legami proibiti, di Roberto Buffagni
Commentino al documento di papa Benedetto XVI[1]
Premessa: parlare di pedofilia è improprio. La pedofilia vera e propria è un fenomeno moralmente gravissimo ma sociologicamente marginale, nella Chiesa e fuori. Nella Chiesa il problema è l’omosessualità. In soldoni: i preti omosessuali gradiscono spesso la carne fresca (ragazzi ventenni, anche ragazzini sedici-diciottenni), esattamente come gli eterosessuali. Nella Chiesa l’omosessualità è dilagante, perchè in una istituzione esclusivamente maschile gli omosessuali selezionano, cooptano e fanno salire in posizioni apicali altri omosessuali, dando luogo a una crescita esponenziale, numerica e di potere, della loro tribù. Nella Chiesa non può avvenire la stessa cosa per gli eterosessuali, perché i preti che preferiscono le donne NON le possono cooptare nell’istituzione, almeno fino a quando non verrà introdotto il sacerdozio femminile; altrimenti, al tempo di Alessandro VI Borgia, che dava festicciole con diecine di puttane nude a cui lanciava le caldarroste per godersi il panorama quando le raccoglievano, avremmo avuto un Collegio Cardinalizio composto per il 73% da belle ed esperte cortigiane (c’erano magari i loro figli, ma non è la stessa cosa). Sul piano dottrinale e istituzionale, l’ effetto provocato DIRETTAMENTE dall’altissimo tasso di omosessuali nel clero e nelle gerarchie è questo: che quando la propria condotta di vita è incompatibile con l’istituzione della quale si fa parte, ci sono tre possibilità. Uno, cambi condotta. Due, non cambi condotta ma sapendo che è sbagliata la nascondi ipocritamente e ti senti, in grado maggiore o minore, colpevole. Tre: cambi la valutazione istituzionale della tua condotta, rendendola meno incompatibile con le tue preferenze. Dal pdv psicologico, la soluzione tre è la più egosintonica (fai meno fatica + ci stai meglio), ma si può adottare solo quando sei in grado di cambiare l’ideologia dell’istituzione, ciò ch’è possibile solo quando a) hai consenso a livello anzitutto dirigenziale b) il clima culturale generale, interno ed esterno all’istituzione, lo permette (per esempio, difficile dire “evadere le tasse è un peccatuccio” in Germania, facile dirlo in Italia). Nel caso di specie, per ragioni culturali molto complesse che non si possono certo ricondurre all’omosessualità, nella Chiesa cattolica si può dire senza tema d’errore che almeno a partire dal Concilio Vaticano II il concetto di “peccato” (centrale nella dottrina) è stato abbondantemente annacquato, psicologizzato, etc. L’annacquamento del concetto di peccato incontra immediatamente un interesse primario dei preti omosessuali. Segnalo che, giusto o sbagliato che lo si ritenga, l’omosessualità (praticata) è, nella dottrina tradizionale della Chiesa, un “peccato che grida vendetta al Cielo”, molto ma molto più grave dell’eterosessualità praticata anche in contrasto alla severa morale tradizionale cattolica (=bene nel matrimonio, male fuori, stop). E’ quindi effetto della pura e semplice dinamica degli interessi, se una larga maggioranza di preti omosessuali è favorevole all’ “aggiornamento” e “modernizzazione” della dottrina cattolica: perché risponde a un interesse personale e psicologico vitale dei preti omosessuali, che come tutti desiderano dormire tranquilli alla notte, e non farsi venire la gastrite tormentandosi con i rimorsi per la propria ipocrisia. >Insomma: nella Chiesa cattolica, omosessualità e modernismo SI RINFORZANO A VICENDA retroagendo ciberneticamente l’uno sull’altra. Nel passato “pre-sessantotto”, invece, la dinamica istituzionale era assai diversa. Anche qui, una premessa. Nel cattolicesimo, il tema della sessualità ha un’importanza decisiva, perché al contrario del protestantesimo, il cattolicesimo è fortemente “materialista”: ritiene cioè che il mondo creato in generale, e in particolare quella parte del creato che è il corpo umano, sia “divinizzabile”, come illustrano plasticamente i dogmi dell’ Incarnazione e della Presenza Reale del corpo e del sangue di Cristo nell’Eucarestia. Di qui, forti divieti e prescrizioni nel campo della sessualità. Un forte divieto attrae sempre, per una legge psicologica ben nota, un forte desiderio di trasgredirlo, specie se si unisce a prescrizioni perentorie e difficili da rispettare come il voto di celibato per il clero. Ma torniamo all’istituzione-Chiesa “pre-sessantotto”. In essa, i preti omosessuali c’erano senz’altro, anche se in percentuale penso assai minore rispetto alla Chiesa “post-sessantotto”, perché nella Chiesa prima della cura sessantottina non poteva svolgersi pacificamente la dinamica “selezione-cooptazione” che ho tratteggiato sopra (la cultura dominante nell’istituzione e nella società non lo permetteva, l’omosessuale doveva reprimersi e/o camuffarsi con la massima cura). Preti omosessuali ed eterosessuali che venivano frequentemente meno al voto di celibato, allungavano le mani o peggio, etc., naturalmente ce n’erano, vista la forza travolgente dell’impulso sessuale e del desiderio erotico nell’uomo; di più o di meno a seconda del clima culturale prevalente nella società in generale e nell’istituzione in particolare, in conformità al quale si strutturano le direttrici educative e repressive del personale ecclesiastico (es., di più nel Rinascimento, di meno nella Controriforma). Nella Chiesa “pre-sessantotto”, che era una istituzione molto forte, avveniva quel che sempre avviene nelle istituzioni molto forti: che l’istituzione faceva quadrato intorno al membro trasgressore, ne negava e copriva le colpe, intimidiva e/o tacitava le vittime delle trasgressioni, etc. (a meno che una fazione le utilizzasse per colpire la fazione avversa). Non si verificava MAI, invece, che un comportamento sessuale trasgressivo del clero, anche molto diffuso, costituisse una forte concausa nel mutamento della dottrina, come invece avviene nella Chiesa “post-sessantotto”; la quale è un’istituzione molto ma molto più debole, dove è assai più facile che si instauri la dinamica “adattiamo la dottrina o almeno la pastorale ai nostri gusti & interessi”. Ora, è evidente che una discrasia clamorosa tra quel che una istituzione predica e quel che i suoi membri effettivamente fanno, da una certa soglia imprecisabile in su costituisce un grave problema istituzionale, che può contribuire in modo decisivo a una crisi anche gravissima dell’istituzione (v. ad es. il rapporto, indubbio, tra enorme corruzione della Chiesa e Protesta). E’ però infinitamente più grave, dal punto di vista istituzionale, se una istituzione finisce per distorcere seriamente o negare, nei fatti o addirittura nel diritto, ciò che la legittima: in questo caso la dogmatica e la dottrina cattolica. In parole povere: se finisce per saltare agli occhi che “neanche il papa ci crede più” a Dio, al peccato, alla salvezza, al paradiso inferno purgatorio eccetera, l’istituzione, molto semplicemente, non ha più ragione di esistere e finisce, not with a bang but with a whimper. Nel caso della Chiesa cattolica, per chi ci crede ci sarebbe la promessa dei Piani Superiori che “portae inferi non praevalebunt”. Ma in ogni caso, i Piani Superiori NON hanno mai promesso che “tutto andrà bene” e che i bilanci della Vaticano Spa. viaggeranno tranquilli di bene in meglio. Anzi, i Piani Superiori hanno ripetutamente avvisato che il principe di questo mondo NON tifa per la Chiesa: tutt’altro. That’s all, folks.
[1] https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_11/papa-ratzinger-chiesa-scandalo-abusi-sessuali-3847450a-5b9f-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml?fbclid=IwAR3WQupfF4r4fZdD4uu8XylXlrL3pHQnRiqg_cyek54BxJUXJec8FSGyzJM Consiglio: meglio leggere la versione inglese, l’italiana è mal fatta.