Terrorismo saheliano: è giunta l’ora di fare il punto, di Bernard Lugan

Il declino inarrestabile della Francia e della sua eredità coloniale in Africa. La fine di un ordine relativo. Giuseppe Germinario

Nel Sahel la situazione sembra ormai fuori controllo. Richiesto dagli attuali leader maliani in seguito ai molteplici errori di Parigi[1], il ritiro francese ha lasciato il campo aperto ai GAT (Gruppi terroristici armati), offrendo loro persino una base d’azione per destabilizzare Niger, Burkina Faso e paesi vicini. I risultati politici di un decennio di coinvolgimento francese sono quindi catastrofici.

Un disastro che può essere spiegato da un errore originale nella diagnosi. La polarizzazione sul jihadismo era infatti l’alibi usato per mascherare l’ignoranza dei decisori francesi, unita alla loro incomprensione della situazione, essendo il jihadismo qui prima di tutto la superinfezione di ferite etniche secolari e talvolta addirittura di millenni.

Smettere di vedere la questione del Sahel attraverso il prisma delle nostre ideologie europeo-democratico-centriche e dei nostri automatismi è ormai una necessità imperativa. La sostituzione dell’attualità nel loro contesto storico regionale è quindi la prima priorità in quanto legata a un passato sempre attuale che condiziona largamente le scelte e gli impegni di entrambe le parti[2].

L’ho già scritto molte volte, ma è importante ripeterlo, quattro errori principali che spiegano l’attuale deterioramento della situazione della sicurezza regionale sono stati commessi dai decisori politici francesi:

Errore n. 1

Aver “essenzializzato” la questione qualificando sistematicamente come jihadista qualsiasi bandito armato o anche qualsiasi portatore di armi.

Errore #2

Aver scambiato per “contanti” l’astuzia degli “esperti” che facevano credere loro che coloro che definivano jihadisti fossero mossi dal desiderio di combattere l’islam locale “deviato”. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, eravamo in presenza di trafficanti che si dichiaravano jihadisti per coprire le loro tracce; perché è più gratificante pretendere di combattere per la maggior gloria del Profeta che per cartoni di sigarette o carichi di cocaina. Da qui il connubio tra tratta e religione, il primo avvenuto nella bolla assicurata dall’islamismo.

Errore #3

Aver rifiutato di vedere che ci trovavamo di fronte al groviglio di rivendicazioni etniche, sociali, mafiose e politiche, adeguatamente vestite con il velo religioso. Secondo Rikke Haugegaard (2018) “ Shariah “affari nel deserto”. Comprendere i legami tra reti criminali e jihadismo nel nord del Mali . “, Online , saremmo quindi al cospetto di tutto questo contemporaneamente, con gradi di importanza diversi di ogni punto a seconda del momento:

“Le azioni dei gruppi jihadisti sono guidate da una combinazione di fattori, che vanno dalle lotte di potere locali ai conflitti interni ai clan, al perseguimento di interessi economici associati al commercio di contrabbando”.

Nel suo rapporto del 12 giugno 2018, Crisis Group ha scritto:

“(…) il confine tra il combattente jihadista, il bandito armato e colui che imbraccia le armi per difendere la sua comunità è sfumato. Fare a meno di questa distinzione equivale a collocare nella categoria dei “jihadisti” un vivaio di uomini armati che, al contrario, trarrebbero vantaggio da un trattamento diverso” Crisis Group., (2018) “Confine Niger-Mali: mettere al servizio lo strumento militare di approccio politico ”. Rapporto Africa n°261, 12 giugno 2018.

Errore #4

Questo errore che spiega gli altri tre è l’ignoranza delle costanti etno-storico-politiche regionali, che ha avuto due grandi conseguenze negative:

– Spiegazioni semplicistiche sono state applicate alla complessa, mutevole e sottile alchimia umana saheliana.

– Mentre qui il jihadismo è prima di tutto la superinfezione di vecchie ferite etno-storiche, proponendo come soluzione l’eterno processo elettorale che altro non è che un’indagine etnica a grandezza naturale, la necessità di colmare il “deficit di sviluppo” o la ricerca perché “buon governo” è ciarlataneria politica…

Ecco perché un conflitto originariamente localizzato solo nel nord-est del Mali, limitato a una fazione tuareg, e la cui soluzione dipendeva dalla soddisfazione delle legittime richieste politiche di quest’ultima, si è trasformato in una conflagrazione regionale che sfugge ora a ogni controllo.

Torna indietro :

Nel 2013, quando il progresso di Serval e la riconquista delle città del nord del Mali hanno dovuto essere subordinati a concessioni politiche da parte del potere di Bamako, i decisori francesi hanno esitato. Poi non hanno osato imporli alle autorità meridionali del Mali, scegliendo di appoggiarsi all’illusione della democrazia e al miraggio dello sviluppo.

Tuttavia, come dimostrano costantemente gli eventi, in Africa democrazia = etno-matematica, che ha come risultato che i gruppi etnici più numerosi vincono automaticamente le elezioni. Per questo, invece di estinguere le fonti primarie degli incendi, i sondaggi le riaccendono. Per quanto riguarda lo sviluppo, in quest’area si è già sperimentato di tutto fin dall’indipendenza. Invano. D’altronde, come possiamo ancora osare parlare di sviluppo quando è stato dimostrato che la demografia africana suicida vieta ogni possibilità?

Dimentichi della storia regionale, i decisori francesi non hanno visto che i conflitti attuali sono prima di tutto rinascita di quelli di ieri e che, facendo parte di una lunga catena di eventi, spiegano gli antagonismi o la solidarietà di oggi.

Così, prima della colonizzazione, i sedentari del fiume e delle sue regioni esposte venivano catturati nelle tenaglie predatorie dei Tuareg a nord e dei Fulani a sud. Alla fine dell’800, con la colonizzazione liberatoria, l’esercito francese bloccò l’espansione di queste entità predatorie nomadi il cui crollo avvenne nella gioia delle popolazioni sedentarie da loro sfruttate, i cui uomini massacrarono e vendettero donne e bambini agli schiavisti nel mondo arabo-musulmano.

Ma, così facendo, la colonizzazione ha ribaltato gli equilibri di potere locali offrendo vendetta alle vittime della lunga storia africana, riunendo predoni e predoni entro i limiti amministrativi dell’AOF (Africa occidentale francese). Tuttavia, con l’indipendenza, i confini amministrativi interni di questo vasto insieme divennero confini statali entro i quali, essendo i più numerosi, i sedentari prevalevano politicamente sui nomadi, secondo le leggi immutabili dell’etnomatematica elettorale.

Come potrebbero allora i decisori francesi immaginare che con mezzi derisori sulla scala del teatro delle operazioni, e mentre i paesi della BSS sono indipendenti, sarebbe stato possibile per Barkhane chiudere queste ferite etnorazziali aperte? la notte dei tempi e quali costituiscono il terreno fertile per i gruppi terroristici armati (GAT)?

Nel 2020, a questa ignoranza dell’ambiente e della sua storia si è aggiunta l’incomprensione di una nuova situazione, quando la lotta all’ultimo sangue tra EIGS ( Stato Islamico nel Grande Sahara ) e AQIM ( Al-Qaeda per il Maghreb Islamico ) , è peggiorato, offrendo così alla Francia una superba opportunità d’azione. Ma ancora, sarebbe stato necessario che i “piccoli marchesi” laureati in Scienze-Po che fanno la politica africana della Francia sapessero che:

– L’EIGS collegato a Daesh mira a creare in tutta la BSS (Banda Sahelo-Sahariana), un vasto califfato transetnico che sostituisca e comprenda gli stati attuali.

– Mentre AQIM è l’emanazione locale di grandi frazioni dei due grandi popoli all’origine del conflitto, vale a dire i Tuareg e i Fulani, i cui capi locali, i Tuareg Iyad Ag Ghali e i Fulani Ahmadou Koufa, non sostengono il distruzione degli attuali stati saheliani.

Tuttavia, in quanto ignoranti, i decisori politici parigini non hanno saputo sfruttare questa opportunità per cambiare politica poiché, conoscendo un po’ la regione, l’ho suggerito nel mio comunicato stampa del mese di ottobre 2020 intitolato ” Mali: è necessario il cambio di paradigma .

Tanto più che, e ancor di più, il 3 giugno 2020, la morte dell’algerino Abdelmalek Droukdal, leader di Al-Qaeda per tutto il Nord Africa e per la striscia saheliana, ucciso a colpi d’arma da fuoco dall’esercito francese. autonomia ai Tuareg Iyad ag Ghali e ai Peul Ahmadou Koufa, liberandoli così da ogni soggezione esterna. Gli “emiri algerini” che fino ad allora avevano guidato Al-Qaeda nella BSS essendo stati liquidati da Barkhane , Al-Qaeda non era quindi più guidata lì da stranieri, da “arabi”, ma da “regionali”.

Nemmeno Parigi comprendeva che questi ultimi avevano un approccio politico regionale, che le loro rivendicazioni erano principalmente risorgive radicate nei loro popoli e che il “trattamento” delle due frazioni jihadiste meritava quindi rimedi diversi. Non vedendo che c’era un’opportunità sia politica che militare da cogliere, i decisori parigini hanno categoricamente rifiutato qualsiasi dialogo con Iyad ag Ghali. Al contrario, il presidente Macron ha persino dichiarato di aver dato a Barkhane l’obiettivo di liquidarlo. Infatti, obbedendo agli ordini, il 10 novembre 2020 le forze francesi uccisero Bag Ag Moussa, il luogotenente di Iyad ag Ghali, mentre, per diversi mesi, i funzionari militari francesi a terra avevano molto intelligentemente evitato di intervenire direttamente su questo movimento .

Contro quanto sostenuto dai vertici militari di Barkhane , Parigi ha quindi persistito in una strategia “all’americana”, “sfruttando” indiscriminatamente tutti i GAT perentoriamente qualificati come “jihadisti”, rifiutando così qualsiasi approccio “buono”… “à la french »…

Ecco perché, in definitiva, sommando errori, chiusi nella loro bolla ideologica e trascurando di tenere conto del peso dell’etno-storia, i leader francesi hanno definito una politica nebulosa che confonde effetti e cause. Una politica che potrebbe portare solo al disastro attuale…

Bernard Lugan


[1] Si vedano tra gli altri sul blog di Afrique Réelle i miei comunicati stampa dell’agosto 2019 ” Senza tenere conto della storia non si può vincere la guerra nel Sahel” ; di ottobre 2020 “ Mali: serve il cambio di paradigma ”; di giugno 2021 ” Barkhane vittima di quattro principali errori politici commessi dall’Eliseo”, e di febbraio 2022 “Mali: gli eteri ideologici spiegano lo sfratto della Francia “.

[2] A questo proposito si veda il mio libro: “ Le guerre del Sahel dalle origini ai giorni nostri ”.

Henry Kissinger è preoccupato per il “disequilibrio”, di Laura Secor

Dopo tanti commenti apparsi sulla stampa internazionale, pubblichiamo l’articolo originale del Wsj, apparso il 12 agosto, incentrato su una conversazione della giornalista con Henry Kissinger. Buona lettura, Giuseppe Germinario 

A 99 anni, Henry Kissinger ha appena pubblicato il suo diciannovesimo libro, “Leadership: Six Studies in World Strategy”. È un’analisi della visione e delle conquiste storiche di un pantheon idiosincratico di leader del secondo dopoguerra: Konrad Adenauer, Charles DeGaulle, Richard Nixon, Anwar Sadat, Lee Kuan-Yew e Margaret Thatcher.

Negli anni ’50, “prima di essere coinvolto in politica”, mi dice il signor Kissinger nel suo ufficio nel centro di Manhattan in una calda giornata di luglio, “il mio piano era di scrivere un libro sulla creazione della pace e la fine della pace nel 19° secolo, a cominciare dal Congresso di Vienna, e quello si trasformò in un libro, e poi avevo circa un terzo di un libro scritto su Bismarck, e sarebbe finito con lo scoppio della prima guerra mondiale. Il nuovo libro, dice, “è una specie di continuazione. Non è solo una riflessione contemporanea».

Tutte e sei le figure profilate in “Leadership”, dice l’ex segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale, sono state modellate da quella che chiama la “seconda Guerra dei Trent’anni”, il periodo dal 1914 al 1945, e hanno contribuito a plasmare il mondo che seguì esso. E tutti combinavano, secondo Kissinger, due archetipi di leadership: il pragmatismo lungimirante dello statista e l’audacia visionaria del profeta.

Alla domanda se conosce qualche leader contemporaneo che condivide questa combinazione di qualità, dice: “No. Vorrei precisare che, sebbene DeGaulle avesse questo in sé, questa visione di se stesso, nel caso di Nixon e probabilmente di Sadat, o anche di Adenauer, non l’avresti saputo in una fase precedente. D’altra parte, nessuna di queste persone era essenzialmente tattica. Padroneggiavano l’arte della tattica, ma avevano una percezione dello scopo quando sono entrati in carica”.

Non si va mai a lungo in una conversazione con il signor Kissinger senza sentire quella parola – scopo – la qualità che definisce il profeta, insieme a un’altra, equilibrio , la preoccupazione guida dello statista. Dagli anni ’50, quando era uno studioso di Harvard che scriveva di strategia nucleare, il signor Kissinger ha inteso la diplomazia come un atto di equilibrio tra le grandi potenze oscurate dal potenziale di una catastrofe nucleare. Il potenziale apocalittico della moderna tecnologia delle armi, a suo avviso, rende il mantenimento di un equilibrio di potenze ostili, per quanto a disagio possa essere, un imperativo prioritario delle relazioni internazionali.

“Nel mio modo di pensare, l’equilibrio ha due componenti”, mi dice. “Una sorta di equilibrio di potere, con l’accettazione della legittimità di valori talvolta opposti. Perché se credi che il risultato finale del tuo sforzo debba essere l’imposizione dei tuoi valori, allora penso che l’equilibrio non sia possibile. Quindi un livello è una sorta di equilibrio assoluto”. L’altro livello, dice, è “l’equilibrio di condotta, il che significa che ci sono limitazioni all’esercizio delle proprie capacità e del proprio potere in relazione a ciò che è necessario per l’equilibrio generale”. Raggiungere questa combinazione richiede “un’abilità quasi artistica”, dice. “Non capita molto spesso che gli statisti abbiano mirato ad esso deliberatamente, perché il potere aveva così tante possibilità di essere ampliato senza essere disastroso che i paesi non hanno mai sentito quel pieno obbligo”.

Il signor Kissinger ammette che l’equilibrio, sebbene essenziale, non può essere un valore in sé. “Ci possono essere situazioni in cui la convivenza è moralmente impossibile”, osserva. “Ad esempio, con Hitler. Con Hitler era inutile discutere di equilibrio, anche se ho una certa simpatia per Chamberlain se pensava di aver bisogno di guadagnare tempo per una resa dei conti che pensava sarebbe comunque inevitabile.

C’è un accenno, in “Leadership”, della speranza del Sig. Kissinger che gli statisti americani contemporanei possano assorbire le lezioni dei loro predecessori. “Penso che il periodo attuale abbia grandi difficoltà a definire una direzione”, dice il signor Kissinger. “È molto sensibile all’emozione del momento.” Gli americani si oppongono a separare l’idea di diplomazia da quella di “rapporti personali con l’avversario”. Tendono a vedere i negoziati, mi dice, in termini missionari piuttosto che psicologici, cercando di convertire o condannare i loro interlocutori piuttosto che di penetrare il loro pensiero.

Il signor Kissinger vede il mondo di oggi sull’orlo di un pericoloso squilibrio. “Siamo sull’orlo della guerra con Russia e Cina su questioni che in parte abbiamo creato, senza alcuna idea di come andrà a finire o cosa dovrebbe portare”, dice. Potrebbero gli Stati Uniti gestire i due avversari triangolando tra loro, come durante gli anni di Nixon? Non offre una semplice ricetta. “Non puoi solo ora dire che li separeremo e li metteremo l’uno contro l’altro. Tutto quello che puoi fare è non accelerare le tensioni e creare opzioni, e per questo devi avere uno scopo”.

Sulla questione di Taiwan, il signor Kissinger è preoccupato che gli Stati Uniti e la Cina stiano manovrando verso una crisi e consiglia fermezza da parte di Washington. “La politica attuata da entrambe le parti ha prodotto e consentito il progresso di Taiwan in un’entità democratica autonoma e ha preservato la pace tra Cina e Stati Uniti per 50 anni”, afferma. “Bisogna quindi stare molto attenti alle misure che sembrano cambiare la struttura di base”.

Il signor Kissinger ha corteggiato le polemiche all’inizio di quest’anno suggerendo che politiche incaute da parte degli Stati Uniti e della NATO potrebbero aver innescato la crisi in Ucraina. Non vede altra scelta che prendere Vladimir Putinha dichiarato seriamente le preoccupazioni per la sicurezza e ritiene che sia stato un errore per la NATO segnalare all’Ucraina che alla fine avrebbe potuto unirsi all’alleanza: “Pensavo che la Polonia, tutti i paesi occidentali tradizionali che hanno fatto parte della storia occidentale, fossero membri logici di Nato”, dice. Ma l’Ucraina, a suo avviso, è un insieme di territori un tempo annessi alla Russia, che i russi vedono come propri, anche se “alcuni ucraini” non lo fanno. La stabilità sarebbe servita meglio agendo da cuscinetto tra la Russia e l’Occidente: “Sono stato a favore della piena indipendenza dell’Ucraina, ma ho pensato che il suo ruolo migliore fosse qualcosa come la Finlandia”.

Dice, tuttavia, che il dado è stato tratto. Dopo il modo in cui la Russia si è comportata in Ucraina, “ora ritengo, in un modo o nell’altro, formalmente o meno, che l’Ucraina debba essere trattata in seguito a ciò come un membro della NATO”. Tuttavia, prevede un accordo che preservi i guadagni della Russia dalla sua incursione iniziale nel 2014, quando ha sequestrato la Crimea e parti della regione del Donbas, sebbene non abbia una risposta alla domanda su come un tale accordo sarebbe diverso dall’accordo fallito stabilizzare il conflitto 8 anni fa.

La pretesa morale rappresentata dalla democrazia e dall’indipendenza dell’Ucraina – dal 2014, chiare maggioranze hanno favorito l’adesione all’UE e alla NATO – e il terribile destino del suo popolo sotto l’occupazione russa si inserisce goffamente nell’arte di governo di Kissinger. Se evitare la guerra nucleare è il bene più grande, cosa è dovuto ai piccoli stati il ​​cui unico ruolo nell’equilibrio globale è quello di essere agito da quelli più grandi?

“Come coniugare la nostra capacità militare con i nostri scopi strategici”, riflette Kissinger, “e come metterli in relazione con i nostri scopi morali: è un problema irrisolto”.

Ripensando alla sua lunga e spesso controversa carriera, tuttavia, non è incline all’autocritica. Alla domanda se ha rimpianti per i suoi anni al potere, risponde: “Da un punto di vista manipolativo, dovrei imparare un’ottima risposta a questa domanda, perché viene sempre posta”. Ma mentre potrebbe rivisitare alcuni punti tattici minori, nel complesso, dice: “Non mi torturo con cose che avremmo potuto fare diversamente”.

https://www.wsj.com/articles/henry-kissinger-is-worried-about-disequilibrium-11660325251

 

Gli Stati Uniti hanno appena ammesso di intromettersi nella politica estera indiana, ma non ammettono ancora la sconfitta, di Andrew Korybko

una ostinazione che pagheremo drammaticamente nei prossimi anni con esiti destinati a rinsaldare mire egemoniche contrastanti ancora sopite. Una possibile dinamica che, per altro, l’autore tende a rimuovere o sottovalutare. Giuseppe Germinario

Commento

Ciò suggerisce fortemente che gli Stati Uniti raddoppieranno la loro politica fallita con la stessa passione con cui l’India ha raddoppiato la dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità, il che potrebbe portare quelle Grandi Potenze ad allontanarsi ulteriormente nei prossimi mesi.

Qualsiasi osservatore obiettivo si è reso conto sin dall’inizio di quello che la Russia ha chiamato operazione speciale in Ucraina; che gli Stati Uniti stavano esercitando pressioni aggressive su tutti i paesi affinché condannassero e sanzionassero Mosca nonostante Washington avesse negato la sua intenzione di intromettersi nelle loro politiche estere. Dopo aver reimposto con successo la sua egemonia unipolare fino a quel momento in declino sull’intera UE, l’America si è prontamente mossa per replicare la sua azione rispetto all’India, sebbene quello stato-civiltà dell’Asia meridionale abbia respinto con orgoglio tutte le pressioni degli Stati Uniti e persino raddoppiato sulla  dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità .

Tuttavia, gli Stati Uniti hanno continuato a dare gas al mondo affermando di non aver mai avuto alcuna intenzione del genere, di intromettersi nella politica estera indiana; eppure, il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha appena lasciato il gatto fuori dal sacco durante una conferenza stampa mercoledì. Ha ammesso che “riconosciamo anche, come dicevo solo un momento fa, che questo non è premere un interruttore della luce. Questo è qualcosa che, soprattutto per i paesi che hanno relazioni storiche con la Russia, relazioni che, come nel caso dell’India, risalgono a decenni fa, sarà una proposta a lungo termine per riorientare la politica estera lontano dalla Russia”.

Non c’è altro modo per interpretare questa affermazione come qualcosa di diverso da una conferma ufficiale che gli Stati Uniti stanno effettivamente tentando di intromettersi nella politica estera dell’India continuando a fare pressioni su di essa per ridimensionare le relazioni con la Russia. Tuttavia, Price continua a non ammettere che questa politica sia fallita da quando in precedenza ha deviato dopo che un giornalista gli ha ricordato gli ultimi fatti collegati al partenariato strategico russo-indiano, in particolare per quanto riguarda l’ acquisto massiccio da parte dell’India del petrolio del suo partner, la consegna di Mosca di sistemi di difesa aerea S-400 a Delhi e la partecipazione di quello stato dell’Asia meridionale alle imminenti esercitazioni multilaterali.

Ciò suggerisce fortemente che gli Stati Uniti raddoppieranno la loro politica fallita con la stessa passione con cui l’India ha raddoppiato la dimensione russa della sua grande strategia a doppia tripolarità, il che potrebbe portare quelle Grandi Potenze ad allontanarsi ulteriormente nei prossimi mesi. Delhi non ha alcun desiderio di prendere le distanze né da Mosca né da Washington, ma non concederà unilateralmente in nessun caso su questioni che considera nei suoi interessi nazionali oggettivi. Ecco perché continua a espandere in modo completo i legami con la prima mentre critica pubblicamente quest’ultimo per averlo pressato.

La sorprendente ammissione di Price sull’aggressiva campagna di pressione dell’America contro l’India potrebbe in definitiva essere vista con il senno di poi come un punto di svolta nelle loro relazioni bilaterali. Tutti gli osservatori obiettivi sapevano già del piano degli Stati Uniti, ma è tutta un’altra cosa che il portavoce del Dipartimento di Stato lo confermi ufficialmente. Nessun paese che si rispetti e fiducioso come l’India potrebbe mai accettare che un altro paese parli apertamente di ingerenza nella sua politica estera, motivo per cui ci si dovrebbe aspettare che protesterà pubblicamente o almeno lo affronterà a porte chiuse.

Gli Stati Uniti di solito esprimono pubblicamente i loro problemi con altri paesi, tuttavia, a differenza della Russia che mantiene discreti i disaccordi con l’ambasciatore indiano per le recenti lodi di Mosca ai suoi ospiti mentre parla con Sputnik durante l’India Day Festival della scorsa settimana. Di conseguenza, e considerando che le discussioni private tra America e India finora non sono riuscite a appianare le loro divergenze sulla Russia, non ci sono ragioni per prevedere che la risposta diplomatica di Delhi (sia essa pubblica e/o privata) convincerà Washington ad abbandonare la sua campagna di pressione egemonica.

https://korybko.substack.com/p/the-us-just-admitted-to-meddling?utm_source=substack&utm_medium=email

Il problema strategico della Cina e della Russia_ di: George Friedman

Un saggio che adombra molto bene i margini e gli azzardi dei quali dispone, o presume di disporre, l’attuale amministrazione statunitense nella gestione contemporanea di due parti a confronto. Entro questi margini si gioca l’eventualità di un sodalizio sempre più solido di Russia e Cina, con la Russia più determinata e la Cina che spera di trarre ancora ulteriori vantaggi da un approccio multilaterale senza alleanze predefinite e dal mantenimento della precedente dinamica di globalizzazione. Mancano per la verità altri attori, in particolare l’India, in grado di rovesciare definitivamente il tavolo, una volta eventualmente schierati con gli emergenti. Una partita ancora tutta da giocare. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La guerra in Ucraina, ormai vecchia di circa 6 mesi, è strategicamente importante per una serie di ragioni. Se la Russia sconfiggerà l’Ucraina e prenderà il controllo del paese, le sue forze saranno al confine dell’Europa orientale. Una presenza russa al confine europeo trasformerebbe gli equilibri di potere nell’Atlantico, costringendo così inevitabilmente gli Stati Uniti a schierare forze a difesa dell’Europa.

Quali fossero le intenzioni della Russia all’inizio dell’invasione importa poco. Le intenzioni cambiano e la strategia non deve essere ottimista. Quindi la posta in gioco nella guerra ucraina è la possibile resurrezione della Guerra Fredda, con tutti i rischi che ne derivano. Dal punto di vista americano, ingaggiare la Russia attraverso le truppe ucraine in Ucraina è molto meno rischioso di un’altra Guerra Fredda.

La Guerra Fredda non ha portato a una guerra su vasta scala, solo la paura della guerra. I timori occidentali delle intenzioni sovietiche superarono le capacità sovietiche. La loro paura, a sua volta, ha tenuto unita la NATO, con grande dispiacere dei leader a Mosca. Nessuna delle loro peggiori paure si è avverata, e quindi il crollo dell’Unione Sovietica ha avuto più a che fare con il marciume interno che con la minaccia esterna. Non è chiaro se una futura Guerra Fredda si svolgerà come l’ultima, ma una cosa è probabile: data l’esistenza delle armi nucleari, la prima linea di una nuova Guerra Fredda rimarrebbe statica e lo status quo da entrambe le parti rimarrebbe rimangono intatti fintanto che nessuno dei due lati si è frammentato. Sarebbe un risultato costoso e pericoloso, poiché la storia non ha bisogno di ripetersi. Ma il crollo dell’Ucraina porrebbe minacce che potrebbero essere contenute, per quanto costose e pericolose.

Le vulnerabilità della Cina ei suoi tentativi di superarle sono potenzialmente più pericolose. Come per la Russia, la questione centrale è la geografia. Per la Russia, il problema è che il confine ucraino è a meno di 300 miglia da Mosca, e la Russia è sopravvissuta a molteplici invasioni solo in virtù della distanza di Mosca dagli invasori, una distanza che il crollo dell’Unione Sovietica ha chiuso. L’ossessione della Russia per l’Ucraina ha lo scopo di correggere questo problema. Il problema geografico della Cina è che è diventata una potenza di esportazione e come tale dipende dal suo accesso all’Oceano Pacifico e alle acque adiacenti. Gli Stati Uniti vedono il libero accesso cinese al Pacifico come una potenziale minaccia alla propria profondità strategica, qualcosa di fondamentale per gli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale. L’accesso cinese al Pacifico è bloccato da una serie di stati insulari: Giappone, Taiwan, Filippine e Indonesia, indirettamente sostenute da potenze vicine come Australia, India e Vietnam. Non tutti sono alleati americani, ma tutti hanno interessi comuni contro l’espansione navale cinese. La Cina vuole difendere la sua profondità strategica conquistandola e controllandola. Gli Stati Uniti vogliono difendere la propria profondità strategica difendendola.

Alla dimensione geografica si aggiunge una dimensione economica. L’economia cinese dipende dalle esportazioni e gli Stati Uniti sono il suo maggiore cliente. Pechino ha anche bisogno di continui investimenti statunitensi, poiché il suo sistema finanziario è sottoposto a forti pressioni.

La Russia sta tentando di rivendicare la profondità strategica, ed è entrata in essa ben sapendo le conseguenze finanziarie che avrebbe creato. In altre parole, ha sopportato danni finanziari in cambio di sicurezza strategica. Finora, non ha acquisito sicurezza strategica e ha assorbito notevoli danni finanziari distribuendo alcuni dei suoi all’Europa.

La Cina sta cercando una soluzione strategica evitando il danno economico che un’ulteriore espansione probabilmente porterebbe. Il suo principale avversario su entrambi i fronti sarebbero gli Stati Uniti. Quindi la Cina sta sondando gli Stati Uniti, cercando di capire le sue potenziali risposte. La risposta alla visita del presidente della Camera Nancy Pelosi ha spinto i limiti di un’invasione di Taiwan. Ciò che la Cina ha appreso sull’esercito americano non è chiaro, ma ha appreso che l’innesco delle azioni economiche americane risiede al di là della manifestazione cinese.

L’obiettivo dell’America in Ucraina, quindi, è negare alla Russia la profondità strategica che desidera per limitare la minaccia russa all’Europa. Con la Cina, il suo obiettivo è mantenere la profondità strategica americana per evitare che la Cina minacci gli Stati Uniti o ottenga una portata globale.

Le questioni sono simili in linea di principio, ma la posta in gioco per gli Stati Uniti non lo è. Per Washington, la questione Cina è molto più importante della questione Russia. Una vittoria russa in Ucraina ridisegnerebbe i confini non ufficiali e aumenterebbe i rischi. Un successo cinese creerebbe una potenza più globale che sfida gli Stati Uniti e i suoi alleati in tutto il mondo.

Le conseguenze della guerra sono sempre significative. Il coinvolgimento degli Stati Uniti aggiunge costi economici all’equazione. Finora, la Russia ha assorbito i costi. La Cina potrebbe non essere in grado di farlo, considerando che la sua economia è attualmente vulnerabile. Ma le nazioni vivono di economia e sopravvivono di sicurezza. In questo senso, sembrerebbe che la Russia sia meno interessata ai negoziati rispetto alla Cina.

Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si incontreranno a metà novembre, in una conferenza in Indonesia o in Thailandia. Se l’incontro avrà luogo, sarà il primo dalla loro teleconferenza di maggio. Tra gli Stati Uniti e la Russia stanno avvenendo solo colloqui informali e di back-channel. La Cina ha bisogno di un’economia stabile ora più di quanto abbia bisogno del comando dei mari. La Russia sembra in grado di sopravvivere a ciò che è stato affrontato economicamente, ma non ha spezzato la schiena alle forze ucraine. La Cina è più vicina alla crisi economica della Russia e quindi non è disposta a rischiare la guerra con gli Stati Uniti. Parlerà, se non si accontenterà. La situazione economica e militare della Russia è oscura nel lungo periodo. Gli Stati Uniti hanno a che fare con Cina e Russia a un prezzo abbastanza basso e possono gestire entrambe in questo momento. Russia e Cina devono cercare di aumentare i costi per gli Stati Uniti

È un’equazione vertiginosa ma non insolita. La Cina ha bisogno di raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti. La Russia non ha questo bisogno. Gli Stati Uniti sono flessibili.

https://geopoliticalfutures.com/china-and-russias-strategic-problem/?tpa=NTk0ZWM2MDNhN2ViMWFmZmQ4NTE3YzE2NjE0NDE3ODlhNWE5MTg&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_term=https://geopoliticalfutures.com/china-and-russias-strategic-problem/?tpa=NTk0ZWM2MDNhN2ViMWFmZmQ4NTE3YzE2NjE0NDE3ODlhNWE5MTg&utm_content&utm_campaign=PAID%20-%20Everything%20as%20it%27s%20published

L’esercito americano riscrive “furiosamente” la deterrenza nucleare per affrontare Russia e Cina, afferma il capo di STRATCOM, di Tara Copp

Il cane che si morde la coda. Giuseppe Germinario

Ma “l’esperienza dell’America non è quella che era alla fine della Guerra Fredda”, avverte l’ammiraglio Chas Richard.

Gli Stati Uniti stanno “furiosamente” scrivendo una nuova teoria della deterrenza nucleare che affronta simultaneamente Russia e Cina, ha affermato il comandante in capo dell’arsenale nucleare americano, e hanno bisogno che più americani lavorino su come prevenire la guerra nucleare.

I funzionari del comando strategico degli Stati Uniti hanno risposto a come sono cambiate le minacce di Mosca e Pechino quest’anno, ha affermato Chas Richard, capo della STRATCOM, ammiraglio della marina.

Mentre le forze russe hanno attraversato le profondità dell’Ucraina questa primavera, Richard ha detto di aver consegnato la prima valutazione del comandante del mondo reale su ciò che sarebbe servito per evitare una guerra nucleare. Ma la Cina ha ulteriormente complicato la minaccia e giovedì l’ammiraglio ha fatto una richiesta insolita agli esperti riuniti al Simposio sulla difesa spaziale e missilistica a Huntsville, in Alabama:

“Dobbiamo tenere conto delle [minacce] a tre”, ha detto Richard. “Questo è senza precedenti nella storia di questa nazione. Non abbiamo mai affrontato due avversari con capacità nucleare pari allo stesso tempo, che devono essere dissuasi in modo diverso”.

La necessità di una nuova teoria della deterrenza arriva quando l’esperienza istituzionale sull’evitare la guerra nucleare si è atrofizzata, ha detto Richard.

“Anche la nostra esperienza di deterrenza operativa non è quella che era alla fine della Guerra Fredda. Quindi dobbiamo rinvigorire questo sforzo intellettuale. E possiamo iniziare riscrivendo la teoria della deterrenza, ti dirò che lo stiamo facendo furiosamente alla STRATCOM”, ha detto Richard.

Per rispondere alla Russia questa primavera, gli Stati Uniti hanno lanciato squadre di posti di comando nucleari nel loro velivolo E-6 Mercury “Looking Glass”, che sono Boeing 707 militarizzati, per operazioni aviotrasportate estese. I leader militari hanno anche lavorato per ottenere i suoi altri comandi di combattimento sulla stessa pagina su come smorzare e bloccare l’escalation russa.

STRATCOM ha anche adottato misure per evolvere oltre la tradizionale teoria della deterrenza nucleare della “distruzione reciprocamente assicurata”, che postula che qualsiasi uso di armi nucleari comporterebbe un uso di rappresaglia e l’annientamento totale di tutte le parti e ha impedito la guerra nucleare per quasi 75 anni.

Questo perché all’inizio dell’invasione, il presidente russo Vladimir Putin ha suggerito che Mosca potrebbe rispondere a qualsiasi difesa occidentale dell’Ucraina con armi nucleari. I funzionari statunitensi temono, anche se non si aspettano, ciò potrebbe significare che la Russia utilizzerà testate più piccole in numero limitato su obiettivi specifici, piuttosto che lanciare la guerra termonucleare globale che avevano temuto per decenni.

“Mosca sta usando sia la coercizione nucleare implicita che quella esplicita”, ha detto Richard. “Stanno cercando di sfruttare un divario di deterrenza percepito, una soglia al di sotto della quale credono erroneamente di poter utilizzare armi nucleari”, come usando le loro armi tattiche, armi nucleari a corto raggio.

Le minacce hanno spinto STRATCOM a cambiare la sua reazione.

“Abbiamo alcune cose a due parti migliori che in realtà stanno funzionando abbastanza bene nell’attuale crisi che è radicalmente diversa”, ha detto Richard. “Non linearità, collegamenti, comportamento caotico, incapacità di prevedere: tutti attributi che semplicemente non compaiono nella classica teoria della deterrenza”.

“Ma questa è una versione a due parti”, ha detto Richard. E non tiene conto dei preoccupanti sviluppi dell’ipersonico cinese che potrebbe trasportare testate nucleari, delle ambizioni del presidente Xi Jinping nei confronti di Taiwan, delle lezioni che Pechino sta traendo dalla risposta occidentale all’Ucraina o della possibilità che Cina e Russia possano trovare vantaggioso unire le loro ambizioni e costringere gli Stati Uniti ad affrontare minacce nucleari simultanee.

“La Russia e la Repubblica popolare cinese hanno la possibilità di raggiungere unilateralmente, ogni volta che lo decidono, un’escalation di violenza a qualsiasi livello in qualsiasi ambito. Possono farlo in tutto il mondo e possono farlo con qualsiasi strumento di potere nazionale. Semplicemente non siamo abituati ad affrontare competizioni e scontri del genere”, ha detto Richard.

https://www.defenseone.com/threats/2022/08/us-military-furiously-rewriting-nuclear-deterrence-address-russia-and-china-stratcom-chief-says/375725/

Tan Bin: Gli Stati Uniti vogliono combattere una guerra per procura nello Stretto di Taiwan, dobbiamo vedere cinque punti chiaramente

Prime considerazioni successive all’incursione di Pelosi a Taiwan. La dirigenza cinese dovrà probabilmente calibrare meglio i toni e i contenuti comunicativi delle proprie posizioni. Nel 1996, una crisi analoga su Taiwan si trasformò in una debacle della sicumera cinese nei confronti degli Stati Uniti. Oggi, la postura è molto più cauta e la condizione oggettiva molto meno sfavorevole; le tracce di imbarazzante prosopopea, che inficiano la credibilità generale di una politica, rimangono pur attenuate. La disponibilità ad imparare con il tempo è una prerogativa della filosofia di vita dei cinesi. Vedremo le conseguenze nelle dinamiche interne al regime cinese in vista del prossimo congresso. Buona lettura, Giuseppe Germinario

[editorialista di Text/Observer Network Tan Bin]

Amici preoccupati per la grande causa della riunificazione della madrepatria e per lo sviluppo della situazione nello Stretto di Taiwan, l’autore ha cinque pensieri da condividere con voi:

In primo luogo, non si deve ignorare il soldato, l’evento più importante del Paese, il luogo della vita e della morte, il modo di vivere e di morire. L’entusiasmo patriottico del popolo è lodevole, ma i “consiglieri del personale” della gente comune in guerra non possono evitare la separazione. È più difficile abbinare informazioni e strategie al gioco di alto livello di Wen International. L’eccessiva interpretazione emotiva e l’eccessiva ansia sono inevitabili e normali.

In secondo luogo, sebbene la questione di Taiwan sia una questione lasciata dalla guerra civile, in ultima analisi, non è solo una questione di relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan, ma anche una questione di relazioni tra Cina e Stati Uniti. Se ci si limita a discutere di “Wu Tong”, si dovrebbero dire almeno tre punti:

1. Se è completamente preparato e tutto è a posto (non solo militari, ma anche diplomazia e opinione pubblica, comprese le disposizioni amministrative, del personale e legali dopo l’acquisizione, ecc.).

2. Ci deve essere un giudizio accurato sull’intervento militare statunitense e l’aspettativa strategica che una guerra con l’esercito americano sarà davvero combattuta.

3. Riesci a cogliere la finestra di opportunità quando gli Stati Uniti non hanno tempo per prendersi cura di me?

In terzo luogo, vista la situazione attuale, in particolare da parte nostra, le condizioni per l’impiego di truppe contro Taiwan non sono mature. Al contrario, gli Stati Uniti sono più disposti di noi a vedere lo Stretto di Taiwan diventare un nuovo punto caldo nel mondo e, proprio come trascinare la Russia in Ucraina, inventano anche una guerra per procura in Cina in cui gli Stati Uniti non pagano e il I cinesi combattono i cinesi. Da un lato, usa le guerre locali e, dall’altro, usa sanzioni senza fondo per consumare la Cina, isolare la Cina e interrompere il processo storico dell’ascesa della Cina.

Dovremmo solo combattere la guerra giusta al momento giusto, nel posto giusto, e non al momento giusto, nel posto giusto e come il nemico ritiene opportuno. Questa è una grande saggezza. Pertanto, sul campo di battaglia della guerra civile in corso in Cina, prendere l’iniziativa di distruggere la linea fissa militare del terzo in comando degli Stati Uniti non è un’opzione, né strategicamente né tatticamente.

In quarto luogo, cogliendo l’occasione offertaci dalla provocazione degli Stati Uniti, non solo la cosiddetta linea centrale dello Stretto di Taiwan è stata completamente cancellata, ma è la prima volta che si attua un live accerchiamento a tutto tondo. sparare un’esercitazione militare contro Taiwan, e sicuramente la trasformerà in una nuova normalità. Nei cuori dei taiwanesi, ma anche nei cuori delle persone in tutto il mondo, “Wu Tong” ha davvero fatto un grande passo avanti. A nostra volta, ci stiamo anche costringendo a sopperire quanto prima alle carenze nel lavoro di preparazione. In modo che quando il periodo di opportunità in futuro arriverà inaspettatamente, i tre eserciti possono muoversi nel vento!

In quinto luogo, dalla turbolenta opinione pubblica dei giorni scorsi si evince che “si può usare il cuore delle persone”. È solo che le autorità dovrebbero davvero apprezzarlo e seguire la guida. Non farlo andare dall’altra parte.

Nonostante ci siano alcune cose che in realtà non sono soddisfacenti, l’autore è comunque “ottimista” sulla tendenza generale, soprattutto per le nuove generazioni.

https://m.guancha.cn/tanbin/2022_08_04_652306.shtml

La cornice, di Pierluigi Fagan

CORNICE. Siamo tutti persi in un oceano di notizie relative a fatti. Ma in natura, nella realtà, i fatti sono connessi tra loro a fare il “mondo” e nel mondo ci sono attori intenzionali con strategie, strategie che vogliono far fronte a previsioni. Questi ultimi due elementi, strategia fatte su previsioni, fanno la cornice in cui s’inquadra il groviglio dei fatti del mondo. Vorrei fornire una versione interpretativa di questa cornice, poiché i molti fatti interagiscono proprio con la cornice, anche se spesso non la vediamo.
Il periodo moderno dura un po’ più di tre secoli. In esso, la parte che chiamiamo Occidente, prima solo Europa, poi Stati Uniti con Europa, ha dominato questo periodo storico. Colonialismo, imperialismo, sviluppo scientifico e tecnico (o forse il contrario), modo economico moderno, armi, conoscenza hanno garantito al sistema occidentale un incredibile potere sul resto del mondo. Questo ha permesso il poter importare materie, energie e lavoro a bassi costi per alimentare il modo economico che ha dato ordine dinamico alle nostre forme di vita associata. In questo mondo al nostro servizio, abbiamo poi esportato resti di produzione, scarti, disordine. Ogni forma di ordine, e la nostra lo è stata ai massimi livelli, paga un tributo di disordine che noi abbiamo esternalizzato.
Settanta anni fa, tre dinamiche della nostra parte di mondo, hanno agito non intenzionalmente sul mondo più ampio. La prima è stata il progresso tecno-scientifico che ha in parte debellato malattie che falcidiavano le natalità. La seconda è stata una parte specifica di questo progresso, nata in Giappone e poi ripresa da laboratori americani, ovvero la manipolazione genetica delle piante, prima il frumento, poi il riso. Non solo quindi le persone che nascevano morivano di meno di prima, ma poi crescevano alimentate e più sane, ampliando il registro dei viventi. Infine, la terza, è stata la spinta automatica al nostro modo economico di andare a colonizzare questo nuovo mondo di genti in inflazione demografica per cooptarle nell’economia di mercato cantando l’inno della “globalizzazione”. Tutte e tre le dinamiche, per quanto in larga parte non intenzionali, hanno però avuto anche un agente intenzionale, gli Stati Uniti d’America. Questo perché gli USA, nel dopoguerra, divennero presto consapevoli che il mondo più ampio andava in qualche modo curato e stabilizzato visto che in vari modi vi dipendevamo, non certo per bontà d’animo, per interesse.
Capitò così di esserci triplicati in soli settanta anni, cosa mai avvenuta nella storia umana planetaria, in così poco tempo, partendo da già 2,5 miliardi di persone. Non si è trattata solo di una trasformazione quantitativa, ma anche qualitativa anche perché è proprio questa nuova qualità sanitaria ed alimentare in primis, ad aver prodotto questo nuova quantità. Ma il modo economico moderno che è il nostro ordinatore, imponeva anche una nuova dinamica globale. Tale modo funziona con uno scalino, una asimmetria per la quale un maggiore domina e sfrutta un minore mentre “risolve problemi” (dei quali alcuni li inventa, altri li risolve ma creandone di nuovi). Ma tale assetto asimmetrico non deve esser troppo pronunciato, il minore deve comunque avere facoltà di giocare lo stesso gioco del maggiore. Il maggiore, per esser tale, deve portare il minore dentro il gioco altrimenti senza gioco non ordina il mondo mentre acquisisce l’ordine di cui si alimenta per esser il maggiore.
Così s’è seguita la logica di questo ordinatore che è appunto l’economico nella sua forma moderna che alcuni chiamano capitalismo. Purtroppo, ogni ordinatore è solo una parte della complessità del tutto. Altre volte, nella storia, qualcuno s’era convinto che l’ordine potesse esser militare e così fece imperi dalla brillante crescita repentina ed altrettanto repentino collasso. Qualcun altro si convinse si potesse usare l’ordinatore religioso, ma anche qui non s’erano fatto i conti con i più prosaici problemi della complessità della vita umana in società. L’economico prometteva invece, ed oltretutto spalleggiato dal militare e dalla cultura ora in senso più ampio che non solo quella religiosa, di poter far da ordinatore efficiente tenendo nello stesso gioco il maggiore ed il minore a debita distanza, ma non troppo distante.
Il calcolo si rivelò giusto per un tratto, poi non più idoneo, perché? Allargato il circuito della ricchezza e condiviso il modo economico moderno, altre parti del mondo hanno cominciato a crescere da par loro. Ad un certo punto recente, alcuni hanno intuito con sbigottimento e terrore che la dura logica della massa numerica, avrebbe fatto sì che a parità crescente di altre condizioni, il minore era destinato a diventare il maggiore. Gli economisti occidentali, i sacerdoti della nuova religione ordinativa, hanno prodotto un paio di teorie sulla crescita economica che però saltano a piè pari l’ovvietà per la quale, a parità (più o meno) di altre condizioni, la massa del sistema su cui si applica il modo economico moderno, fa la differenza. Oggi tutto l’Occidente, Europa ed Anglosfera, pesa solo il 16% del mondo, era più del 30% ai primi del Novecento ma al di là della numerica, allora la distanza qualitativa di tutti i fattori di potenza tra Occidente e resto del mondo era inarrivabile. Oggi quella numerica è tracollata e continuerà a scendere nei prossimi decenni e la distanza qualitativa si sta accorciando in fretta. Vi sono poi altri problemi legati al fine ciclo di crescita delle economie ipersviluppate (lo sviluppo non è infinto e non solo per ragioni termodinamiche), ma non ci soffermiamo. Il maggiore è quindi inesorabilmente destinato a non esser più tale. Che fare?
L’attuale vertice del potere del capobranco occidentale ovvero gli Stati Uniti d’America, ha varato una strategia per far fronte al problema. Almeno in termini di “comprare tempo” ovvero diluire in un più ampio tempo, questa contrazione di potenza che era ciò che garantiva la posizione del maggiore. Poi si vedrà. La strategia prevede di tagliare il mondo in due, da una parte rimane il maggiore ovvero l’Occidente con al centro gli Stati Uniti ed una più ampia possibile costellazione gravitante, dall’altra si vorrebbe confinare il minore che sta crescendo minacciando i rapporti di forza, quindi di potenza. La potremo dire una strategia sistemica.
Gli Stati Uniti, giustamente, ragionano per sistemi poiché sanno che la complessità di un mondo oggi a 8, tra trenta anni 10 miliardi di persone in 200 stati, con una crescente caterva di problemi endogeni ed esogeni (tra cui problemi davvero molto seri di tipo ambientale di cui si parla troppo poco e climatici di cui spesso si parla ma male), non si può tentar di ordinare se non attraverso sistemi che dominano sistemi.
Così, dall’inizio di questo anno, siamo finiti in questa Grande Accelerazione, che è solo la reazione alla Grande Accelerazione avvenuta nel mondo negli ultimi settanta anni. Con la tecnica del “c’è un provocatore ed un provocato”, gli USA hanno finalmente ottenuto -dopo essersi impegnati per anni- che la Russia invadesse l’Ucraina. Questo ha spinto, volenti o nolenti, gli europei a stringersi a coorte con gli Stati Uniti. L’accorpamento organico tra Stati Uniti ed Europa era il primo requisito della strategia poiché fa “sistema” e sistema obiettivamente di grande peso. Poiché i due attori hanno molto in comune, ma anche qualche altrettanto obiettiva potenziale divergenza di interessi, per storia, geografia, assetto economico e soprattutto forma visto che uno è uno Stato e l’altra è un Mercato con un po’ di istituzioni di servizio, questo accorpamento “senza se e senza ma” era, appunto, essenziale.
Ora gli Stati Uniti stanno cercando di replicare la strategia “c’è un provocatore ed un provocato” in Asia per accorpare i già organici alleati (Giappone ed Australia), quelli più titubanti (Corea del Sud), quelli potenziali ma molto ambigui o meglio con una loro strategia di più equilibrato bilanciamento (India) per poi scalare la piccola Europa sud-est asiatica ovvero i dieci stati ASEAN. Questo quadrante è assai più complicato del precedente, per varie ragioni e la Cina non è la Russia sotto tanti e diversi aspetti strutturali e culturali (cosa che a gli strateghi americani tenderà a sfuggire). E’ proprio il contesto asiatico (60% del mondo) ad essere per certi versi alieno all’esperienza e conoscenza profonda occidentale, viepiù quella americana.
Se in quello europeo la stanchezza per la guerra ucraina e le contraddizioni economiche che tenderanno a riflettersi in problemi sociali e quindi politici dovesse allentare la tensione, è pronta la versione “c’è un provocatore ed un provocato” a base di targhe automobilistiche serbe-kosovare. Poi ci sarà l’Artico.
Seguono poi tanti altri fatti geopolitici in Medio Oriente e Sud America ed altri a più dimensioni, tra cui il come detto “Artico”, lo spazio, la corsa tecnologica, ma non possiamo soffermarci.
Quindi, in conclusione, questa è la cornice dei fatti, i fatti sono tra loro intrecciati, il tutto -piaccia o no- è molto complesso, non ha alcun senso trattarlo con codici morali poiché è un problema concreto e, come si sarà capito, strategico ai massimi livelli, storico, epocale ed esiziale.
Fatta la cornice, a Voi metterci l’immagine di mondo.
SINCRONIE. Giusto oggi ricorre l’annuale Overshoot Day, il giorno statisticamente calcolato in cui abbiamo consumato tutte le risorse naturali che avremmo dovuto consumare in un anno. Giusto stamane ho terminato “Dove sono?”, una riflessione sui temi del nuovo Regime Ambientale portata avanti da Bruno Latour. Proprio Latour, è stato colui che ha ripreso, da qualche anno, il concetto di Gaia a tema delle sue riflessioni socio-antropo-filosofiche. E proprio l’altro ieri, è morto il padre del concetto di Gaia, James Lovelock, anch’egli in stato di sincronia avendo deciso esser giunto il momento di non più resistere all’entropia, ovvero morire, proprio il giorno del suo centotreesimo compleanno. Giusto ieri, stavo rileggendo il testo di un mio intervento ad un convegno tenuto tre anni fa proprio per i cento anni di Lovelock. Ne consegue questo post che però non ha alcuna ambizione se non condividere i ragionamenti stimolati da queste sincronie.
Lovelock presentò il concetto di Gaia negli anni Sessanta, decennio in cui nacque l’ecologia moderna e da cui oggi pensiamo partì la Grande Accelerazione. Latour riassume il concetto in quella fascia di circa sei chilometri, tre sopra il nostro suolo e tre sotto, che forma la pellicola dei viventi sul pianeta.
Lovelock, di base, era un chimico e chimico è il minimo comun divisore di tutto ciò che si trova in quella fascia, animali, piante, microbi e virus, acque, arie, terre, elementi. La chimica non ha mai sviluppato una sua filosofia importante, come le attigue fisica e biologia. Peccato perché: a) è natura e grammatica di ogni cosa che è, ad un livello più complesso della fisica ed oltretutto a cavallo dai regni del vivente e non vivente che sono nostre categorie; b) è base di complessità avendo almeno 98 varietà base (almeno sulla Terra) che tendono ad unirsi in molecole (a parte i gas “nobili” che se ne stanno ostinatamente per conto loro ma sono solo sei) dando vita, appunto, al tutto ciò che è.
L’idea originaria di Lovelock ha avuto vita travagliata. Lui stesso ne ha offerto diverse versioni, non quanto a forma, ma quanto a comportamento. Nata come “ipotesi” poi l’ha intesa “teoria” con varianti pensate da lui o contro di lui o partendo dalla sua intuizione ma andando per altre vie. Il catalogo sommario dice: Gaia influente, Strong o moderate hypotesys, omeostatica o omeodinamica con equilibri successivi (Daisyworld), con approfondimenti di geochimica, degli accoppiamenti coevolutivi, fino alla nascita di contro ipotesi come la Snowball Earth, la CLAW poi anti-CLAW, la nemesi di Gaia ovvero l’Ipotesi Medea etc.
Trattata e screditata addirittura come idea new age (il termine Gaia venne suggerito da un romanziere come altro nome di Gea che poi è desinenza di Geologia, Geografia, Geopolitica etc.) quando ancora il Capitale vedeva questi argomenti come intralci per la propria libera riproduzione ovvero quando ancora non aveva capito come sfruttarne la problematicità per alimentare una nuova “rivoluzione industriale”. La co-autrice dell’idea, Lynn Margulis, a sua volta considerata a lungo eretica per le sue idee che oggi sono assunte nel mainstream bio-evoluzionistico, la definiva “Tendenza del Sistema Biocibernetico Universale all’ Omeostasi”, sistema composto dai sottosistemi di geo-idro-pedosfera + biosfera + atmosfera.
Idea per altro già intuita da von Humboldt e Vernadskj. Lovelock, come detto, era un chimico e chimico era anche Vernadskj e prima ancora James Hutton, padre della geologia moderna che pure aveva proferito intuizioni simili, così come Crutzen a cui si deve l’ipotesi del concetto di Antropocene. Pare che i chimici vedano sistemi come loro prima ontologia spontanea, peccato non abbiano filosofato di più.
Non è un caso che Goethe parlasse di affinità elettive per un romanzo di coppia che poi si scinde e si riassortisce e non è un caso che tanto per la chimica che per i rapporti umani si parli di legami. Ma le variegate versioni e forme dell’eterno idealismo occidentale che nasce da Platone, ha vertice invece nel concetto di assoluto, “ab solutus” cioè sciolto da legami. Concetto poi erroneamente attribuito ad atomo, visto che dei 98 naturali solo sei hanno questo comportamento repulsivo, gli altri si accoppiano all’impazzata spinti da una certa bramosia a cercar stabilità attraverso le formazioni di interrelazione stabile che chiamiamo molecole. O se poi sciolgono legami è solo per allacciarne di nuovi.
Lasciamo ora il Lovelock, diventato poi nel tempo critico verso certo ambientalismo catastrofista, a favore del nucleare, della geoingegneria spinta e da ultimo, innamorato delle ipotesi neo-coscienziali dell’Artificial Intelligence. Passiamo allora a Latour che va da tutt’altra parte. Innanzitutto, avendo origini socio-antropologiche, ci mette dentro noi umani come “forma di vita” che, nella definizione di Lovelock è: un sistema dotato di perimetro entro il quale l’energia è usata per formare ordini dinamici (diminuendo l’entropia) e fuori del quale si ricava energia ordinata e si espelle energia disordinata aumentando l’entropia generale. un sistema dotato di perimetro entro il quale l’energia è usata per formare ordini dinamici (diminuendo l’entropia) e fuori del quale si ricava energia ordinata e si espelle energia disordinata aumentando l’entropia generale.
La definizione vale per l’individuo vivente (animale o pianta), l’uomo, la società umana, l’economia moderna, i nostri Stati-nazione. Ognuno dei quali è “nel” mondo in cui viviamo, ma al contempo e poco notato, nel mondo “di cui” viviamo. A dire che a parte le specie autotrofe (in sostanza i vegetali) noi altri animali siamo eterotrofi e quindi il mondo di cui viviamo è molto più ampio di quello in cui viviamo. Il che ci interroga su che tipo di relazioni averne.
Latour ne conclude una nuova classificazione politica tra Estrattori (chi vuole continuare ostinatamente nel modo moderno infischiandone dei limiti di compatibilità che ormai non sono più solo ecologici ma anche geopolitici, ad esempio: chi ha diritto di emettere CO2 in eccesso?) e Rammendatori, secondo una linea che va verso la “comunità di destino” alla Morin, una sorta di nuovo “in comune” sul piano eco-politico (geopolitico) ed inaspettato universale basato su realismo, materialismo e pragmatismo. Ma la riflessione è più ampia coinvolgendo concetti di sovranità, autonomia ed eteronomia, identità, sovrapposizione, sconfinamento, limiti, interdipendenze, intersezionalità, sussistenza e riproduzione, vari tipi di crisi inclusa quella pandemica. Il tutto con vari ricorsi paralleli a Gregory Samsa e la sua kafkiana Metamorfosi, in una sorta di trasvalutazione dei valori che connota la nostra epoca quanto ad immagini di mondo, ancora ampiamente riferite ed un mondo che non c’è più, non ancora idonee a quello in cui siamo capitati ed in cui di orientiamo a fatica.
Nel frattempo, secondo gli statistici dell’Overshoot Day, ci siamo mangiati in sette mesi, il necessario dei dodici, ma solo perché siamo ancora nell’onda lunga del lockdown planetario, una mano santa dal punto di vista del “rallentamento”, un rallentamento da alcuni gradito, da altri -alcuni insospettabili- rifiutato al grido arrabbiato di “ridateci la normalità”.
Chiudo. Non c’è alcuna conclusione, né nel post, né nel libro di Latour (sebbene faccia finta di scriverne una, così tanto per non lasciare troppa roba per aria). Una, forse, potrebbe esser l’invito a considerare questi temi espressi e quelli connessi che abbiamo dovuto tagliare per ragioni di spazio. Sono tanti, complessi cioè non solo tanti ma intrecciati ed interdipendenti tra loro, non lineari nel comportamento, autoriflessi, un vero marasma. A fronte di tutto ciò, evitate come la peste gli eccessivamente ansiosi, i negazionisti di principio, quelli che non vedono i problemi ma solo chi se ne approfitta, i riduzionisti, quelli che hanno una forma mentale non in grado di ospitare l’argomento e tuttavia giudicano o sentenziano.
Siamo in un nuovo stato del mondo (a 8 miliardi tra tre mesi e mezzo), l’immagine che ne abbiamo (l’assieme di categorie, logiche, teorie, ideologie, conoscenze, memorie etc.) è vecchia, dei secoli precedenti, non tutto cambia ma molto sì. È necessario continuare l’esplorazione ovvero tenere l’argomento aperto ed esplorarlo in quanti più è possibile, ci metteremo decenni a formulare una nuova mentalità prima, nuove società e modi di viverle poi, come è sempre stato nelle grandi transizioni storiche. Perché farlo? Non lo so.
“Resterà sempre sconcertante che per prime generazioni sembrino aver portato il fardello della loro fatica a beneficio esclusivo delle generazioni future … e che solo l’ultima avrà la fortuna di abitare nell’edificio compiuto” diceva un prussiano. Questa generosità verso i futuri forse ha a che fare col senso di essere umani, ma lascio a voi la risposta.
[La foto NASA è ritoccata, ma ci serve come concetto visivo in accordo al testo, a proposito di immagini di mondo]

LE TRASFORMAZIONI PERICOLOSE DELLA NATO, a cura di Luigi Longo

LE TRASFORMAZIONI PERICOLOSE DELLA NATO

a cura di Luigi Longo

 

Nel mio ultimo scritto su La NATO (pubblicato su questo sito il 7 Luglio m.s.) ho evidenziato le sue tendenze di trasformazione che riguardano, oltre la sfera militare, anche quella economica, del territorio, del sociale, della ricerca, della penetrazione e dell’ampliamento dell’area di influenza ad Est e nel Medio Oriente. Inoltre ho sottolineato che con il decollo della fase multicentrica la NATO diventa lo strumento degli USA contro le potenze emergenti (la guerra economica alle vie dell’Energia russa e alle vie della Seta cinese, la militarizzazione dell’Est, del Medio Oriente e dell’Asia centrale per l’accerchiamento della Russia e la militarizzazione dell’Oceano Indiano e dell’area Asia-Pacifico per l’accerchiamento della Cina). La NATO, in sintesi, è ricalibrata come strumento del conflitto contro il nascente polo asiatico. Il suo modello viene riproposto sia nell’Est (spingendosi fino ai confini della Federazione Russa), sia nel Mediterraneo (il Dialogo mediterraneo, DM), sia nel Medio Oriente (con gli accordi di Abramo), sia nel Pacifico (patto Aukus, l’alleanza Quad), sia in Africa (DM, Operazione “Active Endeavor”, Standing Maritime Group One), sia in America latina, sia nel circolo polare Artico dove gli USA, oltre la questione delle risorse naturali, temono, soprattutto, le nuove vie dell’Artico verso l’Atlantico che possono far saltare le loro strategie (prioritariamente militari e logistiche) sia nel Mediterraneo (strozzatura del canale di Suez) sia nel Pacifico (le strozzature nel Mar cinese meridionale, nei vari Stretti: Luzon, Mindoro, eccetera, controllate dalle basi statunitensi aeree, navali e dell’esercito). Le nuove vie dell’Artico possono modificare gli attuali equilibri geopolitici tra le potenze e possono rafforzare sempre più il coordinamentoalleanza tra Cina e Russia.

Per quanto detto propongo la lettura di due scritti che riguardano:1. lo sviluppo delle tecnologie cosiddette EDT (Emerging & Disruptive Technologies: big data, intelligenza artificiale, autonomia, tecnologie quantistiche, tecnologie spaziali, biotecnologie e human enhancement, tecnologie ipersoniche), con i relativi strumenti finanziari (Innovation fund, si tratta infatti in assoluto del primo fondo di capitale di rischio multi-sovrano al mondo), finalizzate agli obiettivi strategici della NATO << […] per la prima volta nella storia contemporanea si realizza una sorta di quadratura del cerchio: entità politiche, istituzioni accademiche e di ricerca, imprese business – si trovano finalmente insieme, pronte, con la coscienza in pace, a sviluppare tecnologie destinate alla creazione delle armi più efficaci per combattere le prossime guerre >> (Gaetano Colonna, Il futuro della Nato: scienza, business e alta finanza, apparso su www.clarissa.it/wp/, 22/7/2022); 2. il conflitto statunitense contro la Cina attraverso << l’approntamento di una “task force multi-dominio” nella regione asiatica, che integrerà capacità missilistiche, elettroniche e informatiche come deterrente contro possibili aggressioni della Cina contro Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale […] lo scorso maggio il capo della Casa Bianca ha chiarito, ancora una volta, che Washington interverrebbe in caso di attacco militare cinese, a differenza di quanto avvenuto in Ucraina. Negli ultimi mesi, inoltre, gli Usa hanno potenziato la loro rete di alleanze nell’area: attraverso il patto Aukus con Regno Unito e Australia, e attraverso il gruppo Quad con Giappone, India e Australia. Gli accordi non implicano l’obbligo di un intervento militare al fianco degli alleati, ma un conflitto nel Pacifico coinvolgerebbe inevitabilmente i principali attori dell’area >>. (https://www.agenzianova.com/news/indo-pacifico-il-comandante-flynn-gli-usa-schiereranno-una-forza-missilistica-e-informatica/ , 28/7/2022).

Preciso che le carte riprodotte (da aggiornare) indicano una rappresentazione dinamica di lungo periodo del conflitto tra le potenze mondiali nella fase multicentrica. Qui interessa segnalare la lettura critica delle carte (senza entrare nel merito della loro costruzione, della loro rappresentazione, della loro visione, della loro ideologia, eccetera) che dovrebbe mettere in evidenza sia il conflitto inteso da parte cinese e russa come azione strategica di breve-medio-lungo periodo per stabilizzare un mondo multicentrico, un dialogo alla pari tra culture e storie differenti, che elimini la guerra come soluzione di ultima istanza (la fase policentrica), sia il conflitto inteso dagli statunitensi come azione strategica di breve-medio-lungo periodo per stabilire l’unica potenza egemone a livello mondiale, con  l’arroganza, cioè, di decidere una visione del mondo a propria immagine e somiglianza che impone la guerra come soluzione finale dello scontro.

Fonte: Limes, 2018

Fonte: Limes, 2018

Fonte: Limes, 2019

 

IL FUTURO DELLA NATO: SCIENZA, BUSINESS E ALTA FINANZA.

di Gaetano Colonna

 

A partire dal giugno 2020, con l’approvazione della “Nato 2030 Initiative” e la pubblicazione del documento ufficiale “Nato 2030: United for a New Era”, l’organizzazione politico-militare atlantica ha dedicato una specifica attenzione alle c.d. EDT (Emerging & Disruptive Technologies): big data, intelligenza artificiale, autonomia, tecnologie quantistiche, tecnologie spaziali, biotecnologie e human enhancement, tecnologie ipersoniche.

Facendo seguito a questa iniziativa, nel luglio del 2020, il segretario generale della Nato, Jan Stoltenberg, ha deciso di istituire un Advisory Group on Emerging and Disruptive Technologies: esso è composto da 12 esperti altamente selezionati, provenienti dal settore privato (vi figurano ad esempio IBM, Microsoft e Digitaleurope, associazione che raccoglie 36mila aziende informatiche europee), da quello universitario (da università francesi, statunitensi, britanniche, spagnole, polacche, dal CNR italiano) e dalle grandi agenzie governative di intelligence, cibersecurity e dello spazio (NSA, ESA, ENISA).

Il compito di questo gruppo di tecnici consiglieri è di supportare il Nato Innovation Board, ufficio dedicato allo sviluppo tecnologico dell’Alleanza, nell’utilizzo di queste nuove tecnologie in funzione degli obiettivi strategici della Nato.

L’Advisory Group ha infatti redatto il suo primo rapporto annuale, nel quale vengono presentate quattro raccomandazioni, considerate come prioritarie per il futuro dell’Alleanza Atlantica: migliorare le conoscenze tecnologiche di base; istituire una rete transatlantica di Centri di Innovazione; individuare e favorire nuovi meccanismi di finanziamento per l’innovazione rivolgendosi al settore privato; creare partenariati con il settore industriale ed accademico.

A seguito di questo percorso, particolarmente rilevante, a dimostrazione della volontà di creare uno strumento che integra risorse militari, scientifiche e aziendali, è stata la decisione di dare vita al Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (DIANA): per “acceleratore” si intende oggi una concentrazione di risorse tecniche, scientifiche e finanziarie in grado appunto di velocizzare un progresso non solo di conoscenze teoriche ma sopratutto di capacità applicative.

 

Il modello Arpa

 

Il Diana ha come evidente modello la famosa agenzia statunitense DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), nata come ARPA nel 1958, su iniziativa dell’allora presidente Usa Dwight Eisenhower, in risposta ai conseguimenti ottenuti dai sovietici in ambito spaziale, con il lancio il 4 ottobre 1957 del primo satellite Sputnik. ARPA, che appunto collegava ricerca scientifica, strumenti militari e business privato, il tutto finanziato con soldi pubblici, riuscì in soli 18 mesi a dare agli Usa il suo primo satellite, destinato all’uso militare.

L’uomo chiave di questi sviluppi fu lo scienziato americano J.C.R. Licklider, autore del fondamentale studio Man Computer Symbiosis, che ipotizzava la creazione di thinking centers (“centri di pensiero”), connessi in rete, che dovevano realizzare l’integrazione uomo-macchina, necessaria a suo avviso per lo sviluppo della scienza contemporanea: un’idea che è ancora centrale nella “vision” strategica di Google, per citare un solo e loquente esempio.

Licklider guiderà Arpa nella creazione di ARPANET, connessione in time share tra computer, rivolta a completare la rete SAGE di difesa aerea americana, grazie all’impiego del computer IBM AN/FSQ-7 (il più grande computer della storia: 250 t., 2000 mq. di superficie), rimasto attivo fino al 1984.

Su queste basi, nel 1969, Arpanet, collegando quattro computer Imp (Interface Message Processor), due della California University (Los Angeles e Santa Barbara), uno dello Stanford Research Institute, l’altro della Utah University, darà vita al primo internet della storia. Nel 1972, infine ARPA cambierà nome nell’attuale DARPA.

 

La rete Diana

 

DIANA quindi intende costituire una rete civile-militare di istituti di ricerca, rivolta alla crescita delle startup e alla creazione di un fitto tessuto connettivo tecnologico dell’Alleanza. La sua attuale configurazione, infatti, comprende in Europa i seguenti 9 centri acceleratori:

  • I-Hub, Imperial College, di Londra, specializzato nell’intelligenza artificiale, informatica, tecnologia quantistica e biotecnologie: è anche il centro di coordinamento per l’Europa.
  • Niels Bohr Institute, BioInnovation Institute BII, di Copenhagen, specializzato in tecnologia quantistica e biotecnologie.
  • WSL, Vallonia e Bruxelles, specializzato in intelligenza artificiale, biotecnologie, tecnologie verdi, micro e nanotecnologie, trattamento dati, aero spazio, informatica, automazione.
  • Madan Parque/Startup, Lisbona, specializzato in biotecnologie, ICT (Information and Communications Technology), materiali avanzati, energie rinnovabili.
  • In Estonia, il parco tecnico e commerciale Tallinn Science Park Tehnopol, lo Startup Wise Guys e il Tartu Science Park, specializzati in intelligenza artificiale, informatica, spazio, tecnologie verdi.
  • CzechInvest di Praga, specializzato in intelligenza artificiale, spazio, tecnologie verdi, collegato al CERN (Organizzazione europea per la ricerca nucleare).
  • Odtü Teknokent di Ankara, che si occupa di informatica, biotecnologie, aviazione, energia, elettronica avanzata.
  • In Grecia abbiamo l’istituto di ricerca Demokritos di Atene, e l’istituto Forth di Heraklion (Creta) che si occupano di intelligenza artificiale, gestione dati, nanotecnologie e biotecnologie, intelligenza artificiale, gestione dati, nanotecnologia, biotechnologie, radio.

 

Il ruolo dell’Italia

 

Non poteva ovviamente mancare l’Italia, coinvolta in DIANA, per il momento, attraverso il centro Officine Grandi Riparazioni ed il Plug and Play Tech Center, entrambi localizzati Torino, entrambi specializzati nella ricerca aerospaziale.

Il 20 gennaio 2022 a Torino, David van Weel, assistant secretary general for Emerging Security Challenges della Nato, ha incontrato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, il vicesindaco, Michela Favaro, l’assessore alle Attività produttive della Regione, Andrea Tronzano, il gen. CdA Luciano Portolano, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti.

Questi rappresentanti italiani hanno avanzato la candidatura della futura Città dell’Aerospazio di Torino: in attesa del suo completamento, si è però ripiegato sulle Officine Grandi Riparazioni (OGR), un ex complesso industriale trasformato nel 2017 in spazio espositivo e culturale – la cui candidatura è stata accettata dalla Nato.

Sono stati anche offerti dall’Italia, ma al momento non sembrano inseriti in DIANA, il costituendo acceleratore Aerospace & Advanced Hardware, il Centro di Supporto e Sperimentazione Navale (Cssn) della Marina Militare Italiana a La Spezia, il Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali (Cira) a Capua, società partecipata dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e della Regione Campania.

Non meno significativo il ruolo di Plug and Play Tech Center: gestore e finanziatore, con 1,35 mln di euro, del programma Takeoff Accelerator, dedicato a start-up che vogliono sviluppare soluzioni e servizi nei settori dell’aerospazio e dell’hardware avanzato. Al finanziamento del programma concorrono Cdp Venture Capital, per 10 milioni di euro, e, per altrettanti, Fondazione Crt (tramite Sviluppo e Crescita) e Unicredit: per un totale quindi di oltre 21 milioni di euro. Prendono parte al programma anche l’Unione Industriali di Torino ed il Gruppo Leonardo, impegnato da tempo nel settore aerospaziale.

 

Presenti e assenti

 

Interessante che non siano fino ad oggi indicate le interfacce nordamericane, a parte il fatto che l’ufficio regionale di quell’area sarà basato in Canada, ma non si conoscono quali istituzioni canadesi e statunitensi prenderanno parte a DIANA.

Così come sono significative le assenze, almeno fino ad oggi, di Francia e Germania: anche se la prima ha manifestato una generale (o generica?) disponibilità a rendere accessibili i propri centri di ricerca scientifica.

È evidente che la chiara impostazione dualuse di questo grandioso progetto di integrazione scienza-business-militare lasci perplessi i due maggiori Paesi europei che ancora dispongono evidentemente di una certa consapevolezza dei non pochi rischi di una condivisione totale di know-how tecnico-scientifici che possono servire non solo allo sviluppo tecnologico di armamenti ma anche a quello della produzione industriale.

 

Finanza e innovazione

 

Uno degli aspetti sicuramente più significativi della novità di DIANA è che la rete che stiamo descrivendo attiverà uno specifico strumento finanziario. Gli Stati aderenti hanno infatti sottoscritto a Madrid una lettera d’intenti che li impegna a implementare un apposito Innovation fund, un fondo di un miliardo di euro che supporterà per i prossimi 15 anni startup e imprese deep tech che lavoreranno per sviluppare tecnologie innovative e dual-use, prioritarie per il potenziamento tecnologico dell’Alleanza Atlantica, il cui ovvio intento geopolitico è di conservare e incrementare il vantaggio tecnologico di cui gode a livello planetario. Il tutto ovviamente giustificato con la proclamata esigenza di tutelare la sicurezza degli alleati atlantici dinanzi alla minaccia rappresentata dalle “revisioniste” Russia e Cina.

L’Innovation fund ha una caratteristica sensazionale, che non dovrebbe sfuggire a chi segue con attenzione la storia del rapporto fra finanza e Stati moderni. Si tratta infatti in assoluto del primo fondo di capitale di rischio multi-sovrano al mondo, tenuto a battesimo con queste significative parole dal segretario della NATO Stoltenberg:

«Questo fondo è unico nel suo genere, con un orizzonte temporale di 15 anni, l’Innovation fund contribuirà a dare vita a quelle tecnologie nascenti che hanno il potere di trasformare la nostra sicurezza nei decenni a venire, rafforzando l’ecosistema dell’innovazione dell’Alleanza e sostenendo la sicurezza del nostro miliardo di cittadini».

La NATO quindi diventa il coordinatore sovra-nazionale anche di uno specifico indebitamento pubblico di una molteplicità di Stati cosiddetti sovrani. Non è dato sapere ancora al momento quali fra i non molti Master of the Universe gestiranno questo fondo di investimento speculativo NATO, nel quale per la prima volta nella storia contemporanea si realizza una sorta di quadratura del cerchio: entità politiche, istituzioni accademiche e di ricerca, imprese business – si trovano finalmente insieme, pronte, con la coscienza in pace, a sviluppare tecnologie destinate alla creazione delle armi più efficaci per combattere le prossime guerre (corsivo mio, LL).

Guerre che gli strateghi della NATO cominciano a ipotizzare se, contro il “nostro miliardo” di privilegiati figli del capitalismo occidentale, verranno a schierarsi i meno privilegiati 6 miliardi di esseri umani.

In questo terribile senso, resta tuttavia aperta la domanda inquietante, cui la NATO dovrebbe pur dare una risposta al “suo” miliardo: come mai gli eserciti occidentali, tanto tecnologicamente avanzati, hanno poi perso con disonore le guerre coi “poveri”, in Vietnam, Algeria e, da ultimo, Afghanistan?

 

 

 

INDO-PACIFICO, IL COMANDANTE FLYNN: “GLI USA SCHIERERANNO UNA FORZA MISSILISTICA E INFORMATICA”

La task force integrerà capacità missilistiche, elettroniche e informatiche come deterrente contro possibili aggressioni della Cina contro Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale

a cura della Redazione

 

L’Esercito degli Stati Uniti sta studiando lo schieramento di una “task force multi-dominio” nella regione asiatica, che integrerà capacità missilistiche, elettroniche e informatiche come deterrente contro possibili aggressioni della Cina contro Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale. Lo ha dichiarato al quotidiano “Nikkei” il comandante dell’Esercito Usa per il Pacifico, Charles Flynn. Le forze armate Usa hanno già istituito due task force multi-dominio di stanza presso basi nello Stato Usa di Washington e in Germania, forti ciascuna di diverse migliaia di uomini. Le task force sono suddivise in quattro gruppi, con capacità di combattimento, difesa aerea, logistica e guerra informatica. Secondo Flynn, tale struttura evidenzia la progressiva transizione delle forze armate Usa dal contrasto al terrorismo nel Medio Oriente al confronto con potenze di livello quasi-pari, prima tra tutte la Cina. Tra le altre cose, la task force è concepita per raccogliere informazioni nei periodi di pace, approntando strategie e dottrine operative sulla base degli schemi e delle debolezze riscontrate nei complessi militari avversari. In caso di conflitto – ha spiegato Flynn – le capacità di guerra elettronica e informatica punterebbero anzitutto a interrompere le reti di comunicazione nemiche e i loro sistemi di comando e controllo, oltre a colpire obiettivi di alto valore con l’impiego delle informazioni di intelligence ottenute in precedenza.

Secondo Flynn, la terza task force multi-dominio dell’Esercito Usa verrà istituita dopo il 2023, e sarà inizialmente dispiegata alle Hawaii, ma verrà successivamente trasferita presso altre località asiatiche per essere più prossima alla Cina. Secondo il quotidiano “Nikkei”, la prossimità alla Cina sarà necessaria a garantire l’efficacia di nuove tipologie di missili tattici attualmente in fase di sviluppo da parte dell’industria bellica Usa, che però non avranno portate superiori ad alcune migliaia di chilometri: le forze armate Usa puntano a dispiegare i nuovi missili presso batterie terrestri lungo la cosiddetta “catena delle prime isole”, che collega la prefettura giapponese meridionale di Okinawa, Taiwan e le Filippine. Il quotidiano “Nikkei” sottolinea che la Russia è ritenuta il primo Paese in assoluto ad aver applicato la dottrina delle operazioni multi-dominio in teatri bellici reali: lo avrebbe fatto in Ucraina sin dal 2014, integrando capacità di guerra elettronica per disabilitare sistemi GPS e paralizzare infrastrutture in preparazione di attacchi aerei e terrestri.

In vista dell’atteso colloquio tra i presidenti Joe Biden e Xi Jinping, il primo dallo scorso marzo, la tensione tra Stati Uniti e Cina intorno a Taiwan ha raggiunto livelli preoccupanti. Tanto da indurre un dirigente di alto livello dell’amministrazione Biden, l’assistente segretario alla Difesa per gli Affari di sicurezza dell’Indo-Pacifico Ely Ratner, a dichiarare martedì, in occasione di un evento organizzato a Washington dal think tank Center for strategic and international studies (Csis), che un “grave incidente” nell’area rischia di essere solo “questione di tempo”. In effetti, gli Stati Uniti appaiono sempre più preoccupati dalla prospettiva che la situazione possa precipitare, in particolare in una fase d’intense attività militari attorno all’isola. E al centro della preoccupazione di Biden e dei suoi collaboratori vi è senza dubbio la visita che la presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, dovrebbe intraprendere a Taiwan nel prossimo agosto. Per ora si tratta solo di un’indiscrezione di stampa, di cui è stato autore la scorsa settimana il quotidiano britannico “Financial Times”. Pelosi – che aveva già rinunciato a un viaggio a Taipei lo scorso aprile, ufficialmente per aver contratto il Covid-19 – non ha tuttavia mai negato la circostanza. E del resto la notizia della visita è stata confermata, forse inavvertitamente, dallo stesso Biden, che la settimana scorsa in conferenza stampa non ha usato giri di parole: “I militari pensano che non sia una buona idea al momento”.

I principali organi d’informazione statunitensi sono concordi nel riferire del pressing della Casa Bianca su Pelosi perché rinunci al viaggio. Tecnicamente, il presidente degli Stati Uniti non ha alcun potere sull’agenda della speaker della Camera dei rappresentanti. Biden e Pelosi sono però leader dello stesso partito, ed è forse su questo punto che Xi farà leva domani per indurre i dirigenti statunitensi a più miti consigli. Dalla Cina, del resto, sono già arrivate minacce piuttosto esplicite: il ministero degli Esteri di Pechino ha chiarito che una visita di Pelosi a Taipei sarebbe considerata “un cambiamento della politica ‘Una sola Cina’ da parte degli Stati Uniti”, sulla quale i rapporti tra le due potenze si basano sin dall’avvio delle relazioni diplomatiche, e che la Repubblica popolare assumerebbe “misure dure e ferme per salvaguardare la propria sovranità e integrità territoriale”. La stessa Casa Bianca si aspetta dalla Cina una pesante rappresaglia all’eventuale visita di Pelosi, poiché a ottobre Xi Jinping chiederà un nuovo mandato al Congresso del Partito comunista e non potrebbe mostrarsi debole di fronte a quello che a Pechino sarebbe considerato un palese “atto di sfida” degli Usa. Per rinsaldare il proprio potere, del resto, il leader cinese sarà in ogni caso costretto a giocare la carta del nazionalismo e dell’anti-americanismo, poiché sul fronte economico avrà ben pochi successi da vantare: secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), la crescita del prodotto interno lordo cinese nel 2022 si fermerà al 3,3 per cento, ben al di sotto dell’obiettivo del 5,5 per cento fissato per quest’anno dai vertici del partito.

Alcuni analisti citati dal “New York Times” temono, addirittura, che la Cina potrebbe decidere di alzare in volo aerei militari per impedire l’eventuale atterraggio di Pelosi a Taipei. Un tale episodio, se si verificasse, aprirebbe scenari imprevedibili e porterebbe Cina e Stati Uniti sull’orlo di un confronto militare. Non è un caso, dunque, che in questi giorni si assista a fervide attività militari attorno all’isola. Il generale Mark Milley, capo di Stato maggiore congiunto delle forze Usa, ha dichiarato che i vertici militari faranno “quanto necessario per garantire” che l’eventuale visita di Pelosi si svolga in sicurezza. E, a questo proposito, il direttore dello Scowcroft Center per la strategia e la sicurezza dell’Atlantic Council, Barry Pavel, ha riferito di aver saputo da generali Usa che il Pentagono sta pensando di muovere portaerei e aerei militari prima dell’arrivo della speaker a Taipei. Attualmente nella regione si trova la Uss Ronald Reagan, approdata nel fine settimana a Singapore.

Lo stato di massima allerta è legato anche alla convinzione, che si fa sempre più largo nell’amministrazione Biden, secondo cui la Cina sarebbe pronta a un intervento militare a Taiwan entro un anno e mezzo. Di questo è convinto, per esempio, il senatore democratico del Delaware Chris Coons, che non fa parte dell’amministrazione ma che è considerato molto vicino al presidente Biden, al quale è legato da un’amicizia di lunga data. Domenica, in un’intervista, Coons ha ricordato che la Cina guarda con molta attenzione agli sviluppi in Ucraina per cercare di apprendere lezioni utili alla sua causa. “Una scuola di pensiero è che la Cina debba intervenire al più presto e in modo deciso, prima che ci sia il tempo di rafforzare le difese di Taiwan. Questo significa che si potrebbe arrivare a un confronto militare prima di quel che pensavamo”, ha spiegato Coons. Pechino, scrive il “New Tork Times”, sa che anche l’amministrazione Biden sta apprendendo una lezione dall’invasione russa dell’Ucraina: in questo caso, quella della necessità d’intensificare l’invio di armi verso Taiwan prima di un eventuale conflitto per scoraggiare l’intervento militare cinese.

Che l’atteggiamento di Pechino verso Taiwan sia cambiato nelle ultime settimane è reso evidente, in ogni caso, dal tenore delle azioni e delle dichiarazioni dei dirigenti del Partito comunista. Lo stesso generale Milley la scorsa settimana ha definito “notevolmente più aggressivo” il comportamento delle forze cinesi nella regione dell’Asia-Pacifico. Quest’estate i funzionari del governo cinese hanno ribadito con insistenza che le acque dello Stretto di Taiwan, più volte attraversate da navi militari Usa, non possono essere considerate acque internazionali. E le incursioni aeree e navali nei pressi dell’isola si sono rese sempre più frequenti. Oggi il ministero della Difesa di Taipei ha reso noto che diverse navi da guerra della Marina militare cinese sono state rilevate nelle acque al largo della costa orientale di Taiwan per due giorni consecutivi. Due cacciatorpediniere lanciamissili della Repubblica popolare sono stati rilevati nei pressi dell’Isola dell’Orchidea rispettivamente nella mattinata e nel pomeriggio del 25 luglio, seguiti dal transito di una nave per il monitoraggio del rumore subacqueo a 102 chilometri a nord-est di Green Island. Le navi della Repubblica popolare hanno solcato le acque al largo dell’isola anche il giorno successivo, quando una fregata missilistica Huanggang è stata rilevata a 76 chilometri a sud-est di Green Island, seguita a un’ora di distanza dalla nave di sorveglianza oceanografica Tianjixing, avvistata a 83 chilometri a nord-est della stessa isola. Nella stessa giornata, il comando dell’Aeronautica ha rilevato due cacciabombardieri JH-7 e un aereo da guerra sottomarina Y-8 nel margine sud-occidentale della Zona d’identificazione della difesa aerea (Adiz) di Taiwan.

L’ipotesi di un’invasione di Taiwan da parte della Cina porterebbe al serio rischio di un conflitto militare ampio, di dimensioni regionali se non mondiali. Gli Stati Uniti, con il presidente Biden, sembrano determinati a mettere da parte la storica “ambiguità strategica” e lo scorso maggio il capo della Casa Bianca ha chiarito, ancora una volta, che Washington interverrebbe in caso di attacco militare cinese, a differenza di quanto avvenuto in Ucraina. Negli ultimi mesi, inoltre, gli Usa hanno potenziato la loro rete di alleanze nell’area: attraverso il patto Aukus con Regno Unito e Australia, e attraverso il gruppo Quad con Giappone, India e Australia. Gli accordi non implicano l’obbligo di un intervento militare al fianco degli alleati, ma un conflitto nel Pacifico coinvolgerebbe inevitabilmente i principali attori dell’area.

 

Dove sta andando l’economia russa con la guerra e le sanzioni?_di Jacques Sapir

 

Un articolo particolarmente importante non solo per comprendere la situazione economica in Russia, tutt’altro che esente da carenze e problemi, ma priva della drammaticità, così come rappresentata dalla narrazione delle élites a direzione statunitense. La rilevanza si deduce da due altri aspetti significativi per tutte le formazioni socio-economiche e i relativi centri decisori connessi: la progressiva regionalizzazione delle economie corrispondente alla incipiente formazione di aree di influenza multipolari; la progressiva centralizzazione del controllo dei flussi economici fondamentali tra le varie aree da parte delle potenze virtualmente egemoni. Segno che le dinamiche economiche e geoeconomiche stanno perdendo sempre più la relativa autonomia di azione di cui potevano godere nella fase di globalizzazione tendenzialmente unipolare. Una tematica apertamente e violentemente visibile nell’acceso confronto politico negli Stati Uniti; che traspare ancora sotto traccia in Cina, in quanto paese emergente in grado e ancora impegnata ad approfittare ulteriormente, più degli altri, delle vecchie dinamiche della globalizzazione e di un approccio multilaterale alle dinamiche geopolitiche; del tutto rimossa, non a caso, tra le élites subordinate e sottomesse dell’area occidentale, in prima fila quelle dell’Italia, del tutto impreparate ed indisponibili ad affrontare, da protagoniste o quantomeno da compartecipi, gli spazi e i rischi offerti dalla nuova situazione. Questi ultimi, i predestinati a subire i contraccolpi più devastanti. Nella sempre più ampia zona grigia che si va estendendo nel mondo, una serie di paesi intraprendenti di media potenza impegnati in politiche sempre più pragmatiche e disinvolte. Buona lettura, Giuseppe Germinario

 miei colleghi dell’Istituto per la previsione economica dell’Accademia delle scienze (INP-RAN in russo) con cui la CEMI organizza dal 1991 il seminario franco-russo sullo sviluppo della Russia, hanno pubblicato contemporaneamente un documento molto ampio (296 pagine) sul potenziale di crescita della Russia[1], un documento che ha mobilitato quasi tutti i ricercatori INP-RAN e un’analisi dell’andamento del PIL russo per la seconda metà del 2022[ 2]. Quest’ultimo testo è stato prodotto dal team del mio collega e amico Alexandre Shirov. Questi due documenti, diversi per forma e contenuto, sono oggi molto importanti nel contesto creato dalla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia il 24 febbraio 2022. Mi è sembrato quindi fondamentale presentarli ai lettori francesi. .

Ho quindi stabilito una traduzione della sintesi della relazione scientifica sul potenziale di crescita, nonché del testo molto più breve relativo alle tendenze recenti nell’evoluzione del PIL russo.

Prego in anticipo i miei lettori di perdonarmi per una traduzione indubbiamente imperfetta e, comunque, un po’ grossolana. Queste opere non sono opere letterarie e la loro disponibilità immediata mi sembrava dovesse prevalere su ogni sforzo di stile._Jacques Sapir

I. Il potenziale di crescita dell’economia russa: analisi e previsioni.

Relazione scientifica (riassunto) – INP-RAN – Luglio 2022

I cambiamenti fondamentali e drammatici della situazione geopolitica e geoeconomica nella primavera del 2022 hanno trasformato qualitativamente la natura dell’ambiente in cui opera ora l’economia russa, nonché i principi stessi del suo sviluppo. Il modello di integrazione nel mercato mondiale, e soprattutto di integrazione nell’economia europea, che si era sviluppato negli ultimi 30 anni, è ora in crisi e, a quanto pare, non sarà mai più lo stesso. Questo non significa abbandonare il principio dell’apertura al mercato mondiale, ma cambia radicalmente la natura delle relazioni economiche esterne con i paesi sviluppati.

In queste condizioni, è importante comprendere le potenziali opportunità a disposizione dell’economia russa. Questo rapporto dell’Institute for Economic Forecasting (INP-RAN) è dedicato alla valutazione del potenziale di crescita economica esistente in Russia nel periodo precedente la crisi del 2022. Comprendere questo potenziale consentirà di costruire una strategia efficace per il ristrutturazione tecnologica dell’economia russa nelle nuove condizioni.

La crescita economica potenziale è intesa, nella presente relazione, come un insieme di condizioni e fattori che assicurano il massimo incremento possibile della produzione e/o dell’utilizzo (consumo) in base alle risorse disponibili nel Paese. Questa definizione riflette la dualità del concetto di “potenziale di crescita economica”:

  • da un lato, è una valutazione delle opportunità di crescita disponibili
  • d’altra parte, è una descrizione dei suoi limiti.

Una valutazione del potenziale di crescita a medio e/o lungo termine è necessaria per determinare, in un primo momento, le priorità della politica di sviluppo socioeconomico, tenendo conto dei vincoli di risorse esistenti e di un possibile insieme di misure di politica economica ; secondo, prospettive a lungo termine per lo sviluppo dell’economia nazionale, libera dall’influenza di molti shock di mercato.

Il rapporto contiene 6 capitoli e applicazioni.

1. I fattori materiali di crescita

La prima sezione del rapporto contiene un’analisi dello spazio di crescita, che, da un lato, è determinato dalla capacità dei mercati esterno e interno, e, dall’altro, dallo stato del potenziale produttivo e della produzione efficienza ad esso associata.

Vi è un’elevata probabilità che si formi uno scenario di regionalizzazione dell’economia mondiale, in cui il tasso di crescita del PIL mondiale supererà il tasso di crescita delle esportazioni mondiali. Questo costituisce quindi quello che chiameremo scenario di base. Ad essa ci opponiamo uno scenario di continuazione inerziale della globalizzazione, che sembra improbabile.

Tabella 1

Al tempo stesso, sia nello scenario di prosecuzione del trend di globalizzazione, sia con il predominio della regionalizzazione dell’economia mondiale (scenario di base), si prevede un aumento della domanda di materie prime. Ciò sosterrà lo sviluppo dell’economia russa e del suo complesso merceologico, anche di fronte al deterioramento delle relazioni con i paesi sviluppati.

I prodotti diversi dalle materie prime svolgeranno un ruolo significativo nelle esportazioni totali nella migliore delle ipotesi oltre il 2040. Se i prezzi degli idrocarburi rimarranno relativamente bassi, la quota delle materie prime nelle esportazioni potrebbe scendere dal 74% nel 2019 al 63% nel 2035, mentre la quota degli idrocarburi dal 61% % al 47%.

Condizione necessaria per lo sviluppo sostenibile dell’economia russa è quindi la crescita dell’efficienza della sua produzione. Un importante indicatore dell’efficienza della produzione settoriale è la produttività dell’uso delle risorse primarie, che è l’inverso del consumo materiale delle risorse primarie, mostrando la quota di valore aggiunto della trasformazione. La crescita della produttività nell’economia è dovuta a cambiamenti tecnologici e strutturali.

Grafico 1

Per garantire il tasso di crescita a lungo termine dell’economia russa al livello del 2,5%-3% annuo, sarà necessario aumentare la produttività delle risorse primarie di almeno il 2,5% annuo. Allo stesso tempo, tassi di crescita della produttività del 2,5-3% all’anno richiedono notevoli sforzi di investimento. Solo pochi paesi, tra cui Cina e India, sono stati in grado di farlo negli ultimi anni. È anche importante tenere conto del fatto che le industrie hanno diverse possibilità per migliorare il livello tecnico della produzione. Le industrie con tecnologie consolidate ad alta intensità di capitale e una struttura produttiva conservativa, come la raffinazione del petrolio o la metallurgia, non possono contare su un rapido aumento del livello tecnico di produzione e, di conseguenza, su un forte contributo del progresso scientifico e tecnico alla crescita della produzione.

Allo stesso tempo, l’agricoltura e l’edilizia, a causa dei cambiamenti intrasettoriali e territoriali, nonché delle nuove tecnologie, possono produrre un progresso tecnico molto rapido. Indubbiamente, il potenziale per il progresso tecnologico nell’ingegneria, nelle comunicazioni e nelle telecomunicazioni è grande, e questo ci si può aspettare anche in un certo numero di industrie di servizi.

Non meno importante è l’analisi dello stato degli impianti produttivi. La modernizzazione dell’industria manifatturiera avvenuta negli ultimi 20 anni è caratterizzata da un aumento della capacità produttiva di quasi una volta e mezza (da 1,4 a 2 volte nella maggior parte dei settori). La quota di “vecchie capacità” (commissionate prima del 2000) è insignificante nella maggior parte dei settori, ad eccezione dell’industria chimica (dove è stimata al 44%) e della metallurgia (62%). L’età media del capitale fisso è di circa 12 anni. In generale, la situazione della modernizzazione della capacità può essere definita soddisfacente nei segmenti delle materie prime e della produzione alimentare. Tuttavia, nell’ingegneria meccanica e nella produzione di prodotti non alimentari “tecnologicamente complessi”, lo stato delle capacità non può essere considerato soddisfacente. Il rinnovo delle capacità è avvenuto in gran parte attraverso l’installazione di impianti di assemblaggio tecnicamente semplici. In generale, si deve parlare del potenziale di capacità competitive inutilizzate, il cui livello può essere stimato almeno al 10% della produzione nel 2021.

Un aumento significativo del reddito reale della popolazione dall’inizio degli anni 2000 non ha comportato un cambiamento nella struttura dei costi di consumo della popolazione. Questo rimane stabile. Inoltre, la quota della spesa alimentare delle famiglie resta estremamente elevata. Allo stesso tempo, il consumo di cibo in Russia è abbastanza vicino al punto di saturazione. Data la crescita del reddito delle famiglie, la maggior parte dell’aumento della spesa per consumi, secondo le nostre stime, sarà destinato all’acquisto di case, manutenzione auto, servizi di trasporto, eventi ricreativi e culturali, nonché servizi sanitari e educativi a pagamento .

Le capacità di produzione e distribuzione esistenti nel Russian Fuel and Energy Complex (TEC) sono in grado di soddisfare la domanda di energia in qualsiasi scenario costruttivo per lo sviluppo dell’economia russa. Nell’ambito della transizione verso una politica di decarbonizzazione, le industrie del complesso energetico ed energetico russo (TEC) possono modernizzare le proprie capacità e allo stesso tempo ridurre le emissioni di gas serra. Ciò rende il complesso energetico ed energetico russo lo strumento più importante per risolvere i problemi dell’agenda climatica .

Nel contesto dei mercati globali in rapida evoluzione, il sistema di regolamentazione russo nel settore energetico deve rispondere rapidamente alle sfide emergenti. Si tratta di questioni relative alla tariffazione e alla tassazione nel mercato interno dell’energia, al mantenimento della competitività e all’aumento dell’efficienza nel settore dell’energia.

Nell’area del complesso agroindustriale (APK), la politica dovrebbe alleviare i vincoli esistenti sulla domanda interna ed esterna. Ciò contribuirà alla crescita della produzione agricola nazionale. Tale politica strutturale può essere attuata mediante varie misure quali:

  • assistenza sociale mirata alle famiglie a basso reddito;
  • ulteriori contributi federali a sostegno dei programmi regionali per lo sviluppo dell’agricoltura nei soggetti “periferici” della Federazione Russa, che hanno un notevole potenziale di risorse per la crescita della produzione agricola, ma sono caratterizzati da bassa redditività e un livello tecnologico arretrato dell’agro- complesso industriale;
  • sovvenzioni per il trasporto interregionale e l’esportazione di prodotti agricoli provenienti da regioni lontane dai principali mercati nazionali ed esteri.

Le misure più efficaci per regolare il mercato interno e garantire la sicurezza alimentare sono i meccanismi di approvvigionamento e intervento (prezzi e quantità) sui prodotti di base, nonché le sovvenzioni ai produttori agroalimentari (con obbligo di fornire prodotti al mercato interno a prezzi ridotti per l’importo della sovvenzione).

Uno dei mercati nazionali più importanti è il mercato automobilistico. Negli scenari considerati nel rapporto, il livello dell’offerta di trasporto su strada aumenterà, ma a ritmi diversi. Nello scenario di limitazione dell’uso dei veicoli personali nelle grandi città, la capacità del mercato delle auto private entro il 2040 potrebbe raggiungere i 3,4 milioni di veicoli. In generale, il potenziale di crescita del mercato delle autovetture è ampio e il suo sviluppo può avere un grave impatto sulla formazione di indicatori macroeconomici.

Le possibilità di sostituzione delle importazioni assumono particolare importanza di fronte alle pressioni esterne sull’economia russa. Secondo le stime ottenute, la realizzazione del potenziale di sostituzione delle importazioni e di crescita delle esportazioni fino al 2040 è in grado di garantire un aumento della produzione nel complesso chimico (di circa 1,8 volte), nell’industria del legno (1,6-1,7 volte), ingegneria meccanica e metallurgia (1,4-1,5 volte).

Il mercato più importante che influenza lo sviluppo dell’economia è il mercato delle costruzioni. Le stime mostrano che, tenendo conto delle restrizioni esistenti, nonché delle possibilità di aumentare il volume di costruzione di alloggi, il volume potenziale di messa in servizio di alloggi per abitante in futuro fino al 2040 può raggiungere 0,75 m². m/persona nell’anno. Naturalmente, un tale volume di commissioning implica la disponibilità di capacità di costruzione, il loro personale con personale qualificato, lo sviluppo del mercato dei materiali da costruzione, l’uso di nuove tecnologie nell’edilizia, il sostegno istituzionale e finanziario per il rafforzamento dei lavori di costruzione.

2. Demografia

Il problema del declino demografico della popolazione russa merita senza dubbio la massima attenzione. Allo stesso tempo, l’evoluzione dei numeri dipende dalle principali tendenze demografiche: fertilità, mortalità e migrazione, ognuna delle quali merita di essere esaminata separatamente.

La politica demografica e sanitaria ha un effetto limitato sull’evoluzione della popolazione. Tuttavia, il compito di stabilizzare la popolazione può essere efficacemente risolto con l’aiuto di una gerarchia ben strutturata degli obiettivi di sviluppo della popolazione e di una politica volta a migliorare la salute della popolazione.

Uno degli elementi chiave dell’agenda demografica è il tasso di natalità. I confronti internazionali mostrano che il tasso di natalità in Russia è paragonabile a quello della maggior parte dei paesi con un livello di sviluppo socioeconomico simile e superiore.

Dall’inizio degli anni 2000 l’indice sintetico di fertilità, cioè che non dipende dalle onde demografiche, è in costante aumento. Nel 2014-2016 ha quasi raggiunto il livello di 1,8 figli per donna. C’erano tutte le ragioni per credere che avrebbe continuato a crescere. Tuttavia, in pochi anni, il tasso è sceso drasticamente a 1,5 figli per donna (2019-2020). È un importante indicatore indiretto del grado di ottimismo sociale e di fiducia nel futuro della popolazione. Sarebbe quindi sbagliato ritenere che la situazione delle nascite sia stabile e non dipenda dai parametri di sviluppo economico. Sono necessarie azioni per mantenere il tasso di natalità e rafforzare la famiglia, nonché per migliorare il livello e la qualità della vita nel Paese.

Il tasso di mortalità in Russia, nonostante il trend positivo osservato fino alla pandemia di coronavirus, rimane estremamente elevato (soprattutto per la popolazione maschile), cosa inaccettabile per un Paese con un tale livello di sviluppo economico e potenziale umano.

Al fine di ridurre rapidamente il tasso di mortalità, occorre prestare particolare attenzione alle cause di morte, che consentiranno di concentrare gli sforzi sulle misure più efficaci nel campo della salute, delle politiche sociali, ecc. Attualmente, i gruppi aggregati più importanti di cause di morte sono la mortalità per cause esterne e le malattie del sistema circolatorio. Con l’aumento dell’aspettativa di vita, è necessario prestare sempre più attenzione ai problemi associati al cancro.

Tra i principali fattori che influenzano sia l’alto tasso di mortalità che il calo della natalità, si annovera il reddito insufficiente di una parte significativa della popolazione del Paese. La crescita dei livelli di reddito, la loro distribuzione più equa ed efficiente, la lotta alla povertà, la continua attuazione di misure di politica familiare che hanno dimostrato la loro efficacia sono misure che daranno impulso allo sviluppo demografico del Paese, influenzando la dinamica delle nascite e dei decessi.

In questo contesto, la migrazione dovrebbe essere vista come un fattore complementare alla politica demografica. In definitiva, l’entità dei flussi migratori dovrebbe essere determinata dal tasso di crescita economica e dal livello di sviluppo tecnologico dell’economia. Allo stesso tempo, ovviamente, bisogna tener conto di un limite naturale: la capacità della società di integrare un certo numero di migranti.

Secondo lo scenario demografico di base, la popolazione della Russia entro il 2035 sarà di 143,9 milioni di persone. Nella maggior parte dei casi, la conservazione della popolazione sarà determinata da una diminuzione della mortalità e da un aumento della natalità. Il maggior contributo all’aumento dell’aspettativa di vita fino al 2035 sarà dato dalla diminuzione della mortalità per cause esterne e malattie del sistema circolatorio. Con un aumento generale dell’aspettativa di vita degli uomini nel 2019-2035 dell’ordine di 6,8 anni, il contributo della riduzione del livello di mortalità per cause esterne e malattie del sistema circolatorio, secondo le previsioni dello scenario di riferimento, saranno circa 5 anni.

3. Sviluppo scientifico e tecnico

I problemi dello sviluppo scientifico e tecnico in Russia saranno determinati sia dal contesto globale che dai suoi processi interni. Si tratta in primo luogo della necessità di compensare, attraverso lo sviluppo scientifico e tecnologico, la potenziale carenza di manodopera, la riduzione dell’affitto delle materie prime e, ovviamente, le restrizioni economiche estere.

La distribuzione dei finanziamenti aziendali per la ricerca e lo sviluppo (R&S) in tutto il mondo riflette chiaramente il processo di concentrazione delle risorse finanziarie, scientifiche e tecniche in un piccolo gruppo di paesi così come nelle grandi società transnazionali (TNC). Queste multinazionali si concentrano sul finanziamento di tecnologie biologiche e digitali avanzate, principalmente legate allo sviluppo di software e alla fornitura di servizi sotto forma di “piattaforma” che utilizza un insieme di tecnologie di intelligenza artificiale. Ognuna di queste grandi società tecnologiche stanzia annualmente più risorse finanziarie per finanziare la propria ricerca e sviluppo rispetto a quelle che la Russia spende in tutte le aree della ricerca e sviluppo da tutte le fonti di finanziamento.

In queste condizioni, le limitate risorse finanziarie dei paesi in via di sviluppo, inclusa la Federazione Russa, rendono impossibile fissare obiettivi strategici nel campo della politica scientifica e tecnologica in previsione di un rapido effetto economico. Pertanto, l’ovvia priorità dovrebbe essere una strategia collettiva per lo sviluppo scientifico e tecnologico, in particolare la creazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale unico con paesi amici, e il suo obiettivo principale è proteggere la sovranità tecnologica e il finanziamento mirato di alcuni dei più aree critiche della R&S.

I mercati settoriali e tecnologici più promettenti per la scienza russa sono:

tecnologie nel campo delle produzioni agroalimentari; industrie estrattive; prodotti chimici e petrolchimici; ingegnere meccanico; biotecnologie, farmacologia e medicina; tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il superamento dei limiti esistenti dello sviluppo scientifico e tecnologico richiede l’attuazione di una serie di azioni:

  • La modernizzazione della scienza è un’area chiave che garantisce l’attuazione delle altre due aree. Il suo elemento principale è il rinnovamento delle basi tecniche e umane della scienza. Per fare ciò, è necessario riorientare la scienza dell’“inerzia” seguendo l’agenda globale per soddisfare le specifiche esigenze di sviluppo dell’economia russa.
  • Sviluppo di progetti rivoluzionari. I risultati dei progetti tecnologici attuati dallo Stato dovrebbero essere comunicati alle imprese private (compresi i progetti volti a creare una base tecnologica per lo sviluppo futuro).
  • Miglioramento tecnologico delle industrie di massa. Stiamo parlando, prima di tutto, della modernizzazione tecnologica delle imprese russe nel settore reale dell’economia sulla base del sistema nazionale di innovazione e, per le organizzazioni scientifiche, dell’orientamento alla domanda delle imprese.

4. Imprese e Istituzioni

La dinamica economica dell’economia russa è attualmente influenzata dai vantaggi istituzionali accumulati negli ultimi decenni per alcuni gruppi di imprese rispetto ad altri. Sono state formate strutture multilivello, in cui un’impresa a un livello più alto nella gerarchia riceve quella che può essere definita una rendita istituzionale e, di conseguenza, domina regolarmente l’impresa ai livelli più bassi nella gerarchia. Negli ultimi anni tali gerarchie si sono rafforzate sia nell’economia russa che mondiale, le barriere tra i livelli si stanno allargando, le aziende stanno prendendo piede nel loro “strato”, trovandosi di fatto in una “trappola” istituzionale.

La concentrazione delle imprese in determinati settori dell’economia e il loro consolidamento intorno al gruppo delle imprese leader di mercato riflette i cambiamenti qualitativi nell’architettura dei mercati, l’aumento del predominio esplicito o implicito e la formazione di barriere e trappole istituzionali. Può manifestarsi altri fattori istituzionali legati allo sviluppo dei “poli di crescita”, alla politica fiscale regionale o settoriale, al sostegno all’export, allo sviluppo di infrastrutture federali o di reti di filiali di banche e altri organismi intermediari. , ecc.

Vale anche la pena notare il processo di aumento della quota del settore bancario nell’economia russa, caratteristica anche dell’economia mondiale. Pertanto, il rapporto tra le attività del settore bancario e il PIL in Russia ha raggiunto il 97,1% all’inizio del 2021 (rispetto all’81,3% dell’anno precedente). I principali motori di crescita sono stati l’accumulo del debito delle famiglie (dovuto in particolare all’aumento del volume del portafoglio mutui) e del settore non finanziario (dovuto in particolare all’aumento del finanziamento dell’edilizia abitativa). L’aumento vertiginoso degli asset del settore bancario dal 2020 è legato sia all’attuazione delle misure adottate dal programma anticrisi dei prestiti ai vari settori, sia

5. Il settore finanziario e la politica monetaria

L’attuale situazione del settore finanziario dell’economia russa è determinata dalla politica statale e delle grandi imprese. Allo stesso tempo, le direzioni della politica fiscale e monetaria si formano sotto l’influenza delle sfide emergenti e delle restrizioni allo sviluppo economico.

Nella recente storia russa, c’è stata una costante discrepanza tra il tasso di cambio del rublo e il PPP. Essa è sorretta da due principi di politica finanziaria: primo, la deliberata sottovalutazione del tasso di cambio del rublo (anche a causa del funzionamento della regola fiscale); in secondo luogo, frenare l’inflazione (anche attraverso meccanismi di targeting dell’inflazione).

Nelle condizioni della nuova situazione geopolitica del 2022, il dibattito sui principi di formazione del tasso di cambio nell’economia russa si è nuovamente intensificato. La definizione del tasso di cambio da parte della Banca Centrale della Federazione Russa come “libero fluttuante” non regge a critiche a causa del fatto che dal 2014 al 2022 c’è stato un costante aumento delle riserve internazionali della Russia.

Infatti, tre parametri – tasso di cambio, tasso di interesse e riserve valutarie – caratterizzano lo stesso processo economico, misurato su tre scale. Se il tasso di cambio è sottovalutato rispetto al valore di equilibrio (basato sugli indicatori della bilancia dei pagamenti), le riserve aumentano. Se il tasso di cambio del rublo è sottovalutato, a parità di tutte le altre condizioni, ciò porta a un aumento del tasso chiave. Se il volume delle riserve internazionali aumenta, si accumula il divario tra il tasso di cambio del rublo e il PPP.

Sotto l’influenza di questi fattori, si formano una serie di caratteristiche del sistema finanziario nazionale.

  • Il predominio dei settori delle materie prime nella struttura delle entrate e del bilancio del paese. I loro profitti accumulati costituiscono gran parte delle passività bancarie concentrate. Pertanto, nella giustificazione e nell’applicazione delle misure di politica economica, le società di materie prime hanno serie preferenze.
  • Il tasso di interesse corrisponde al tasso di rotazione del capitale economico risultante. A sua volta, un tasso di interesse sopravvalutato nell’economia russa riflette il predominio delle industrie primarie nella formazione del reddito totale. In un’economia dominata da grandi società integrate verticalmente, i tassi di interesse sono più elevati perché il rischio del mutuatario per il resto dell’economia è incomparabilmente più elevato.
  • Nell’economia esistono numerosi settori ad alta rotazione (commercio e servizi non manifatturieri) che possono operare normalmente anche a tassi più elevati. Tuttavia, il problema è che questo crea un divario tra le imprese che possono contrarre prestiti a questo tasso e quelle che non possono, il che si traduce in un limite dello sviluppo economico.
  • Il tasso di interesse medio si forma sotto l’influenza del livello di redditività dei settori chiave dell’economia, allo stesso tempo influisce sulla struttura delle passività del settore finanziario. Le banche sono interessate a mantenere il loro valore reale. Per soddisfare questa esigenza, il sistema finanziario russo si equilibra attraverso l’atteso indebolimento del tasso di cambio del rublo.
  • Le risorse dei settori primari accumulate nel sistema bancario non sono in equilibrio con le risorse accumulate negli altri settori dell’economia.

La discussione che si svolge nello spazio pubblico russo in merito al livello del tasso di interesse riflette il conflitto di interessi dei mutuatari (che desiderano un tasso basso) e dei risparmiatori (che desiderano un reddito più elevato). Il tasso di cambio del rublo è un fattore importante qui. Come sapete, la Banca centrale è responsabile della stabilità della valuta nazionale, che, tra l’altro, influisce sul volume dei depositi in rubli della popolazione. Pertanto, la Banca centrale russa (BCR) è obbligata a includere nei tassi sui depositi in rubli il previsto deprezzamento del rublo. Si ritiene che la regolamentazione dei tassi di interesse nelle precedenti crisi valutarie abbia mantenuto un ampio deflusso di capitali dai depositi in rubli.

Ci sono tutta una serie di progetti nell’economia russa che non saranno finanziati da prestiti bancari. Questi progetti sono inaccettabili per le banche in termini di rapporto di liquidità, rischio e redditività. Allo stesso tempo, la domanda per questo tipo di finanziamento è in aumento. Per finanziare tali progetti occorrono fondi (investitori istituzionali) che concentrino capitali privati, prestiti per acquisti ad alto rischio. Ciò significa che la parte più dinamica dell’economia in futuro potrebbe essere finanziata non dalle banche, ma da questi fondi . Ciò limita lo sviluppo del sistema bancario e la sua rilevanza nell’economia russa, soprattutto di fronte alla pressione delle sanzioni esterne.

Gli attuali parametri strutturali dell’economia russa difficilmente possono garantire la massiccia partecipazione dei prestiti bancari al finanziamento di progetti di investimento. Il limite è il livello dei tassi di interesse, il divario tra il tasso di cambio e la parità, il divario tra le caratteristiche della domanda e dell’offerta nel mercato dei capitali da prestito. Di conseguenza, aumentano le esigenze per lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento della crescita economica.

Si propone quindi il seguente scenario per lo sviluppo delle attività di intermediario nel mercato finanziario.

  1. Sviluppo di fondi. Attualmente hanno un elevato potenziale di sviluppo ma sono sottofinanziati, in parte a causa di eccessivi deflussi di capitali e della mancanza di regolamentazione. I fondi sono gli intermediari più promettenti per le risorse con rischi superiori alla media. Devono accumulare capitale non reclamato per le prospettive di crescita del mercato azionario.
  2. Banche universali. Il loro capitale cresce più lentamente di quello di altri settori del mercato finanziario. Il rapido sviluppo è ostacolato dalla diversione delle risorse verso prestiti subprime. Le banche universali sono vulnerabili allo sviluppo di tecnologie finanziarie alternative, quindi cercano di proteggere il loro mercato creando ecosistemi e altre piattaforme che impediscano ai clienti di passare alla concorrenza.
  3. Società di investimento e broker. Il loro potenziale di crescita corrisponde alla crescita complessiva del mercato finanziario, ma ha un chiaro limite in termini di ammontare dei fondi raccolti.
  4. Le piattaforme che utilizzano le moderne tecnologie finanziarie competono con successo per le risorse con il sistema bancario, ma è improbabile che siano in grado di rivendicare risorse destinate ai fondi di investimento.

Lo sviluppo del settore finanziario nazionale, che contribuisce all’accelerazione della crescita di lungo periodo e alla positiva trasformazione qualitativa dell’economia russa, comporta:

  • Espansione delle attività del settore finanziario nazionale in previsione di una crescita economica commisurata alla necessità complessiva di raccogliere fondi per finanziare investimenti e capitale circolante;
  • struttura equilibrata degli strumenti finanziari offerti e loro conformità alla domanda dei mutuatari finali. Allo stesso tempo, nel contesto di una trasformazione qualitativa dell’economia, aumenterà sempre di più la necessità di strumenti finanziari a lungo termine con un rischio accettabile;
  • ridurre il livello di asimmetria informativa tra potenziali mutuatari e fonti di finanziamento, che garantisce l’efficienza della selezione delle imprese e dei progetti finanziati;
  • partecipazione attiva delle istituzioni finanziarie alla creazione e allo sviluppo di società “campione” incentrate su una rapida crescita basata sull’adattamento delle nuove tecnologie e sulla formazione di nuovi mercati.

Confronto tra le esigenze dei settori del settore reale per attrarre fondi e le capacità del settore finanziario nazionale di fornirli per il periodo di previsione 2022-2030. Ciò porta alle seguenti conclusioni.

Bilancio domanda-offerta per il mercato finanziario : nel periodo di previsione in esame, il volume medio annuo della domanda di finanziamento alle imprese aumenterà del 25% rispetto al periodo 2017-2020, l’offerta media annua di risorse per lo stesso periodo aumenterà del 120% (entrambi i valori sono presentati a prezzi comparabili). Pertanto, il volume dell’offerta di risorse finanziarie da parte del settore finanziario nazionale può in parte sostituire altre fonti di finanziamento delle attività delle imprese nel settore reale dell’economia, compresi i fondi di bilancio e gli investimenti esteri (cosa particolarmente importante nel contesto della vincoli).

Correzione delle sproporzioni esistenti : Nel medio termine, se consideriamo la struttura dell’offerta di risorse finanziarie e la relativa domanda dal settore reale dell’economia, vi sono sproporzioni su larga scala che persistono nel corso del periodo di previsione. Sono più pronunciati per i settori che fanno molto affidamento sull’uso di strumenti di finanziamento a lungo termine (ad eccezione dei settori con un livello di rischio di investimento medio).

Garantire finanziamenti per l’assunzione di rischi: per i settori caratterizzati da un livello medio di rischio di investimento, il fabbisogno di finanziamento sarà coperto. Nelle condizioni di allentamento della politica monetaria, si creano condizioni relativamente favorevoli per questo tipo di attività per l’operazione di investimento e capitale circolante. Entro il 2030, il portafoglio totale di prestiti alle imprese dovrebbe crescere dell’8-9% all’anno in termini nominali, mentre la quota dei prestiti a lungo termine nel portafoglio totale dei prestiti alle imprese aumenterà leggermente.

Finanziamenti a breve termine : la domanda di risorse finanziarie da parte di settori caratterizzati da brevi periodi di investimento e un elevato livello di rischio sarà soddisfatta in base all’evoluzione del mercato azionario.

Necessità di riforme strutturali . Senza una specifica politica di compensazione degli squilibri strutturali tra domanda e offerta di risorse finanziarie, perdureranno le seguenti tendenze negative. In primo luogo, le esigenze del settore reale di finanziamenti a lungo termine e ad alto rischio saranno soddisfatte principalmente attraverso prestiti bancari a lungo termine e investimenti azionari da parte di investitori con un orizzonte di investimento a breve e medio termine. In secondo luogo, le esigenze delle società del settore reale per finanziamenti a lungo termine con un basso livello di rischio di investimento saranno soddisfatte principalmente attraverso l’emissione di obbligazioni a medio e breve termine o obbligazioni a lungo termine con offerte pubbliche a breve termine di emittenti per comprare obbligazioni.

6. Prospettive

Il compito più importante delle previsioni a lungo termine dello sviluppo socioeconomico è quello di collegare i parametri chiave dello sviluppo dell’economia, della sfera sociale e delle tecnologie utilizzate. Allo stesso tempo, la distribuzione delle risorse disponibili per zone è determinata dalla natura della politica economica inserita in uno scenario particolare.

La valutazione dello scenario di sviluppo inerziale presuppone che, pur mantenendo la struttura esistente dell’economia e gli attuali volumi di spesa interna in R&S, nonché gli investimenti in capitale umano, il contributo del progresso tecnologico ai tassi di crescita economica sarà minimo. Sullo sfondo di una riduzione del contributo dei fattori esterni alla formazione della crescita economica, i suoi tassi medi annui diminuiranno dall’1,9% nel 2023-2025 all’1,2% nel 2041-2050 È chiaro che tali tassi di crescita contribuiranno al perpetuare l’arretratezza tecnologica della Russia e ridurre la sua competitività nell’economia mondiale.

Un’ulteriore accelerazione dei tassi di crescita rispetto allo scenario inerziale è possibile a causa dei cambiamenti negli assetti di politica fiscale e monetaria. In linea con le stime previsionali, l’effetto maggiore nelle condizioni attuali è possibile a causa dell’aumento della spesa nel sistema di bilancio. A medio termine (da tre a cinque anni), a causa di questo fattore, possono essere forniti fino a 0,3 punti percentuali aggiuntivi in ​​aumento dei tassi di crescita del PIL medio annuo. Allo stesso tempo, sarà meno importante il contributo della politica monetaria: essa può determinare una certa accelerazione della crescita, ma è improbabile che ne diventi l’iniziatore.

L’accelerazione dello sviluppo scientifico e tecnologico contribuirà ad aumentare i tassi di crescita economica riducendo la dipendenza dalle importazioni e normalizzando la quota delle importazioni nel mercato interno, nonché aumentando l’efficienza dell’economia (crescita del valore aggiunto per unità di risorse primarie utilizzate nella produzione). .

Come mostrano i risultati dei calcoli, il potenziale di crescita economica dovuto all’accelerazione dello sviluppo scientifico e tecnologico nelle aree di cui sopra è piuttosto ampio. Pertanto, nello scenario di accelerazione dello sviluppo scientifico e tecnologico della Federazione Russa, il contributo del fattore di sviluppo scientifico e tecnologico può fornire il 35-40% della crescita totale del PIL durante il periodo di previsione.

II. Le principali tendenze nell’evoluzione del PIL della Russia

https://ecfor.ru/publication/kratkosrochnyj-analiz-dinamiki-vvp-iyul-2022/

+1,1% per il primo semestre 2022 rispetto al primo semestre 2021

-2,1% per maggio 2022 rispetto a maggio 2021

-0,24% per maggio 2022 rispetto ad aprile 2022 (destagionalizzato)

Secondo le nostre stime, la contrazione del PIL russo lo scorso maggio è stata del 2,1% rispetto a maggio 2021 e dello 0,24% rispetto al mese precedente (stagionalità in via di eliminazione), indicando la forte capacità di adattamento dell’economia nazionale alle nuove condizioni esterne. Per fare un confronto, nel secondo trimestre del 2020 a causa della pandemia e del contenimento, il PIL era diminuito del 7,4% su base annua (la nostra stima per il secondo trimestre del 2022 – meno 2,4%).

Per mantenere un livello accettabile di attività (nella situazione attuale) hanno quindi contribuito alla dinamica economica, tra l’altro, le misure adottate dallo Stato e dalle imprese per preservare l’occupazione (dilazione del pagamento dei premi assicurativi), che segue un basso livello di disoccupazione – 3,9% – che si è registrato a maggio.

Grafico 2

Una situazione relativamente stabile è stata osservata in molti settori (ad eccezione dell’industria automobilistica e di una serie di altre attività di costruzione di macchine che dipendono dall’importazione di componenti), la crescita continua (anno su anno) grazie all’agricoltura e all’edilizia . L’analisi statistica del trasporto merci su rotaia indica indirettamente una graduale ripresa delle importazioni dall’inizio di luglio (che corrisponde all’instaurazione di importazioni parallele e nuove fonti di importazione).

Uno dei principali fattori alla base del calo del PIL da aprile (oltre al persistere di un’elevata incertezza nella sfera degli investimenti) è il calo dei consumi delle famiglie. Da aprile il fatturato del commercio al dettaglio è diminuito del 9-10% rispetto al livello dell’anno precedente (a prezzi comparabili), il che si spiega non solo con il calo del reddito reale della popolazione (meno 1,2% nel primo trimestre del 2022 , e secondo la nostra stima per il secondo trimestre – meno 2,6%), ma anche da una rottura dei consumi di beni durevoli (a causa della carenza di importazioni) e dall’esaurimento dell’effetto del picco di domanda osservato a febbraio e inizio marzo. Accelera il calo del fatturato della ristorazione collettiva,

Da segnalare anche il calo dei volumi osservato da marzo nei prestiti ai privati ​​(corretti per l’IPC).

Il principale rischio per lo sviluppo economico della seconda metà dell’anno è l’intensificarsi del rallentamento economico, che potrebbe essere dovuto a una riduzione della produzione da esportazione dovuta a sanzioni e restrizioni e al rallentamento dell’economia mondiale, nonché al perdurare carenza di componenti importati.

[1] (Il rapporto completo può essere visualizzato in russo all’indirizzo: https://ecfor.ru/wp-content/uploads/2022/07/potentsialnye-vozmozhnosti-rosta-rossijskoj-ekonomiki-analiz-i-prognoz.pdf )

[2] https://ecfor.ru/publication/kratkosrochnyj-analiz-dinamiki-vvp-iyul-2022/

https://www.les-crises.fr/ou-va-l-economie-russe-avec-la-guerre-et-les-sanctions-jacques-sapir/

Una storia di due accordi sul gas: Azerbaigian-UE e Russia-Iran, di Andrew Korybko Analista politico americano

21 LUGLIO 2022

Una storia di due accordi sul gas: Azerbaigian-UE e Russia-Iran

Alcuni osservatori hanno ipotizzato che Baku sia in competizione con Mosca, ma questa interpretazione o ignora ciò che il presidente Aliyev ha detto ai media russi durante il suo viaggio a Mosca il giorno prima dell’inizio dell’operazione militare speciale in corso del suo ospite in Ucraina, oppure coloro che condividono questo punto di vista semplicemente non ne sono a conoscenza.

La scorsa settimana sono stati raggiunti due importanti accordi sul gas: quello dell’Azerbaigian con l’UE e quello della Russia con l’Iran . Il primo menzionato vedrà questo paese del Caucaso meridionale raddoppiare le sue esportazioni di gas verso il blocco per raggiungere i 20 miliardi di metri cubi entro il 2027, mentre il secondo ha portato la Grande Potenza eurasiatica a impegnarsi a investire fino a 40 miliardi di dollari nella Repubblica islamica. Alcuni osservatori hanno ipotizzato che Baku sia in competizione con Mosca, ma questa interpretazione o ignora ciò che il presidente Aliyev ha detto ai media russi durante il suo viaggio a Mosca il giorno prima dell’inizio dell’operazione militare speciale in corso del suo ospite in Ucraina, oppure coloro che condividono questo punto di vista semplicemente non ne sono a conoscenza.

Il leader azero ha rassicurato i suoi interlocutori russi di non avere tali intenzioni nei confronti delle forniture di gas all’UE, rimarcando che “penso che qui non si parli di concorrenza, i volumi non sono comparabili, ma è chiaro che anche piccoli volumi a volte possono fare la differenza nel mercato del gas. Per evitare ciò, siamo pronti e stiamo lavorando con la parte russa in questa direzione”. Nonostante i tempi concomitanti di questi due importanti accordi sul gas siano casuali, emanano comunque l’ottica del coordinamento, non della concorrenza. In parole povere, l’Azerbaigian sta sostituendo le risorse russe che l’UE prevede di eliminare gradualmente sotto la pressione degli Stati Uniti, mentre la Russia sta sostituendo quel mercato perduto con quello dell’Iran.

Questo in realtà non è nemmeno così male come “scambio”, per mancanza di una descrizione migliore. L’Azerbaigian è molto più piccolo della Russia, quindi il suo governo può reinvestire i profitti derivanti dalle sue raddoppiate vendite di gas all’UE per aiutare una percentuale maggiore della sua popolazione. L’Iran, nel frattempo, possiede alcune delle più grandi riserve di gas del mondo, che possono essere sfruttate utilizzando la tecnologia russa e successivamente esportate nel mercato globale in coordinamento con Mosca. Nel loro insieme, si stima che queste due grandi potenze abbiano quasi un terzo delle riserve mondiali di gas, il che può portare alla creazione di un meccanismo simile all’OPEC (anche se solo informale) tra loro e forse anche il gigante del gas Qatar.

L’Azerbaigian non è in grado di fare nulla del genere, ma ciò non significa nemmeno che stia ottenendo l’estremità corta del bastone. Piuttosto, svolgendo un ruolo sempre più strategico nella sicurezza energetica dell’UE, questo stato ferocemente sovrano può scoraggiare preventivamente le ingerenze occidentali contro la sua leadership in virtù della sua ritrovata importanza per il blocco. Lo stesso si può dire anche di Turkiye per estensione, dal momento che il gasdotto transanatolico (TANAP) attraversa il territorio di quella Grande Potenza. Come il suo alleato azerbaigiano, è anche ferocemente sovrano e pratica una politica estera indipendente , con grande dispiacere dei suoi tradizionali partner occidentali. Per questo TANAP può tutelare anche i propri interessi.

Per quanto riguarda la Russia, non solo è pronta a sbloccare l’enorme potenziale energetico dell’Iran nei prossimi anni e forse anche a coordinarsi con esso attraverso un meccanismo simile all’OPEC, ma i suoi nuovi investimenti nella Repubblica islamica possono anche garantire la sicurezza energetica del loro partner indiano condiviso anche con i due. Queste tre grandi potenze si stanno impegnando congiuntamente per creare un terzo polo di influenza nell’attuale fase intermedia bipolare della transizione sistemica globale alla multipolarità , con il corridoio di trasporto nord-sud(NSTC) che rappresenta la manifestazione fisica di questo asse emergente, quindi è naturale che Iran e Russia diano la priorità all’esportazione di gas verso l’India rispetto all’arrivo sul mercato.

Il quadro più ampio in gioco è che sia l’UE che l’India stanno assicurando la loro sicurezza energetica a medio e lungo termine attraverso i principali accordi sul gas di questa settimana tra quel blocco e l’Azerbaigian da un lato e Russia e Iran (i due principali partner eurasiatici di Delhi) dall’altro. Ciò significa che tutto è in realtà reciprocamente vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti, senza che nessuno di questi accordi avvenga a spese di nessun altro, il che è sorprendente considerando che qualcosa di così significativo come questi due sviluppi non è mai accaduto prima a pochi giorni l’uno dall’altro. Tutto ciò dimostra che il multipolarismo sta già incidendo sulle relazioni internazionali, anche all’interno della “ sfera di influenza ” degli Stati Uniti nell’UE.

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