazione molto più numerosa a cui attingere – un vantaggio di 5:1 – e le sue forze armate crescono di giorno in giorno. Oltre ai 300.000 riservisti mobilitati nell’ottobre 2022, il Ministero della Difesa russo riferisce che 231.000 persone si sono arruolate nell’esercito nei primi sette mesi del 2023.

In termini di qualità di queste forze combattenti – determinazione inclusa – sembra che ci sia poca differenza tra i contendenti. In Occidente si sente spesso affermare che i russi “soffrono di gravi problemi di morale e altri problemi sistemici” e che quindi c’era una buona possibilità che cedessero di fronte alla controffensiva. Ma questo non è il punto di vista che si sente esprimere di solito dalle forze armate ucraine (che stanno combattendo), dove è ampiamente riconosciuto che l’esercito russo è diventato una forza combattente più formidabile dall’inizio della guerra e non sta per crollare a breve. In effetti, il fatto che le forze russe siano state in grado di sfiancare gli ucraini, che hanno combattuto con coraggio e tenacia, nella combattuta battaglia di Bakhmut – svoltasi nei mesi precedenti l’inizio della controffensiva – dimostra che gli ucraini non avevano un vantaggio qualitativo significativo sul campo di battaglia, nella tarda primavera del 2023.

Per quanto riguarda gli armamenti a disposizione di entrambi gli eserciti, la Russia era sicuramente avvantaggiata, semplicemente perché disponeva di molta più artiglieria dell’Ucraina. Sebbene parte dell’artiglieria fornita dall’Occidente fosse qualitativamente superiore a quella russa, non era in grado di compensare lo squilibrio quantitativo. Ciononostante, l’Ucraina disponeva di artiglieria sufficiente per condurre una battaglia di sfondamento. Ai fini dell’esecuzione della penetrazione strategica profonda, l’artiglieria è meno fondamentale, per l’importante ruolo che il supporto aereo ravvicinato dovrebbe svolgere in quella fase della campagna. Per quanto riguarda i carri armati, i veicoli corazzati da combattimento e le altre armi degli eserciti avversari, c’era una certa equivalenza in termini di qualità e quantità. Come per il numero di truppe, la situazione cambierà a vantaggio della Russia nel corso del tempo.

In breve, dato il vantaggio russo nell’artiglieria, non è possibile affermare con certezza che si sia trattato di un combattimento alla pari. Ma dato l’equilibrio approssimativo tra soldati e altri tipi di armi, e il fatto che in una Blitzkrieg l’artiglieria non è così importante per le forze attaccanti come lo è nella guerra di logoramento, sembra ragionevole definirlo un combattimento alla pari. Tuttavia, se si vuole sostenere che si è trattato di di una battaglia impari, erano i russi – e non gli ucraini – ad avere un vantaggio, quando il 4 giugno iniziò la controffensiva.

Come sottolineato, la vittoria della Wermacht in Francia nel 1940 è l’unico caso di successo di una Blitzkrieg in uno scontro alla pari. Quanto era probabile che la controffensiva ucraina aggiungesse un secondo caso di successo alla documentazione storica? Per rispondere a questa domanda, è essenziale valutare quanto l’esercito ucraino fosse in grado di eseguire una Blitzkrieg e quanto i russi fossero ben preparati per impedire questo risultato.

LE CAPACITÀ UCRAINE DI LANCIARE UNA BLITZKRIEG

Non c’è dubbio che la Blitzkrieg, per citare Barry Posen, sia “uno dei compiti militari più scoraggianti. Le forze ucraine attaccanti, nota posen, dovevano “sfondare posizioni difensive dense e ben preparate, trovare un po’ di spazio di manovra, e poi muoversi rapidamente verso un obiettivo geografico importante come il Mare d’Azov, sperando di distruggere i resti dell’esercito russo in difesa lungo il percorso, oppure tentare rapidamente di accerchiare una parte delle ingenti forze russe nella speranza di annientarle“. La penetrazione strategica profonda, in altre parole, andava eseguita rapidamente, con le forze dei difensori russi alle calcagna. Ciò significava che anche la battaglia di sfondamento doveva essere vinta rapidamente, in modo che i russi non avessero il tempo di spostare le riserve per sigillare eventuali penetrazioni nella loro linea del fronte.

Questo compito impegnativo richiede, naturalmente, soldati altamente addestrati ed esperti organizzati in unità corazzate di grandi dimensioni – siano esse brigate o divisioni – in grado di operare insieme sul campo di battaglia. Le unità chiave dell’esercito ucraino incaricate di far funzionare la Blitzkrieg erano poco addestrate e prive di esperienza di combattimento, soprattutto per quanto riguarda la guerra corazzata. La forza d’urto principale era composta da 12 brigate, nove delle quali armate e addestrate dalla NATO per 4-6 settimane. Molte delle 36.000 truppe di queste nove brigate erano reclute inesperte. Vale la pena notare che solo l’11% dei 20.000 soldati ucraini che la Gran Bretagna ha addestrato dall’inizio della guerra aveva esperienza militare.

È semplicemente impossibile, trasformare una recluta in un soldato altamente competente con 4-6 settimane di addestramento. È impossibile fare qualcosa di più che insegnare le basi della vita militare, in un periodo così breve. Ad aggravare il problema, l’enfasi dell’addestramento è stata posta sulla trasformazione delle reclute in soldati in grado di combattere insieme in piccole unità, non sull’addestramento e la formazione delle 9 o 12 brigate della forza d’attacco principale che dovevano operare insieme sul campo di battaglia. Inoltre, ci sono prove che in alcuni casi, i tre battaglioni che facevano parte di quelle brigate sono stati addestrati in Paesi diversi. Non sorprende che due analisti della difesa occidentali che hanno visitato la zona di guerra dopo l’inizio della controffensiva, abbiano osservato che: “siamo convinti che, sebbene le forze ucraine siano in grado di combattere in modo combinato, non possono ancora farlo su larga scala.

Si è parlato molto del fatto che gli Stati Uniti, e più in generale la NATO, si sono dedicati ad addestrare gli ucraini ad impegnarsi in “operazioni ad armi combinate“, il che avrebbe dovuto contribuire a prepararli per la controffensiva.Il fatto è che gli eserciti occidentali del 2023 hanno poca esperienza nella guerra corazzata – la guerra in Iraq si è svolta 20 anni fa, nel 2003, e l’esercito iracheno si è rapidamente disintegrato. E non hanno esperienza nel combattere una guerra alla pari. Come ha osservato il generale americano in pensione Ben Hodges, che un tempo aveva comandato l’esercito statunitense in Europa, “di certo non sono mai stato coinvolto in un combattimento così grande, violento e disorientante come le battaglie in corso in Ucraina; o, come ha osservato un comandante di battaglione ucraino a proposito dei suoi addestratori americani: “Hanno combattuto in Afghanistan e in Iraq, e lì il nemico non è come i russi.

A peggiorare le cose, non solo il contingente di sfondamento corazzato ucraino era poco addestrato per il difficile compito che gli era stato chiesto di svolgere, ma era anche pieno di soldati con poca esperienza di combattimento. Questo problema ha due cause correlate tra loro. In primo luogo, molti soldati ucraini erano stati uccisi o gravemente feriti durante i primi 15 mesi di guerra, il che limitava il numero di veterani disponibili per la controffensiva. In secondo luogo, l’Ucraina aveva bisogno di mantenere la maggior parte dei suoi migliori combattenti sopravvissuti in prima linea per continuare la guerra. La battaglia di Bakhmut, svoltasi nei mesi precedenti la controffensiva, e che Kiev era determinata a vincere, fu particolarmente importante a questo proposito: è stata come un vortice che ha risucchiato molte delle migliori forze combattenti dell’Ucraina.

Non sorprende che, dopo l’inizio della controffensiva, il New York Times abbia riferito che “i soldati ucraini in prima linea rimproveravano ai comandanti di aver spinto in battaglia reclute grezze e di aver usato unità non collaudate per guidare la controffensiva. Altri hanno criticato l’inadeguatezza delle poche settimane di addestramento di base in vari Paesi della NATO.

La controffensiva ucraina ha dovuto affrontare un altro enorme problema: la mancanza di supporto aereo ravvicinato per le forze attaccanti. È quasi impossibile che una Blitzkrieg funzioni, senza supporto aereo ravvicinato: soprattutto per la penetrazione strategica in profondità, ma è molto importante anche per vincere la battaglia di sfondamento. Come ha detto John Nagl, un colonnello in pensione che insegna tecnica del combattimento all’US Army War College: “L’America non tenterebbe mai di sconfiggere una difesa preparata senza superiorità aerea, ma loro [gli ucraini] non hanno la superiorità aerea. È impossibile sopravvalutare l’importanza della superiorità aerea per combattere una battaglia di terra a un costo ragionevole in termini di perdite. Analogamente, il generale Hodges ha affermato: “Queste truppe ucraine sono state inviate a fare qualcosa che noi non avremmo mai fatto: lanciare una controffensiva senza una totale superiorità aerea.

Infine, sebbene l’Ucraina abbia ricevuto dall’Occidente un numero consistente di carri armati e veicoli corazzati da combattimento, non ne ha ricevuti tanti quanti ne aveva richiesti e ne ha ricevuti di diversi tipi, con conseguenti problemi di interoperabilità e manutenzione. Gli ucraini avevano anche una carenza di attrezzature per lo sminamento, una necessità in una grande guerra terrestre convenzionale. Non sorprende, date tutte queste carenze, che il Wall Street Journal abbia riferito, dopo l’inizio della controffensiva, che “gli ufficiali occidentali sapevano che Kiev non aveva tutto l’addestramento o le armi – dalle granate agli aerei da guerra – di cui aveva bisogno per sloggiare le forze russe. Ma speravano che il coraggio e l’intraprendenza ucraina avrebbero avuto la meglio Oltre a questo pio desiderio, ci sono prove sostanziali del fatto che molti, in Occidente, credevano stupidamente che l’esercito russo si sarebbe comportato male, se non sarebbe addirittura crollato, di fronte alla controffensiva.

LE CAPACITÀ RUSSE DI CONTRASTARE UNA BLITZKRIEG

Le prospettive dell’Ucraina di far funzionare la controffensiva appaiono ancora peggiori, se si considerano le capacità di difesa della Russia.

In primo luogo, non c’era praticamente alcuna possibilità che gli ucraini potessero sorprendere i difensori russi riguardo alla posizione dell’attacco principale, come la Wermacht era riuscita a fare contro la Francia e la Gran Bretagna nel maggio 1940. Dai resoconti dei media, dai commenti degli ufficiali ucraini e occidentali, e anche solo guardando una mappa, era chiaro che l’attacco principale sarebbe avvenuto nella regione di Zaporizhzhia, e che le forze corazzate ucraine avrebbero puntato ad avanzare dall’area intorno a Orikhiv fino al Mar d’Azov, catturando la città di Tokmak e la città di Melitopol lungo il percorso. In effetti, l’ampia fascia di territorio che la Russia deteneva nell’Ucraina orientale e meridionale sarebbe stata tagliata a metà, il che significava che la Russia non avrebbe più avuto un ponte di terra verso la Crimea.

Ci si aspettava che l’Ucraina tentasse uno o più sfondamenti aggiuntivi lungo la linea del fronte, anch’essi finalizzati a raggiungere il Mar d’Azov. Una possibilità era quella di penetrare le difese russe a sud di Velyka Novosilka e dirigersi verso Mariupol. Un’altra era quella di sfondare vicino a Gulyaipole e spingersi verso Berdyansk, sul Mar d’Azov. Ancora, si prevedeva che l’attacco principale arrivasse nella zona di Orikhiv e si dirigesse verso Melitopol. In ogni caso, i russi conoscevano tutte queste possibili linee di attacco ed erano ben preparati per ognuna di esse.

Inoltre, l’esercito russo disponeva di un’abbondanza di droni e di altri mezzi ISR (intelligence, sorveglianza e ricognizione) che rendevano quasi impossibile per l’Ucraina mettere insieme una grande forza attaccante senza essere individuata. Tutto ciò significava che non c’era quasi nessuna possibilità che l’Ucraina potesse usare la sorpresa per ottenere un significativo vantaggio numerico nel punto di attacco principale. Invece, le forze armate russe li avrebbero aspettati in forze, con una serie micidiale di armi di alta precisione.

In secondo luogo, la Russia ha impiegato una difesa in profondità, che è la strategia ideale per fermare una Blitzkrieg. Si trattava di linee di difesa multiple con trincee per la fanteria, fossati per i carri armati, campi minati, barriere di cemento e postazioni di tiro preparate. Inoltre, queste fortificazioni difensive erano state erette per incanalare le forze d’attacco in killing zones, dove i russi sarebbero stati ben posizionati per distruggerle. Inoltre, gli ucraini avrebbero probabilmente dovuto combattere in aree urbane come Tokmak e Melitopol, dove la marcia sarebbe stata lenta e le perdite elevate.

Le difese russe erano chiaramente più forti in alcuni punti della linea rispetto ad altri, ma erano particolarmente forti nella regione di Zaporizhzhia, dove ci si aspettava che l’Ucraina tentasse lo sfondamento principale. L’esercito russo disponeva anche di forze mobili di riserva che potevano essere rapidamente spostate per rinforzare eventuali punti lungo linee fortificate che si stessero indebolendo. Infine, le forze russe erano pronte a impegnarsi seriamente con le forze attaccanti nella cosiddetta “zona grigia“, ovvero l’area aperta che si trova di fronte alla prima linea di difesa preparata. L’idea di base era quella di logorare le brigate ucraine prima che raggiungessero la linea iniziale di fortificazioni, o forse addirittura impedire loro di arrivarci. Il generale Mick Ryan, un generale australiano in pensione, ha espresso bene il concetto quando ha descritto l’architettura difensiva della Russia come “molto più complessa, e letale, di qualsiasi altra sperimentata da qualsiasi esercito in quasi 80 anni“. [45]

In terzo luogo, a peggiorare le cose, i russi disponevano di una serie di capacità che rendevano estremamente pericoloso per le forze ucraine muoversi allo scoperto, cosa che dovevano fare quasi sempre dato che erano all’offensiva e dovevano avanzare costantemente. Per cominciare, i russi disponevano di notevoli risorse ISR che consentivano loro di individuare le brigate mobili dell’Ucraina. E avevano un’abbondanza di sistemi capaci di colpire le forze attaccanti. I russi disponevano di un enorme arsenale di artiglieria e di lanciarazzi multipli, che avevano dimostrato di saper utilizzare con effetti letali nei primi 15 mesi di guerra. Avevano anche la capacità di dispiegare rapidamente un gran numero di mine, creando campi minati istantanei e letali davanti alle forze d’attacco. Infine, i russi controllavano i cieli, il che significava che potevano usare il loro arsenale di elicotteri, droni killer e aerei tattici per colpire le forze di terra dell’Ucraina.

Come ha detto un blogger esperto di questioni militari (“Big Serge”): “Gli osservatori occidentali non sembrano aperti alla possibilità che la precisione del moderno fuoco a distanza (che si tratti di droni Lancet, di proiettili di artiglieria guidati o di razzi GMLRS) combinata con la densità dei sistemi ISR possa semplicemente rendere impossibile condurre operazioni mobili a tappeto, se non in circostanze molto specifiche. Quando il nemico ha la capacità di sorvegliare le aree di sosta, di colpire le infrastrutture delle retrovie con missili da crociera e droni, di saturare con precisione le linee di avvicinamento con il fuoco dell’artiglieria e di impregnare la terra di mine, come può essere possibile manovrare?[46].

In breve, ci sono pochi dubbi sul fatto che i russi fossero ben posizionati per fermare una Blitzkrieg. Quindi, dato che la controffensiva sarebbe stata un combattimento alla pari, e che gli ucraini erano mal preparati a lanciare una Blitzkrieg, è difficile capire come avrebbero potuto avere successo. L’unica speranza era che l’esercito russo crollasse una volta iniziata lo scontro, ma c’erano poche ragioni per credere che ciò sarebbe accaduto.

Supponiamo che mi sbagli e che ci fosse una seria possibilità di successo della Blitzkrieg, come sostenevano quasi tutti i politici, gli opinionisti e gli strateghi occidentali. Anche così, la guerra non sarebbe finita, e l’Ucraina si sarebbe trovata in una guerra di logoramento che non avrebbe potuto vincere. Ricordiamo che la Blitzkrieg non mirava a sconfiggere in modo decisivo l’esercito russo in Ucraina, a riprendersi tutto il territorio perduto e a porre fine alla guerra. L’obiettivo era invece quello di danneggiare seriamente le forze russe in Ucraina, riprendere un po’ di territorio e spingere Mosca al tavolo dei negoziati, dove l’Ucraina e l’Occidente sarebbero stati al posto di comando.

Tuttavia, è difficile che i russi vogliano andare al tavolo delle trattative e cedere alle richieste ucraine e occidentali. Dopo tutto, Putin e gli altri leader russi ritengono di essere di fronte a una minaccia esistenziale, il che li porterebbe sicuramente a raddoppiare le forze e a fare tutto il necessario per sconfiggere il nemico alle porte. In breve, la Blitzkrieg ucraina era destinata a fallire, ma anche se fosse riuscita a raggiungere i suoi obiettivi limitati, non sarebbe riuscita a concludere la guerra a condizioni favorevoli per l’Ucraina e l’Occidente.

I RISULTATI FINORA OTTENUTI

La controffensiva è stata un fallimento abissale, contrariamente alle aspettative di quasi tutti in Occidente. In tre mesi di combattimenti, l’Ucraina ha subito ingenti perdite e ha perso grandi quantità di armamenti. Nel processo, il suo esercito non ha ancora raggiunto la prima linea di difesa in profondità della Russia; rimane impantanato a combattere nella zona grigia situata di fronte alle principali linee di difesa russe, dove, come ha detto un soldato ucraino, “ci stavano aspettando… preparavano posizioni ovunque. Era un muro d’acciaio. È stato orrendoCome è stato notato, i funzionari occidentali riferiscono che l’Ucraina ha perso circa il 20% delle armi impiegate sul campo di battaglia durante le prime due settimane della controffensiva, tra cui un buon numero di carri armati e veicoli da combattimento corazzati che l’Occidente aveva fornito.

Dopo le prime battute d’arresto, l’esercito ucraino ha cambiato rapidamente tattica, e, invece di cercare di combattere attraverso la zona grigia con forze corazzate, ha deciso di provare a logorare le forze russe attaccandole con piccole unità di fanteria sostenute da massicci sbarramenti di artiglieria. Sebbene questo nuovo approccio abbia ridotto un po’ le perdite dell’Ucraina, le forze d’attacco hanno fatto pochi progressi e sono state spesso bersaglio di un fuoco incessante. Alla fine di luglio, l’Ucraina ha lanciato un altro grande attacco con carri armati e veicoli da combattimento corazzati. Anche in questo caso, le forze attaccanti hanno fatto pochi progressi e hanno perso un gran numero di uomini e attrezzature. Si è dunque tornati quindi alla “tattica della zanzara”. Come ha scritto il Wall Street Journal dopo due mesi di combattimenti, la controffensiva ucraina è “una lenta e sanguinosa avanzata a piedi.

In effetti, l’Ucraina ha rinunciato ad eseguire una Blitzkrieg, che può essere realizzata solo con un grande corpo di forze corazzate, non con fanti che si muovono a piedi e sono sostenuti dall’artiglieria. Naturalmente, non ha molto senso considerare la Blitzkrieg come un’opzione seria, quando le forze ucraine non sono state in grado di raggiungere la prima linea di difesa fortificata della Russia, e tanto meno di sfondarla. In poche parole, non c’era alcuna possibilità per l’Ucraina di replicare l’impresa compiuta dalla Wermacht contro le forze francesi e britanniche nel 1940. L’Ucraina era invece destinata a combattere una guerra di logoramento come nella Prima Guerra Mondiale sul fronte occidentale, dove le pesanti perdite subite nella controffensiva l’avrebbero messa in grave svantaggio per il futuro.

Vale la pena notare che mentre l’esercito ucraino conduceva la sua infruttuosa controffensiva lungo le parti meridionali e orientali della linea di contatto, l’esercito russo era all’offensiva nel nord, spingendosi verso la città di Kupiansk, controllata dagli ucraini. I russi stavano compiendo progressi lenti ma costanti, tanto che il 25 agosto il generale comandante dell’Ucraina nel teatro d’operazioni annunciò che “dobbiamo prendere prontamente tutte le misure per rafforzare le nostre difese sulle linee minacciate[53].

È ormai ampiamente riconosciuto che la controffensiva è fallita e non c’è alcuna seria prospettiva che l’Ucraina possa improvvisamente ottenere un successo prima che le piogge autunnali o i leader ucraini la interrompano.Ad esempio, il Kyiv Independent ha recentemente pubblicato un articolo con il titolo: “Inching Forward in Bakhmut Counteroffensive, Ukraine’s Hardened Units Look Ahead to Long, Grim War. Il 10 agosto, il Washington Post ha pubblicato un articolo che sottolinea l’umore cupo dell’Ucraina: “Due mesi dopo che l’Ucraina è passata all’attacco, con pochi progressi visibili sul fronte e un’estate implacabile e sanguinosa in tutto il Paese, la narrazione dell’unità e della perseveranza senza fine ha iniziato a sfilacciarsi. Il numero dei morti – migliaia e migliaia – aumenta di giorno in giorno. Milioni di persone sono sfollate e non vedono alcuna possibilità di tornare a casa. In ogni angolo del Paese, i civili sono stremati da una serie di recenti attacchi russi. Gli ucraini, che hanno bisogno di buone notizie, semplicemente non ne ricevono.

Le élite occidentali ora stanno cercando di trovare un modo per salvare la situazione che si sta deteriorando. Alcuni nutrono ancora la speranza che dare all’Ucraina una o un’altra nuova arma possa magicamente cambiare le cose sul campo di battaglia. Gli F-16 e gli ATACMS sono i più citati a questo proposito. Ma come ha detto il generale Milley, gettando acqua sul fuoco sull’idea che una manciata di F-16 possa risollevare le sorti dell’Ucraina, “non c’è la pallottola d’argento in guerra. Gli esiti delle battaglie e delle guerre sono funzione di molte, molte variabili.

Altri si concentrano sul modo in cui l’Ucraina combatte. Alcuni sostengono che l’Ucraina debba diventare più abile nel condurre “operazioni ad armi combinate, ma non viene mai chiarito come sia possibile farlo, dato che gli addestratori occidentali hanno già provato una volta a insegnare questa abilità e a quanto pare, hanno fallito. Inoltre, non viene mai spiegato come le operazioni ad armi combinate, che non sono una strategia, possano far uscire l’Ucraina dall’attuale guerra di logoramento. In relazione a ciò, alcuni sostengono che l’Ucraina debba porre maggiore enfasi sulla manovra, che viene spesso contrapposta al logoramento. Ma la manovra è una tattica sul campo di battaglia, non una strategia per sconfiggere un avversario. Certo la manovra è molto importante nell’esecuzione di una penetrazione strategica profonda, anche se è di utilità limitata nel vincere battaglie di sfondamento. Si può anche avere una guerra di logoramento in cui entrambe le parti si impegnano regolarmente in battaglie mobili che danno un alto valore alla manovra. Ma la domanda chiave, che i sostenitori di un maggiore impiego della manovra non affrontano mai, è: come è possibile, a livello strategico, che la manovra consenta all’Ucraina di sfuggire alla guerra di logoramento che sta affrontando?

Sembra che la maggior parte delle élite occidentali e la maggior parte degli ucraini siano rassegnati al fatto che non si può sfuggire a una sanguinosa guerra di logoramento con la Russia. Sembra anche che molti dubitino che l’Ucraina possa prevalere in questa lotta, il che ovviamente è una delle ragioni principali per cui le élite di politica estera e i politici occidentali hanno spinto così tanto per la controffensiva. Hanno capito che l’Ucraina sarebbe stata in grave difficoltà, in una guerra lunga. Dopo tutto, la Russia ha un vantaggio di 5:1 in termini di bacino di reclutamento, e la capacità – almeno nel breve e medio termine – di produrre più artiglieria e altre armi chiave rispetto all’Ucraina e all’Occidente messi insieme. Inoltre, non è chiaro se l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, continueranno a impegnarsi a fondo per sostenere l’Ucraina, quando le speranze di vittoria sono minime. Così, l’Ucraina – con l’Occidente che spingeva da dietro – ha scommesso che la Blitzkrieg avrebbe fornito i mezzi per sfuggire alla guerra di logoramento e infine prevalere sulla Russia. Ma la strategia si è rivelata un fallimento. Ora è difficile raccontare una storia sul futuro dell’Ucraina che si concluda con un lieto fine.

IL BUIO CHE CI STA DAVANTI

Cosa succederà dopo? Due punti sono d’obbligo.

In primo luogo, nei mesi a venire si scatenerà uno scaricabarile su chi sia responsabile della disastrosa controffensiva. In realtà, lo scaricabarile è già iniziato. Pochi ammetteranno di essersi sbagliati nel ritenere che la controffensiva avesse una ragionevole possibilità di successo, o che avrebbe avuto sicuramente successo. Questo sarà certamente vero negli Stati Uniti, dove la responsabilità è un concetto obsoleto. Molti ucraini incolperanno l’Occidente per averli spinti a lanciare la Blitzkrieg quando l’Occidente non era riuscito a fornire loro tutti gli armamenti richiesti. Naturalmente l’Occidente sarà colpevole, ma i leader ucraini hanno voce in capitolo, e avrebbero potuto resistere alle pressioni americane. Dopo tutto, è in gioco la sopravvivenza del loro Paese, e sarebbe stato meglio rimanere sulla difensiva, dove avrebbero subito meno perdite e aumentato le loro possibilità di conservare il territorio che ora controllano.

Le recriminazioni che ne deriveranno saranno molto spiacevoli, e ostacoleranno gli sforzi dell’Ucraina per rimanere in lotta contro la Russia.

In secondo luogo, molti in Occidente sosterranno che i tempi sono ormai maturi per la diplomazia. La controffensiva fallita dimostra che l’Ucraina non è in grado di prevalere sul campo di battaglia, si sostiene, e quindi ha senso raggiungere un accordo di pace con la Russia, anche se Kiev e l’Occidente devono fare delle concessioni. Dopo tutto, la situazione per l’Ucraina non potrà che peggiorare, se la guerra continuerà.

Purtroppo, non c’è alcuna soluzione diplomatica in vista. Esistono differenze inconciliabili tra le due parti, sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e sul territorio, che ostacolano un accordo di pace significativo. Per ragioni comprensibili, l’Ucraina è profondamente impegnata a recuperare tutto il territorio che ha perso a favore della Russia, che comprende la Crimea e gli oblast di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia. Ma Mosca ha già annesso questi territori e ha chiarito che non ha intenzione di restituirli a Kiev.

L’altra questione irrisolvibile riguarda il rapporto dell’Ucraina con l’Occidente. Per ragioni comprensibili, l’Ucraina insiste sul fatto che ha bisogno di una garanzia di sicurezza, che può venire solo dagli Stati Uniti e dalla NATO. La Russia, invece, insiste sul fatto che l’Ucraina deve essere neutrale e deve porre fine al suo rapporto di sicurezza con l’Occidente. In realtà, questa questione è stata la causa principale dell’attuale guerra, anche se le élite della politica estera americana ed europea si rifiutano di crederlo. Mosca non era disposta a tollerare l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. È estremamente difficile, se non impossibile, vedere come entrambe le parti possano essere soddisfatte sulla questione territoriale o sulla neutralità.

Oltre a questi ostacoli, entrambe le parti vedono l’altra come una minaccia esistenziale, il che costituisce un enorme ostacolo a qualsiasi tipo di compromesso significativo. È difficile immaginare, ad esempio, che gli Stati Uniti smettano di prendere di mira la Russia, nel prossimo futuro. Il risultato più probabile è che la guerra continui, e finisca in un conflitto congelato, con la Russia in possesso di una porzione significativa del territorio ucraino. Ma questo risultato non porrà fine alla competizione e al conflitto tra Russia e Ucraina o tra Russia e Occidente.

[1] Questo articolo ha tratto grande beneficio dai commenti di Ramzy Mardini e Barry Posen.

[2] https://www.nytimes.com/2023/08/02/us/politics/ukraine-troops-counteroffensive-training.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

[3] https://www.bbc.co.uk/news/world-europe-66581217

[4] Per quanto ne so, l’unico politico occidentale o opinionista che ha sostenuto che la controffensiva sarebbe fallita è stato il primo ministro ungherese Viktor Orban. Ha detto che “sarebbe stato un bagno di sangue” e che l’Ucraina non avrebbe ottenuto una vittoria militare significativa. https://www.rt.com/news/577355-orban-hungary-ukraine-counteroffensive/ Vale la pena notare che il generale Mark Milley, presidente dello Stato Maggiore, ha sostenuto nel novembre 2022 che Kyiv avrebbe dovuto negoziare un accordo, perché le sue prospettive sul campo di battaglia si sarebbero solo deteriorate in futuro. Il suo consiglio, che è stato respinto dall’Ucraina e dalla Casa Bianca, sembrerebbe essere contrario al lancio della controffensiva. https://www.washingtonpost.com/opinions/2023/07/26/ukraine-counteroffensive-negotiations-milley-biden/ Infine, ci sono diverse persone che operano su media alternativi che hanno sostenuto che la controffensiva sarebbe fallita prima di essere lanciata. Tra questi, Brian Berletic, Alex Christoforou, Glenn Diesen, Douglas Macgregor, Bernhard Horstmann (Moon of Alabama), Alexander Mercouris e Scott Ritter.

[5] https://www.theguardian.com/world/live/2023/jun/03/russia-ukraine-war-live-russian-army-may-struggle-in-bakhmut-compared-with-wagner-uk-mod-suggests?page=with:block-647afd7a8f08b007454b97f0#block-647afd7a8f08b007454b97f0

[6] https://www.nytimes.com/2023/08/02/us/politics/ukraine-troops-counteroffensive-training.html

[7] https://www.washingtonpost.com/world/2023/06/30/valery-zaluzhny-ukraine-general-interview/

[8] https://www.washingtonpost.com/opinions/2023/06/16/ukraine-counteroffensive-russia-understand-strategy/?utm_campaign=wp_post_most&utm_medium=email&utm_source=newsletter&wpisrc=nl_most&carta-url=https%3A%2F%2Fs2.washingtonpost.com%2Fcar-ln-tr%2F3a52598%2F648c8835f0ea7a403ec966f3%2F5972c5a9ae7e8a1cf4af1c87%2F52%2F72%2F648c8835f0ea7a403ec966f3

[9] https://www.nytimes.com/2023/07/19/opinion/putin-prigozhin-military-russia.html

https://www.economist.com/europe/2023/08/16/ukraines-counter-offensive-is-making-progress-slowly

https://www.economist.com/by-invitation/2023/07/28/franz-stefan-gady-and-michael-kofman-on-what-ukraine-must-do-to-break-through-russian-defences

https://time.com/6300772/ukraine-counteroffensive-can-still-succeed/

https://mearsheimer.substack.com/p/bound-to-lose?utm_source=post-email-title&publication_id=1753552&post_id=136667602&isFreemail=true&utm_medium=email

Miti e realtà dei sistemi NCO Russia/NATO, di SIMPLICIUS THE THINKER

Qualche giorno fa il corrispondente di guerra russo Sladkov ha pubblicato un interessante post in cui mostrava due nuovi video di esperti militari occidentali/ucraini che descrivono in dettaglio le tattiche e le forze militari russe nel conflitto ucraino.

È un buon punto di partenza per evidenziare alcuni degli sviluppi tattici in corso di cui mi sono occupato di tanto in tanto negli ultimi mesi. Inoltre, molte delle informazioni sottolineano o confermano molte cose di cui abbiamo parlato qui, come le idee sbagliate sulla struttura e le tattiche delle forze armate russe che ho instancabilmente dissipato in diversi articoli come questo.

Il primo video, tratto dal popolare canale YouTube “Battle Order”, fornisce una sintesi di una serie di documenti che io stesso ho trattato qualche tempo fa in questo articolo:

Western Experts’ New Fear: Russia is Evolving and Adapting

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APR 21
Western Experts' New Fear: Russia is Evolving and Adapting
Un rapporto scritto di recente dal generale maggiore dell’esercito australiano in pensione, Mick Ryan, ha mandato in fibrillazione la stampa occidentale. Egli afferma con coraggio che l’esercito russo si sta adattando ed evolvendo e che i vecchi e stanchi stereotipi dei russi come “stupidi” sono dannosi per l’Ucraina e dovrebbero essere messi a tacere. E questo segue una serie di dichiarazioni simili…
Read full story

The video:

Non entrerò quindi troppo nei dettagli, poiché il video copre le stesse informazioni che avevo già fornito in precedenza, ma fornisce alcuni utili nuovi modi di pensare ad alcuni dei più importanti sviluppi sul campo di battaglia. Inoltre, fornisce una comoda guida visiva alle cose di cui ho scritto, in quanto include grafici e filmati che possono essere utilizzati per comprendere alcuni dei punti più sottili, per le persone che imparano più visivamente.

Come rapido riassunto, un ufficiale della riserva ucraina che scrive su Twitter ha affermato di essere in possesso di questo manuale russo catturato per una nuova unità di stile d’assalto, che in generale descrive un tipo di unità più piccola, più pesantemente armata e indipendente, orientata all’assalto delle varie posizioni forestali/di piantagione dell’AFU.

Quando ha pubblicato il video, Sladkov ha fatto una sorta di timida allusione al fatto che il creatore del video potrebbe aver avuto ragione, in parte, sulla sua principale condanna secondo cui, prima dell’SMO, la Russia aveva un numero inadeguato di “unità d’assalto pronte all’uso”:

Ricercatori di lingua inglese sono giunti alla conclusione (che, a causa della segretezza, non posso né confermare né confutare, ma solo riportare per vostra informazione) che prima dell’inizio del NWO, in Russia c’era un numero estremamente ridotto di unità d’assalto pronte all’uso. Erano presenti solo nel Corpo dei Marines, nelle Forze Aerotrasportate e nella PMC Wagner. Inoltre, storicamente, esistevano unità d’assalto speciali delle truppe di ingegneria, da cui provengono le unità d’assalto degli eserciti sovietici e russi, ma la loro apparizione moderna nella zona NVO non è ancora stata ripresa in video e se ne sa poco.

Ricordiamo che Sladkov è un ufficiale in pensione delle forze armate russe, proveniente da una famiglia di militari. È probabilmente il corrispondente militare in prima linea più longevo del Paese, avendo iniziato a fare reportage alla fine degli anni ’80. Ha coperto di tutto, dalla guerra in Afghanistan al conflitto in Transnistria, dalla guerra civile in Tagikistan alla guerra in Cecenia. Si è occupato della guerra in Afghanistan, del conflitto in Transnistria, della guerra civile in Tagikistan, delle guerre cecene, della guerra in Georgia e ora del conflitto in Ucraina. Grazie alla sua lunga reputazione e ai suoi precedenti servizi, ha molte informazioni e accessi privilegiati.

Il suo timido riferimento alla “segretezza” di cui sopra sembra implicare che queste informazioni potrebbero essere vere, almeno in parte. Questo perché se non fosse vero, non ci sarebbe motivo di nasconderlo, in quanto non comprometterebbe in alcun modo la sicurezza russa “rivelare” che la Russia è stata in realtà forte per tutto il tempo. Inoltre, lo scopo di pubblicare questi video di esperti militari occidentali è, in qualche modo, quello di evidenziare il fatto che essi fanno alcune osservazioni accurate sulle carenze della Russia. Se la maggior parte di ciò che dicono non fosse vero, non si sarebbe preoccupato di pubblicarli.

Ma perché la Russia non avrebbe abbastanza unità d’assalto? Per prima cosa, la Russia è stata per lo più orientata alla difesa contro l’incombente minaccia della NATO, non all’attacco. La NATO è la potenza imperialista con l’inestinguibile ossessione di “assaltare” tutto ciò che è presente sul pianeta. La Russia non aveva bisogno di una preponderanza di assalti per lo stesso motivo per cui non ha investito in una quantità massiccia di portaerei per la proiezione di forze.

La Russia ne aveva una quantità adeguata per ciò che riteneva rientrasse nelle sue necessità dottrinali: difendere la madrepatria. Un’altra ragione, naturalmente – e qui entriamo nel vivo delle questioni che tratteremo – è che negli ultimi due decenni la Russia si è affidata a forze armate con un elevato numero di coscritti. Non è possibile insegnare ai soldati di leva un buon assalto, perché non restano abbastanza a lungo per acquisire quel tipo di esperienza, essendo in servizio solo per un anno.

Ma ora le cose stanno cambiando.

Nel post che potete leggere qui, Sladkov riassume ulteriormente i punti del video, affermando che un forte patrimonio di assalto esisteva soprattutto nelle forze aviotrasportate, nei Marines e nei Wagner della Russia. E abbiamo visto che la Russia si è di fatto appoggiata a queste unità nelle aree in cui sta effettivamente conducendo assalti e cercando di fare progressi, piuttosto che in quelle in cui sta semplicemente tenendo duro in difesa. Naturalmente, ci sono molte altre unità minori non standard specializzate in certi tipi di assalti, come gli Spetsnaz e varie unità cecene, ma stiamo parlando soprattutto dei rami principali.

Tornando al video, l’autore descrive i “nuovi” distaccamenti d’assalto russi costruiti appositamente per piccole operazioni indipendenti contro le posizioni difensive ucraine. La cosa più importante che nota, e che sarà il tema principale di questo articolo, è che secondo l’autore la struttura del nuovo distaccamento d’assalto dimostra che la Russia manca di sottufficiali.

Prima di proseguire, una breve premessa sulla differenza tra sottufficiali e ufficiali. Nella maggior parte delle forze armate di tutto il mondo, un ufficiale è un grado “commissionato” che si può ottenere solo frequentando la scuola per ufficiali e avendo una laurea. In generale, non è possibile diventare “ufficiale” semplicemente arruolandosi nelle forze armate come soldato semplice e poi “facendo carriera” con ripetute promozioni. Se ci si arruola per strada per diventare “soldato semplice”, si può solo fare carriera nei gradi di sottufficiale, cioè caporale, poi varie forme di sergente (maggiore, primo, maestro, ecc.). Non si può diventare tenente, capitano, colonnello, maggiore o generale solo facendo carriera. Questi possono provenire solo da scuole per ufficiali come West Point negli Stati Uniti.

Secondo l’autore del video, la struttura dei nuovi distaccamenti d’assalto russi prevede plotoni di piccole dimensioni guidati da un ufficiale, probabilmente un tenente. Egli afferma che una “squadra” di Marine americani di dimensioni simili è guidata da un sergente, che è un sottufficiale. Egli ritiene quindi che questo indichi una mancanza di sottufficiali in Russia, che è costretta a usare ufficiali a tutti gli effetti per guidare distaccamenti di “dimensioni di squadra”.

Un problema con questo ragionamento è che questi distaccamenti sono ufficialmente plotoni, anche per ammissione dello stesso documento, e svolgono compiti di tipo plotone/compagnia, non di squadra. Una squadra negli Stati Uniti può operare in modo semi-indipendente, ma solo nel senso che può essere mandata qualche centinaio di metri più avanti dal suo comandante di plotone per proteggere un perimetro. Non si tratta di un’operazione d’assalto a decine di chilometri di distanza o dietro le linee nemiche. Pertanto, ha senso che un vero ufficiale guidi i plotoni d’assalto russi di piccole dimensioni, poiché essi operano in modo molto più indipendente rispetto alla “squadra” a cui l’autore del video li paragona erroneamente.

In secondo luogo, si contraddice descrivendo successivamente questo plotone d’assalto russo come molto complesso, con le sue squadre di droni, squadre di fuoco, squadre di armi pesanti, squadre di mortai, ecc. Le squadre americane o anche i plotoni equivalenti non hanno nulla del genere, e quindi i loro sottufficiali non sono attrezzati per gestire tali complessità – quindi perché aspettarsi che i “sottufficiali” russi lo facciano?

L’autore prosegue descrivendo le tattiche effettive del distaccamento, di cui salteremo la maggior parte perché ne ho parlato nell’articolo precedentemente linkato. L’ultima parte interessante riguarda il fatto che questo “nuovo” stile di assalto russo sembra mancare di una filosofia di “follow-on”. Cioè, non è progettato per creare sfondamenti con una grande forza di riserva che si riversa attraverso il varco e continua verso le retrovie operative del nemico, come molti manuali e dottrine della Seconda Guerra Mondiale e precedenti descrivono.

Questo serve solo a confermare le cose di cui ho già parlato a lungo in passato. Che la tattica operativa di entrambi gli schieramenti attualmente ruota attorno alla cattura di un sistema di trincee alla volta, piuttosto che al tentativo di una battaglia in profondità o di una guerra lampo di massa della Seconda Guerra Mondiale; ma arriveremo al perché di questo, e al fatto che è solo temporaneo, più avanti.

Nell’interesse di mantenere un processo di pensiero il più lineare possibile, passiamo ora al secondo video perché riprende da dove questo si era interrotto nell’aspetto più importante della conversazione.

Tralasciamo rapidamente il background dell’autore del secondo video. Si tratta di un popolare youtuber di nome Ryan Macbeth, un ex ufficiale dell’esercito con le seguenti credenziali, come da suo sito:

Think Tank è un laureato del PLDC,
BNOC, ANOC, ITC, TAITC e corso per leader di armi pesanti. Ha conseguito la qualifica di esperto con il fucile M5, i sistemi anticarro BGM-71 TOW, AT-4 e Javelin. Ha
ha anche conseguito diversi master in sviluppo software e sicurezza informatica. Quando non sta uccidendo carri armati o difendendo reti, tiene i soldati sulle spine come sergente di plotone dell’unità. Ha trascorso 20 anni come fante anti-carro e con armi pesanti, con due dislocazioni all’estero. Ha anche svolto attività di raccolta di informazioni C4ISR per vari clienti governativi e attualmente è consulente sui metodi di raccolta e analisi delle informazioni.
Prestate attenzione in particolare alle sue credenziali di sergente di plotone, poiché questo elemento colora molti dei suoi commenti sulle differenze, molto discusse e fraintese, tra i corpi dei sottufficiali della Russia e della NATO.

Questo video risale alla fine di giugno. Elenca a malincuore 7 cose che la Russia sta “facendo bene” in questa guerra. Per la cronaca, per essere una fonte occidentale e filo-ucraina di parte, compie un valoroso sforzo nel tentativo di far conoscere la verità alla sua fanbase ottusa, e in realtà fa un lavoro imparziale quanto ci si può aspettare da un filo-ucraino.Il video inizia affermando che la Russia crede in un “esercito incentrato sugli ufficiali”, cioè un esercito gestito da ufficiali in carica piuttosto che da sottufficiali, che sono la linfa vitale dei militari occidentali.Egli afferma correttamente che è un mito che la Russia non abbia un corpo di sottufficiali. Questo conferma immediatamente uno dei punti principali che mi sono battuto per sfatare fin dall’inizio. Si tratta di una descrizione errata che tanti commentatori irresponsabili della NATO hanno continuato a brandire pigramente.Continua specificando che secondo lui la Russia ha dei sottufficiali, ma sono più “di livello inferiore”, non quelli di medio livello, che nell’esercito americano servono come spina dorsale dell’organizzazione, della conoscenza, dell’addestramento, ecc. Una delle principali differenze, secondo lui, è che questi famosi sottufficiali “di medio livello” hanno investito una grande quantità di tempo in corsi di formazione speciali per acquisire una grande quantità di conoscenza e saggezza. Se sei un sergente E-5 nell’esercito americano, devi tornare a scuola e seguire corsi speciali di leadership per essere promosso a E-6 e poi per ogni grado superiore. Un “master sergeant” E-8, ad esempio, deve anche padroneggiare con ottimi voti ogni tipo di arma della compagnia, in modo da essere in grado di istruire o correggere tutti i suoi sottoposti, indipendentemente dalla loro specialità lavorativa.

Un sergente di questo tipo dà al plotone una figura di “manager” con un elevato livello di addestramento da impartire a tutti i soldati, e dà al comandante-tenente qualcuno che faccia tutto il “lavoro sporco” di occuparsi delle questioni logistiche, di trattare con gli uomini e i loro “problemi di caserma”, ecc. Nell’esercito americano, la regola generale è che un ufficiale non dovrebbe mai entrare in una caserma e trattare direttamente con gli uomini – questo è il dominio del sottufficiale/sergente – mentre Macbeth sostiene che in Russia gli ufficiali trattano direttamente con le caserme.

Come scrive Sladkov nel suo commento:

Macbeth ritiene che in generale facciamo bene dove dipende dall’ufficiale. E andiamo male dove abbiamo bisogno di sottufficiali competenti. Per coloro che non capiscono, spiega che i nostri sottufficiali sono, per gli standard americani, ufficiali minori. Ma dove abbiamo bisogno di un sottufficiale medio, in realtà non ce l’abbiamo.
E:

Dove riusciamo a mettere un ufficiale competente e a risolvere i problemi tecnici, ce la caviamo bene”. In effetti, è così che spiega i nostri successi nei rami tecnici delle forze armate: Aeronautica, Difesa Aerea, REB, Artiglieria. L’analogia è chiara: un ingegnere competente può lavorare bene su una singola installazione e con lavoratori di medio livello. Ma sul terreno, dove tutto dipende da ogni singolo soldato, e dove un plotone di fanteria deve comandare, ma non può gestire direttamente tutti, mancano i professionisti, soprattutto a livello medio!
Dove Macbeth comincia a sbagliare, è che sembra citare informazioni non aggiornate sulle forze armate russe. Sì, due decenni fa c’era una grave carenza di sottufficiali, ma una parte delle famigerate riforme  Serdyukov  del 2008 ha avviato un’iniziativa per cambiare la situazione.

Ho scritto in precedenza di come queste riforme siano state viste come devastanti da molti dei vertici russi. Ciò era dovuto soprattutto alla riduzione di gran parte delle forze armate russe. Tuttavia, ci sono alcune aree in cui i cambiamenti sono apparsi positivi. Uno di questi è l’istituzione di una scuola per sottufficiali, che fa esattamente il tipo di cose di cui parla Macbeth, cioè fornisce una formazione di livello superiore ai sottufficiali di medio livello.

Questo articolo di RT  del 2010, due anni dopo l’avvio della riforma, approfondisce e aggiorna sui progressi compiuti:

L’addestramento dei sergenti professionisti diventa una delle principali priorità della riforma dell’esercito russo.Con la riforma militare russa in pieno svolgimento, l’attenzione si sta spostando sull’aumento del numero di sergenti professionisti. I sergenti di carriera esperti saranno in grado di addestrare in modo rapido ed efficace i soldati a contratto e i coscritti.
Si specifica che tutti i tirocinanti sono già arruolati con esperienza, il che significa che stanno ottenendo esattamente quel tipo di avanzamento graduale di cui parla Macbeth, come passare da E-5 a E-6 nell’esercito americano.

Per la cronaca, la Russia ha diversi gradi ufficiali di sottufficiale. C’è младший сержант (mladzhi serjant) o sergente junior, sergente regolare, старший сержант (starshi serjant) o sergente senior. C’è anche прапорщик (praporshik) o guardiamarina e старшина (starshina) che è l’equivalente di un sergente di livello superiore, come primo sergente o sergente di prima classe. È un po’ confuso, perché la riforma del 2008 ha di fatto eliminato tutti gli ufficiali di guardia, oltre 150.000 dei quali sono stati cancellati dalla ristrutturazione. Tuttavia, negli ultimi anni Shoigu li ha riportati in auge.

È importante notare che, mentre i corpi dei sottufficiali nelle forze armate occidentali sono più vari e più profondi in generale, con molte più posizioni/specializzazioni, si può dire che i sottufficiali e gli ufficiali russi si addestrino più a lungo. Per diventare un ufficiale russo ci vogliono 5 anni di scuola, mentre per i sottufficiali ci vogliono quasi 3 anni. Ecco una delle opere moderne più importanti sull’esercito russo, scritta e ospitata dall’esercito ufficiale degli Stati Uniti.

page: https://www.armyupress.army.mil/portals/7/hot%20spots/documents/russia/2017-07-the-russian-way-of-war-grau-bartles.pdf

È scritto dal tenente colonnello Lester Grau e dall’esperto militare Charles Bartles e si intitola The Russian Way of War. In esso si legge che per i sottufficiali/ufficiali:

Non avendo un numero di sottufficiali pari a quello dell’Occidente, la Russia è stata molto più “pesante” dal punto di vista degli ufficiali. Ecco un vecchio grafico che mostra un confronto di anni fa:

Ma in termini di ufficiali, la Russia ne ha in media molti di più: il 30% delle forze armate è costituito da ufficiali in Russia, mentre solo il 16% nei Paesi della NATO, secondo una statistica che ho visto.

In effetti, anni fa la Russia aveva iniziato a impiegare gli ufficiali nei ruoli di sottufficiale. Così, ad esempio, i tenenti svolgevano mansioni di sergente. Questo è il motivo per cui, in parte, anche la precedente “mancanza” di sottufficiali in Russia è stata in qualche modo fraintesa e sopravvalutata. Dopo tutto, se ci sono ufficiali veri e propri, con una formazione molto più elevata, che fanno il lavoro di un sottufficiale, oltre agli ufficiali che guidano l’unità, allora dov’è il problema?

Alcuni in Occidente ritengono che questo spieghi in parte perché gli ufficiali russi sono noti per combattere di più in prima linea, rispetto alle loro controparti occidentali. E forse c’è del vero in questo. Alcuni esperti sostengono che i sergenti russi svolgano più un ruolo di “SME” (esperto in materia) che di “leadership”, ossia che possano insegnare ai soldati di fanteria le complessità di tutti i sistemi d’arma, ma che non abbiano le capacità di leadership per “prendere il posto” dell’ufficiale, nel caso in cui quest’ultimo sia assente per qualsiasi motivo, ossia sia stato ucciso o semplicemente guidi “dalle retrovie”. Forse c’era un po’ di verità in tutto questo tempo fa, ma come ho detto, ci sono state forti riforme e investimenti nell’addestramento dei sergenti e questi non assomigliano più a quelli del periodo precedente al 2010.

Inoltre, poiché la Russia è molto più pesante dal punto di vista degli ufficiali, gli ufficiali tendono a morire in media più che in paesi analoghi, proprio a causa della loro sovrabbondanza. Questo alimenta la percezione che essi “combattano sempre in prima linea”. In realtà, la verità sta nel mezzo.

È interessante notare che un comandante del Donbass ha raccontato come l’Ucraina abbia subito perdite disastrose nelle SMO anche per questo motivo. Quando la NATO ha deciso di riorganizzare l’AFU con il tanto decantato sistema di sottufficiali occidentali, gli ufficiali ucraini hanno visto l’opportunità di “ritirarsi” dalla prima linea, ritenendo che si trattasse di una tattica “sovietica” obsoleta e pensando che i nuovi sergenti addestrati dalla NATO fossero in grado di guidare la carica.

Il problema, tuttavia, è che negli Stati Uniti, come Ryan Macbeth sottolinea ripetutamente, i sergenti sono sottoposti a molti anni di addestramento progressivo per sviluppare veramente la leadership e le famose qualità di “iniziativa” di cui si parla in Occidente. Non si può trasformare qualcuno in sergente da un giorno all’altro, togliere tutti i comandanti dal campo e dire al sergente di prendere il comando.

Questo ha portato naturalmente a una situazione di “sergenti” sprovveduti che guidano un gruppo di coscritti indifesi dritti verso la morte in assalti di carne senza fine, dove nessuno ha idea di cosa stia facendo. Avete presente tutti quei video visti di recente in cui intere trincee piene di AFU si arrendono e nelle loro “interviste” dichiarano di non avere idea di dove siano i comandanti e di non averli visti o sentiti da giorni/settimane?

Se si presta attenzione, in molti video si vede che i soldati dell’AFU si riferiscono ai loro gradi come “starshi serjant”, cioè sergente maggiore, ma non si vede quasi mai un tenente. Questi sono i ragazzi addestrati dalla NATO e incaricati di comandare “autonomamente” gli sfortunati plotoni, mentre i loro ufficiali si ritiravano tranquillamente nelle linee di secondo o terzo livello a 5-15 km di distanza.

Prendiamo ad esempio questa intervista con un soldato dell’AFU catturato. Si notino le aree evidenziate:

La principale differenza tra i percorsi dei sottufficiali americani e russi è stata il fatto che il sergente, in termini americani, è considerato un vero professionista “di carriera”. Una volta che si diventa sergente, si intraprende un percorso di carriera che consente di acquisire anni di esperienza e di trasmetterla alle proprie unità. In questo modo, un sergente può essere molto più esperto e, per certi versi, preparato del suo stesso ufficiale comandante, che è appena uscito dalla scuola per ufficiali. Il sergente dovrebbe essere il facilitatore che semplifica il lavoro del tenente e gli permette di concentrare le sue energie sulla strategia e sulla leadership.

Prendiamo questo esempio: l’età media di un tenente che comanda un plotone è di circa 25 anni, appena uscito dalla scuola ufficiali. L’età media di un sergente di prima classe, che sarebbe il braccio destro di quel tenente, può essere di circa 32-35 anni o anche molto più grande. Quindi si può iniziare a capire la ricchezza di esperienza che il tenente ha a disposizione per appoggiarsi.

In precedenza, nelle forze armate russe, la differenza era che la Russia era una forza ad alta densità di leva. Questo creava una situazione in cui molti sergenti erano in realtà soldati di leva che rimanevano solo per un po’ e poi se ne andavano. Altri sergenti si arruolavano per contratti di 3 anni o giù di lì, ma poi se ne andavano; la fidelizzazione era bassa a causa della retribuzione non competitiva e del morale generalmente basso nelle forze armate. Tenete presente che questo si riferisce al periodo compreso tra l’inizio e la metà degli anni 2000.

Tuttavia, ora la Russia sta passando a una forza professionale, con la maggior parte delle truppe a contratto retribuite. Questo sta creando un’immagine rinata delle forze armate come una carriera praticabile, grazie anche al notevole miglioramento delle retribuzioni e dei benefici sociali, che non hanno eguali al mondo. Ciò significa che l’unicorno del “sergente di carriera” sta diventando una realtà nelle forze armate russe.

La profondità del corpo dei sottufficiali è così sviluppata e varia come negli Stati Uniti? No, e forse non lo sarà mai, perché la Russia non cerca necessariamente di rispecchiare esattamente il sistema statunitense. Crede in un proprio percorso unico che si colloca a metà strada tra il sistema occidentale a forte presenza di sottufficiali e quello cosiddetto “a forte presenza di ufficiali”.

L’Occidente proclama perennemente la superiorità del proprio sistema, ma questo non è mai stato dimostrato, poiché gli Stati Uniti non hanno mai affrontato una forza che possa anche solo lontanamente essere considerata di “livello pari”. La presunta “inferiorità” del sistema russo è solo un prodotto dell’aneddotica, per lo più derivante da alcuni noti generali statunitensi e propagandisti di think tank come Breedlove, Hodges, McFaul, ecc. che visitarono la Russia nei primi anni 2000 per alcuni brevi scambi di addestramento. Per anni hanno deriso a gran voce ciò che avevano visto e che è diventato l’immagine standard e accettata di una forza armata russa fatiscente e demotivata. Nessuno di loro ha la minima idea di come siano strutturate oggi le forze armate russe, soprattutto perché non gli interessa, visto che a questo punto per loro conta solo l’ideologia.

Anche se è solo in relazione, volevo condividere questo estratto su come i comandanti dei corpi del Donbass differiscono dagli ufficiali dell’esercito russo vero e proprio:

Nel corpo del Donbass, il personale di comando è cresciuto naturalmente in una situazione di combattimento. Fin dai primi giorni, le qualità di leadership personale e la fiducia dei subordinati sono state messe in primo piano quando si è stati nominati a una posizione di comando. Certo, la forma fisica dei minatori e dei metallurgisti di ieri era scarsa, ma nel migliore dei casi era compensata da qualità morali e di volontà. Naturalmente, mancavano le conoscenze specialistiche, che venivano acquisite per tentativi ed errori, a volte a caro prezzo. Non parlerò affatto della stesura di ogni sorta di documentazione e della cultura del personale. Ma come dicevano i saggi: “Ma c’era uno svantaggio molto significativo, che comportava una serie di “inconvenienti”. Il fatto che i comandanti provenissero dai ranghi delle unità che dovevano comandare, imponeva all’ulteriore servizio l’impronta della familiarità. Si possono ovviamente cercare degli aspetti positivi in questo, ma sono davvero pochi. Il comandante deve spesso prendere decisioni “impopolari” e, quando nomina gli esecutori, non deve essere guidato da rapporti di amicizia, ma da convenienza e competenza. Questo ha portato a nominare a posizioni di comando di livello inferiore, persone che non avevano “virtù” di squadra, ma semplicemente buone relazioni. Ma tutti ricordano che il “bravo ragazzo” non è una professione. E più la carriera di una persona comune era di successo, più la mediocrità diventava alta, il che comportava inevitabilmente delle conseguenze. Pochissime persone erano in grado di separare il servizio dall’amicizia. Posso supporre che le critiche diffuse agli ufficiali del Donbass all’inizio dell’SVO, da parte degli “accademici” delle Forze Armate russe, siano molto probabilmente dovute a tali “amici”.
Ciò evidenzia la differenza tra i primi tempi della milizia del Donbass, in cui gli “ufficiali” erano semplicemente arruolati/consegnati che si diplomavano ed erano in buoni rapporti con tutti i membri dell’unità, e quelli di un sistema corretto come quello russo, in cui gli ufficiali si diplomano all’accademia. Quando questi ufficiali entrano nell’unità, c’è una deliberata e importante “distanza” tra loro e gli uomini, che permette agli ufficiali di prendere decisioni difficili senza essere compromessi da favoritismi o influenzati da “amicizia”. E il divario tra i due è esattamente quello che i sergenti di carriera dovrebbero colmare.

Ora torniamo al video di Ryan Macbeth. Si occupa dell’ultimo e principale argomento che voglio trattare. La sua tesi principale è: “Se si tratta di ufficiali professionisti, la Russia lo fa bene. Se si tratta di sottufficiali professionisti, la Russia probabilmente non lo fa altrettanto bene”.

Il problema è che in Russia gli ufficiali fanno i lavori che fanno i sottufficiali americani. Quindi non è che queste cose non vengano fatte, ma piuttosto le responsabilità sono distribuite in modo diverso. Per esempio, gli ufficiali russi addestrano direttamente gli uomini, mentre nel sistema americano sono i sottufficiali a doverlo fare. E poiché la Russia ha più ufficiali in generale, può farla franca. Tuttavia, potrebbe ancora avere ragione sul fatto che ci sono ovvi vantaggi nell’avere sottufficiali altamente addestrati; è semplicemente che la questione non è così bianca e nera come i commentatori occidentali vorrebbero far credere, almeno non più nell’era moderna.

Image courtesy of @tankdiary

Ma veniamo al punto principale, che combina le idee di entrambi i video. Il primo video parlava dell’infame stereotipo secondo cui le forze russe seguono il sistema di comando “stile sovietico” push vs. pull, in cui gli ordini vengono impartiti e le piccole unità non hanno autonomia. Il problema è che il video si contraddice da solo e in realtà dimostra il contrario, soprattutto se si combina ciò che Ryan Macbeth ha detto nel suo video.

Pensateci un attimo. Macbeth ha detto che gli ufficiali russi, cioè dai tenenti (comandanti di plotone) in su, sono molto bravi e altamente addestrati, cosa che ho dimostrato con un manuale militare statunitense che dimostra che sono addestrati molto più a lungo (5 anni) degli equivalenti dell’esercito americano. Macbeth ha detto che è quando i sottufficiali devono comandare o cercare di fare il lavoro di un ufficiale che le forze russe mostrano la loro debolezza.

Ma ricordiamo che il primo video diceva che queste nuove strutture di forza che la Russia sta impiegando vedono un ufficiale alla guida di unità di plotone più piccole, che egli paragona agli squadroni dei Marines statunitensi. Il video ha cercato di caratterizzare questo fatto come una cosa negativa, ma il vero esperto militare statunitense di sottufficiali, ufficiali e tattiche per le piccole unità afferma che gli ufficiali russi eccellono nel loro lavoro e sono i punti di forza dell’esercito.

Da questa ammissione si può dedurre che la Russia sta facendo qualcosa di buono. Inoltre, agli ufficiali russi vengono insegnate specificamente l’autonomia e l’iniziativa dell’unità in un concetto chiamato gestione operativa in combattimento, che consente loro di operare in modo tirato con la leadership e di dimostrare iniziativa e autonomia nel raggiungimento degli obiettivi. Ricordiamo che, per loro stessa ammissione, solo i sottufficiali russi non sono in grado di farlo, eppure questi nuovi tipi di squadre d’assalto sono guidate da ufficiali capaci.

Ho già detto che nel primo video si parla del fatto che questi assalti sono destinati solo a catturare la posizione immediata e non a forzare sfondamenti per le forze successive. È qui che lo stereotipo viene completamente ribaltato. L’idea comune è che la Russia sia brava nelle manovre centralizzate a livello operativo, ma non nella leadership delle piccole unità e nell’innovazione o iniziativa tattica.

Il problema è che tutto ciò che è stato discusso qui dimostra il contrario, almeno per quanto riguarda ciò che abbiamo visto finora in guerra. Le forze russe hanno effettivamente eccelso nelle tattiche e nell’iniziativa delle piccole unità, ma è nella capacità operativa più ampia e nelle grandi manovre di armi combinate che dobbiamo ancora vedere un vero successo. È di questo che tutti si lamentano: La Russia massacra le forze ucraine in una guerra di logoramento, catturando una serie infinita di trincee e piccole posizioni, ma non ha ottenuto alcun risultato decisivo e schiacciante in termini di operazioni di manovra di massa. Per la cronaca, credo che questo probabilmente si vedrà, semplicemente per ora la Russia prende tempo.

Ma tornando alla riflessione, abbiamo sempre visto le unità russe mostrare un’autonomia senza pari, tanto da lasciare perplessi anche gli occidentali, che non riescono a capire perché la Russia operi in piccole unità indipendenti, apparentemente senza alcuna supervisione, e senza una grande strategia.

Ho già accennato in precedenti scritti a come ciò possa essere visto quotidianamente da una varietà di fonti. Ad esempio, nelle cerimonie di consegna delle medaglie russe, che il canale ufficiale del Ministero della Difesa pubblica frequentemente, viene descritta una lista di atti eroici, quasi tutti dimostranti che una qualche unità ha agito in modo indipendente di propria iniziativa.

Un esempio recente è stato il famoso equipaggio del  ‘carro armato Alyosha’  che ha distrutto una colonna ucraina di oltre 10 veicoli. L’artiglieria li ha aiutati, ma erano l’unica unità effettivamente in campo ad affrontare la colonna. Nelle varie interviste rilasciate in seguito dall’ormai “famoso” comandante del carro armato, egli ha descritto specificamente come la loro unità più ampia fosse stata originariamente incaricata di mettere in sicurezza il vicino villaggio di Novodorovka. Ma quando la minaccia è stata trasmessa, hanno agito in piena autonomia, scegliendo da soli le rotte, gli obiettivi, le modalità di ingaggio senza dover chiamare il quartier generale del battaglione, o qualcosa del genere.

E comunque, le unità di carri armati sono guidate da ufficiali. Nel caso qui sopra, quelle sono spalline da tenente, il che conferma il tipo di autonomia e iniziativa degli ufficiali che ho sempre descritto.

In effetti, anche il secondo, rasato a zero, è un tenente e sottolinea quanto ho detto sulla preponderanza di ufficiali nell’esercito russo. Il loro meccanico-autista si è ferito e la situazione è diventata urgente. Così il tenente comandante del carro armato ha preso il posto dell’autista e un altro tenente di un altro equipaggio ha preso il posto del comandante del carro armato. Questo dimostra ulteriormente il livello di addestramento degli ufficiali. L’ufficiale del carro armato conosceva ogni posizione all’interno del carro armato e poteva cambiare all’occorrenza.

Le unità russe non solo hanno autonomia, ma ne hanno talmente tanta che a volte diventa un danno. In alcuni settori le unità operano in modo così indipendente che le unità adiacenti non hanno alcuna idea l’una dell’altra. Una delle ragioni di ciò è la particolare composizione atomizzata delle forze totali da parte russa, con paramilitari che combattono fianco a fianco con unità di volontari, PMC e tutto il resto. Il tutto è ulteriormente confuso dal fatto che gli eserciti della LPR/DPR erano eserciti separati e indipendenti all’inizio della guerra, e hanno letteralmente iniziato una bizzarra transizione di piena assimilazione nelle forze armate russe vere e proprie durante la metà del conflitto, cosa che non ha precedenti.

Le forze della LDPR hanno iniziato come milizie indipendenti. All’inizio della SMO, il 22 febbraio, Putin le ha prima dichiarate repubbliche indipendenti. Poi, nel settembre dell’anno scorso, le ha fatte entrare nella Federazione Russa. Ciò significa che il loro esercito ha dovuto compiere una transizione improvvisa e storica nel bel mezzo della guerra, venendo assorbito in un ordine stabilito. La DPR è diventata il 1° Corpo d’Armata della Russia e le forze della LPR il 2° Corpo d’Armata; per questo motivo nei video si vedono spesso abbreviati come 1° AK o 2° AK, poiché AK è armeyski korpus o corpo d’armata in russo.

A causa della natura completamente frenetica e mutevole senza precedenti del conflitto, molte unità e formazioni russe hanno operato in modo del tutto indipendente. Il primo anno assomigliava a volte a una lotta di signori della guerra, ulteriormente esacerbata dal fatto che la Russia non solo cambiò più volte i comandi, ma non aveva nemmeno un comandante generale di teatro all’inizio. Hanno nominato Surovikin a capo del “gruppo meridionale” solo alla fine dell’anno scorso, poi Gerasimov come una sorta di “comandante supremo alleato” all’inizio di quest’anno. Prima di allora, c’erano solo generali diversi e le loro zone d’influenza autonome, con un’interoperabilità minima. Anche se tutto questo può essere attribuito a vari livelli di impreparazione da parte degli alti comandi, questo è un argomento completamente diverso per un altro articolo.

Il fatto è che, per gran parte della guerra, molte unità russe hanno operato con una libertà e un’autonomia senza precedenti. In un certo senso, Prigozhin e la saga di Wagner hanno sollevato il velo su questo aspetto, perché ci ha dato un’idea di quanto Wagner fosse indipendente nel gestire le proprie munizioni e i propri rifornimenti. Ricordiamo che il Ministero della Difesa russo lo confermò quando ammise, durante una delle successive “riconciliazioni”, che semplicemente “non era a conoscenza dei problemi” e che avrebbe lavorato per risolverli. Naturalmente, parte di questo potrebbe essere una deviazione, ma mostra comunque un notevole livello di autonomia con cui a Wagner è stato permesso di operare.

Si trattava forse di formazioni più grandi, ma la cosa si è ripercossa fino alle unità più piccole, soprattutto alla luce della già citata tattica dell’assalto limitato. Se si tratta di una grande manovra operativa o a livello di teatro, gli approcci e gli obiettivi principali devono essere pianificati e delineati a livello centrale, perché ci sono troppi pezzi che devono andare al loro posto simultaneamente per ottenere sfondamenti e seguiti.

Se invece si assalta solo una posizione di trincea alla volta, si è liberi di lasciare al plotone o alla compagnia piena discrezione su come utilizzare al meglio le proprie forze. Questo è particolarmente vero perché le piccole unità russe hanno molte più capacità interne rispetto alle forze equivalenti della NATO. È una dicotomia ben nota che le forze americane/occidentali devono ricorrere all’artiglieria di divisione/brigata e a cose come unità di droni, ricognizione, ecc.

Ma le unità russe hanno queste cose fino al livello di compagnia o più piccolo, il che garantisce alla compagnia molta più autonomia in quanto ha tutte le proprie informazioni sugli obiettivi a portata di mano. Non devono chiamare il comando di divisione per ottenere i dati ISR e il conseguente “permesso” di ingaggiare. Hanno le loro squadre di droni che dicono loro esattamente dove si trova il nemico, e possono quindi definire il loro approccio su come dislocarlo o assaltarlo.

A dire il vero, non è che la Russia sia particolarmente speciale in questo senso. È solo capitato che la Russia abbia avuto una guerra in un momento in cui queste tecnologie stanno diventando più mature e sono costrette ad adattarsi. Se gli Stati Uniti stessero attualmente combattendo un conflitto ad alta intensità, anch’essi farebbero pressione per ridurre tali capacità a livelli di compagnia/battaglione. Certo, non credo che farebbero un lavoro altrettanto efficace perché le loro strutture sono molto più rigide, burocratiche e anelastiche, a mio avviso, ma ci proverebbero comunque; fino a che punto ci riuscirebbero è un’altra questione. La necessità genera cambiamento e innovazione.

La conclusione è che le prove ci dimostrano che il pensiero occidentale è letteralmente l’opposto della realtà: La Russia non manca di leadership, iniziativa, autonomia delle piccole unità, ecc. In realtà, per ora le mancano capacità di manovra e leadership su scala operativa più ampia.

Tuttavia, a mio avviso, ciò è dovuto semplicemente al fatto che la Russia sta aspettando il momento giusto, poiché non ha ancora sviluppato la disparità di forze dottrinali necessaria per tentare tali assalti a livello operativo. Ricordiamo che per evitare perdite di massa, è necessario un vantaggio minimo di 3:1 quando si va all’assalto. Certo, si può ancora avere successo senza di esso, in particolare quando si hanno enormi vantaggi di potenza di fuoco come la Russia, ma ciò avrà un costo elevato e non è ottimale o preferibile.

Nella migliore delle ipotesi, la Russia ha solo eguagliato il numero totale di forze dell’Ucraina su scala 1:1 e, secondo molti calcoli, è ancora in inferiorità numerica in teatro. Pertanto, ritengo che la Russia aspetterà fino a quando non avrà attutito l’AFU al punto da poter portare una significativa disparità di forze su punti di sfondamento strategici chiave, e allora potremo assistere a manovre combinate molto più ampie per creare veri e propri sfondamenti.

Naturalmente c’è anche la possibilità che l’Ucraina riesca a portare avanti con successo una mobilitazione di massa a tempo indeterminato senza che la società collassi o si ribelli, mantenendo i propri numeri sempre ad un livello minimo di parità. In questo caso, la Russia potrebbe scegliere di continuare ancora a lungo la fase di guerra attritiva frammentaria. Sapremo con certezza quale strada è più probabile dopo l’autunno/inverno, quando le ormai certe mobilitazioni di massa in Ucraina daranno i loro frutti, potenzialmente marci.

Fino ad allora, guidata dall’infaticabile ufficiale russo, la piccola unità russa governa il campo di battaglia.


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