CONSIGLIO AI ROSICONI, di Teodoro Klitsche de la Grange

CONSIGLIO AI ROSICONI

Prima del 4 marzo l’establishment politico e culturale di sinistra stigmatizzava l’ “incultura, l’inesperienza e la rozzezza” dei populisti, in specie dei grillini.

Il tormentone è aumentato a dismisura con la vittoria elettorale e il varo del governo pentaleghista; anche la carriera accademica di un mite premier come Conte è stata passata al setaccio e così sono stati svelati alcuni peccatucci (veniali), ricorrenti in ogni percorso accademico. Allo stesso è stata poi addebitata l’inesperienza, considerato che, praticamente era rimasto sempre fuori dai giri che contano; e probabilmente questa è stata la principale ragione che ha indotto a nominarlo. Una compromissione plurilustre col potere, che è a giudizio dell’establishment capalbino, un titolo comporta, cosa di cui i suddetti non si rendono conto, anche quella con lo sfascio della seconda repubblica: pessima presentazione per l’elettorato pentaleghista. Tant’è. I rosiconi hanno forse rimosso, ma più probabilmente rimpiangono, i bei tempi in cui trovavano comode e confortevoli nicchie nei bilanci pubblici. E per gente che spesso ha fatto dell’interesse individuale (proprio) la regola dell’agire universale, il venir meno di queste, ovviamente addolora.

Così il movimento cinque stelle appare, nell’immaginario di Capalbio – ed in parte lo è – come un’armata Brancaleone: un insieme disordinato di emarginati dal potere e dalla cultura, rozzi, ignoranti (e opportunisti), guidati da un comico.Inadatti a governare, come a discutere e brillare nei salotti.

Come detto qualcosa di vero c’è, ma occorre non trascurare come, in primo luogo, il livello della classe dirigente negli ultimi trent’anni ha avuto uno scadimento geometrico (nel senso della radice quadrata): un Di Maio steward, è stato preceduto da una Fedeli, ministro dell’istruzione, la quale in comune con Benedetto Croce, aveva di non essere laureata. Purtroppo per lei, i connotati comuni col filosofo si riducevano a quello. Quanto poi abbia contribuito al declino di qualità dei parlamentari, il tentativo ricorrente (e “vincente”) delle diverse leggi elettorali, di farli nominare dai vertici dei partiti più che scegliere dalla base elettorale è sicuramente influente e da valutare nel senso che non sempre è il popolo a sbagliare.

Ma quel che più importa è notare come sia in politica che in quel mezzo della politica che è la guerra, è la qualità del nemico a determinare quella del combattente.

Facciamo un esempio.

Pareto ironizzava su Napoleone III°, perché incerto e (addirittura) ingenuo, tuttavia all’immagine dell’Imperatore (per i postumi) ha contribuito d’esser stato sconfitto – ed aver perso il trono – da un genio della politica come Bismarck e da una perfetta macchina da guerra come l’esercito prussiano. Che giudizio avrebbero formulato i posteri se a sconfiggerlo e detronizzarlo fosse stato un politico di mezza tacca alla guida dell’esercito del Lussemburgo? Anche a Francesco Giuseppe che perse quasi tutti i domini italiani dell’Impero in pochi anni, contribuì non poco di aver avuto come avversario un altro genio come Cavour: e morì circondato dall’affetto e dalla considerazione dei sudditi. Lo stesso avviene per la guerra: il nome di Scipione è noto a tutti perché sconfisse Annibale – il più grande condottiero dell’antichità – a Zama; nessun ricorda il nome dei consoli (Salinatore e Nerone) che qualche anno prima avevano vinto Asdrubale (il fratello meno dotato di Annibale) al Metauro, battaglia non meno decisiva di Zama. Sconosciuti come i consoli suddetti sono i nomi di quei generali delle potenze europee che nel XIX secolo conquistarono tutta l’Africa, debellando le orde tribali autoctone.

Pertanto la spocchia della sinistra conferma, non volendo, due circostanze.

La prima che se l’armata Brancaleone dei grillini  (oltretutto poco “aiutata” e dotata di mezzi) ha vinto la “gioiosa macchina da guerra”, ciò significa che gli italiani ne avevano così piene le scatole di questa da preferire un insieme di ….sfigati a tanto brillante accademia. Chi è ridotto male spera nei salvatori meno probabili, che preferisce a coloro in gran parte responsabili di averlo rovinato.

La seconda che se tale armata Brancaleone, povera di mezzi e appoggi, li ha ridotti così a mal partito vuol dire che non erano poi così bravi, intelligenti ed efficienti. Non sono Bismarck né Scipioni, ma dei Dumford o Baratieri (sconfitti il primo dagli Zulu, il secondo dagli abissini). E per la loro immagine sarebbe bene ne tenessero conto.

Teodoro Klitsche de la Grange

decolli e naufragi, di Antonio de Martini

IN UN ORGIA DI LIQUIDITA’ L’AFRICA DECOLLA SOTTO IL NOSTRO NASO.

Il Senato degli Stati Uniti ha adottato il 3 di ottobre, un provvedimento ” storico” di cui nessuno ha parlato nei media italiani.

Gli USA hanno creato lo strumento per controbattere la penetrazione cinese in Africa:: l’USIDFC, una nuova istituzione finanziaria per lo sviluppo. ( United States Development Finance Corporation).

Si tratta della risposta americana al progetto ” ONE BELT, ONE ROAD” col quale la Cina si propone di ricreare una nuova ” via della seta” e sulla quale Xi JINPING, il presidente cinese, ha stanziato – lo scorso settembre – in occasione del ” FORUM PER LA COOPERAZIONE CINA-AFRICA tenutasi a Pechino- 60 miliardi di dollari di cui 15 da erogare parte come Doni e parte senza interessi.

Trump, un mese dopo, ha stanziato lo stesso ammontare e il Senato americano dilaniato da lotte mortali, in un eccezionale momento di coesione nazionale, ha votato il provvedimento a 93 contro 6, questo BUILD ACT, una legge per ottimizzare gli investimenti in Africa.

Il BUILD ACT ha ordinato la fusione di alcune agenzie americane L’Overseas Private Investment Corporation ( OPIC) e l’ United States Agency for International Development ( USAID).

Ai trenta miliardi di dotazione dell’ OPIC, il governo, oggi, ne ha aggiunti altri trenta e ha tolto il veto a investire direttamente nelle imprese finanziate e in Africa. Il modulo prescelto è la collaborazione pubblico/privato.

Si tratta di una opportunità storica per l’Africa ( 120 miliardi di dollari in totale) che contribuiranno al decollo del Continente a noi più vicino e che sancirà la nostra irrilevanza – anche in quanto europei- perché siamo incastrati in beghe di cortile e guidati , a livello europeo, da Agenti di potenze imperiali vecchie e nuove che sviano l’attenzione del mondo dal business del secolo.

Basterebbero le briciole di questo progetto per trasformare l’Italia nel trampolino del super sviluppo data la nostra vicinanza logistica, le nostre tecnologie e la nostra mancanza di un passato coloniale imbarazzante.

Vedrete che perderemo anche questo treno.

DIAMO (UN PO’) I NUMERI, di Antonio de Martini

NUMERATORE E DENOMINATORE. NON È DIFFICILE. È CULTURA ELEMENTARE

Non mi pare una strategia difficile da capire.
Se 9/3 fa tre e si vuole incrementare il risultato(3) si può operare in due maniere:
1) abbassando il denominatore es. 9/2 fa 4,5
2) alzando il numeratore es. 12/3 fa 4

L’obbiettivo del governo è centrare l’opzione 2, ma tutti sono polarizzati dall’abitudine a osservare il calare del denominatore, anche se abbiamo sotto gli occhi la sorte della Grecia costretta a subire i calcoli – poi ammessi come errati
– della trimurti ( BCE/FMI/UE) che trova più facile abbassare il denominatore.

Il governo dovrebbe però rivelarci, per avere la nostra fiducia, come farà a far aumentare la cifra del numeratore.
Che investimenti intende fare?

Il meccanismo di calcolo dei parametri contabili di stato è tanto perverso che il PIL cresce anche se si aumenta lo stipendio a tutti gli statali, si, perché gli stipendi degli statali vanno a incrementare il PIL.

Vi pare una cosa seria?

Intanto accanto agli euroscettici, è nato il gruppo degli italoscettici. Sabotatori che invocano un disastro fingendo di paventarlo.

La verità concreta e illuminante dei fatti è stata calcolata da Giorgio Vitangeli, un giornalista economico serio e di provate capacità: dal 1980 al 2017 l’Italia ha pagato 3.400 miliardi di interessi ai
“mercati. “

Ovvio che non vogliano farsi sfuggire una preda tanto ricca e finanziano gli oppositori.

In pratica, noi italiani abbiamo pagato un anno intero di PIL ogni dieci anni. Un peso insopportabile generato dai DC e dalla sinistra socialista e comunista per rincorrere l’elettorato.

È imperativo per l’Italia rompere questo assedio di usurai anche a costo di un conflitto armato.

Costerebbe di meno.

SIAMO VIVI GRAZIE ALLA BREXIT

Il ministro Tria pochi mesi fa ( tre) fece una dichiarazione incoraggiante.
Disse che avrebbe si aumentato le spese, ma quelle in conto capitale, ossia gli investimenti destinati a rendere.

Mi aspettavo la creazione di un fondo sovrano come quello che in Norvegia hanno stanziato usando la rendita petrolifera.
Finora ha reso il 30/40% annuo e fornisce i mezzi per il reddito di cittadinanza ai cittadini.

Le spese deliberate nel nuovo progetto di bilancio non sono in conto capitale, sono – per carità doverose – ma spese e basta.

L’Italia potrebbe permettersi questa ed altre follie spendereccie se avesse una migliore immagine internazionale e se smettesse di incentivare la gente alla rendita.

Vivere di rendita é una giusta aspirazione individuale e un pessimo esempio sociale ed educativo. Senza intraprendere non si crea ricchezza. Senza deregulation burocratica nessuno intraprende qui in Italia.

Il rimedio per chi deve intraprendere è utilizzare sistematicamente la corruzione per evitare i paletti di controllo che arricchiscono solo i controllori.

Adesso, con le spese aumentate e in assenza di investimenti produttivi ad alto reddito, continueremo ad erodere la nostra credibilità politica aprendo la strada che ci è stata tracciata da altri.

Si illude chi crede che ” usciremo dall’Euro e dalla UE”: ci stanno apparecchiando un destino alla Greca che abbiamo evitato recentemente di poco, grazie all’imprevisto della BREXIT.
I padroni del vapore non vogliono affrontare più di una grana alla volta.

Appena sistemati gli inglesi, toccherà a noi. E siamo in attesa sereni e imprevidenti.

Politica e metapolitica, di Piero Visani

Politica e metapolitica

https://derteufel50.blogspot.com/2018/09/politica-e-metapolitica.html?spref=fb

       L’ascesa di Marcello Foa alla presidenza della Rai rappresenterà un momento fondamentale per chiarire i rapporti tra metapolitica e politica in una fase storica che potrebbe risultare radicalmente nuova, se solo la si vorrà sfruttare.
       Foa è sicuramente un professionista di alto livello e sa molto bene che cosa occorrerebbe fare per affrancarsi dalle tematiche del “pensiero unico”, in genere tradotte molto liberamente – in Rai – con le geremiadi sul “pluralismo dell’informazione” (sic). Bisognerà vedere quale supporto riceverà dai suoi sponsor politici. In ogni caso, il terreno in cui è stato inviato ad operare è fondamentale per il futuro di qualsiasi forma di pensiero alternativo nel nostro Paese. Foa se ne rende perfettamente conto, i suoi sponsor politici sicuramente un po’ meno, mentre alcuni di quelli che l’hanno votato da tempo notoriamente agiscono – con la potenza delle loro televisioni – per “il re di Prussia”…
       Vedremo.

PREDICHE E PREDICATORI, di Antonio de Martini

PREDICHE E PREDICATORI

Stasera 17 settembre, la RAI – il TG1- ha mostrato il Presidente della Repubblica inaugurare all’isola d’Elba, l’anno scolastico di una scuola.

E’ la venisettesima volta in trenta giorni che l’esimio Presidente si scaglia, con sguardi di odio e solenni parole, contro l’odio che viene sparso tra gli italiani.

Il tema , per la venisettesima volta quest’anno, è costituito dalle leggi razziali varate dal fascismo – la parte ” ruffiana” psicologicamente prigioniera della Germania – nel luglio del 1938.

Le leggi razziali non ci sono più, anzi la Repubblica ha rimediato alle esclusioni varando apposita legge che ha allungato i limiti di età degli impiegati statali di cinque anni in modo da consentire il recupero delle carriere.

E’ in virtù di questa legge _ del governo centrista- che Pacciardi potè far nominare il Generale Liuzzi a capo di Stato Maggiore dell’Esercito per ben cinque anni.

Sono passati ottanta anni dalle leggi e settantacinque dalla loro abolizione, senza che nessuna autorità ne facesse uso in pubbliche cerimonie , compresi gli immediati predecessori Napolitano e Scalfaro e Cossiga.

Ci si limitava alla commemorazione delle stragi di Sant’Anna di Stazzema , alle fosse ardeatine e al campo di concentramento di San Saba e un paio di volte ai fratelli Cervi ( in occasione di un film sul tema).

Questo martellamento comunicazionale nell’estate del 2018 ha certamente una sua ragione e non è giustificato da una captatio benevolentiae verso la colonia ebraica italiana che non supera i cinquantamila soggetti nemmeno contando i gatti di casa.

Gli stessi rappresentanti delle comunità ebraiche si sono distinti in positivo per la sobrietà dei tre interventi compiuti in Tv.

Poiché a pensar male si fa peccato, ma generalmente si coglie nel segno e dacché sarei già un peccatore incallito e – peccato più, peccato meno – non ci faccio caso, azzardo una ipotesi fondata sul ragionamento e non sulle emozioni che ormai troppi politici evocano..

Quando si insiste con tanta ripetitività nella comunicazione e si continua a parlare di odio senza indicare gli untori, deduco che il discorso del Presidente mira a suscitare emotività e non ragionamenti di tipo etico o paralleli politici che si lasciano alla immaginazione delle famiglie riunite a cena.

Signor Presidente,

Ritengo che qualcuno, nel suo entourage e con legami esteri non effimeri, miri, con questo martellamento, a suscitare reazioni, non solo politiche ( e già questo sarebbe un fatto molto grave) contro la comunità ebraica italiana per poter mettere in stato di accusa ( se si scatena la fantasia malata di qualche psicolabile) una delle componenti del governo e facilitare lo sganciamento dell’altra compagine da un governo che rischia la popolarità paradossale quanto le pare, ma popolarità.

A conferma di questo mio giudizio temerario, il TG 1 ha presentato un filmato che si armonizza con questa ipotesi, risuscitando Buttiglione, D’Alema e Bossi e dedicando loro un servizio al ” patto della crostata” con cui Bossi fu convinto a far cadere il governo Berlusconi. In più si è soffermato sulle immagini di Scalfaro che stringe la mano a Bossi al Quirinale.

Per chi, come me, ha fatto comunicazione per tutta la vita, le immagini e l’ossessiva ripetizione del discorsetto falso-pacificatore sono sufficentemente eloquenti. Ma ho anche un’altra esperienza fatta seguendo la politica.

Nelle immediate viglie elettorali degli anni cinquanta e sessanta, ignoti imbrattavano di catrame le tombe del cimitero ebraico, il quotidiano ” Il Tempo” , che aveva fino allora tirato la volata alla destra, cambiava repentinamente orientamento e raccomandava di votare per la Democrazia Cristiana. Posso rispolverare anche altri ricordi del genere che spero non dover fare per carità di Patria.

Si, signor Presidente, in Italia c’è chi predica odio, da sempre. Ma non era mai successo che il pulpito fosse posto tanto in alto.

cretini e (AL) potere, di Antonio de Martini

Aneddoti e ricostruzioni illuminanti_Giuseppe Germinario

LARGO AI CRETINI

I giovani italiani degli anni 50, ebbero le prime notizie della guerra da un libro che riscosse notorietà: Navi e Poltrone di Antonino Trizzino.

Il libro, molto preciso nella descriziomne degli eventi, narra le vicissitudini della guerra navale nel Mediterraneo, attribuendo, senza prove, le nostre perdite e sconfitte al tradimento di alti gradi della Marina.

Ora che le vicende belliche passate non interessano più granché, la storiografia ci sta spiegando che gli inglesi disponevano delle chiavi dei cifrari tedeschi, giapponesi ed anche italiani.

abbiamo anche appreso che gli inglesi ( e i tedeschi) avevano il radar, frutto delle ricerche di Guglielmo Marconi e della società che aveva creato in Gran Bretagna, perché nella natia Bologna nessuno se lo era filato.

Gli inglesi protessero i loro progressi tecnologici con grande cura, disposti anche a perdere una battaglia pur di non rivelare come vincevano le guerre. L’industria e lo stato si coordinavano in uno sforzo nazionale coordinato.

Noi italiani siamo invece ancora oggi in preda ad atteggiamenti paranoici che cercano la spiegazione di tutto nel tradimento della Patria, nell’odio tra italiani e nell’intrigo. Si cerca tutto e non si spiega nulla. Come a Genova oggi.

Nella realtà italiana di sempre, c’è diffidenza generalizzata verso il nuovo, malattie mentali diventate moda apprezzabile, disprezzo verso la tecnologia, ammirazione verso la furbizia da tre soldi e ricerca delle apparenze.

Esempi?

La tecnologia: Guglielmo Marconi fu nominato presidente della Accademia d’Italia, ma le sue scoperte considerate utili solo per la propaganda, al punto che il Vaticano lo sciolse dal vincolo matrimoniale in cambio della costruzione della Radio vaticana.

Fermi fu lasciato partire ( per le sciagurate leggi razziali che colpivano la moglie) benché avesse già posto le basi dell’energia nucleare. Un concorrente in meno per la cattedra.

La megalomania: aver fatto la guerra senza mai essersi chiesti come mai il nemico di notte ci vedeva e noi no.
Come mai le nostre navi venivano intercettate in mare e affondate. Come mai i nostri rifornimenti erano colpiti con precisione millimetrica. .

Il pressapochismo: dopo l’occupazione dell’Albania, ci addentrammo in territorio greco con pattuglie e scoprimmo che i greci stavano fortificando a ritmo forsennato la zona di accesso verso Atene. I nostri avvertirono l’alto comando che senza un attacco immediato non sarenno più potuti passare.

L’alto comando ignorò l’avvertimento ( come oggi furono ignorati gli avvertimenti del ponte di Genova….).

L’autoassoluzione per evitare accuse agli amici: Dopo l’attacco al porto di Taranto dove ci silurarono in porto una corazzata ed altro noviglio, quando una commissione tedesca ( su richiesta giapponese…) ci chiese quali ammaestramenti avessimo tratto dall’evento, rispondemmo che si era trattato di una fatalità che ci colse di sorpresa !

L’intelligence inglese, invece, capì dall’interessamento giapponese ( nella commissione tedesca che venne a indagare, c’era una spia) che il giappone aveva deciso un attacco aeronavale e capi ( dalle domande circostanziate dei giapponesi) che si sarebbe trattato di Pearl Harbour.

La persecuzione dei capaci: Felice Ippolito aveva portato l’ente italiano per l’energia nucleare a livelli di eccellenza: Lo accusarono di aver usato a Cortina d’Ampezzo la jeep dell’ente per una gita. la coalizione dei cretini ( dal magistrato al politico, al giornalista) fece il resto. Al fisofofo Gallupi, offrirono la possibilità di un concorso a cattedra a Napoli, solo dopo che assurse a fama europea.

Anni dopo, Achille Albonetti, sempre del CNEN, subì la stessa sorte a causa del suo attivismo.

L’assessore di Roma – non ricordo più il nome) che costruì lo svincolo del muro torto e i sottopassaggi dei lungotevere ( senza i quali la circolazione sarebbe impossibile oggi) fu scartato dalla DC e i suoi piani bocciati, per timore che diventasse sindaco.

I dieci eminenti cittadini che fecero un ” appello per una Nuova Repubblica” denunziando la partitocrazia nel 1965, subirono l’ostracismo per trenta anni.
Giano Accame, quando si accorsero di lui, non trovò un posto per oltre venti anni, dato che ogni direttore temette di essere soppiantato da uno scrittore tanto più capace.

Il generale Mori, riesce a catturare il capo della Mafia? Da quel giorno, – sono passati quattordici o quindici anni, è sotto inchiesta per motivi cangianti come la pelle di un camaleonte. L’unica costante è il gruppo dei cretini che ne ha ostacolato la carriera.

Cambiano i regimi, le ideologie e i governanti, ma la selezione a rovescio della classe dirigente è il presidio dell’equilibrio di potere nelle città come nei governi nazionali: l’intelligenza, la cultura e il senso del dovere devono soccombere di fronte alle esigenze dei mediocri e degli ignoranti che trionfano.

Insomma, da quando i costruttori dell’impero di Roma si trasferirono a Costantinopoli ( La nuova Roma ) lasciando la città in mano a schiavi, liberti ed eunuchi, , questi crearono la cultura del dominio dei mediocri in un atteggiamento permanente contro l’eccellenza, la capacità e il valore individuale.

E il cristianesimo è il custode di questa ideologia della mediocrità imbelle presentata come “amore per i più svantaggiati, deboli e i giovani”. Di che amore si tratti in realtà, cominciano a scoprirlo in questi giorni anche i più distratti..

IL CASO DE LORENZO ALTRA PROVA DEL PREVALERE DEI CRETINI.

Tra i casi di persone capaci e intelligenti oppresse dai mediocri, merita un citazione speciale quello del generale Giovanni de Lorenzo.

Dopo la defenestrazione del generale Cadorna che fece seguito a Caporetto nel 1917, è stato l’unico caso di un generale destituito dall’incarico di capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

L’accusa lanciata dal settimanale l’Espresso era di aver tentato un colpo di Stato con la complicità del Presidente della Repubblica Antonio Segni mentre era comandante generale dell’arma dei carabinieri.
In realtà colpiva il capo di Stato maggiore che aveva cancellato un triennio di forniture FIAT concordate con il predecessore ( Aloia).

L’occasione nacque perché de Lorenzo ( penna bianca per i suoi del SIFAR) si era attirato le ire del nuovo presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, per aver – come da compito di istituto- indagato sui candidati alla presidenza.

Il capo del centro di controspionaggio di Roma – il colonnello Fiorani- aveva rivelato i dettagli della inchiesta al figlio di Saragat suo compagno di merende a Parigi dove entrambi avevano lavorato in Ambasciata.

Quando Saragat chiese di vedere il dossier, gli fu risposto che era stato distrutto – vero- ma Fiorani spiegò che se fosse stata fatta una richiesta di informazioni all’Arma territoriale, si sarebbe poptuto ricostruire il dossier.

La ricostruzione – riguardava i comportamenti malati del padre del presidente caduti sotto l’occhio dei CC di Torino e la vicenda del fratello morto suicida sul pianerottolo di una prostituta – scatenò l’ira furibonda dell’interessato che chiese l’immediato arresto di de Lorenzo.

Ci volle del bello e del buono per dissuaderlo e ad accontentarsi della destituzione, ma aveva fatto i conti senza le cautele prese dall’ex capo servizio che aveva custodito copiosa documentazione, penalmente rilevante, a carico dei più bei nomi della classe di governo.

Trattative furono svolte tramite un consigliere di Stato ( Lugo) , gli fu offerta la nomina ad Ambasciatore ( in Brasile), ma il generale tenne duro e giunse a querelare l’Espresso, ma fu tutto inutile.

Dalla CIA giunse il generale Walters che tentò una mediazione , ben sapendo che de Lorenzo si era limitato a compiere doveri previsti dai protocolli NATO ( ad es schdatura degli elementi comunisti attivi anche sul piano clandestino) e di quelli presenti nelle FFAA ( circolare R/300).

De Lorenzo fu destituito come se avesse perso una guerra e per difendersi dall’ arresto si fece eleggere deputato.

Al suo posto, nominarono il generale Vedovato , fratello di un deputato DC.

Il suo autista, fedele e ncolpevole, fu trasferito alla stazione di Acilia in modo che dovesse fare un paio di ore di viaggio ogni giorno per recarsi in caserrma.

Tutto questo fu reso più facile dal tradimento della fiducia posta da de Lorenzo nel generale Allavena che lo aveva sostituito al SIFAR. Un soggetto meno che mediocre al cui fratello la FIAT diede una concessionaria ancora attiva.

Poco dopo Allavena scopri di avere un cancro allo stato terminale. Scrisse, a riprova della mediocrità, su carta intestata, una lettera al suo vecchio capo ammettendo che , se avesse saputo di morire in così breve tempo, non l’avrebbe tradito.

La storia è lunga e l’ho condensata in sei post sul http://corrieredellacollera.com dei mesi di settembre e ottobre 2011 se qualcuno volesse tutti i dettagli.

Quel che conta ai fini di questa storia, è che appena sorse un uomo che aveva reso l’intelligenceitaliano interlocutore privilegiato degli USA nel Mediterraneo e al costo di settemila biciclette aveva convinto l’Alfa Romeo a cedere tremila Giuliette motorizzando le forze dell’ordine, il sistema ( Agnelli ) lo espulse e colpì senza badare agli uomini ne ai mezzi.

e tanto meno alle istituzioni.
I mediocri coi miliardi sono una vera iattura.

A PROPOSITO DEI CRETINI ECCO UN ESEMPIO A SPESE DI UN PICCOLO MAGGIORE E DELL’ITALIA.

Maggiore, ebreo, istriano, piccolo di statura. Il maggiore Pettorelli Lalatta ( all’epoca Finzi), capo del servizio “I” della Prima Armata schierata in trentino nel 1917 ha un colpo di fortuna: un sottufficiale boemo si presenta alle nostre linee come ” parlamentario” a nome del suo comandante di battaglione. Vogliono disertare trattandone i termini.

Il maggiore intuisce che potrebbe essere vero, va in prima linea, attraversa le trincee e incontra il tenente PIVKO, comandante di un battaglione bosniaco, nativo sloveno, che ha deciso di non limitarsi a disertare, ma di infliggere il massimo dei danni alla prosopopea austro-ungarica.

In pochi pericolosi incontri notturni sul fronte fanno un piano. Carzano è a soli 40 km da Trento e la zona è difesa da un velo di truppe dato che il grosso viene ammassato in Veneto dove si sta preparando un attacco frontale.

Una penetrazione a sorpresa prenderebbe alle spalle l’intero esercito nemico e porrebbe termine alla guerra.

Finzi riesce fortunosamente a giungere fino a Cadorna che approva il piano audacissimo.

Finzi studia ogni particolare: gli uomini fedeli a Pivko faranno da guide ai nostri reparti, mentre agli altri militari nemici verrà dato vino con oppio per addormentarli. Tutta la linea tenuta dal battaglione sarà sgombra per l’intera notte.

Come da promessa a Cadorna, Finzi parte alla testa del primo reparto di bersaglieri incaricato di prendere Carzano e assicurare il passaggio al resto dei nostri approfittando della notte. la strada è una valle priva di ostacoli. Al mattino , entrando in una Trento sguarnita di forze, la guerra sarà praticamente vinta. Cadorna assegna due divisioni della prima Armata a questa operazione.

Quando dopo ore di trepidazione Finzi torna indietro per vedere come mai la brigata comandata dal generale Zincone che doveva essere la prima a partire, non avanza, si accorge che – benché consapevoli che la via fosse libera- i soldati vengono avviati per un camminamento singolo dilatando i tempi come se fossero di giorno e sotto il fuoco.

Cerca Zincone e lo trova semi sbronzo assieme al comandante di Armata – il generale ETNA, un figlio naturale del re – mentre stanno disputandosi a tavolino l’onore di entrare a Trento.

Invita Zincone a muovere rapisissimo la brigata. Il vile rifiuta.

Ormai albeggia, le vedette dell’artiglieria austriaca danno l’allarme, inizia il fuoco di sbarramento, affluiscono in tutta fretta reparti raffazonati di riserva. Il battaglione di bersaglieri che presidiava Carzano viene sterminato.

La reazione di Cadorna è furibonda: una commissione presieduta dal generale Pecori Giraldi indaga e riferisce.

L’essere figlio naturale del re non salva Etna che assieme a Zincone vengono destituiti e le divisioni componenti la prima armata – che viene sciolta- vengono assegnate alle altre grandi unità.

Lo stato maggiore dell’Armata che aveva osteggiato il piccolo maggiore che aveva osato fare da solo un piano audace e fattibile viene disperso.

A Finzi, decorato dell’Ordine Militare di Savoia ( la massima onorificenza) , viene tappata la bocca. e quando nel 1928 pubblica un libro sulla ” Occasione perduta” di Carzano, il libro viene sequestrato. Cadorna scrive in quei giorni al figlio che ha provato “la più grande furia di tutta la guerra”.

Un mese dopo gli austriaci attaccano a Caporetto.

Se avessimo sfondato, non ci sarebbe stata ne Caporetto, ne la rivoluzione russa di ottobre dato il crollo austriaco.

Sabato e domenica 16 settembre prossimo, a Carzano si commemora il sacrificio dei nostri bersaglieri assieme ai quali ha voluto essere sepolto anche il piccolo maggiore diventato generale. Partecipa tutto il paese.
Partecipa, come ogni anno, una rappresentanza austriaca, la associazine bersaglieri con fanfare locali e nessuno dello Stato Maggiore dell’Esercito. Meglio così.

Tra i bersaglieri di Carzano, c’era un certo Mursia ed è all’omonimo all’editore, discendente del bersagliere, che dobbiamo la fortuna di una limitata ristampa dell’opera dell’ormai generale Pettorelli Lalatta negli anni sessanta.

Il tenente Ljudevit Pivko, considerato in Slovenia un eroe nazionale, finì la guerra al comando di un battaglione italiano e contribuì alla creazione di reparti di irredentisti slavi.
Il sottufficiale che fece da “parlamentario”, quando nel 1938 Hitler occupò la Cecoslovacchia, fu impiccato.

Il libro di memorie, interessantissimo, di Pivko, ” Abbiamo vinto l’Austria Ungheria” è edito in italiano dalla Goriziana.

PER FINIRE

Dopo il martellamento sistematico dei media che tendono a colpevolizzare tutti gli italiani per ” le persecuzioni antiebraiche” credo sia il momento di intervenire e chiarire – se necessario con più post – che un popolo intero non è mai razzista al completo, nemmeno i tedeschi.

Si tratta di decisioni prese a tavolino per delegittimare, quando non addirittura derubare intere categorie di cittadini.

La vicenda, sordida in ogni aspetto, inizia, come al solito, con i pareri di autorevoli esperti. In questo caso di dieci ” scienziati” di cui però nessuno fa il nome, perché aprirono la via alle persecuzioni, alla sostituzione di libri di testo, alla decadenza da cattedre universitarie, alla disponibilità di posti nel pubblico impiego, fino all’assecondare le persecuzioni fisiche una volta iniziata la guerra.

Il 14 luglio 1938, si noti la data, i seguenti professori pubblicarono il Manifesto che diede una “base scientifica” all’esistenza di una ” razza italiana”.

Firmatari, furono i professori:

Lino Businco
Lidio Cipriani
Arturo Donaggio
Leone Franzi
Guido Landra
Nicola Pende
Marcello Ricci
Franco Savorgnan
Sabato Visco
Edoardo Zavattari

A ottobre, il Gran Consiglio del Fascismo emanò una direttiva su come trattare gli ebrei e il 17 Novembre, il re Vittorio Emanuele III firmò una delibera del Consiglio dei ministri , addirittura inasprita rispetto a quanto chiesto da Gran Consiglio.

Le banche non furono da meno: Poiché un ebreo non poteva possedere terreni con un estimo superiore a cinquemila lire e proprietà di valore che superasse le ventimila, si aprì un lucroso mercato.

Venne costituito un ENTE PUBBLICO : l’EGELI ( Ente per la gestione e liquidazione immobiliare con Regio Devreto del 27 marzo 1939).

I beni sottratti ai legittimi proprietari vennero gestiti da diciannove banche tra le quali: ISTITUTO SAN PAOLO di TORINO; MONTE DEI PASCHI di SIENA; CASSA DI RISPARMIO DELLE PROVINCIE LOMBARDE; ISTITUTO DI CREDITO FONDIARIO DELLE VENEZIE e di VERONA: ecc
Noterete tutti l’assenza del Banco di Napoli e di altri istituti meridionali.

I dieci ” scienziati” non si limitarono agli scritti, presero accordi diretti e operativi con Hitler, Himmler ed altri, alimentarono il dibattito con un apposito ufficio ( che si disputrono tra Visco e Pende) e con la rivista ” La Difesa della Razza” cui collaborò Amintore Fanfani oltre che il futuro PCI Zangrandi.

A presiedere ” Il tribunale della razza” , un giurista di vaglia, ( stavo per dire di razza) primo presidente della Corte d’Appello: Gaetano Azzariti, che divenne nel 1957 il primo presidente della Corte Costituzionale di questa Repubblica.

Al dibattito partecipò volentieri anche ” La civiltà cattolica “, rivista dei gesuiti, auspicando “una soluzione del problema ghetto”.
Durante il conflitto, furono deportati ottomila ebrei italiani ( di cui 700 bambini).
Al manifesto aderirono 300 personalità a partire dai principali gerarchi ed alcuni intellettuali che non avreste mai dett.

Il grosso del popolo rimase estraneo a questa scelta sciagurata che divise un popolo fino ad allora non aveva conosciuto fratture di rilievo.

E’ lo stesso senso di estraneità che proviamo oggi di fronte alle commemorazioni fasulle che la TV ci impone oggi, ma senza fare nomi per non dispiacere ai parenti ancora annidati in RAI.
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Va detto che esistettero anche oppositori fieri e dignitosi e il numero dei più attivi buoni pareggia, grosso modo, quello dei più cattivi di segno opposto.

In Israele hanno creato il Muro dei Giusti che ospita 17.500 nomi. Di questi 295 ( tra cui Perlasca) sono italiani.

Centocinque istituti religiosi della capitale ospitarono ebrei in fuga. Come vedete, l’Italia si divise a metà e i soliti zeloti conformisti cretini si annidarono dove poterono ( ministeri, enti, polizie) , sopravvissero alla reazione post bellica e ci hanno governato con riti e decreti ( e sequestri di beni da amministrare con discrezione) similari solo che hanno cambiato bersagli. Con gli ebrei non conviene più.

Questi ed altri dettagli – e tanti altri nomi illustri – potrete leggerli nel bel libro di un amico oggi purtroppo scomparso, FRANCO CUOMO.

Si intitola ” I DIECI” edito tra i saggi di BADINI, CASTOLDI; DALAI

Da questo resoconto sommario, si deduce che la legge dei cretini è valida anche quando la storia segna i momenti di lutto più tragici.
Resistono a tutto e tronano a galla.

LA GUERRA, UN EVENTO TANTO PRESENTE QUANTO RIMOSSO; ALMENO IN EUROPA_CONVERSAZIONE CON PIERO VISANI

Qui sotto una interessante intervista a Piero Visani; analizza la situazione politica in Europa e in Italia partendo, soprattutto dai limiti di formazione delle classi dirigenti europee. La rimozione di un concetto e di un evento presente nella storia dell’umanità, la guerra, ha contribuito pesantemente a procrastinare la condizione di subordinazione delle classi dirigenti nazionali europee, in particolare dell’Italia. Piero Visani, tra gli altri, è autore del libro “Storia della Guerra”, edito da DAKS.

Buon ascolto_Giuseppe Germinario

 

PANEBIANCO e le fedeltà assolute; ma non alla verità_ Due articoli di Antonio de Martini

gli articoli si riferiscono al seguente editoriale del corriere della sera https://www.corriere.it/opinioni/18_settembre_01/i-pericoli-legame-mosca-ae02bf28-ad48-11e8-aed0-106e9275cc0a.shtml

PANEBIANCO? NO, CRUSCA E ANCHE MALEODORANTE !

Sul ” Corriere della sera” di oggi c’è una bella novità, il Ministro Paolo Savona, invece dii accettare la solita ” intervista ripratrice” circa la calunnia malevola pubblicata nell’articolo di fondo di Panebianco di ieri a pag 1 e 26,, ha risposto con una lettera secca e cortese verso il giornale, ma inequivoca verso il Panebianco, smentendo seccamente le illazioni del barbetta.

Panebianco, invitato dal direttore – che quindi si sfila nella polemica – a rispondere, se l’é cavata con una risposta equivoca quanto la calunnia precedente ” Non ho scritto che il ministro Savona auspica una crisi del nostro debito ( invece ha scritto a pag 26 del giornale di ieri ” Essi preparano il momento in cui le continue, e per nulla innocenti, profezie del Ministro Paolo Savona ( compresa l’ultima, quella sul possibile ruolo della Russia rispetto al nostro debito) diventeranno realtà….”

A parte la insinuante farragine è chiaro che voleva dire che Savona proponeva di chiedere i denari ai russi.
MAI DETTO E MAI PENSATO, ma lui cerca di svicolare allargando alle “dichiarazioni dei politici” non meglio identificati.

Incoraggiato dall’intervento diretto di Savona, ho pensato di far cosa gradita ai lettori nell’indicare le falsità scritte da un uomo evidentemente stanco e forse anche stufo di servire dei padroni che adesso sono in difficoltà e si sfilano mettendolo in prima linea.

Ne ho trovate , oltre alla perla di Savona, altre sei: Ve ne segnalo cinque.

PRIMA: Paolo Mieli. Viene citato come se fosse un economista che profetizza: cito il prof. che ormai chiamerò Crusca ” se mai arriverà il nostro momento ” greco” ( come ha scritto Paolo Mieli su questo giornale, nel marasma potremmo finire già in autunno) sarà facile imputare ciò non alla politica del governo ma ai nemici esterni.”
Capito? prepara l’albi ai compari ( compagni?) incaricati come lui di diffondere notizie false atte a turbare l’ordine pubblico e nel contempo fa un soffietto a Paolo Mieli che viene spacciato per un economista le cui previsioni sarebbero da prendere sul serio. PM è un giornalista intrigante che da un bel pezzo falsifica in TV la storia vicina e lontana cercando di fare la respirazione artificiale al PD.

SECONDA. CITAZIONE ” L’alleanza con il gruppo di Visegrad, sembra una tappa intermedia, serve a stabilire un ponte intermedio percorrendo il quale si potrebbe arrivare a una diversa collocazione internazionale dell’Italia.”

Qui ci sono due FALSITA’: la prima è la “diversa collocazione internazionale” che viene adombrata e la seconda è sul gruppo di Visegrad che viene presentato come una tappa intermedia verso …la Russia. Si specula sulla natura di questo gruppo. Se andate sul mio blog ( corrieredellacollera.com e clikkate sul nome, gruppo di Visegrad, troverete un mio articolo di tre anni fa che indicavo come un cavallo di Troia degli anglosassoni contro l’U.E.. Quindi non ha nulla a che fare con la Russia. Il prof Crusca non può non saperlo, quindi mente.

Terza. Sentiamo prima il prof ” come dimostrò il caso di Che Guevara al momento della formazione del primo governo castrista a Cuba, non c’è alcun bisogno di competenza per fare il ministro dell’economia in un governo rivoluzionario.”

FALSO.
Dopo nemmeno un mese il CHE fu rimosso dall’incarico e si giustificò con Castro dicendo che quando chiese se c’era un economista, lui aveva alzato la mano perché aveva capito ” comunista”. Allora la notizia fece epoca , ma il prof crede di essere il solo sopravvissuto al 1960. Siamo in due e lui è un bugiardo.

Quarta. Sempre il prof ” Come ha scritto mario Monti ( Corriere 27 agosto) tutto ciò avverrebbe senza alcuna preventiva discussione nel paese. Ne deriverebbero anche conseguenze anche per la nostra politica mediorientale: ad esempio, allineamento antisraeliano, stretti legani con l’Iran , paese alleato coi russi.”

QUI LE FALSITA’ SONO TRE
:
a) Non si può annunziare un evento futuro e dire che avverrà senza preventiva discussione nel paese ( per la contraddizion che nol consente direbbe padre Dante). Una cazzata simile è degna di quel bischero di Monti e viene ripresa da un suo pari.

b) in realtà è l’allineamento filo israeliano che si è verificato senza preventiva discussione nel paese. Il sottoscritto – e il resto d’Italia- eravamo rimasti al documento di Venezia ( in cui Moro mise in isolamento la Tatcher sul problema palestinese ED E’ QUESTO CHE GLI E’ COSTATO LA PELLE). De hoc satis.

Inoltre la politica estera italiana degli ultimi cinquanta anni è sempre stata filo araba fino a che Berlusconi ha cambiato direzione – SENZA DISCUSSIONE NEL PAESE- per motivi che non cito oggi per carità di Patria.

c) L’Iran non è alleato della Russia: la Russia, fino a prova del contrario, fa parte del quintetto che ha negoziato il disarmo unilaterale del nucleare iraniano assieme a USA, UK, UE, GERMANIA e ONU.

Quinta : ” sopratutto non sarà facile superare la ben più solida capacità di resistenza del Presidente della Repubblica , anche se, come abbiamo già visto, c’è chi è in grado di proporre la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica con la stessa disinvoltura con cui si ordina un caffé.”

QUESTO E’ UN FALSO COSTITUZIONALE: Il Presidente della Repubblica non può far nulla se non con la firma del Ministro competente per materia. La Costituzione dice questo, ne più ne meno.

Egli non puo resitere a nulla e certamente non alla volontà del Parlamento. Questo è il motivo per cui all’annunzio dell’esito delle elezioni del 4 marzo ho scritto su questo fbn che il Presiende della Repubblica dovrebbe dimettersi prima che lo faccia la gente.

L’ITALIA, LE SUE ALLEANZE E LE SUE FORZE ARMATE DAL FAR WEST AL FAR EAST?

Ieri il prof Angelo Panebianco – docente a Bologna – ha scritto un lunghissimo articolo sul ” Corriere della sera” con alcune imprecisioni come quella, quasi veniale, su Che Guevara di cui ho già scritto.

La seconda, non veniale, gaffe è che quando ci si vuole presentare come geopolitici si devono presentare tutte le alternative presenti sul tappeto ed esaminarle.

Presentarne solo una e demonizzare l’altra ( e tacere la terza) è tipico della dialettica gesuita e lo fa targare come uomo di parte, sia pure per necessità di mantenimento della collaborazione giornalistica..

La tesi del prof è ( cito il titolo del fondo)” I PERICOLI DEI LEGAMI CON MOSCA”. La tesi è che questo nuovo governo , su cui fa aleggiare il termine ” rivoluzionario”, ma io preferirei “velleitario”, almeno per ora, sta avvicinandosi a Mosca e questo per il prof sarebbe un pericolo.

Rettifichiamo: l’Italia economica si è avvicinata a Mosca quando era ancora URSS, col governo De Mita ( per protesta l’Ambasciatore Sergio Romano, oggi suo collega al Corriere si dimise e lasciò la diplomazia ) concedendo ben mille miliardi di crediti, dopo che l’Italia aveva già finanziato gli stabilimenti FIAT di Città Togliatti.

Dopo averci deplorato, gli USA seguirono la nostra strada.
Le deplorazioni anglosassoni, spesso – nel nostro caso sempre – sono invidie mascherate.

Abbandonare la NATO non vuol dire necessariamente allearsi con Mosca, significa prendere atto della cessata esigenza anti patto di Varsavia. Lo so di preciso essendo stato per oltre trenta anni il più diretto collaboratore- ed ora il successore – dell’uomo che ha chiesto per primo nel 1948 l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico : Randolfo Pacciardi.

Oggi dico con cognizione di causa e in tutta coscienza che il dispositivo militare NATO non ha più ragione d’essere.
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Si può benissimo prendere atto dello sfaldamento dell’Alleanza – anche per il disinteresse del promotore divenuto isolazionista e le sue irragionevoli richieste economiche – e proporre una alternativa che un numero crescente di italiani , noi tra questi, chiede con voce ferma: costituire un blocco europeo di nazioni neutrali e ben armate assieme alla Svizzera ( che ne è il modello) , l’Austria ( che lo è già) la Slovenia e l’Ungheria, costituendo un Blocco Adriatico che impedisca ogni guerra tra i grandi nel nostro scacchiere e scoraggi ogni violazione della neutralità per le dimensioni stesse dell’alleanza nuova che si profilerebbe.

L’Italia sarebbe il paese demograficamente più importante e politicamente decisivo per questo blocco di NON ALLINEATI, contro cui si è pronunziato ( “è irrealistica”) il Presidente Mattarella al TG1 qualche giorno fa, con un significativo inciso alla siciliana, che mostra come non riescano più a tenere a bada col silenzio il 38% di italiani ( sondaggio Pew research) che considera superata la NATO.

L’ultimo sevigio che la NATO fa all’Italia è che dimostra come una alleanza militare possa realizzarsi nella normalità anche con paesi che non aderiscono alla UE. E non è poco.

Il mondo cattolico – cui l’Italia si vanta di appartenere- è neutralista per educazione e per dettato papale che definì la prima guerra europea una “inutile strage”.

Possibile che -ostaggi di crisi interne alle loro gerarchie- non capiscano i rischi che corre una Europa a rimorchio dell’uno o dell’altro blocco pronto alla guerra?

L’Europa ha significato solo se offre al mondo una alternativa di civiltà e non se appare come la coda della Cocacolonizzazione americana.

A questo primo “blocco promotore di neutralità vigile” potrebbero interessarsi anche altri stati della ex Yugoslavia memori della politica di non allineamento che tanto prestigio e sicurezza portò a quel paese fino a che la praticò.

Si realizzerebbe così una nuova collaborazione tra latini e slavi preconizzata da Pacciardi nel 1945 e De Michelis nel 1991 e sepolta in silenzio assieme ai suoi promotori.

Poiché gli attacchi dall’alto non vengono mai soli – il tema è d’attualità- anche il generale Vincenzo Camporini, sul suo sito suona l’adunata Atlantica e spezza una lancia a favore dell’esercito di professione in difesa della caricatura di esercito di mestiere che abbiamo messo assieme in questi anni in barba all’articolo 52 della Costituzione italiana e che rende disponibili maggiori fondi all’aeronautica.

Un esercito come quello che abbiamo oggi, serve ( lo ammettono sia il generale che la ministra Trenta) a un impiego nel sud mediterraneo….

Pensano di rivivere con due secoli di ritardo avventure coloniali contro paesi semi inermi per averne in cambio poco più che una carezza del padrone al cane che riporta una quaglia.

Gli alleati hanno armi nucleari e noi forniamo la carne da cannone o come si dice oggi pudicamente ” the boots on the ground”. E iun modello sbagliato, un approccio sbagliato e irto di pericoli che invece Panebianco non vede ipnotizzato dal FAR EAST Europeo.

Anche qui si offre la scelta manichea tra esercito di mestiere (in astratto, il nostro ne è la caricatura in chiave napoletana) e esercito di leva, trascurando ogni altra formula, inclusa quella ibrida che personalmente prediligo.

Serve una forza di intervento mobile professionale e ben equipaggiata – l’Italia, coi mezzi attuali, può fornirne al massimo quattro o cinque brigate a pieno organico e con mezzi adeguati – e un esercito a base locale e addestramento periodico sull’arco alpino sul modello svizzero.

Degli alpini provenienti da Gragnano, Portici o Salerno, non credo sia serio parlare. Un esercito a reclutamento napoletano può servire solo a scopi borbonici.

Ipotesi di intervento e scenari e scenari di guerre future, tutti gli stati maggiori li fanno da un secolo a questa parte e nessuno ci ha mai azzeccato nemmeno in parte.
Come noto, sono sempre in ritardo di una guerra.

Lo Stato Maggiore italiano, non me ne voglia, ha invece un regolare ritardo di almeno due guerre ed ha lo sguardo rivolto al passato come i dannati di Dante.

A roprova psicologica, ne fa fede la foto della prima comunione che Camporini ha messo nel suo sito per dispensarsi dall’argomentare e occupare uno spazio ben visibile.

Si sa , noi contribuenti possiamo solo pagare e poi lasciar fare agli “specialisti” che- a guerra finita- ci spiegheranno come l’hanno persa, dando la colpa a politici defunti. Solo che abbiamo cominciato a notare che nelle guerre in corso il numero dei morti civili supera sempre di gran lunga quello dei militari e allora vorremmo interessarcene.

Il rinnovamento dell’Italia passa per la sua politica estera e per quello delle sue Forze Armate. Il prossimo anniversario della fine della grande guerra potrebbe essere il momento opportuno per iniziare un dibattito nazionale e civile sul tema.

Il resto verrà da se.

LE ISTITUZIONI E IL CONFLITTO a cura di Luigi Longo

LE ISTITUZIONI E IL CONFLITTO

a cura di Luigi Longo

 

 

 

Suggerisco la lettura dell’articolo di Marco Della Luna, “Come prevenire un nuovo Euro-golpe” apparso sul sito www.marcodellaluna.info il 29 agosto 2018.

La sua lettura è stimolante perché evidenzia come le istituzioni sono luoghi di conflitto e di gestione del potere (degli agenti strategici sub-dominanti europei) e del dominio (degli agenti strategici pre-dominanti statunitensi).

Bisogna uscire dal campo delle istituzioni come luoghi di interesse generale, come luoghi neutrali dove si curano l’interesse della popolazione e di una nazione; occorre, invece, mettersi nel campo delle istituzioni come parti integranti del conflitto che attraversa la vita sociale di una nazione (con le sue forme di organizzazioni storicamente date) che è inserita nelle relazioni internazionali e nelle dinamiche di conflitto tra le nazioni-potenze che si configurano nelle diverse fasi storiche per il dominio mondiale.

 

 

 

COME PREVENIRE UN NUOVO EURO-GOLPE

 

di Marco Della Luna

 

Perché il Quirinale non può contenere il Presidente degli Italiani

Nell’estate del 2018 parecchi editorialisti stanno a congetturare sui possibili modi in cui, probabilmente, per abbattere il governo sovranista e rimetterne su uno europeista e immigrazionista, nel prossimo autunno, in tempo di legge di bilancio, verrà orchestrato un colpo di Stato dai soliti “mercati”, dal duo franco-tedesco, assieme alla BCE, ai “sorosiani”, ai magistrati “progressisti”.

Già i mass media pre-legittimano tale colpo di stato, come lo pre-legittimavano nel 2011, ripetendo a josa il concetto che il pericolo è il sovranismo e l’euroscetticismo, che lo scopo è come vincerli salvando l’integrazione europea, e tacendo completamente sui meccanismi e gli squilibri europei che danneggiano l’Italia a vantaggio di Germania e Francia soprattutto. Si comportano come sicuri che il golpe si farà.

Anche grazie a tali, ricorrenti campagne propagandistiche, l’idea del colpo di Stato degli interessi stranieri col tradimento del Quirinale in loro favore è oramai sentita come qualcosa di rientrante nell’ordine delle cose, di non sorprendente né, in fondo, scandaloso.

In particolare, è chiaro che il Quirinale (la cui cooperazione è indispensabile a un golpe politico, avendo esso la funzione di delegittimare il governo legittimo e legittimare quello illegittimo) è una sorta di rappresentante degli interessi e della volontà delle potenze straniere dominanti sull’Italia; e che la sua forza politica, la sua temibilità e la sua inattaccabilità derivano dal rappresentare esse, non certo dalle caratteristiche personali dei suoi inquilini. Il Quirinale è stato concepito e costruito, nella Costituzione italiana del 1948, al fine di far passare come alto giudizio e indirizzo della più alta Autorità nazionale quelle che invece sono imposizioni di interessi stranieri.

Dico “il Quirinale” e non “il Presidente della Repubblica” perché intendo proprio il Palazzo, come istituzione e ruolo nei rapporti gerarchici tra gli Stati, e non la persona fisica che lo occupa volta dopo volta. L’Italia è uscita dalla 2a Guerra Mondiale non solo sconfitta, ma con una resa incondizionata agli Alleati, e ha così accettato un ruolo subordinato agli interessi dei vincenti, incominciando dalla politica estera, per continuare con quella monetaria e bancaria. Il Quirinale è, costituzionalmente e storicamente, l’organo che ha assicurato la sua obbedienza e il suo allineamento nei molti cambiamenti di governi e maggioranze.

Certo, rispetto al golpe del 2011, la situazione oggi è diversa, per diverse ragioni:

 

-perché allora la maggioranza degli italiani voleva cacciare Berlusconi e credeva che cacciarlo avrebbe apportato legalità e progresso, mentre l’attuale governo gode del gradimento di un’ampia maggioranza della popolazione, sicché per rovesciarlo servirebbe molta più violenza di quella bastata nel 2011, oppure bisognerebbe dividere la maggioranza;

-perché da allora la gente ha capito qualcosa dall’esperienza dei governi napolitanici;

-perché Berlusconi non aveva gli appoggi di Washington e Mosca, né un piano B per il caso di rottura con l’UE;

-perché rispetto al 2011 l’eurocrazia ha perso credibilità e forza; perché essa teme le vicine elezioni europee e non può permettersi nuovi soprusi.

Come agire per prevenire un nuovo golpe, dopo tali premesse?

Suggerisco di spiegare alla popolazione il suddescritto ruolo storico e costituzionale del Quirinale, il suo ruolo di garante obbligato di interessi di potenze straniere vincitrici e sopraordinate, spesso in danno agli Italiani. Un ruolo non colpevole proprio perché obbligato, ma che in ogni caso priva il Quirinale della qualità di rappresentante degli Italiani e della autorevolezza, della quasi-sacralità che questa qualità gli conferirebbe. Il Quirinale è piuttosto una controparte dell’Italia.

Già il far entrare questa consapevolezza e questi concetti nella mente e nel dialogo dell’opinione pubblica può indebolire quel potere improprio e nocivo del Quirinale che gli consente di delegittimare i legittimi rappresentanti del popolo, sebbene esso non sia eletto dal popolo ma dalla partitocrazia, e di legittimare la loro illegittima sostituzione; quindi può aiutare la prevenzione di nuovi colpi di palazzo.

Nel tempo, si potrà pensare anche a una riforma nel senso del cancellierato, che dia più potere sul governo al premier, contenendo i poteri politici del Capo dello Stato e il fondo annuo di oltre un miliardo l’anno che egli gestisce – più della Regina Elisabetta; nonché a convertire il palazzo del Quirinale in un museo, trasferendo la sede della presidenza della Repubblica in un luogo dall’aria meno dominante e adatta alle nuove e ridotte competenze.

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