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Il nuovo ruolo strategico del Regno Saudita, di Alberto Cossu

Il nuovo ruolo strategico del Regno Saudita

Autore: Alberto Cossu 20/05/2025

L’Arabia Saudita sta vivendo una trasformazione epocale che la proietta al centro degli equilibri geopolitici mondiali. Il Regno, storicamente percepito come uno Stato rentier, passivo e dipendente quasi esclusivamente dalle rendite petrolifere, si sta oggi affermando come attore proattivo, riformista e strategicamente assertivo. Questa evoluzione è il risultato di una serie di cambiamenti interni e di una nuova visione di politica estera, incarnata dalla Vision 2030 del principe ereditario Mohammed bin Salman. In tale contesto, la recente visita del presidente Donald Trump a Riyadh, scelta come prima tappa del suo secondo mandato, ha rappresentato non solo un gesto diplomatico di grande impatto, ma anche una dichiarazione geopolitica che ha sancito la centralità crescente dell’Arabia Saudita nello scenario internazionale.

La visita di Trump: un nuovo paradigma nelle relazioni bilaterali

La visita di Trump nel maggio 2025 è stata molto più di una semplice riaffermazione dei legami storici tra Washington e Riyadh. Essa ha segnato un punto di svolta, confermando che l’Arabia Saudita non è più vista dagli Stati Uniti come un semplice cliente o fornitore di petrolio, ma come un partner strategico a tutto tondo. L’incontro tra Trump e il principe ereditario Mohammed bin Salman ha avuto luogo in un clima di grande attenzione internazionale, con delegazioni commerciali e di difesa di altissimo livello al seguito del presidente americano. Gli accordi siglati hanno spaziato dall’intelligenza artificiale ai semiconduttori, dall’idrogeno verde alle infrastrutture turistiche, riflettendo la volontà saudita di diversificare la propria economia e di posizionarsi come hub di innovazione e investimenti globali.

Uno degli aspetti più rilevanti della visita è stato l’annuncio della joint venture tra AMD e l’Arabia Saudita per la produzione di chip AI di ultima generazione. Questo accordo pone il Regno in una posizione di leadership nella corsa globale all’intelligenza artificiale, segnando il passaggio da consumatore a produttore e abilitando di tecnologia. Non meno importante è stato il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza, con un’enfasi particolare sul trasferimento di tecnologia e sulla produzione congiunta di sistemi di difesa, a testimonianza della volontà saudita di raggiungere una maggiore autosufficienza anche nel settore militare.

La visita di Trump ha avuto anche una forte valenza simbolica. In un momento di grandi tensioni regionali, la presenza del presidente americano a Riyadh ha rafforzato il ruolo del Regno come potenza centrale di convocazione in Medio Oriente. L’appoggio di Trump alla richiesta saudita di revocare le sanzioni alla Siria ha rappresentato un importante successo diplomatico, confermando che, quando la regione richiede leadership, Washington guarda ancora a Riyadh come primo interlocutore.

Il nuovo ruolo dell’Arabia Saudita tra i paesi del Golfo

La trasformazione dell’Arabia Saudita non si limita alla sfera bilaterale con gli Stati Uniti, ma si riflette anche nei rapporti con i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Tradizionalmente leader del blocco, il Regno ha saputo consolidare la sua posizione grazie a una politica estera più assertiva e a una capacità di mediazione che si è rivelata cruciale nei momenti di crisi, come durante il recente riavvicinamento tra Arabia Saudita e Qatar dopo la crisi diplomatica del 2017-2021.

Oggi, Riyadh si propone come punto di riferimento per la stabilità e la sicurezza della Penisola Arabica, ma anche come motore di integrazione economica e tecnologica. Gli investimenti in settori strategici come l’energia rinnovabile, la digitalizzazione e le infrastrutture hanno rafforzato la posizione saudita all’interno del GCC, consentendo al Regno di guidare l’agenda regionale verso una maggiore diversificazione economica e una riduzione della dipendenza dal petrolio.

Arabia Saudita e Iran: tra rivalità e dialogo

Il rapporto tra Arabia Saudita e Iran rimane uno dei dossier più delicati del panorama mediorientale. Le due potenze, divise da profonde rivalità religiose, politiche e strategiche, hanno attraversato fasi alterne di tensione e dialogo. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito a un cauto riavvicinamento, favorito anche dalla mediazione della Cina e dal mutato contesto regionale.

L’Arabia Saudita, pur mantenendo una posizione di fermezza nei confronti delle ambizioni regionali di Teheran, ha compreso la necessità di gestire il confronto in modo pragmatico, privilegiando la stabilità e la sicurezza collettiva. Il dialogo avviato tra le due capitali, seppur fragile, ha già prodotto alcuni risultati concreti, come la ripresa delle relazioni diplomatiche e la cooperazione su questioni di sicurezza marittima. Tuttavia, le divergenze permangono, soprattutto in relazione ai conflitti in Yemen, Siria e Libano, dove le rispettive sfere di influenza continuano a scontrarsi. In questo contesto, la capacità saudita di bilanciare il confronto con l’Iran e di mantenere aperti i canali del dialogo rappresenta un elemento chiave della sua nuova postura strategica.

Il rapporto con Israele: normalizzazione e calcolo strategico

Un altro fronte su cui l’Arabia Saudita si sta muovendo con grande attenzione è quello del rapporto con Israele. Sebbene non siano ancora state formalmente avviate relazioni diplomatiche, il dialogo tra i due paesi si è intensificato negli ultimi anni, soprattutto in funzione anti-iraniana e nella prospettiva di una maggiore integrazione regionale. La normalizzazione dei rapporti, già avviata da altri paesi arabi come Emirati Arabi Uniti e Bahrein nell’ambito degli Accordi di Abramo, rappresenta per Riyadh una scelta strategica di grande portata, ma anche un rischio politico, considerata la sensibilità della questione palestinese nell’opinione pubblica saudita e araba.

Il Regno sta valutando attentamente i costi e i benefici di una possibile apertura, consapevole che una mossa in questa direzione potrebbe rafforzare la sua posizione come leader regionale e partner privilegiato degli Stati Uniti, ma anche esporlo a critiche interne ed esterne. In ogni caso, l’Arabia Saudita si sta dimostrando abile nel capitalizzare la propria posizione di ago della bilancia nei nuovi equilibri mediorientali, mantenendo una postura di cauta apertura verso Israele senza compromettere i propri interessi fondamentali.

La Cina: un partner strategico in ascesa

Negli ultimi anni, la Cina è diventata uno degli interlocutori più importanti per l’Arabia Saudita, sia sul piano economico che su quello politico. Pechino è oggi il principale partner commerciale del Regno e uno dei maggiori acquirenti di petrolio saudita. Ma la relazione va ben oltre l’energia: la Cina è coinvolta in numerosi progetti infrastrutturali, tecnologici e industriali nell’ambito della Vision 2030, e il dialogo tra i due paesi si estende anche alla sicurezza e alla diplomazia regionale.

L’Arabia Saudita vede nella Cina un partner alternativo agli Stati Uniti, capace di offrire investimenti, tecnologia e sostegno politico senza le condizioni spesso imposte da Washington. Al tempo stesso, Riyadh è consapevole della necessità di bilanciare il rapporto con Pechino per non compromettere l’alleanza storica con gli Stati Uniti. In questo senso, la diplomazia saudita si sta muovendo con grande abilità, sfruttando la competizione tra le grandi potenze per massimizzare i benefici per il Regno.

La mediazione cinese nel riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran ha rappresentato un esempio concreto della crescente influenza di Pechino nella regione e della volontà saudita di diversificare i propri partner strategici. In prospettiva, la collaborazione con la Cina potrebbe estendersi anche ai settori dell’intelligenza artificiale, delle energie rinnovabili e della sicurezza, rafforzando ulteriormente la posizione del Regno come ponte tra Oriente e Occidente.

La Turchia: rivalità, cooperazione e pragmatismo

Il rapporto tra Arabia Saudita e Turchia è stato caratterizzato da una forte rivalità negli ultimi anni, soprattutto dopo la crisi diplomatica seguita all’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul. Tuttavia, le due potenze hanno progressivamente superato le tensioni, avviando un dialogo pragmatico su questioni di interesse comune come la sicurezza regionale, la lotta al terrorismo e la cooperazione economica.

La Turchia, guidata dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, vede nell’Arabia Saudita un partner indispensabile per la stabilità del Medio Oriente e per il rilancio della propria economia, mentre Riyadh riconosce l’importanza di mantenere rapporti costruttivi con Ankara per evitare nuove frizioni e rafforzare la propria posizione regionale. La collaborazione si è recentemente intensificata, con la firma di accordi commerciali e investimenti congiunti, a testimonianza di una volontà comune di superare le divergenze e di costruire un partenariato basato su interessi reciproci.

L’India: un ponte tra Golfo e Asia

L’India rappresenta un altro partner strategico di crescente importanza per l’Arabia Saudita. I due paesi condividono interessi convergenti in diversi settori, dall’energia alle infrastrutture, dalla sicurezza alla tecnologia. L’India è uno dei principali mercati di sbocco per il petrolio saudita e un importante investitore nei progetti di sviluppo del Regno. Al tempo stesso, la diaspora indiana in Arabia Saudita costituisce una componente fondamentale della forza lavoro locale e un ponte culturale tra le due nazioni.

Negli ultimi anni, la cooperazione si è estesa anche alla sicurezza e alla lotta al terrorismo, con la firma di accordi bilaterali e la partecipazione a esercitazioni militari congiunte. L’Arabia Saudita vede nell’India un alleato chiave per rafforzare la propria presenza in Asia e per diversificare i propri partner strategici, in un’ottica di crescente multipolarismo.

L’Europa e l’Italia: tra interessi economici e valori condivisi

Il rapporto tra Arabia Saudita ed Europa, e in particolare con l’Italia, è caratterizzato da una forte interdipendenza economica e da una crescente collaborazione in settori strategici come l’energia, la tecnologia e la difesa. L’Unione Europea rappresenta uno dei principali partner commerciali del Regno e un mercato di riferimento per le esportazioni di petrolio e prodotti petrolchimici. Allo stesso tempo, l’Europa è un importante investitore nei progetti di sviluppo sauditi, soprattutto nell’ambito delle energie rinnovabili e delle infrastrutture.

L’Italia, in particolare, ha rafforzato la propria presenza nel Regno grazie a una serie di accordi commerciali e di cooperazione industriale, soprattutto nei settori dell’energia, della meccanica e delle costruzioni. La partecipazione di aziende italiane ai grandi progetti della Vision 2030, come la città futuristica di Neom, rappresenta un’opportunità di crescita e di innovazione per entrambe le parti. Tuttavia, il dialogo tra Arabia Saudita ed Europa non si limita agli aspetti economici, ma si estende anche ai temi dei diritti umani, della sicurezza e della lotta al terrorismo. In questo senso, il Regno è chiamato a bilanciare le proprie ambizioni di modernizzazione con le aspettative della comunità internazionale in materia di riforme politiche e sociali.

La Russia e la partecipazione ai BRICS

Negli ultimi anni, l’Arabia Saudita ha rafforzato i rapporti con la Russia, soprattutto nell’ambito della cooperazione energetica e della gestione dei mercati petroliferi attraverso l’OPEC+. Mosca rappresenta per Riyadh un partner alternativo agli Stati Uniti e all’Europa, capace di offrire sostegno strategico nella definizione delle politiche in materia di petrolio in grado di influenzare il sistema economico globale.

Un elemento di particolare rilievo è la recente adesione dell’Arabia Saudita ai BRICS+, il gruppo di paesi emergenti che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. L’ingresso del Regno in questo forum rappresenta un segnale chiaro della volontà saudita di giocare un ruolo da protagonista nel nuovo ordine multipolare, rafforzando i legami con le economie emergenti e ampliando la propria influenza a livello globale. La partecipazione ai BRICS+ offre all’Arabia Saudita nuove opportunità di cooperazione economica, tecnologica e politica, ma anche la possibilità di contribuire attivamente alla definizione delle regole del gioco internazionale.

Conclusioni: una nuova centralità globale

L’Arabia Saudita si trova oggi al centro di una trasformazione senza precedenti, che la vede protagonista non solo nello scenario regionale, ma anche in quello globale. La visita di Trump ha rappresentato una tappa fondamentale di questo percorso, sancendo la nuova centralità del Regno e la sua capacità di influenzare le dinamiche internazionali. La politica estera saudita, sempre più assertiva e multilaterale, si basa sulla capacità di bilanciare i rapporti con le grandi potenze – Stati Uniti, Cina, Russia – e di costruire partenariati strategici con attori regionali come Israele, Turchia e India.

In questo contesto, l’Europa e l’Italia sono chiamate a rafforzare il dialogo con Riyadh, cogliendo le opportunità offerte dalla trasformazione del Regno e contribuendo alla definizione di un nuovo ordine internazionale più equilibrato e inclusivo. L’Arabia Saudita, da paese rentier e periferico, si sta rapidamente affermando come attore centrale, capace di guidare la transizione verso un mondo multipolare e di giocare un ruolo da protagonista nelle grandi sfide del XXI secolo.

La rottura netta di Trump con gli interventisti, di W James Antle III

La rottura netta di Trump con gli interventisti

A Riyadh, la retorica pacifista del Presidente e le sue politiche sembrano finalmente allineate.

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(BRENDAN SMIALOWSKI/AFP via Getty Images)

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W. James Antle, III

W. James Antle III

14 maggio 20256:58 AM

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Il Presidente Donald Trump è sembrato pronto a dare un taglio netto ai falchi più riflessivi del suo partito nel primo grande discorso pronunciato all’estero durante il suo secondo mandato.

“I cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite, e gli interventisti sono intervenuti in società complesse che non comprendevano nemmeno loro stessi”, ha detto martedì a Riyadh.

Le azioni di Trump potrebbero essere in linea con le sue parole. Di recente ha annunciato la sospensione dei bombardamenti contro gli Houthi nello Yemen, la fine delle sanzioni sulla Siria, la rimozione di un consigliere per la sicurezza nazionale considerato non del tutto d’accordo con i suoi colloqui con l’Iran e sta cercando di evitare un’altra guerra regionale in Medio Oriente.

“Le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti ‘costruttori di nazioni’, dai neocon o da organizzazioni non profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Baghdad e tante altre città”, ha proseguito Trump.

“La pace, la prosperità e il progresso alla fine non sono venuti da un rifiuto radicale della vostra eredità, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e abbracciare quella stessa eredità che amate così tanto”, ha detto. “Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba”.

È chiaro da un decennio che, a differenza di gran parte dell’establishment conservatore di politica estera che un tempo dirigeva il Partito Repubblicano, Trump crede che quelle che sono state chiamate le guerre per sempre abbiano distrutto molto più di quanto abbiano conservato. Nel suo secondo mandato ha fatto più progressi che nel primo nel rimuovere quell’establishment.

Ma non è stato perfetto. Questa Casa Bianca non parla con una sola voce in politica estera. E Trump si è già allineato verbalmente con i pacifisti per poi piegarsi ai falchi su posizioni politiche sostanziali. Come Barack Obama prima di lui, anche Trump si trova di fronte a un elettorato stanco della guerra, ma non sicuro di essere pronto a correre i rischi di una riduzione.

Da parte sua, l’establishment della politica estera di Beltway condannerà più facilmente gli errori di omissione percepiti che gli interventi mal concepiti;

Anche ora, le guerre a Gaza e in Ucraina si sono dimostrate più difficili da chiudere, per ragioni difficilmente limitabili a considerazioni di politica interna.

Ma è possibile che Trump si renda conto di non poter raggiungere gli obiettivi desiderati giocando a fare il poliziotto del mondo in quartieri lontani che non conosciamo bene.

“La nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono proprio qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i propri Paesi sovrani, perseguendo le proprie visioni uniche e tracciando i propri destini a modo loro”, ha detto Trump della regione in cui i sogni dei costruttori di nazioni sono andati più spesso a morire negli ultimi anni.

Trump punta su governi estremamente imperfetti per rendere possibile la sua visione di pace in Medio Oriente, una scommessa che ha frustrato molti dei suoi predecessori;

Tuttavia, Trump comprende anche i limiti della moral suasion nel trattare o motivare questi governanti, e critica gli esperti occidentali che “vi danno lezioni su come vivere o come governare i vostri affari”.

“Negli ultimi anni, troppi presidenti americani sono stati afflitti dall’idea che sia nostro compito guardare nell’anima dei leader stranieri e usare la politica statunitense per dispensare giustizia per i loro peccati”, ha detto Trump. “Io credo che il compito di Dio sia quello di giudicare, mentre il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere gli interessi fondamentali della stabilità, della prosperità e della pace”.

Ha incluso l’Iran in questo discorso, anche se ha ribadito che Teheran non acquisirà armi nucleari. “Oggi sono qui non solo per condannare il caos passato dei leader iraniani, ma per offrire loro un nuovo percorso e un percorso migliore verso un futuro molto migliore e pieno di speranza”, ha detto Trump.

Sarà un compito arduo. Trump potrebbe essere pronto a tracciare un percorso diverso, ma la pacificazione comporta una serie di sfide.

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Il mese scorso Trump ha fatto un confronto rivelatore tra il suo primo e il suo secondo mandato.

“La prima volta avevo due cose da fare: gestire il Paese e sopravvivere; avevo tutti questi disonesti”, ha detto Trump alla rivista Atlantic in un’intervista pubblicata il 28 aprile. “E la seconda volta, gestisco il Paese e il mondo”.

Governare il mondo è un compito difficile, forse impossibile, anche per l’uomo più potente;

L’autore

W. James Antle, III

W. James Antle III

W. James Antle III è direttore esecutivo della rivista Washington Examiner e collaboratore di The American Conservative.

Testo integrale del discorso di Trump a Riyadh: “Alba di un nuovo giorno luminoso per il grande popolo del Medio Oriente”.

Dobbiamo unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore rimasti”, ha detto il presidente ai suoi ospiti sauditi, e “la più distruttiva di queste forze è il regime iraniano”.

Oggi, 2:24

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Il presidente Donald Trump interviene al Forum sugli investimenti sauditi e statunitensi presso il King Abdulaziz International Conference Center di Riyadh, in Arabia Saudita, martedì 13 maggio 2025. (Foto AP/Alex Brandon)

Testo integrale del discorso del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump al Saudi-US Investment Forum presso il King Abdulaziz International Conference Center di Riyadh, Arabia Saudita, 13 maggio 2025.

Beh, grazie mille. È un onore essere qui. Che posto fantastico. Che posto fantastico. Ma soprattutto, che persone fantastiche. Voglio ringraziare Sua Altezza Reale, il Principe Ereditario, per l’incredibile introduzione. È un uomo incredibile. Lo conosco da molto tempo. Non c’è nessuno come lui. Grazie mille. Lo apprezzo molto, amico mio.

È un grande onore tornare in questo bellissimo regno ed essere accolti con una generosità e un calore così straordinari. Non ho mai dimenticato l’eccezionale ospitalità mostrataci da Re Salman. Parliamo di un grande uomo. Un grande uomo, un grande uomo, una grande famiglia. Quella visita è avvenuta esattamente otto anni fa. La gentilezza della famiglia reale e del popolo saudita è davvero insuperabile, ovunque si vada.

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Permettetemi di ringraziare anche gli innumerevoli ministri, funzionari governativi, dirigenti d’azienda e ospiti illustri per la calorosa accoglienza, molto calorosa. Conosco molti di voi. Vorrei fare i nomi di tutti voi, ma avremmo molti problemi. Resteremmo qui per molto tempo. Non lo vogliamo. Quindi non siate arrabbiati.

Con questa storica visita di Stato, celebriamo più di 80 anni di stretta collaborazione tra gli Stati Uniti e il Regno dell’Arabia Saudita. Da quando il presidente Franklin Roosevelt incontrò il padre di re Salman, re Abdulaziz, a bordo della USS Quincy nel 1945, le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita sono state un fondamento di sicurezza e prosperità.

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Iscrivendosi, si accettano i termini.

Oggi riaffermiamo questo importante legame e compiamo i passi successivi per rendere il nostro rapporto più stretto, più forte e più potente che mai. È più potente che mai. E, tra l’altro, rimarrà tale. Non entriamo e usciamo come gli altri. E così rimarrà.

Sono venuto questo pomeriggio per parlare del brillante futuro del Medio Oriente, ma prima lasciatemi iniziare condividendo l’abbondanza di buone notizie provenienti da un luogo chiamato America.

In meno di quattro mesi, la nostra nuova amministrazione ha ottenuto più di quanto la maggior parte delle altre amministrazioni realizzi in quattro anni o addirittura in otto anni. In realtà abbiamo fatto, per la maggior parte, di più. Il giorno in cui sono entrato in carica, abbiamo ereditato… Grazie. Grazie a voi.

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Il giorno in cui mi sono insediato, abbiamo ereditato una colossale invasione del nostro confine meridionale, un’invasione che non avreste mai voluto vedere qui, nessuno dovrebbe mai volerla vedere. Ma nel giro di poche settimane abbiamo ridotto gli attraversamenti illegali del confine ai minimi storici, con una diminuzione del 99,999%. È un buon risultato anche per questo grande signore che sta di fronte a me. È un buon numero. Abbiamo avuto centinaia di migliaia di persone. L’anno scorso sono arrivate nello stesso periodo e il mese scorso, in questo confine enorme, sono entrate tre persone. È una bella differenza.

E non abbiamo avuto altra scelta se non quella di prendere molte delle persone che sono arrivate perché non erano le migliori. In molti casi erano persone molto cattive. Li stiamo facendo uscire. Li stiamo facendo uscire molto velocemente. Li stiamo riportando da dove sono venuti. Non abbiamo scelta.

Dopo anni di carenza di reclutamento militare, gli arruolamenti nelle forze armate statunitensi sono ora i più alti degli ultimi 30 anni, perché c’è uno spirito incredibile negli Stati Uniti d’America. Abbiamo di nuovo uno spirito straordinario.

Circa un anno fa, era una grande notizia, in prima pagina su tutti i giornali del mondo, che nessuno voleva arruolarsi nelle nostre forze armate, il che significa che eravamo molto sotto arruolati. E proprio la settimana scorsa è emerso che abbiamo il più forte arruolamento. Dicono 30 anni, ma forse è la prima volta. Non vanno così indietro nel tempo. È il migliore. E questo include gli agenti di polizia, i vigili del fuoco e tutto il resto.

C’è un grande spirito negli Stati Uniti in questo momento. Un nuovissimo sondaggio di Rasmussen ha appena mostrato che il numero di americani che credono che la nazione sia sulla strada giusta – si parla di strada giusta e strada sbagliata – è ora il più alto in oltre 20 anni. E non è mai stato così, perché per molti anni è stata la strada sbagliata. E posso dire che negli ultimi quattro anni è stata sicuramente la strada sbagliata, ma è la più alta da molti, molti anni a questa parte.

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Abbiamo trasformato il Golfo del Messico in Golfo d’America: è stato molto apprezzato, a parte forse il Messico. E, cosa più importante per i presenti in questa sala, i giorni di miseria economica dell’ultima amministrazione stanno rapidamente lasciando il posto alla più grande economia della storia del mondo. Siamo in pieno fermento.

Gli Stati Uniti sono il paese più caldo – con l’eccezione del vostro paese, devo dire, giusto?

Gli Stati Uniti sono il paese più caldo – ad eccezione del vostro paese, devo dire, giusto? Non ho intenzione di affrontare la questione. No, Mohammed, non me ne farò carico. Non sarebbe una cosa terribile se facessi questa dichiarazione completa? Ma non lo farò. Sei più sexy. Almeno finché sono quassù, siete più caldi.

Ma i prezzi dei generi alimentari, della benzina, dell’energia e di tutti gli altri prodotti sono scesi, senza inflazione. Non c’è inflazione. In poche settimane abbiamo creato 464.000 nuovi posti di lavoro. Pensateci. Si tratta di quasi mezzo milione di posti di lavoro creati in poche settimane.

Abbiamo appena raggiunto uno storico accordo commerciale con il Regno Unito e nel fine settimana abbiamo raggiunto un accordo rivoluzionario con la Cina, entrambi accordi eccezionali. La Cina è d’accordo – dobbiamo metterlo nero su bianco. Dobbiamo definire i piccoli dettagli. E Scott, lei ci lavorerà molto duramente. Ma la Cina ha accettato di aprirsi agli Stati Uniti per il commercio e tutto il resto. Ma devono farlo. Vedremo cosa succederà. Ma abbiamo avuto un incontro molto, molto positivo con entrambi i Paesi.

Stiamo tagliando 10 vecchi regolamenti per ogni nuovo regolamento. Ci stiamo sbarazzando di tutta la burocrazia che… Molti Paesi, francamente, invecchiando sviluppano molta burocrazia, e noi ce ne stiamo sbarazzando. Ce ne stiamo liberando a livelli record.

E sono lieto di riferire che il Congresso degli Stati Uniti è sul punto di approvare il più grande taglio alle tasse e alle normative della storia americana. Pensiamo di essere in buone condizioni per ottenerlo. E se lo otterremo, sarà come un razzo per il nostro Paese.

Nel primo trimestre dell’anno, gli investimenti in America sono aumentati di un sorprendente 22%. Solo dopo le elezioni del 5 novembre sono stati annunciati o sono in arrivo nuovi investimenti per oltre 10.000 miliardi di dollari. Pensate a questo. In un periodo di tempo molto breve, abbiamo superato i 10.000 miliardi di dollari, e la cifra potrebbe essere molto più alta.

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Non tutti vengono alla Casa Bianca a fare una conferenza stampa per dire che apriranno in America, ma tutti arrivano a cifre mai viste prima. Se si guarda alle altre presidenze, non avrebbero fatto 1.000 miliardi di dollari in anni. Noi lo abbiamo fatto essenzialmente in due mesi. Perché bisogna dire che siamo entrati in carica e mi hanno dato circa un mese per ripulire e sistemare lo Studio Ovale, dopodiché abbiamo iniziato a lavorare e i soldi stanno arrivando, i posti di lavoro stanno arrivando, le aziende si stanno riversando nel nostro Paese come non abbiamo mai visto prima. Non c’è mai stata una cosa del genere.

Abbiamo lasciato che altri ci imponessero tariffe per perdere molti soldi e molti posti di lavoro, e ora stiamo imponendo tariffe a loro, a un livello che nessuno ha mai visto. È un livello che ci sta rendendo un Paese molto diverso e un Partito Repubblicano molto diverso.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman parla al Saudi-US Investment Forum a Riyadh, Arabia Saudita, 13 maggio 2025. (AP/Alex Brandon)

A novembre abbiamo ottenuto una vittoria straordinaria. Abbiamo vinto tutti e sette gli Stati in bilico, il voto popolare con milioni e milioni di voti. Nel collegio elettorale abbiamo vinto con 312 voti contro 226. Ricordate, avevano detto: “Beh, potremmo arrivare a 270”, e noi siamo arrivati a 312. È una grande differenza. E, cosa molto importante, abbiamo conquistato contee in tutti gli Stati Uniti, 2.660 a 451. Ecco perché quando si guarda una mappa, sono tutte rosse. L’intero Paese è rosso. Rosso sta per repubblicano.

Dal momento in cui abbiamo iniziato, abbiamo visto che la ricchezza si è riversata e si sta riversando in America. Apple sta investendo 500 miliardi di dollari. Nvidia sta investendo. E vedo che il mio amico è qui, Jensen, molto bene. Ovunque tu sia, ti ringrazio molto, perché sta investendo 500 miliardi di dollari. TSMC sta investendo. A proposito, dov’è Jensen? Dov’è? È qui in piedi. Dov’è? Ho appena visto Beth. Grazie mille, Jensen.

Voglio dire, Tim Cook non è qui, ma tu sì. Che lavoro hai fatto. Ha detto di avere il 99% del mercato dei chip. Non lo so. Non è facile da battere. Ma che lavoro avete fatto. Grazie. Siamo orgogliosi di avervi nel nostro Paese. Lo sapete. Grazie per l’investimento. TSMC sta investendo 200 miliardi di dollari. Con questo viaggio, aggiungeremo oltre 1.000 miliardi di dollari in termini di investimenti nel nostro Paese e di acquisto dei nostri prodotti.

Nessuno produce attrezzature militari come noi. Abbiamo il miglior equipaggiamento militare, i migliori missili, i migliori razzi, il miglior tutto. I migliori sottomarini, tra l’altro. L’arma più letale al mondo. Oltre all’acquisto di 142 miliardi di dollari di equipaggiamenti militari di fabbricazione americana da parte dei nostri grandi partner sauditi, il più grande di sempre questa settimana. Ci sono accordi commerciali multimiliardari con Amazon, Oracle, AMD. Sono tutti qui. Uber, Qualcomm, Johnson and Johnson e molti altri.

Voglio quindi congratularmi con tutti. Tanti grandi dirigenti d’azienda, molti di voi, molti di voi li conosco. Venivano qui circa un mese fa. Non erano molto contenti quando mi hanno visto, e ora dicono: “Signore, sta facendo un ottimo lavoro. Grazie mille”. È incredibile cosa possa fare un mercato in crescita. Il mercato salirà ancora di molto. Infatti, cinque settimane fa ho detto alla gente: “Questo è un ottimo momento per comprare”. Sono stato criticato per questo. Ora non mi criticano più. La gente avrebbe dovuto ascoltare.

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Ma la cifra salirà molto di più. Vedrete. Non è mai successo nulla di simile. È un’esplosione di investimenti e di posti di lavoro, e stanno arrivando grandi aziende. Non si è mai vista una cosa del genere. Non c’è posto migliore per costruirsi un futuro o fare fortuna o fare qualsiasi cosa, francamente, di quello che abbiamo negli Stati Uniti d’America sotto un certo Presidente, Donald J. Trump. Ho l’atteggiamento giusto.

Ho lo stesso atteggiamento che hanno le persone in prima, seconda e terza fila. Man mano che si torna indietro, forse iniziano a perdere un po’ di vista, ma capiscono e noi stiamo facendo quello che molte persone intelligenti farebbero. E non siamo necessariamente politicamente corretti.

Avete visto cosa abbiamo fatto ieri con la sanità. Abbiamo tagliato l’assistenza sanitaria del 50-90%. Vedrete i farmaci e le medicine scendere a cifre mai viste prima. Pensiamo che i farmaci scenderanno e che ci sarà una ridistribuzione dei costi con altre nazioni, che hanno davvero approfittato di un gruppo di persone molto simpatiche che gestivano il nostro Paese.

Ma questo non è solo un periodo di incredibile eccitazione negli Stati Uniti. È un periodo esaltante anche qui nella penisola arabica. Un posto bellissimo, tra l’altro, un posto bellissimo. Esattamente… Grazie.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump parla durante il forum sugli investimenti sauditi e statunitensi presso il King Abdul Aziz International Conference Center di Riyadh il 13 maggio 2025. (Brendan SMIALOWSKI / AFP)

Esattamente otto anni fa, questo mese, mi trovavo in questa stessa sala e guardavo a un futuro in cui le nazioni di questa regione avrebbero sconfitto le forze del terrorismo e dell’estremismo, eliminandole dall’esistenza, e avrebbero preso il vostro posto tra le nazioni più orgogliose, prospere e di successo del mondo come leader di un Medio Oriente moderno e in ascesa. È così eccitante. Così emozionante.

Mohammed, dormi di notte? Come dormi? Eh? Stavo pensando. Che lavoro. Si gira e rigira come alcuni di noi, si gira e rigira tutta la notte, come dire, tutta la notte. Quelli che non si rigirano sono quelli che non ti porteranno mai nella terra promessa. Non è così? Ma lei ha fatto un buon lavoro. Vero.

L’Arabia Saudita ha dimostrato che i critici si sbagliavano completamente. La trasformazione… è stata davvero straordinaria

Ma i critici dubitavano che fosse possibile quello che avete fatto. Ma negli ultimi otto anni, l’Arabia Saudita ha dimostrato che i critici si sbagliavano completamente. La trasformazione che si è verificata – anche da parte di questi incredibili leader del mondo degli affari, voglio dire che ci sono i più grandi leader del mondo degli affari davanti a noi – ma la trasformazione che si è verificata sotto la guida del re Salman e del principe ereditario Mohammed è stata davvero straordinaria. Una cosa del genere non credo sia mai accaduta prima. Non ho mai visto accadere nulla di tale portata prima d’ora.

E forse si potrebbe dire che anche gli Stati Uniti stanno andando piuttosto bene, ma non credo che molte persone abbiano mai visto una cosa del genere prima d’ora. I grattacieli maestosi, le torri che vedo, la differenza tra oggi e otto anni fa. Otto anni fa era davvero impressionante. Ma le torri che vedo sorgere, alcuni dei reperti che mi sono stati mostrati da Mohammed, quello che ho visto è un processo incredibile, un genio incredibile di così tante persone, l’architettura. Ma ho la sensazione di sapere da dove sono venute molte di quelle idee, che si dà il caso siano sedute proprio in questa stanza, proprio davanti a me.

Ma le torri e tutte le diverse… Ho visto molte torri diverse. Non credo che esista una versione di una torre che non abbia visto in una forma o nell’altra. Ho appena superato quattro mostre. Non ho mai visto nulla di simile. Quindi sarà molto emozionante. E si trovano tra le antiche meraviglie di una città in crescita ed eccitante. È davvero sorprendente.

Il presidente Donald Trump e Sua Altezza Reale Mohammed bin Salman al Saud, principe ereditario e primo ministro del Regno dell’Arabia Saudita, visitano il sito del patrimonio mondiale dell’UNESCO Diriyah/At-Turaif, il 13 maggio 2025, a Riyadh. (Foto AP/Alex Brandon)

Riyadh sta diventando non solo una sede del governo, ma una delle principali capitali commerciali, culturali e high-tech del mondo intero. La Coppa del Mondo è arrivata. Gianni, alzati, Gianni. Gianni. Grazie, Gianni. Ottimo lavoro, Gianni. Ottimo lavoro. Ma la Coppa del Mondo e l’Esposizione Universale arriveranno presto qui, proprio come la Coppa del Mondo sta arrivando negli Stati Uniti. L’anno prossimo sarà davvero emozionante.

I motori delle corse di Formula 1 ora rombano per le strade di Gedda. In una pietra miliare storica, altre industrie hanno recentemente superato il petrolio. Pensate, tutte le altre industrie hanno superato il petrolio. Non so se molte persone capiranno cosa significhi, è una cosa così grande. Per la prima volta in assoluto, il settore petrolifero rappresenta la maggioranza dell’economia saudita. Altre industrie sono ora più grandi persino del petrolio, che sarà sempre un grande mostro. È un grande mostro. Ma questo è un grande tributo a voi e allo sviluppo economico usato correttamente.

In altre città della penisola, come Dubai e Abu Dhabi, Doha, Muscat, le trasformazioni sono state incredibilmente notevoli. Davanti ai nostri occhi una nuova generazione di leader sta trascendendo gli antichi conflitti delle stanche divisioni del passato e sta forgiando un futuro in cui il Medio Oriente è definito dal commercio, non dal caos; in cui esporta tecnologia, non terrorismo; e in cui persone di nazioni, religioni e credi diversi costruiscono città insieme, non si bombardano a vicenda. Noi non vogliamo questo.

Ed è fondamentale per il mondo intero notare che questa grande trasformazione non è avvenuta grazie agli interventisti occidentali o a persone volanti su splendidi aerei che vi danno lezioni su come vivere e come governare i vostri affari. No, le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti costruttori di nazioni, dai neoconservatori o da organizzazioni non profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Kabul, Baghdad e tante altre città.

La nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che si trovano proprio qui.

Invece, la nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i propri Paesi sovrani, perseguendo le proprie visioni uniche e tracciando i propri destini a modo loro. È davvero incredibile quello che avete fatto.

Alla fine i cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite, e gli interventisti intervenivano in società complesse che non capivano nemmeno loro. Vi dicevano come fare, ma non avevano idea di come farlo loro stessi.

La pace, la prosperità e il progresso, in ultima analisi, non derivano da un radicale rifiuto del vostro patrimonio, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e abbracciare quello stesso patrimonio che amate così tanto.

La pace, la prosperità e il progresso non sono venuti da un radicale rifiuto del vostro patrimonio, ma piuttosto dall’abbraccio delle vostre tradizioni nazionali e da quello stesso patrimonio che amate così tanto, ed è qualcosa che solo voi potevate fare.

Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba. È un buon modo.

Oggi, le Nazioni del Golfo hanno mostrato all’intera regione un percorso verso società sicure e ordinate, con una migliore qualità della vita, una fiorente crescita economica, l’espansione delle libertà personali e una crescente responsabilità sulla scena mondiale. Dopo tanti decenni di conflitti, finalmente siamo in grado di raggiungere il futuro che le generazioni precedenti hanno potuto solo sognare: una terra di pace, sicurezza, armonia, opportunità, innovazione e successo, proprio qui in Medio Oriente.

Il presidente Donald Trump, quinto a sinistra, partecipa a una foto di gruppo con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, quarto a destra, con il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Khaled bin Mohamed bin Zayed Al Nahyan, secondo a destra, il principe ereditario del Bahrain e il primo ministro Salman bin Hamad Al Khalifa, sinistra, l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, terzo a sinistra, il principe ereditario del Kuwait Mishal Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah, secondo a sinistra, il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo Jasem Mohamed Albudaiwi, a destra, durante il vertice del CCG a Riyadh, in Arabia Saudita, mercoledì 14 maggio 2025. (Foto AP/Alex Brandon)

È così bello. È una cosa così bella che sta accadendo. Credo che le persone che sono qui non riescano ad apprezzarla perché la vedono accadere, e quando si arriva in un posto che non si vedeva da cinque anni o da 10 anni o da 20 anni, è ancora più incredibile.

Quando ho lasciato l’incarico poco più di quattro anni fa, quel futuro sembrava quasi impossibile, come avete fatto voi. Insieme, abbiamo annientato gli assassini dell’ISIS. Li abbiamo spazzati via e abbiamo messo fine al suo fondatore e leader, al-Baghdadi. Abbiamo sanato la frattura nel Consiglio di Cooperazione del Golfo. È una cosa molto importante e ha unito le nazioni della regione per opporsi ai nemici di tutta la civiltà.

Avevamo imposto sanzioni senza precedenti all’Iran, privando il regime delle risorse per finanziare il terrorismo. Non erano in grado di finanziare nulla perché non avevano più soldi. Non avevano soldi, ma la nuova amministrazione è arrivata e ha lasciato loro un sacco di soldi, e avete visto cosa è successo. Non sono stati soldi ben spesi.

È mia fervida speranza, desiderio e persino sogno che l’Arabia Saudita, un luogo per il quale nutro un grande rispetto… si unisca presto agli Accordi di Abramo.

Con gli storici Accordi di Abramo, di cui siamo così orgogliosi, tutto lo slancio è stato rivolto alla pace, e con grande successo. Gli Accordi di Abramo sono stati una cosa straordinaria. Ed è mia fervida speranza, desiderio e persino sogno che l’Arabia Saudita – un luogo per il quale nutro un grande rispetto, soprattutto nell’ultimo brevissimo periodo di tempo, per ciò che siete stati in grado di fare – si unisca presto agli Accordi di Abraham. Penso che sarà un enorme tributo al vostro Paese e sarà qualcosa di molto importante per il futuro del Medio Oriente.

Ho corso un rischio nel farli, e sono stati una vera e propria fortuna per i Paesi che vi hanno aderito. L’amministrazione Biden non ha fatto nulla per quattro anni. L’avremmo fatto compilare. Ma sarà un giorno speciale in Medio Oriente, con tutto il mondo a guardare, quando l’Arabia Saudita si unirà a noi. Onorerete me e tutte le persone che hanno lottato così duramente per il Medio Oriente, e credo proprio che sarà qualcosa di speciale. Ma lo farete con i vostri tempi, ed è quello che voglio io, e quello che volete voi, ed è così che sarà.

Quando ho lasciato il mio incarico, l’unica cosa che ancora si frapponeva tra questa regione e il suo incredibile potenziale era un piccolo gruppo di attori disonesti e di delinquenti violenti che cercavano costantemente di trascinare il Medio Oriente all’indietro, verso il caos, lo scompiglio e persino la guerra. Purtroppo, invece di affrontare queste forze distruttive, l’ultima amministrazione statunitense ha scelto di arricchirle, potenziarle e dare loro miliardi e miliardi di dollari.

L’amministrazione Biden, la peggiore amministrazione nella storia del nostro Paese, tra l’altro, ha rifiutato i nostri partner del Golfo più fidati e di lunga data. E posso dire partner a livello mondiale. Uno dei nostri grandi, grandi partner, a prescindere da chi guardiamo, e abbiamo grandi partner nel mondo, ma non abbiamo nessuno più forte e nessuno come il signore che è qui davanti a me. È il vostro più grande rappresentante, il più grande rappresentante.

E se non mi piacesse, me ne andrei subito da qui. Lo sa, vero? Mi conosce bene. È vero, mi piace molto. Mi piace troppo. Per questo diamo tanto, troppo. Mi piaci troppo. Un grande uomo.

Hanno tolto le sanzioni all’Iran in cambio di nulla e hanno inviato al regime decine di miliardi di dollari per finanziare il terrore e la morte in tutto il mondo, e hanno riso di lui. Hanno riso del nostro leader e stanno ancora ridendo del nostro leader. Lo consideravano un pazzo e da allora non hanno fatto altro che creare problemi, compreso il finanziamento del 7 ottobre, uno dei giorni peggiori della storia del Medio Oriente, un giorno orribile.

Biden ha rimosso gli Houthi dall’elenco delle organizzazioni terroristiche straniere anche mentre missili e droni venivano lanciati proprio qui, nella vostra bella città di Riyadh, e lanciati contro le navi se per caso navigavano nella posizione sbagliata. L’estrema debolezza e la grossolana incompetenza dell’amministrazione Biden hanno fatto deragliare i progressi verso la pace, destabilizzato la regione e messo a rischio tutto ciò che avevamo costruito con tanta fatica insieme.

E quando si pensa alle grandi conquiste che avete fatto, alla luce di un’amministrazione piuttosto ostile, un’amministrazione che non era credente, rende le vostre conquiste ancora più grandi. Li rende ancora più grandi. Lo sapete.

Lavorando con la stragrande maggioranza delle persone in questa regione che cercano la stabilità e la calma, il nostro compito è quello di unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore che sono rimasti e che tengono in ostaggio i sogni di milioni e milioni di grandi persone. La più grande e distruttiva di queste forze è il regime iraniano.

Ma in pochi mesi dall’insediamento, abbiamo ottenuto il rapido ritorno della forza americana in patria e all’estero. Ora, lavorando con la stragrande maggioranza delle persone in questa regione che cercano stabilità e calma, il nostro compito è quello di unirci contro i pochi agenti del caos e del terrore che sono rimasti e che tengono in ostaggio i sogni di milioni e milioni di grandi persone.

La più grande e distruttiva di queste forze è il regime iraniano, che ha causato sofferenze inimmaginabili in Siria, Libano, Gaza, Iraq, Yemen e oltre.

Non potrebbe esserci contrasto più netto con il percorso che avete seguito nella Penisola arabica rispetto al disastro che si sta verificando proprio di fronte al Golfo dell’Iran. Pensate a questo. Volevano chiamarlo così e io dissi: “Non glielo permetteranno. Vi dispiace se lo fermo?”. L’ho fermato. Non permetteremo che ciò accada.

Mentre voi costruite i grattacieli più alti del mondo a Gedda e Dubai, i monumenti di Teheran del 1979 crollano in macerie e polvere. Loro sono andati avanti per un po’ con un sistema molto diverso, ma quegli edifici stanno in gran parte cadendo a pezzi, mentre voi state costruendo alcuni dei più grandi e incredibili progetti infrastrutturali del mondo, edifici, ogni sorta di cose che state costruendo e che nessuno ha mai visto prima. I decenni di incuria e cattiva gestione dell’Iran hanno lasciato il Paese afflitto da blackout a rotazione, che durano per ore al giorno. Se ne sente sempre parlare.

Mentre la vostra abilità ha trasformato i deserti aridi in fertili terreni agricoli, i leader iraniani sono riusciti a trasformare i verdi terreni agricoli in deserti aridi, poiché la loro corrotta mafia dell’acqua, chiamiamola così, provoca siccità e svuotamenti dei letti dei fiumi. Si arricchiscono, ma non lasciano che il popolo ne abbia neanche un po’.

E poi, naturalmente, c’è la differenza fondamentale alla base di tutto: Mentre gli Stati arabi si sono concentrati sul diventare pilastri della stabilità regionale e del commercio mondiale, i leader iraniani si sono concentrati sul furto delle ricchezze del loro popolo per finanziare il terrore e lo spargimento di sangue all’estero. La cosa più tragica è che hanno trascinato con sé un’intera regione.

Innumerevoli vite sono state perse nello sforzo iraniano di mantenere un regime in disfacimento in Siria. Guardate cosa è successo con la Siria.

In Libano, i loro proxy Hezbollah hanno saccheggiato le speranze di una nazione la cui capitale Beirut era un tempo chiamata la Parigi del Medio Oriente. Riuscite a immaginarlo? Tutta questa miseria e molto altro era assolutamente evitabile, assolutamente evitabile. E Maometto lo sapeva. Lo sapeva. Le persone intelligenti lo sapevano. Se solo il regime iraniano si fosse concentrato sulla costruzione della propria nazione invece di distruggere la regione.

Tuttavia, oggi sono qui non solo per condannare il caos passato dei leader iraniani, ma per offrire loro un nuovo percorso e un cammino molto migliore verso un futuro di gran lunga migliore e pieno di speranza. Come ho dimostrato più volte, sono disposto a porre fine ai conflitti del passato e a creare nuove partnership per un mondo migliore e più stabile, anche se le nostre differenze possono essere molto profonde, come ovviamente sono nel caso dell’Iran.

Non ho mai creduto di avere nemici permanenti. Sono diverso da come molti pensano. Non mi piacciono i nemici permanenti, ma a volte hai bisogno di nemici per fare il lavoro e devi farlo bene. I nemici ti motivano. Infatti, alcuni dei più stretti amici degli Stati Uniti d’America sono nazioni contro cui abbiamo combattuto guerre nelle generazioni passate, e ora sono nostri amici e alleati.

Se la leadership iraniana rifiuta questo ramoscello d’ulivo e continua ad attaccare i suoi vicini, non avremo altra scelta se non quella di infliggere una massiccia pressione massima.

Voglio fare un accordo con l’Iran. Se riuscirò a fare un accordo con l’Iran, sarò molto felice se riusciremo a rendere la vostra regione e il mondo un posto più sicuro. Ma se la leadership iraniana rifiuta questo ramoscello d’ulivo e continua ad attaccare i suoi vicini, allora non avremo altra scelta che infliggere una massiccia pressione massima, portando a zero le esportazioni di petrolio iraniano, come ho fatto in passato.

Lo sapevate che – grazie a ciò che ho fatto – erano un Paese praticamente in bancarotta. Non avevano soldi per il terrorismo, non avevano soldi per Hamas o Hezbollah… E intraprendere tutte le azioni necessarie per impedire al regime di avere un’arma nucleare. L’Iran non avrà mai un’arma nucleare.

Vogliamo che sia un Paese meraviglioso, sicuro e grande, ma non può avere un’arma nucleare.

Detto questo, l’Iran può avere un futuro molto più luminoso, ma non permetteremo mai che l’America e i suoi alleati siano minacciati dal terrorismo o da un attacco nucleare. La scelta spetta a loro. Vogliamo davvero che siano un Paese di successo. Vogliamo che siano un Paese meraviglioso, sicuro e grande, ma non possono avere un’arma nucleare.

Si tratta di un’offerta che non durerà per sempre. È il momento di scegliere. Adesso. Non abbiamo molto tempo per aspettare. Le cose stanno accadendo a un ritmo molto veloce, stanno accadendo proprio qui. Stanno accadendo a un ritmo molto veloce. Quindi devono muoversi subito, in un modo o nell’altro. Fare la propria mossa.

Bandiere saudite e statunitensi sventolano davanti a un edificio in costruzione su una strada principale di Riyadh il 12 maggio 2025, in vista della visita del presidente statunitense Donald Trump (Fayez Nureldine / AFP)

Come ho detto nel mio discorso inaugurale, la mia più grande speranza è quella di essere un costruttore di pace e di essere unificatore. Non mi piace la guerra.

Abbiamo il più grande esercito della storia del mondo. Ho ricostruito le nostre forze armate nei miei primi quattro anni e le ho trasformate nelle forze armate più potenti che ci siano, e lo avete visto quando ho messo fuori gioco l’ISIS in tre settimane. La gente diceva che ci sarebbero voluti quattro o cinque anni. Io l’ho fatto, l’abbiamo fatto, in tre settimane.

Pochi giorni fa, la mia amministrazione ha mediato con successo uno storico cessate il fuoco per fermare l’escalation di violenza tra India e Pakistan, e per farlo ho usato in larga misura il commercio. Ho detto, ragazzi, “Forza. Facciamo un accordo. Facciamo qualche scambio. Non scambiamo missili nucleari. Scambiamo le cose che fate in modo così bello”.

Entrambi hanno leader molto potenti, leader molto forti, leader bravi, leader intelligenti, e tutto si è fermato. Speriamo che rimanga così, ma tutto si è fermato. Sono stato molto orgoglioso di Marco Rubio e di tutte le persone che hanno lavorato così duramente. Marco, alzati. Hai fatto un ottimo lavoro. Grazie. JD Vance, Marco, tutto il gruppo ha lavorato con te, ma è stato un ottimo lavoro.

E credo che vadano davvero d’accordo. Forse possiamo anche farli incontrare un po’, Marco, e farli uscire a cena insieme. Non sarebbe bello?

Ma abbiamo fatto molta strada e potrebbero essere morte milioni di persone a causa di quel conflitto che era iniziato in modo piccolo e che diventava di giorno in giorno sempre più grande.

Ho anche lavorato senza sosta per porre fine al terribile spargimento di sangue tra la Russia e l’Ucraina e, cosa molto importante, alla fine di questa settimana, probabilmente giovedì, si terranno dei colloqui in Turchia che potrebbero produrre dei risultati piuttosto buoni. I nostri collaboratori si recheranno lì. Marco ci andrà, altri ci andranno e vedremo se riusciremo a farlo.

5.000 persone, per la maggior parte giovani, soldati dell’Ucraina, soldati della Russia – non sono di qui e non sono degli Stati Uniti, ma sono anime. Sono anime. Penso che di solito, per lo più, siano anime giovani e belle che hanno lasciato i genitori salutando, hanno lasciato i fratelli e le sorelle dicendo “Arrivederci. Ci vediamo presto”. E sono stati fatti a pezzi. Ne muoiono in media 5.000 alla settimana.

Anche in altre parti della regione si muore, ma sono numeri enormi, come non si vedevano dalla Seconda Guerra Mondiale, e io voglio fermarli. Voglio fermarla. È una guerra orribile. Non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente. È una guerra che non sarebbe mai avvenuta.

Il 7 ottobre non sarebbe mai accaduto se io fossi stato presidente, perché l’Iran non aveva soldi per pagare Hamas o chiunque altro. Non avevano soldi. Non cercavano di prendersi cura di loro, dovevano prendersi cura di loro stessi. Non avevano soldi. Abbiamo bloccato il loro petrolio con l’embargo e le sanzioni.

Ma permettetemi di cogliere l’occasione per ringraziare il Regno dell’Arabia Saudita per il ruolo costruttivo che ha svolto nel facilitare i colloqui in Ucraina, e lo è davvero. Siete stati straordinari. Avete messo tutto a nostra disposizione. Vi ringrazio molto. Grazie a voi. E se riusciremo a sistemare la cosa, renderemo un tributo speciale a ciò che avete fatto. Avete davvero gettato delle ottime basi. La ringrazio molto. Lo apprezzo molto.

L’Occidente non dovrebbe trascinarsi indietro in un’altra guerra infinita in Europa, l’ennesima guerra infinita. Dovremmo smettere di uccidere e lavorare insieme per affrontare le più grandi minacce a lungo termine come una squadra imbattibile. Pensate a noi come a una squadra imbattibile.

Voglio dire, se si guarda a ciò che avete fatto qui, è molto più difficile che fermare la stupidità. Pensateci, è stupidità. Quello che avete fatto è molto più difficile e lo avete fatto meglio di chiunque altro.

Come Presidente degli Stati Uniti, la mia preferenza sarà sempre per la pace e la collaborazione, ogni volta che sarà possibile raggiungere questi risultati. Sempre, sarà sempre così. Solo un pazzo potrebbe pensare il contrario

Come Presidente degli Stati Uniti, la mia preferenza sarà sempre per la pace e il partenariato, ogni volta che sarà possibile raggiungere questi risultati. Sempre, sarà sempre così. Solo un pazzo potrebbe pensare il contrario.

Negli ultimi anni, troppi presidenti americani sono stati afflitti dall’idea che sia nostro compito guardare nell’anima dei leader stranieri e usare la politica statunitense per dispensare giustizia per i loro peccati. Amavano usare il nostro potentissimo esercito. E ora è davvero il più potente che sia mai stato. Abbiamo appena approvato un bilancio di 1.000 miliardi di dollari, il più alto mai avuto nella storia per le forze armate, 1.000 miliardi di dollari, e stiamo ottenendo i più grandi missili, le più grandi armi, e sapete che odio farlo, ma dovete farlo perché crediamo nella pace attraverso la forza. Bisogna avere la forza, altrimenti potrebbero accadere cose brutte.

Credo che il compito di Dio sia quello di giudicare; il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere l’interesse fondamentale della stabilità, della prosperità e della pace. Questo è ciò che voglio fare davvero

Ma si spera che non dovremo mai usare nessuna di queste armi. Sembra un enorme spreco di denaro se non le useremo mai, ma speriamo di non doverle usare mai, perché il potere distruttivo di alcune di queste armi non è mai stato visto prima. Credo che il compito di Dio sia quello di giudicare; il mio compito è quello di difendere l’America e di promuovere l’interesse fondamentale della stabilità, della prosperità e della pace. Questo è ciò che voglio fare davvero.

Non esiterò mai a esercitare il potere americano se sarà necessario per difendere gli Stati Uniti o per aiutare a difendere i nostri alleati. E non ci sarà pietà per nessun nemico che cerchi di fare del male a noi o a loro. Non avremo pietà. Loro lo capiscono. Per questo sono stato abbastanza fortunato. Molte persone pensano: “Vuole combattere. Vuole combattere” e le cose si sistemano. È una cosa incredibile quando pensano che tu faccia sul serio, ma noi lo facciamo. Abbiamo il più grande esercito, il più forte, più forte di tutti. Nessuno ci si avvicina.

Abbiamo le migliori armi del mondo, ma non vogliamo usarle. Se però minacciate l’America o i nostri partner, vi troverete di fronte a una forza schiacciante e devastante. Abbiamo cose di cui non si sa nulla, di cui non si sente parlare, e se lo si sapesse, si direbbe: “Wow”.

Nelle ultime settimane, a seguito di ripetuti attacchi alle navi americane e alla libertà di navigazione nel Mar Rosso, l’esercito degli Stati Uniti ha lanciato più di 1.100 attacchi contro gli Houthi nello Yemen. Di conseguenza, gli Houthi hanno accettato di fermarsi. Hanno detto: “Non vogliamo più questo”. È la prima volta che lo sentite dire anche da loro. Sono duri, sono combattenti. Ma pochi giorni fa ci è stato chiesto di smettere di prendere di mira le navi commerciali… Non avrebbero preso di mira le navi commerciali in alcun modo, forma o forma, o qualsiasi cosa americana, e sono stati molto contenti che abbiamo smesso, ma abbiamo avuto 52 giorni di tuoni e fulmini come non ne hanno mai visti prima.

Si è trattato di un uso rapido, feroce, decisivo ed estremamente efficace della forza militare. Non che volessimo farlo, ma stavano abbattendo le navi. Sparavano a voi. Sparavano all’Arabia Saudita. Non vogliamo che sparino in Arabia Saudita, se va bene. Quindi li abbiamo colpiti duramente. Abbiamo ottenuto ciò per cui siamo venuti, e poi ce ne siamo andati.

Dal 20 gennaio, le forze armate statunitensi hanno eliminato 83 leader terroristici che operavano in Iraq, Siria e Somalia, tra cui il leader globale numero due dell’ISIS. Lo avete letto di recente. Con l’aiuto del Pakistan, abbiamo arrestato i terroristi dell’ISIS responsabili dell’attacco a 13 membri del servizio americano ad Abbey Gate. Quell’orribile, orribile disastro. Durante il ritiro dall’Afghanistan, questa è un’altra cosa a cui non pensiamo più tanto. Sono morti in 13, ma 42 sono stati orribilmente feriti, ma centinaia di persone sono morte complessivamente, perché conto le persone dall’altra parte. Centinaia di persone, solo grossolanamente incompetenti.

Probabilmente è per questo che Putin ha deciso di entrare in Ucraina, cosa che non avrebbe mai fatto se io fossi stato presidente. Ma non avremmo avuto i problemi del 7 ottobre se fossi stato presidente. Non avremmo avuto l’Ucraina, la Russia, se fossi stato presidente. Non avremmo avuto Abbey Gate perché non ci sarebbe stato alcun motivo. Stavamo uscendo, ma stavamo uscendo con dignità e con forza e potenza, ma il modo in cui sono usciti non era buono. Credo che sia stato il momento più imbarazzante nella storia del nostro Paese.

Tutte le persone civili devono condannare le atrocità del 7 ottobre contro Israele.

E abbiamo lavorato instancabilmente per riportare indietro tutti gli ostaggi detenuti da Hamas. Ne abbiamo già riportati molti, ma ne stiamo riportando altri. Questo fine settimana abbiamo negoziato con successo il rilascio dell’ultimo ostaggio americano. Edan Alexander è uscito poche ore fa e continuiamo a lavorare per porre fine a questa guerra il più rapidamente possibile. È una cosa orribile quella che sta accadendo.

La popolazione di Gaza merita un futuro migliore, ma questo non potrà avvenire finché i suoi leader sceglieranno di rapire, torturare e colpire uomini, donne e bambini innocenti per fini politici.

Tutte le persone civilizzate devono condannare le atrocità del 7 ottobre contro Israele, che non sarebbero mai accadute, ancora una volta, se aveste avuto, probabilmente, un altro presidente, ma sicuramente se aveste avuto me come presidente. Gli abitanti di Gaza meritano un futuro migliore, ma questo non potrà avvenire finché i loro leader sceglieranno di rapire, torturare e colpire uomini, donne e bambini innocenti per fini politici.

Il modo in cui queste persone sono trattate a Gaza, non c’è posto al mondo in cui le persone siano trattate così male. È orribile.

Dopo anni di sofferenza, due delle nazioni più devastate dal terrore stanno finalmente iniziando a porre fine ai loro lunghi incubi sotto la nuova generazione di leader in Libano, dove un mio amico è appena diventato ambasciatore. Sarà un grande.

Gli ho detto: “Sai, potrebbe essere un lavoro molto pericoloso”. Lui ha risposto: “Sono nato lì. Sono libanese. Amo quel Paese”.

Ho detto: “Ma è molto pericoloso”. Questo è un mio amico di New York. Gli ho detto: “Ma è molto pericoloso. Sei sicuro di volerlo fare?”.

Non ho mai pensato che fosse un guerriero, ma è un guerriero. Ama il suo Paese.

Ha detto: “Se sarò ferito o morirò, morirò per il Paese che amo”. È cresciuto lì. È orribile quello che è successo in Libano, ma voi avete un grande ambasciatore, ve lo posso dire.

E il Libano, che è stato vittima infinita degli Hezbollah e del loro sponsor, l’Iran, con un nuovo presidente e un nuovo primo ministro ha avuto la prima vera possibilità da decenni a questa parte di instaurare una partnership più produttiva con gli Stati Uniti, e noi lavoreremo con il loro nuovo ambasciatore e con tutti gli altri, Marco, per vedere se possiamo davvero aiutarli e permettere loro di superare la barriera molto alta che dovranno superare.

La mia amministrazione è pronta ad aiutare il Libano a creare un futuro di sviluppo economico e di pace con i suoi vicini. In Libano ci sono persone straordinarie, medici, avvocati, grandi professionisti. Lo sento dire tante volte.

Un’immagine ritagliata fornita dal Palazzo reale saudita mostra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (R) mentre stringe la mano al presidente ad interim della Siria Ahmed al-Sharaa (L) a Riyadh il 14 maggio 2025. (Bandar AL-JALOUD / Palazzo reale saudita / AFP)

Allo stesso modo, in Siria, che ha visto tanta miseria e morte, c’è un nuovo governo che si spera riesca a stabilizzare il Paese e a mantenere la pace. Questo è ciò che vogliamo vedere in Siria. Hanno avuto la loro parte di tragedie, guerre, uccisioni, per molti anni. Per questo la mia amministrazione ha già compiuto i primi passi verso il ripristino di relazioni normali tra gli Stati Uniti e la Siria per la prima volta in oltre un decennio.

Ordinerò la cessazione delle sanzioni contro la Siria per darle la possibilità di diventare grande.

E sono molto lieto di annunciare che il Segretario Marco Rubio incontrerà il nuovo Ministro degli Esteri siriano in Turchia alla fine di questa settimana. E, cosa molto importante, dopo aver discusso della situazione in Siria con il Principe ereditario, il vostro Principe ereditario, e anche con il Presidente turco Erdogan, che mi ha chiamato l’altro giorno per chiedermi una cosa molto simile, tra gli altri e i miei amici, persone per cui ho molto rispetto in Medio Oriente, ordinerò la cessazione delle sanzioni contro la Siria per darle una possibilità di diventare grande.

Oh, cosa farei per il principe ereditario. Le sanzioni sono state brutali e paralizzanti e hanno svolto una funzione importante, davvero importante, in quel momento, ma ora è il loro momento di brillare. È il loro momento di brillare. Li stiamo togliendo tutti e penso che lo faranno, in base alla gente, allo spirito e a tutto il resto di cui sento parlare, quindi dico buona fortuna, Siria. Mostraci qualcosa di molto speciale come hanno fatto francamente in Arabia Saudita. Ok? Ci mostreranno qualcosa di speciale. Persone molto brave.

Siamo ancora all’alba del nuovo giorno luminoso che attende i popoli del Medio Oriente.

Ovunque sia possibile, la mia amministrazione sta perseguendo un impegno pacifico, offrendo una mano forte e ferma di amicizia a tutti coloro che la accetteranno in buona fede. Insieme abbiamo fatto passi avanti senza precedenti e progressi enormi, e siamo ancora solo all’alba del nuovo giorno luminoso che attende il popolo del Medio Oriente, il grande, grande popolo del Medio Oriente.

Se le nazioni responsabili di questa regione coglieranno questo momento, metteranno da parte le differenze e si concentreranno sugli interessi che vi uniscono, allora l’intera umanità sarà presto stupita da ciò che vedrà proprio qui, in questo centro geografico del mondo. Lo è davvero. È come un centro del mondo e il cuore spirituale delle sue più grandi fedi.

Per la prima volta in mille anni, il mondo guarderà a questa regione non come a un luogo di disordini e lotte, guerre e morte, ma come a una terra di opportunità e speranza.

Per la prima volta in mille anni, il mondo guarderà a questa regione non come a un luogo di tumulti e conflitti, guerre e morte, ma come a una terra di opportunità e speranza, proprio come avete fatto voi qui – un crocevia culturale e commerciale del pianeta. La sicurezza e la stabilità porteranno milioni di persone a vivere in condizioni di sicurezza e di successo, e le nazioni di questa regione saranno libere di realizzare i loro più alti destini, di onorare le loro orgogliose storie, di sfruttare nuove incredibili opportunità e di portare un’incredibile gloria a Dio Onnipotente.

Le persone verranno da tutto il mondo per essere ispirate dalle città che costruite, dalle imprese che create, dalle tecnologie che inventate e dalla bellezza, dal talento e dal potenziale che sprigionate nei cuori dei vostri cittadini. Ognuno di voi potrà essere estremamente orgoglioso dell’eredità che lascerà ai propri figli, perché avrà dato loro la benedizione definitiva della prosperità e della pace. È così importante.

Negli Stati Uniti abbiamo inaugurato l’età dell’oro dell’America. È l’età dell’oro. La vediamo. Lo vediamo con tutti quei soldi, trilioni e trilioni di dollari in entrata, centinaia di migliaia di posti di lavoro in arrivo. E con l’aiuto dei popoli del Medio Oriente e delle persone presenti in questa sala, partner in tutta la regione, l’età dell’oro del Medio Oriente può procedere proprio accanto a noi.

Lavoreremo insieme, saremo insieme, avremo successo insieme, vinceremo insieme e saremo sempre amici. Grazie.

Quindi, Mohammed, voglio ringraziarti ancora una volta per avermi invitato. Come rappresentante di quella che ritengo sia la più grande nazione del mondo, siamo con te per tutto il percorso e hai un futuro straordinario.

La ringrazio molto e la prego di porgere i miei omaggi a suo padre. Grazie mille. Grazie a voi.

Trump e Bin Selman, il mondo a rovescio

Un intervento che va certamente interpretato con giudizio e cautela. I vecchi stereotipi interpretativi necessari a dividere il mondo in buoni e cattivi, di sicuro non servono più. Giuseppe Germinario

“È fondamentale che il mondo intero sappia che questa grande trasformazione non è avvenuta grazie agli interventisti occidentali o a persone che volano su bellissimi aerei per darvi lezioni su come vivere e come governare i vostri affari”.

“Alla fine, i cosiddetti costruttori di nazioni hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite e gli interventisti sono intervenuti in società complesse che non comprendevano nemmeno loro stessi”.

No, le scintillanti meraviglie di Riyadh e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti “costruttori di nazioni”, dai neocon o da organizzazioni no-profit liberali come quelle che hanno speso trilioni e trilioni di dollari per non sviluppare Baghdad e tante altre città”.

“Invece, la nascita di un Medio Oriente moderno è stata portata avanti dagli stessi abitanti della regione, le persone che sono proprio qui, le persone che hanno vissuto qui per tutta la vita, sviluppando i vostri Paesi sovrani, perseguendo le vostre visioni uniche e tracciando i vostri destini a modo vostro”.

“Vi hanno detto come fare, ma non avevano idea di come farlo loro stessi. La pace, la prosperità e il progresso alla fine non sono venuti da un rifiuto radicale della vostra eredità, ma piuttosto dall’abbracciare le vostre tradizioni nazionali e da quella stessa eredità che amate così tanto”.

“Avete realizzato un miracolo moderno alla maniera araba”.

Per la traduzione andare su impostazioni, sottotitoli, traduzione, italiano

Trattativa Iran Usa , Netanyau rimane fuori_Con Roberto Iannuzzi e Antonello Sacchetti

Geopolitica su Italia e il Mondo: Trattativa Iran Usa , Netanyau rimane fuori incassando l’ennesima esclusione Steve Witkoff si dimostra un asso nella manica della nuova amministrazione Trump. Guarda ora! Su *Italia e il Mondo*, Cesare Semovigo e Giuseppe Germinario ospitano Roberto Iannuzzi e Antonello Sacchetti, maestri di Medio Oriente e Iran, per un’analisi think tank che svela gli intrighi geopolitici del 2025. Scopri di più nella playlist *Medio Oriente: Iannuzzi e Sacchetti*! Parleremo dell’inviato speciale Usa Steve Witkoff e della brillante operazione strategica Iraniana.

Roberto Iannuzzi “Intelligence for People” Antonello Sacchetti @www.diruz.it ” Guarda ora! ” Seguici Metti Like e ricordati di selezionare la campanella , entra nel nostro Team !

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Speculazioni sul vertice in Arabia Saudita, di George Friedman

Speculazioni sul vertice in Arabia Saudita

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Geopolitical Futures è una società di previsioni. Ma prima di fare previsioni, analizziamo. E prima di analizzare, speculiamo. Raramente pubblichiamo le nostre speculazioni, perché in ultima analisi si tratta di pensieri errati che cercano di dare un senso al caos. Peggio ancora, spesso sono sbagliate. Ma mentre il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente russo Vladimir Putin si preparano a incontrarsi in Arabia Saudita, ho pensato che valesse la pena fare delle ipotesi, soprattutto perché di recente abbiamo previsto che l’ordine mondiale si sta ristrutturando. Come sempre, valgono le normali avvertenze.

Non riesco a capire il ripetuto desiderio di Trump di occupare Gaza. Trump sa che occupare Gaza sarebbe impossibile senza una presenza militare, e sa che un flusso di vittime che tornasse negli Stati Uniti, dove potrebbe attecchire un nuovo ciclo di militarismo islamista, minerebbe completamente la sua presidenza. Per questo motivo, inizialmente ho considerato le dichiarazioni su Gaza come un bluff a basso costo.

È logico che Trump e Putin vogliano parlare e probabilmente muoversi verso un accordo bilaterale sull’Ucraina. È insolito che abbiano deciso di escludere dai colloqui i leader europei, compreso il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, soprattutto perché Trump ha a lungo caratterizzato la guerra in Ucraina come una guerra europea. Forse Trump pensa che la partecipazione europea sarebbe un invito de facto per l’Europa a partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina. Forse crede che portare l’Europa al tavolo, con tutti i suoi punti di vista e interessi divergenti, farebbe fallire i negoziati. Forse intende segnalare l’intenzione di ridefinire le relazioni con la Russia o con l’Europa. (E forse hanno voluto escludere Zelenskyy perché sapevano che non avrebbe accettato nulla di quanto discusso. Inoltre, è possibile che i temi discussi tra Trump e Putin durante l’incontro siano più numerosi dell’Ucraina.

In particolare, la Francia ha convocato un vertice di alcune nazioni europee per discutere della questione. Il che ha senso: L’Europa era sicura e prospera durante e dopo la Guerra Fredda, ma quella sicurezza e quella prosperità hanno cominciato a sfilacciarsi. Una riconciliazione di qualsiasi tipo tra Stati Uniti e Russia elimina quella che era l’ancora dell’Europa. Lo stallo in Ucraina, la mancata vittoria della Russia e le risposte limitate di Stati Uniti ed Europa hanno segnato la fine dell’era post-Guerra Fredda. La Russia non è riuscita a sopraffare in pochi giorni o settimane un Paese più piccolo e più debole, come avrebbe fatto la vecchia Russia. La Russia deve ridefinire la propria strategia nazionale sulla base di questa realtà. Ciò comporta per gli Stati Uniti la necessità di ridefinire la propria strategia. Le relazioni sono ora costrette a cambiare.

Il mio ragionamento potrebbe essere sbagliato, ma almeno in parte sembra plausibile. Ciò che sorprende è il luogo dei colloqui. Putin e Trump non potrebbero incontrarsi a Mosca o a Washington, perché nessuno dei due potrebbe visitare l’altro senza apparire debole. Ma ci sono molti altri posti che potrebbero scegliere, tra cui l’Ungheria, il cui primo ministro, Victor Orban, ha ottimi rapporti sia con Trump che con Putin. A meno che non vogliano solo andare in un posto caldo, è difficile capire perché dovrebbe essere l’Arabia Saudita. È importante notare che il segretario di Stato, il consigliere per la sicurezza nazionale e l’inviato per il Medio Oriente di Trump terranno incontri paralleli con le loro controparti russe. Questo incontro preliminare probabilmente sfocerà in un piano comune, già abbozzato, che il vertice ufficiale Trump-Putin servirà a benedire.

Questo ci riporta alla misteriosa enfasi che Trump ha posto su Gaza, parlando dell’idea impossibile che gli Stati Uniti prendano possesso di quella che è essenzialmente una trappola mortale. Ci sono tre questioni sul tavolo. La prima è l’Ucraina. Il secondo è il conflitto arabo-israeliano. Il terzo e più importante è la ricerca di un accordo con la Russia, non solo in Ucraina ma anche a livello globale. Alla fine, il significato della guerra in Ucraina non è stato tragicamente l’Ucraina. È stata una misura della potenza russa e della riluttanza degli Stati Uniti e dell’Europa a fare di più che dare aiuti. Quello che sarebbe stato uno stallo nucleare durante la Guerra Fredda non si è mai avvicinato a un’escalation di quel livello per questo motivo. L’interesse di nessuno per l’Ucraina è salito così in alto. La rivalità tra Mosca e Washington si è manifestata innumerevoli volte in Medio Oriente e i sauditi, che non sono mai stati più che riluttanti sponsor dei palestinesi, hanno diffuso i loro scontri e spesso hanno messo una parte contro l’altra.

Se l’Arabia Saudita ha una coalizione che comprende gli Stati Uniti e/o la Russia, il suo dominio economico della regione diventa un dominio strategico. Riyadh sarebbe in grado di contenere la guerra arabo-israeliana e altri conflitti regionali. La minaccia di un confronto tra Stati Uniti e Russia nella regione più instabile del mondo si attenuerebbe e ciascuno sarebbe libero di stringere una relazione economica che, tra l’altro, emargina e minaccia potenzialmente l’unità europea.

Mi sembra che questa sia l’unica spiegazione coerente degli eventi recenti. Naturalmente, ciò presuppone che gli eventi recenti siano coerenti o che la coerenza sia un segno di accuratezza. Ma per il momento, credo a ogni parola, poiché è coerente con la nostra visione di un mondo che si sta ridisegnando. Credo che Trump veda la possibilità di un’alleanza con la Russia, che Putin accoglierebbe con favore. Con il loro sostegno congiunto, la pace nella regione diventa una possibilità plausibile, considerando i vantaggi economici per tre grandi produttori di petrolio, ognuno dei quali non ha conflitti materiali.

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L’Arabia Saudita abbandonerà gli Stati Uniti?_di Paul Fernandez-Mateo

L’Arabia Saudita abbandonerà gli Stati Uniti?

Per diversi decenni, il posizionamento geopolitico dell’Arabia Saudita non è mai stato in dubbio: il regno è un alleato di lunga data degli Stati Uniti e, per estensione, dell’Occidente. Ma negli ultimi anni la diplomazia saudita ha subito una serie di sconvolgimenti e sembra stia valutando possibili alternative strategiche a questa “relazione privilegiata”.

pubblicato il 05/01/2025 di Paul Fernandez-Mateo

Dal 1951 e dall’entrata in vigore dell’accordo di mutua assistenza tra i due Stati, l’Arabia Saudita si è praticamente sempre allineata alla linea stabilita da Washington. L’alleanza può sembrare innaturale, date le radicali differenze tra le società e i valori americani e sauditi, nel 1951 come oggi. Tuttavia, si spiega facilmente con considerazioni geostrategiche: l’Arabia Saudita è uno dei principali produttori di petrolio al mondo, con riserve tra le più grandi al mondo. Inoltre, la maggior parte del petrolio saudita è molto facile da estrarre, il che significa costi di produzione molto bassi.

Le origini dell’alleanza risalgono agli anni Quaranta. Già allora il potenziale del Golfo Persico in termini di produzione di petrolio era ben individuato, anche se lo sfruttamento era ancora agli inizi. All’epoca, la produzione mondiale di petrolio era largamente dominata dagli Stati Uniti. Stringendo un’alleanza con l’Arabia Saudita, destinata a diventare un importante Paese esportatore di petrolio data la sua scarsa popolazione, gli Stati Uniti si assicurarono il controllo dell’approvvigionamento petrolifero mondiale. I termini dell’alleanza sono ben noti: in cambio della protezione del regno da parte degli Stati Uniti, questi ultimi garantiscono una fornitura stabile di petrolio all’economia globale, il sostegno incondizionato alla politica estera statunitense e, non da ultimo, il diritto di vendere il proprio petrolio esclusivamente in dollari.

Per molto tempo, i due Stati sono rimasti sufficientemente legati ai benefici di questa alleanza per non soffermarsi sulle numerose aree di tensione che hanno afflitto le loro relazioni. Gli Stati Uniti hanno a lungo chiuso un occhio sulle innumerevoli violazioni dei diritti umani che avvengono nel regno e sul sostegno saudita al terrorismo internazionale. In cambio, le autorità saudite hanno dovuto accettare, come meglio potevano, di collaborare con Israele e, più in generale, di comportarsi come fedeli alleati di un Occidente con cui non hanno praticamente nulla in comune.

Una prima erosione delle relazioni con l’Occidente

Ma questa scomoda alleanza sembra aver preso una brutta piega. Da una prospettiva occidentale, in particolare, il calpestamento senza ritegno dei diritti umani da parte di Riyadh è finalmente diventato troppo evidente per essere ignorato come in passato. L’omicidio premeditato di Jamal Khashoggi, avvenuto in Turchia nell’ottobre 2018, ha rappresentato una svolta particolarmente evidente in questo senso.

L’omicidio del giornalista, avvenuto in territorio straniero e nei locali di un’ambasciata saudita, ha suscitato un clamore internazionale. Le relazioni tra Turchia e Arabia Saudita, già tese, si deteriorarono notevolmente e in Occidente si scatenò un vero e proprio putiferio. La posizione degli Stati Uniti, allora guidati da Donald Trump, è diventata molto scomoda; mentre Trump si rifiutava di puntare il dito contro l’Arabia Saudita, le relazioni tra i due Paesi si sono fatte tese. Sanzioni sono state addirittura messe in atto nei confronti di persone vicine al principe ereditario saudita, Mohammed ben Salmane.

Sebbene solo dopo l’insediamento di Joe Biden nel 2021 gli Stati Uniti abbiano ufficialmente denunciato Mohammed ben Salmane come responsabile dell’assassinio, il suo coinvolgimento non era in dubbio e era stato puntato il dito contro di lui fin dalla morte di Khashoggi. “MBS “, pur non essendo ancora re, è comunque il vero potere del regno, in modo ancora più esplicito da quando è diventato primo ministro nel 2022 – una posizione tradizionalmente ricoperta dal re.

Ma dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 e l’istituzione di sanzioni contro la Russia da parte dei Paesi occidentali, le risorse saudite di idrocarburi sono diventate immediatamente molto più cruciali per loro. In una straordinaria dimostrazione di cinismo (o di realpolitik, a seconda dei punti di vista), la presa di distanza dell’Occidente dall’Arabia Saudita è immediatamente terminata. La distensione ha assunto la forma di una tacita riabilitazione di Mohammed ben Salmane, che è tornato a essere un interlocutore chiave, ben accolto nelle capitali occidentali.

Resta da vedere, tuttavia, se la distensione sarà ricambiata. A parte la questione della possibile sfiducia saudita nei confronti di un Occidente che si è così rapidamente rivoltato contro di loro, l’Arabia Saudita del 2022 non è necessariamente la stessa del 2018. Sia a livello globale che regionale, nuove questioni stanno concentrando l’attenzione del regno.

La leadership saudita nella penisola arabica messa in discussione

L’Arabia Saudita gode da tempo di una certa preminenza tra i suoi vicini. In particolare, la sua diplomazia ha tradizionalmente dominato il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo, o CCG, un’organizzazione internazionale regionale fondata nel 1981 e incentrata sulla penisola arabica. Oltre all’Arabia Saudita, fanno parte del CCG il Kuwait, il Qatar, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman, ovvero tutti gli Stati della penisola arabica con la notevole eccezione dello Yemen.

La cooperazione tra gli Stati membri del CCG è principalmente militare e in questo settore, grazie ai suoi legami con gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita è stata a lungo senza concorrenza. In questo senso, il CCG è tradizionalmente una leva di influenza per gli Stati Uniti nella regione: tutti i membri del CCG hanno partecipato alla Guerra del Golfo nel 1991.

L’assenza dello Yemen dal CCG non è casuale. Per molti aspetti, lo Yemen è molto diverso dagli altri Stati della Penisola Arabica. Paese molto povero, non è una petromonarchia e, a differenza degli altri membri del CCG, sostenuti artificialmente dall’immigrazione, lo Yemen sta vivendo un’esplosione demografica che lo rende lo Stato più popoloso della penisola con 40 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali molto giovani. Infine, ma non meno importante, mentre le società degli Stati membri del CCG sono in gran parte pacifiche, con una repressione molto efficace, lo Yemen è in preda a una guerra civile dal 2014.

L’insediamento nello Yemen e i successi militari di gruppi ribelli molto ostili all’Arabia Saudita, primo fra tutti l’ormai famigerato Houthis, hanno motivato il CCG a intervenire nel conflitto. L’intervento si è rivelato un disastro: non solo gli Houthi non sono stati sconfitti, permettendo addirittura di colpire lo stesso territorio saudita, ma l’unità del CCG è stata erosa. Gli Emirati Arabi Uniti, e soprattutto il Qatar, hanno preso le distanze dalla posizione saudita sul conflitto, affermando al contempo una certa nuova indipendenza diplomatica da Riyad. Mentre le relazioni tra Arabia Saudita e Qatar, un tempo gravemente compromesse, sono tornate a essere relativamente cordiali, la parola di Riyadh non è più incontrastata in quella che un tempo era la sua riserva.

Peggio ancora, non potendo sconfiggere militarmente gli Houthi, l’Arabia Saudita si trova nella scomoda posizione di dover negoziare la pace con loro. Eppure gli Houthi sono in una posizione più forte che mai: né l’intervento saudita dal 2015, né quello anglo-americano dal 2023, sono sembrati diminuire le loro capacità operative e, nonostante la loro fede sciita, godono di un crescente sostegno da parte della strada araba. Sono uno dei pochi attori del mondo arabo ad agire attivamente contro Israele, nel contesto dei massacri dell’IDF nella Striscia di Gaza.

Fin dall’inizio del conflitto in Yemen, gli Houthi hanno sempre definito le loro azioni come dirette specificamente contro l’Arabia Saudita. Per Riyadh sarà difficile immaginare una via d’uscita realistica dalla crisi senza lasciare mano libera agli Houthi nel Paese, il che significherà dover fare i conti con un nuovo vicino radicalmente contrario agli attuali orientamenti strategici sauditi.

Normalizzazione con Israele in stallo

Il conflitto israelo-palestinese non è solo il lancio di missili da parte degli Houthi verso Israele a creare problemi all’Arabia Saudita. Il problema non è nuovo: Israele e Arabia Saudita sono entrambi alleati degli Stati Uniti. Di conseguenza, l’Arabia Saudita è costantemente costretta a mantenere una posizione di neutralità, o addirittura di cooperazione, nei confronti di Israele, anche se, come nel resto del mondo arabo, la sua popolazione è estremamente ostile a Israele a causa della situazione in Palestina.

Anche in uno Stato con un apparato repressivo efficace come l’Arabia Saudita, un tale divario tra le aspettative della strada e le richieste della diplomazia può essere difficile da gestire. Fino al 2023, Mohammed ben Salmane aveva guidato i principali sforzi per normalizzare le relazioni tra Tel Aviv e Riyad. Questi sforzi, condivisi da alcuni membri del CCG, hanno avuto un certo successo. Ad esempio, Israele si era rifiutato di condannare ” MBS ” per l’omicidio di Jamal Khashoggi, preferendo insistere sull’importanza di mantenere la stabilità dell’Arabia Saudita. Nel settembre 2023 si è svolta la prima visita ufficiale di un ministro israeliano in territorio saudita.

Dopo il 7 ottobre 2023, tuttavia, questi sforzi di normalizzazione sono stati immediatamente vanificati. L’estrema violenza della risposta israeliana, prima a Gaza e poi in Libano, ha provocato una condanna unanime da parte del mondo arabo, dalla quale l’Arabia Saudita non ha potuto dissociarsi. La questione della Palestina, semidimenticata dalla comunità internazionale prima del 7 ottobre, è tornata a essere un tema ineludibile.

L’Arabia Saudita non ha avuto altra scelta che riconoscere il fallimento del suo tentativo di riavvicinamento a Israele. Sebbene la posizione ufficiale saudita rivendichi ancora l’interesse a normalizzare le relazioni con lo Stato ebraico, questo è ora esplicitamente condizionato al riconoscimento di uno Stato palestinese – cosa che Israele, nell’attuale stato della sua politica interna, non è assolutamente in grado di accettare.

La tentazione di unirsi all’asse Cina-Russia-Iran

Ancora più problematico per Riyad, gli unici attori non palestinesi che hanno deciso di intervenire nel conflitto a suo sostegno sono stati gli Houthi, Hezbollah e l’Iran, un insieme di entità diametralmente opposte ai suoi obiettivi di leadership in Medio Oriente grazie alla sua collaborazione con gli Stati Uniti. Laddove persiste l’inazione degli Stati arabi allineati a Washington, ” l’Asse della Resistenza ” guidato dall’Iran sta guadagnando credibilità e popolarità in tutto il mondo musulmano.

Una famosa espressione statunitense, la cui origine precisa rimane sconosciuta, ma che sembra risalire ai primi anni del XXe secolo, è ” se non puoi batterli, unisciti a loro “. L’importanza strategica dell’Arabia Saudita non è destinata a scomparire: le sue riserve petrolifere sono ancora oggi tra le più grandi al mondo, con il solo Venezuela che possiede riserve paragonabili, ma molto più costose da sfruttare. Pertanto, rimarrà un importante attore geopolitico in Medio Oriente e oltre per molto tempo ancora. E se la sua alleanza con l’Occidente non le consentirà di raggiungere i suoi obiettivi strategici, di assicurarsi una posizione dominante nel mondo arabo, allora forse sarà meglio cercare nuovi collaboratori disposti a offrirle questo ruolo, anche tra i suoi attuali avversari.

È un’idea audace, ma che assilla la diplomazia saudita. L’influenza americana in Medio Oriente è in netto declino. Lo dimostra la rapidità del ritorno al potere dei Talebani dopo il pietoso ritiro dall’Afghanistan nel 2021. Lo stesso vale per gli insolenti successi degli Houthi, i cui missili e droni tengono ancora a bada l’onnipotente Marina statunitense, incapace di garantire la sicurezza del traffico marittimo nel Mar Rosso. Il protettore americano ora abbaia più di quanto morda. Riyadh sembra trarre le dovute conclusioni.

Già nel 2022, l’Arabia Saudita si è rifiutata di schierarsi apertamente con l’Occidente per isolare la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Al contrario, la cooperazione russo-saudita si è notevolmente rafforzata, soprattutto in termini di coordinamento delle forniture globali di idrocarburi attraverso l’OPEC+. Sfidando decenni di esclusività del dollaro nel commercio del petrolio, il regno sta ora prendendo in considerazione la possibilità di vendere il suo petrolio anche contro altre valute, tra cui lo yuan cinese.

L’Arabia Saudita, insieme agli Emirati Arabi Uniti, all’Egitto e soprattutto all’Iran, è stata persino formalmente invitata a far parte dei BRICS+. Anche se, a differenza degli ultimi tre, non ha ancora accettato ufficialmente la sua adesione allo status di membro, basterebbe una semplice dichiarazione per rendere ufficiale il suo ingresso nel gruppo. Sebbene gli interessi degli Stati membri dei BRICS+ rimangano divergenti su un gran numero di questioni, sono relativamente unanimi nel preferire un ordine mondiale multipolare, una preferenza che non si concilia con le tradizionali ambizioni egemoniche americane.

È chiaro che l’Arabia Saudita vuole lasciarsi il maggior numero di opzioni possibili per il futuro. Riyadh si è persino spinta a normalizzare le relazioni con l’Iran, suo storico rivale regionale, nel 2023. La portata di questa relativa distensione, orchestrata sotto l’egida della Cina e non degli Stati Uniti, tra due Stati da tempo impegnati in un’opposizione frontale, rimane incerta. Ma il solo fatto che l’Arabia Saudita possa prenderla in considerazione la dice lunga sui dubbi del regno riguardo alla sua alleanza con l’Occidente.

Al momento è ancora troppo presto per dire da che parte penderà l’equilibrio: il regno rimarrà nella sfera occidentale o abbandonerà l’alleanza con gli Stati Uniti? Una cosa è certa: l’Arabia Saudita non punta più tutto sullo stesso cavallo.

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Il petrodollaro è morto? Le voci si susseguono mentre le potenze monetarie puntano tutto sull’ultimo colpo di scena, di SIMPLICIUS

Si stanno verificando sviluppi davvero interessanti per quanto riguarda la situazione bancaria e finanziaria in Russia e nel mondo.

In primo luogo, per preparare il terreno: si dice che l’Arabia Saudita abbia rifiutato di rinnovare il suo presunto “accordo petrodollaro di 50 anni”, firmato – di nuovo, presumibilmente – il 9 giugno 1974.

Il problema è che non esiste una fonte valida che riporti questa notizia: se si risale alle sue origini, essa proviene da un gruppo di falsi siti web oscuri, come i vecchi Sorcha Faal whatdoesitmean dot com.

Certo, alcuni siti abbastanza legittimi come Gateway Pundit lo stanno riportando, ma si limitano a fare l’eco della storia senza una fonte valida. Quindi, purtroppo, questa storia sembra essere per lo più falsa. Tuttavia, credo che si tratti principalmente di una rielaborazione di eventi reali che hanno già avuto luogo. Non sembra esserci una scadenza precisa di 50 anni che è scaduta pochi giorni fa, ma piuttosto l’Arabia Saudita ha già segnalato che l’accordo è di fatto nullo nel corso degli ultimi anni. .

Ma il motivo per cui la storia è estremamente rilevante in entrambi i casi, nonostante sia una formulazione un po’ fasulla di eventi reali in corso, è dovuto agli altri enormi sviluppi che si stanno verificando in questo momento, e al modo in cui il petrodollaro saudita gioca criticamente in tutto questo. .

Ora la grande storia ruota attorno alla riunione del G7 e all’improvviso nuovo pacchetto di sanzioni imposte ai mercati azionari russi con l’intento di farli crollare:

Una nuova serie di sanzioni statunitensi contro il Moscow Exchange (MOEX), il National Clearing Centre e il National Settlement Depository della Russia minerà ulteriormente il ruolo del dollaro.

Invece, la Russia ha messo completamente fuori gioco il dollaro e l’euro e sembra che si stia preparando una grande tempesta sui mercati finanziari globali.

Sulla scia della mossa del Tesoro statunitense, la Banca centrale russa ha annunciato la sospensione delle operazioni di cambio e di regolamento degli strumenti consegnabili in dollari ed euro, aggiungendo che tali operazioni sarebbero proseguite “over-the-counter (OTC)”, ossia direttamente tra le banche russe e i loro clienti. La banca ha chiarito ai russi che i loro depositi in valuta estera rimangono sicuri nonostante le sanzioni.

Insieme al fatto che in questo momento chiave i partecipanti al G7 hanno deciso di iniziare a utilizzare i fondi sovrani rubati dalla Russia per darli all’Ucraina. Ma, innanzitutto, c’è una fregatura: non stanno usando i fondi in sé, ma piuttosto gli “interessi maturati” dalla detenzione di quei fondi, che per ora ammontano a 50 miliardi di dollari. Inoltre, a quanto pare, il denaro è costituito per lo più da prestiti, per i quali i fondi sono utilizzati come garanzia.

Ursula ha annunciato con orgoglio il furto di fondi sovrani:

Secondo alti funzionari dell’amministrazione Biden, il prestito diventerà attivo entro la fine dell’anno e farà pagare la Russia contro i contribuenti statunitensi e i Paesi del G7.

“La Russia paga”, ha detto un funzionario. “Le entrate derivano dal flusso di interessi sui beni immobilizzati, e questo è l’unico modo giusto per essere ripagati. Il principio è intatto per ora. Ma abbiamo la possibilità di sequestrare il capitale in un secondo momento, se c’è la volontà politica”.

Come si può vedere, non stanno toccando il principio, ma piuttosto creando uno strumento di prestito; il classico trucco del mestiere della schifosa cabala dell’usura.

Ma anche questo sforzo sta già incontrando ostacoli:

Qui la situazione si fa interessante. Come ho detto, la Russia si è immediatamente vendicata ritirando l’euro e il dollaro, con una serie di ripercussioni. In primo luogo, il Rublo per ora è salito drammaticamente a 87 contro il dollaro. Poi, la Russia ha annunciato un’altra iniziativa a favore dello Yuan per sostituire completamente il dollaro:

Ecco il lungo ma dettagliatissimo riassunto di un analista:

La Banca di Russia e la Borsa di Mosca si stanno preparando alle sanzioni dal marzo 2022, i protocolli di risposta sono stati formalizzati nel settembre 22, implementati nell’ottobre 22 e adattati per tutto il 2023. Le revisioni sono in corso dal 2024, quindi non ci sono sorprese e tutto dovrebbe svolgersi in modo relativamente indolore.

Il principale adattamento ha riguardato la creazione di conti di corrispondenza con le banche cinesi, la realizzazione di infrastrutture per la negoziazione dello yuan e l’espansione del mercato over-the-counter.

La quota dello yuan a maggio ha raggiunto un altro massimo storico nella struttura del mercato dei cambi, raggiungendo il 53,6% rispetto all’1% di inizio 2022. Oltre il 99% del volume di scambi è occupato da yuan, dollaro ed euro.

La quota del mercato over-the-counter sul volume totale delle contrattazioni in valuta estera è stata del 58,1% a maggio (ad aprile – 56,4%). Nel mercato over-the-counter, la quota dello yuan è salita al 39,2%.

Non ci sarà una paralisi del mercato dei cambi, perché il fatturato si sposterà nel circuito ombra del mercato over-the-counter – la trasparenza diminuirà, gli spread si allargheranno, le commissioni aumenteranno e la liquidità peggiorerà. Non c’è nulla di buono e non c’è un solo aspetto positivo, ma dal punto di vista della sopravvivenza del sistema, i rischi fondamentali sono coperti.

Nel breve termine, il panico potrebbe aumentare la domanda di dollari ed euro, ma nel medio termine la domanda probabilmente diminuirà.

La parte più significativa dell’analisi:

Nel 1T24, le esportazioni in valuta dei Paesi non amici hanno rappresentato il 21,5% rispetto all’86% all’inizio del 2022, e le importazioni il 27,8% rispetto al 66% all’inizio del 2022. Nei prossimi 6 mesi, la domanda di valute di Paesi non amici nelle attività di commercio estero potrebbe diminuire ulteriormente, ma non azzerarsi, perché la posizione di principio di molte controparti è quella di regolare esclusivamente in “valuta forte”.

Quindi l’utilizzo di valute non amichevoli è già crollato dall’86% al 21,5% dal 2022, e ora crollerà ulteriormente con le ultime azioni.

Ma prima di passare agli sviluppi convergenti, i rischi a breve e medio termine sono reali:

Quali conseguenze possono derivare dalla cessazione del commercio di dollari ed euro in Russia?

Il rischio di un crollo delle esportazioni e delle importazioni aumenterà del 10-25% nei prossimi sei mesi a causa dell’incapacità di pagare le transazioni commerciali con l’estero in dollari ed euro, che potrebbe portare a una carenza di importazioni critiche, rallentando l’attività di investimento. I ricavi delle esportazioni potrebbero diminuire. Scenario dell’Iran nei primi anni dopo le dure sanzioni.

Una carenza di importazioni può esacerbare i processi inflazionistici all’interno della Federazione Russa a causa di un eccesso di massa monetaria in rubli e dell’assenza di punti di distribuzione della massa monetaria.

In teoria, i regolamenti dei contratti commerciali con l’estero possono essere effettuati al di fuori della Borsa di Mosca attraverso vari meccanismi del mercato over-the-counter, ma tutto dipende dalle specifiche dei contratti. Le grandi controparti eviteranno tali schemi.

Non c’è intesa sul funzionamento del Fondo nazionale di previdenza, sulla regola fiscale e sui meccanismi di intervento sui cambi – siamo in attesa di chiarimenti da parte della Banca di Russia.

Esiste il rischio di un degrado delle transazioni in valuta estera con la Cina a causa del timore di sanzioni secondarie. C’è una probabilità non nulla che le grandi banche cinesi evitino qualsiasi interazione con la Borsa di Mosca, la NCC e la NSD, avendo esperienza di una partecipazione limitata all’integrazione valutaria in assenza di sanzioni. È probabile che nelle singole banche cinesi di piccole dimensioni vengano assegnati uffici di rappresentanza speciali per le comunicazioni finanziarie con la Russia.

Gli Stati Uniti stanno rafforzando il controllo extraterritoriale sul rispetto delle sanzioni, che include le controparti dei Paesi della CSI, degli Emirati Arabi Uniti, della Turchia e di Hong Kong, che, a differenza della Cina, rispettano il regime di sanzioni con maggiore attenzione.

C’è il rischio di instaurare una dittatura da parte della Cina, in quanto unica controparte attraverso la quale la Russia avrà contatti con il mondo esterno, che limiterà la sovranità della Russia nel quadro della determinazione del commercio estero e dell’attività economica estera. Una tale disposizione impone restrizioni alle operazioni commerciali e di investimento della Russia nel mondo esterno, quando quasi tutte le transazioni esterne possono avvenire con l’approvazione diretta di funzionari cinesi.

I costi di cambio aumenteranno e i tempi delle transazioni si allungheranno, il che si ripercuoterà direttamente su ritardi significativi nelle consegne e nei pagamenti (accumulo di crediti nei confronti delle controparti russe).

La carenza di dollari ed euro può influire sulla capacità di adempiere agli obblighi esterni nei confronti di creditori e investitori, che sono poco meno che completamente denominati nelle valute di Paesi non amici (debito estero). Sebbene il debito estero sia diminuito di oltre il 40% dall’inizio del 2022 (353 -> 208 miliardi), questo fattore non può essere cancellato. Prima delle sanzioni, dollari ed euro erano difficili da trovare durante il giorno, e lo sono ancora di più adesso.

L’esperienza del blocco delle sanzioni su un grande Paese (l’Iran) non ha portato a nulla di buono: transazioni di baratto e scambio diretto di merci, schemi finanziari ombra e intermediari che aumentano i costi, contrabbando, ma l’uso delle criptovalute è in aumento. In ogni caso, le conseguenze sono evidenti: rallentamento del fatturato commerciale, contrabbando, aumento dei costi.

La crescita del commercio estero in valuta nazionale (rubli) è inevitabile, ma con le sue specificità – ci sono pochi soggetti disposti ad accettare rubli e in un volume limitato – i Paesi della CSI, la Cina, in parte l’India, l’Iran, alcuni Paesi dell’Africa e dell’America Latina (questi ultimi hanno un fatturato commerciale insignificante).

C’è il rischio che si crei un mercato dei cambi “a due livelli”: il tasso di cambio ufficiale e il tasso di cambio “nero”.

Il sistema di pagamento dei BRICS porterà sicuramente a un miglioramento quando sarà operativo.

Come si può vedere da quanto sopra, ci sono una serie di preoccupazioni a medio termine. Tuttavia, l’opportunità d’oro risiede nel fatto che ci troviamo in un grande punto di snodo della storia, la quarta svolta come la chiamano alcuni. La Russia ha la presidenza dei BRICS e si prevede che spingerà l’iniziativa per una moneta BRICS e una nuova riformulazione dell’intero sistema globale.

I ministri BRICS si sono riuniti a Nizhny Novgorod il 10 giugno e ha rilasciato i seguenti punti chiave per darci un assaggio di ciò che verrà, riassunto da Arnaud Bertrand:

  1. Riforma globale dell’ONU: Essi “sostengono una riforma globale delle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di Sicurezza” al fine di renderlo più democratico e “aumentare la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo tra i membri del Consiglio” .
  2. Riforma globale del sistema finanziario: “Riconoscono la necessità di una riforma globale dell’architettura finanziaria globale per rafforzare la voce dei Paesi in via di sviluppo e la loro rappresentanza nelle istituzioni finanziarie internazionali”. Hanno inoltre “sottolineato l’importanza di un maggiore uso delle valute locali nelle transazioni commerciali e finanziarie tra i Paesi BRICS”. .
  3. Condanna delle “misure coercitive unilaterali” e del protezionismo: Non hanno nominato gli Stati Uniti, ma questa sezione non lascia dubbi su chi si riferissero: “[I ministri] hanno espresso preoccupazione per l’uso di misure coercitive unilaterali, che sono incompatibili con i principi della Carta delle Nazioni Unite e producono effetti negativi sulla crescita economica, sul commercio, sull’energia, sulla salute e sulla sicurezza alimentare, in particolare nei Paesi in via di sviluppo”. Allo stesso modo si sono anche “opposti a misure protezionistiche unilaterali, che deliberatamente interrompono le catene di approvvigionamento e di produzione globali e distorcono la concorrenza”.

I numeri 1 e 2, in particolare, sono in linea con altri punti riguardanti la riforma dell’OMC e del G20 – che sarà presieduto dai Paesi BRICS da ora fino al 2025 – nonché l’attenzione all’uso delle valute nazionali:

I Ministri hanno sottolineato l’importanza di un maggiore utilizzo delle valute locali nelle transazioni commerciali e finanziarie tra i Paesi BRICS. Hanno ricordato il paragrafo 45 della Dichiarazione di Johannesburg II che incarica i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali dei Paesi BRICS di esaminare la questione delle valute locali, degli strumenti e delle piattaforme di pagamento e di riferire ai Leader dei BRICS.

In questo momento cruciale, quindi, l’attenzione si concentra sempre più sulla dedollarizzazione, proprio mentre il mondo è testimone della criminalità finanziaria e della condotta immorale dell'”Ordine basato sulle regole”. Questo avviene anche in un momento in cui decine di nuove nazioni chiedono di entrare a far parte dei BRICS e al 16° vertice dei BRICS, che si terrà a ottobre di quest’anno, si prevede che un’altra sfilza di Paesi sarà accettata come membro.

Come possiamo vedere, il BRICS sta attualmente tenendo la propria versione dei giochi olimpici in Russia – la più grande mai realizzata finora – parallelamente ai giochi estivi di Parigi che inizieranno a breve. A poco a poco, i BRICS stanno creando una visione alternativa più equa del mondo, in cui non esistono coercizione, cancellazione e furto di fondi sovrani. Il ritmo sta iniziando a salire rapidamente, e nel giro di pochi anni il modello occidentale potrebbe essere in grave difficoltà, mentre il mondo intero si affolla alla visione positiva offerta dall’ordine guidato da Cina e Russia.

Ora il FT riporta che a causa della precaria arma finanziaria dell’Occidente, i Paesi hanno tagliato i loro asset in euro del 5%:

La quota di valuta estera detenuta dall’euro a livello mondiale è diminuita lo scorso anno a causa dei timori che i piani di utilizzo dei beni russi congelati per finanziare l’Ucraina potessero erodere ulteriormente l’appeal della moneta unica europea.

In un rapporto pubblicato mercoledì, la Banca Centrale Europea ha dichiarato che l’anno scorso gli altri Paesi hanno ridotto le attività in euro delle loro riserve bancarie centrali di circa 100 miliardi di euro, con un calo di quasi il 5%. L’euro è sceso al minimo di tre anni del 20%, dal 25%. La sua quota di scambi commerciali è scesa dello 0,7%.

La BCE avverte che “armare” le valute non fa che renderle meno attraenti, mettendo in pericolo la capacità dell’UE di emettere debito a basso costo. I membri dell’UE detengono 13.800 miliardi di euro (14.700 miliardi di dollari). Mezzo punto percentuale (50 pb) equivale a quasi 70 miliardi di euro in più che i Paesi dell’UE spenderebbero in un anno per pagare gli interessi.

Ora, con una notizia bomba, il rappresentante della Camera Thomas Massie riferisce che Trump sta ventilando l’abolizione completa dell’imposta sul reddito se entrerà in carica:

Improvvisamente le vecchie teorie kook di Nesara/Gesara non sembrano più così assurde.

In breve, tutti gli eventi in corso si stanno preparando per potenzialmente provocare un enorme momento di cigno nero nel 2025, che potrebbe scuotere le fondamenta dell’intero sistema finanziario occidentale. Ed è qui che entra in gioco la situazione saudita: La KSA è ora membro a pieno titolo dei BRICS e in precedenza ha segnalato la disponibilità ad accettare lo yuan per le vendite di petrolio alla Cina, per cui sappiamo – almeno – che il suggerimento della scomparsa del petrodollaro non è una teoria cospirativa:.

La grande domanda non è dove andranno le cose, ma quanto velocemente: la loro traiettoria è quasi certa, resta solo da vedere quanto velocemente i Paesi vicini ai BRICS riusciranno a concordare i meccanismi e a raccogliere l’iniziativa per metterli in pratica. .

Per decenni l’idea di abbandonare il dollaro è sembrata ridicola, soprattutto per le nazioni più piccole e meno potenti che non hanno la stessa capacità di azione di una superpotenza come la Russia. Ma ora che la Russia sta mostrando loro la strada, facendo da pioniere e dimostrando che non c’è nulla di spaventoso nell’infrangere la barriera mentale della schiavitù coloniale imposta e dell’egemonia finanziaria, possiamo aspettarci che il resto del mondo segua rapidamente l’esempio della Russia; una volta infranto lo spettro, è come sfondare un pavimento di supporto psicologico o un tetto di resistenza nel mercato azionario, dopo di che le cose possono precipitare o salire con una velocità imprevedibile.

In sostanza, l’idea che viene trasmessa è che stiamo arrivando a un momento in cui sembra che tutti stiano raddoppiando, puntando tutto sulle loro carte vincenti e “mostrando la mano” nella guerra finanziaria parallela che infuria sotto la superficie di quella cinetica. La Russia non sta chiaramente implorando il perdono e ha invece raddoppiato l’accelerazione della dedollarizzazione. È solo una questione di tempo prima che le cose comincino a complicarsi per la parte che ha in mano le carte più scarne, o il cui bluff viene scoperto. Dato che i fondamentali di Russia e Cina sono eccellenti rispetto a quelli dell’Occidente – e in particolare degli Stati Uniti, con il loro scandaloso 126% di debito/PIL – per quanto riguarda la struttura del debito, la crescita economica, la disoccupazione, l’inflazione e tutte le altre metriche chiave, è chiaro chi sarà lasciato con i pantaloni abbassati nel prossimo futuro. Per non parlare del bagno di sangue a cui stiamo assistendo nella politica globale, con la parte controllata dallo Stato profondo che si sta nascondendo e che culminerà solo con la sconfitta dei Democratici alle presidenziali del 2024. In quasi tutti i modi possibili, il 2025 sarà un anno di svolta storica.

Come ultima grande sintesi dell’assoluta assurdità della follia terminale dell’Occidente in decadenza, mentre sovvertono disperatamente le norme più fondamentali del loro regime finanziario avvelenato nel modo più egregiamente illogico e insensato, mentre annegano nella tossicità auto-creata della loro follia criminale, da SwanEconomy su TG:

La truffa finanziaria del secolo è alle porte: l’UE è pronta a diventare la principale responsabile per volontà degli USA

Il mondo assisterà presto al più grande furto di denaro della storia. Davanti ai nostri occhi, il principale cliente (gli Stati Uniti) e l’esecutore (l’Unione Europea) stanno cercando di mascherare il più possibile il furto della parte “congelata” dei beni sovrani della Russia come una transazione legale.

Esiste già un consenso preliminare di tutti i membri del G7.

Cosa sta succedendo? Gli Stati Uniti intendono concedere un prestito di 50 miliardi di dollari al regime di Kiev. Il compito degli europei è quello di trasferire i beni “congelati” della Federazione Russa per un ammontare di circa 260 miliardi di dollari allo status di garanzia finanziaria (pegno) nell’ambito del prestito americano.

Non si può prendere sul serio il ragionamento secondo cui solo il reddito degli asset da 260 miliardi di dollari sarà usato per garantire il prestito degli Stati Uniti: l’ammontare della garanzia deve essere almeno pari all’entità del prestito. È ovvio che il reddito degli asset è molto inferiore a 50 miliardi di dollari.

Allo stesso tempo, Washington non intende trasferire denaro a Kiev. I soldi verranno dati al complesso militare-industriale americano per la produzione di armi.

In questo caso, gli europei dovranno assumersi il compito più sporco: si tratta essenzialmente di rubare i beni della Federazione Russa, per poi trasferirli negli Stati Uniti, ma nel quadro di uno schema presumibilmente “legale”. Tutti i rischi connessi, così come l’azione penale, come credono a Washington, riguarderanno solo gli europei, ma non gli americani.

Dopotutto, cosa vediamo dal punto di vista degli specialisti dei mercati finanziari? Gli Stati Uniti intendono concedere un prestito a un Paese il cui rating del debito sovrano è inferiore allo zoccolo. Cioè, stanno consapevolmente concedendo un prestito a un debitore che non lo restituirà. Si tratta di una follia o di una sorta di truffa per il riciclaggio di denaro.

Tuttavia, i tempi di garanzia più elevati dovrebbero, dal punto di vista di Washington, rendere tale prestito come se non fosse discutibile. Ma perché ciò avvenga, le autorità statunitensi hanno bisogno che gli europei cambino lo status dei beni “congelati” della Russia in quello di garanzia.

In una situazione in cui la capacità di credito del Paese è in crisi, nessuno, a meno che non si tratti di un piano criminale, concederà un prestito solo a fronte di un “reddito da attività” se non c’è alcuna garanzia che il creditore possa ottenere le attività nel caso in cui il debitore non riesca a rimborsare il prestito.

Il mondo ricorda molto bene che dopo il 2014 le autorità ucraine non hanno concesso alla Russia un prestito sovrano di 3 miliardi di dollari con interessi. Naturalmente, Kiev lo ha poi fatto per decisione di Washington per mano della Corte Suprema del Regno Unito. Ma quando i debiti devono essere restituiti a Washington, ecco che le “regole” sono diverse, o meglio, gli accordi con i banditi.

Ora le ancelle delle autorità statunitensi in Europa devono “trascinare” i beni dalla Russia al “punto” legale necessario, dal quale saranno messi in tasca alle autorità statunitensi.

I politici europei si rendono ridicoli, perché la decisione per la stessa Euroclear belga, dove si trova la maggior quantità di denaro russo, non viene presa nemmeno dalle autorità belghe, né dalla leadership dell’UE.

La decisione è presa dal G7, che non comprende il Belgio e non ha il diritto di decidere su questioni che riguardano la reputazione dell’intera UE. Gli Stati Uniti continuano a umiliare i loro vassalli, ma li stanno già portando al limite, scontentando ulteriormente gli europei. E l’inizio del cambiamento politico sta sorgendo in Europa.

Pensa che gli Stati Uniti e l’Unione Europea perderanno la fiducia dell’intero mondo non occidentale dopo la truffa?

In breve: gli Stati Uniti vogliono che l’Europa si assuma tutti i rischi e le responsabilità in proporzione alla quantità di fondi sovrani russi che detengono, mentre questi vengono utilizzati come garanzia per trasferire il prestito agli appaltatori della difesa statunitensi, che si arricchiranno per conto degli europei impoveriti – che bel piano:

Non posso tralasciare il colpo più forte di tutta l’occasione. Da parte di Dmitry Medvedev, una delle sue invettive più truculente e spumeggianti:

🇷🇺💬Dmitry Medvedev:

“Ecco le nuove sanzioni americane. Presto ce ne saranno di nuove europee. Dobbiamo rispondere a queste sanzioni? Sembra di no, il loro numero si misura già in decine di migliaia. Abbiamo imparato a convivere e a svilupparci con esse.

D’altra parte, è necessario. Non solo per le autorità, per lo Stato, ma per tutto il nostro popolo in generale. Per tutti coloro che amano la nostra Madrepatria – la Russia. Dopo tutto, loro – gli Stati Uniti e i loro maledetti alleati – ci hanno dichiarato guerra senza regole!

Come reagire? Ne ho già parlato una volta, ma vale la pena ripeterlo.

Ogni giorno dobbiamo cercare di infliggere il massimo danno a quei Paesi che hanno imposto queste restrizioni al nostro Paese e a tutti i nostri cittadini. Un danno a tutto ciò che può essere danneggiato. Danni alle loro economie, alle loro istituzioni e ai loro governanti. Il benessere dei loro cittadini. La loro fiducia nel futuro. Per fare questo, dobbiamo continuare a cercare le vulnerabilità critiche delle loro economie e colpirle in tutti i settori. Causare danni in tutti i luoghi, paralizzando il lavoro delle loro aziende e agenzie governative. Trovare problemi nelle loro tecnologie più importanti e colpirli senza pietà. Distruggere letteralmente l’energia, l’industria, i trasporti, le banche e i servizi sociali. Instillare la paura di un imminente collasso di tutte le infrastrutture critiche.

Hanno paura di consegnare le nostre armi ai nemici del mondo occidentale? Dobbiamo trasferire loro tutti i tipi di armi possibili, tranne quelle nucleari (per ora)!

Hanno paura dell’anarchia e dell’esplosione della criminalità nelle grandi città? Dobbiamo aiutare a disorganizzare le loro amministrazioni comunali!

Hanno paura della guerra nello spazio? Questo significa che la riceveranno anche loro. Che tutto si fermi per loro, che tutto si deteriori, che tutto vada all’inferno!

Hanno paura delle esplosioni sociali? Organizziamole! Dobbiamo gettare nella loro sfera mediatica tutti i più inquietanti incubi notturni e utilizzare tutti i loro terribili dolori fantasma. Non c’è più bisogno di risparmiare la loro psiche! Lasciamoli rabbrividire nelle loro case accoglienti, lasciamoli rabbrividire sotto le coperte.

Stanno urlando per l’uso che facciamo delle fake news? Trasformiamo la loro vita in un incubo completamente folle in cui non saranno in grado di distinguere la finzione selvaggia dalla realtà del giorno, il male infernale dalla routine della vita.

E nessuna regola per quanto riguarda il nemico! Che ricevano tutto per intero per aver danneggiato la Russia e nel modo più doloroso possibile! Tutti possono contribuire!

Ricorda:

Quid pro quo!

Un po’ di fortuna!

“frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; qualsiasi ferita abbia dato a una persona sarà data a lui”.

(Levitico 24:20)”.

Infatti, Medvedev ha scritto un intero articolo per l’occasione per Rossiskaya Gazeta, facendo eco all’abnegazione di Putin del famigerato Ballo del vampiro:

“L’umanità deve finalmente liberarsi dell’eredità del sistema coloniale. Il tempo delle metropoli è scaduto”.

Apocalypseos riassume su X:

  • Gli Stati Uniti sono diventati una neo-metropoli di sanzioni globali, violando la sovranità di Paesi terzi, e le sanzioni secondarie sono tentativi di distruggere interi Paesi;
  • L’Occidente crea artificialmente le crisi economiche, usa l’agenda verde per mantenere l’elitarismo e, attraverso il monopolio delle corporazioni informatiche, soffoca coloro le cui opinioni contraddicono le sue linee guida;
  • Sarà possibile liberare l’Ucraina dalle catene neocoloniali dell’Occidente solo dopo aver completato tutti i compiti dell’operazione speciale;
  • Il Sud globale non vuole seguire la “formula Zelensky” e interrompere i legami a lungo termine con la Russia;
  • L’Occidente utilizza il “neocolonialismo del debito” per mantenere la propria influenza nel Sud del mondo;
  • All’Armenia vengono promesse “montagne d’oro” in cambio di una completa lealtà, ma le porte del “club dell’élite” non si apriranno a Yerevan;
  • Parigi cercherà di mantenere il più a lungo possibile la sua presenza in Africa come moneta nascosta, il che è fondamentale per Macron;
  • La Russia spera che la cooperazione nel formato BRICS-Unione Africana raggiunga un nuovo livello qualitativo;
  • L’Occidente si opporrà allo sradicamento del neocolonialismo; è necessario aumentare l’interazione di tutte le forze nella lotta contro questo fenomeno;
  • Le ex metropoli vogliono ancora parassitare i Paesi che dipendono da loro, solo in modo più sofisticato;
  • L’Occidente ha reagito ferocemente al movimento di lotta al neocolonialismo “Per la libertà delle nazioni!”, cercando di interrompere il congresso di fondazione;
  • La formazione di un nuovo sistema di relazioni internazionali è una questione del prossimo futuro; in esso non ci sarà posto per le sanzioni, lo sfruttamento e la menzogna;
  • Sempre più Paesi vogliono vivere in pace, senza l’eredità del sistema coloniale e secondo i principi dell’uguaglianza sovrana;
  • Il nuovo ordine mondiale policentrico sarà pragmatico, la diversificazione delle connessioni è la chiave della stabilità economica.

Le forze russe continuano a conquistare territori e insediamenti, mentre i soliti sospetti si lamentano con angoscia:

La strategia di Kharkov sta chiaramente funzionando: Si dice che l’Ucraina abbia trasferito alcune delle sue migliori unità dalla direzione di Chasov Yar a Kharkov, per cui è probabile che la Russia faccia presto grandi guadagni anche lì. Nonostante le affermazioni ucraine, la Russia ha fatto progressi anche nella zona di Kharkov-Volchansk, che comprende un’ampia avanzata laterale, dichiarata di 4 km, a est verso Bochkove:

Un Su-34 russo, nel frattempo, ha usato un missile Kh-38MLE per far saltare il ponte di Staryi Saltov, che collega Kharkov al fronte di Volchansk, ostacolando notevolmente la logistica dell’AFU:

Posizione del ponte (50.07742223091243, 36.81082376840926) sul fiume Siverski Donets in relazione a Volchansk e alla sua MSR verso Kharkov:

La situazione della rete elettrica in Ucraina comincia a preoccupare seriamente i curatori occidentali:

L’articolo della BBC sopra riportato afferma che gli ucraini già soffrono di interruzioni di corrente per 8 ore e potrebbero presto dover affrontare 20 ore al giorno senza elettricità o riscaldamento, se la Russia continuasse i suoi attacchi di de-elettrificazione:

La TV ucraina ora definisce addirittura “criminale” far funzionare l’aria condizionata durante il giorno:

Per chi fosse interessato, il giornalista John Helmer ha un paio di buoni articoli su questo argomento, il primo è principalmente un collegamento a una discussione in podcast sull’argomento, in cui afferma:

In questo momento la campagna della guerra russa all’elettricità in Ucraina prende di mira gli ultimi impianti di produzione di energia funzionanti e le linee di trasmissione dell’Unione Europea che sostituiscono l’elettricità che gli ucraini non possono più produrre da soli. Vengono colpite le torri del microonde e della telefonia mobile, così che la rete cellulare del paese crolla parallelamente alla rete elettrica.

“Si tratta di una battaglia profonda russa”, commenta una fonte militare statunitense, “che viene combattuta di fatto dallo Stato Maggiore Generale mentre le sue operazioni continuano ad essere limitate a Mosca per ragioni politiche. Presto l’impatto sarà impossibile da nascondere. Per ora, sappiamo quanto la situazione stia peggiorando perché non si discute su quanto stia peggiorando”.

Il secondo è dove spiega la sua opinione secondo cui la “guerra elettrica” della Russia mira a sconfiggere totalmente l’Ucraina de-energizzandola:  https://johnhelmer.net/buzzer-beater-russian-general-staff- goes-at-ending- la guerra -ucraina- elettrica

L’ultima volta ho menzionato nella sezione commenti: l’Ucraina ha un sistema ereditato dall’Unione Sovietica che prevede l’utilizzo delle sue centrali termoelettriche (TPP) come sistemi di “riscaldamento centrale” attraverso una rete di tubi di trasporto del vapore. Quindi la perdita di quello che ora ammonta a circa il 73% dei loro TPP ( il 73% delle centrali termoelettriche in Ucraina non sono operative, 62 unità di potenza nelle centrali termoelettriche e nelle centrali idroelettriche non funzionano, – il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. ) significa non solo la massiccia perdita di produzione di energia, ma la totale mancanza di calore prodotta quest’inverno. Ciò significa che il prossimo inverno sarà un inverno che durerà per secoli e supporta solo la teoria secondo cui l’Ucraina potrebbe essere all’ultima tappa nel 2025.

Helmer ha anche un altro nuovo affascinante articolo che consiglio di leggere, che copre i nuovi sondaggi russi Levada che mostrano che il sostegno della popolazione sia a Putin che all’SMO sta effettivamente aumentando anche alla luce delle recenti rivelazioni di Putin sulla crescente lista delle vittime della Russia.

Secondo un sondaggio condotto a livello nazionale con interviste faccia a faccia nelle case russe tra il 23 e il 29 maggio, il Centro Levada di Mosca, un’organizzazione elettorale indipendente, riferisce : “La metà degli intervistati ritiene che sia necessario passare ai negoziati di pace – Il 43% è favorevole al proseguimento delle operazioni militari, la loro quota è cresciuta negli ultimi mesi. Tuttavia, la maggioranza non è pronta a fare concessioni nei confronti dell’Ucraina e questa quota è in aumento.

L’altro enorme takeaway:

Ciò significa anche che gli attacchi missilistici, di artiglieria e di droni ucraini contro civili, raffinerie e altri obiettivi sul territorio russo non hanno alcun impatto sull’impegno nazionale nella guerra e sui suoi obiettivi strategici. Al contrario, le minacce da parte dei leader della NATO di intensificare questi attacchi ed estendere il loro raggio d’azione alla Russia stanno aumentando il sostegno pubblico russo alla revoca delle restrizioni del Cremlino sui piani operativi dello Stato Maggiore per porre fine alla guerra al e oltre il confine polacco.

Salvando l’episodio migliore e più emozionante per ultimo:

Alcuni potrebbero aver visto diversi giorni fa una battaglia secolare avvenuta a ovest di Avdeevka, proprio vicino a Sokol, dove le forze russe stanno attivamente prendendo d’assalto. Un BTR-82A russo che smontava si imbatté a capofitto in un M2A2 ODS-SA Bradley della 47a Brigata ucraina, scambiando fuoco con esso a bruciapelo, con quello che all’epoca sembrò un finale inconcludente. Il filmato deve essere visto per crederci:

Geolocalizzazione intorno a 48.23277240262418, 37.55843949959025 a Sokol:

Il pubblico pro-UA ha esultato per l’apparente vittoria dell’infaticabile Bradley mentre io ho subito sottolineato il fatto che il Bradley appariva disabile e incapace di rispondere al fuoco, mentre il BTR-82A ha effettivamente completato la sua missione trasportando i suoi uomini proprio al punto di trasferimento a Sokol intorno al 48.23202953164239, 37.554706221481055 .

Sorprendentemente, ora abbiamo la piena conferma dal Washington Post , che ha coperto la resa dei conti e ha parlato con il comandante Bradley in questione:

Grande sorpresa: si scopre che il Bradley è stato completamente disabilitato dal vecchio ferro sovietico: il BTR-82A è riuscito a mettere a segno 3 colpi netti del suo cannone automatico da 30 mm superiore sul sistema di controllo del fuoco e sui mirini del Bradley, disabilitandoli e costringendo il comandante Bradley a disperarsi. provare a “speronare” il veicolo russo.

L’equipaggio del Bradley era in condizioni peggiori dopo aver colpito una mina in un incidente non specificato, che li ha lasciati con le gambe rotte tra le altre ferite nonostante le affermazioni del Bradley di una protezione superiore:

Ma ecco le attestazioni secondo cui il veicolo del comandante Bradley Victor è stato disattivato con 3 colpi del BTR vittorioso:

Ciò che è notevole è che il BTR aveva una scusa per non avere consapevolezza della situazione, poiché era attrezzato con una copertura anti-drone che blocca gran parte dell’ottica e dei sensori, lasciando visibile solo uno stretto campo anteriore. Ma il Bradley non aveva tale scusa, e quindi l’episodio ha dimostrato che i tanto decantati “sensori” e “ottica” della NATO – che si dice siano molto superiori rispetto alle controparti russe, e in particolare a quelle sovietiche, oltretutto – si sono rivelati essere inutili in quanto il BTR non solo si è avvicinato di soppiatto al Brad in difesa, ma è anche riuscito a eliminarlo. Il Bushmaster da 25 mm del Brad si è rivelato inutile contro il sottile ferro sovietico, mentre il 2A72 Shipunov da 30 mm di quest’ultimo ha praticato fori grandi quanto una ciambella attraverso gli occhiali inzuppati di sudore del Brad.

Sembra che l’equipaggio abbia salvato la faccia nel puffpiece WaPo, sostenendo di essere riuscito a tornare a casa e di aver perso il Bradley in un’altra battaglia due giorni dopo, ma il filmato li mostra disabili e in fuga dopo essere stati falciati dal BTR infernale.

A proposito, il BTR non ha nulla a che fare con un Brad: è un APC leggero che pesa quasi la metà di un Bradley: 15t contro 25t. Il Bradley è un IFV in piena regola pensato per il combattimento in prima linea.

Ciò dimostra semplicemente che le vere battaglie non si vincono sulle statistiche sterili e sui dibattiti sperg del forum WarThunder: in realtà, qualsiasi veicolo può sconfiggerne un altro a seconda delle circostanze, dell’addestramento dell’equipaggio, del supporto tattico locale, ecc. Ecco perché si sono celebrati mesi fa quando un branco di Bradley che presumibilmente “ha fatto fuori” un T-90M e di ciò non ne hanno idea: lo stesso comandante Bradley di quell’episodio ha poi ammesso in video che il suo Bradley è stato successivamente distrutto da un altro carro armato russo.

A proposito, prendi nota della posizione di Sokol nella mia foto di geolocalizzazione qui sopra, che mostra il serbatoio sullo sfondo. Nella stessa identica area, circa una mezza dozzina di Abrams e Bradley furono distrutti oltre a quello sopra, dimostrando quanto ferocemente e disperatamente il 47esimo stesse cercando di difendere Sokol dagli assalti russi.

Le attestazioni:

Abrams colpisce la siepe pochi metri a est lungo la strada: nota il serbatoio con la stessa forma che puoi vedere chiaramente, per un momento nella parte superiore dello schermo:

Posizione di quanto sopra:

Un altro Bradley distrutto nello stesso punto:

Posizione di questo sulla X gialla, con il cerchio rosso che mostra il primo Bradley che ha affrontato il BTR:

E un altro Abrams distrutto nel campo appena a sud di quelle siepi:

Per riferimento, ecco Sokol (Sokil) in riferimento a Ochertino e Avdeevka per coloro che non riescono a immaginare dove sia esattamente:

Infine, vi lascio con questa feroce critica alla grossolana e avida salivazione di Lindsay Graham sui preziosi trilioni dell’Ucraina da parte nientemeno che di Maria Zakharova:


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Patto per la pace in Vicino Oriente_con Antonio de Martini

Svolta epocale nel Vicino Oriente. Dopo decenni di conflitti, propositi di pace, mediazioni con propositi dichiarati esattamente opposti ai comportamenti concreti, il Vicino Oriente conosce l’eclisse di uno dei protagonisti: gli Stati Uniti. E’ un passaggio in ombra, non una sparizione. Tanto è bastato perché tra due degli attori principali di quell’area, l’Iran e l’Arabia Saudita, si inneschi un processo di regolazione diplomatica delle controversie grazie all’attività di mediazione della Cina.  Una mossa che, portata a buon fine, innescherà un profondo stravolgimento della condizione e delle posizioni in quello scacchiere, a cominciare da Israele e dalla Turchia. Il reietto, l’Iran, ha potuto reggere lo scontro grazie al sostegno discreto di alleati lontani e al sostegno involontario e contraddittorio dell’avventurismo statunitense. Gli si aprono adesso ampi spazi che, gestiti saggiamente, potranno offrire nuova luce sulla reale natura dei conflitti che hanno infestato quell’area. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Dichiarazione trilaterale congiunta del Regno dell’Arabia Saudita, della Repubblica Islamica dell’Iran e della Repubblica Popolare Cinese

Venerdì 1444/8/18 – 2023/03/10

https://www.spa.gov.sa/viewfullstory.php?lang=en&newsid=2433231

 

Riyadh, 10 marzo 2023, SPA — In risposta alla nobile iniziativa di Sua Eccellenza il Presidente Xi Jinping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese, di sostenere la Cina nello sviluppo di relazioni di buon vicinato tra il Regno dell’Arabia Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran;

e sulla base dell’accordo tra Sua Eccellenza il Presidente Xi Jinping e le leadership del Regno dell’Arabia Saudita e della Repubblica Islamica dell’Iran, in base al quale la Repubblica Popolare Cinese avrebbe ospitato e sponsorizzato i colloqui tra il Regno dell’Arabia Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran;

Partendo dal desiderio comune di risolvere i disaccordi tra loro attraverso il dialogo e la diplomazia e alla luce dei loro legami fraterni;

aderendo ai principi e agli obiettivi delle Carte delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI), nonché alle convenzioni e alle norme internazionali;

Le delegazioni dei due Paesi hanno avuto colloqui dal 6 al 10 marzo 2023 a Pechino – la delegazione del Regno dell’Arabia Saudita guidata da Sua Eccellenza Dr. Musaad bin Mohammed Al-Aiban, Ministro di Stato, Membro del Consiglio dei Ministri e Consigliere per la Sicurezza Nazionale, e la delegazione della Repubblica Islamica dell’Iran guidata da Sua Eccellenza l’Ammiraglio Ali Shamkhani, Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale della Repubblica Islamica dell’Iran.

Le parti saudita e iraniana hanno espresso il loro apprezzamento e la loro gratitudine alla Repubblica dell’Iraq e al Sultanato dell’Oman per aver ospitato i cicli di dialogo che si sono svolti tra le due parti negli anni 2021-2022. Le due parti hanno inoltre espresso apprezzamento e gratitudine alla leadership e al governo della Repubblica Popolare Cinese per aver ospitato e sponsorizzato i colloqui e per gli sforzi profusi per il loro successo.

I tre Paesi annunciano che è stato raggiunto un accordo tra il Regno dell’Arabia Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran, che include un accordo per la ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e la riapertura delle ambasciate e delle missioni entro un periodo non superiore a due mesi, e l’accordo include l’affermazione del rispetto della sovranità degli Stati e della non interferenza negli affari interni degli Stati. Hanno inoltre concordato che i ministri degli Esteri di entrambi i Paesi si incontreranno per attuare questo accordo, organizzare il ritorno dei loro ambasciatori e discutere i mezzi per migliorare le relazioni bilaterali. Hanno inoltre concordato di attuare l’Accordo di cooperazione in materia di sicurezza tra i due Paesi, firmato il 22/1/1422 (H), corrispondente al 17/4/2001, e l’Accordo generale di cooperazione nei settori dell’economia, del commercio, degli investimenti, della tecnologia, della scienza, della cultura, dello sport e della gioventù, firmato il 2/2/1419 (H), corrispondente al 27/5/1998.

I tre Paesi hanno espresso la volontà di compiere tutti gli sforzi necessari per migliorare la pace e la sicurezza regionale e internazionale.

Rilasciato a Pechino il 10 marzo 2023.

Per la Repubblica islamica dell’Iran

Ali Shamkhani

Per il Regno dell’Arabia Saudita

Musaad bin Mohammed Al-Aiban

Ministro di Stato, membro del Consiglio dei Ministri e Consigliere per la Sicurezza Nazionale

Per la Repubblica popolare cinese

Wang Yi

Membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese (PCC) e direttore della Commissione Affari esteri del Comitato centrale del PCC

–SPA

15:45 ORA LOCALE 12:45 GMT

Analizzando la riluttanza di Alt-Media a criticare la dichiarazione congiunta anti-iraniana della Cina con il GCC, di ANDREW KORYBKO

Più si estende il raggio di azione delle potenze egemoni ed emergenti, più la coperta si rivela stretta e diventa sempre più difficile  tenere le fila con coerenza. Buona lettura, Giuseppe Germinario

È indiscutibile che la comunità Alt-Media non sia riuscita a radunarsi attorno all’Iran di fronte all’involontaria violazione diplomatica della Cina dei suoi legittimi interessi nazionali, nonostante avesse precedentemente mostrato piena solidarietà alla Repubblica islamica su questioni altrettanto delicate. Qualsiasi osservatore veramente obiettivo sa che queste stesse persone sarebbero state furiose se gli Stati Uniti, Israele o un paese europeo avessero firmato quella dichiarazione congiunta ferocemente anti-iraniana, eppure tacciono o addirittura simpatizzano solo perché la Cina ha fatto questo.

L’ Iran ha espresso pubblicamente il suo disappunto per la dichiarazione congiunta Cina-GCC della scorsa settimana che ha spinto le affermazioni dei Regni del Golfo secondo cui la Repubblica islamica è la fonte dell’instabilità regionale e ha anche toccato le isole contese sotto il suo controllo che Teheran si rifiuta ufficialmente di discutere. Ho fornito qui alcune spiegazioni sul motivo per cui Pechino ha bruscamente ricalibrato il suo approccio finora equilibrato all’Asia occidentale facendo firmare al presidente Xi un documento così ferocemente anti-iraniano, ma la maggior parte dei miei colleghi non ha seguito l’esempio.

La Alt-Media Community (AMC) si è vistosamente rifiutata di criticare la dichiarazione congiunta anti-iraniana della Cina nel GCC, nonostante molte di queste stesse voci influenti abbiano precedentemente sostenuto la Repubblica islamica in innumerevoli occasioni. Alcuni come l’ex ambasciatore indiano MK Bhadrakumar si sono spinti fino a scrivere che “In ultima analisi, l’Iran può incolpare solo se stesso” per ciò che la Cina ha appena fatto. Chiaramente, il loro precedente sostegno all’Iran non era sincero, ma c’è anche dell’altro.

Francamente, molti membri dell’AMC sono riluttanti a criticare in modo costruttivo la Cina su qualsiasi cosa a causa della loro divinizzazione de facto della Repubblica popolare. Questo nonostante il Partito Comunista Cinese (PCC) abbia “evidenziato [ing] l’autoriforma come la chiave per consolidare la sua posizione di partito di governo a lungo termine” durante il 20° Congresso Nazionale di ottobre secondo il rapporto della Xinhua finanziato con fondi pubblici su quell’importante politica evento.

Molte di queste stesse persone per lo meno sostengono tacitamente le proteste occidentali contro le politiche COVID dei loro governi, ma contemporaneamente hanno condannato quelle recenti in Cina, anche se il PCC poco dopo ha allentato le sue politiche correlate in risposta e quindi ha dimostrato che non erano una rivoluzione colorata . Il dogma non ufficiale del “politicamente corretto” dell’AMC è che la Cina ha sempre ragione, non deve mai essere criticata, e tutti coloro che non seguono questa regola informale stanno presumibilmente lavorando contro il multipolarismo.

In poche parole, l’AMC si è in gran parte assegnato il compito di gestire le percezioni popolari a favore della Cina, ma molti hanno portato questo all’estremo al punto da renderlo effettivamente controproducente. La Cina, come tutti i paesi, non è perfetta e quindi ha sempre spazio per migliorare le sue politiche, come evidenziato dall’enfasi del PCC sull’autoriforma. Anche così, queste persone non riescono a riconoscerlo pubblicamente, con l’ultimo scandalo che circonda la dichiarazione congiunta Cina-GCC che funge da esempio perfetto.

Invece di riconoscere che la Cina, col senno di poi, non avrebbe dovuto firmare quel documento ferocemente anti-iraniano, stanno ignorando vistosamente il dispiacere pubblicamente espresso dall’Iran, trovando scuse o addirittura incolpando la Repubblica islamica come Bhadrakumar ha avuto la faccia tosta di fare. Avrebbero potuto rispettare gli interessi legittimi dell’Iran riaffermando contemporaneamente che la Cina non aveva intenzioni negative, cercava solo di portare avanti i suoi ambiziosi piani petroyuan e che i legami rimarranno sulla buona strada.

Per approfondire l’intuizione precedente, l’unico motivo per cui la Repubblica popolare ha trascurato gli interessi della sua controparte islamica è perché era ottimista sul fatto che l’ultimo vertice avrebbe accelerato i processi multipolari nell’Asia occidentale, primo fra tutti l’introduzione del petroyuan. Sebbene debbano ancora verificarsi progressi tangibili in quest’ultimo aspetto, il presidente Xi ha effettivamente chiesto che ciò avvenisse durante l’evento, il che parla delle sue grandi intenzioni strategiche.

Tuttavia, la Cina era così impegnata a fare del suo meglio per promuovere questo scenario che i suoi politici hanno purtroppo trascurato come la dichiarazione congiunta andasse contro i legittimi interessi dell’Iran, ergo perché hanno consigliato al presidente Xi di firmarlo invece di chiedergli di emendare il testo o rimosso per primo. L’AMC potrebbe facilmente spiegarlo al proprio pubblico, ma così facendo sfiderebbe il loro dogma non ufficiale “politicamente corretto” secondo cui la Cina è presumibilmente infallibile e quindi al di sopra di essere criticata in modo costruttivo.

La conseguenza è che la loro credibilità si è ulteriormente erosa agli occhi di molti dopo che è diventato ovvio che sono guidati dall’agenda non dichiarata di gestire l’interferenza per la Cina. Cercando di essere “più filo-cinesi dello stesso PCC guidato dall’autoriforma”, hanno finito per agire inavvertitamente come propagandisti anti-iraniani dopo aver rifiutato di riconoscere come quella dichiarazione congiunta andasse contro i legittimi interessi della Repubblica islamica.

Il presidente Raisi era così irritato da quanto accaduto che poco dopo ha detto in visita al vice premier cinese Hu Chunhua che “alcune posizioni sollevate durante la recente visita del presidente cinese nella regione hanno innescato infelicità e rancore tra la gente e nel governo dell’Iran”. A riportare questa tagliente osservazione è stato il Tehran Times , che è uno degli organi di stampa più credibili del suo Paese e quindi di certo non mentirebbe sulle parole del suo leader su una questione così delicata.

Nonostante ciò, la maggior parte delle figure influenti dell’AMC – comprese quelle che in precedenza avevano espresso il loro pieno sostegno all’Iran su una moltitudine di altre questioni nel corso degli anni – sono rimaste in silenzio o hanno continuato a trovare scuse per la Cina che implicano, intenzionalmente o meno, che l’Iran presumibilmente non ha motivo di essere offeso. Quelli come Bhadrakumar che incolpano l’Iran per quello che è successo sono la minoranza radicale, ma l’esistenza stessa delle loro opinioni nel discorso dell’AMC è ancora molto preoccupante.

È indiscutibile che l’AMC non sia riuscito a radunarsi attorno all’Iran di fronte all’involontaria violazione diplomatica della Cina dei suoi legittimi interessi nazionali, nonostante avesse precedentemente mostrato piena solidarietà alla Repubblica islamica su questioni altrettanto delicate. Qualsiasi osservatore veramente obiettivo sa che queste stesse persone sarebbero state furiose se gli Stati Uniti, Israele o un paese europeo avessero firmato quella dichiarazione congiunta ferocemente anti-iraniana, eppure tacciono o addirittura simpatizzano solo perché la Cina ha fatto questo.

Il risultato è che l’AMC non è così amichevole nei confronti dell’Iran come molti avrebbero potuto avere in precedenza, tuttavia, con il precedente sostegno da parte di influencer chiave che era semplicemente un mezzo per esprimere retrospettivamente dispiacere per l’Occidente invece di segnalare sincera solidarietà con la Repubblica islamica. Quando i suoi interessi sono stati inconsapevolmente violati dalla Cina, hanno preso la decisione consapevole di schierarsi con Pechino su Teheran, il che dimostra che non si può davvero fare affidamento su di loro per analizzare, articolare e/o portare avanti le politiche dell’Iran.

https://korybko.substack.com/p/analyzing-alt-medias-reluctance-to?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=91223297&isFreemail=true&utm_medium=email

LIBANO AL CENTRO DI UN INTRIGO MORTALE PER LA SECONDA VOLTA IN MEZZO SECOLO, di Antonio de Martini

Qui sotto una serie di considerazioni di Antonio de Martini sulla situazione del Libano. Lo scritto, aggiornato, in parte già riportato su questo sito, è di circa otto anni fa, ma torna di grande attualità alla luce dei movimenti in corso in quella regione al netto dei grandi limiti e azzardi che anche la classe dirigente iraniana, in buona compagnia dei tanti suoi avversari, ha compiuto_Giuseppe Germinario

LIBANO AL CENTRO DI UN INTRIGO MORTALE PER LA SECONDA VOLTA IN MEZZO SECOLO

di antoniochedice

Il mio amico Nachik Navot, del cui patriottismo non è lecito dubitare, ha lasciato il servizio come vice capo del Mossad e che ormai temo non sia più tra noi perché non risponde più alle mie  mail,( ora dovrebbe sfiorare il secolo..)mi regalò due articoli che pubblicai sul mio blog. www.corrieredellacollera.com  il 6 luglio 2012 egli scrisse parole lucide sulla situazione mediorientale che conosceva bene essendo stato in servizio anche in Iran e in India.

Ecco il link al suo articolo che consiglio di leggere

https://corrieredellacollera.com/2012/07/06/fortress-israel-la-sindrome-dell-olocausto-e-il-senso-della-vera-sicurezza-senza-cui-non-ce-pace-di-nachik-navot/

Una delle considerazioni, a mio avviso più più importanti che ci ha lasciato, è che se Israele vorrà ottenere una pace duratura, dovrà liberarsi della “ sindrome della Fortezza Israele” e crearsi nuove motivazioni e azioni per vivere in armonia coi suoi vicini.

Questa sindrome è frutto di una imposizione altrui dato il trattamento inumano europeo inflitto agli ebrei con l’Olocausto. Gli Israeliani si sentono assediati, da tutti e per sempre, e si comportano di conseguenza. Peccando spesso di “overeaction” aggiungo io.

E’ comprensibile, che  questa situazione abbia avuto implicazioni culturali negative sullo sviluppo iniziale  dello Stato di Israele ma,  il numero di israeliani e membri delle Diaspore consapevoli che vada superata, cresce ogni giorno di più.

Ho deciso di fare riferimento a Nachik ( diminutivo di Menachem) per introdurre la pedina “ Israele” nel tragico gioco della crisi libanese, dove a tutta prima – e in questa fase- sembrerebbe assente perché il proscenio  è occupato dall’ambasciatrice statunitense Dorothy Shea cui piace molto il ruolo di Proconsole e ha l’empatia di un celenterato.

I libanesi hanno dovuto più volte ricordarle l’esistenza della Convenzione di Vienna del 1969 con cui si conveniva il principio di non ingerenza negli affari interni dei paesi ospitanti.

Oggi il Libano, unico paese del vicino e medio oriente a guida cristiana ed economia liberista, vive una profonda crisi morale, politica ed economica causata in parte dalla diluizione della identità culturale di cui tutti si dicono fieri a parole, e in parte dalle pressioni di una violenza inusitata esercitata dalla amministrazione americana che ha il duplice scopo di promuovere la firma  di

un trattato di pace con Israele ( dai tempi di Sadat nessuno vuole firmare senza che sia prima conclusa la pace coi palestinesi, a pena la morte) e di rassicurare l’alleato circa il  concreto pericolo incombente rappresentato dal partito Hezbollah che conta su un elettorato del 50% della popolazione, dispone di  un esercito ben addestrato di ventimila uomini e trentamila riservisti  e di un arsenale missilistico inizialmente composto da missili obsoleti ( Zelzal 2 e 3) che grazie ad un ammodernamento artigianale, alla possibilità di lancio da mezzi mobili e al loro numero,  si ritiene possano distruggere il grosso delle infrastrutture israeliane concentrate su un territorio circoscritto e mescolate con la popolazione.

Si tratta di un dilemma che nessun governo può accettare. Israele, nato per difendere gli ebrei, sarebbe il solo paese in cui la loro vita sarebbe a continuo repentaglio.

L’ANTEFATTO

Rubricare come “organizzazione terroristica” un partito politico che prende il 50% dei voti alle elezioni politiche, non è stata la scelta più intelligente dell’amministrazione USA in un’area in cui scelte intelligenti non ne fa da almeno un trentennio.

Ma andiamo per ordine lasciando da parte il contenzioso palestinese che ci porterebbe ad allargare troppo questa esposizione e che è il convitato di pietra di ogni situazione in quest’area.

1Nel 1975 scoppiò a Beirut , per ragioni che non interessano in questa sede, una guerra tra i palestinesi rifugiati in Libano e una fazione politica locale che si allargò a tutte le componenti politiche  e tribali dell’area.

La guerra , durò fino al 1990 circa, fece centomila vittime e scosse dalla fondamenta quella che era la società più progredita e cosmopolita del mondo arabo. Ogni fazione si trovò degli sponsor politici e militari, ottenne sovvenzioni al punto che- in piena guerra- la lira libanese si apprezzò sul dollaro. L’esercito mantenne la neutralità ( che risultò preziosa per la ricostruzione della concordia nazionale)  e si assisté al paradosso che combatterono tutti tranne i soldati.

2 Presi dalla sindrome “ Fortress Israel” i militari di Tsahal immaginarono una operazione suscettibile di allargare i confini nord del paese spingendo via le popolazioni di confine  che non ostacolavano i guerriglieri palestinesi e le loro incursioni.

Obbiettivi strategici:  bonificare l’area, impadronirsi delle sorgenti del fiume Litani, liberare il fianco del Giabal Druso ( una setta eterodossa dell’Islam che collabora da sempre con gli israeliani al punto di fornire una brigata all’Esercito), mostrare di voler annettere il territorio del sud Libano ed eventualmente rilasciarlo in cambio di un formale trattato di pace.

L’operazione  lanciata nel 1982 chiamata “ Pace in Galilea” mirava anche  a dare sicurezza ai kibbutz della alta Galilea esposti ai blitz palestinesi, ebbe successo militare ma si risolse in un fallimento politico completo. Nessuno degli obbiettivi fu raggiunto, nemmeno parzialmente, anche per gli eccessi di violenza commessi come la strage di Sabra e Châtila.

https://corrieredellacollera.com/2012/09/18/obama-punisce-israele-sharon-ha-ordinato-e-voluto-la-strage-di-sabra-e-chatila-ingannando-gli-u-s-a-se-netanyau-non-lascia-obama-potrebbe-rincarare-la-dose-con-unaltra-accusa-terribile-l/

Israele si trattenne però una fascia frontaliera di dieci km facendo così nascere un movimento di resistenza non significativo da parte di una organizzazione caritativa già esistente chiamata Hezbollah e creata per scopi assistenziali da due religiosi, l’Imam Moussa Sadr e Monsignor Grégoire Haddad, cristiano di rito greco ortodosso.

Israele evacuò la zona a seguito di pressioni USA, ma Hezbollah si vantò – con mentalità tipicamente orientale- di essere all’origine della ritirata con le sue imprese.

Fu l’inizio della gestazione dell’Hezbollah che oggi conosciamo.

Negli anni, la  placida assistenza ai partigiani palestinesi, divenne azione  sistematica  fino al punto da indurre l’Esercito israeliano a progettare un’altra, più circoscritta, sortita  fuori della

“ Fortress Israel” per dare una lezione ai “contadini”. E questo fu il secondo errore di cui tratteremo più tardi.

La principale conseguenza della fine della guerra in Libano fu la cessazione degli aiuti finanziari da parte di tutti i partecipanti indiretti che avevano – con gli stipendi ai combattenti – sostenuto il corso della lira libanese.

Deflazione lampo e disoccupazione generale.

IL DOPOGUERRA

Unici a mantenere attivi, riconvertendoli,  i finanziamenti furono gli iraniani ( avevano piegato i francesi con un ennesimo attentato e questi si decisero a restituire 700 milioni del miliardo di dollari anticipato dallo scià per dotarsi di tecnologia nucleare che L’Ayatollah Khomeini aveva bollato come empia in una fatwa, e chiesto la restituzione dell’anticipo).

Isolati dagli USA a seguito dei noti eventi rivoluzionari, gli iraniani ruppero l’accerchiamento cercando di far leva sul proletariato sciita ed allargando il giro anche visivamente: cento euro al mese se Ali si fa crescere la barba ( segno di pietas), altri cento se tua moglie si mette il velo; duecento se obblighi  anche tua figlia a fare altrettanto….

Un padre di famiglia sbarcava il lunario e il partito di Allah ( Hezbollah) fungeva da ufficiale pagatore e beneficiario di una palpabile crescita di immagine che contrastava la narrativa dell’isolamento.

L’intesa politica, il controllo del partito da parte degli elementi sciiti, e la fornitura di armi furono le logiche conseguenze della intesa anti crisi.

Gli occidentali curavano l’élite e l’Iran il sottoproletariato.

L’élite viaggiava per il mondo e il sottoproletariato scavava bunker.

Quando gli israeliani, a seguito di un ennesimo sconfinamento con sparatoria, attaccarono credendo di fare una passeggiata militare di rappresaglia, dovettero ritirarsi con perdite e il generale di brigata israeliano comandante della spedizione, fu rimosso. Rimediarono con un bombardamento.

Fu cosi che Hezbollah passò dalla millanteria levantina al rango di unica potenza militare che aveva battuto gli israeliani in campo aperto.  Divenne, con un estorto consenso governativo, una sorta di Stato nello stato con l’incarico di gestire eventuali proxy war contro Israele senza coinvolgere il governo legale.

L’inizio della guerra in Siria – un altra guerra di aggressione esterna presa per guerra civile-  ha offerto a Hezbollah l’opportunità di rodare i suoi soldati e di agire di concerto ad altri volontari cristiani che sono intervenuti a sostegno dei cristiani di Siria minacciati fin nella decapoli dove risiedono dai tempi di Cristo di cui parlano ancora la lingua aramaica.

Furono i diecimila volontari di Hezbollah a liberare le colline del Kalamoun che riaprirono le comunicazioni tra Damasco e il Libano e determinarono l’esito delle battaglie in corso.

LA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE

Sono in corso pressioni politiche, giornalistiche e finanziarie sul presidente della Repubblica, il generale Michel  AOUN  e su suo genero Gebran BASSIL ( fino a poco fa ministro degli Esteri) .

Le pressioni USA sul Libano mirano a costringere l’Esercito Libanese a confrontarsi con l’Hezbollah, che è più numeroso, più esperto, collaudato in combattimento e meglio armato ad onta delle dichiarazioni del generale Frank Mckenzie che da Washington incoraggia moderatamente allo scontro,  in supporto all’ambasciatrice che attribuisce la crisi monetaria sul cambio del dollaro  all’Hezbollah, dicendo però che gli USA sono pronti ad aiutare qualora Hezbollah venga “ allontanato dal governo”, il che è già stato fatto, istallando un governo tecnico giudicato però insoddisfacente.

La diplomatica da la colpa della crisi  “ alla corruzione praticata da decenni”. Questa dichiarazione è contraddittoria con la consapevolezza che il Libano, appunto per decenni,  è stato prospero al punto di essere definito “ la Svizzera del Medio Oriente” e con il fatto – noto a chiunque abbia letto un libro – che la corruzione impera nell’area – e non solo- da almeno due millenni, al punto di essere contemplata dal codice di Hammurabi.

LA SITUAZIONE MILITARE OGGI

LA MINACCIA A ISRAELE

Sembra che le modifiche artigianali ai vecchi missili iraniani ZELZAL 2 del costo di poche migliaia di dollari, consistano nell’inserimento di un sistema di guida cinese, l’adozione del navigatore  GLONASS , il GPS russo, in aggiunta a quello occidentale e un arsenale già pronto di circa 200 missili ribattezzati Fateh 100 siano all’origine dell’allarme rosso Israeliano.

Circa un anno e mezzo fa, una pioggia di missiletti lanciata in Galilea su località disabitate di Israele, ha permesso di capire che il sistema originale antiaereo “ Iron Dome” possa al massimo acquisire ed abbattere da 150  a 200 intrusi volanti su 250 lanciati contemporaneamente.

Valutazioni di Stato Maggiore attribuiscono a Hezbollah una capacità massima di lancio di poco più di mille missili in un giorno.

Inviarne 400 assieme metterebbe in crisi lo Stato maggiore  israeliano che sarebbe costretto a scegliere se difendere prioritariamente le infrastrutture strategiche ( la raffineria di Haïfa, gli aeroporti, l’impianto nucleare di Dimona, Il quartiere generale dell’Esercito, o le basi principali di Tsahal a Kyria o Tel Nof ,  Nevatim e Hatzor.) oppure la popolazione finora rimasta sostanzialmente indenne da urti militari importanti.

Gli israeliani valutano che la portata di 250 km , il carico esplosivo oscillante tra i 500 e i 900 kg, produrrebbero danni non riparabili anche quanto a sicurezza della popolazione esposta in gran parte alla tentazione di far uso della seconda nazionalità che molti hanno conservato. Israele mancherebbe alla sua missione di protezione degli ebrei sul suo territorio e la bilancia demografica, già sospettata di essere, deficitaria diverrebbe palesemente fallimentare.

Hezbollah ha insomma messo a punto un “ Game Changer” del quadro geopolitico.

Di qui l’esigenza di eliminare il pericolo per Israele e ristabilire l’equilibrio per gli USA.

LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE

ISRAELE

La partita di scacchi in corso é così configurabile: Israele può scegliere di ricorrere alla sindrome “ Fortress Israel” – anche per distrarre dalla crisi economica interna, facendo passare in seconda fila l’annessione della valle del Giordano e  potenziando così la sua leadership- e organizzare una sortita nucleare contro l’Iran e/o contro Hezbollah, approfittando della fase pre elettorale americana (tutti i blitz iniziati dagli israeliani sono stati fatti in questa fase pre elettorale), ma pagherebbe un prezzo valutabile in 300/400 missili sui suoi obbiettivi vitali concentrati in un fazzoletto di territorio, col pericolo che i piloti al ritorno dalla loro missione rischierebbero di non ritrovare né la base di partenza e forse neppure la famiglia.

L’Iran si troverebbe, dopo uno scontro mortale, ad aver cavato le castagne dal fuoco all’Arabia Saudita, il suo rivale storico.

Lo scontro, non conviene a nessuno. Si ripeterebbe la certezza della MAD (Mutual Assured Destruction ) che animò la guerra fredda.

La soluzione del dilemma sembra essere stata stata individuata con la stessa logica del 1982 che ha portato al fallimento della operazione “ pace in Galilea”: costringere Il governo libanese a scontrarsi con Hezbollah chiedendo al governo di disarmarlo e cacciarlo dalla maggioranza di coalizione che governa il paese. ( Nasrallah,  il loro capo, non è un chierichetto e sa che la cacciata dalla maggioranza sarebbe solo l’inizio, quindi resisterebbe fin dal primo cenno).

IL LIBANO

Gli esiti grotteschi delle primavere arabe, l’indefinito protrarsi della guerra in Yemen,la “sirizzazione” della Libia, la penetrazione incruenta della Russia nel fianco destro della NATO, il ripudio delle organizzazioni internazionali promosse dall’America che tutti amavamo,  la perdita della leadership mondiale per gli innumeri errori in Medio Oriente  – e negli States col COVID e la questione razziale – hanno ridotto la credibilità e il prestigio di mediatori dei diplomatici e politici USA a livelli impensabili solo dieci anni fa.

Non potendo accettare tutte le “ istruzioni” ricevute, il Libano  ha trovato una soluzione di compromesso: fuori tutti dal governo che viene affidato a un tecnico assistito da tecnici.  Piiché i tecnici sono neutrali a favore o contro qualcuno, il problema si è riproposto e lo zio Sam ha applicato ala cura russa ( – 50% del rublo in due settimane)  e quella turca ( – 50 % del valore della lira turca in due settimane). Oggi  con la lira libanese si ottengono dollari a 10.000 contro uno; le banche concedono accesso limitato ai conti per 30 dollari al giorno e la popolazione ha il 50% di disoccupati, erogazione limitata di acqua e elettricità e scontri di piazza.

Le pressioni sul Presidente sono diventate attacchi personali e metà della popolazione attribuisce ogni colpa a Hezbollah, l’altra metà all’America.

L’ARABIA SAUDITA

Il regno sta affrontando – e perdendo- una guerra calda in Yemen e una fredda col Katar e l’Oman. Ha già perso la guerra di Siria ed è in preda a convulsioni interne a livello della élite e di famiglia reale, mentre l’”unrest” di Al Kaida e della provincia est sciita a influenza iraniana.

Far tornare al potere Saïd Hariri  – il premier libanes che ha scatenato lo show-down con le sue dimissioni che avrebbero dovuto essere brevi e vittoriose – è per il Crownprince un affare di vita o di morte. Nella sua ottica malata, Mohammed ben Salman ha bisogno che il LIbano firmi la pace con Israele per poi poterla firmare anche lui è dare il via al piano Marshall per la penisola araba che dovrebbe portare alla pace generale  per tutti e lui al trono di Riad.

Ha un sistema di sicurezza impeccabile, ma la perfezione non è di questo mondo.

GLI USA

Anche Trump e Pompeo devono affrontare un difficile dilemma :

1: continuare a bulleggiare  selvaggiamente con sistemi di macelleria sociale – il Libano, forti dell’ottenuto, complice, inspiegabile, silenzio Vaticano- un piccolo paese che ha creato l’alfabeto e il commercio internazionale, da sempre amico dell’Occidente che ospita pacificamente un numero di profughi pari alla propria popolazione e sul quale si scaricano tutte le tensioni del Levante.

2: aiutare Israele a capire che è il momento di uscire dalla “Fortress Israel” con tutte le garanzie di una mediazione internazionale decisa e con le idee chiare di cui gli USA siano primi tra pari.

3: Affrontare l’aléa di una ennesima guerra in cui potranno annientare l’Iran e il Libano, ma il loro alleato israeliano subirà tutti i colpi e regnerà su un cimitero.

LA SIRIA

Esausta e vittoriosa  deve fare i conti con l determinazione USA che insiste nelle sanzioni e nell’aiuto a curdi e turchi per tenerla occupata e ha rincarato la dose inserendo la moglie di Assad- ASMA- nella lista dei criminali d punire con le sanzioni. Lei che pochi mesi fa è uscita da una feroce lotta contro il cancro ed è sempre stata lontana dalla politica e vicina al marito.

La viltà di questo atteggiamento mostra quanto gli USA siano disperati e a corto di idee: peggio di una battaglia perduta contro una fragile donna che aveva rifiutato le migliori cure russe pur di non lasciare il suo popolo e suo marito. La Siria distrutta nelle infrastrutture e nel commercio, ha ancora carte da giocare: dai rifornimenti a Hezbollah, ai tunnel segreti per entrare in Israele e al finanziamento di una intifada ben più cruenta in caso di annessione della valle del Giordano.

HEZBOLLAH

E forte nel suo territorio; rispettato da tutti perché “ fa quel che dice e dice quel che fa”,

In caso di attacco potrà contare sull’appoggio diretto di Iran e Siria e quello indiretto di Cina, Indonesia e Russia, ma anche dei palestinesi della striscia di Gaza e in una Intifada palestinese .

Ma sopratutto nei missile FATEH 100 e nel coltello che ogni arabo sa manovrare con maestria specie nelle notti senz luna.

Intanto il Libano, preda di stupidi privi di scrupoli, Domanica 5 luglio si farà sentire : tutti i libanesi alle sette ora Italia e nove ora di Beirut, in contemporanea su Facebook, you tube e in tutte le TV locali faranno sentire a tutto volume la loro voce di resistenza. Sintonizzatevi su

https://www.facebook.com/BaalbeckInternationalFestival/live/

Oppure

https://www.youtube.com/watctch?v=KQ0K8UE651E&feature=YouTube.be 

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