JUS SCHOLAE, BASTA?_di Teodoro Klitsche de la Grange

JUS SCHOLAE, BASTA?

Da qualche secolo il pensiero politico e giurispubblicistico europeo si è chiesto perché lo “stato di diritto” (o meglio la democrazia liberale): a) sia nato in Europa e non in Cina o in Egitto b) e le ragioni perché ciò è avvenuto. Il primo dato è evidente; quanto al secondo la spiegazione principale e ricorrente è che ciò era effetto del cristianesimo (meglio se occidentale). E questo per due ragioni corrispondenti a due passi del Nuovo testamento: la risposta di Cristo ai farisei rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio e l’istituzione divina di ogni autorità nella Lettera ai Romani di S. Paolo. Per cui, come scrive G. Mosca “Il primo elemento, e diremo anzi il più essenziale, perché un organismo politico possa progredire nel senso di ottenere una difesa giuridica sempre migliore, è la separazione del potere laico dall’ecclesiastico; o, per dire meglio, bisogna che il principio a nome del quale si esercita l’autorità temporale non abbia nulla di sacro e di immutabile” e ricordava come per musulmani, buddisti e cristiani ortodossi non c’è separazione ma  commistione tra Stato e religione, così che “Un organismo politico la cui popolazione è seguace di una delle religioni universali accennate, o anche divisa fra diversi riti di una di queste religioni, deve avere una base propria giuridica e morale sulla quale poggi la sua classe politica”. La tesi era condivisa da tanti. L’influenza della religione sulle istituzioni e sull’economia è stata sostenuta, tra gli altri, da Max Weber, da Maurice Hauriou, da Bryce. Ancora oggi, e probabilmente senza consapevolezza, ne vediamo il segno nella nuovissima contrapposizione tra democrazie (del mondo occidentale) e autocrazie (di Putin, di Xi, di Modi di Maduro ecc. ecc.) per qualificare e giustificare ideologicamente l’aiuto della NATO all’Ucraina. Ci sarebbe da chiedersi se sia un caso che tutte le democrazie nella parte del mondo sono riconducibili all’area del cristianesimo occidentale, e tutte le autocrazie (o piuttosto democrazie imperfette) siano nel resto del mondo. Inoltre la Gran Bretagna, ha gestito per oltre due secoli un impero sterminato, composto da colonie abitate da europei emigrati (Canada, Australia, Nuova Zelanda e, in parte, Sudafrica) e colonie abitate da autoctoni (in Africa e in India). Mentre quelle “europee” si reggono in democrazie liberali “piene”, le altre lasciano un po’ a desiderare. Anche se hanno istituzioni plasmate sui principi e gli ordinamenti dello “stato di diritto”; spesso derogano in settori, norme e istituzioni di particolare importanza – decisive per la popolazione (e per il controllo della stessa).

E ancor più è stato notato, a partire da Montesquieu, che le istituzioni sono modellate sullo Stato “fattuale” del paese: clima, situazione geopolitica, usi e costumi.

Si scrive questo perché la proposta dello jus scholae come mezzo d’integrazione degli immigrati (questo dovrebbe essere lo scopo) è un po’ pretenziosa e di conseguenza poco credibile. Pensare che un immigrato per essere andato a scuola (dieci anni? O di più?) sia diventato un cittadino buono e consapevole, e che superi i condizionamenti derivanti dal di esso ambiente e relative tradizioni è poco probabile. Nel senso che per taluni può avvenire ma per altri, presumibilmente la maggioranza, non capita.

L’integrazione tra comunità diverse avviene, ma ha bisogno di secoli più che di aule, voti ed esami. Va per la maggiore ricordare – a disdoro della Meloni e di Salvini – l’editto di Caracalla, ma hi lo ricorda omette di ricordare che l’impero romano esisteva, ai tempi di Caracalla da circa due secoli e mezzo, e che i popoli su cui dominava avevano già dato dei grandi contributi alla civiltà greco-romana, al punto che buona parte degli scrittori latini e greci della prima età imperiale non erano nati né in Italia né in Grecia.

Seneca, Lucano, Tacito (forse) erano ispanici, Luciano di Samosata ed Erone di Alessandria erano siriaci. Da secoli circa metà dell’esercito (gli Auxilia) era reclutato tra i non cittadini, i quali ottenevano la cittadinanza al congedo. Metodo sicuramente più pericoloso, coinvolgente ma sicuro per valutare l’amor patriae di un esame.

Dalla prassi d’integrazione romana arriva un esempio assai diverso da quella che ci vorrebbero far credere. E dati i risultati (straordinari) di quello sarebbe il caso di meditarci sopra.

Teodoro Klitsche de la Grange

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Meloni in Cina: piano Mattei globale?

Meloni in Cina: piano Mattei globale?

Cina: dove Giorgia Meloni si trovava per la sua prima visita ufficiale da quando è diventata Presidente del Consiglio.

Un viaggio carico di significati, che arriva dopo l’abbandono della tanto discussa Via della Seta.

Ma non illudiamoci: questo non è un ritorno al passato, bensì un tentativo di riscrivere le regole del gioco. Nulla è scontato in geopolitica.

Meloni porta con sé una delegazione d’imprenditori italiani, rappresentanti di quelle oltre 1.600 aziende che in Cina hanno piantato radici. Un esercito economico che ora chiede nuove garanzie, nuovi spazi di manovra. E la premier lo sa bene, il Paese passa da questi asset. Italia che quest’anno cresce ancora più di Francia e Germania e soprattutto a livello di export surclassa Parigi e Berlino.

Il suo obiettivo dichiarato? Rilanciare quel partenariato strategico globale voluto da Berlusconi nel lontano 2004. Una mossa astuta e complessa, che mira a compensare la fine della Via della Seta senza perdere la faccia. Ma attenzione: questo non è un gioco per principianti.
I numeri parlano chiaro, e sono impietosi. Gli investimenti cinesi in Italia sono circa un terzo di quelli italiani in Cina. Un divario che grida vendetta, che Meloni stessa ha definito come qualcosa da “colmare nel modo giusto”. Ma quale sarebbe questo modo giusto?

La risposta sembra essere il nuovo Piano triennale d’Azione, firmato durante questa visita.

Un documento che tocca punti cruciali:
– Investimenti
– Tutela della proprietà intellettuale e delle indicazioni geografiche
– Agricoltura e sicurezza alimentare
– Ricerca e formazione
– Ambiente
– Cultura e turismo
– Contrasto della criminalità organizzata

Un elenco ambizioso, non c’è che dire. Ma quanto di tutto ciò si tradurrà in azioni concrete? Quanto peserà davvero sulla bilancia dei rapporti Italia-Cina?

Meloni parla di “relazioni commerciali equilibrate e reciprocamente vantaggiose”, di “parità di condizioni” e “concorrenza leale”. Parole nobili, certo, ma che devono essere seguite da un forte campo legislativo, la potenza economica cinese non scherza.

Non dimentichiamo che l’adesione dell’Italia alla Via della Seta, firmata dal governo Conte, fu vista come un tradimento dagli alleati occidentali. Una mossa che non portò i vantaggi sperati: le esportazioni italiane non crebbero come previsto, mentre quelle cinesi in Italia aumentarono notevolmente. Fu un patto al contrario, estremamente deleterio per l’immagine dell’Italia che pago un dazio doppio: porte chiuse o quasi in Occidente, chiuse in Asia (nel patto infatti non erano previste aree di scambio commerciale da far gestire all’Italia, nonostante il nostro Paese sia, ad esempio, molto presente nelle Filippine).

Ora Meloni si trova a dover ricucire queste relazioni incrinate, a dover trovare un nuovo equilibrio. Da una parte, deve proteggere gli interessi delle aziende italiane in Cina. Dall’altra, deve rassicurare l’Occidente sulla distanza dell’Italia da Pechino, in un momento in cui la diffidenza verso i prodotti cinesi è alle stelle.

Il premier cinese Li Qiang parla ancora dello “spirito della Via della Seta”. Ma quale spirito? Quello di un’espansione economica che rischia di trasformarsi in egemonia?

Il nuovo piano triennale toccherà diversi aspetti dei rapporti economici e politici tra Italia e Cina. Si parla di investimenti, di tutela della proprietà intellettuale, di agricoltura e sicurezza alimentare. Si menzionano ricerca e formazione, ambiente, cultura e turismo. Persino il contrasto alla criminalità organizzata trova spazio in questo documento.

Ma la domanda rimane: sarà sufficiente? Sarà in grado questo piano di raddrizzare decenni di squilibri? Di garantire davvero quella “parità di condizioni” di cui parla Meloni?

La verità è che ci troviamo di fronte ad una partita complessa, dove ogni mossa può avere conseguenze imprevedibili. L’Italia si muove su un terreno scivoloso, tra la necessità di preservare i propri interessi economici e l’esigenza di non alienarsi gli alleati occidentali.
Meloni può anche parlare di “nuova fase” e di “rilancio della cooperazione”. Ma la realtà è che l’Italia si trova in una posizione di debolezza, costretta a un difficile gioco di equilibrismo diplomatico ed economico, con una deterrenza militare non sufficiente ed una Ue insensibile all’espansionismo economico italiano in Asia. Del resto furono Parigi e Berlino i veri interlocutori di Pechino in Europa.

Solo il tempo ci dirà se questa strategia pagherà. Se il nuovo Piano triennale di Azione sarà davvero in grado di riequilibrare i rapporti tra Italia e Cina, o se rimarrà lettera morta come tanti altri accordi internazionali.

Una cosa è certa: in questo grande scacchiere della geopolitica mondiale, l’Italia rischia ancora una volta di essere più pedina che giocatore. E Giorgia Meloni, che lo voglia o no, si trova ora a dover dimostrare di essere all’altezza di una sfida che va ben oltre i confini nazionali.

“Sono molto contenta di essere qui per il primo viaggio ufficiale di questo governo”, aveva dichiarato Meloni all’inizio della visita, “a dimostrazione della volontà di iniziare una fase nuova, di rilanciare la nostra cooperazione bilaterale nell’anno in cui ricorre il ventesimo anniversario della nostra partnership strategica globale”. Parole che suonavano come un tentativo di voltare pagina, di ridefinire le regole del gioco.

Nel mentre quello che sembra un “Piano Mattei globale” prende forma, l’Italia punta al Sahel (che ad oggi è in mano cinese e russa, forse il vero scopo della visita di Meloni è avere mani libere in Africa) per questioni energetiche e di geostrategia (la Francia è fuori dal 2023). Sahel ed Africa Equatoriale sono a forte trazione russa (Mosca ha fatto imbufalire Macron proprio per averlo estromesso, tanto che ora è in bilico anche il Franco Coloniale) e cinese (soprattutto a livello d’infrastrutture). L’Italia (dopo aver parlato con gli Usa) si è posta in Cina come nazione-ponte tra Brics e Occidente, per parlo però serve avere buoni rapporti con Pechino, che in questo momento sorregge le potenze orientali. Stesso gioco degli Usa, che però non riescono più ad incidere in alcune zone del mondo, in altre si sono ritirati ed in altre ancora “appaltano” terzi.

Il viaggio di Meloni in Cina ha quindi avuto un obiettivo primario ben lontano da quello narrato dai maggiori media: un ruolo di primo piano nell’Africa delle materie prime (che però abbiamo scoperto d’avere anche in Italia). I prossimi mesi risulteranno decisivi, soprattutto dopo l’elezione del nuovo presidente Usa avremo un “effetto farfalla” geopolitico che investirà gli schieramenti in gioco.

di Marco Pugliese

Piano d’azione per il rafforzamento del Partenariato
Strategico Globale Cina-Italia (2024-2027)
In occasione del 20° anniversario del Partenariato Strategico
Globale tra Cina e Italia, il 28 luglio, 2024, si è svolto a Pechino
un incontro tra il Primo Ministro della Repubblica Popolare
Cinese Li Qiang e il Presidente del Consiglio dei Ministri della
Repubblica Italiana Giorgia Meloni. Le due parti hanno
concordato che le relazioni Cina-Italia hanno raggiunto negli
ultimi anni importanti risultati di cooperazione e godono di un
positivo momento di sviluppo, testimoniato anche dal successo
dell’incontro tra il Presidente Xi Jinping e il Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni durante il Vertice G20 di Bali nel 2022
e di quello fra i Capi di Governo delle due Nazioni al Vertice G20
di Nuova Delhi nel 2023.
Italia e Cina intendono mantenere lo slancio delle loro
relazioni bilaterali, anche nello spirito della antica Via della Seta
che da millenni, a partire dalle antiche rotte commerciali, incarna
l’apertura al dialogo e la reciproca conoscenza fra civiltà orientale
e occidentale, e promuoverne lo sviluppo ad un livello più elevato,
perseverando nella pace e nella cooperazione. In tale contesto, le
due parti hanno ribadito la volontà di rafforzare la fiducia
reciproca e di mantenere gli scambi di alto livello istituzionale
sulla base del rispetto dei principi della sovranità e dell’integrità
territoriale. Riconfermano l’impegno a prevedere un incontro
annuale tra i due Primi Ministri, con modalità flessibile, e
concordano di attuare il presente Piano d’azione, di rafforzare il
coordinamento delle loro rispettive strategie di sviluppo e di
approfondire la cooperazione in vari campi rafforzando gli
scambi culturali e tra le rispettive società civili e sviluppando
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pienamente il potenziale del Partenariato Strategico Globale.
Le parti esprimono apprezzamento per lo svolgimento del
24mo Vertice Cina-Ue il 7 dicembre 2023, che ha costituito
l’occasione per promuovere la fiducia reciproca, rafforzare la
cooperazione bilaterale e intensificare il coordinamento
multilaterale, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di relazioni
stabili, costruttive, reciprocamente vantaggiose e di portata
globale tra Cina e Ue. Le parti sostengono la prosecuzione e
l’intensificazione dei dialoghi di alto livello Cina-Ue nei settori
strategico, economico-commerciale, ambientale, digitale e dei
rapporti tra le società civili, affrontando congiuntamente, con uno
spirito aperto e collaborativo, sfide globali come il cambiamento
climatico e la transizione energetica, la salute pubblica, la
sicurezza e la pace internazionali e la stabilità. Le parti
continuano inoltre a sostenere il dialogo Ue-Cina in materia di
diritti umani, in uno spirito di reciproco rispetto.
Le parti riconoscono l’importanza che Cina e Ue si
impegnino per rendere le relazioni commerciali bilaterali più
certe, prevedibili, equilibrate e reciprocamente vantaggiose ed a
tal fine intendono continuare a lavorare per assicurare parità di
condizioni per le rispettive aziende.
Le parti ribadiscono altresì l’importanza che l’Ue e la Cina
osservino le regole dell’OMC e i principi di mercato, aderiscano
al commercio libero, alla concorrenza leale, all’apertura e alla
cooperazione, si oppongano al protezionismo e all’unilateralismo,
gestendo gli attriti commerciali attraverso il dialogo e la
consultazione, in conformità ai meccanismi previsti dall’OMC.
Cina e Italia intendono intensificare ulteriormente lo
scambio di vedute e il coordinamento sui temi multilaterali,
nonché promuovere una migliore coesione della comunità
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internazionale per rispondere a tali sfide globali nei fori
appropriati. Si impegnano a valorizzare e sostenere il ruolo di
primo piano svolto dal G20 nel migliorare la governance
economica globale, supportando anche il suo funzionamento
nell’affrontare le sfide globali. Continueranno inoltre a
promuovere un efficace contributo del G20 alla stabilità e alla
fluidità delle catene di approvvigionamento globali, alla ripresa
dell’economia mondiale e alla promozione di una crescita stabile
e sostenibile. Le parti ribadiscono il loro sostegno al ruolo
centrale delle Nazioni Unite nel sistema multilaterale globale,
sulla base del rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite,
riconoscendone altresì il contributo positivo alla promozione
della pace, dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile, e
continueranno a rafforzare la loro collaborazione riguardo alla
riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per
renderlo più democratico, efficiente, trasparente, ed inclusivo. Le
parti sono disposte a rafforzare il coordinamento in tale ambito e
ad assicurare un contributo sostanziale all’attuazione degli
obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030.
Le parti convengono di dare priorità alla cooperazione nei
seguenti settori: 1) commercio e investimenti; 2) finanziario; 3)
innovazione scientifica e tecnologica, istruzione; 4) sviluppo
verde e sostenibile; 5) medico-sanitario; 6) rapporti culturali e
scambi people-to-people.
1. Collaborazione economico-commerciale e investimenti
Sistema commerciale multilaterale. Le parti sostengono
un sistema commerciale multilaterale basato sulle regole, libero,
equo, aperto, trasparente, inclusivo e non discriminatorio, con
l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) al suo centro.
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Le parti sostengono il processo di riforma dell’OMC, compreso
il ripristino della piena operatività del meccanismo di risoluzione
delle controversie, il rafforzamento del ruolo deliberativo e il
rilancio della funzione negoziale dell’OMC. Inoltre le parti
ribadiscono la necessità di rafforzare la resilienza e la stabilità
delle catene del valore e di approvvigionamento globali. Le due
parti accolgono i risultati raggiunti in occasione della 13°
conferenza ministeriale dell’OMC, e continueranno a lavorare
insieme al conseguimento di risultati positivi nell’ambito della 14°
conferenza ministeriale dell’Organizzazione. Promuovono una
globalizzazione economica aperta, inclusiva, equilibrata e a
beneficio di tutti, la liberalizzazione e la facilitazione del
commercio e degli investimenti. Le parti si impegnano a
rafforzare le discussioni sull’agevolazione degli investimenti, sul
commercio digitale, nonché sul tema commercio-ambiente.
Promozione commerciale e investimenti. Le parti
concordano sull’importanza di intensificare e riequilibrare gli
scambi commerciali, esplorare il potenziale del commercio
bilaterale e continuare ad incentivare i flussi di investimento nei
due sensi, in un contesto trasparente e a parità di condizioni.
Sottolineano la necessità di rafforzare ulteriormente il ruolo della
Commissione Economica Mista per favorire la cooperazione
imprenditoriale e il dialogo sulle rispettive politiche economiche
nell’ambito di tale meccanismo. Le due parti concordano anche di
valorizzare il ruolo innovativo e complementare del Business
Forum Italia-Cina, volto a fornire una piattaforma per
promuovere gli scambi tra governi e imprese e favorire lo
sviluppo economico e commerciale bilaterale.
Le parti continueranno a sostenere il lavoro del Consiglio
Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale
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(CCPIT), dell’Agenzia ICE e dei loro uffici di rappresentanza a
favore della promozione del commercio e degli investimenti, in
conformità con le loro funzioni. Si impegnano a continuare a
discutere in modo costruttivo della questione dello status degli
uffici dell’Agenzia ICE in Cina.
In questo spirito, forniranno il necessario supporto alle
attività svolte in Italia dalla Camera di Commercio Cinese e in
Cina dalla Camera di Commercio Italiana, sostenendo il ruolo
degli enti di promozione del commercio e degli investimenti e
delle associazioni imprenditoriali dei due Paesi nel rafforzamento
del dialogo e della cooperazione, nella prevenzione dei rischi e
nella risoluzione delle controversie.
Le parti annettono inoltre grande rilevanza allo sviluppo
delle fiere internazionali che hanno luogo in Italia e in Cina e
continueranno a promuovere la partecipazione delle proprie
aziende, riconoscendo le manifestazioni fieristiche come un
volano cruciale per l’internazionalizzazione dei rispettivi mercati
e per la promozione dell’interscambio commerciale bilaterale.
Accesso al mercato. Le parti concordano sulla necessità di
garantire reciprocamente un migliore accesso al mercato e
un’effettiva parità di condizioni tra gli operatori economici, e di
promuovere congiuntamente lo sviluppo equilibrato e stabile del
commercio bilaterale, sfruttandone appieno il potenziale. Le parti
continueranno a collaborare per eliminare gradualmente le
barriere non tariffarie che ostacolano indebitamente il commercio
e offrire un ambiente imprenditoriale e di investimento aperto,
equo, trasparente e non discriminatorio affinché le rispettive
imprese possano investire e svolgere attività commerciali.
Concordano inoltre di sfruttare appieno il ruolo del gruppo di
lavoro per la collaborazione sugli investimenti e di approfondire
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la collaborazione tra Cina e Italia sugli investimenti nello
sviluppo verde e in altri settori, lavorando per un maggiore
sviluppo degli investimenti fra i due Paesi, anche attraverso la
discussione di specifici progetti di comune interesse.
Crescita sostenibile. Le parti concordano sull’importanza
di conciliare la crescita e lo sviluppo economico con gli obiettivi
globali della transizione energetica ed ecologica, in linea con gli
ambiziosi impegni assunti da entrambe le Nazioni. Intendono a
tal fine incrementare le collaborazioni nel settore delle energie
rinnovabili e delle tecnologie ad esse associate.
Proprietà intellettuale. Le parti riconoscono che la
proprietà intellettuale svolge un ruolo importante per supportare
la competitività delle imprese e i processi di innovazione,
convengono di rafforzare ulteriormente gli scambi e la
cooperazione in tale ambito, con l’obiettivo di fornire servizi più
efficienti e convenienti per le entità innovative nei due paesi e
assicurare la tutela della proprietà intellettuale per le imprese di
entrambe le parti, con particolare attenzione alle esigenze delle
piccole e medie imprese e delle start-up. In questo spirito, le parti
si impegnano ad avviare un meccanismo di dialogo bilaterale fra
le competenti Autorità sul tema della tutela della proprietà
intellettuale, finalizzato alla condivisione di informazioni sulle
rispettive politiche settoriali e migliori pratiche e alla facilitazione
degli scambi riguardo ad eventuali criticità o problematiche di
particolare rilevanza.
Indicazioni geografiche (IG). Le parti esprimono la
volontà di collaborare ulteriormente nel campo delle indicazioni
geografiche, convenendo di rafforzare lo scambio di informazioni
e la cooperazione nel quadro dell’Accordo sulle Indicazioni
Geografiche tra Cina e Unione Europea. Accolgono con favore
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l’adozione di due Protocolli d’Intesa volti a rafforzare la
cooperazione per la tutela delle Indicazioni Geografiche e a
facilitare scambi di informazioni, expertise ed eventi congiunti di
promozione in materia.
E-commerce. Nell’ambito dell’e-commerce fra i due Paesi,
le parti concordano di migliorare ulteriormente le capacità delle
piccole e medie imprese di proporsi nelle piattaforme di ecommerce e promuovere i prodotti nazionali assicurando la
necessaria assistenza alla tutela delle indicazioni geografiche e
della proprietà intellettuale. Le parti sono disposte a rafforzare
ulteriormente il dialogo e la cooperazione nella logistica, al fine
di migliorare la qualità e la tempestività del servizio e
promuovere lo sviluppo dell’E-commerce tra i due Paesi.
Agricoltura. Le parti concordano di approfondire la
cooperazione tra i due Paesi in ambito agricolo, anche favorendo
gli scambi di personale, con particolare attenzione al commercio
agroalimentare, allo sviluppo delle aree rurali, alla ricerca e allo
sviluppo tecnologico. Le parti si impegnano a continuare nel
negoziato dei protocolli per l’esportazione di prodotti
agroalimentari con l’obiettivo di favorire l’accesso dei prodotti al
mercato.
Cooperazione sulla sicurezza alimentare. Le parti
intendono rafforzare gli scambi e la cooperazione sulla
regolamentazione della sicurezza alimentare ed esprimono
apprezzamento per la sottoscrizione del Piano d’Azione (2024-
2026) tra l’Amministrazione Statale per la Regolamentazione del
Mercato della Repubblica Popolare Cinese e il Ministero della
Salute della Repubblica Italiana.
Collaborazione nei mercati terzi. Sulla base del
memorandum d’intesa sulla cooperazione nei mercati terzi
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sottoscritto nel 2018, le parti continueranno a offrire sostegno agli
elenchi di progetti prioritari concordati e a supportare le rispettive
aziende che intendono realizzare progetti di cooperazione in Paesi
terzi.
2. Cooperazione economica e settore finanziario
Le parti sostengono lo svolgimento a rotazione del Dialogo
Finanziario tra i Ministri delle Finanze dei due paesi, intendono
approfondire la comunicazione e la cooperazione nei settori della
politica macroeconomica, della governance globale e delle
finanze, continuando ad ampliare le relazioni economiche e
finanziarie sino-italiane.
Le parti condividono l’interesse a sfruttare appieno il
potenziale di cooperazione in materia di investimenti di
portafoglio e ad incoraggiare varie forme di cooperazione, con
particolare riferimento al commercio, all’industria dei servizi e
alla protezione e sviluppo del patrimonio culturale.
Le parti riconoscono l’importanza della Banca Asiatica di
Investimento per le Infrastrutture (AIIB) e delle altre banche
multilaterali di sviluppo nel sostegno agli investimenti in
infrastrutture e connettività e nella promozione di uno sviluppo
sostenibile.
Le parti sono disposte a sostenere la cooperazione e gli
scambi tra gli istituti di credito e di investimento e del relativo
personale. Nel rispetto dei requisiti legali e relativi regolamenti
di vigilanza dei due Paesi, le parti supportano – a condizione di
reciprocità – la creazione di nuove banche e istituti finanziari e
filiali nei rispettivi Paesi e lo svolgimento delle relative attività.
Finanza verde. Le parti esprimono interesse a rafforzare la
cooperazione finanziaria per accelerare la transizione verde,
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facilitare una maggiore aderenza delle rispettive istituzioni
finanziarie ai principi internazionali per la finanza sostenibile, e
promuovere i finanziamenti delle istituzioni finanziarie
internazionali per il contrasto ai cambiamenti climatici e per
ridurre la perdita di biodiversità, nel quadro dei principi
concordati a livello internazionale e nell’ambito della G20
Sustainable Finance Roadmap.
Supervisione dell’audit. Sulla base del rispetto reciproco
della sovranità e delle rispettive leggi e regolamenti interni, le
parti esploreranno la possibilità di negoziare e firmare accordi
bilaterali di cooperazione per la supervisione dell’audit.
Industria. Le parti attribuiscono grande importanza agli
scambi e alla cooperazione nel settore dell’industria e sono
disponibili ad approfondire la cooperazione nei settori di maggior
rilievo per lo sviluppo dell’economia digitale. Esprimono
apprezzamento per la firma del Memorandum d’intesa sulla
cooperazione industriale tra i due Paesi.
3. Innovazione scientifica e tecnologica, istruzione
Le parti sottolineano l’importanza dell’innovazione
scientifica e tecnologica per promuovere lo sviluppo economico
e sociale e valutano con apprezzamento i risultati della
cooperazione bilaterale nel campo dell’innovazione scientifica e
tecnologica, sostengono lo svolgimento con cadenza annuale
della “Settimana Italia-Cina della Scienza, della Tecnologia e
dell’Innovazione”, anche quale occasione per favorire incontri
regolari tra i Ministri competenti per l’innovazione scientifica e
tecnologica.
Concordano sull’opportunità di rafforzare ulteriormente il
ruolo della Commissione mista Cina-Italia per la cooperazione
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scientifica e tecnologica e la cooperazione nella ricerca congiunta
in aree di comune interesse, oltre che sull’importanza di attuare
progetti di formazione superiore congiunti su specifici ambiti
quali ambiente, energia, ricerca polare e sviluppo sostenibile.
Ricerca scientifica. Le parti intendono continuare a creare
condizioni favorevoli per gli scambi di ricercatori in ambito
scientifico e d’istruzione e a facilitare la nascita di nuove
opportunità per la formazione congiunta di talenti di alto livello e
la ricerca scientifica che coinvolgano le rispettive università e gli
istituti di ricerca. Proseguiranno l’attuazione del Programma
esecutivo fra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale e il Ministero della Scienza e Tecnologia cinese, e
della Dichiarazione Congiunta per la cooperazione scientifica e
tecnologica fra il Ministero degli Affari Esteri e della
Cooperazione Internazionale e la National Natural Science
Foundation of China (NSFC). Le parti continueranno a
promuovere la cooperazione per la manifattura avanzata, le
tecnologie aeronautiche verdi e altri settori di comune interesse.
Le parti concordano sull’opportunità di rafforzare la
cooperazione in ambito polare, soprattutto nell’area del Mare di
Ross in Antartide dove è situata la Stazione di Ricerca italiana
“Mario Zucchelli” e la Stazione di Ricerca cinese “Qin Ling”.
Le parti intendono continuare a collaborare, tanto in ambito
bilaterale, quanto a livello multilaterale, nel settore “mari e oceani”
e in quello afferente alla protezione della biodiversità.
Spazio. Le parti riconoscono l’importanza della
cooperazione nel campo spaziale, anche per affrontare sfide
globali quali il cambiamento climatico, la protezione dagli
asteroidi e la gestione dei detriti spaziali, e concordano
sull’importanza di confrontarsi in materia con particolare
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riferimento alla collaborazione in atto tra la China National Space
Administration (CNSA) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Le
parti riconoscono l’importanza del Memorandum d’Intesa sulla
cooperazione per il monitoraggio elettromagnetico del satellite
CSES-02 in vista del lancio nel 2024, e della cooperazione nella
missione di esplorazione degli asteroidi TianWen 2.
Istruzione e rapporti accademici. Le parti concordano di
continuare a rafforzare gli scambi e la cooperazione nel campo
dell’istruzione e della formazione superiore, universitaria e
artistico-musicale, ed esprimono apprezzamento per la firma del
«Programma esecutivo di collaborazione nell’ambito
dell’istruzione tra il Ministero dell’Istruzione Cinese e il
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
italiano (2024-2027)». Intendono discutere sull’istituzione del
meccanismo di consultazione periodica tra Ministri
dell’Istruzione, incoraggiano le università dei due Paesi ad
organizzare il Forum dei Rettori delle Università Cina-Italia in
Cina e a rafforzare la cooperazione tra le università dei due Paesi
nella coltivazione di talenti, nella co-organizzazione di corsi
universitari e nella ricerca scientifica congiunta. Concordano di
tenere consultazioni periodiche tra esperti sull’istruzione dei due
Paesi. Sostengono inoltre l’ulteriore espansione degli scambi
reciproci di studenti e studiosi e continueranno a promuovere
l’insegnamento della lingua cinese in Italia e della lingua italiana
in Cina, e a discutere l’introduzione futura dell’italiano negli
esami cinesi. Le parti intendono rafforzare ulteriormente la
cooperazione nel campo dell’istruzione professionale, che
consente di formare tecnici specializzati di alto livello.
4. Sviluppo verde e sostenibile
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Le parti ribadiscono la loro volontà di rafforzare la
cooperazione nell’attuazione della «Convenzione Quadro delle
Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici» e dell’«Accordo di
Parigi», riconoscendo gli ambiziosi obiettivi e le importanti
misure concrete già adottate nei rispettivi Paesi.
Le parti esprimono apprezzamento per lo svolgimento del
primo Global Stocktake alla COP28 di Dubai e ribadiscono
l’obiettivo dell’«Accordo di Parigi» di contenere l’aumento della
temperatura globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli
preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento
della temperatura a 1.5°C al di sopra dei livelli pre-industriali,
riconoscendo che ciò possa ridurre significativamente i rischi e
gli impatti dei cambiamenti climatici. Nel contempo sottolineano
l’importanza di intraprendere con urgenza azioni di sostegno per
il raggiungimento di tale scopo. A tal fine, le parti concordano di
lavorare insieme per contribuire agli obiettivi globali identificati
al fine di attuare una transizione energetica che consenta di
superare il ricorso ai combustibili fossili giusta, ordinata ed equa,
con particolare attenzione agli sforzi per triplicare l’energia
rinnovabile installata a livello globale e raddoppiare il tasso
medio annuo a livello globale di miglioramento dell’efficienza
energetica entro il 2030.
Le parti concordano di promuovere la cooperazione in settori
quali le politiche e le tecnologie di protezione ambientale, le
materie prime e le tecnologie per l’energia pulita, l’efficienza
energetica, la risposta ai cambiamenti climatici, la conservazione
della biodiversità, l’economia circolare e il capacity-building, e
intendono promuovere congiuntamente la formazione sinoitaliana nell’ambito della protezione dell’ambiente, del contrasto
al cambiamento climatico, dell’abbattimento delle emissioni di
13
gas serra e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione
alle giovani generazioni. Le parti concordano sulla necessità di
continuare ad agire per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030
delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e sono pronte a
cooperare nei relativi settori correlati.
5. Cooperazione medico-sanitaria
Le parti intendono promuovere lo sviluppo di contatti tra gli
istituti di ricerca medica e le organizzazioni professionali
sanitarie dei rispettivi Paesi, nonché a rafforzare gli scambi di
personale e la cooperazione pratica nei settori della prevenzione,
del trattamento e della riabilitazione delle malattie croniche
(come i tumori e le malattie cardiovascolari), della formazione
del personale sanitario, della gestione ospedaliera, della salute
digitale e della telemedicina, della prevenzione e del controllo
delle malattie infettive e della risposta alle emergenze sanitarie,
dell’assistenza sanitaria di base e della medicina generale, nonché
della salute degli anziani.
Le parti intendono rafforzare la cooperazione nell’ambito del
Piano d’azione per la cooperazione sanitaria 2024-2026 e del
“Memorandum di Intesa tra il Ministero della Salute della
Repubblica Italiana e l’Agenzia Italiana del Farmaco e
l’Amministrazione Nazionale dei Prodotti Sanitari della
Repubblica Popolare Cinese sulla collaborazione normativa in
materia di medicinali, dispositivi medici e cosmetici”. Sono
altresì disposte a rafforzare ulteriormente la cooperazione nella
supervisione dei prodotti farmaceutici.
Le parti sostengono il ruolo centrale delle Nazioni Unite e
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella salvaguardia
della salute globale e sono pronte a collaborare per promuovere il
14
rafforzamento della governance della salute pubblica globale.
6. Rapporti culturali, scambi people-to-people,
patrimonio culturale e collaborazione nel contrasto a
criminalità e nella gestione delle calamità naturali.
Collaborazione culturale. Le due parti convengono
sull’importanza di rafforzare la cooperazione tra le istituzioni
culturali al fine di promuovere la conoscenza reciproca tra le due
civiltà e lo sviluppo di collaborazioni nella creatività
contemporanea. In occasione del 700° anniversario della morte di
Marco Polo, grande promotore della conoscenza reciproca e del
dialogo tra le civiltà italiana e cinese, le parti rinnovano
l’intenzione di dare ulteriore slancio alle relazioni culturali tra le
due Nazioni, dopo il successo dell’Anno della Cultura e del
Turismo Cina-Italia nel 2022. Concordano di lavorare insieme per
accrescere la cooperazione tra musei, siti archeologici, archivi,
teatri d’opera e orchestre sinfoniche, e per sviluppare i rapporti tra
le rispettive accademie d’arte e scuole di musica.
A tal fine, concordano di firmare al più presto un nuovo
protocollo esecutivo della cooperazione culturale tra i due
Governi, che includa anche il settore dell’editoria. Italia e Cina
collaboreranno inoltre alla realizzazione di eventi culturali che
rendano omaggio alla figura di Marco Polo e al suo ruolo nella
storia delle relazioni bilaterali.
Le due parti continueranno a sostenere il ruolo positivo
svolto dal Forum culturale sino-italiano, quale importante
piattaforma di dialogo e cooperazione tra le rispettive istituzioni
culturali e turistiche.
Le parti riconoscono l’importanza della collaborazione nel
campo del cinema-audiovisivo e favoriranno la diffusione delle
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opere cinematografiche e audiovisive della controparte sul
proprio territorio, la partecipazione di artisti ed operatori del
settore ai rispettivi festival del cinema e la collaborazione tra le
due industrie cinematografiche e audiovisive. Concordano inoltre
di accelerare la negoziazione dell’accordo sulle co-produzioni
cinematografiche.
Tutela del patrimonio culturale. Italia e Cina continueranno
a lavorare insieme per intensificare la cooperazione tra musei,
istituti archeologici e siti di patrimonio e altre istituzioni culturali
e museali. Incoraggeranno la cooperazione nei settori della lotta
al traffico illecito di reperti archeologici e del recupero e
restituzione degli stessi, della loro conservazione e restauro, dei
progetti congiunti e della organizzazione di mostre sui
ritrovamenti archeologici.
Si impegnano a promuovere la collaborazione nella tutela e
conservazione del patrimonio culturale materiale e immateriale,
anche attraverso la condivisione di esperienze nel settore
dell’innovazione tecnologica.
Concordano di sviluppare la collaborazione nell’ambito
dell’educazione, della formazione e della ricerca applicata al
patrimonio culturale, favorendo lo scambio di informazioni ed
esperienze nonché organizzando convegni su temi di comune
interesse.
Gemellaggi. Le parti convengono sull’importanza della piena
attuazione del progetto di gemellaggio tra la Cina e l’Italia sui siti
del patrimonio mondiale dell’UNESCO e sono disposte a
promuovere attivamente i gemellaggi tra i siti del Patrimonio
Mondiale dei due Paesi, dando impulso ai nuovi gemellaggi tra il
Palazzo d’Estate di Pechino e Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli,
in Italia, e tra i Giardini Classici di Suzhou e Venezia e la sua
16
laguna.
Turismo. Le parti ribadiscono l’importanza del turismo nel
migliorare la comprensione reciproca tra i due popoli e nel
promuovere la ripresa economica post-pandemia. Concordano di
promuovere la crescita sostenibile di alta qualità dei flussi
turistici tra i due Paesi, anche attraverso l’organizzazione di
iniziative di promozione turistica, e la cooperazione tra gli enti e
le industrie del turismo, continuando anche a lavorare,
nell’ambito dei rispettivi quadri normativi, per migliorare
l’efficienza delle procedure in materia di rilascio dei visti.
Nell’ambito delle iniziative finalizzate al rilancio del
turismo, si impegnano a sostenere le rispettive compagnie aeree
al fine di incrementare ulteriormente i collegamenti aerei diretti,
anche attraverso l’ampliamento dei punti di destinazione nei due
Paesi.
Patenti di guida. Le parti confermano il reciproco interesse
a proseguire il negoziato per un accordo sul riconoscimento
reciproco delle patenti di guida.
Sport. La Cina sostiene l’organizzazione da parte dell’Italia
delle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Milano-Cortina
D’Ampezzo del 2026 e le parti sono disposte a cogliere questa
occasione per approfondire ulteriormente la cooperazione nel
settore sportivo. Incoraggiano in questo contesto i rispettivi
dipartimenti ed organizzazioni sportive a rafforzare i contatti e
sviluppare la loro collaborazione, anche nei preparativi per le
Olimpiadi invernali.
Contrasto a criminalità organizzata. Le parti sono
disposte a rafforzare ulteriormente gli scambi e la cooperazione
nei settori della lotta contro le sostanze stupefacenti, le frodi (sia
nelle telecomunicazioni che in rete), i reati economici e finanziari,
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l’immigrazione clandestina e la criminalità organizzata
transnazionale.
Cooperazione sulla gestione delle calamità. Le due parti
intendono rafforzare la cooperazione nei settori della prevenzione
e mitigazione delle catastrofi e del soccorso in caso di emergenza,
nonché lavorare congiuntamente per migliorare le capacità di
gestione delle catastrofi.
7. Comitato Governativo Cina-Italia
Le parti riconfermano l’importanza del lavoro del Comitato
Governativo Cina-Italia, in raccordo con gli altri meccanismi di
collaborazione e coordinamento bilaterale, ai fini della
realizzazione degli obiettivi previsti dal presente Piano d’azione.

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TIM_Lo Stato garante della più grande spoliazione mai avvenuta, di Guido Salerno Aletta

Non sarà forse la più grande, ma certamente la più vergognosa e più disastrosa per l’indipendenza e l’autonomia e sovranità stessa del paese. Un vero e proprio fiore all’occhiello dei “patrioti” attualmente al governo e degli “apatrioti” attualmente all’opposizione. Avviata grazie alla perfidia bonaria di Prodi e alla cialtroneria furbesca di D’Alema con la cessione ad italici cavalieri di sventura impegnati al saccheggio delle rendite da posizione dell’Azienda e alla restituzione del debito bancario contratto con l’acquisto, proseguito dopo alterne vicende con il passaggio della maggioranza ad azionisti francesi impegnati a proseguire l’opera con l’aggiunta di farne terreno di sperimentazione ed apprendimento per successivi esperimenti in Francia, si conclude con la separazione definitiva e la cessione della rete infrastrutturale al gruppo statunitense con clausole particolarmente “interessanti”:
rientro entro dieci anni della spesa americana di investimento con il solo introito dei proventi di servizi acquistati da TIM; ammodernamento dell’infrastruttura a carico dello stato italiano; pagamento della quota di debito contratto dal PNRR utilizzato all’uopo a carico dei cittadini. Il prodromo ad un incremento dei costi di acquisto dei servizi a carico dei consumatori e alla probabile lenta liquidazione fallimentare della stessa TIM, sulla falsa riga di ALITALIA. Dopotutto non è nemmeno il fatto più rilevante. Risalta la assoluta non chalance nell’affidamento a terzi esterni, gli Stati Uniti, di una rete dove passano i dati, i controlli e le disposizioni di un intero paese, dalla sicurezza alle attività produttive, alla comunicazione. Non sarà nemmeno più necessario agire per vie traverse e riservate. Un bell’esempio di spirito patriottico e di amor proprio all’autonomia decisionale sia di chi lo ostenta, che di chi afferma di poterne fare a meno alla stregua di un suppellettile. Con l’ENI si è quantomeno riusciti a salvaguardare buona parte dell’attività produttiva, anche se sempre più inserita nel circuito degli interessi statunitensi, con Leonardo si è garantita questa stessa integrazione con la limitazione dei rami di attività, con la chimica si è arrivati alla frammentazione delle attività, con le Poste si è bloccato inizialmente un processo di privatizzazione disastroso inizialmente avviato sulla falsariga di Telecom e proseguito con una gestione più efficiente, ma sostanzialmente orientata a trasferire la gestione del risparmio privato ai fondi esteri e a contenere la riorganizzazione del potenziale logistico e delle comunicazioni e, fortunatamente, a salvaguardare i livelli occupazionali. La cessione di NEtCo e la riduzione di Tim a semplice società di servizi ha rivelato in un colpo tutti i buchi neri di questo immane processo di privatizzazione e dismissione con nessun beneficio, se non momentaneo, per gli attuali soli azionisti superstiti. Certamente un colpo basso agli avventurieri francesi, ma con la soddisfazione di chi, per affibbiarlo, ha preferito privarsi delle proprie mani e del proprio cervello, ammesso che ne sia rimasto qualche traccia. Non rimane che confidare flebilmente sull’esercizio della Golden power. Servi nemmeno in grado di garantirsi il proprio futuro politico da servi. Giuseppe Germinario
Lo Stato, azionista col 16,1%, fa da garante alla più grande spoliazione mai avvenuta : una rete che si ripaga in dieci anni con i soli proventi della ex TIM, ed investimenti tutti finanziati dal PNRR fino al 2028.
Poi, nei dieci anni successivi, solo un terzo di quanto investito con fondi statali.
Ecco come si fanno i profitti : investimenti zero, riduzione del personale e chiusura della rete in rame dal 2030.
E lo Stato fa da garante a questo scempio
Confermata la riduzione dell’indebitamento finanziario attesa dall’operazione

01/07/2024 – 17:41

Facendo seguito a quanto comunicato in data 24 giugno 2024, TIM annuncia di aver perfezionato la cessione di NetCo a Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“KKR”) mediante il conferimento in FiberCop (società controllata al 58% da TIM) del ramo d’azienda di TIM che comprende l’infrastruttura di rete fissa e le attività wholesale, e la successiva acquisizione dell’intero capitale di FiberCop da parte di Optics BidCo, società controllata da KKR.

L’operazione di cessione di NetCo valorizzata fino a un massimo di 22,0 miliardi di euro comprensivi di earn-out legati al verificarsi di determinate condizioni, permette a TIM una riduzione dell’indebitamento finanziario in linea con quanto già comunicato al mercato (Link, slide 60).

In particolare, il deleverage previsto al closing, al lordo degli aggiustamenti usuali per questa tipologia di operazioni, è confermato in 14,2 miliardi di euro (Link, slide 60).

Sono altresì confermati gli aggiustamenti e i costi di separazione pari a complessivi 0,4 miliardi di euro, in linea con quanto indicato al mercato nell’Addendum al Capital Market Day lo scorso 11 marzo, determinando un netto effettivo pari a 13,8 miliardi di euro. Si segnala inoltre che la componente di cassa corrispondente agli anticipi PNRR relativi a FiberCop, pari a 0,4 miliardi di euro, è stata deconsolidata nel contesto dell’operazione (Link, slide 1).

Si segnala infine, che, a seguito della cessione, i rapporti tra NetCo e TIM sono regolati attraverso un Master Service Agreement (MSA) che ha durata di 15 anni, rinnovabile per ulteriori 15 anni, e i servizi saranno resi a prezzi di mercato e senza impegni minimi di acquisto  (Link, slide 18).

L’operazione consente a TIM di adottare un nuovo modello aziendale che permetterà al Gruppo di competere in maniera più efficace sul mercato Consumer ed Enterprise in Italia, grazie a un maggior focus sulle componenti industriali e commerciali e a una solida struttura finanziaria.

“Il perfezionamento dell’operazione con KKR e MEF è frutto di due anni e mezzo di lavoro, che sono serviti a riallineare la gestione ordinaria di TIM e a individuare quelle soluzioni, industriali e finanziarie, che ci permetteranno di affrontare le prossime sfide che abbiamo davanti”, ha dichiarato Pietro Labriola, Amministratore Delegato di TIM“Raggiungiamo un traguardo che è anche un nuovo punto di partenza: lo abbiamo fatto centrando tutti gli obiettivi che avevamo annunciato e rispettando tutte le tempistiche promesse. Intendiamo continuare su questa strada per far crescere la fiducia dei dipendenti, dei clienti e degli azionisti. Primi in Europa, abbiamo scelto di separare l’infrastruttura dai servizi, per garantire lo sviluppo migliore, sostenibile e più rapido possibile. TIM resterà la Telco di riferimento in Italia, rimanendo l’operatore più infrastrutturato e offrendo servizi innovativi, sia sul fisso che sul mobile, a servizio di famiglie, Pubblica amministrazione e imprese”.

A valle dell’operazione, l’organico totale di TIM scende da 37.065 a 17.281 persone, equivalenti a 16.135 full time equivalent.

Maggiori dettagli sul closing saranno forniti in occasione della conference call di presentazione dei risultati preliminari Q2 2024 che si terrà il prossimo 1 agosto.

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Popoli e governanti corrotti: la sfida è aperta 2a parte, di Yari Lepre Marrani

Popoli e governanti corrotti: la sfida è aperta 2a parte Il Risorgimento e l’Italia di oggi

 

Il Risorgimento italiano, benché sia tutt’ora indecifrato il suo principio, la sua genesi, nacque e si sviluppò, comunque, dalla coscienza risvegliata del popolo italiano diviso,occupato dalle truppe francesi prima e dalle armate di Bonaparte poi e palesò il suo germe nascente già durante l’impero napoleonico prima di farsi coscienza più sentita dagli italiani a seguito della Restaurazione. Il Risorgimento non fu un evento storico nato solo da questa coscienza nobile poiché i principali patrioti e pensatori che ne furono protagonisti finirono per scegliere di appoggiarsi al potere costituito dei Savoia per l’insurrezione contro il tallone austriaco,la costruzione bellica e diplomatica dello Stato unitario sino all’Unità d’Italia. C’è però un dato da non sottovalutare: anche l’epopea risorgimentale è stata corredata dalla presenza del popolo anche se quest’ultimo, nelle condizioni di arretratezza e ignoranza dei primi decenni del XIX, ben poco avrebbe potuto per la grande causa di indipendenza nazionale. Le rivoluzioni moderne portano con se un effetto costante che le completa o rappresenta: la nascita delle società segrete, di un universo clandestino e sotterraneo il quale, come la Storia dimostra, può agire per la democrazia o per l’arrivismo ma è sempre figlio di un epoca di sconvolgimenti storici enormi ai quali uomini e gruppi reagiscono non solo in prima linea ma anche nella segretezza della cospirazione dove la rivoluzione si cangia, si sviluppa o si espande. Le rivoluzioni portano alla nascita di universi paralleli chiamati sette, società segrete in contrasto con la rivoluzione stessa o, nel più idealmente nobile dei casi, decise a far risvegliare una rivoluzione finita o tradita, coperta dall’inversione dei movimenti popolari attraverso il ritorno allo status quo ante. Bonaparte, traditore, erede o esecutore testamentario della Rivoluzione francese, compare all’epoca del potere del Direttorio(1795-1799) quando la Rivoluzione borghese e repubblicana  calava sotto l’avanzare di un regime nuovo che porterà al primo impero e alla Restaurazione. E’ in queste contingenze di tradimenti popolari o reflussi storici che emerge la forza delle società segrete indipendentemente dai risultati ch’esse raggiungono. In esse trovano rifugio, speranza e motivo d’azione quelle risorse popolari che, non potendo più agire palesemente nel gioco politico dello Stato, lavorano nella clandestinità imposta dalle circostanze. Uno degli esempi più celebri è la Carboneria, figlia delle contraddizioni che ha portato la rivoluzione nel suo affermarsi e cangiarsi. La Carboneria, come le sette che l’hanno ispirata, è stata acme e simbolo di una volontà sotterranea di cambiamento che trionfò sulle precedenti società segrete grazie alla sua assenza di un’ideologia concreta e alla capacità di adattarsi agli umori politici e sociali delle aree geografiche in cui si sviluppò. Il generale francese Joseph Briot, repubblicano convinto, inviato a Napoli al seguito di Giuseppe Bonaparte(1806) e poi, come prefetto, a Chieti e Cosenza, ne fu, forse, il fondatore anche se mancano documenti certi della sua nascita. Briot, membro di una confraternita di charbonniers (carbonai) che si chiamavamo, tra loro, cugini o buoni cugini, portò in Italia le idee repubblicane e democratiche compromesse attraverso lo spirito della setta stessa che traeva, dalla leggenda della foresta e di Teobaldo parte della sua struttura e tradizione. La Carboneria italiana nacque da questi eventi e prova ne è il nome dello stesso santo protettore della setta in Italia, Teobaldo. Priva di un’ideologia, palcoscenico occulto di puro idealismo o puro arrivismo, fu comunque generata da una volontà repubblicana e riformatrice. La Carboneria, al di là del suo ruolo nella genesi del Risorgimento e del tenebroso alone di truculento mistero che la circondava, come ben riportato da uno scritto stampato anonimo in Inghilterra, le “Memorie sulle società segrete e sui carbonai”, fu, come le sette precedenti, l’emblema di una volontà  di compartecipazione e riscatto, diversi a seconda delle latitudini e dei popoli e conseguenti approcci diversi al momento storico e differenti scopi; fu fonte di autentici martiri e non solo di spregiudicati arrivisti. Se al suo interno ci furono veri martiri e veri patrioti, l’idealismo politico e sociale non le era certo estraneo. Le società segrete furono un monito universale delle capacità organizzative e delle volontà politiche che possono conquistare ampie fasce di popoli, menti e speranze per raggiungere obiettivi anche con la cospirazione, combattere per un ideale e far emergere la volontà popolare . Furono sempre e comunque, già in virtù della loro genesi, figlie del popolo e di un ideale di riforma, anche se espresso, allora, clandestinamente.

Attualizzando ai giorni nostri il resoconto storico redatto, se la Storia è maestra di vita e di significati, possiamo trarre dalla precedente citazione di eventi tanto epocali quei precetti che possono essere universali pur se riferiti a realtà locali o a singoli Stati. I popoli devono e dovranno sempre unirsi in cellule locali o nazionali, non più clandestine ma aperte e vigorose, per l’affermazione dei propri interessi e diritti sociali, politici, economici. Il popolo sovrano è più forte di chi lo governa e, se mal governato, ha il sacro diritto di protestare e il santo dovere di unire le sue forze più ideali e attive per affermare le sue richieste e la sua volontà di riforma. Costruendo singole compagini di unità popolare sarà realmente garantito e protetto il principio della sovranità popolare. I cittadini devono accorciare le distanze tra loro e i governanti perché, spesso, sono questi ultimi a crearle, alimentarle e mantenerle al fine di spezzare dolosamente il rapporto sacrale tra governanti e governati. Non dovrà più esserci realtà di un paese d’elettori d’animo passivo ma di gruppi di attivismo civile estranei ai partiti, cellule di cittadini e lavoratori(l’operaio come l’imprenditore, l’artista come l’agricoltore) uniti per plasmare un potere parallelo al potere costituito: una forza civile che, espandendosi e organizzandosi, dia verità al principio della sovranità popolare. I cittadini potranno così ribellarsi, se necessario, arrivando a costituire uno Stato nello Stato che vincoli e controlli il secondo senza indugi o timori reverenziali. I cittadini, coscienti che occupano il piano parallelo dei governanti e non devono essere, rispetto a loro, sottomessi né afflitti da assurdi rispetti ossequiosi, dovranno unire le proprie forze di lavoratori, contribuenti e elettori per creare una forza popolare che tenga testa al potere politico pur non facendone parte. Ciò non è mai avvenuto in Italia, dove la vile coscienza maturata in decenni di politica democristiana e, successivamente, con partiti e movimenti fallimentari nella c.d “Seconda e Terza Repubblica” ha reso il popolo un gregge di pecore tenuto a bada da forze politiche basse. I rappresentanti della politica, a destra o sinistra, accomunati dal denominatore comune dell’interesse personale contrapposto a quello generale e della codardia delle idee all’audacia delle riforme più decisive e coraggiose, avranno nei gruppi popolari di autocoscienza civile il loro più strenuo e implacabile avversario e controllo.

Yari Lepre Marrani

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Spigolature, di Andrea Zhok

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Oggi, sfogliando un po’ di siti di informazione online sono incappato in due notizie, nessuna delle due del tutto nuova.
La prima è la notizia della cessione del governo italiano delle infrastrutture di telecomunicazione nazionali, prima TIM, al KKR Global Institute, fondo americano presieduto dall’ex generale David H. Petraeus, ex direttore della CIA.
Niente di anomalo, niente che non rientri nella fisiologia di questo paese.
Il governo “sovranista”, quello che si imporpora d’orgoglio nazionale quando deve fare gli spottoni pre-elettorali, cede serenamente e sistematicamente ogni residuo di autonomia al capobastone americano.
Per l’occasione, allarmi antifascisti non pervenuti.
I nostri sovranisti à la carte del “fascismo” hanno recepito più o meno solo il principio di cieca obbedienza gerarchica e un po’ di darwinismo sociale.
La cieca obbedienza al capobranco oggi si esercita in direzione di un padrone con passaporto americano e il darwinismo sociale si traduce in mercatismo (il mercato ha sempre ragione, il mercato è efficiente, il mercato è buono, in particolare se a comprare è un padrone a stelle e strisce.)
E incidentalmente, queste due ombreggiature “fasciste” – cieca obbedienza ai caporali di Washington e mercatismo – sono principi abbracciati entusiasticamente anche dal centrosinistra.
Ricordiamo, di passaggio, che la dismissione delle telecomunicazioni venne inaugurata illo tempore dal centrosinistra, con Prodi: c’è qualcosa di esteticamente mirabile nel vedere che la parabola che si è aperta con Prodi viene oggi chiusa dalla Meloni.
La seconda notizia in cui sono incappato è un’articolessa su Repubblica, in cui si perorava la causa della didattica a distanza, spiegando nel titolo come “l’84% degli studenti si sente più sicuro e preparato grazie al mondo digitale”.
Assumendo di rivolgermi a persone intelligenti non mi metterò neppure a refutare questa corbelleria.
Vi troviamo l’usuale sparata percentuale (l’84% eh, mica ca**i) che mima la retorica scientifica, attraverso la quale questi incartamenti per il pesce gabellano la propria propaganda come “autorevole”.
Vi troviamo una balla sesquipedale, evidente a chiunque abbia constatato la mostruosa impennata dei problemi psichiatrici adolescenziali dopo la clausura (e la didattica a distanza) del covid.
Ma ci troviamo, soprattutto – e questo è ciò che fa venire i brividi – una quadratura mirabile – ancorché contingente – con la prima notizia.
Ricordiamo infatti cos’è esattamente la rete venduta agli americani. Riporto, a titolo di resoconto, un passaggio da fonte non sospettabile di antiamericanismo, una pagina del Corriere della Sera di qualche tempo fa:
“La rete di telecomunicazioni di Tim è la più estesa d’Italia: è composta da oltre 21 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica e copre l’89% delle abitazioni. È la principale infrastruttura per la trasmissione dei dati di cittadini, imprese e pubblica amministrazione. É considerata strategica per la sicurezza nazionale ed è lo snodo principale per la digitalizzazione del Paese, che passa per l’introduzione delle applicazioni digitali fondamentali per il futuro delle imprese italiane e per l’ammodernamento dei servizi al cittadino da parte della pubblica amministrazione previsto dal Piano di ripresa e resilienza.”
Dunque, in sostanza.
Il Piano di ripresa e resilienza, insieme a tutti i vari progetti europei di digitalizzazione forzata, preme per estendersi anche alla formazione scolastica (donde l’articolessa pubblicitaria di Repubblica).
Il quadro della società che emerge come un desideratum è dunque quello di un mondo di interazioni massimamente digitalizzate, i cui veicoli sono sorvegliati o sorvegliabili, manipolati o manipolabili, a piacimento da un comando estero con agenda militare.
Aggiungo una notazione laterale.
Conosco fin troppo bene le reazioni del liberale italiano medio (cioè dell’elettorato mainstream) per non anticiparne la reazione automatica di fronte a simili osservazioni.
La loro reazione naturale è di vedere in tutte queste osservazioni i germi di un complottismo che vede piani malvagi e intenzioni di nocumento ovunque.
Invece bisogna fidarsi.
Perché il soggetto politico qui è il Blocco-del-Bene (progressismo, liberalismo, dirittumanismo, globalismo, americanismo).
Ciò che in qualche misura diverte in questa forma di cecità selettiva è l’inavvertita inconsequenzialità.
Infatti, è parte della concezione antropologica di fondo del liberale l’assunto che tutti gli agenti siano mossi sistematicamente da agende di interesse autoaffermativo, da egoismo, ambizione autoreferenziale, pulsione ad appagare la propria curva privata di utilità.
Tra i tanti difetti di una visione così deprimente dell’umano, almeno un aspetto potrebbe tornare utile in tempi oscuri come i presenti: sotto tali premesse dovrebbe almeno essere diffusa un’allerta costante, una cultura del sospetto rispetto a intenzioni e dichiarazioni “idealiste”, una sfiducia nella “voce del padrone”.
E invece – potenza del bispensiero – niente di tutto ciò accade. Rispetto al padrone reale in carica vige solo infinita fiducia nella sua superiore nobiltà e lungimiranza.
Perché il Grande Fratello è buono.
E chi ne dubita è un complottista.

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PREMIERATO, di Teodoro Klitsche de la Grange

PREMIERATO

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Se ci si chiede qual è la linea che divide il centrodestra e il centrosinistra sulle riforme volte a migliorare la governabilità dell’Italia, servendosi delle affermazioni (pubbliche) degli ultimi trent’anni, ne risulterebbe che la sinistra non ha le idee chiare. Si è divisa sia sull’oggetto da riformare (costituzione e/o legge elettorale?) sul carattere (premierato, fiducia costruttiva) nonché sulle tante varianti in cui possono declinarsi. Ma i connotati comuni a queste varie soluzioni sono due: opporsi a quanto propone il centrodestra e impedire un potere governativo forte e legittimato dal consenso popolare. Al contrario quelle del centrodestra sono connotate dall’inverso: realizzare un potere governativo forte e legittimato dal popolo.

Vediamo come le modifiche alla Costituzione proposte nel testo, approvato dal Senato il mese scorso, vadano in tal senso.

Le modifiche più rilevanti sono quelle all’art. 92, e in particolare che “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive… Le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente. La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio” e di conseguenza che “Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”. Ma ad evitare che il Presidente del Consiglio legittimato dal corpo elettorale non ottenga dalle Camere la fiducia riconosciutagli dal popolo, è modificato l’art. 94 così “…il terzo comma è sostituito dal seguente:« Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non sia approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche in quest’ultimo caso il Governo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. A ulteriore garanzia da manovre di palazzo è disposto “b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

In caso di revoca della fiducia mediante mozione motivata, il Presidente del Consiglio eletto rassegna le dimissioni e il Presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Quindi niente governi tecnici, balneari, d’emergenza e così via. E prosegue “Negli altri casi di dimissioni, il Presidente del Consiglio eletto, entro sette giorni e previa informativa parlamentare, ha facoltà di chiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone. Qualora il Presidente del Consiglio eletto non eserciti tale facoltà, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, al Presidente del Consiglio dimissionario o a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio.

Nei casi di decadenza, impedimento per-manente o morte del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”.

È evidente in tali disposizioni l’intento di blindare la nomina del Presidente del Consiglio; di predisporre che lo stesso abbia la maggioranza alle Camere, contemporaneamente elette; che se la sostituzione del Presidente del Consiglio sia necessitata, il sostituto deve far parte della maggioranza “collegata” al sostituendo; l’iniziativa del Presidente della Repubblica è minima, perché vincolata al mancato ottenimento della fiducia o al sopravvenire di una revoca della fiducia parlamentare prima concessa.

Lo scioglimento delle Camere, che già un tempo (prima del consolidamento dei regimi parlamentari) era un istituto per lo più usato dai monarchi per “addomesticare” il Parlamento, è divenuto da secoli un mezzo per risolvere le crisi della democrazia parlamentare.

Mentre fino alla Restaurazione l’uso era quello, successivamente divenne lo strumento per decidere conflitti istituzionali facendo appello al corpo elettorale, in sintonia con l’allargamento della base democratica dello Stato.

E divenne così, prevalentemente, d’iniziativa del Primo Ministro. Attualmente gli scioglimenti possono ricondursi a due specie: a iniziativa del Presidente della Repubblica o a quella del Primo Ministro. Nella novella costituzionale vi sono entrambe anche se quella del Presidente della Repubblica è vincolata sia nei presupposti che nelle persone da nominare (collegate politicamente al sostituendo). È (anche) una normativa anti-ribaltone con un ossequio alla volontà popolare manifestata nella fiducia ad una maggioranza di governo a cui comunque deve appartenere il sostituto. È evidente che tale novella è rivolta contro la prassi, invalsa negli ultimi decenni, dei governi (e delle relative “coalizioni”) non rispondenti alla volontà popolare. Il cui esempio più evidente è quello del governo Monti, il cui partito, un anno dopo le dimissioni del suddetto, riportava alle elezioni europee lo 0,7% dei suffragi. A conferma del fatto che a Monti, mai eletto in qualche consultazione popolare, mancava (prima e dopo) il consenso. Quanto al potere del Presidente della Repubblica, anche qui c’è una riduzione, anche se conserva tutti (gli altri) poteri conferitigli dalla Costituzione: gli resta solo difficile organizzare o assentire “ribaltoni”, come capitato nella storia recente. E a farne le spese sono anche (alcuni) di quei poteri indiretti che prosperano se un governo è debole e sostituibile. Ma questo è un altro capitolo.

Teodoro Klitsche de la Grange

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ORLANDO PER TOTI, di Teodoro Klitsche de la Grange

ORLANDO PER TOTI

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Ho letto che nei giorni scorsi Toti, agli arresti domiciliari ha tenuto (in casa propria) una riunione con (alcuni) assessori in (probabile) esercizio della sua funzione di Presidente della Regione Liguria (carica dalla quale non si è dimesso). Anche se, a leggere la stampa, è “sostituito” dal Presidente ad interim Alessandro Piana. Non del tutto a torto le opposizioni (al Consiglio regionale ligure) hanno detto che così Toti “governa ai domiciliari”; e che ciò loro dispiaccia è comprensibile.

Ciò mi ricorda quello che scriveva Vittorio Emanuele Orlando – e che forse qualche lettore ricorderà che ho talvolta citato – sull’inviolabilità di certi organi dello Stato (quelli apicali) e responsabilità, nella specie, di chi ne è investito. Orlando ironizzava sulla tesi di Duguit, acuto giurista francese il quale sul conflitto tra diritto-dovere di esercitare la funzione e soggezione alla responsabilità penale, sosteneva che (il capo dello Stato) doveva e poteva esercitarla anche in stato di detenzione. E il giurista siciliano replicava così “si potrebbe …chiedere come farebbe il Presidente a convocare a presiedere il Consiglio dei Ministri o a ricevere un ambasciatore straniero che gli abbia a presentare le credenziali, invece che al Palazzo dell’Eliseo, in una cella della prigione della Santé!”. Onde gli sembrava più logica la soluzione americana per cui “La costituzione americana infatti ammette la possibilità di un giudizio di responsabilità verso il Presidente, mediante la procedura così caratteristicamente anglo-sassone dell’impeachment. Questa comincia con un voto della Camera dei rappresentanti che mette in accusa e si chiude con un voto del Senato, l’effetto del quale, se affermativo, è di far decadere il Presidente dalla sua funzione; se ed in quanto il fatto commesso costituisca un reato, la giurisdizione di diritto comune resterà libera di esercitarsi dopo, quando la persona, che vi è soggetta, non è più rivestita di autorità”. Quindi la giurisdizione (anche per i reati comuni) comincia solo quando la persona non ha più l’ufficio.

Si dirà che Toti non esercita funzioni “apicali”; ma nel caso, soccorre il principio democratico che, essendo stato eletto dal corpo elettorale, con il quale c’è un rapporto diretto (e non mediato) dovrebbe essere sospeso, allontanato, dimissionato, revocato solo dallo stesso corpo elettorale che l’ha investito.

Altrimenti a designare chi governa la Liguria sarebbero più i giudici che gli elettori. Mentre la soluzione caldeggiata da Orlando non intaccava la giurisdizione, che si eserciterebbe da sola dopo la fine del mandato degli elettori. E neppure derogava, se non per la “sospensione” dovuta all’esercizio di funzione pubblica (elettiva), al principio di distinzione dei poteri (Montesquieu).

Ben diverso l’impatto della richiesta di dimissioni del Presidente inquisito. Anche se la richiesta non è fondata su alcun obbligo giuridico, il risultato pratico (l’inquisito si dimette) entra in aperto contrasto sia col principio democratico che con quello di distinzione dei poteri.

Quanto al primo, l’ha appena scritta e quanto al secondo è chiaro che dimettersi perché inquisiti assegna un  potere di “veto” (o meglio censorio) al potere giudiziario su quello amministrativo. Meglio quanto opinava (il vecchio ma sempre valido) Orlando.

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CAMBIA IL VENTO?_di Teodoro Klitsche de la Grange

CAMBIA IL VENTO?

Quanto successo nei mesi scorsi sulle case occupate e l’obbligo di pagamento dell’IMU lascia sperare in un futuro – almeno in tema – meno scuro del passato recente, quello, per intendersi, della “Seconda Repubblica”.

Da una parte il Governo, su “spinta” di Salvini, ha tolto l’obbligo dei proprietari di pagare l’IMU se i loro immobili sono stati occupati abusivamente (e l’occupazione denunciata al giudice penale); dall’altra la Corte Costituzionale, sempre nel caso di occupazione abusiva denunciata ha dichiarato incostituzionale l’art. 9, I comma, previgente alla modifica (L. 197/2022 del governo Meloni), che imponeva al proprietario di pagare l’IMU anche se non ricavava alcuna utilità dall’immobile occupato abusivamente (sent. 60/2024).

La Corte costituzionale ha argomentato la propria decisione dal fatto che, non avendo il proprietario alcuna utilità dall’immobile, l’imposizione era violazione al principio della capacità contributiva, cioè all’art. 53 della Costituzione (letta anche in connessione con l’art. 3). Ma a chi scrive pare che la arpagonista pretesa di farsi pagare dai cittadini anche se questi non possano ricavare alcunché dalla proprietà, abusivamente occupata, sia contraria a qualcosa di ancor più generale della normativa costituzionale.

Invero, e come risulta dalla narrativa della sentenza 60/2024 della Corte, il proprietario si doleva che da 7 anni fosse occupato l’immobile e, malgrado ciò e il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, questo non fosse stato eseguito per diversi anni. Così che lo Stato che pretendeva l’imposta, non  assicurava affatto che all’obbedienza fiscale del contribuente corrispondesse la protezione del diritto di proprietà.

Thomas Hobbes, com’è noto, vedeva nel rapporto tra protezione ed obbedienza il fondamento dell’obbligazione politica. Chiudeva il Leviathan affermando di averlo scritto “senza altro scopo che di porre davanti agli occhi degli uomini la mutua relazione tra protezione ed obbedienza; alle quali la condizione della natura umana e le leggi divine – tanto naturali che positive – richiedono un’osservanza inviolabile”. Questa è una legge di natura “Il fine dell’obbedienza è la protezione, alla quale, dovunque sia vista da un uomo, o nella propria o nell’altrui spada, la natura fa aderire l’obbedienza di lui, e il suo sforzo per mantenerla”. Senza la protezione, viene meno l’obbligo dell’obbedienza “L’obbligo dei sudditi verso il sovrano s’intende che duri fino a che, ma non più di quanto dura il potere, col quale egli è capace di proteggere quelli, poiché il diritto, che gli uomini hanno da natura di proteggere se stessi, quando nessun altro possa proteggerli, non può essere abbandonato con nessun patto”. Invece nella visione legalitaria (??) della seconda Repubblica (anche) il suddito contribuente deve pagare il potere pubblico anche se questo è inadempiente a proteggerlo. Perché? Le risposte sono quelle tanto spesso ripetute “ce lo chiede l’Europa”, per il “bene comune” (ma di chi? Di tutti o di qualcuno che di quella imposta campa?) e così via.

Onde che si riconduca, a mezzo della capacità contributiva, l’obbedienza al dovere di protezione è sicuramente un passo avanti. Anche perché se vogliamo che siano realmente protetti i diritti del cittadino, occorre che la mancata protezione dello Stato sia “sanzionata” con la mancata percezione dell’imposta. Se invece si desidera che tutto rimanga uguale non c’è che da mantenere ad  un potere predatorio ed inefficiente l’impunità economica.

Teodoro Klitsche de la Grange

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Lo scossone europeo Con Augusto Sinagra_Collabora Ivan Santacroce

Le elezioni europee hanno registrato alcune novità nel responso e un astensionismo ormai impossibile da etichettare come semplice disaffezione. Un segnale importante, ma non un risultato in grado di impedire alle attuali élites di proseguire sulla solita strada o di essere sostituite. Alcune reazioni apparentemente isteriche sono il veicolo per riportare nell’alveo della logica dei vecchi schieramenti contrapposizioni ed aspettative che meriterebbero ben altra rappresentanza. La sola differenza tra i paesi è che in alcuni, tra essi l’Italia, questo richiamo all’ordine avviene impercettibilmente, in altri, la Francia, con strepiti allarmistici. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati, Fratelli di Giorgia, a cura di Teodoro Klitsche de la Grange

Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati, Fratelli di Giorgia, Il Mulino, Bologna 2023, pp. 291, € 18,00.

Il saggio di Vassallo e Vignati a partire dagli albori della Repubblica analizza l’evoluzione della destra: dal MSI, passando per AN ed arrivare all’oggi, ossia a Fratelli d’Italia. Il tutto realizzato sia attraverso l’analisi di programmi, flussi elettorali, dichiarazioni dei leaders che mediante informazioni raccolte da vari esponenti.

Gli autori distinguono tre fasi, caratterizzate da diverse classi dirigenti. La prima, quella del MSI, dove la classe dirigente del partito era formato da ex appartenenti al PNF e, in particolare da reduci della RSI: cioè un insieme fortemente connotato, distinto dai partiti ciellenisti, ostracizzato e, anche per questo consolidato nella continuità con i valori del fascismo, sia del regime che della fase terminale. Nella seconda, di AN, la classe dirigente è nella totalità o quasi costituita da persone che, per motivi anagrafici – essendo quasi tutti nati dopo il 1945 – col fascismo non avevano avuto rapporti come Fini, Gasparri, La Russa, Alemanno; altri che al massimo erano stati balilla (come Matteoli e Tatarella).

Quanto a FdI “i fratelli di Giorgia erano diventati militanti del MSI all’inizio degli anni Novanta, durante la crisi della Prima Repubblica, e avevano fatto pratica della politica come professione dopo la svolta di Fiuggi in epoca bipolare. Sono loro (la terza generazione della Fiamma) a costituire l’ossatura organizzativa di FdI”. Pur nella continuità con la propria storia “oggi nel codice di condotta di FdI sono esclusi i saluti romani, i pellegrinaggi collettivi a Predappio o l’uso del termine «camerata»”. Soprattutto non c’è in vista alcun pericolo di deriva autoritaria e gli esami e le accuse di fascismo alla Meloni sono del tutto infondati “L’attribuzione a FdI di quella categoria (o di suoi derivati) si fonda sull’uso di definizioni metastoriche, soggettive e concettualmente dilatate del «fascismo»”.

Per cui, scrivono gli autori “a chi si domanda «quanto fascismo c’è oggi in FdI?» suggeriamo di distinguere tra fascisti, neofascisti, postfascisti e afascisti. La prima generazione di fondatori del MSI era formata da fascisti (da persone che avevano avuto un ruolo, piccolo o grande, nel regime, e soprattutto nella sua ultima incarnazione, la RSI) e da neofascisti”. Con la svolta di AN si “compie il passaggio dal neofascismo (via via ridotto, a partire dagli anni ottanta, a puro nostalgismo testimoniale) al postfascismo: afferma cioè la piena integrazione nel sistema democratico”. Con FdI “la generazione di Giorgia Meloni è piuttosto definibile come formata da democratici afascisti: il processo di integrazione democratico è proseguito e il fascismo ha smesso completamente di esercitare una funzione di ispirazione. È stato ormai definitivamente relegato a momento storico di un passato irripetibile, che ha poco o niente da offrire per orientare l’azione politica, che così viene percepito anche dall’elettorato a cui oggi FdI si rivolge”.

Quanto alla democrazia interna, FdI lascia (molto) a desiderare “In pratica l’intera intelaiatura organizzativa è posta nelle mani del presidente e dell’Esecutivo nazionale, dei Presidenti dei Coordinamenti regionali e provinciali”. Per cui “Il sostanziale dissolvimento delle strutture territoriali e degli organi assembleari del partito si accompagna a una direzione fortemente centralizzata nelle mani del leader”.

Per l’appartenenza ideologica, FdI è stata classificata come “destra estrema”, come populista, ma appare meglio riconducibile ad un  partito nazionale conservatore “Giorgia Meloni e i suoi Fratelli, hanno appreso che il patriottismo nazionalista e il conservatorismo, già di fatto elementi chiave del loro bagaglio ideologico, potevano diventare un appropriato/utile «marchio». L’etichetta di conservatore consente di dare un nome alla destra all’interno del campo più largo del centrodestra italiano, conferendole una identità distintiva rispetto alle altre componenti”. Oltretutto il meglio “spendibile” in Europa.

Il saggio è accurato e non partigiano: due caratteri per consigliarne la lettura.

Quello che manca, anche se in un paragrafo gli autori valutano l’incidenza della fortuna e della virtù (le “categorie” machiavelliche) nella valutazione del rapido e travolgente successo di FdI è quanto vi abbia concorso la decadenza sia della società che del sistema politico italiano. Se l’Italia è stata il primo paese dell’Europa occidentale ad avere un governo totalmente anti-establishment (il Conte 1), le levatrici di tale successo, proseguito in quello di FdI sono la peggiore crescita economica dell’Europa, ossia quella italiana e l’incapacità della classe dirigente a garantirla (così come le altre crisi). Un buon favore della Fortuna al governo Meloni.

Teodoro Klitsche de la Grange

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