Scandinavia questo mondo sconosciuto, di Max Bonelli

 

Scandinavia questo mondo sconosciuto

Descrivere la società scandinava in un articolo è una missione impossibile anche per me che ho un  vissuto di 12 anni nella penisola.

Parlare di scuola, sanità, usi e costumi in maniera esaustiva richiederebbe lo spazio di un libro ma si possono dare delle foto di questa società che rappresentino l’odierna realtà e facciano da punto di rottura con quel immaginario collettivo esistente tra gli italiani riguardo il nord Europa.

Escluderò la Finlandia, sia per ragioni di omogeneità culturale sia perchè non avendoci vissuto non ho una conoscenza diretta del paese.

Scuola

Partiamo dalla scuola questa istituzione che forma i cittadini e li rende capaci di interagire con il mondo lavorativo e la società. Norvegia, Svezia e Danimarca spendono molto per la scuola ma ottengono i migliori risultati?

Affidandoci ai risultati del sistema valutazione PISA (Programme for international student assessment ,  prommosso dall’OSCE e che ogni tre anni valuta gli studenti quindicenni della UE e di alcuni paesi industrializzati), questi non vanno di pari passo con le risorse investite. Non che l’Italia vada meglio ma si sa che sulla scuola grazie anche ai vincoli di bilancio di imposti da Junker, BCE e via dicendo, gli investimenti nostrani sono ai minimi storici. Ma in entrambi i tre paesi nordici i professori sono ben pagati, hanno grande libertà d’insegnamento,

basso numero di studenti per classe, supporti pedagogici all’avanguardia, strutture scolastiche ottime, ma nonostante che Norvegia e Danimarca spendono più del 6% del PIL nell’istruzione i loro allievi non sono ai primi posti nei risultati. La Svezia è più moderata nell’elargire soldi ma la troviamo sempre sopra la media OSCE  con risultati simili ai due vicini.

Vi do la mia personale risposta alla domanda, da padre di due figli che hanno completato il loro ciclo di studi in questi paesi su quale ingrediente manca nei loro sistemi. Una volta si definiva “olio di gomito”, il faticoso studio a casa non esiste, i primi 9-10 anni di studio i ragazzi non fanno praticamente compiti a casa, quando vengono catapultati a livello degli studi superiori avviene lo shock. I ragazzi che si sentivano ripetere che la scuola è divertimento, si ritrovano disabituati ad affrontare la mole di lavoro degli studi a livello di liceo. Le ragazze se la cavano meglio perchè martellate da una propaganda da parte dei media di donne rampanti a tutti i livelli sociali mentre i loro coetanei si affascinano nel migliore dei casi alle imprese di Zlatan (la sua biografia è stata un best seller qualche anno fa).

Provai una volta a chiedere consiglio per una lista di classici da comprare a mio figlio e l’insegnante di lettere mi rispose piccata che doveva leggere quello che gli piaceva. Replicai che la vita del sopra detto campione mi sembrava limitata come bagaglio per un tredicenne ottenni di nuovo la stessa risposta. Se a questo aggiungete che Storia e Geografia come materie praticamente non esistono, incominciate  a capire l’ampiezza delle lacune scolastiche. Ed a livello di valutazione internazionale sono aiutati dal fatto che non c’è una valutazione di queste due materie e che la prova di lettere è una comprensione di testo. La prova principale nel sistema scolastico italiano è il tema scritto, da loro è una prova complementare e manca negli esami finali.

Su questo punto vorrei fare una valutazione che dovrebbe dare un’altra immagine al lettore.

L’assenza capillare di senso critico negli scandinavi. Un esempio concreto: un passaggio di un prodotto reclamizzato in Tv da immediatamente un riscontro di richieste dello stesso sul mercato . Altro esempio a settembre ci sono state le elezioni in Svezia a gennaio ancora non si è riusciti a formare il governo ma il “deep state” svedese opera a pieno ritmo permettendosi per esempio d’imporre il pagamento del canone tv direttamente a livello di busta paga e questo nell’assenza completa di proteste degne di nota.

La guerra in Siria? Hassad è uno spietato dittatore ed 100.000 soldati islamici sbucano dal deserto tra l’Irak e la Siria con il treno logistico occorrente e nessuno si pone la domanda chi paga tutto questo?

Voi mi direte che anche in Italia c’è gente che crede a questa favola, il problema è che in Scandinavia si raggiungono percentuali vicine al 100%.

Non vi dico la posizione su Putin, la dittatura in Russia, la Crimea occupata e cosi di seguito.

Torniamo alla scuola, se nella scuola leviamo la Storia e leviamo il tema in classe fatto con regolarità cosa eliminiamo? La possibilità di far nascere e sviluppare la ragion critica nell’individuo e di metterla in confronto con i corsi ed i ricorsi storici avvenuti in precedenza. Si crea un cittadino consumatore del messaggio mediatico incapace della benchè minima analisi.

Si creano con questo sistema scolastico persone capaci d’intendere gli ordini della classe dirigente e di eseguirli alla perfezione. In cambio la dirigenza si occupa di dare un minimo garantito a patto che si sia disposti a lavorare ed a trasferirsi anche per centinaia di chilometri per accettare un lavoro. La mobilità lavorativa degli scandinavi è un sogno bagnato per i neoliberisti.

 

Sistema finanziario

Questa assenza di capacità critica ha dei risvolti anche nella vita economica degli scandinavi. Il signor Svensson è indebitato con le banche in maniera abnorme. S’iniziano ad indebitare quando studiano all’università con un generoso prestito per gli studi a bassissimo interesse(sotto l’1%) poi si continua per comprare la villa e lo stesso per la macchina. Esistono prestiti bancari sulla casa senza limiti temporali per la restituzione. In pratica molti scandinavi lavorano tutta una vita  per pagare gli interessi alla banca. Mettere da parte significative somme di denaro, il classico “risparmio per tempi peggiori” è sconosciuto. Certo merito anche di un paracadute sociale  tipo cassa integrazione che a seconda del paese varia da uno a due anni ma anche dovuto ad una tendenza all’omogenizzazione economica, doversi sentire uguale agli altri, avere lo stesso standard degli amici è una priorità psicologica.

Questo produce l’indubbio vantaggio economico di avere cittadini con  la tendenza a   mettere denaro in circolazione con l’effetto collaterale di produrre degli schiavi delle  banche. Quei pochi cittadini(in genere di origine straniera) che tendono a ripagare indietro i prestiti più velocemente per ripagare meno interessi vengono sottoposti a pressanti interrogatori dalla banca sulla provenienza del denaro usato per restituire il prestito prima del tempo.

La Scandinavia è di fatto posseduta  dagli imperi finanziari come Wallenberg  che possiedono la SEB (Skandinaviska Enskilda Banken) con tentacoli in ogni ramo produttivo della società. Eppure loro, i veri detentori del potere sono invisibili, raramente appaiono sui giornali il loro motto “essere non apparire” messo a stile di vita. Altri imperi finanziari sono Ikea che non è solo la prima catena di prodotti per l’arredamento ma ha significativi comparti nel campo della costruzione di appartamenti. Ma prima fra tutte sono la compagnia petrolifera di stato norvegese Equinor meglio conosciuta come Statoil e la compagnia logistica danese Maersk leader nel campo del trasporto container e logistica.

 

Geopolitica

La carrellata di questi colossi nel campo finanziario e merceologico mi permette di darvi una nuova foto, quella geopolitica ed una notizia nel concreto: i tre paesi non sono neutrali.  Nonostante che la Norvegia e la Svezia si suddividono il compito di elargire i premi nobel sia della pace che in altri settori, è da parecchio che le loro politiche estere non lavorano per la diffusione della pace nel mondo. Voglio aiutare il lettore, forse sorpreso da questa mia osservazione con due indizi. Gli ultimi due segretari della Nato?

Un danese ed un norvegese, nel 2009 fu nominato Anders Fogh Rasmussen il suo seccessore nel 2014 il norvegese Jens Stoltenberg.

Ma per capire fino in fondo queste due nomine e fornire il lettore di una immagine panoramica dobbiamo ingrandire l’obbiettivo e collegare la geopolitica con i grandi interessi dei gruppi finanziari.

Il danese Rasmussen fu eletto alla vigilia della virata russofobica della politica USA e di conseguenza atlantica. La piccola Danimarca con la sua

ridente immagine di casette rosso e bianche, le guardie reali con il cappello di pelliccia d’orso e le belle ragazze che vanno in bicicletta emana una aria di pace e di libertà incondizionata che contrasta con un’altra  quella nascosta di una paese che di fatto vanta una protettorato di stampo neo coloniale in Greonlandia. Nonostante il referendum avvenuto nel 2008 quando i circa 50.000 abitanti hanno votato in maggioranza per essere indipendenti, la Danimarca si riserva il diritto di condurre la politica estera e prendersi cura della difesa dei confini. Questo gli da il diritto di parola nel club dei paesi che stanno conducendo una guerra strisciante e silenziosa per la spartizione dell’artico e delle sue riserve naturali. Ma non solo quelle sono in gioco, il riscaldamento climatico sta aprendo un interessante ramo nord alla via della seta propugnato da Pechino che permetterà di far arrivare i suoi prodotti tramite il porto russo di Vladivostok, risparmiando un paio di settimane di viaggio rispetto a tutte le altre vie alternative. Nel 2018 per la prima volta è stata percorsa la rotta

anche in pieno inverno. Tornando all’elezione di Rasmussen, quale perfetta

assicurazione di russofobia eleggendo segretario della Nato un danese?

La loro principale azienda nazionale  la Maersk sarà la prima ad essere colpita da un Artico in mano russa e da una rotta solcata dalle navi delle compagnie cinesi concorrenti. Inoltre rafforza il blocco atlantico nella loro politica di cercare di tenere sotto controllo i russi nell’Artico. Ricordiamo che la Russia ha il controllo di almeno il 50% delle terre che si affacciano sull’artico e quindi sottrarre la Greonlandia ad una sua politica estera autonoma riequilibra in chiave atlantica i rapporti territoriali.

Per chi ha seguito come me la vicenda del golpe atlantico a Kiev nel 2014 e la successiva guerra in est ucraina, gli interventi di Rasmussen a difesa di una Ucraina “libera da influenze russe” sono scolpiti nella memoria, come quello dell 26 marzo 2014 appena dopo la riunificazione alla Russia della Crimea, faceva la voce grossa dichiarando: “se la Nato viene sfidata reagirà”.

Quando ad ottobre del 2014 si è avuta la nomina del norvegese Jens Stoltenberg, si affacciò qualche speranza di toni più pacati se non altro perchè era lui che era a capo della Norvegia quando il paese fu colpito da un lupo solitario dichiaratamente nazista ,Anders Breivik, che aveva messo una bomba vicino al suo ufficio ad Oslo nella cui esplosione morirono 8 persone e poi mentre si addensava la capitale di forze speciali se ne andava

nell’isola di Utoya sede del congesso dei giovani socialdemocratici e li uccise 69 ragazzi, alcuni amici di famiglia dello stesso Stoltenberg.

Ed era il futuro segretario della Nato a fare l’orazione funebre tinta di discorsi contro il nazismo e sulla forza dei valori democratici ed  altri argomenti su cui nessuno dotato di equilibrio mentale potrebbe porsi in contraddizione. Peccato che il nostro paladino della democrazia, vestiti i panni di segretario dell’alleanza, non disdegnava di difendere senza alcun dubbio i nazisti che sono al potere in Ucraina le cui stragi in Donbass  ed in particolare a Mariupoli ed a Odessa hanno fatto decine di morti, il tutto supportato da testimonianza video. Ma in quel caso i nazisti ucraini erano buoni, le stragi censurate dai media europei e con particolare efficienza da quelli scandinavi tanto da far sembrare i 48 russi trucidati nel 2014 ad Odessa un caso di suicidio collettivo.

Si potrebbe argomentare che anche Stoltenberg è stato vittima delle carenze scolastiche norvegesi a livello di analisi critica?

Propendo che gli interessi sui giacimenti di gas e petrolio dell’artico della compagnia petrolifera di stato Equinor siano più che sufficienti per giustificare due pesi e due misure nell’attuale segretario della Nato.

Passando alla Svezia, formalmente è neutrale di fatto non lo è , effettua annuali esercitazioni militari con la Nato e fino alla elezioni di Trump, i siti internet svedesi di maggior popolarità erano pieni di passaggi pubblicitari di siti che evocavano massicce presenze militari russe alla frontiera con la Finlandia o di avvistamenti di imprendibili sottomarini russi nell’arcipelago di Stoccolma. Bisogna avere una tendenza all’analisi per capire a chi giova tutto questo ma con una educazione scolastica conformata all’apprendimento senza capacità critica, diventa facile allineare i popoli ai messaggi imposti dall’alto.

 

 

Media

L’allineamento dei media scandinavi  o meglio la diffusa censura della notizie che possono essere lette positivamente per la Russia è una immagine che stride con quella di paesi dalla democrazia avanzata.

Questo allineamento mediatico è a tutto tondo nel panorama informativo.

Prendiamo la Svezia che in pochi anni è passata da poco più di nove milioni di abitanti a i dieci milioni, grazie oltre ad un buon tasso di natalità, anche ad una consistente immigrazione. Un decimo della popolazione ha origine diretta od indiretta non svedese. Il tutto ha lasciato un segno sull’ordine pubblico del paese(1). Nel 2017 ci stati 113 omicidi un trend in costante aumento negli ultimi anni. Lo stesso dicasi per le violenze sessuali con il “confortante “ dato che si è intrapresa la strada della parità fra i sessi in quanto sono aumentati drasticamente i reati di violenze verso uomini nell’ambito delle violenze domestiche.

Ci sono anche casi di violenze sessuali verso uomini.

In genere donne che hanno passato i quaranta anni ed adescano giovani migranti spesso minorenni con un foglio di via in tasca quindi per strada e barattano prestazioni con un buon pranzo ed una doccia calda se non proprio regali più consistenti. A volte si è arrivati a condanne penali di personale femminile addette ai migranti che ha approfittato della propria posizione ed ha indotto alla prostituzione giovani ragazzi. Certo quantitativamente i reati sessuali sono maggiori da parte degli uomini ed in particolare dei nuovi arrivati. Ma la copertura mediatica è nettamente differente se il violentatore è svedese autoctono oppure migrante. Nonostante una stampa così attenta a non creare “allarmismi” il rancore tra gli svedesi aumenta e si manifesta con un impressionante numero d’incendi dolosi appiccati a moschee o strutture che ospitano immigrati.

Da notare bene che è espressamente vietato alla polizia rendere pubbliche statistiche dove si evince la provenienza etnica dei rei.

 

Sicurezza

A proposito di polizia, non vi cito statistiche ma episodi di vita vissuta che mi hanno fatto ricredere sulla validità delle italiche forze di sicurezza. Più volte ho visto effettuare la polizia di questi paesi assurdi e severissimi controlli stradali. Una volta ad Oslo in una prima mattinata in cui la notte aveva nevicato una signora in auto  si è vista affiancare da uno scortesissimo poliziotto che la rimprovera aspramente di non aver pulito la macchina adeguatamente dalla neve e gli rifila una multa a volo corrispondente qualche centinaio di euro. Oppure controlli di velocità con il poliziotto che  esce letteralmente dal cespuglio a lato della strada e ti multa di qualche migliaio di corone per eccesso  di dieci chilometi in più rispetto al passaggio della macchina davanti al corrispondente limite di velocità. Di fronte a questa severità verso i comuni cittadini stride l’incompetenza della polizia di fronte ai seri criminali. Citavo prima la strage di Utoya e di Oslo in Norvegia dove un nazista nemmeno tanto addestrato ha messo per qualche ora un paese nel panico totale e tutto da solo senza complici.

La Svezia non se la passa meglio nel 2018 tre poliziotti  hanno sparato 25 proiettili ad ragazzo down che aveva con se una pistola giocattolo uccidendolo.(2). Ad Helsingborg la quinta città della Svezia esplode il portone della caserma centrale, nonostante le telecamere di sorveglianza e non riescono ad acciuffare i colpevoli.

Tanta inadeguatezza delle loro forze dell’ordine, in prevalenza addestrate con vecchi schemi che si adattavano ad una società cristallizzata e non all’attuale in continua evoluzione, con nuove micro mafie strutturate su base etnica.

 

Sanità

 

Ma non è solo la sicurezza a farne le spese di una ondata di migranti dalla bibliche proporzioni, anche la sanità viene messa a dura prova. I nuovi arrivati hanno gli stessi diritti degli scandinavi ma portano con se patologie  potenzialmente a rischio di contagio come epatiti di vario tipo, aids e via dicendo. Negli avanzati sistemi sanitari dei tre  paesi si ha accesso a costosi trattamenti che quasi sempre vengono concessi a titolo gratuito come per esempio in Svezia dove esiste la legge per prevenire il contagio che da diritto a questi farmaci a costo zero per il paziente. Tutto bello e tutto giusto non voglio mettere in questione il principio, ma se poi questo distoglie risorse per  gli specialisti ed in Lapponia servono tre mesi di attesa per avere un incontro con un ortopedico, allora la questione assume altre prospettive. La crescita dei partiti populisti nei tre paesi è dovuta principalmente al disagio per una sanità che sta mostrando di essere alla corda. Pur avendo la capacità critica ridotta al minimo, vedere la mancanza di risorse che si ripercuote sulle persone malate ha alzato frequenti lamentele a cui politici locali rispondo con vane promesse. Su questo tema per la prima volta si vive una lontananza abissale tra classe dirigente e popolo. Questa è vincolata a degli schemi neo liberistici di accoglienza e si scontra con l’incapacità sui temi sicurezza e sanità nel saperla gestire. Spesso anche il mondo sanitario è ostaggio di vecchie mentalità.

Faccio un esempio concreto: nonostante una libertà sessuale quasi senza  limiti, l’uso del profilattico è poco diffuso e soprattutto rarissimamente ci sono campagne nazionali per favorirne l’uso. In una conferenza sull’Aids chiesi ad una infermiera specializzata il perchè non si facessero campagne per stimolarne l’uso. La risposta fu “non è comodo farlo con il profilattico e la malattia è presente soprattutto tra gli stranieri”. Roba da far cascare le braccia, dette pubblicamente da una persona addetta ai lavori. Risultato le malattie sessuali sono diffusissime, sifilide e gonorrea hanno le maggiori percentuali rispetto al resto di Europa.(3). L’Aids rimane una malattia tipica dei nuovi arrivati ma casi di nuovi contagi anche tra gli autoctoni sono inevitabili nel substrato sociale sanitario descritto.

Un’altra caratteristica dei sistemi sanitari scandinavi è la loro valenza come supporto all’uomo o la donna come elementi del processo produttivo più che come individui. La medicina di prevenzione non esiste nella pratica, il vostro medico di base ogni 2-5 anni vi fa un “screening” di prevenzione? Ecco ringraziate di essere in Italia perchè in questi paesi esiste solo l’intervento sull’evento acuto, quello che necessita per rimettervi sul mercato del lavoro. Viene detto espressamente dai medici “il posto di lavoro ha una funzione sociale e quindi facciamo di tutto per riportarti in una pur minima funzionalità che ti consente di ritornarci rapidamente”. Sarà che ho troppo senso critico, causa la mia cultura classica, ma mi suona tanto come una versione gentile dell’ “arbeitet mach frei” (il lavoro rende liberi). Me ne convinco ancora di più se considero  a quanti bambini viene diagnosticata un ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), anche qui avendo come punto di riferimento scientifico culturale gli USA, si ha una percentuale di bambini che prendono anfetamina superiore a quella dei bambini italiani. In pratica un bambino iperattivo che avrebbe bisogno di genitori che gli prestano una attenzione particolare nella gestione, il che vuol dire tempo e sottrazione di questo al lavoro, ha ampie probabilità di essere messo sotto anfetamina. Le statistiche dicono che hanno migliori risultati scolastici ma le statistiche non contemplano la domanda etica “dareste a vostro figlio anfetamina per avere migliori risultati a scuola?” oppure “diminuireste il vostro “tenore di vita e possibilità di carriera per seguirlo meglio ed evitare una medicalizzazione?

Ognuno di noi troverà la risposta più confacente. A questo punto qualche lettore si chiederà se non ho calcato troppo la mano con i nordici e quindi per farmi perdonare vorrei chiudere con un capitolo positivo l’ambiente.

 

Ambiente

Riguardo l’ambiente va differenziata la situazione Danese, da quella di Norvegia e Svezia. La Danimarca è densamente popolata ha un agricoltura meccanizzata ed allenamenti intensivi di suini che hanno un discreto impatto ambientale. Avendo una densità che sfiora i 130 abitanti per km quadrato, le aree boschive sono molto limitate e si addensano nella parte nord e nelle tante piccole isole disabitate che circondano la penisola dello Jutland. L’attenzione e la cura a queste piccole aree naturali è giustamente maniacale e il  paese da una piacevole e rilassante sensazione di grande giardino. Questa cura per il proprio territorio ha un riscontro turistico in crescita, nonostante un clima non certo ideale, in quanto molto piovoso ed  ventoso.

Svezia e Norvegia possono essere assimilati dal fatto di avere una bassa densità di abitanti con la tendenza ad addensarsi nelle grandi città. Questo fa si che ci sono grandi territori lasciati alla boschi cultura affiancata da una sua filiera di trasformazione molto consistente a livello economico. In pratica i proprietari di terreno hanno piccole, medie entrate derivanti dalla vendita di legname. Possono scegliere se lasciare la gestione del taglio alle grandi cooperative che gestiscono la filiera industriale del legno oppure gestire in proprio il taglio guadagnando margini maggiori. La tassazione è pesantissima arriva al 50% del guadagno, ma si possono detrarre molteplici tipi di spese per la gestione e tutta l’IVA relativa. Questo fa si che si ha la tendenza ad acquistare abbondantemente macchinari che poi dopo 3-5 anni possono essere stornati dalla attività e venduti sul mercato dell’usato senza essere tassati.

Questi meccanismi abbassano di fatto la percentuale prima esposta. Questa cura del territorio produce un benefico effetto collaterale di un turismo ambientale soprattutto di provenienza tedesca e danese. I posti più pregiati dal punto di vista paesaggistico possono raggiungere prezzi di vendita assolutamente spropositati, ma indubbiamente è un meccanismo che crea ricchezza. Inoltre la gestione della caccia è ottimale tanto che che nel 2017 ci sono stati nella sola Svezia un maggiore abbattimento di alci rispetto al Canada che ha una superficie quasi venti volte superiore. Le stime dicono chiaramente che la popolazione di cervidi è estremamente fitta e produce danni consistenti ai boschi giovani. Nonostante pressione da parte della lobby del legno sui cacciatori ad abbattere più animali, questi (per la massima parte cittadini che vivono di altro) si oppongono ad aumentare gli abbattimenti e si limitano a percentuali che garantiscono una presenza abbondante delle specie per il futuro. Posso concludere che l’ambiente è il punto di forza di questi paesi sono bravi nella gestione e sono pragmatici nel fargli produrre del reddito. Se posso trovare un neo in Svezia si ha la tendenza ad un eccessivo consumo del territorio per aree commerciali edificate in orizzontale e non in verticale, consumando così decine di ettari di terreno pregiato dal punto di vista ambientale specialmente sulla costa occidentale.

Dovremmo imparare da loro, la cosa più di valore è la nostra terra, la gestione ottimale ed eco sostenibile dovrebbe essere un obbligo economico oltre che morale in un paese densamente abitato come l’Italia.

 

 

Max Bonelli

 

 

 

 

(1)

https://www.bra.se/bra-in-english/home/crime-and-statistics/crime-statistics.html

(2)

https://samnytt.se/polisen-avlossade-25-skott-mot-20-aring-med-downs-syndrom/

 

(3)

https://www.thelocal.se/20130605/48350

 

 

LA PALUDE COMBATTE DIETRO LE QUINTE_TRADUZIONE DI Giuseppe Germinario

Questo articolo rende l’idea della drammaticità dello scontro politico, senza esclusione di colpi, in atto negli Stati Uniti. Una ragione di più per apprezzare il lavoro di informazione ed analisi, unico in Italia, compiuto dal blog sull’argomento. L’estremo interesse dei contenuti fa giustizia di una traduzione non proprio accurata. Il tempo a disposizione è quello che è. Intanto siamo al secondo incidente (fortuito?) incorso al corteo presidenziale. O il terzo?_ Giuseppe Germinario

http://www.wsfa.com/2019/03/08/video-shows-crash-near-president-trumps-motorcade/?fbclid=IwAR38LKqwdf_88mTKUHD3slDDu5L4zbVjwp9iGLo3J2myTPF5ZPobc9LW6E0

Qui sotto il link originale https://www.nationalreview.com/2019/03/trump-fights-deep-state-swamp-fights-back/?fbclid=IwAR0eqyG21l0efZWk8ikvZRBgVZAlCbobF7gSzYWvzYlkyqTNXT8MdyTHWXQ

Mai prima d’ora nella storia della presidenza un comandante in capo aveva guadagnato l’antipatia di tanti – e sopravviveva per raccontare la storia.

Nota del redattore:  Il seguente estratto è adattato dal nuovo libro di Victor Davis Hanson,  The Case for Trump . Appare qui con permesso.

Trump era stato avvertito da amici, nemici e neutrali che la sua lotta contro lo stato profondo sarebbe stata suicida. Il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer, pochi giorni prima dell’insediamento di Trump, allegramente prevedeva (precursore della successiva ammonizione di Samantha Power) cosa potrebbe accadere a Trump una volta passato all’attacco dei servizi segreti: “Lascia che ti dica: se ti opponi alla comunità dei servizi segreti – Questi stessi hanno quindi sei giorni fino a Domenica per riscattarsi contro di te. ”

Ex funzionari degli apparati amministrativi erano privi di ritrosia nell’avvertire Trump di ciò che stava per accadere. L’analista antiterrorismo Phil Mudd, che aveva lavorato nella CIA e nell’FBI sotto Robert Mueller, aveva avvertito l’ospite della CNN Jake Tapper nell’agosto 2017 che “il governo ucciderà” il presidente Donald Trump. Uccidere? E qual sarebbe la ragione per cui il melodrammatico Mudd aveva dato la sua sorprendente previsione? “Perché lui non li sostiene.” Mudd ha poi elaborato: “Lascia che ti dia una punto fermo come ex funzionario del governo: Il governo sta per uccidere questo uomo (Trump). Il governo ucciderà questo uomo perché non li sostiene “. Mudd ha ulteriormente chiarito la sua metafora dell’assassinio:” Quello che sto dicendo è che il governo – la gente parla dello stato profondo – quando non rispetti i funzionari governativi in servizio da 30 anni, si chiederanno ‘Davvero?’ ”

E difficile accertare in quale misura Mudd fosse serio o esagerasse la profondità dell’odio dello stato profondo nei confronti di Trump.

Uno scrittore della London Review of Books , Adam Schatz, sembrava ancora più diretto. Riferì una supposta conversazione che aveva avuto con uno scienziato politico americano ben informato sulla casta permanente di Washington. Secondo lui, Schatz avrebbe assicurato che se Trump fosse stato eletto, probabilmente non sarebbe sopravvissuto al suo mandato: “Dovrà essere rimosso dal potere dallo stato profondo, o essere assassinato”.

Un altro progressista, l’ex sindaco di Cleveland, candidato alla presidenza, e il membro del Congresso Dennis Kucinich (D., Ohio), hanno confessato nel 2017: “L’intenzione è di abbattere il nostro presidente. Questo è molto pericoloso per l’America. È una minaccia per la nostra repubblica. Costituisce un pericolo chiaro e presente per il nostro modo di vivere. Quindi, dobbiamo chiedere: ‘Qual è la motivazione di queste persone?’ . . . Questo è un problema per il nostro paese. Dobbiamo proteggere la nostra nazione. Le persone devono essere consapevoli di ciò che sta succedendo, dobbiamo proteggere l’America. Non si tratta di democratico o repubblicano. Si tratta di cogliere ciò che sta accadendo in questo momento e capire che il nostro stesso paese è sotto attacco dall’interno “.

Ancora più drammatici sono stati i commenti fatti durante la presidenza Trump dal sempre onnipresente e sempre più loquace John Brennan riguardo la vendetta dello stato profondo. Brennan ha insistito sul fatto che la burocrazia permanente aveva un “obbligo. . . rifiutare di eseguire “qualsiasi ordine dal Presidente Trump che ritenesse anti-democratico. In tempi normali, quella vanteria avrebbe dovuto essere censurata come una chiamata insurrezionale a tutti, per rimuovere un presidente o almeno annullare il suo ufficio. Nella mente di Brennan, un burocrate in carriera poteva arbitrariamente decidere che un ordine esecutivo presidenziale di Trump era incostituzionale e quindi rifiutarsi di obbedire, o addirittura di bloccarlo. Tutte queste minacce rappresentavano il lato più serio dello stato profondo rispetto al famoso tripudio di attori e celebrità abitualmente impegnati a sdoganare, sotto la luce del sole, ogni tipo di complottismo e minaccie, come per esempio Alec Baldwin (“Dobbiamo rovesciare il governo degli Stati Uniti sotto Donald Trump”) o Rosie O’Donnell (“Voglio mandare i militari alla Casa Bianca per prenderlo”)

La composizione del team investigativo del procuratore speciale Mueller, e quasi una caricatura della natura e della composizione dello stato profondo. Non hanno neanche fatto finta di accennare ad una inchiesta neutrale, questo data la polarizzazione sulla nomina del consulente speciale e l’importanza di dover evitare persino l’accenno a eventuali conflitti di interesse: un’altra testimonianza del potere di New York-Washington conseguito con sapienza e maestria.

Gli annunci dei passi iniziali hanno reso i media di Washington e New York vertiginosi, come se avessero avuto la certezza che quelli della loro stessa tribù si sarebbero scatenati su Trump. Wired , ad esempio, ha pubblicato questo titolo il 14 giugno 2017: “Robert Mueller sceglie la sua squadra inevstigativa da sogno”. Vox , il 22 agosto, è stato entusiasta: “Incontra il team legale di tutte le star che potrebbero sconfiggere Trump”. The Daily Beast , due giorni dopo, vide la squadra in termini militari: “All’interno dell’esercito di Robert Mueller”.

I soldati “dell’esercito” possedevano tutti i curriculum giusti, con molti dei gradi richiesti dalle università giuste, la storia delle rivoluzioni di destra del governo e del lavoro del settore privato, e l’ideologia giusta – non tanto progressista quanto sposata all’idea che lo stato amministrativo era la vera espressione sobria e giudiziosa dei valori degli Stati Uniti. Altrimenti, in quasi ogni contesto immaginabile, l’azione della squadra del consulente speciale è stata compromessa all’inizio proprio dalla propria incestuosità e dai propri pregiudizi anti-Trump.

Due dei principali investigatori dell’FBI, Lisa Page e Peter Strzok, avevano una relazione amorosa a lungo nascosta, caratterizzata da migliaia di messaggi di testo impregnati da un odio prepotente nei confronti di Donald Trump e dal desiderio di assicurarsi che non fosse eletto presidente o che lo escludessero, che non dimostrasse di essere un presidente di successo. In vari scambi di testi, hanno fatto riferimento a una “polizza assicurativa” per impedire una presidenza Trump, nonché a tentativi deliberati di divulgare informazioni riservate alla stampa, anche nel contesto di danneggiare la campagna di Trump del 2016.

Strzok ha intervistato Michael Flynn (24 gennaio 2017) per conoscere la possibile collusione tra Trump e Russia, e in precedenza Clinton assiste Huma Abedin e Cheryl Mills in connessione con lo scandalo delle email di Clinton. Apparentemente tutti e tre avevano fornito informazioni fuorvianti; solo il primo consigliere di Trump finora è stato accusato di aver mentito all’FBI.

Sia Page che Strzok hanno comunicato con il vicedirettore Andrew McCabe riguardo all’idea di quella “assicurazione” che potrebbe suggerire iniziative per fermare l’elezione di Donald Trump, o ostacolare la sua presidenza. Quando l’ispettore generale rilasciò le prove dei loro pregiudizi e del coinvolgimento romantico, i due furono riassegnati. Ma a quanto pare Robert Mueller non ha immediatamente annunciato perché sono stati tolti dalla sua indagine. In stile “deep-state”, le loro partenze scaglionate sono state riportate dalla stampa come normali riassegnazioni e non collegate – come se informare il pubblico sul motivo per cui stavano andando via in qualche modo non sarebbe stato nell’interesse delle indagini di Mueller.

Nel maggio 2018, Page si è finalmente dimessa durante la polemica sui suoi velenosi scambi di messaggi di testo anti-Trump con l’agente Strzok e in previsione di un presunto devastante rapporto del prossimo ispettore generale. In esso, Strzok è citato in un testo rassicurante della pagina di agosto 2016 che non avrebbe mai permesso a Trump di diventare presidente: “No. No non è. Ricorderemo che questa citazione proviene da un investigatore dell’FBI che a breve sarebbe stato nominato da Mueller per indagare sulla possibile collusione tra Trump e Russia.

In modo simile, solo attraverso il rapporto dell’ispettore generale del giugno 2018, il pubblico apprese che un altro degli avvocati del FBI di Mueller – che in precedenza era stato assegnato all’indagine sulle email di Clinton – dopo che le elezioni si erano vantate in uno scritto a un avvocato dell’FBI della suo opposizione a Trump: “Viva la [ sic ] resistenza”. Ancora una volta, Mueller non ha rivelato se sapeva di tali pregiudizi quando ha assunto l’avvocato dell’FBI, tanto meno perché lo aveva trattenuto fino all’inizio del 2018, o perché il pubblico una volta di nuovo non fu informato delle circostanze della partenza tardiva di questo avvocato.

Qual è stato il risultato dell’animosità verso Trump che ho catalogato in questa serie? Nei primi due anni della sua presidenza, Trump non si è dimesso. Non è stato messo sotto accusa. Non è stato incriminato. Non è morto o è stato dichiarato non composto . Trump non ha governato come un liberale, come previsto da alcuni dei suoi critici di Never Trump. Non era stato spinto all’isolamento da luride esposizioni del suo passato di sciupafemmine nel decennio precedente da celebrità della televisione di Manhattan. Le previsioni di tutto questo e di più non erano più accurate delle precedenti previsioni che Trump non sarebbe mai stato nominato e certamente mai eletto.

Uno stato amministrativo, una palude, uno stato profondo, chiamalo come desideri, ha sbagliato sulla nomina di Trump, la sua elezione e il suo governo. Era giusto solo nei suoi avvertimenti che poteva essere rozzo e profano, con un passato orribile e una necropoli etica di scheletri nel suo armadio – un fatto compiuto da molto tempo e inciso sui voti dei suoi sostenitori.

In ogni fase, le previsioni erronee dello stato profondo provocavano un animus sempre più grande su un bersaglio che non era stato in grado di comprendere, molto meno di far deragliare, e finora non è stato in grado di distruggere. Entro l’autunno 2018, le ripetute previsioni oscure di esperti di notizie via cavo che l’ultima controversia presidenziale era una “bomba”, o segnato un “punto di svolta”, o offerto la prova che “le mura si stavano chiudendo”, o assicurato che “impeachment” si stava profilando all’orizzonte “non era altro che un pensiero di gruppo monotono e sceneggiato.

Mai prima d’ora nella storia della presidenza un comandante in capo si guadagnò l’antipatia della stragrande maggioranza dei media, gran parte dell’etablishement di carriera di entrambi i partiti politici, della maggioranza dei detentori della ricchezza personale accumulata della nazione, e della burocrazia federale permanente.

Ed essere sopravvissuto fino ad ora per raccontare la storia.

 

I SINDACATI E LA LOGICA DEL più uno, di Giuseppe Germinario

Il 9 febbraio sono riapparse a Roma con una importante manifestazione unitaria le tre confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL. Non accadeva da cinque anni. Un lungo letargo. La gestazione dell’iniziativa ha richiesto cinque lunghi mesi; si era praticamente agli albori del Governo Conte. Di fatto la negazione a prescindere di ogni credito al nuovo arrivato. Eppure lo stesso dibattito congressuale in CGIL aveva coltivato, in diversi momenti di questi ultimi mesi, l’impulso ad una maggiore autonomia del sindacato rispetto al quadro politico cogliendo esplicitamente l’occasione dell’avvento di una compagine governativa costituita da forze politiche prive di cordoni ombelicali nel movimento sindacale. A ben vedere però quel che appare come una professione di una autonomia, è in realtà una confessione di dipendenza da una delle componenti politiche schierate nell’agone. I militanti hanno visto in esso una manifestazione di orgoglio, un risveglio sia pur tardivo degli antichi fasti; si tratta in realtà di una implicita ammissione che quei cordoni sussistono tuttora con le forze avverse al Governo e sono tanto più vincolanti e stringenti quanto più quelle forze sono vicine alle leve di governo e di potere. Lo si è visto chiaramente con il Governo Monti, ma sostanzialmente l’atteggiamento non è cambiato con i tre governi successivi.

È stata ed è stata rappresentata comunque come una iniziativa unitaria. Quale sia lo spirito reale che guida i gruppi dirigenti lo si vedrà. Lo spettacolo offerto dall’avvicendamento degli oratori, accompagnati ciascuno dai propri declamatori, corifei ed angeli custodi, non è stato però convincente. Non sono nemmeno riusciti a garantire una ripresa televisiva comune degli interventi degli oratori. Una immagine a dir poco dimessa rispetto ai rituali solenni offerti dai palchi nell’epopea dei sindacati confederali unitari di quaranta anni fa.

Tutto sembrava avere soprattutto il sapore di una testimonianza piuttosto che la determinazione di un movimento ben determinato, in grado di conseguire propri obbiettivi significativi.

Non che questi mancassero. La piattaforma di ben sedici pagine è nutrita di indirizzi da perseguire, obbiettivi da raggiungere, critiche ai provvedimenti e all’impostazione generale di politica economica del governo. Alcuni fondati, altri pretestuosi, altri ancora espressione di impostazioni da esso divergenti, antitetiche.

La costante che informa il documento non si smentisce. Boccia senza appello la politica di bilancio del Governo come recessiva ed assistenziale. Non è stata necessario un grande esercizio di fantasia per escogitare le soluzioni. Le ritroviamo puntualmente in ogni piattaforma che si rispetti di questi ultimi decenni anche se in forme vieppiù edulcorate e ossequiose del verbo dominante. Un grande piano di investimenti nelle infrastrutture, nei servizi, nel recupero del territorio, nell’economia verde; risorse nazionali aggiuntive rispetto ai finanziamenti europei; sviluppo della ricerca scientifica, specie di base e delle applicazioni in apposite piattaforme industriali; politiche attive di formazione ed avviamento al lavoro. Così come puntualmente ritroviamo la ricorrente tentazione di un gruppo dirigente sindacale a rifugiarsi comodamente nell’autocompiacimento e nella funzione salvifica ed autoavverante degli slogan e delle parole.

Eppure i diversi gruppi dirigenti dovrebbero chiedersi il motivo della sterilità di questi propositi ricorrenti ormai da oltre quaranta anni.

Sono centri decisionali disposti alle più audaci acrobazie verbali, ma riluttanti a riesaminare i presupposti delle loro impostazioni o il contesto politico necessario a realizzarle, quantomeno ad accettare un dibattito aperto su di essi. Una cecità che impedisce loro di scorgere le novità di un Governo disposto a infrangere quei vincoli europei così duramente stigmatizzati. Una faziosità che impedisce loro di cogliere l’importanza del documento “politeia” dell’ex Ministro Paolo Savona, tra l’altro tutto interno alla logica europeista a loro così cara e congeniale. Nei quattro mesi di convulse trattative tra Governo e Commissione Europea non c’è stata una sola presa di posizione convinta, tanto meno una parvenza di mobilitazione a sostegno delle posizioni italiane. Al contrario non si è trovato di meglio che criticare la politica “muscolare” antieuropeista del Governo.

Eppure in momenti di distanze oggettive ben più stridenti e provvedimenti pesanti e provocatori verso il lavoro dipendente del quale si ritengono paladini, messi in atto da governi composti da forze “amiche”, le dirigenze sindacali si sono il più delle volte premurate di sottolineare le “basi comuni di confronto”, una formula gergale tipica di quel mondo, pur di non recidere le occasioni residue di contraddittorio.

Non si è trattata di totale passività. Alcuni passaggi significativi sono stati compiuti. La carta dei diritti universali del lavoro, il mantenimento di un livello sufficiente di contrattazione sono tra questi. Ma tutti sotto tono ed alcuni con una impostazione più aziendalistica che confederale.

Questi gruppi dirigenti si sentono investiti in realtà di una missione: combattere il populismo, il sovranismo e il nazionalismo, non poteva mancare il razzismo e il fascismo, senza alcuna distinzione tra di essi e con una visione dozzinale in nome dell’internazionalismo e dell’europeismo, sua variante continentale, del multilateralismo anch’esso ridotto ad una definizione altrettanto dozzinale, ignara del presupposto unipolarista. Dimentichi della base e della strutturazione nazionali delle relazioni internazionali e delle formazioni sociopolitiche, quindi degli stessi sindacati, vagheggiano di una comunità indistinta di dipendenti e proletari, a seconda della matrice ideologica, europei e mondiali e dell’esistenza di una conseguente funzionale organizzazione sindacale di quelle dimensioni.

Una fuga in avanti nella valutazione e sopravvalutazione di organismi sindacali sovranazionali sorprendente in gente adusa al pragmatismo e al realismo delle trattative e dello scambio.

Il risultato di questo opportunismo e di questi cordoni ombelicali non recisi sono una fuga in avanti per nascondere l’ambiguità nel presente.  Di fronte ad un contenzioso legato alla finanziaria da dirimere in pochi mesi la scelta è di proporre un aumento delle competenze del Parlamento Europeo e di una Commissione Europea di esso espressione. Quali siano il significato e la realizzabilità in tempi storici ragionevoli di tale proposito non viene spiegato; né viene sottolineato che comunque un tale processo dovrebbe essere implementato e gestito dagli stati nazionali europei così vituperati, nella loro varia ed eterogenea coloritura politica e di interessi.

La conseguenza è la fuga nella demagogia del “più uno” a prescindere. Più investimenti senza spiegare la loro realizzabilità con il rispetto dei vincoli di bilancio imposti dagli accordi europei. Non solo. Si rimuove del tutto il pur insufficiente sforzo di investimenti diretti ed indiretti alimentato dal Governo. A dispetto della ridondanza dei centri studi, in particolare della CGIL, ci si guarda bene da una disamina della logica vincolante di impiego dei fondi strutturali e di coesione comunitari anche per la componente integrativa nazionale, orientati ad accentuare la polarizzazione, il dualismo e la fragilità del sistema economico e delle imprese europee piuttosto che l’equilibrio e la coesione. Più spesa sociale e più ricerca connessa all’implementazione di piattaforme industriali è l’altro motivo che guida le danze, senza specificare i limiti e i veti comunitari posti all’intervento dirigistico dello stato e alla possibilità di creazione di imprenditoria autoctona e di sviluppo concordato e pilotato di grandi aziende strategiche in grado di sostenere gli stati e di competere nell’agone mondiale.

Una rimozione ed una fuga che consente il consolidamento sbandierato di sodalizi innaturali con controparti, in particolare Confindustria, costitutivamente incapaci di promuovere quelle stesse “politiche selettive” specie nella ricerca e nella scelta dei settori da potenziare propugnate dal sindacato. Sodalizi una volta inconcepibili o almeno da mantenere pudicamente riservati.

Messi alle strette sugli argomenti più sensibili, come quello dell’immigrazione e dell’emigrazione, piuttosto che porre il problema del controllo e della riduzione dei flussi immigratori secondo la condizione del paese di accoglienza e dando come esito naturale un risultato altrimenti frutto di azione politica recente, si rifugia in un altro marchingegno retorico: “non è questo il problema!”. Quello vero è la fuga all’estero di cittadini italiani, anche se non sono solo più questi soltanto ad andar via. Lo sono anche tanti immigrati formatisi da anni nel nostro paese.

Non rimane, per il resto, che la solita via di fuga della lotta salvifica all’evasione fiscale. La battaglia che consentirebbe di salvare capra e cavoli, il rispetto dei vincoli del deficit e la redistribuzione di reddito e gli investimenti. Nel suo approccio moralistico e ferocemente repressivo, avulso dalle ragioni economiche, politiche e sociali di tale fenomeno, il modo concreto per dissociare definitivamente il mondo del lavoro dipendente da quello autonomo. Una ipoteca definitiva alle ambizioni di rappresentanza generale di questi gruppi dirigenti.

I proclami e le rivendicazioni di autonomia dal quadro politico di questi gruppi dirigenti sindacali lasciano quindi il tempo che trova. Il richiamo della foresta appare irresistible. La stessa filippica di Landini contro le correnti sindacali più che dare alimento a questa esigenza di autonomia sembra dettata dal timore che nei sindacati possano sorgere nuove componenti organizzate secondo le trasformazioni politiche in corso. Uno spauracchio dettato dalla discrasia sempre più evidente tra la formazione politica dei gruppi dirigenti sindacali e l’orientamento politico ed elettorale di parti sempre più consistenti della base sindacale.

Le forze politiche costitutive di questo governo e quindi l’azione politica di quest’ultimo, nell’intento di plasmare la formazione sociale italiana, soffrono di due limiti difficilmente superabili secondo i tempi serrati ormai necessari:

  • la contraddittorietà e la scarsa lucidità politica sia negli obbiettivi che nella tattica da adottare specie nell’agone internazionale, in particolare atlantico ed europeista. Una carenza che rischia di dare assoluta priorità alle logiche meramente redistributive, ripiegate progressivamente secondo forme di assistenzialismo le più deleterie. In questo, l’abbandono di Paolo Savona rappresenta un segnale poco confortante
  • il marchio ideologico delle due forze, caratterizzato dal valore assoluto della democrazia diretta e dall’affermazione dell’autonomismo locale-regionale scevro da una determinazione chiara delle gerarchie e delle competenze rispetto allo stato centrale, elude pericolosamente la funzione delle forze intermedie nel determinare il funzionamento delle formazioni sociali complesse, tanto più in un regime crescente di decentramento e autonomie locali. Un ruolo forte che ad esempio ha consentito alla Germania, in presenza di un regime federalista, di mantenere la necessaria coesione e di essere politicamente più incisiva; almeno sino allo ieri prossimo

Il primo limite offre spazi inattesi alle rivendicazioni e alle denunce politiche nell’azione di forze di opposizione apertamente in crisi e prive di capacità egemonica. Il secondo lascia completo campo libero alla loro azione nelle rappresentanze degli organismi intermedi indispensabili come il sindacato. Le organizzazioni sindacali sono pur sempre strutture capillari di migliaia di funzionari e militanti presenti sul territorio, capaci ancora di una azione di interdizione significativa. Rischia paradossalmente di offrire su un piatto d’argento l’aura di difensori dell’unità nazionale alle forze politiche direttamente responsabili del condizione di degrado e subalternità politica del paese.

La differenza con il sindacato attivo tra gli anni ’60 e ’80 è evidente. Allora, il carattere confederale della loro azione politica era ispirato da una ipotesi di modello di sviluppo in gran parte velleitaria, ma sufficiente a dare un senso unitario e una prospettiva omogenea alle rivendicazioni. Godeva inoltre, pur in una condizione di progressivo degrado, del supporto sostanziale e fattivo di buona parte delle forze del centrosinistra e del PCI.

La asserzione attuale di confederalità, particolarmente vivace nella CGIL, rappresenta poco più di una affermazione di principio realizzata con atti di imperio e di mediazione pattizia, carenti di capacità egemonica. La ragione risiede nella mancanza di volontà di trarre le necessarie conseguenze politiche, specie rispetto alla Unione Europea, di una ipotesi accettabile di sviluppo e di autonomia politica del paese.

Essa è vittima di una visione dualistica delle contrapposizioni su scala planetaria; in pratica una proiezione, una sorta di deformazione professionale che vede il mondo diviso tra dipendenti e padroni, tra pochi grandi ed una moltitudine di poveri e subordinati

Il rifiuto aprioristico e indignato del famoso piano B dell’ex Ministro Savona vale in propsito più di cento proclami di difesa compassionevole “dei deboli”. Un atteggiamento tanto più sorprendente per professionisti della contrattazione adusi, nei più diversi frangenti, a sbandierare ed eventualmente mettere in opera piani di riserva.

Una confederalità, quindi, che rischia di trasformarsi in un simulacro frutto di una sommatoria di rivendicazioni di strati sempre più circoscritti e di iniziative rituali entro cui convogliare il malcontento generale. L’elezione di Landini, un personaggio particolarmente sensibile ed esposto alle intemperie e alla volubilità delle congiunture politiche e sociali, rappresenta per altro la sanzione definitiva di questa tendenza. Una propensione che spinge oggettivamente verso quell’alveo conservatore e reazionario in grado di paralizzare e polverizzare ulteriormente il paese.

https://www.radioradicale.it/scheda/565476/futuro-al-lavoro-intervento-conclusivo-di-maurizio-landini-alla-manifestazione

http://www.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2018/06/DocumentiCongrXVIIICGIL1.pdf

http://www.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2019/01/Documento-finale-conclusivo.pdf

PIATTAFORMA_UNITARIA_aggiornata

https://www.radioarticolo1.it/audio/2019/01/22/39032/camusso-il-lavoro-e-la-bussola-per-cambiare-il-paese

Capitali in fuga, Il grafico definitivo di Giuseppe Masala_2a parte

tratto da https://www.facebook.com/bud.fox.58/posts/2354181397973505

Parte seconda

qui la 1a parte http://italiaeilmondo.com/2019/03/05/il-grafico-definitivo-di-giuseppe-masala/

Ancora sul grafico “definitivo” aka “lo spread siamo noi”.

Come abbiamo visto ieri nel grafico “Target2 + Flussi Cumulati Bilancia Pagamenti” a fronte di 300 mld di euro di investimenti stranieri in Italia abbia 800 mld di investimenti italiani all’estero. Con un mostruoso saldo positivo di 500 mld di euro che in altri tempi sarebbe stato chiamato “fuga di capitali”. Una situazione chiaramente patologica dovuta al fatto che il maggior polmone di impiego di queste risorse è tenuto inattivo: lo stato non può indebitarsi in ossequio all’interpretazione delirante [ed in malafede] delle regole del trattato di Maastricht, del fiscal compact e di tutti gli altri lacci e lacciuoli (pil potenzale, output gap ecc) che sono gli strumenti con i quali siamo sottoposti a water bording fiscale.
Una situazione appunto gravemente patologica doppiamente: perché non permette allo stato di mobilitare le risorse risparmiate dai propri cittadini e che dall’altro lato spinge i propri cittadini a portare all’estero questi risparmi dove vengono sottoposti a repressione finanziaria ovvero a tassi reali negativi per finanziare la spesa pubblica (la mobilitazione di risorse) di stati esteri. Una doppia rapina: in Italia subiamo la rapina di non poter usufruire di servizi e opportunità che solo lo stato può offrire e dall’altro lato gli stati esteri ci saccheggiano con i tassi negativi.

Per rendere più chiaro quanto sia patologica questa situazione basta fare un piccolo esercizio con la mente: provate ad immaginare cosa accadrebbe se i 500 mld netti che abbiamo all’estero domani mattina rientrassero in Italia. Facile immaginare un enorme terremoto sui tassi di interesse: gli interessi sul debito pubblico italiano subirebbero un crollo di proporzioni enormi [con la incidentale conseguenza immediata di risanare i bilanci delle banche italiane, ma questo è un altro discorso]. Al contrario i tassi dei titoli di stato dei paesi che al momento beneficiano del risparmio italiano crescerebbero (ho detto Germania?). Ora io non ho gli strumenti e non ho manco la preparazione per poter fare delle stime ma non rimarrei sbalordito che se rientrasse in Italia un enorme flusso di danaro come quello di cui si parla (e contemporaneamente ovviamente uscisse dall’Estero in egual misura) fulmineamente i tassi italiani si abbasserebbero e quelli esteri si alzerebbero in egual misura a tal punto da polverizzare tutti gli spread di questo mondo. Ivi compreso il celeberrimo spread Btp/Bund. Vista in questo senso (ma non c’è da stupirsi essendo l’economia la più paradossale di tutte le scienze) l’impossibilità dello stato di potersi indebitare mobilitando il risparmio nazionale spinge il risparmio all’estero creando lo spread. Dunque è la stessa austerità nel caso italiano a creare lo spread. Una follia. Una follia parificabile a quella di far correre una persona con uno zaino alpino carico di sassi oppure simili a quella di curare una persona sana con un ciclo di chemioterapia come prevenzione alla possibile insorgenza di un tumore.

Come uscirne? Semplice:

1) Consenti agli stati che hanno un eccesso di risparmio “costretto” ad essere impiegato all’estero di indebitarsi fino all’assorbimento. Ma questo ovviamente non conviene a chi guadagna da questa situazione patologica (ho detto Germania?)

2) Distruggi l’asimmetria di fondo: non puoi avere un mercato finanziario unico per tutta l’Europa e poi il massimo “mobilitatore” di risorse non esiste. Ovvero non esiste un Ministero del Tesoro Europeo che emetta Eurobond e tutti i piccoli indiani dei singoli stati sono legati alla regola del 60% del debito/Pil e del 3% sul deficit/pil come se fosse la stessa cosa l’Italia che ha una bilancia commerciale, un saldo delle partite correnti e una bilancia dei pagamenti in forte attivo e oltretutto un colossale eccesso di risparmio e la Francia o la Spagna che vivono di trasferimenti netti dalla Germania.

3) Terza soluzione: salutare, riportare tutto a casa e andarcene educatamente.

Stiamo vivendo una enorme repressione fiscale (grazie al Trattato di Maastricht) e finanziaria (a causa dell’impiego dei risparmi italiani all’estero a tassi reali negativi) che si traduce nel più grande saccheggio della Storia italiana. Sipario.

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DANTE CESARE TELESFORO VACCHI. IL PORTOGALLO DELL’ESTADO NOVO E L’ITALIA.REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO_di Massimo Morigi

Lo scritto è composto per un terzo dal saggio e per il resto da note e richiami

Si tratta di un lavoro originariamente commissionato dallo Studio portoghese e “girato” poi anche in senso filosofico-politico; il senso, cioè, del Repubblicanesimo Geopolitico. Comunque, dal punto di vista storico, si parla del fascista ed ex repubblichino Dante Cesare Telesforo Vacchi, un italiano (e romagnolo) che agli inizi degli anni Sessanta creò dal nulla i commandos portoghesi per combattere la guerriglia nelle colonie africane (e per questo motivo “strategico” viene ampiamente elogiato: i portoghesi non sono stati molto contenti che ad un fascista sia stato riservato un così sentito apprezzamento ma la motivazione “strategica” dell’elogio e non dell’apologia del fascismo ha, alla fine, fatto passare tutto in cavalleria); mentre, dal punto di vista meramente tecnico, attraverso questo documento viene attuato un “congelamento” tramite WebCite ed Internet Archive, dei documenti presenti in Rete relativi a questo oscuro e molto importante personaggio (vedi seconda parte del documento; la ratio tecnica e filosofico-politica di questo “congelamento” viene comunque ben spiegata nella prima parte del documento). Strictu sensu non è l’articolo sull’ “oblio dello strategico” ma è, come recita il titolo un “atto di riparazione strategica” in favore di Dante Cesare Vacchi perché questo personaggio non venga dimenticato. Si tratta anche di un atto concreto contro “l’oblio dello strategico”: quindi, concretamente parlando, è un’applicazione concreta attraverso un concreto case study della strategia del Repubblicanesimo Geopolitico volta a combattere (e a far riaffiorare) il momento strategico. Ovviamente il prossimo contributo per “L’Italia e il mondo” partendo da Dante Cesare Telesforo Vacchi, parlerà proprio dell’oblio dello strategico, costituendo questo documento una sorta di premessa applicativa storico-politica. Giuseppe Germinario

I rapporti fra il Portogallo dell’Estado Novo e l’Italia fascista e del secondo dopoguerra in relazione al problema coloniale africano. Atto di riparazione strategica n°1: Primo inventario e “congelamento” tramite WebCite ed Internet Archive delle fonti Internet   riferentisi a Dante Cesare Vacchi, il creatore dei commandos portoghesi in occasione della guerra coloniale portoghese. Fonti primarie e secondarie presenti in Internet per una storia dei commandos portoghesi nella guerra coloniale del Portogallo in Africa, dei rapporti fra il Portogallo dell’Estado Novo ed Italia fascista e del secondo dopoguerra riguardo al problema coloniale africano e per un’applicazione su uno specifico case study, il fascista ed ex repubblichino  Dante Cesare Vacchi che crea i commandos portoghesi, della teoria politologica e filosofico-politica  del Repubblicanesimo   Geopolitico.   MASSIMO MORIGI

 

Full fadom five thy father lies;

Of his bones are coral made;

Those are pearls that were his eyes;

Nothing of him that doth fade,

But doth suffer a sea change

Into something rich and strange.

Sea-nymphs hourly ring his knell:

(Burthen: Ding-dong.)

 

William Shakespeare,  Ariel’s Song (The Tempest, Act 1, Scene 2)

 

Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di fronte alla scacchiera, poggiata su un’ampia tavola. Un sistema di specchi suscitava l’illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In realtà c’era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi e che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a questo apparecchio si può immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il fantoccio chiamato “materialismo storico”. Esso può farcela senz’altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com’è noto, è piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno.

Walter Benjamin, I Tesi di filosofia della storia

 

       Dante Cesare Telesforo Vacchi è uno di quei personaggi che la storia sembra ci abbia consegnato per sfidare (e quindi per sfidarci) tutti coloro che – sulla scia più o meno riconosciuta di Francis Fukuyama – vorrebbero  mettere la parola fine sul Secolo breve. Intanto perché pur partendo dal lato “sbagliato” del problema – Dante Vacchi durante la Repubblica Sociale Italiana aveva operato alle dirette dipendenze dei tedeschi in una formazione di controguerriglia, “La banda delle ombre” –, non accettò mai quello che di sicuramente c’era (e c’è) di terribilmente oscuro nella soluzione del problema stesso, la fine della storia, ed infatti dopo la RSI e dopo aver scontati alcuni anni di condanna per questo suo collaborazionismo, Vacchi, probabilmente, secondo quanto affermano – alcune in forma dubitativa altre con sicurezza ma senza esibire una decisiva documentazione – le poche fonti a disposizione, vorrà continuare la sua storia personale di uomo d’arme prima nella Legione straniera combattendo, forse, nelle guerre coloniali francesi d’Indocina e di  Algeria, e poi, e questo è invece chiaramente acclarato anche se non con abbondanza di fonti documentato, aiutando agli inizi degli anni Sessanta il morente impero coloniale portoghese dando un contributo fondamentale alla  creazione,  di sua personale iniziativa e attraverso il suo diretto impegno nella zona dove si svolgevano le operazioni di controguerriglia, dei costituendi primi nuclei di commandos portoghesi, che ebbero il loro primo battesimo del fuoco in Angola.

 

       Come Dante Cesare Vacchi sia non solo riuscito ad unirsi all’esercito portoghese che combatteva in Africa ma anche a diventarne una sorta di fondatore in un aspetto così importante (non solo allora in quella guerra coloniale perduta dal Portogallo ma ancor più oggi dove le forze speciali negli eserciti di tutto il mondo hanno assunto un ruolo sempre più importante e decisivo) non abbiamo, allo stato, alcun elemento affidabile per ricostruirlo: devono ancora essere, in primo luogo, indagati  i verosimili legami di Vacchi con la PIDE; gli – eventuali – contatti con l’OAS, l’Organisation de l’armée secrète  – i suoi commilitoni in Africa ritengono che Vacchi avesse appartenuto alla Legione straniera e che in questa veste avesse precedentemente combattuto contro il movimento di liberazione algerino, ma sono notizie solo di relato –,  poi, infine, con l’Aginter Press di Guerin Serac – che sebbene fondata nel 1966, ben prima dell’impegno di Vacchi in Angola, non nacque dal nulla ma sorse su un precedente terreno di fascismo internazionale debitamente coltivato dall’Estado Novo portoghese; ma tutti questi legami, cioè l’appartenenza organica di Vacchi all’ “internazionale nera” e le concrete modalità attraverso le quali questa appartenenza si estrinsecò, sono ovviamente, vista l’oscurità del personaggio,  ancora tutti da verificare. (Per i rapporti della PIDE con il fascismo italiano, sul ruolo della PIDE nella guerra coloniale del Portogallo in Africa e su come in questo contesto s’inserì l’operato dell’Aginter  Press di Yves Guérin-Sérac (vero nome: Yves Guillou) cfr. José Manuel Duarte De Jesus (com a  colaboração redaccional de  Inês De Carvalho Narciso), A guerra secreta de Salazar em Àfrica. Aginter Press: Uma rede internacional de contra-subversão e espionagem sediada em Lisboa, Dom Quixote, 2012, che però non fa menzione di Vacchi; e non menzionano Vacchi neppure Fabrizio Calvi, Frédéric Laurent,  Piazza Fontana: la verità su una strage, Milano,  Mondadori, 1997, che pur ottimo nel far affiorare i legami dell’Aginger Press con la strategia della tensione in Italia non nomina Vacchi; i fondamentali  Giuseppe De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1984, Id., La strage. L’atto d’accusa dei giudici di Bologna, Roma, Editori Riuniti, 1986 e Id., I servizi segreti in Italia. Dal fascismo all’intelligence del XXI secolo (nuova ed. aggiornata), Milano,  Sperling & Kupfer, 2010; l’utile per un primo approfondimento della problematica, ma corrivo, Andrea Sceresini, Internazionale nera. La vera storia della più misteriosa organizzazione terroristica europea, Milano, Chiarelettere, 2017 e l’assai più scientifico, ma ugualmente taciturno su Dante Vacchi, Eduardo González Calleja, Le reti di protezione del terrorismo di destra in Europa e il ruolo di Stefano Delle Chiaie e Yves Guérin-Sérac, in Carlo Fumian, Angelo Ventrone (a cura di)  Il terrorismo di destra e di sinistra in Italia e in Europa: storici e magistrati a confronto, Padova, Padova University Press, 2018; mentre solo per un’allusione in merito ai contatti di Dante Vacchi con l’OAS cfr. Fernando Cavaleiro Ângelo (pref. Óscar Cardoso), Os Flechas: A Tropa Secreta da PIDE/DGS na Guerra de Angola (1967-1974), 1a ed. Alfragide, Casa das Letras, 2017: «Durante a estada da OAS em Portugal, Óscar  Cardoso desconhece que os seus agentes tenham ministrado cursos de guerrilha às nossas  forças   armadas. Existiu, contudo, um Italiano, Dante Vacchi, que deu instruçao aos Comandos do […]». Citazione interrotta ed anche numero di pagina da noi non determinabile – citazione da noi riportata anche al congelamento n° 31 del presente repertorio – perché non si è avuta visione diretta del documento ma solo tramite il motore di ricerca di Google libri che, in questo caso, non mostra né la frase intera né il numero della pagina in cui si colloca la frase monca in questione: ovviamente sarà nostra cura, nel prosieguo della ricerca, verificare la forma cartacea di tutti quelle  fonti primarie e secondarie esistenti nella doppia versione cartacea ed “internettiana”. Per ultimo, e mai come in questo caso vale il detto last but not the least, sul ruolo svolto dall’Aginter Press per animare il terrorismo di destra internazionale e per contrastare i movimenti di liberazione in Africa cfr. – anche se quest’ultima fonte secondaria non nomina  Vacchi – il Grundtext di tutta la letteratura scientifica sull’argomento ‘internazionale nera’: Frédéric Laurent (avec la colaboration de Nina Sutton), L’Orchestre noir, Stock, 1978 (ultima edizione: L’Orchestre noir. Enquête sur les réseaux néo-fascistes, Paris, Nouveau  Monde éditions, 2013). E lo citiamo anche con un certo orgoglio, non foss’altro che un orgoglio di semplici (internettiani) archivisti,  perchè questo documento, che abbiamo appurato tramite ricerca effettuata con l’OPAC SBN – Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale – essere assente dalle biblioteche italiane collegate a questo sistema di ricerca telematica,  abbiamo noi accertato essere consultabile in Rete presso l’URL https://www.scribd.com/doc/198445048/L-orchestre-noir-pdf. Anche se questa fonte non nomina Vacchi ma in piena coerenza con la metodologia, esplicitata nel titolo di questo repertorio, di “congelamento” documentario delle fonti storicamente rilevanti presenti in Rete, vista l’importanza di questa fonte secondaria assente dalle biblioteche italiane e la cui consultabilità In Italia era in pratica, prima di questo nostro intervento,  affidata unicamente ad una piattaforma Internet commerciale di preservazione documenti, Scribd,   e che perciò non può dare alcuna garanzia in merito alla preservazione für ewig dei documenti ivi depositati,   abbiamo quindi proceduto a congelare URL e documento presenti in Scribd prima tramite WebCite agli URL  http://www.webcitation.org/75gGFlhra  e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fwww.scribd.com%2Fdoc%2F198445048%2FL-orchestre-noir-pdf&date=2019-01-24  (congelamento tecnicamente di scarsa qualità), poi a caricare su Internet Archive il documento formato PDF che siamo riusciti a scaricare dall’URL originale di Scribd: agli URL https://archive.org/details/LorchestreNoir e https://ia601500.us.archive.org/25/items/LorchestreNoir/L-orchestre-noir.pdf (operazione invece perfettamente riuscita) e poi a congelare URL e documento stesso generati dal caricamento su Internet Archive ricorrendo nuovamente a WebCite (in questo caso operazione parzialmente riuscita: ottimo risultato con salvataggio  all’URL   http://www.webcitation.org/75gHq68RX e totale fallimento al secondo URL prodotto da WebCite  per l’URL e il docunento in questione generati su Internet Archive  ,      http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601500.us.archive.org%2F25%2Fitems%2FLorchestreNoir%2FL-orchestre-noir.pdf+&date=2019-01-24: e i “congelamenti” non riusciti del presente inventario saranno sempre segnalati con una apposita nota). Per questa nostra “ridondanza” nel creare nuovi URL, vedi infra, dove vengono più ampiamente spiegati i criteri tecnici –  ma detto brevissimamente: rendere citabili le fonti Internet, altrimenti non citabili per la loro breve aspettativa di vita – che hanno presieduto alla creazione del presente inventario delle fonti Internet su Dante Cesare Vacchi.).

 

       Ancor più ovviamente, ça va sans dire, tutta la ricerca internettiana e cartacea di fonti primarie e secondarie che verrà svolta e, soprattutto, archivistica su Dante Vacchi troverà il suo snodo principale e momento di verifica risalendo a ritroso in una  ricerca sui rapporti fra  Italia fascista e Portogallo estadonovista e di come questi rapporti furono influenzati dai rispettivi problemi coloniali in Africa, in uno svolgimento dell’indagine basato sull’ipotesi  di una sorta di continuità di questi rapporti influenzati dal problema coloniale fra l’Estado Novo e l’Italia fascista prima e quella del secondo dopoguerra poi, rapporti, anche dopo la caduta della dittatura politica in Italia, in cui il fascista Vacchi non costituisce un episodio fortuito ma la manifestazione concreta – ed anche il simbolo incarnato attraverso la sua biografia politica – di una loro non  totale soluzione di continuità nonostante la pubblica differenza ideologica fra i due regimi politici e l’assenza da entrambe le parti durante il secondo dopoguerra di una qualsiasi forma di pubblicità di questi rapporti, specialmente per quanto riguarda il problema coloniale. (Durante il fascismo un preoccupato António Ferro intervistò Mussolini in merito ad un eventuale interesse dell’Italia sulle colonie africane portoghesi – cfr. , a questo proposito Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista e l’Estado Novo (dissertação de doutoramento, apresentada à Faculdade de Letras da Universidade de Coimbra, sob a orientação do Prof. Doutor Luís Reis Torgal e a co-orientação do Prof. Doutor Alberto De Bernardi), Faculdade de Letras da Universidade de Coimbra, 2012  e, ad ogni buon conto, forniamo ora anche una breve bibliografia dei lavori scientifici – ma ci risulta pressochè completa – sui rapporti fra Italia e Portogallo in rapporto al problema coloniale in epoca fascista: Vittorio Antonio Salvadorini, Italia e Portogallo dalla guerra d’Etiopia al 1943, Palermo-São Paulo, ILA Palma, 2000; E. D. R. Harrison, On Secret Service for the Duce. Umberto Campini in Portuguese East Africa, 1941-1943, “The English Historical Review”, Volune CXXII, Issue 449, 1 December 2007, pp. 1318-1349, https://doi.org/10.1093/ehr/cem347 e Daniele Serapiglia, Una questione d’impero: la stampa dell’Estado Novo di fronte alla guerra d’Etiopia, “Storicamente”, N° 12-2016 (data di pubblicazione: 23/04/2017, DOI:10.12977/stor653), pp. 1-42 ; e in Rete presso l’ URL https://storicamente.org/serapiglia_estado_novo_portogallo_fascismo, che rinvia al formato PDF del documento presso https://storicamente.org/sites/default/images/articles/media/1967/serapiglia_estado_novo_portogallo_fascismo.pdf; URL e documento da noi “congelati” tramite WebCite agli URL http://www.webcitation.org/75XUlBagX e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fstoricamente.org%2Fsites%2Fdefault%2Fimages%2Farticles%2Fmedia%2F1967%2Fserapiglia_estado_novo_portogallo_fascismo.pdf&date=2019-01-19 e ulteriore “congelamento” del documento presso Intenet Archive agli URL https://archive.org/details/UnaQuestioneDimperoLaStampaDellestadoNovoDiFronteAllaGuerra e https://ia801504.us.archive.org/30/items/UnaQuestioneDimperoLaStampaDellestadoNovoDiFronteAllaGuerra/Serapiglia_estado_novo_portogallo_fascismo2.pdf; documento caricato su Internet Archive a sua volta “congelato” e nell’URL e nel documento stesso sempre presso WebCite agli URL http://www.webcitation.org/75XVjtvid e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801504.us.archive.org%2F30%2Fitems%2FUnaQuestioneDimperoLaStampaDellestadoNovoDiFronteAllaGuerra%2FSerapiglia_estado_novo_portogallo_fascismo2.pdf&date=2019-01-19. Infine per quanto riguarda, su un piano più generale,  i rapporti fra Portogallo estadonovista ed Italia fascista, oltre a Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo cit.,   segnaliamo altre 5 tesi di laura o di dottorato – reperibili sempre solo in formato cartaceo – depositate presso l’Università degli Studi di Firenze: Pamela Fedeli, Il fascismo e “l’Estado Novo”. Le relazioni tra l’Italia e il Portogallo dal 1930 allo scoppio della Seconda guerra mondiale (relatore Antonio Varsori, corso di laurea: Scienze Politiche), 2000 (per accertarne la consultabilità rivolgersi alla Biblioteca di Scienze Sociali. Collocazione: SPTL2000000000371 depositata presso Biblioteca di Scienze Sociali); Alessandra Cillerai, I rapporti politici tra l’Italia fascista e il Portogallo nelle prime fasi della Seconda guerra mondiale (1938-1941) (relatore Antonio Varsori, corso di laurea: Scienze Politiche), 2001 (per accertarne la consultabilità rivolgersi alla Biblioteca di Scienze sociali. Collocazione: SPTL2001000000159 depositata presso Biblioteca di Scienze Sociali); Davide Daresta, Roma Universa: il fascismo e il consolidamento dell’Estado Novo di Salazar (relatore Bruna Bagnato, corso di laurea: Relazioni Internazionali e Studi Europei), 2013 (per accertarne la consultabilità rivolgersi alla biblioteca di Scienze Sociali. Collocazione: SPTL2013000000055 depositata presso Biblioteca di Scienze Sociali); Marco Francesco Ibba, Rapporti italoportoghesi (1939-1941), Università degli studi di Parma, 2011 e Vincenzo Pepe,  Rapporti italo-portoghesi (1942-1945), Università degli Studi di Parma, 2013; due tesi, ma in formato elettronico e presenti in Rete.  La prima della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Venezia: Alberto Ragogna, Il Portogallo: una sconfitta del progetto espansionistico fascista (Relatore prof.re Rolf Petri, Corso di Laurea in Scienze del Testo Letterario Moderno e Contemporaneo), Anno Accodemico 2008-2009 (agli URL https://www.academia.edu/31173194/Il_Portogallo_-_una_sconfitta_del_progetto_espansionistico_fascista e http://www.academia.edu/attachments/51601069/download_file?st=MTU0NzQ1NjY1NSwxMzcuMjA0LjEzMy4xNTU%3D&s=swp-splash-paper-cover; WebCite: salvataggio URL e documento tecnicamente non possibile; Internet Archive: https://archive.org/details/Il_portogallo_-_una_sconfitta_del_progettoEspansionisticoFascista e https://ia601500.us.archive.org/2/items/Il_portogallo_-_una_sconfitta_del_progettoEspansionisticoFascista/Il_portogallo_-_una_sconfitta_del_proget1.pdf; nuovo “congelamento” del documento di Internet Archive su WebCite: https://ia601500.us.archive.org/2/items/Il_portogallo_-_una_sconfitta_del_progettoEspansionisticoFascista/Il_portogallo_-_una_sconfitta_del_proget1.pdf e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601500.us.archive.org%2F2%2Fitems%2FIl_portogallo_-_una_sconfitta_del_progettoEspansionisticoFascista%2FIl_portogallo_-_una_sconfitta_del_proget1.pdf&date=2019-01-21). La seconda della Facoltà di Lettere dell’Università di Porto: Bruno João da Rocha Maia, A entrada da Itália na Segunda Guerra Mundial vista pela diplomacia portuguesa (1939-1940) (sob a orientação do Prof. Doutor Manuel Loff, dissertação de Mestrado em História Contemporânea), 2010 (documento presso l’URL https://repositorio-aberto.up.pt/bitstream/10216/57339/2/tesemestbrunomaia000127777.pdf; WebCite: http://www.webcitation.org/75YzJ4e5d e http://www.webcitation.org/75YzV5elI; Internet Archive: https://archive.org/details/tesemestbrunomaia000127777 e https://ia801508.us.archive.org/14/items/tesemestbrunomaia000127777/tesemestbrunomaia000127777.pdf  e, infine, nuovo “congelamento” del documento di Internet Archive su WebCite: http://www.webcitation.org/75Z0QAhLT e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801508.us.archive.org%2F14%2Fitems%2Ftesemestbrunomaia000127777%2Ftesemestbrunomaia000127777.pdf&date=2019-01-20) e, infine, un’altra tesi, sempre in formato elettronico e sempre in Rete, Vera Margarida Coimbra De Matos, Portugal e Itália. Divergências e  convergências em quarenta e  três anos de relações diplomáticas (tese de Doutoramento em Altos Estudos em História, especialidade de Época Contemporânea, orientada pela Professora Doutora Maria Manuela Tavares Ribeiro, apresentada ao Departamento de História, Estudos Europeus, Arqueologia e Artes da Faculdade de Letras da Universidade de Coimbra), setembro 2014, che per l’arco temporale che copre riguardo i rapporti fra il Portogallo dell’Estado Novo prima e “democratico” poi e l’Italia fascista prima e sempre “democratica” poi – dal capitolo 1: “Salazar, Mussolini e a diplomacia luso-italiana” fino all’ultimo cap. 3 : “A Itália e a  negociação da  adesão de Portugal à CEE” – è documento con intenti di ricerca in qualche modo paralleli ai nostri ma che, piuttosto che cercare come nella nostra ricerca che prende le mosse dal case study di Dante Vacchi che fonda i commandos portoghesi le linee di continuità dei rapporti dell’Italia fascista e dopo dell’Italia del secondo dopoguerra col Portogallo dell’Estado Novo, privilegia in questi rapporti le soluzioni di continuità fra l’Italia fascista e “democratica” poi (ovviamente, non viene menzionato Dante Vacchi, ma su questo non è da muovere alcun appunto, perché Vacchi è un illustre sconosciuto che la nostra ricerca intende finalmente mettere sotto i riflettori; più grave, invece, che non venga menzionata l’internazionale nera, in cui fascisti italiani ebbero un peso di rilievo e come viene messo invece in luce in  Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista e l’Estado Novo cit., pp. 404-424, dove si analizzano, fra gli altri, i rapporti di Pino Rauti con l’Estado Novo). L’URL originale di questo comunque importante documento è https://estudogeral.sib.uc.pt/bitstream/10316/26785/1/Portugal%20e%20It%C3%A1lia%20%3A%20diverg%C3%AAncias%20e%20converg%C3%AAncias.pdf, successivo nostro “congelamento” presso WebCite agli URL http://www.webcitation.org/75ZTbsQJJ e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Festudogeral.sib.uc.pt%2Fbitstream%2F10316%2F26785%2F1%2FPortugal%2520e%2520It%25C3%25A1lia%2520%253A%2520diverg%25C3%25AAncias%2520e%2520converg%25C3%25AAncias.pdf&date=2019-01-20 ; presso Internet Archive: https://archive.org/details/PortugalEItlia_DivergnciasEConvergncias e https://ia801507.us.archive.org/28/items/PortugalEItlia_DivergnciasEConvergncias/PortugalEItlia_DivergnciasEConvergncias.pdf  e  infine, more solito,  nuovo “congelamento” del documento di Internet Archive su WebCite: http://www.webcitation.org/75ZUSYyvl e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801507.us.archive.org%2F28%2Fitems%2FPortugalEItlia_DivergnciasEConvergncias%2FPortugalEItlia_DivergnciasEConvergncias.pdf&date=2019-01-20. Mentre per quanto riguarda le fonti secondarie che non sono  tesi di laurea o di dottorato ma saggi  di indiscusso alto contenuto scientifico ma diffusi solo attraverso la classica editoria in cartaceo  segnaliamo   Mario Ivani, Il Portogallo di Salazar e l’Italia fascista: una comparazione, “Studi Storici”, 2005, n° 2, pp. 347-406; Id., Esportare il fascismo: collaborazione di polizia e diplomazia culturale tra Italia fascista e Portogallo di Salazar (1928-1945), Bologna, Clueb, 2008; e sempre per quanto riguarda la collaborazione e le affinità culturali tra il Portogallo estadonovista e l’Italia fascista, Goffredo Adinolfi, Ai confini del fascismo: propaganda e consenso nel Portogallo salazarista (1932-1944), Milano,  Franco Angeli Editore, 2007; Id.  L’uomo che costruì il consenso di Salazar. L’itinerario politico di   António Ferro dal futurismo al salazarismo, “Nuova Storia Contemporanea”, 2007, n° 4, pp. 61-75; Jorge Pais de Sousa (prefácio de Luís  Reis Torgal), Uma Biblioteca Fascista em Portugal. Publicações do Periodo Fascista Existentes no Instituto do Estudos Italianos da Facultade de Letras da Universidade de Coimbra, Coimbra, Imprensa da Universidade de Coimbra, 2007. Infine, dopo i documenti presenti in Rete sulle reazioni portoghesi sull’aggressiva politica estera del regime fascista,  Bruno João da Rocha Maia, A entrada da Itália na Segunda Guerra Mundial vista pela diplomacia portuguesa (1939-1940) cit. e Vera Margarida Coimbra De Matos, Portugal e Itália. Divergências e  convergências em quarenta e  três anos de relações diplomáticas cit.,  un’ultima segnalazione di una fonte secondaria in cartaceo  che riguarda la reazione della diplomazia portoghese verso l’ invasione italiana dell’Etiopia e che completa l’elenco dei già menzionati Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista e l’Estado Novo cit.,  Vittorio Antonio Salvadorini, Italia e Portogallo dalla guerra d’Etiopia al 1943 cit., E. D. R. Harrison, On Secret Service for the Duce. Umberto Campini in Portuguese East Africa, 1941-1943 cit. e  Daniele Serapiglia, Una questione d’impero: la stampa dell’Estado Novo di fronte alla guerra d’Etiopia cit. : Maria Antonieta Gomes Raposo, A invasão da Etiópia em 1935 vista pela diplomacia portuguesa, Lisboa,  Edições Colibri, 2003, opera comunque utile per un primo approfondimento della problematica.).

       Comunque sia, Dante Cesare Vacchi nel corso di questo sua importantissima e straordinaria vicenda all’interno di un ganglio vitale dell’Estado Novo, l’esercito portoghese, e contro i movimenti di liberazione africani attraverso la creazione di sua mano di un fondamentale settore dell’esercito portoghese (a riprova dell’assoluta necessità di un lavoro da svolgere sulla sua figura, a nostra notizia vi sono solo quattro  saggi  sulla guerra coloniale portoghese che parlano  di Vacchi: il primo è il summenzionato lavoro di Fernando Cavaleiro Ângelo. Os Flechas cit.;  il secondo è John P. Cann,  The Fuzileiros: Portuguese Marines in Africa, 1961–1974, [S. l.], Helion & Company, 2016, dove a p. 24 si citano come fotografi del conflitto Anne Gaüzes, giornalista e probabilmente la donna dell’uomo d’arme italiano, e Dante Vacchi, vedi congelamento n. 26 del repertorio il terzo è Idem, The Flechas: Insurgent Hunting in Eastern Angola, 1965-1974, [S. l.],  Helion & Company,  2013 (di questo lavoro segnaliamo anche la sua versione in portoghese, sulla quale però non è stato possibile verificare, tramite Google libri,  se Vacchi vi sia citato: John P. Cann, Óscar  Cardoso, Os Flechas. Os Caçadores Guerreiros do Leste de Angola 1965-1974, Parede,  Tribuna da História, 2018), dove a pp. 17-18, al capitolo secondo “Learning counterinsurgency” si scrive: «As the war progressed, particurarly  the reoccupation of the north, the urgent need for specially trained troops became clear, that is those troops whose training went well beyond the traditional instruction and even beyond that of the CCEs.  Such troops would be formed into units capable of operating independently for extended periods in the field. This need came to the fore during the employment in early 1962 of an infantry battalion to the vicinity of Nóqui, a frontier port of the Congo River. Accompanying the battalion was an Italian journalist, Cesare Dante Vacchi, who held a wealth of combat experience from both Indocina and Algeria and wrote for Paris Match. He befriended the officers and men of the battalion, and, as he learned their language, began to offer instruction based not only in the technical tradecraft of soldiering but also, and more importantly, in the psychological preparation that enabled the troops to acclimate quickly to the confusion of combat. As the strong results of Vacchi’s coaching became widely apparent, it was felt that this more sophisticated and advanced preparation should be the basis of a specialized body of highly capable troops. Consequently, in late 1962, after extensive briefings of key generals, Colonel José Bettencourt Rodrigues, the Chief of Staff of the Military Region, was given a free hand in establishing the new units and their training centre at Zemba, a site about 80 miles northeast of Luanda. In 1963, the first of these new troops, called commandos, were deployed in small numbers and organized in platoon-sized commando groups (grupos de commandos). In September 1964, the 1st Company of Commandos began operations from Belo Horizonte, the new commando base located in the North of Angola. These commandos also proudly wore the new, distinctive crimson beret.», mentre a p. 7 dello stesso saggio viene riprodotta una foto relativa al confine nord fra Angola e Congo che nella didascalia viene attribuita a Dante Vacchi, vedi congelamento n. 31 del  repertorio; il quarto è José Freire Antunes, A Guerra de África – 1961-1974, Lisboa, Círculo de Leitores, 1995,  dove Dante Vacchi, secondo il motore di ricerca di Google libri, viene citato tre volte, pp. 233, 234 e 464: a p. 233 dove Vacchi viene definito giornalista di “Paris Match”, a p. 234 dove lo stralcio dell’immagine della pagina operata da Google libri non ci consente di dire molto altro tranne che segnalare la citazione ed infine p. 464 dove compare un diretto riferimento alla PIDE ma dove l’immagine restituitaci da Google libri esclude il nome di Vacchi, nonostante il motore di ricerca di Google libri ci abbia indirizzato anche a quella pagina. Per più dettagli in merito al saggio di José Freire Antunes, vedi congelamento n. 34 del presente repertorio delle fonti Internet e, ad ancora maggior ragione,  vale pure qui la necessità della verifica sulla forma cartacea dei documenti esistenti nella doppia versione cartacea ed “internettiana”) si era conquistato  una enorme stima da parte dei suoi compagni portoghesi impegnati in Africa nella guerra contro i movimenti di liberazione ma questo eccezionalmente positivo apprezzamento verso Dante Cesare Vacchi non fu elargito solo dai militari che furono da lui istruiti sul campo nelle operazioni di controguerriglia (vedi video e relative interviste ai suoi commilitoni al “congelamento” documentale della scheda n° 1 del presente inventario) ma anche da parte delle alte sfere del regime estadonovista, visto che già nel 1961, ancor prima del suo impegno nelle operazioni di controguerriglia in Angola, Vacchi aveva potuto intervistare e fare un servizio fotografico su Salazar. («L’intervista fu pubblicata in portoghese sulla rivista «Notícia» del 14 luglio 1961, accompagnata da tre fotografie di Salazar. Il reportage è annunciato con le seguenti parole: «pela primeira vez um jornalista consegue penetrar na intimidade do presidente português». La stessa intervista sarà poi pubblicata in italiano nel n° 60 (anno XIII) di «Epoca», dell’8 aprile del 1962, con il titolo Come ho fatto a fotografare Salazar in casa sua. La singolare avventura di un giornalista a Lisbona (pp. 44-47, 49, 50)»: Giovanni Damele, Dante Vacchi e i Comandos portoghesi. Appunti per una ricerca, p. 3. Questo articolo del Damele, allo stato il primo lavoro con criteri scientifici su Vacchi, è stato da noi reperito in Rete e non siamo riusciti a sapere se prima o contestualmente sia stato pubblicato in cartaceo. Ad ogni buon conto, al punto 2 di questo inventario forniamo l’URL presso il quale è possibile prenderne visione assieme ai “congelamenti” WebCite ed Internet Archive che consentono a questo articolo di diventare una fonte internettiana di sicura e durevole citabilità).

       Non è questa la sede per ricostruire la biografia di Cesare Dante Vacchi («Dante Cesare Telesforo Vacchi [era] nato a Conselice il 21 maggio del 1925 da Giuseppe e Anita Gentilini [e] Morirà a Cervia il 5 maggio del 1994.»: Ivi, pp. 4 e 8) anche perché – anzi soprattutto perché – attualmente la documentazione disponibile è veramente scarsa (per esempio, per quanto  riguarda il suo ruolo svolto nella formazione dei commandos portoghesi, al momento, a parte le fonti primarie e secondarie in Rete qui inventariate e “congelate”, siamo venuti a conoscenza, anche se non ancora nella nostra disponiblità nella forma cartacea, solo dei summenzionati quattro saggi a stampa che menzionano – e tre, a quanto pare, anche piuttosto di sfuggita – Dante Vacchi); basti dire che a parte le sue non numerossime iniziative pubblicistiche e giornalistiche (Dante vacchi era anche giornalista, o perlomeno amava presentarsi come tale), non sappiamo veramente molto altro, a parte il già accennato impegno come consigliere militare, di Dante Cesare Vacchi e quindi per cominciare a tracciare un profilo di questo personaggio la ricerca dovrà esaminare, oltre alle fonti archivistiche e testimoniali portoghesi, oltre i  summenzionati saggi  (le citazioni che abbiamo tratto da questi non derivano da una visione diretta dei  documenti  in questione ma sono state fatte tramite motore di ricerca all’interno della pagina Google libri, ricerca che potrebbe avere omesso, visto che in Google libri alcune pagine non vengono pubblicate, altri luoghi dove viene citato Vacchi; e tanto per sottolineare la necessità di andare oltre questa prima forma di approfondimento tramite Internet sui saggi sulla guerra coloniale portoghese, di John P. Cann segnaliamo anche Counterinsurgency in Africa: The Portuguese Way of War, 1961-1974,  [S. l.], Praeger,1997, saggio sul quale il motore di ricerca non ha fornito alcun riscontro su Vacchi ma che, per le suddette ragioni, non è proprio detto che Vacchi non vi compaia in qualche modo) e oltre anche tutti i lavori dei diversi autori che si sono occupati della guerra coloniale portoghese (ma che in relazione alla ricerca Google non hanno dato alcuna segnalazione positiva su Dante Vacchi), anche le opere a stampa di Dante Vacchi, che  riguardano – ma non solo  – l’Angola, sulle quali finora non è stato compiuto alcun lavoro scientifico e delle quali forniamo ora un elenco che – presumibilmente –  dovrebbe essere completo (il presente inventario riguarda le fonti Internet  e dei lavori giornalistici di Vacchi, in cui pur sappiamo dalle fonti Internet fin qui consultate che Vacchi pur vi si cimentò – per es. l’intervista a Salazar – in Internet praticamente non v’è rimasta alcuna traccia né per quanto riguarda una immisione in Rete del testo di questi articoli né, tantomeno, anche per la sola citazione di essi e questa situazione è analoga anche per i libri che in vita pubblicò, di cui siamo venuti a conoscenza solo tramite il sistema OPAC e nessuno dei quali è stato immesso in Rete: libri e articoli di Vacchi dovranno quindi necessariamente subire un esame in cui la ricerca internettiana è quasi interamente fuori gioco): Anne Gaüzes, Dante Vacchi, Angola 1961-1963, Lisboa, Bertrand, 1963, libro sugli inizi della guerra in Angola, da noi non ancora esaminato. Scrive di questo libro Giovanni Damele, Dante Vacchi e i Comandos portoghesi cit., pp. 2-3: «Una prima ricostruzione basata su materiali reperibili in Portogallo, e compiuta in gran parte dal già citato tenente colonnello Neves, consente di datare al 1961 l’arrivo in Angola di Dante Vacchi, il quale si identifica come fotoreporter di «Paris Match», con il compito ufficiale (evidentemente autorizzato dallo stato maggiore portoghese) di realizzare un reportage sul contrasto della guerriglia indipendentista. Il reportage darà in seguito origine al volume Angola 1961-1963, scritto in coautoria con Anne Gaüzes.»; Dante Vacchi, Penteados de Angola [S.l., s.n., ma Lisbona, Litografia Portugal ], 1965, libro fotografico contenente 53 foto sulle acconciature delle donne angolane, da noi non ancora esaminato ma che dalle fonti Internet da noi consultate, vedi congelamenti n. 8,  9 e 14, appare come un testo con evidenti intenti di documentazione etnografica; Dante Vacchi, Anne Gaüzes, Porto, Seixal, Mundet & C., 1965 (il libro è stato pubblicato anche in Italia, con lo stesso titolo, probabilmente in italiano, a Milano, sempre nel 1965 presso l’editore Alfieri & Lacroix; entrambe le edizioni, portoghese ed italiana, da noi non ancora esaminate. Vacchi volle presentare personalmente questo libro a Salazar e per questo scrisse una lettera al dittatore portoghese chiedendo di essere ricevuto, cfr. Giovanni Damele, Dante Vacchi e i Comandos portoghesi cit., p. 3); Anne Gauzes, Dante Vacchi, Raffaello: la Stufetta del cardinale Bibbiena, Lugo di Ravenna,  Bruno Contarini, 1976, libro da noi non ancora esaminato; Dante Vacchi, La mano monca di Dio: cinque anime in striptease, una serie di malattie a puntate, un esercito alla formalina, donne rurali in video regionale, femmine pappagalle mal scopate, un uomo ex pugnetta con carta da visita, Ravenna [S. n., s.d., ma probabilmente EB, 1979], libro da noi non ancora esaminato; Dante Vacchi, Il padrino verde,  Ravenna, Brigantino, 1983, libro da noi non ancora esaminato; Dante Vacchi, Anne Vuylsteke (il vero nome di Anne  Gaüzes), Les jésuites en liberté, Paris, Filipacchi, 1990, libro da non non ancora esaminato, vedi recensione al congelamento n. 14.

        E parliano ora un po’ più a fondo, dopo i precedenti brevi cenni,  della ratio tecnica di questo documento, questo Primo inventario delle fonti Internet riferentisi a Cesare Dante Vacchi,  la cui compilazione è propedeutica ad una ricerca (su Dante Vacchi che fonda i commandos portoghesi) volta all’applicazione e alla verifica della  teoria politologica e filosofico-politica del Repubblicanesimo Geopolitico. Quasi tutto quello che allo stato ci è dato sapere su Dante Vacchi proviene da fonti internettiane ma questo tipo di fonti scontano un terribile peccato originale, sono volatili ed è stato calcolato che la  loro durata prima di svanire nel nulla sia in media quattro-cinque anni (quando va bene). Se si vuole quindi  iniziare a costruire un percorso di ricerca su Dante Cesare Vacchi, è prima di tutto necessario “congelare” e gli URL originali  attraverso i quali possiamo risalire a questa prima documentazione su Dante Vacchi e i documenti stessi che attraverso questi URL possono essere consultati. Dopo i download da Internet, siamo quindi ricorsi agli upload sia verso WebCite sia verso Internet Archive e le pagine e gli indirizzi salvati con questa procedura sono 34 (fra i quali è compreso anche il salvataggio ma solo su Internet Archive, tecnicamente l’unica opzione possibile, di tre video sui commandos portoghesi originariamente postati su YouTube: due menzionano il Vacchi, uno no – si tratta di un documento filmato che sottolinea il ruolo della PIDE nella guerra coloniale portoghese – e  quest’ultimo l’abbiamo incluso in questo inventario perché contiene materiale filmato  comune con uno dei due che menziona Vacchi, e ciò ci fa capire quanto la memoria su Vacchi fondatore dei commandos portoghesi sia a tutt’oggi un campo di scontro e divisivo).

       Anche se per tutte le pagine oggetto di download si è provveduto al doppio congelamento WebCite ed Internet Archive (ed inoltre le pagine caricate su Internet Archive sono state a loro volta congelate tramite WebCite, in modo da far svolgere ad  Internet Archive anche il ruolo di una sorta di sito originale di secondo livello: come già sottolineato, per noi la ridondanza è un valore assoluto) non sempre questo doppio “congelamento” ha dato esiti positivi, nel senso che è capitato che non sempre una delle due piattaforme abbia accettato i documenti che venivano caricati. Ma anche nel caso di questi fallimenti siamo comunque riusciti con questa procedura del doppio “congelamento” – e variando il formato originario del documento che si voleva “congelare”: tutti i documenti in HTML sono stati convertiti in Word ed in PDF  – a salvare ogni documento rendendone possibile la citabilità, e proprio perché si sta svolgendo un lavoro scientifico che anche nell’onesto rendiconto meramente tecnico del suo procedere deve trovare uno dei suoi capisaldi, questi fallimenti non sono  stati cancellati dall’inventario e il lettore potrà benissimo personalmente avvedersene cliccando sull’URL che non ha prodotto un felice risultato (ed anche leggendo l’apposita nota che indica il fallimento).

       Un ultimo breve accenno sull’impostazione del presente inventario. Come abbiamo già detto, l’inventario contiene il “congelamento” a scopo di citabilità scientifica di 34 documenti scaricati da Internet. Nei “congelamenti” effettuati su Internet Archive, nella pagina offerta da questa piattaforma per illustrare i documenti ivi caricati, abbiamo ritenuto di inserire, oltre il “congelamento” dell’URL  su WebCite e l’URL originario del documento stesso, anche  i  salvataggi su WebCite ed Internet Archive di tutti i rimanenti documenti dell’inventario, in modo che, attraverso anche un solo documento “congelato” su Internet Archive, sia possibile avere a disposizione tutto l’inventario e quindi risalire a tutti i documenti dell’inventario stesso.

       Insomma questa introduzione, a cui seguono immediatamente i 34 documenti “congelati” sia nell’URL che nel testo e debitamente numerati progressivamente nell’inventario (la sequenza di questa numerazione è unicamente quella dell’ordine cronologico con cui i documenti sono giunti alla nostra conoscenza), è posta alla fine della presentazione di ogni pagina salvata su Internet Archive e, prima ancora del presente inventario completo, è messa nella pagina di presentazione di Internet Archive anche quella parte dell’inventario stesso, ovviamente debitamente contrassegnato dal numero ordinale, relativo al documento in questione.

       Inoltre, nel completamento di questo inedito – e sotto molto aspetti autenticamente rivoluzionario – lavoro archivistico internettiano teso a rendere citabile tutta una serie di fonti presenti in Rete indispensabili per scrivere una storia dei rapporti fra il Portogallo estadonovista e l’Italia fascista e del secondo dopoguerra con particolare riguardo al problema coloniale, questo stesso inventario – con questa sua nota introduttiva – ha avuto il suo debito “congelamento” tramite la piattaforma Internet Archive (per ovvie ragioni non è stato possibile il congelamento primario dell’URL e del documento su WebCite perché si tratta di un documento originale  che non è stato scaricato da Internet ma, comunque, sempre in omaggio al principio di ridondanza –  e come si è fatto, quando possibile, per tutti i documenti dell’inventario – , l’URL e il relativo documento generati da Internet Archive sono congelati su WebCite).

       Per finire, una veloce spiegazione della inedita locuzione che s’incontra all’inizio del sottotitolo dell’inventario ‘atto di riparazione strategica’. Come enuncia il resto del sottotitolo, il percorso di ricerca che prende inizio dall’indagine  sulla figura di Dante Vacchi è (e sarà) ispirato dall’impostazione politologica e filosofico-politica del Repubblicanesimo Geopolitico, il quale trova il suo caposaldo, in radicale antitesi all’ideologia universalistica di derivazione giusnaturalistica ed illuministica,  nel momento geopolitico, il quale però abbia definitivamente perso ogni automatismo meccanicistico di origine positivista e/o neopositivista che segnava negativamente, anche se non ne annullava il profondissimo valore euristico e dialettico,  la vecchia geopolitica novecentesca (in Friedrich Ratzel, il fondatore della geopolitica e il creatore del termine ‘Lebensraum’, il termine ‘spazio vitale’ di suo conio trovava il suo ambiguo significato fra uno stretto determinismo di stampo positivistico e un sottofondo vitalistico più aperto ad una sua espressività dialettica; Rudolf  Kjellén, il creatore del termine ‘geopolitica’, nel  suo Staten som lifsform del 1916[1]Lo Stato come forma di vita – era parimenti pencolante fra un’interpretazione deterministica di questa forma di vita ed una più dinamica e dialettica) e abbia, al contrario, positivamente ed integralmente accolto, fino a depurarla al suo massimo grado e quindi consentendone la sua più piena entelechia, la filosofia della prassi di matrice idealistico-hegelo-marxiana.

       Ed è appunto attraverso  questa rinnovata filosofia della prassi (i  cui capostipiti sono il Niccolò Machiavelli del Principe e  dei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio e il Giambattista Vico della Scienza Nuova  e della De antiquissima Italorum sapientiaverum  et ipsum factum  e verum et factum convertertur –  e i massimi esponenti nel Novecento sono l’Antonio Gramsci dei Quaderni del Carcere con la folgorante creazione del mito di machiavelliano conio  del moderno Principe,  il György Lukács di Storia e coscienza di classe, il Karl Korsch di Marxismo e filosofia, l’Adorno de L’idea della storia naturale, il Walter Benjamin di Tesi di filosofia della storia ed, infine,  il Giovanni Gentile de La filosofia della prassi (1899), la cui lettura, sulla scorta di una rivoluzionaria ed idealistica interpretazione delle marxiane Tesi su Feuerbach, della filosofia del filosofo e rivoluzionario di Treviri come filosofia della prassi  non è  solo l’incunabolo dell’attualismo ma anche gestalticamente il Grundtext dialettico, prassistico ed antipositivistico non solo dei  precedenti cinque pensatori novecenteschi ma anche di tutto  quel marxismo occidentale che sempre si oppose alla  falsa vulgata staliniana del marxismo e della dialettica che va sotto il nome di Diamat – acronimo in cirillico ‘диамат’, ovvero per esteso ‘Диалектический материализм’, cioè ‘dialektičeskij materializm’ traslitteraterando la locuzione in alfabeto latino) che trova un decisivo e rivoluzionario allargamento semantico la parola ‘strategia’, ora intesa dal Repubblicanesimo Geopolitico non solo come un atteggiamento e una serie di mosse finalizzate a prevalere sull’avversario, sull’ambiente naturale, culturale e/o storico, ma come il momento iniziale ed ontogenetico dell’espressione e creazione della realtà attraverso il rapporto dinamico e dialettico del soggetto con l’oggetto[2].

       Per chi voglia documenentarsi sul Repubblicanesimo Geopolitico non è questa la sede  per perdersi in approfondite discussioni, a questo scopo abbondante materiale può essere reperito in Rete (però, qualche indicazione è giusto fornirla: la discussione sul Repubblicanesimo Geopolitico si è sviluppata prima sulle pagine del blog di geopolitica “Il Corriere della Collera” – URL di riferimento https://corrieredellacollera.com/ –; ha registrato qualche intevento sulla rivista on line di studi neomarxisti “Conflitti e Strategie” – URL di riferimento http://www.conflittiestrategie.it/ –, particolarmente significativa su questa rivista la videointervista sul Repubblicanesimo Geopolitico Repubblicanesimo geopolitico. Intervista al prof. Massimo Morigi – presso la pagina di “Conflitti e Strategie” all’URL  http://www.conflittiestrategie.it/repubblicanesimo-geopolitico-intervista-al-professor-massimo-morigi, intervista che rinvia anche all’URL di YouTube https://www.youtube.com/watch?time_continue=4&v=VeOUHYC8zq8 , videointervista che, infine, si è anche provveduto a “congelare” su Internet Archive all’URL https://archive.org/details/RepubblicanesimoGeopoliticoIntervistaAlProfessorMassimoMorigi –; ha infine animato il dibattito, con diversi interventi, sulla rivista on line di geopolitica “L’Italia e il mondo” – URL di riferimento http://italiaeilmondo.com/ –; e sul Repubblicanesimo Geopolitico segnaliamo, infine,  tre documenti: Massimo Morigi, Teoria della Distruzione del Valore (Teoria fondativa del Repubblicanesimo Geopolitico e per il superamento/conservazione del Marxismo), Idem, Dialecticvs Nvncivs. Il punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico attraverso i Quaderni del Carcere e Storia e Coscienza di Classe per il rovesciamento della gerarchia della spiegazione meccanicistico-causale e dialettico-conflittuale, per il rinnovamento degli studi marxiani e marxisti e per l’ Aufhebung della gramsciana e lukacsiana Filosofia della Praxis e Idem, Repubblicanesimo Geopolitico Anticipating Future Threats. Dialogo sulla Moralità del Repubblicanesimo Geopolitico più Breve Nota all’Intervista del CSEPI a La Grassa (di Massimo Morigi): documenti facilmente reperibili in Rete); quello che si cerca, in conclusione, di far comprendere con la locuzione ‘atto di riparazione strategica’ è che non sì è vuole riabilitare introducendo surrettiziamente un concetto inedito ma vago, una figura certamente espressione  di quella parte che è uscita sconfitta  – e ci sia consentito di dire giustamente sotto tutti i punti di vista – dal secondo conflitto mondiale (e poi da riabilitare rispetto a cosa? allo stato sappiamo veramente molto poco su Dante Vacchi, tranne il fatto che per tutta la vita fu certamente fascista e che, evidentemente, mai accettò  di non poter più svolgere il mestiere per il quale si sentiva più vocato, l’arte della guerra: ma se si dovesse scaraventare agli inferi un personaggio storico solo per questo tipo di pulsione e pratica bellica, veramente le nazioni non avrebbero  più né eroi né padri più o meno nobili… il che non è detto che sarebbe necessariamente un male ma però questa opzione etica – o, meglio,  questa deformazione “giustiziera” piuttosto che correttamente “giustificatrice” della storia, come ebbe modo già di dire don Benedetto  nel lontano 1917 in Teoria e storia della storiografia – nell’attività storiografica non può mai essere a senso unico e glissando sulle pulsioni e pratiche violente dei vincitori…), ma si vuole far emergere, attraverso lo studio di Dante Vacchi – prima fase di un inedito sforzo interpretativo sui rapporti fra Estado Novo e Italia fascista e poi “democratica” in cui, alla luce dell’impostazione dialettico-strategica del Repubblicanesimo Geopolitico, verrà verificata l’ipotesi non di una loro pedissequa continuità nel secondo dopoguerra ma, perlomeno, di un loro precario equilibrio fra le ragioni rappresentative, un tempo si sarebbe detto ‘sovrastrutturali’,   delle opposte ideologie dei due Stati e le profonde ragioni geopolitiche della collocazione atlantica ed anticomunista dei due paesi –, il caposaldo fondante e fondamentale del Repubblicanesimo Geopolitico, vale a dire il momento ontogenetico dall’azione-conflitto dialettico-espressivo-strategico, una azione che nel caso di Dante Vacchi, nonostante la  scarsa documentazione in nostro  possesso ma univoca nell’indicare il ruolo di protagonista del Vacchi, emerge essere stata di grandissima portata (non accettò, comunque se ne possano giudicare le motivazioni, la fine della storia emersa come esito apparentemente immodificabile del secondo conflitto mondiale, arrivando a prestare la sua arte militare ad un regime morente, quello del Portogallo salazarista, fascista e totalitario, ma attraverso un operato, la creazione dei commandos portoghesi, i cui effetti si riverbano ancor oggi nell’organizzazione militare del Portogallo “democratico”: almeno su questo dato di fatto concorda tutta la scarsa documentazione disponibile), ma che, questa azione, rischiava e rischia tuttora di rimanere per sempre incognita e/o di disperdersi in fugaci apparizioni nella Rete (con danno evidente, nel caso di un suo irrimediabile oblio, per la comprensione non minata dalle fumisterie ideologiche dell’universalismo “democratico” ma innervata dalla realistica filosofia della prassi del Repubblicanesimo Geopolitico dei reali rapporti nel secondo dopoguerra fra il Portogallo dittatoriale e l’Italia “democratica”, ma “democratica” d’importazione, solo per limitarci alla genesi strettamente événementielle delle nostre “libere” istituzioni). E quindi “atto di riparazione strategica” non perché Vacchi possa tramutarsi da fascista irriducibile in una image d’Épinal buona da spendersi per il politicamente corretto dell’ideologia della fine della storia ma per il semplice fatto che il  ‘momento strategico’  espresso da Vacchi (pur notevole  e di primissimo livello sul piano biografico della sua vicenda umana con tratti eccezionali ma, soprattutto, tassello  fondamentale – e  di collegamento e di continuità fra Italia fascista ed Italia democratica o, meglio, postfascista –  per comprendere, come recita il titolo di questa comunicazione, I rapporti fra il Portogallo dell’Estado Novo e l’Italia fascista e del secondo dopoguerra in relazione al problema coloniale africano) rischiava di perdersi e  quindi, per evitare questa dispersione – o, meglio, questo ‘oblio dello strategico’ che, simile all’ ‘oblio dello strategico’ verso tutti coloro che nel corso della storia umana sono risultati fra gli sconfitti dell’azione-conflitto dialettico-espressivo-strategico, rischia di coinvolgere non solo una vita singola ma un aspetto fondamentale degli ultimi decenni del Novecento italiano e portoghese – era necessario un doveroso atto di riparazione (che certamente, visto il tipo di fonti privilegiate, ha un suo lato tecnico indubbiamente innovatore e debitore delle problematiche tecnico-informatiche del XXI secolo e della correlata volatilità delle fonti Internet ma che, dal punto di vista filosofico, nel suo riparatorio e rimemorante opporsi all’ ‘oblio del momento strategico’ – e di un individuo, Dante Cesare Vacchi che fonda i commandos portoghesi, e di una fase storica, i rapporti fra Italia e Portogallo determinati, al di là delle fumisterie ideologiche, dall’appartenenza al medesimo blocco atlantico anticomunista – si ricollega direttamente al messianismo di Walter Benjamin e alla possibilità  che nel Jetztzeit sprigionato dal procedere dialettico-strategico di una vera attività storiografica[3], nel caso del presente inventario un tempo-ora generato dalla tecnologie informatiche e cibernetiche del Web ma eternizzato  dal nostro artigianale “congelamento” delle fonti in Rete, possa benjaminamente manifestarsi quel Messia che operi quella restitutio ad integrum di coloro che erano stati sommersi dal conflitto strategico dal quale nasce e col quale è costituita la storia umana[4]; quindi il nostro “congelamento delle fonti  Internet”, come una sorta di messianico tempo-ora  non solo per Dante Cesare Vacchi ma anche per la storia – dialettica,  espressiva, conflittuale e strategica – di un secondo dopoguerra segnato dalla divisione del mondo in due blocchi e verso il quale il nostro storiografico salvataggio rimemorante è l’unica possibilità che ci è data per un suo reale superamento che non sia, come pretenderebbe l’ideologia della fine della storia, una sua criminale rimozione-falsa uccisione, allo scopo, come effettivamente oggi accade, di riproporne una sua riproposizione sotto mentite spoglie, democratiche formalmente ma intrinsecamente fasciste nella realtà), che si è concretizzato, come prima sua tappa, attraverso l’inventario delle fonti Internet che lo riguardano e che senza i “congelamenti” da noi operati e debitamente indicati in questo repertorio rischiavano di svanire.

       Nel titolo di questa comunicazione, accanto alla locuzione ‘atto di riparazione strategica’, abbiamo posto il numero ordinale ‘1°’. Certamente primo per quanto riguarda Dante Vacchi, un personaggio cui nessuno prima d’ora aveva dedicato un interesse scientifico non esaurito in sé stesso ma che ponesse le basi per un più vasta ricerca storica sui rapporti fra Portogallo estadadonovista ed Italia fascista prima ed Italia postfascista poi mettendo in luce quegli elementi di continuità che nel secondo dopoguerra non furono più di contiguità ideologica come lo furono durante il Ventennio ma che, come ormai  già sembra dimostrare la figura di Dante Cesare Vacchi, si avvalsero di personaggi o direttamente legati col passato regime fascista italiano o pubblicamente nostalgici dello stesso (come abbiamo già detto, l’unico studio scientifico finora pubblicato su Dante Cesare Vacchi è Giovanni Damele, Dante Vacchi e i Comandos portoghesi. Appunti per una ricerca cit. ma è uno studio strettamente biografico e non con i propositi di ricerca da noi appena enunciati; e se il già menzionato Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista e l’Estado Novo cit. è impotante per quanto riguarda  i rapporti fra l’Italia fascista e il Portogallo estadonovista, si deve ricorrere a questo studio anche per quanto riguarda un primo approccio sulla problematiche di ricerca ora  enunciate nel presente inventario, dedicando  sì questa tesi di laurea una parte significativa della sua analisi su come i rapporti fra i due paesi totalitari  si intrecciarono attorno alle loro rispettive problematiche coloniali e di come queste problematiche a loro volta li influenzarono e quindi questa tesi ponendosi come ideale premessa, per il periodo affrontato e per gli argomenti trattati, degli  studi che si dovranno dipanare dalla ricerca sulla figura di Dante Vacchi, che riguardano i rapporti fra Italia e Portogallo nel secondo dopoguerra, ma anche saggio che getta un ponte diretto con la nostra ricerca sulla figura di Dante Cesare  Vacchi, in quanto vi si indaga anche dei rapporti di Pino Rauti  con l’Estado Novo portoghese – cfr. Stefano Salmi, Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista e l’Estado Novo cit.,  pp.  404-424 –,  aprendo quindi la strada allo studio sul ruolo  svolto dal neofascismo italiano del secondo dopoguerra nel rafforzare e a livello interno e nelle sue proiezioni internazionali e coloniali l’Estado Novo; un ruolo svolto dal neofascismo italiano la cui definizione è lo scopo precipuo dell’indagine su Dante Vacchi e in una definizione di questo ruolo che prima del nostro studio su Vacchi era stato anche egregiamente affrontato – vedi le fonti secondarie già citate – ma che, prima d’ora, non aveva mai puntato i suoi riflettori su uno straniero protagonista assoluto nella costruzione di un ganglio fondamentale  dell’apparato statale estadonovista: il francese Yves Guérin-Sérac, figura affrontata da pur  egregi studi sull’internazionale nera da noi citati, fonda nel 1966 l’Aginter Press ma si tratta di uno strumento, seppur importante per il terrorismo internazionale e per l’appoggio della politica coloniale portoghese, esterno allo Stato portoghese; l’italiano Dante Cesare Vacchi fonda i commandos portoghesi, strumento fondamentale per la guerra coloniale portoghese e apparato assolutamente interno allo Stato e all’esercito dell’Estado Novo), ma anche primo per il Repubblicanesimo Geopolitico, che attraverso lo studio di questo personaggio come punto di fuga prospettica del  più vasto affresco storico dei rapporti dell’Estado novo con l’Italia fascista e poi postfascista del secondo dopoguerra, intende innervare per la prima volta una specifica ed originale ricerca storica della sua Weltanschauung dialettico-espressivo-conflittuale-strategica.

       Un ‘atto di riparazione strategica’, quindi, che si manifesta come un  ‘contro-atto di oblio dello strategico’ propedeutico, se non diretta espressione, di quella ‘epifania dello strategico’ di cui abbiamo già ampiamente detto in altri luoghi a proposito del Repubblicanesimo Geopolitico e ‘contro-atto di oblio dello strategico’ e/o ‘epifania strategica’[5] che nella sua prassistica attiva ‘rimemorazione strategica’ della quale intende infondere la sua ricerca, si riallaccia direttamente, trovandovi il suo Grundtext, alle soteriologiche benjminiane Tesi di filosofia della storia, attraverso una prassi storiografica in cui l’atto messianico viene finalmente realizzato dal ‘tempo-ora’ della ‘rimemorazione dello strategico’, un momento strategico rimemorato e quindi salvato e quindi reso disponibile ad una prassi umana che proietta in avanti, e in un certo senso “eternizza”, l’originario  Jetztzeit  del procedere storico strategico (nel duplice ma convergente senso – in Gestalt dialettico-espressivo-conflittuale-strategica –  di ‘storia’ inteso come accadimento e come sua narrazione)  e che, nel nostro caso, con fulcro e punto iniziale di fuga prospettica in Dante Cesare Vacchi che fonda i commandos portoghesi, sarebbe stato altrimenti perso per sempre, sommerso (dagli apparentemente) vincitori idola theatri post 1989[6].

E soprattutto per consentirci questa ‘epifania strategica’ che questo rimemorante ‘atto di riparazione’ è dal punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico primo, nel senso di assoluta priorità ed urgenza realizzativa, dopo le sue molte e ripetute elaborazioni prevalentemente teoriche, ed è soprattutto che, per poterci consentire questa concreta applicazione su un concreto case study della Weltanschauung del Repubblicanesimo Geopoliltico,  abbiamo un grande debito di riconoscenza verso Dante Cesare Vacchi, perché Dante Cesare Vacchi ci consente un riaffioramento del concetto di ‘conflitto strategico’ sempre in bilico fra il rischio del suo oblio (il politicamente corretto e la surrettiziamente ribadita fine della storia) e la speranza della sua Epifania (oggi espressa, dopo la fine del marxismo – ma sarebbe meglio dire la sua Aufhebung attraverso il Repubblicanesimo Geopolitico –, con piena consapevolezza teorica dal Repubblicanesimo Geopolitico ma, per fortuna,  certamente con minore consapevolezza ma con non disprezzabile energia da tutti coloro che, pur da contrapposte barricate, decisamente ed espressamente rifiutano la fukuyamesca fine della storia).

       Allo stadio iniziale della nostra ricerca, non ci è dato conoscere se Dante Cesare Vacchi abbia mai sviluppato non diciamo una filosofia ma perlomeno un pensiero politico all’altezza dei suoi grandi risultati strategico-militari e di State Building (Vacchi non solo combattè con indubbia efficacia nella guerra coloniale portoghese ma, come già sottolineato, nel farlo creò ex nihilo all’interno della fabrica dell’esercito portoghese un’articolazione indispensabile dell’Estado Novo, il corpo dei commandos che in questa guerra furono la punta di lancia contro i movimenti di liberazione) che caratterizzarono il suo passaggio su questa terra (i suoi libri elencati nel presente documento devono trovare ancora una lettura complessiva, organica e significativa dal punto di vista scientifico, e sarà uno dei nostri compiti eseguirla, come pure si dovrà procedere per gli articoli per i periodici che Vacchi scrisse e in questa introduzione da noi neppure elencati per la semplice banale ragione che le fonti Internet se possono dare notizia, come nel caso di Vacchi, anche di opere librarie di autori molto poco conosciuti, quasi sempre tacciono completamente per quanto riguarda l’attività giornalistica di questi personaggi. Per andare nello specifico: come si vede dal repertorio delle fonti Internet da noi qui prodotto, il mercato dell’antiquariato librario segnala le opere di Vacchi, e attraverso i sistemi OPAC italiano e portoghese, consultabili solo  tramite Internet – OPAC: On-line public access catalogue –, è ugualmente possibile ricostruire un sostanzioso elenco di opere librarie di Vacchi, ricostruzione internettiana  che non è stata assolutamente possibile per gli articoli di Vacchi: comunque tutte queste fonti primarie su Vacchi, sia i libri che gli scritti per i periodici, saranno da noi non solo minuziosamente  repertoriate al di là delle risorse archivistiche offerte dalla Rete – ma risorse archivistiche che solo attraverso il nostro lavoro di “congelamento” si sono tramutate da virtuali a reali – ma anche attentamente esaminate), ma   per fornire una Gestalt che non sia solamente autoreferenziale di ‘Epifania strategica’ e, al contempo, per fornire anche il segno sotto il quale – pensiamo – si svolse, al di là di un pensiero politico ancora da noi tutto da focalizzare, la vita di Cesare Dante Vacchi, forse la  migliore approsimazione ci può essere prestata da come Roberto Esposito, in Pensiero vivente, sintetizza la peculiarità del pensiero italiano, un pensiero italiano che, non sappiamo ancora quanto consapevolmente – ma amiamo ritenere profondamente – guidò Dante Cesare Vacchi: «È qui, appunto, che si radica il primo asse paradigmatico del pensiero italiano, riconducibile alla figura, altamente complessa, dell’immanentizzazione dell’antagonismo. Che il conflitto sia costitutivo dell’ordine – che, cioè, non sia ipotizzabile, e neanche auspicabile, un ordine escludente il conflitto – segnala l’emergenza dell’origine all’interno della storia che tende, invano, a disfarsene. L’origine non può essere eliminata da un ordine che, nella sua concretezza fattuale, non soltanto ne deriva, ma continua incessantemente a riprodurla. Questo presupposto costituisce uno dei vettori fondamentali e ricorrenti della filosofia, non solo politica, italiana.»: Roberto Esposito, Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana, Torino, Einuadi, 2010, p. 25.

       Solo da un pensiero che fondi il suo sviluppo sulla  ‘immanentizzazione del conflitto’ che fu in primo luogo di Niccolò Machiavelli ma  anche il filo rosso che lega indissolubilmente le migliori e più originali espressioni del pensiero italiano –  e queste solo per limitarci al Novecento,  sotto il segno di una consapevole anche se variamente declinata filosofia della prassi, Gentile, Gramsci, Croce, con le più scaltrite e intimamente dialettiche manifestazioni del marxismo occidentale, György Lukács e Karl Korsch; per finire con Walter Benjamin che, stricto sensu, marxista non fu ma la cui intima e poetizzata Weltanschauung dialettica, il momento-ora attraverso il quale possono irrompere e manifestarsi quelle potenzialità messianiche presenti in ognuno di noi che rendano possibile la restitutio ad integrum di coloro che nel corso del conflitto strategico sono stati sconfitti e sepolti[7],  lo pone come una delle più umanamente ed umanisticamente dense espressioni, sia sul piano personale, filosofico ed anche religioso, della filosofia della prassi e una sorta di prefigurazione dell’ ‘Epifania strategica’ del Repubblicanesimo Geopolitico –, solo un pensiero che, detto altrimenti, sappia manifestare una piena  ‘Epifania strategica’ consapevole erede di tutta la miglior tradizione espressivo-dialettico-conflittuale-strategica della filosofia occidentale (che iniziata dall’aristotelico ζῷον πολιτικόν trova nel Secolo breve col gramsciano moderno Principe la sua più efficace e teoricamente evoluta sintesi politico-sociale[8], e tradizione espressivo-dialettico-conflittuale-strategica che nel XXI secolo ha manifestato  la sua ultima sistemazione col Repubblicanesimo Geopolitico che, ben oltre il “timido prassismo” costruttivista alla Alexander Wendt[9] e piuttosto trovando un suo antesignano nell’antideterministica e antimeccancistica polemologia del Carl von Clausewitz del Vom Kriege, rinnova, alla luce di una visione della scienza non meccanicistica ed anche ispirata all’intima dialetticità dell’epigenetica e della fisica quantistica – sulla “dialetticità” del nuovo modo di intendere la biologia che abbandona paradigmi meccanicistici per sottolineare il rapporto olistico e dialettico fra organismi e specie con l’ambiente vedi The Dialectical biologist (Richard Levins, Richard Lewontin, The Dialectical Biologist, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1985 (Delhi, Aakar Books for South Asia, 2009, documento in Rete  presso https://athens.indymedia.org/media/upload/2016/09/02/LEWONTIN_-_THE_DIALECTICAL_BIOLOGIST.pdf . Nostri “congelamenti”: WebCite: http://www.webcitation.org/75i27bpR1 e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fathens.indymedia.org%2Fmedia%2Fupload%2F2016%2F09%2F02%2FLEWONTIN_-_THE_DIALECTICAL_BIOLOGIST.pdf&date=2019-01-26; Internet Archive:  https://archive.org/details/TheDialecticalBiologist e https://ia801507.us.archive.org/26/items/TheDialecticalBiologist/Lewontin_-Levins_the_dialectical_biologist.pdf; WebCite su Internet Archive: http://www.webcitation.org/75i3BdM3Q e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801507.us.archive.org%2F26%2Fitems%2FTheDialecticalBiologist%2FLewontin_-Levins_the_dialectical_biologist.pdf&date=2019-01-26), e per quanto riguarda l’ aspetto dialettico dell’epigenetica cfr.   Eva Jablonka, Marion J. Lamb,  Evolution in Four Dimensions: Genetic, Epigenetic, Behavioral, and Symbolic Variation in the History of Life, Bradford Books/The MIT Press. 2005, dove, in una sorta di opportuno ritorno all’impostazione che fu prima di Lamark e poi di Lisenko, che sostenevano il principio di una selezione naturale dove l’organismo non viene solo selezionato dall’ambiente ma questo è in grado di rispondere attivamente e creativamente agli stimoli ambientali, è prefigurato una sorta di modello biologico che ha profonde attinenze con l’impostazione della filosofia della prassi del rapporto dinamico e dialettico fra soggetto ed oggetto e sfatando quindi in Eva Jablonka, Marion J. Lamb,  Evolution in Four Dimensions cit., il dogma della biologia della barriera di August Weismann dove vi si sosteneva l’esistenza di un barriera insormontabile negli organismi fra le cellule somatiche e quelle germinali; mentre per la sottolineatura dell’eliminazione del principio di non contraddizione naturale portato  del principio della superposition  della fisisca quantistica cfr. Garrett Birkhoff, John Von Neumann, The Logic of Quantum Mechanics, “The Annals of Mathematics”, 2nd Ser., Vol. 37, No. 4. (Oct., 1936), pp. 823-843[10], John von Neuman, On Alternative System of Logics, unpliblished manuscript, 1937, von Neumann Archives, Library of Congress, Washington    e Id., Quantum Logics (Strict-and Probability-Logics),  unpliblished manuscript, 1937, von Neumann Archives, Library of Congress, Washington –, la grande tradizione della filosofia della prassi in un’ottica di radicale abolizione dell’idea della separazione fra scienze umane e scienze della natura e dell’illusorio iato, come già stigmatizzato da Adorno in L’idea della storia naturale, fra storia e natura[11]), potrà salvare non solo una morente  democrazia italiana ma anche l’oramai definitivamente esausta modernità politica democratica, che dopo l’abbattimento con l’Illuminismo e la sua traduzione politica nella Rivoluzione francese della ipostatica teologia politica dell’ ancien régime dell’origine divina del potere e della conseguente alleanza fra trono ed altare, non ha saputo far altro che incardinare il suo concetto di libertà su altrettanto metafisici diritti dell’uomo e su una molto meno metafisica  ma altrettanto stupida – e criminale – concezione pratica della libertà basata sulla robinsonata  dell’ individualismo metodologico di stampo liberale (capostipiti di questo monadico individualismo, Thomas Hobbes e John Locke e, nel secolo che è appena tramontato, su un piano di assoluta volgarità storica e filosofica ma di gran fortuna sul piano pubblicistico Francis Fukuyma, la cui ridicola previsione di fine della storia non è che il compendio ed exitus novecentesco di tutta una tradizione liberale antidialettica ed antiumanistica iniziata nel ’600 e che trova tragica espressività nelle hobbessiane metafora dell’homo homini lupus e nella grandiosa e tenebrosa allegoria del Leviatano).

       Siano quindi gli studi che si dipartiranno dalla figura di Dante Cesare Vacchi un grande ‘atto di riparazione strategica’: verso quest’uomo d’arme ma, soprattutto, verso noi stessi e la grande tradizione del pensiero italiano che con la sua primogenitura nel concepimento dell’ ‘immanentizzazione del conflitto’ pose le basi, ancora tutte da sviluppare, per quell’ ‘epifania strategica’ che costituisce quel fiume carsico di energia filosofica e politica che aveva visto nascere agli albori della civiltà occidentale quel concetto di libertà intesa non come arbitrio ma come interscambio dialettico dell’espressività e creatività delle volizioni e pulsioni soggettive col più vasto ed olistico contesto del momento politico e sociale – lo Zoon politikon aristotelico dell’ Etica nicomachea e della Politica – e che oggi, catastrofe iniziata in era moderna col seicentesco rifiuto meccanicicistico delle potenzialità dialettiche dell’umanesimo, ha subito, a causa  della libertà così come è stata concepita, e purtroppo assolutamente deformata e praticata, dalla visione liberale dell’individualismo metodologico, un tragico – ma siamo sicuri, solo provvisorio – arresto.

        Ed anche operando una restitutio ad integrum della figura del fascista ed uomo d’arme Dante Cesare Vacchi che fonda i commandos portoghesi, fondamentali per un morente Portogallo totalitario nella guerra contro i movimenti di liberazione nelle sue colonie africane,  pensiamo che  messianicamente – seppur non pretendendo come Benjamin di avere come alleato il nano brutto ma bravissimo della teologia ma solo ed unicamente un prosaico Sancho Panza che ha imparato a maneggiare le molto immanentistiche armi di una nuova storiografia espressivo-dialettico-strategica dell’ ‘immanentizzazione del conflitto e/o antagonismo’ – sia possibile dare il nostro contributo per la salvezza della migliore e più profonda tradizione politica e filosofica occidentale.

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                           CONGELAMENTO 1 DI 34

 

Video sui commandos portoghesi – durata 1 ora, trentanove minuti e 21 secondi –  dove viene fatto esplicito  riferimento a Cesare Dante Vacchi. Il video è stato caricato su YouTube il 25 agosto 2016 da António José de Deus Gonçalves sotto il titolo  COMANDOS TROPAS ESPECIAIS DE ELITE Da Zemba a Besmayah – 1962/2015. Il video è stato prodotto nel 2007 a cura della Associação de Comandos col titolo COMANDOS UM CONTRIBUTO PARA A HISTÓRIA. Al 27 dicembre 2017  risultano su YouTube 14.665 visualizzazioni, 130 Like e 3 Dislike. In calce agli URL di questo congelamento n° 1, il testo di   presentazione su YouTube del video.

 

ORIGINAL URL: https://www.youtube.com/watch?v=jZ82gML5jSg

 

GLI URL E I VIDEO DI YOUTUBE NON POSSONO ESSERE CONGELATI  TRAMITE WEBCITE.

 

https://archive.org/details/COMANDOSUMCONTRIBUTOPARAAHISTRIA

https://ia601508.us.archive.org/32/items/COMANDOSUMCONTRIBUTOPARAAHISTRIA/COMANDOS%20UM%20CONTRIBUTO%20PARA%20A%20HIST%C3%93RIA.mp4

 

COMANDOS UM CONTRIBUTO PARA A HISTÓRIA

14.784 visualizzazioni

 

António José de Deus Gonçalves

Pubblicato il 25 ago 2016

ISCRIVITI 376

COMANDOS TROPAS ESPECIAIS DE ELITE Da Zemba a Besmayah – 1962/2015 A história dos Comandos do Exército Português está escrita, há livros e inúmeros artigos sobre o tema (ver a Cronologia Oficial no final do artigo), vamos apenas fazer aqui uma síntese, organizando-a em épocas que nos parecem diferenciadas. O espírito Comando, esse, atravessa todo este tempo se não de modo igual, pelo menos muito semelhante, e no essencial, tem sido o cimento e a principal razão do sucesso com que têm enfrentado os “ventos da história”. Consideramos assim, 5 grandes épocas: Guerra de contra-guerrilha no antigo Ultramar, entre 1962 e 1974, na qual os diferentes centros de instrução (Angola – Zemba, Quibala, Luanda; Moçambique – Namaacha, Montepuez; Guiné – Brá; Lamego), prepararam cerca de 9.000 Comandos para missões de contra-guerrilha nas quais obtiveram excelentes resultados operacionais e por isso foram distinguidos com as mais elevadas condecorações quer a título individual quer colectivo. Foram 12 anos como unidades de intervenção, sempre na primeira linha dos combates, onde pagaram um elevado preço de sangue: 357 mortos, 771 feridos e 28 desaparecidos. Período revolucionário e a normalização democrática em Portugal, entre 1974 e 1976, na qual se assistiu à criação do Regimento de Comandos na Amadora e a introdução da boina vermelha, tendo a acção do Regimento sido determinante na chamada normalização democrática, contribuindo para a derrota pela força das armas, em 25 de Novembro de 1975, das facções consideradas radicais que dominaram a cena política em Portugal depois do golpe militar de 25 de Abril de 1974; Guerra-fria na Europa e a Cooperação Técnico-Militar em África, de 1976 até 1993, na qual o Regimento de Comandos, procurou o seu lugar num sistema de forças virado para eventual conflito na Europa, integrou a Brigada de Forças Especiais do Exército e participou com pequenos destacamentos em exercícios internacionais no âmbito da NATO, iniciando ao mesmo tempo com sucesso, diferentes acções de Cooperação Técnico-Militar em África, sendo a mais relevante e que ainda se mantém, com Angola; Extinção do Regimento de Comandos e criação do Centro de Tropas Comandos, de 1993 a 2006, na qual o Regimento foi extinto, poucos militares comandos quiseram frequentar o curso de pára-quedismo para integrar a Brigada Aerotransportada criada no Exército a partir das unidades, pessoal e meios das Tropas Pára-quedistas da Força Aérea, também extintas. Manteve-se no Exército a possibilidade de oficiais e sargentos frequentarem o Curso de Comandos em Lamego, no Centro de Instrução de Operações Especiais, com várias finalidades, nomeadamente manter viva a Cooperação Técnico-Militar, o que foi conseguido, e preservar conhecimentos, capacidades e tradições consideradas necessárias ao ramo terrestre. Em 2002 foi criada a 1.ª Companhia de Comandos (100.º Curso de Comandos), depois a 2.ª Companhia e finalmente o Batalhão de Comandos, no Regimento de Infantaria n.º 1 (Serra da Carregueira). Em 2006 foi legalmente criado o Centro de Tropas Comandos, em Mafra, onde se manteve até 2008, ano em que regressou à Serra da Carregueira. Missões expedicionárias, desde 2004 até aos dias de hoje. Em 2004, uma companhia de comandos é integrada no Agrupamento Hotel (com base num Batalhão da Brigada Ligeira de Intervenção) e parte para Timor-Leste participando na missão das Nações Unidas no território, dando assim início ao envolvimento dos Comandos, com unidades constituídas, nas missões expedicionárias(*). No ano seguinte uma Companhia de Comandos integra a força da NATO no Afeganistão e este vai ser um teatro de operações onde os comandos permanecem até 2014, embora com uma ou outra interrupção dando lugar a outras forças da Brigada de Reacção Rápida. Primeiro como uma companhia como Força de Reacção Rápida e depois, com efectivos variáveis, por vezes em conjunto com outras unidades nacionais, integrando a Protecção da Força do Contingente Nacional, mas também fornecendo oficiais e sargentos para diferentes cargos de assessoria/mentoria, os Comandos foram a força nacional que mais tempo permaneceu no Afeganistão. Já este ano, coube ao CTC preparar o contingente português que está no Iraque, no âmbito da Coligação Internacional liderada pelos EUA para combater o “estado islâmico”. A maioria da Força Nacional Destacada é composta por militares Comandos, estando empenhados em missões de assessoria, instrução e segurança em Besmayah nos arredores de Bagdad, numa base espanhola.

 

 

 

 

              CONGELAMENTO  2 DI 34

 

Dante Vacchi e i Comandos portoghesi. Appunti per una ricerca. Autore: Giovanni Damele. Caricato da Giovanni Damele su Scribd il 2 ottobre 2015 (Uploaded by Giovanni Damele on Oct 02, 2015). Allo stato è la ricerca più completa, seppur breve,  su Dante Cesare Vacchi.

ORIGINAL URL:  https://www.scribd.com/document/283472616/Dante-Vacchi-e-i-Comandos-portoghesi-Appunti-per-una-ricerca

 

http://www.webcitation.org/74sn7eCbT

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fwww.scribd.com%2Fdocument%2F283472616%2FDante-Vacchi-e-i-Comandos-portoghesi-Appunti-per-una-ricerca&date=2018-12-23

 

https://archive.org/details/DanteVacchiEICommandosPortoghesi

https://ia601508.us.archive.org/22/items/DanteVacchiEICommandosPortoghesi/283472616-Dante-Vacchi-e-i-Comandos-portoghesi-Appunti-per-una-ricerca.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/75WnWf5OF

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601508.us.archive.org%2F22%2Fitems%2FDanteVacchiEICommandosPortoghesi%2F283472616-Dante-Vacchi-e-i-Comandos-portoghesi-Appunti-per-una-ricerca.pdf&date=2019-01-18

                          

                          

                           CONGELAMENTO 3 DI 34

 

Pagina caricata senza indicazione di data e con generica indicazione di autore (Elementos cedidos por um colaborador do portal UTW). Si tratta della proposta della vendita on line del libro fotografico di Dante Vacchi ed Anne Gauze Angola 1961-1063.

 

ORIGINAL URL:  http://ultramar.terraweb.biz/06livros_AnneGauzes_%20e_%20Dante%20Vacchi.htm

 

http://www.webcitation.org/74uaFWVy8

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fultramar.terraweb.biz%2F06livros_AnneGauzes_%2520e_%2520Dante%2520Vacchi.htm&date=2018-12-24

 

 

 

https://archive.org/details/Livros-Angola1961-1963-AnnaGauzesEDanteVacchi

https://archive.org/details/TrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivros

https://archive.org/details/TrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivrosDanteVacchi

https://ia601509.us.archive.org/26/items/TrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivrosDanteVacchi/TrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivrosDanteVacchi.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FVwNDqA

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601509.us.archive.org%2F26%2Fitems%2FTrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivrosDanteVacchi%2FTrabalhosTextosSobreAGuerraDoUltramarOuLivrosDanteVacchi.pdf&date=2019-02-17

                      

 

                      

 

                           CONGELAMENTO 4 DI 34

 

 Pagina caricata il 2 ottobre 2015 da Giovanni Damele. Titolo: Storia di Dante Vacchi: il fotografo italiano che fondò i Comandos portoghesi. Costituisce una versione ridotta dell’articolo di questo autore già citato al punto 2 di questo inventario intitolato Dante Vacchi e i Comandos portoghesi. Appunti per una ricerca.

 

ORIGINAL  URL: http://lusosfera.blogspot.com/2015/10/storia-di-dante-vacchi-il-fotografo_2.html#more

 

http://www.webcitation.org/74ud8oxxU

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Flusosfera.blogspot.com%2F2015%2F10%2Fstoria-di-dante-vacchi-il-fotografo_2.html%23more&date=2018-12-24

 

https://archive.org/details/CaleidoscopioLusitano_StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoChe

https://ia801503.us.archive.org/1/items/CaleidoscopioLusitano_StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoChe/CaleidoscopioLusitano_StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoCheFondIComandosPortoghesi.html

https://archive.org/details/CaleidoscopioLusitano_StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoChe_994

 

https://archive.org/details/CaleidoscopiolusitanoDanteVacchi

https://ia601502.us.archive.org/3/items/CaleidoscopiolusitanoDanteVacchi/CaleidoscopiolusitanoDanteVacchi.pdf

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FWhIqos

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F3%2Fitems%2FCaleidoscopiolusitanoDanteVacchi%2FCaleidoscopiolusitanoDanteVacchi.pdf&date=2019-02-17

 

 

                         CONGELAMENTO  5 DI 34

Pagina caricata il 10 febbraio 2017 a firma di  Guido Bruno. Titolo dell’articolo: Dante Vacchi: il fascista che creò le forze speciali portoghesi. Al 27 dicembre 2018, l’articolo risulta avere 2853 visualizzazioni.

ORIGINAL URL: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/dante-vacchi-il-fascista-che-creo-le-forze-speciali-portoghesi-57378/

http://www.webcitation.org/74udQiPC2

 

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fwww.ilprimatonazionale.it%2Festeri%2Fdante-vacchi-il-fascista-che-creo-le-forze-speciali-portoghesi-57378%2F&date=2018-12-24

 

https://archive.org/details/EccoLaStoriaDiUnVeroArci-italiano_DanteVacchiProfessione

https://ia801505.us.archive.org/16/items/EccoLaStoriaDiUnVeroArci-italiano_DanteVacchiProfessione/EccoLaStoriaDiUnVeroArci-italiano_DanteVacchiProfessioneAvventuriero.html

 

https://archive.org/details/DanteVacchi-IlPrimatoNazionale

 

https://archive.org/details/DanteVacchiIlPrimatoNazionale

https://ia601507.us.archive.org/34/items/DanteVacchiIlPrimatoNazionale/Dantevacchiilprimatonazionale2.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FXUpA2E

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601507.us.archive.org%2F34%2Fitems%2FDanteVacchiIlPrimatoNazionale%2FDantevacchiilprimatonazionale2.pdf&date=2019-02-17

 

                                        

                           CONGELAMENTO  6 DI 34

 

Pagina caricata sul sito dell’associazione “Azimut”  il 12 febbraio 2017. Si tratta sempre dell’articolo di Guido Bruno di cui si è già detto al congelamento  n° 5.

ORIGINAL URL: https://azimutassociazione.wordpress.com/2017/02/12/attualita-su-trump-papa-francesco-incidenti-a-genova-cyber-attacchi-contro-italia-la-storia-e-personaggi-sconosciuti-dante-vacchi-ledicola-e-altre-news/

 

http://www.webcitation.org/74udptiHx

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fazimutassociazione.wordpress.com%2F2017%2F02%2F12%2Fattualita-su-trump-papa-francesco-incidenti-a-genova-cyber-attacchi-contro-italia-la-storia-e-personaggi-sconosciuti-dante-vacchi-ledicola-e-altre-news%2F&date=2018-12-24

 

https://archive.org/details/Attualita_SuTrumpPapaFrancescoIncidentiAGenovaCyberAttacchiContro

https://ia801509.us.archive.org/23/items/Attualita_SuTrumpPapaFrancescoIncidentiAGenovaCyberAttacchiContro/Attualita_SuTrumpPapaFrancescoIncidentiAGenovaCyberAttacchiControItalia_LaStoriaEPersonaggiSconosciutiDanteVacchiLedicolaEAltreNews_AssociazioneAzimut.html

 

https://archive.org/details/IlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommadosPortoghesi

 

https://archive.org/details/IlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommandosPortoghesi

https://ia601507.us.archive.org/6/items/IlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommandosPortoghesi/IlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommandosPortoghesi.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FYMnqop

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601507.us.archive.org%2F6%2Fitems%2FIlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommandosPortoghesi%2FIlFascistaCesareDanteVacchiELaCreazioneDeiCommandosPortoghesi.pdf&date=2019-02-17

 

 

 

                             

 

                               CONGELAMENTO  7 DI 34

 

Storia di Dante Vacchi: il fotografo italiano che fondò i Comandos portoghesi. Sempre lo stesso articolo, sempre a firma di Giovanni Damele, di cui al congelamento n° 4 del presente inventario. Pagina caricata il 15 ottobre 2015.

 

ORIGINAL URL:

https://sosteniamopereira.org/2015/10/15/storia-di-dante-vacchi-il-fotografo-italiano-che-fondo-i-comandos-portoghesi/

 

http://www.webcitation.org/74ueBgWlc

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fsosteniamopereira.org%2F2015%2F10%2F15%2Fstoria-di-dante-vacchi-il-fotografo-italiano-che-fondo-i-comandos-portoghesi%2F&date=2018-12-24

 

https://archive.org/details/StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoCheFondIComandosPortoghesi

https://ia601500.us.archive.org/35/items/StoriaDiDanteVacchi_IlFotografoItalianoCheFondIComandosPortoghesi/StoriaDiDadanteVacchi_IlFotografoItalianoCheFondIComandosPortoghesi_SosteniamoPereira.html

https://archive.org/details/StoriaDiDanteVacchi

 

https://archive.org/details/StoriaDiDanteVacchi_733

https://ia601502.us.archive.org/16/items/StoriaDiDanteVacchi_733/Storiadidantevacchi2.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FZ2K6Rc

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F16%2Fitems%2FStoriaDiDanteVacchi_733%2FStoriadidantevacchi2.pdf&date=2019-02-17

 

 

 

CONGELAMENTO  8 DI 34

 

Pagina caricata il 12 agosto 2009 da (probabilmente) Alexandre Pomar. Si tratta della presentazione del libro di Dante Vacchi, Penteados de Angola, pubblicato nel 1965, allo scopo di effettuarne la vendita sul mercato dell’antiquariato librario.

 

 

ORIGINAL URL: https://alexandrepomar.typepad.com/alexandre_pomar/2009/12/penteados.html

 

http://www.webcitation.org/74vPISpik

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Falexandrepomar.typepad.com%2Falexandre_pomar%2F2009%2F12%2Fpenteados.html&date=2018-12-25

 

https://archive.org/details/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi

https://ia801503.us.archive.org/1/items/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi.html

https://archive.org/details/DanteVacchiPenteados

 

https://archive.org/details/DanteVacchiPenteados_997

https://ia601507.us.archive.org/30/items/DanteVacchiPenteados_997/Dantevacchipenteados2.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FZXBuLN

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601507.us.archive.org%2F30%2Fitems%2FDanteVacchiPenteados_997%2FDantevacchipenteados2.pdf&date=2019-02-17

 

 

 

 

 

CONGELAMENTO 9 DI 34

 

Sempre sul libro Penteados de Angola e, come riferito al congelamento n° 8,  pagina pubblicata allo scopo di effettuare la vendita del libro attraverso il mercato dell’antiquariato librario. Pagina caricata il 7 dicembre 2009, autore della pagina e del caricamento sconosciuto.

 

ORIGINAL URL: http://aervilhacorderosa.com/2009/12/penteados-de-angola/

 

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Faervilhacorderosa.com%2F2009%2F12%2Fpenteados-de-angola%2F&date=2018-12-25  (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

https://archive.org/details/PenteadosDeAngola_AErvilhaCorDeRosa

https://ia801507.us.archive.org/23/items/PenteadosDeAngola_AErvilhaCorDeRosa/PenteadosDeAngola_AErvilhaCorDeRosa.html (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE  TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

https://archive.org/details/PenteadosDeAngola

 

https://archive.org/details/PenteadosDeAngola_56

https://ia601505.us.archive.org/24/items/PenteadosDeAngola_56/Penteadosdeangola3.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76Fa9aCTG

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601505.us.archive.org%2F24%2Fitems%2FPenteadosDeAngola_56%2FPenteadosdeangola3.pdf&date=2019-02-17

 

 

 

                                CONGELAMENTO 10 DI 34

 

Pagina caricata probabilmente nel gennaio 2018 sul giornale online  “Observador”. Titolo dell’articolo: Dante Vacchi. O pai fantasma dos Comandos portugueses. Autore dell’articolo: Pedro Raínho. Al 27 dicembre 2018,  probabilmente 2.263 visualizzazioni.

 

 

 

ORIGINAL URL: https://observador.pt/especiais/dante-vacchi-o-pai-fantasma-dos-comandos-portugueses/

 

http://www.webcitation.org/74sJYJOxT

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fobservador.pt%2Fespeciais%2Fdante-vacchi-o-pai-fantasma-dos-comandos-portugueses%2F&date=2018-12-23

 

https://archive.org/details/DanteVacchi.OPaiFantasmaDosComandosPortuguesesObservador

https://ia801505.us.archive.org/18/items/DanteVacchi.OPaiFantasmaDosComandosPortuguesesObservador/DanteVacchi.OPaiFantasmaDosComandosPortuguesesObservador.html

 

https://archive.org/details/ObsevadorDanteVacchi.docx

 

https://archive.org/details/ObsevadorDanteVacchi

https://ia601508.us.archive.org/2/items/ObsevadorDanteVacchi/Obsevadordantevacchi2.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76FaXoPgR

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601508.us.archive.org%2F2%2Fitems%2FObsevadorDanteVacchi%2FObsevadordantevacchi2.pdf&date=2019-02-17

                        

                         CONGELAMENTO 11 di 34

 

Pagina Facebook caricata presumibilmente a cura dell’associazione “Associação de Comandos – Bataria da Lage”. Si riferisce alla conferenza, tenuta probabilmente nel giugno 2014 dal TCor CMD António Neves, sulla vita di Dante Vacchi. Titolo di questa conferenza: DANTE VACCHI – Um nómada do mundo.

 

ORIGINAL URL: https://www.facebook.com/pg/batariadalage/photos/?tab=album&album_id=1428029860812228

GLI URL  DI FACEBOOK  NON POSSONO ESSERE CONGELATI  TRAMITE WEBCITE.

https://archive.org/details/AssociaoDeComandos-BatariaDaLage

https://ia801503.us.archive.org/32/items/AssociaoDeComandos-BatariaDaLage/131AssociaoDeComandos-BatariaDaLage-Foto.html

(CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

https://archive.org/details/ConvegnoSuCesareDanteVacchi-Immagini

https://ia801500.us.archive.org/19/items/ConvegnoSuCesareDanteVacchi-Immagini/Cattura.pngCesareDanteVacchiConvegno.png

 

https://archive.org/details/ConvegnoSuCesareDanteVacchi

 

https://archive.org/details/ConvegnoSuCesareDanteVacchi_638

https://ia601501.us.archive.org/28/items/ConvegnoSuCesareDanteVacchi_638/Convegnosucesaredantevacchi4.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76Gy0usSw

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601501.us.archive.org%2F28%2Fitems%2FConvegnoSuCesareDanteVacchi_638%2FConvegnosucesaredantevacchi4.pdf&date=2019-02-18

 

 

 

CONGELAMENTO 12 DI 34

 

Pagina caricata “domingo, 3 de junho de 2018”,  autore  Alexandre Pomar. Titolo della scheda: Dante Vacchi, fotógrafo, aventureiro e fantasma. Si presumono scopi commerciali sul libro di Dante Vacchi  Penteados de Angola, come già riferito ai congelamenti n° 8 e n° 9.

 

ORIGINAL  URL:

https://alxpomar.blogspot.com/2018/06/dante-vacchi.html

 

http://www.webcitation.org/74vTNBFAd

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Falxpomar.blogspot.com%2F2018%2F06%2Fdante-vacchi.html&date=2018-12-25

 

https://archive.org/details/AlexandrePomar_DanteVacchiFotgrafoAventureiroEFantasma

https://ia801508.us.archive.org/5/items/AlexandrePomar_DanteVacchiFotgrafoAventureiroEFantasma/AlexandrePomar_DanteVacchiFotgrafoAventureiroEFantasma.html

 

https://archive.org/details/DanteVacchiFotografoAvventurieroFantasma

 

https://archive.org/details/DanteVacchiFotografoAvventurieroFantasma_12

https://ia601509.us.archive.org/4/items/DanteVacchiFotografoAvventurieroFantasma_12/Dantevacchifotografoavventurierofantasma2.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76GyX0BHR

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601509.us.archive.org%2F4%2Fitems%2FDanteVacchiFotografoAvventurieroFantasma_12%2FDantevacchifotografoavventurierofantasma2.pdf&date=2019-02-18

 

                         CONGELAMENTO 13 DI 34

 

Pagina caricata il 12 aprile 2009 sulla rivista on line di argomenti militari “Operacional”. Autore dell’articolo LANÇA-FOGUETES DE 37 mm PARA TROPAS TERRESTRES, dove si parla diffusamente  Di Cesare Dante Vacchi, è Miguel Machado.

ORIGINAL URL:

http://www.operacional.pt/lanca-foguetes-de-37mm-para-tropas-terrestres/

 

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fwww.operacional.pt%2Flanca-foguetes-de-37mm-para-tropas-terrestres%2F&date=2018-12-25

https://archive.org/details/Lana-foguetesDe37mmParaTropasTerrestres_Operacional.CesareDante

 

https://ia801504.us.archive.org/8/items/Lana-foguetesDe37mmParaTropasTerrestres_Operacional.CesareDante/Lana-foguetesDe37mmParaTropasTerrestres_Operacional.html

 

https://archive.org/details/LanciagranateDanteVacchi

 

https://archive.org/details/LanciagranateDanteVacchi_452

https://ia601508.us.archive.org/29/items/LanciagranateDanteVacchi_452/Lanciagranatedantevacchi3.pdf

 

 

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76GyxIDzu

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601508.us.archive.org%2F29%2Fitems%2FLanciagranateDanteVacchi_452%2FLanciagranatedantevacchi3.pdf&date=2019-02-18

 

 

                                       CONGELAMENTO  14 DI 34

 

Pagina pubblicata il 12 agosto 2009 da Alexandre Pomar. Valgono  i commenti ai congelamente n° 8, n° 9 e n°12.

 

 

ORIGINAL URL:

https://alexandrepomar.typepad.com/alexandre_pomar/2009/12/penteados.html

 

http://www.webcitation.org/74vqlvjaY

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Falexandrepomar.typepad.com%2Falexandre_pomar%2F2009%2F12%2Fpenteados.html&date=2018-12-25

 

https://archive.org/details/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi_969

https://ia801500.us.archive.org/3/items/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi_969/AlexandrePomar_PenteadosDeAngolaDanteVacchi.html

https://archive.org/details/CesareDanteVacchiPendeadosAngola

 

https://archive.org/details/CesareDanteVacchiPendeadosAngola_410

https://ia601506.us.archive.org/9/items/CesareDanteVacchiPendeadosAngola_410/Cesaredantevacchipendeadosangola3.pdf

 

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76GzNMsnP

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601506.us.archive.org%2F9%2Fitems%2FCesareDanteVacchiPendeadosAngola_410%2FCesaredantevacchipendeadosangola3.pdf&date=2019-02-18

 

CONGELAMENTO 15 DI 34

 

Il documento in questione è un lungo articolo intitolato Historiography of the Society of Jesus: The Case of France after the Order’s Restoration in 1814, e vi cita il libro di Dante Vacchi e Anne Vuylsteke (cioè Anne Gauze) Les jésuites en liberté. Autori dell’articolo Historiography of the Society of Jesus: The Case of France after the Order’s Restoration in 1814 sono Dominique Avon e Philippe Rocher. Il documento non ha data di caricamento.

ORIGINAL URL:

 https://referenceworks.brillonline.com/entries/jesuit-historiography-online/*-COM_192562

IL DOCUMENTO  HA RIFIUTATO IL CARICAMENTO SU WEBCITE.

 

https://archive.org/details/HistoriographyOfTheSocietyOfJesus_TheCaseOfFranceAfterTheOrders

https://ia601502.us.archive.org/7/items/HistoriographyOfTheSocietyOfJesus_TheCaseOfFranceAfterTheOrders/HistoriographyOfTheSocietyOfJesus_TheCaseOfFranceAfterTheOrdersRestorationIn1814-BrillReference.html

 

https://archive.org/details/GesuitiDanteVacchi

 

https://archive.org/details/GesuitiDanteVacchi_231

https://ia601500.us.archive.org/3/items/GesuitiDanteVacchi_231/Gesuitidantevacchi2.pdf

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76GzxVJCA

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601500.us.archive.org%2F3%2Fitems%2FGesuitiDanteVacchi_231%2FGesuitidantevacchi2.pdf&date=2019-02-18

 

                     CONGELAMENTO  16 DI 34

 

Questo documento è la versione elettronica in formato PDF della rivista dei commandos portoghesi MAMASUME (Propriedade da Associação de Comandos Instituição de utilidade pública, fundada em 14 de Novembro de 1975 Membro Honorário da Ordem do Infante D. Henrique No de Contribuinte: 501082875) e si tratta del numero del dicembre-gennaio 2012 (Janeiro/Dezembro 2012 Registo no I.C.S. nº. 124782 Depósito Legal Tiragem 2500 exemplares). La rivista dichiara 2500 copie ma non sappiamo quanto visite abbia ottenuto questo caricamento in rete della rivista. Ad ogni buon conto, a pagina 41 di questo numero compare un articolo di Victor M. C. Santos Monsieur Dante, “Le Renard”.

 

 

ORIGINAL URL: http://www.aofa.pt/rimp/MAMASUME_JAN_DEZ_2012.pdf

 

http://www.webcitation.org/74smRkHah

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fwww.aofa.pt%2Frimp%2FMAMASUME_JAN_DEZ_2012.pdf&date=2018-12-23ù

 

https://archive.org/details/Mamasume_jan_dez_2012CesareDanteVacchi

https://ia601508.us.archive.org/25/items/Mamasume_jan_dez_2012CesareDanteVacchi/MAMASUME_JAN_DEZ_2012.pdf

ULTERIORE CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H0ncDpm

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601508.us.archive.org%2F25%2Fitems%2FMamasume_jan_dez_2012CesareDanteVacchi%2FMAMASUME_JAN_DEZ_2012.pdf&date=2019-02-18

 

 

 

CONGELAMENTO 17 DI 34

 

Il sito reca il titolo “Blogue do “Povo de Portugal”” e alla pagina all’ORIGINAL URL qui in calce riporta un articolo dal titolo História dos Comandos portugueses, Raúl Folques (Cor) e António Neves (Ten-Cor) desde o início A historia dos Comandos ma l’autore di questo articolo (ma sarebbe meglio chiamarlo articolo-intervista) non è né Raúl Folques né António Neves (lo stesso che al congelamento n°  11 abbiamo riferito che nel giugno 2014 aveva tenuto una conferenza dal titolo DANTE VACCHI – Um nómada do mundo) ma Paulino Fernandes. Purtroppo, non viene riportata la data di caricamento di questo importante documento  sul “Blogue do “Povo de Portugal”” e neppure il numero di visite che  sono state effettuate su questa pagina. Vacchi in questo fondamentale documento viene citato ben 58 volte.

 

ORIGINAL URL:

http://jornalpovodeportugal.eu/2017/01/15/historia-dos-comandos-portugueses-raul-folques-cor-e-antonio-neves-ten-cor-desde-o-inicio/

 

http://www.webcitation.org/74sr5TqQG

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fjornalpovodeportugal.eu%2F2017%2F01%2F15%2Fhistoria-dos-comandos-portugueses-raul-folques-cor-e-antonio-neves-ten-cor-desde-o-inicio%2F&date=2018-12-23

 

https://archive.org/details/HistriaDosComandosPortuguesesRalFolquescorEAntnioNeves

https://ia801506.us.archive.org/21/items/HistriaDosComandosPortuguesesRalFolquescorEAntnioNeves/HistriaDosComandosPortuguesesRalFolquescorEAntnioNevesten-corDesdeOIncio_blogueDo_povoDePortugal_.html

 

https://archive.org/details/HistriaDosComandosPortugueses

 

https://archive.org/details/HistriaDosComandosPortugueses_510

https://ia601500.us.archive.org/23/items/HistriaDosComandosPortugueses_510/Histriadoscomandosportugueses2.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H1Vd40G

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601500.us.archive.org%2F23%2Fitems%2FHistriaDosComandosPortugueses_510%2FHistriadoscomandosportugueses2.pdf&date=2019-02-18

 

 

CONGELAMENTO  18 DI 34

 

Sito Internet che reca il titolo “Guerra Colonial 1961-1974”. La pagina dall’ ORIGINAL URL in calce riporta una scheda dal titolo Comandos. Nella scheda si cita Dante Cesare Vacchi ma storpiandone il cognome in Vachi («A história dos Comandos portugueses começou em 1962, quando, em Zemba, no Norte de Angola, foram constituídos os primeiros seis grupos daqueles que seriam os antecessores dos comandos. Para a preparação destes grupos foi criado o CI 21 – Centro de Instrução Especial de Contraguerrilha, que funcionou junto do Batalhão de Caçadores 280, comandado pelo tenente-coronel Nave, e que teve como instrutor o fotógrafo italiano Dante Vachi, com experiência das guerras da Argélia e da Indochina.»). Autore della sceda: non riportato. Data dell’immissione della scheda in rete: non riportata. Numero di accessi: non riportati.

ORIGINAL URL:  http://www.guerracolonial.org/index.php?content=310

 

http://www.webcitation.org/74stXVAzz

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fwww.guerracolonial.org%2Findex.php%3Fcontent%3D310&date=2018-12-23

 

https://archive.org/details/GuerraColonial1961-1974 (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

https://ia801501.us.archive.org/1/items/GuerraColonial1961-1974/GuerraColonial__1961-1974.html   (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

https://archive.org/details/GuerraColonial

 

https://archive.org/details/GuerraColonial_938

https://ia601504.us.archive.org/0/items/GuerraColonial_938/Guerracolonial2.pdf

 

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H2HzJfA

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601504.us.archive.org%2F0%2Fitems%2FGuerraColonial_938%2FGuerracolonial2.pdf&date=2019-02-18

 

 

CONGELAMENTO 19 DI 34

 

Dissertação de Mestrado em Jornalismo svolta nell’ambito della FCSH, Faculdade de Ciências Sociais e Humanas da Universidade NOVA de Lisboa,  titolo: Guerra Colonial na revista Notícia A cobertura jornalística do conflito ultramarino português em Angola. Autore: Sílvia Manuela Marques Torres. A p. 62 Cesare Dante Vacchi viene citato due volte in relazione ad un servizio giornalistico che Vacchi fece su Salazar: «Salazar surge pela primeira vez na Notícia a 14 de Julho de 1961. A reportagem de duas páginas, a preto e branco, sem direito a qualquer menção na capa, foi da autoria de Dante Vacchi. O jornalista conta tudo o que fez desde o dia em que pediu autorização para fotografar o “palacete senhoril” até à conversa que teve com Salazar. Duas idas à casa do “homem que, sozinho e em silêncio, governa um país inteiro” foram necessárias para o resultado final. A casa é retratada ao pormenor; os passos dados e as pessoas com quem se cruza são descritos por ordem. Três fotografias ilustram a peça: na primeira página, Salazar está sentado com os olhos postos num jornal; na segunda, uma fotografia maior mostra o presidente sentado numa poltrona a consultar um dossier e, na mais pequena, Salazar está de pé, no jardim, junto a um galinheiro. O artigo dá também destaque a uma caixa que revela que “pela primeira vez um jornalista consegue penetrar na intimidade do presidente português”. Em As Origens da Reportagem – Televisão154, Jacinto Godinho encontrou o mesmo cenário de “suspense” na primeira reportagem televisiva feita sobre Salazar, da autoria de Baptista Rosa. A 28 de Abril de 1958, o telespectador, curioso por “ver o que raramente aparecia”, entra de facto na casa do “pouco visível mas omnipresente homem do poder português”, mas não na sua vida íntima, como desejava. Entre um “distanciamento aproximado” e uma “proximidade distante”, o telespectador, assim como o leitor da reportagem de Dante Vacchi, “viu mas sem ver”, continuando, na realidade, a intimidade de Salazar num abrigo inultrapassável.» La tesi riporta come data marzo 2012 ma non è possibile  risalire alla data dell’immissione in rete né al numero delle visite effettuate sulla pagina.

 

ORIGINAL URL:

https://run.unl.pt/bitstream/10362/7280/1/Disserta%C3%A7%C3%A3o%20de%20Mestrado_S%C3%ADlvia%20Torres_aluna20606.docx.pdf

 

http://www.webcitation.org/74suTo18B

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Frun.unl.pt%2Fbitstream%2F10362%2F7280%2F1%2FDisserta%25C3%25A7%25C3%25A3o%2520de%2520Mestrado_S%25C3%25ADlvia%2520Torres_aluna20606.docx.pdf&date=2018-12-23

 

https://archive.org/details/DissertaoDeMestrado_slviaTorres

https://ia601502.us.archive.org/29/items/DissertaoDeMestrado_slviaTorres/DissertaoDeMestrado_slviaTorres_aluna20606.docx1.pdf

 

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H2dBjB0

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F29%2Fitems%2FDissertaoDeMestrado_slviaTorres%2FDissertaoDeMestrado_slviaTorres_aluna20606.docx1.pdf&date=2019-02-18

 

                          

                        

                            CONGELAMENTO 20 DI 34

 

Sempre lo stesso numero della rivista MAMASUME di cui si è già detto al congelamento n° 16.

 

URL ORIGINALI:

http://associacaocomandos.pt/associacao-comandos/publicacoes/revista-mama-sume/revista-mama-sume-no-075/, http://docplayer.com.br/11553723-Mamasume-revista-da-associacao-de-comandos.html#show_full_text e https://drive.google.com/file/d/0B-579B5eCQ29UWt3aEFOR2MxWEk/view

 

http://www.webcitation.org/74svYITOD   (CONGELAMENTO  WEBCITE  TECNICAMENTE  FALLITO)

 

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fdrive.google.com%2Ffile%2Fd%2F0B-579B5eCQ29UWt3aEFOR2MxWEk%2Fview&date=2018-12-23  (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

https://archive.org/details/MamasumeRevistaDaAssociaoDeComandos

 

https://archive.org/details/MamasumeRevistaDaAssociaoDeComandos_628

https://ia601502.us.archive.org/2/items/MamasumeRevistaDaAssociaoDeComandos_628/Mamasumerevistadaassociaodecomandos4.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H34dUhz

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F2%2Fitems%2FMamasumeRevistaDaAssociaoDeComandos_628%2FMamasumerevistadaassociaodecomandos4.pdf&date=2019-02-18

 

 CONGELAMENTO  21 DI 34

 

“Diário de Notícias” del 09 Junho 2007. Autore: Manuel Carlo Freire. Titolo dell’articolo: Nascidos na guerra. Citazione: «Um jornalista italiano da revista francesa Paris-Match com duvidosa experiência em conflitos militares está na origem do modelo de treino das tropas Comandos, criadas a contra- -relógio pelo Exército, nos anos 1960, para a luta de contra-guerrilha em África. Cesare Dante Vacchi, antigo sargento da Legião Estrangeiro, “afirmava ter uma grande experiência de guerra, porque tinha vivido alguns conflitos. Nunca cheguei a perceber muito bem se todos como jornalista ou alguns como combatente. Ele também não era muito claro nisso”, lembra o então tenente Caçorino Dias, instrutor dos dois grupos de operacionais que dariam origem (em 1963/64) às forças especiais de Comandos.»). Non si riporta il numero di accessi alla pagina.

 

ORIGINAL URL: https://www.dn.pt/arquivo/2007/interior/nascidos-na-guerra-659045.html

 

http://www.webcitation.org/74tsFgXqw

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fwww.dn.pt%2Farquivo%2F2007%2Finterior%2Fnascidos-na-guerra-659045.html&date=2018-12-24

 

https://archive.org/details/NascidosNaGuerra

https://ia601509.us.archive.org/14/items/NascidosNaGuerra/NascidosNaGuerra.html

 

https://archive.org/details/NascidosVacchi.docx

 

 

https://archive.org/details/NascidosVacchi

https://ia601503.us.archive.org/27/items/NascidosVacchi/Nascidosvacchi2.pdf

 

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H3eLo0h

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601503.us.archive.org%2F27%2Fitems%2FNascidosVacchi%2FNascidosvacchi2.pdf&date=2019-02-18

 

 

 

 

CONGELAMENTO 22 DI 34

 

Senza data e senza autore. Articolo intitolato As Forças Armadas Portuguesas nel quale viene citato Dante Vacchi. Passaggio dove viene citato Dante Vacchi: «Atualmente, os Comandos estão vocacionados para a realização das seguintes missões: Operações de ataque em profundidade na área da retaguarda do inimigo; Operações aerómoveis; Operações de contra insurreição; Operações como força de intervenção no âmbito da Segurança da área da retaguarda; Operações de apoio à paz, com prioridade para as operações de imposição de paz; Operações humanitárias, com prioridade para as operações de evacuação de não combatentes (NEO). História Os Comandos nasceram como força especial de contra-guerrilha, correspondendo à necessidade do Exército Português de dispor de unidades especialmente adaptadas a este tipo de guerra com que, em 1961, se viu enfrentada, durante a Guerra do Ultramar. A força destinava-se a: Realizar acções especiais em território português ou no estrangeiro; Combater como tropas de infantaria de assalto; Dotar os altos comandos políticos e militares de uma força capaz de realizar operações irregulares. A instituição torna-se operacional em 25 de junho de 1962, quando, em Zemba, no Norte de Angola, foram constituídos os primeiros seis grupos do que seriam considerados os antecessores dos comandos. Seria criado o CI 21 (Centro de Instrução de Contra-Guerrilha), que funcionou perto do Batalhão de Caçadores 280, e que contou como instrutor com o fotógrafo italiano e antigo sargento da Legião Estrangeira, Dante Vacchi, que já trazia experiência das guerras em Argélia e Indochina. Dado que os seis grupos preparados neste centro obtiveram excelentes resultados operacionais, o comando militar em Angola decidiu integrá-los na orgânica do Exército entre 1963 e 1964, criando os CI 16 e CI 25, na Quibala, Angola. Surgia assim, pela primeira vez, a designação de “Comandos” para as tropas aí instruídas. A 26 de Abril de 1985 o Regimento de Comandos foi agraciado com o grau de Membro-Honorário da Ordem Militar da Torre e Espada, do Valor, Lealdade e Mérito e a 13 de Dezembro de 1993 com o grau de Membro-Honorário da Ordem Militar de Avis.»

ORIGINAL URL: http://defesanacional.org/index.php/espaco-menu/historia-de-portugal/555-as-forcas-armadas-portuguesas

IL DOCUMENTO  HA  RIFIUTATO IL CARICAMENTO SU WEBCITE.

https://archive.org/details/AsForasArmadasPortuguesas

https://ia801507.us.archive.org/1/items/AsForasArmadasPortuguesas/AsForasArmadasPortuguesas.html

 

https://archive.org/details/HistriaDosComandosPortuguesesCesareDanteVacchi

https://archive.org/details/HistriaDosComandosPortuguesesCesareDanteVacchi_702

https://ia601505.us.archive.org/35/items/HistriaDosComandosPortuguesesCesareDanteVacchi_702/Histriadoscomandosportuguesescesaredantevacchi2.pdf

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE  SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H4PDNCZ

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601505.us.archive.org%2F35%2Fitems%2FHistriaDosComandosPortuguesesCesareDanteVacchi_702%2FHistriadoscomandosportuguesescesaredantevacchi2.pdf&date=2019-02-18

 

                     CONGELAMENTO 23 DI 34

 

Pagina a scopo di mercato antiquario dove si presenta il libro di Dante Vacchi Angola 1961-1963. Autore pagina sconosciuto ma pagina forse caricata nel 2016 da Le Plac’Art Photo. Valgono i commenti ai congelamenti  n° 8, n° 9 e n° 12.

 

ORIGINAL URL: https://placartphoto.com/book/150/angola_1961_-_1963-_anne_gauzes__dante_vacchi

 

http://www.webcitation.org/74yyS0tKQ

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fplacartphoto.com%2Fbook%2F150%2Fangola_1961_-_1963-_anne_gauzes__dante_vacchi&date=2018-12-27

 

https://archive.org/details/AnneGauzes

 

https://archive.org/details/AnneGauzes_105

https://ia601502.us.archive.org/22/items/AnneGauzes_105/Annegauzes2.pdf

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H4o3JD9

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F22%2Fitems%2FAnneGauzes_105%2FAnnegauzes2.pdf&date=2019-02-18

 

 

CONGELAMENTO 24 DI 34

 

Pagina caricata il 9 dicembre 2013 per presentare il libro Porto di Dante Vacchi ed Anne Gauze («‘PORTO’ De Dante Vacchi e Anne Gauzes Edição de Milão 1965»). Autore: sconosciuto. Numero di accessi: sconosciuti. Pagina caricata a scopi commerciali per il mercato antiquario del libro come da congelamenti  n° 8, n° 9, n° 12 e n° 23.

ORIGINAL URL: http://livrosultramarguerracolonial.blogspot.com/2013/12/portugal-porto-de-dante-vacchi-e-anne.html

 

http://www.webcitation.org/74zrswLW3

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Flivrosultramarguerracolonial.blogspot.com%2F2013%2F12%2Fportugal-porto-de-dante-vacchi-e-anne.html&date=2018-12-28

https://archive.org/details/PortugalPortoDanteVacchiEAnneGauzes

 

https://archive.org/details/PortugalPortoDanteVacchiEAnneGauzes_583

https://ia601504.us.archive.org/13/items/PortugalPortoDanteVacchiEAnneGauzes_583/Portugalportodantevacchieannegauzes2.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H560oIK

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601504.us.archive.org%2F13%2Fitems%2FPortugalPortoDanteVacchiEAnneGauzes_583%2FPortugalportodantevacchieannegauzes2.pdf&date=2019-02-18

 

CONGELAMENTO 25 DI 34

Pagina caricata a scopo commerciale per la vendita del libro di Anne Gauze e Dante Vacchi Porto. Non si conosce autore pagina, data di caricamento e numero di accessi. Commento, come ai punti n° 8, n° 9, n° 12, n° 23 e n° 24.

 

ORIGINAL URL: https://fr.shopping.rakuten.com/offer/buy/19407373/Gauzes-Anne-Porto-Livre.html

 

http://www.webcitation.org/74ztNS76q (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Ffr.shopping.rakuten.com%2Foffer%2Fbuy%2F19407373%2FGauzes-Anne-Porto-Livre.html&date=2018-12-28  (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

https://archive.org/details/LibroSuPortoDanteVacchi

 

https://archive.org/details/LibroSuPortoDanteVacchi_876

https://ia601502.us.archive.org/28/items/LibroSuPortoDanteVacchi_876/Librosuportodantevacchi3.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H5eioQ0

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601502.us.archive.org%2F28%2Fitems%2FLibroSuPortoDanteVacchi_876%2FLibrosuportodantevacchi3.pdf&date=2019-02-18

 

 

CONGELAMENTO  26 DI 34

 

A pagina 24 di The Fuzileiros: Portuguese Marines in Africa, 1961–1974 di John P. Cann si citano come fotografi Anne Gaüzes e Dante Vacchi.

 

ORIGINAL URL: https://books.google.it/books?id=cpW0DAAAQBAJ&pg=PA24&lpg=PA24&dq=Anne+Ga%C3%BCzes&source=bl&ots=TGkjENUGM6&sig=jZagR056ss4oRfvgJl9pZCDgobM&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiiiMOC7rzfAhXN_KQKHTESBTUQ6AEwCXoECAQQAQ#v=onepage&q=Anne%20Ga%C3%BCzes&f=false

 

http://www.webcitation.org/76H5tRt77 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fbooks.google.it%2Fbooks%3Fid%3DcpW0DAAAQBAJ%26pg%3DPA24%26lpg%3DPA24%26dq%3DAnne%2BGa%25C3%25BCzes%26source%3Dbl%26ots%3DTGkjENUGM6%26sig%3DjZagR056ss4oRfvgJl9pZCDgobM%26hl%3Dit%26sa%3DX%26ved%3D2ahUKEwiiiMOC7rzfAhXN_KQKHTESBTUQ6AEwCXoECAQQAQ%23v%3Donepage%26q%3DAnne%2520Ga%25C3%25BCzes%26f%3Dfalse&date=2019-02-18 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

https://archive.org/details/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann- (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO

https://ia801505.us.archive.org/15/items/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann-/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann-GoogleLibri.html  (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

https://archive.org/details/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann-_985 (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

https://ia601503.us.archive.org/7/items/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann-_985/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann-GoogleLibri.html (CONGELAMENTO  INTERNET ARCHIVE TECNICAMENTE  FALLITO)

https://archive.org/details/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.CannDante

 

https://archive.org/details/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann

https://ia601508.us.archive.org/12/items/TheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann/Thefuzileiros_portuguesemarinesinafrica19611974-johnp.cann2.pdf

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76H6SbDI1

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601508.us.archive.org%2F12%2Fitems%2FTheFuzileiros_PortugueseMarinesInAfrica19611974-JohnP.Cann%2FThefuzileiros_portuguesemarinesinafrica19611974-johnp.cann2.pdf&date=2019-02-18

 

                     CONGELAMENTO 27 DI 34

 

Alle pp. 6, 7 e 18 di The Flechas: Insurgent Hunting in Eastern Angola, 1965 1974 di John P. Cann si cita Cesare Vacchi.

 

ORIGINAL URL:

https://books.google.it/books?id=JeXZAwAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=The+Flechas:+Insurgent+Hunting+in+Eastern+Angola,+1965-1974&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiszP7E79bfAhVM1VkKHdhTB8UQ6AEIKDAA#v=onepage&q=VACCHI&f=false

 

http://www.webcitation.org/76I9TvzU5 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fbooks.google.it%2Fbooks%3Fid%3DJeXZAwAAQBAJ%26printsec%3Dfrontcover%26dq%3DThe%2BFlechas%3A%2BInsurgent%2BHunting%2Bin%2BEastern%2BAngola%2C%2B1965-1974%26hl%3Dit%26sa%3DX%26ved%3D0ahUKEwiszP7E79bfAhVM1VkKHdhTB8UQ6AEIKDAA%23v%3Donepage%26q%3DVACCHI%26f%3Dfalse&date=2019-02-18 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

https://archive.org/details/Vacchi-Flechas

 

https://archive.org/details/Vacchi-Flechas-Caan

https://ia601507.us.archive.org/0/items/Vacchi-Flechas-Caan/Vacchi-Flechas-Caan.pdf

 

 

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76I9nwjjl

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601507.us.archive.org%2F0%2Fitems%2FVacchi-Flechas-Caan%2FVacchi-Flechas-Caan.pdf&date=2019-02-18

      

                          CONGELAMENTO 28 DI 34

 

Autore: Victor Santo, articolo: De Noqui À Amodora, pp. 16-21. Buona parte dell’articolo è dedicato a o francês, « «Monsieur» Dante Vacchi …», e il soprannome era dovuto alla sua fama che faceva dire «Ele mesmo, o Francês. Consta que combateu na Argélia e fez parte dos « Comandos», vocês sabem o que é… essa tropa especial que às vezes aparece nos filmes …» La pagina PDF è tratta da “Mamasume” dell’aprile 1980. Allo stato della ricerca, questo è la più vecchia fonte secondaria che parla di Cesare Dante Vacchi come fondatore dei commandos portoghesi. Si ignora data di immissione nel Web della pagina.

 

ORIGINAL URL:

http://associacaocomandos.pt/_warehouse/mamasume/rvms-pdf/RVMS-009-1980c-Abril.pdf

http://www.webcitation.org/76IAe56jm

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fassociacaocomandos.pt%2F_warehouse%2Fmamasume%2Frvms-pdf%2FRVMS-009-1980c-Abril.pdf&date=2019-02-18

 

https://archive.org/details/Rvms-009-1980c-abril.pdfMamasume-Vacchi

https://ia601505.us.archive.org/35/items/Rvms-009-1980c-abril.pdfMamasume-Vacchi/Rvms-009-1980c-abril.pdfMamasume-Vacchi.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76IA6p8Oc

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601505.us.archive.org%2F35%2Fitems%2FRvms-009-1980c-abril.pdfMamasume-Vacchi%2FRvms-009-1980c-abril.pdfMamasume-Vacchi.pdf&date=2019-02-18

 

 

                               CONGELAMENTO 29 DI 34

 

Video su YouTube intitolato Tropa de Elite Portuguesa em Africa – Comandos Flechas, caricato da “Angola Documentários”, pubblicato l’ 8 novembre 2017. Al 7 febbrario 2018, 1753 visualizzazioni. Dopo circa 3 minuti dall’inizio del video, si parla di Dante Vacchi.  In calce ai relativi URL, copiaincollato il commento al video, ove vi si cita Dante Vacchi.

 

ORIGINAL URL:

https://www.youtube.com/watch?v=-EwjO4Aar_I

GLI URL E I VIDEO DI YOUTUBE NON POSSONO ESSERE CONGELATI  TRAMITE WEBCITE.

 

https://archive.org/details/TropaDeElitePortuguesaEmAfrica-ComandosFlechas

https://ia601506.us.archive.org/33/items/TropaDeElitePortuguesaEmAfrica-ComandosFlechas/TropaDeElitePortuguesaEmAfrica-ComandosFlechas.mp4

Tropa de Elite Portuguesa em Africa – Comandos Flechas

1.528 visualizzazioni

160CONDIVIDISALVA

Angola Documentários

Pubblicato il 8 nov 2017

 

O Regimento de Comandos, Centro de Tropas Comandos ou os Comandos são uma força de elite do Exército Português com treino avançado para a realização de operações ou manobras que envolvam alto risco e baixo índice de sucesso, que poderiam ser apenas realizados por uma infantaria altamente qualificada. Os Flechas foram forças de operações especiais dependentes da Polícia Internacional e de Defesa do Estado (PIDE), criadas, inicialmente em Angola, para actuar na Guerra do Ultramar. Os membros dos Flechas eram recrutados entre determinados grupos nativos, nomeadamente ex-guerrillheiros e membros da etnia bosquímane (khoisan). Os bosquímanos que historicamente tinham sido invadidos pelos povos Bantu não tinham qualquer problema a aliar-se aos portugueses, dado que viam nos movimentos de libertação o Bantu invasor do seu território. Estes eram especialmente escolhidos pelas seus conhecimentos do inimigo, conhecimento do terreno, conhecimento das populações locais, etc. É de salientar que os bosquímanos eram um povo caçador-recolector, logo exímios intérpretes de rastos e pistas deixadas no terreno pelo inimigo dada a sua experiência em perseguição de caça. Esses membros nativos eram enquadrados por oficiais do Exército Português e por agentes da PIDE e recebiam treino de forças especiais. Os Comandos nasceram como força especial de contra-guerrilha, correspondendo à necessidade do Exército Português de dispor de unidades especialmente adaptadas a este tipo de guerra com que, em 1961, se viu enfrentada, durante a Guerra do Ultramar. A força destinava-se a: – Realizar acções especiais em território português ou no estrangeiro; – Combater como tropas de infantaria de assalto; – Dotar os altos comandos políticos e militares de uma força capaz de realizar operações irregulares. A instituição torna-se operacional em 25 de junho de 1962, quando, em Zemba, no Norte de Angola, foram constituídos os primeiros seis grupos do que seriam considerados os antecessores dos comandos. Seria criado o CI 21 (Centro de Instrução de Contra-Guerrilha), que funcionou perto do Batalhão de Caçadores 280, e que contou como instrutor com o fotógrafo italiano e antigo sargento da Legião Estrangeira, Dante Vacchi, que já trazia experiência das guerras em Argélia e Indochina.

 

 

 

 

CONGELAMENTO 30 DI 34

 

Video su YouTube Os Flechas – A Tropa Secreta da PIDE/DGS 1967 (Angola Portuguesa), pubblicato da Miguel Ferreira, l’ 8 settembre 2018. Al 7 febbraio 2019, 168  visualizzazioni. Il video non cita Vacchi in relazione alla fondazione dei commandos portoghesi, ma si diffonde ampiamente sul ruolo della PIDE nella guerra coloniale portoghese e sia questa sottolineatura sul ruolo della sì famigerata polizia politica ma, comunque, portoghese sia non citare Vacchi dimostra che a tuttoggi il riconoscimento dell’operato di Vacchi nella guerra coloniale portoghese non è ancora una memoria condivisa. In calce agli URL, copiaincollato il testo di commento al video.

 

 

ORIGINAL URL:

https://www.youtube.com/watch?v=p3jDL98Nstg

GLI URL E I VIDEO DI YOUTUBE NON POSSONO ESSERE CONGELATI  TRAMITE WEBCITE

https://archive.org/details/OsFlechas-ATropaSecretaDaPide_dgs1967angolaPortuguesa

https://ia601500.us.archive.org/26/items/OsFlechas-ATropaSecretaDaPide_dgs1967angolaPortuguesa/OsFlechas-ATropaSecretaDaPide_dgs1967angolaPortuguesa.mp4

 

 

Durante a guerra de Angola, a PIDE/DGS criou um grupo paramilitar de bosquímanos, um povo africano. Os Flechas nasceram na região do Cuando-Cubango, propagaram-se à vila de Gago Coutinho (Lumbala Nguimbo) e, na fase final do conflito, chegaram à região de Luanda, Luso (Luena) e Caxito. Em 1967, seis anos depois do início da guerra em Angola, a PIDE/DGS começou a recrutar novos membros entre algumas etnias africanas com o objectivo de integrá-los num novo grupo paramilitar autóctone, criado nesse ano pelo inspector Óscar Cardoso. Foi o próprio Óscar Cardoso que lhes escolheu o nome, por utilizarem arcos e flechas envenenadas para caçarem. A ordem era que capturassem os opositores e os levassem para serem interrogados. Porém, isso raramente acontecia — na maioria das vezes, os “Flechas” acabavam por matar os insurgentes durante os confrontos. Alimentavam-se de raízes, carochas, insectos, frutos e animais, e negavam as rações de combate. Na única ocasião em que lhes foram fornecidas rações de combate, os bosquímanos comeram literalmente tudo de uma vez. Nem os plásticos que protegiam alguns alimentos se safaram. Em Angola, os missionários protestantes e católicos eram os únicos capazes de comunicar com os bosquímanos e outros grupos étnicos.

 

 

 

 

 

 

CONGELAMENTO  31 DI 34

 

Da Fernando Cavaleiro Ângelo (pref. Óscar Cardoso), Os Flechas: A Tropa Secreta da PIDE/DGS na Guerra de Angola (1967-1974), 1a ed. Alfragide, Casa das Letras, 2017 (numero di pagina non determinabile tramite motore di ricerca di Google libri): «Durante a estada da OAS em Portugal, Óscar  Cardoso desconhece que os seus agentes tenham ministrado cursos de guerrilha às nossas  forças   armadas. Existiu, contudo, um Italiano, Dante Vacchi, que deu instruçao aos Comandos do […] [citazione interrotta perché la pagina mostrata dal motore di ricerca Google libri, oltre a non mostrare il numero della pagina, non riporta nemmeno la frase intera].»

ORIGINAL URL:

https://books.google.it/books?id=4lEsDgAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=inauthor:%22Fernando+Cavaleiro+%C3%82ngelo%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjZoO-bndvfAhVR2KQKHekTDTwQ6AEIKDAA#v=onepage&q=vachi&f=false

http://www.webcitation.org/76IAtD44J (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fbooks.google.it%2Fbooks%3Fid%3D4lEsDgAAQBAJ%26printsec%3Dfrontcover%26dq%3Dinauthor%3A%2522Fernando%2BCavaleiro%2B%25C3%2582ngelo%2522%26hl%3Dit%26sa%3DX%26ved%3D0ahUKEwjZoO-bndvfAhVR2KQKHekTDTwQ6AEIKDAA%23v%3Donepage%26q%3Dvachi%26f%3Dfalse&date=2019-02-18 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

 

https://archive.org/details/OsFlechasTropaSecretaVacchi

 

https://archive.org/details/OsFlechasTropaSecretaDanteVacchi

https://ia601509.us.archive.org/26/items/OsFlechasTropaSecretaDanteVacchi/OsFlechasTropaSecretaDanteVacchi.pdf

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76IB57sZ8

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601509.us.archive.org%2F26%2Fitems%2FOsFlechasTropaSecretaDanteVacchi%2FOsFlechasTropaSecretaDanteVacchi.pdf&date=2019-02-18

 

CONGELAMENTO   32 DI 34

 

Dante Vacchi citato in Wikpedia alla voce “Comandos (Exército Português)”

 

ORIGINAL URL:

https://pt.wikipedia.org/wiki/Comandos_(Ex%C3%A9rcito_Portugu%C3%AAs)

 

http://www.webcitation.org/76IBM8Jsw

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fpt.wikipedia.org%2Fwiki%2FComandos_%28Ex%25C3%25A9rcito_Portugu%25C3%25AAs%29&date=2019-02-18

 

https://archive.org/details/ComandosexrcitoPortugusWikipdiaAEnciclopdiaLivre

https://ia801506.us.archive.org/35/items/ComandosexrcitoPortugusWikipdiaAEnciclopdiaLivre/ComandosexrcitoPortugusWikipdiaAEnciclopdiaLivre.html

 

https://archive.org/details/COMANDOSVACCHIWIKIPEDIA

https://ia801506.us.archive.org/18/items/COMANDOSVACCHIWIKIPEDIA/COMANDOS%20VACCHI%20WIKIPEDIA.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76ICcXkRS

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801506.us.archive.org%2F18%2Fitems%2FCOMANDOSVACCHIWIKIPEDIA%2FCOMANDOS%2520VACCHI%2520WIKIPEDIA.pdf+&date=2019-02-18 (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

 

CONGELAMENTO  33 DI 34

Articolo:  Contra-Insurreição em África. O Modo Português de Fazer a Guerra (1961-1974). Autore: John P. Cann. Si tratta di una recensione dell’autore in merito a José Freire Antunes, Guerra de África – 1961-1974, Vol. I .  In calce agli URL ampia citazione della pagina in cui viene citato Vacchi (ma Caan non precisa il numero della pagina). Immesso in Rete: quarta-feira, 31 de maio de 2017.

 

 

ORIGINAL URL:

http://liceu-aristotelico.blogspot.com/2017/05/contra-insurreicao-em-africa-o-modo.html

 

http://www.webcitation.org/76ID5clAs

http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fliceu-aristotelico.blogspot.com%2F2017%2F05%2Fcontra-insurreicao-em-africa-o-modo.html&date=2019-02-18

 

https://archive.org/details/MiguelBrunoDuarte_Contra-insurreioEmfrica.OModoPortugusDe

https://ia601505.us.archive.org/16/items/MiguelBrunoDuarte_Contra-insurreioEmfrica.OModoPortugusDe/MiguelBrunoDuarte_Contra-insurreioEmfrica.OModoPortugusDeFazerAGuerra1961-1974.html

 

https://archive.org/details/RecensioniCaan-Vacchi

https://archive.org/details/RecensioniCaan-DanteVacchi

https://ia601505.us.archive.org/4/items/RecensioniCaan-DanteVacchi/RecensioniCaan-DanteVacchi.pdf

 

ULTERIORE  CONGELAMENTO  WEBCITE SU INTERNET ARCHIVE:

http://www.webcitation.org/76IDSJxUd

http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601505.us.archive.org%2F4%2Fitems%2FRecensioniCaan-DanteVacchi%2FRecensioniCaan-DanteVacchi.pdf&date=2019-02-18

 

«Para os primeiros cursos de comandos, em Angola, contrataram um indivíduo franco-italiano, o Dante Vacchi, que tinha sido sargento na Legião Estrangeira. Sem dúvida que tinha limitações na sua formação e na parte táctica, mas tinha uma preparação técnica muito grande entre arame farpado. Trouxe grandes inovações. Os oficiais que estavam à frente aceitaram o homem, naturalmente dando-lhe o desconto na parte táctica porque ele, como sargento, tinha limitações. Mas dentro do arame farpado foi extraordinário.
Nessa altura tinham saído e andavam em voga aqueles livros franceses, Os CenturiõesOs Pretorianos, etc. “Bebíamos” aqueles livros. Para nós, portugueses, a experiência francesa foi muito rica. Foram os homens que estiveram na Indochina, estiveram prisioneiros, depois foram para a Argélia. Houve oficiais portugueses que estiveram meses na Argélia a estagiar. Para mim, o modelo francês foi o mais seguido. Até porque, sendo um país com um passado com algumas semelhanças com o nosso, havia que aproveitar. A Indochina e a Argélia foram exemplos a seguir. Outra coisa que nós tínhamos era um certo cuidado, principalmente os oficiais. De certa maneira, tínhamos que dar o exemplo. Posso dizer que das baixas que tivemos nos comandos, uma percentagem elevada foram graduados, oficiais e sargentos. Para além disso, em cada cinco homens, um era oficial ou sargento, enquanto que na tropa normal, em cada trinta homens, havia um oficial e três sargentos. Nos comandos, em cada vinte e cinco homens havia um oficial e em cada cinco havia um sargento. Posso dizer que foram eliminados dos cursos de comandos vários oficiais do Quadro Permanente, incluindo alguns que são hoje colunáveis. Dou um exemplo: Uma noite dormimos em Mueda num dos quartéis, porque normalmente ficávamos em barracas. Dormíamos nas casernas, no chão, ao lado do nosso pessoal, como sempre fazíamos em operações e campanha. Fomos tomar café à messe dos oficiais de Mueda e, quando entrámos, apercebemo-nos de uma grande zaragata na caserna. E o maior orgulho que tive foi ouvir sussurrar numa companhia de caçadores que lá estava: “Porra, se tivéssemos oficiais como os vossos também éramos bons!” Havia da nossa parte uma postura que era importante e determinante.
Durante o curso, uma pessoa levava em cima, durante trinta noites seguidas, com altifalantes que lhe diziam: “Tu és o melhor do mundo!” Um gajo ficava mesmo convencido de que era bom. Acredito que isso seja muito criticado, mas era fundamental. Não direi que houvesse um espírito de superioridade. Estávamos convictos do valor que tínhamos. Nós próprios ficávamos admirados com a capacidade de resistência que tínhamos. Trabalhávamos muitas vezes no limite do esforço. Mas acima do espírito comando estava a Pátria. O nosso dia, nas unidades ou no mato em instrução, começava sempre com o hastear da bandeira nacional – compareciam todos – e com a leitura do código do comando, onde a Pátria é exaltada. Um jornalista disse um dia que os comandos estavam muito ligados a África e defendiam valores ultrapassados. De facto, nós, os comandos que estivemos em África e lá adquirimos a plenitude, éramos capazes de ficar lá toda a vida. O espírito de corpo que temos vem desses anos em África, das comissões de dois anos em que os indivíduos viviam em conjunto os problemas do dia-a-dia. Era o fulano a quem morreu o filho, o fulano que a namorada deixou, o fulano a quem a mulher pôs os cornos, os problemas de vária ordem que se sentiam a viver em companhia. O espírito de corpo foi cimentado em África, e isso não desaparece. Se agarrar num jornal, vê que é raro o mês em que não há reuniões de batalhões e de companhias. Isto não é por acaso, há um espírito de corpo que ficou, há qualquer coisa que os une. Foi o Santos e Castro – o comando número um – que introduziu o grito “Mama Sume!”, que significa isto: “Aqui estou!” Em Angola, uma das provas que os bailundos faziam para atingirem a maturidade era sair e caçar um leão, com lança. Na altura em que atiravam a lança gritavam: “Estou aqui, não tenho medo”. Por isso, e porque os comandos nasceram em Angola, o Santos e Castro achou que esse era um grito a adoptar, porque era a plenitude de um jovem que ia matar um leão com uma lança, e ao dar esse grito sentia-se com força e coragem. Ainda hoje se usa nas cerimónias comando. Na guerra, às vezes íamos a correr atrás dos gajos e gritávamos “Mama Sume!”».
Jaime Neves («Mama Sume!», in José Freire Antunes, «Guerra de África – 1961-1974», Vol. I).»

 

 

 

 

CONGELAMENTO  34 DI 34

 

Da Google libri, dal quale risulta che Dante Vacchi in José Freire Antunes, A Guerra de África – 1961-1974, Lisboa, Círculo de Leitores, 1995 viene citato tre volte: pp. 233, 234 e 464. Dalla pagina all’URL http://liceu-aristotelico.blogspot.com/2017/05/contra-insurreicao-em-africa-o-modo.html (congelamento n° 33), risulta che esso viene citato anche in un altro luogo di  José Freire Antunes, A Guerra de África cit. ma il numero di questa pagina non viene mostrato.

 

ORIGINAL URL:

https://books.google.it/books?hl=it&id=MXAFAQAAIAAJ&dq=Jos%C3%A9+Freire+Antunes%2C+%C2%ABGuerra+de+%C3%81frica+-+1961-1974%C2%BB%2C+Vol.+I&focus=searchwithinvolume&q=VACCHI

http://www.webcitation.org/76IDerGMg (CONGELAMENTO  WEBCITE TECNICAMENTE  FALLITO)

 

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Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, Las Meninas, 1656

 

 

 

 

 

[1] Rudolf  Kjellén, Staten som lifsform, Stockholm, Gebers, 1916.

[2] In particolare, per quanto riguarda la profondissima influenza che la gentiliana Filosofia della  prassi ebbe sul pensiero e sulla politica dell’Italia del  Novecento, non troviamo nulla di meglio che stralciare dalle bozze del nostro Glosse al Repubblicanesimo Geopolitico (di prossima ma sempre rinviata pubblicazione) le seguenti considerazioni: «Ma torniamo ora alla filosofia della praxis. Sebbene questa locuzione, come abbiamo precedente visto, sia larghissimamente impiegata nei Quaderni del carcere da Gramsci, il termine non fu da lui coniato ma ha invece due padri che lo avevano preceduto. Il primo è Antonio Labriola e il secondo è Giovanni Gentile. Tuttavia in Labriola e Gentile il significato è radicalmente diverso. Per semplificare: Antonio Labriola riteneva che il marxismo fosse una filosofia della prassi perché esso metteva al centro del suo discorso non un’astratta dialettica delle idee ma il concreto rapporto dell’uomo col suo lavoro destinato a modificare il suo ambiente naturale e sociale. Giovanni Gentile invece, dava a ‘filosofia della praxis’ il significato che il soggetto poteva conoscere non impiegando kantaniamente astratte categorie trascendentali ma confrontandosi direttamente con l’oggetto, un oggetto che però non è astrattamente posto ma creato dall’attività conoscitiva del soggetto stesso. Siamo, come è di tutta evidenza, dalle parte di un Fitche e della sua dialettica fra un io che deve porre per manifestarsi un non io (fra l’altro molto stranamente ma forse proprio per non dover pagare debiti troppo elevati, Gentile mai riconoscerà l’importanza di questo filosofo) ma siamo anche dalle parti, anzi vi si entra direttamente, delle Tesi su Feuerbach di Karl Marx, Tesi che, come ora vedremo, risulteranno in pratica non solo l’esordio filosofico di Giovanni Gentile ma anche il motivo animatore di tutta la dinamica interna della filosofia dell’atto puro di Gentile. Giovanni Gentile affronta il tema delle marxiane Tesi su Feuerbach nel 1899 nell’opera La filosofia di Marx (Giovanni Gentile, La filosofia di Marx. Studi critici, Pisa, E. Spoerri, 1899). Quest’opera contiene due saggi. Il primo è Una critica del materialismo storico, che aveva avuto anche una precedente pubblicazione, il secondo è La filosofia della prassi, dove oltre a porre sulla base delle Tesi su Feuerbach l’interpretazione gentiliana del pensiero di Marx, queste Tesi vengono pubblicate (e tradotte per la prima volta in Italia) da Gentile. Ma qual è, in concreto, il cuore dell’operazione ermeneutica intrapresa da Gentile con quest’ultimo saggio? Consiste in questo: poggiandosi sulla prima tesi su Feuerbach, ove il filosofo di Treviri afferma che la realtà è Gegenstand e non Objekt, Gentile afferma che per Marx la realtà è sempre e solo  il prodotto di una vicenda storica che non risponde ad alcuna legalità esterna tranne la sua peculiare dinamica interna che si sostanzia proprio nel rapporto diretto e non passivo fra soggetto e oggetto. Quindi, nell’interpretazione di Marx data da Gentile, la realtà non è un dato che prescinde dal soggetto ma è una realtà prodotta direttamente dal soggetto; fichtianamente, anche se con linguaggio diverso da Fichte, il soggetto attraverso la sua oggettivazione produce il soggetto. Di fatto, La filosofia della prassi è non solo il più profondo testo su Marx mai apparso in Italia ma è anche il testo che inquadrando la filosofia del pensatore di Treviri come filosofia della prassi nel senso attivistico del soggetto che forma l’oggetto ha anche direttamente ispirato tutta quella schiera di rivoluzionari italiani che, partendo dal totale rifiuto del positivismo, volevano lottare per il totale rivoluzionamento della società. Anche parte del fascismo trasse linfa iniziale da  questi slanci rivoluzionari ed attivistici di matrice idealistico-marxiana filtrati da Gentile, i futuristi indubbiamente ebbero  nel loro album di famiglia ideologico anche la Weltanschauung gentilo-marxiana; sull’altro versante in Gobetti sono molto rigogliosi i semi rivoluzionari di stampo gentiliano  ma l’autore che ha subito il più profondo marchio dall’interpretazione attivistica di Marx che emerge dalla Filosofia della prassi di Gentile è senza alcun dubbio Antonio Gramsci. Tanto per essere chiari e delimitare il campo degli argomenti (e degli uomini) con cui può essere utile sviluppare una dialettica e quelli che semplicemente devono essere considerati dei traditori belli e buoni del pensiero gramsciano. C’è chi ha recentemente affermato che il solo accostare il nome di Gramsci a quello di Gentile costituisce una sorta di sacrilegio perché il primo fu rinchiuso nelle carceri fasciste mentre il secondo fu uno degli ideologi di quel fascismo che incarcerò Gramsci. Per costoro non c’è nessuna risposta razionale e basata sui dati di fatto che possiamo fornire. Quando espresso in sincerità si tratta di un ragionamento di tipo religioso che non ricorre ad alcuna argomentazione razionale ma all’affermazione ripetuta e stordita di puri atti di fede (di falsa sinistra). Purtroppo, coloro che hanno il compito di dare una veste formale a questi deliri, sono tutt’altro che degli ingenui ma sono i professionisti dell’antifascismo militante il cui compito è, appunto, stordire  gli ingenui ai fini della propria carriera personale. Ci sono poi coloro, filologicamente un po’ più onesti, che dicono che l’attualismo gentiliano fu sì importante per Gramsci ma che questo influsso si fermò alle soglie degli anni Venti del Novecento. Sulla scorta di un’attenta lettura dei Quaderni, si dimostrerà che la “filosofia della praxis” versione Gentile fu determinante e centrale nel pensiero di Gramsci. C’è poi infine chi afferma, in base all’influsso diretto di Gentile su Gramsci, che Gramsci deve essere definito un filosofo idealista. Pur nel pieno rispetto di questa opinione, mostreremo una realtà molto diversa. Per quanto riguarda però  coloro che con tutta le sfumature possibili di una buona o cattiva coscienza affermano che è un sacrilegio accostare il nome di Gramsci a quello di Gentile, bastino le seguenti parole che Antonio Gramsci scrisse nel 1918 su Giovanni Gentile giudicandolo «il filosofo italiano che più in questi ultimi anni abbia prodotto nel campo del pensiero. Il suo sistema della filosofia è lo sviluppo ultimo dell’idealismo germanico che ebbe il suo culmine in Hegel, maestro di Marx, ed è la negazione di ogni trascendentalismo, l’identificazione della filosofia con la storia, con l’atto del pensiero in cui si uniscono il vero e il fatto in una progressione dialettica mai definitiva e perfetta.»: Antonio Gramsci, Il socialismo e la cultura attuale, in “Il Grido del Popolo”, 19 gennaio 1918. Veniamo ora a coloro che pur riconoscendo l’importanza di Gentile nel primo Gramsci, la vogliono negare per quanto riguarda i Quaderni del Carcere. Ora se è chiaro che nei Quaderni non sono presenti entusiastici apprezzamenti di Gramsci su Gentile del tipo di quello apparso  nel ’19 nel “Grido del popolo” (e sarebbe veramente strano aspettarseli visto che Gramsci era stato incarcerato dal regime fascista, quello stesso regime di cui Gentile tanto faticava a presentarsi come l’ideologo ufficiale), è di  altrettanta  solare evidenza che è proprio la filosofia della praxis versione gentilo-marxiana la vera colonna vertebrale filosofica che struttura tutti i Quaderni. Solo qualche citazione in proposito:[…]».

 

[3] « «L’origine è la meta»: Karl Kraus, Worte in Versen I [Parole in versi]. «La storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di momento-ora [Jetztzeit]. Così, per Robespierre, la Roma antica era un passato carico di momento-ora [Jetztzeit], che egli faceva schizzare dalla continuità della storia. La Rivoluzione francese si autorappresentava come una Roma rediviva. Citava  l’antica Roma esattamente come la moda cita un costume d’altri tempi. La moda ha il senso del momento-ora [Jetztzeit], dovunque esso viva nella selva di quello che fu. Essa è un balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in un’arena dove comanda la classe dominante. Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della storia, è quello dialettico, come Marx ha concepito la rivoluzione.»: Walter Benjamin, XIV Tesi di filosofia della storia.

 

 

[4] « «Una delle caratteristiche più notevoli dell’animo umano, – scrive Lotze, – è, fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del presente verso il proprio futuro». La riflessione porta a concludere che l’idea di felicità che possiamo coltivare è tutta tinta del tempo a cui ci ha assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che potrebbe suscitare la nostra invidia, è solo nell’aria che abbiamo respirato, fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto farci dono di sé. Nell’idea di felicità, in altre parole, vibra indissolubilmente l’idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione del passato, che è il compito della storia. Il passato reca seco un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C’è un’intesa segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una debole forza messianica, sui cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.»: Walter Benjamin, II Tesi di filosofia della storia. 

 

[5] «Il materialista storico non può fare a meno del concetto di presente che non è passaggio ma in cui il tempo ha origine ed è arrivato ad un arresto. Poiché questo concetto definisce precisamente il presente in cui egli scrive la storia per sé stesso. Lo storicismo dipinge un’immagine “eterna” del passato, il materialista storico, un’esperienza con esso, che si erge autonoma. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze con la prostituta «C’era una volta» nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il continuum della storia: Walter Benjamin, XVI Tesi di filosofia della storia. «Lo storicismo culmina legittimamente nella storia universale. Da nessuna come da questa impostazione più  chiaramente si differenzia, dal punto di vista metodologico, la storiografia materialista. La prima non ha un’armatura teoretica. Il suo procedimento è quello dell’addizione; essa fornisce una massa di fatti per riempire un tempo omogeneo e vuoto. Alla base della storiografia materialistica è invece un principio costruttivo. Il pensiero comporta non  solo il movimento dei pensieri, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione straripante di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come una monade [corsivo nostro]. In questa struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico degli eventi o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un’epoca determinata dal corso omogeneo della storia; così facendo esplodere una determinata vita fuori dalla sua epoca, o una determinata opera fuori dall’opera complessiva di una vita. Il guadagno netto di questo modo di procedere consiste in questo:  che l’opera della vita  è conservata e superata nell’opera, l’epoca nell’opera della vita, e l’intero corso della storia nell’epoca. Il frutto nutriente dello storicamente concettualizzato ha nel suo nucleo il  concetto di tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore.»: Walter Benjamin, XVII Tesi di filosofia della storia.  « «I cinque scarsi decenni dell’homo sapiens, – dice un biologo moderno – rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra, qualcosa come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr’ore. La storia infine dell’umanità civilizzata  occuperebbe, riportata su questa scala, un quinto dell’ultimo secondo dell’ultima ora».  Il momento-ora [Jetztzeit], che, come modello del tempo messianico, riassume in una grandiosa abbreviazione la storia dell’intera umanità, coincide esattamente con la parte che la storia dell’umanità occupa nell’universo. Corollario a) Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra i momenti diversi della storia. Ma  nessun fatto, in quanto causa, è solo per questo storico. Lo diventerà solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono essere divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione, cessa di lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie la costellazione in cui la sua  epoca è entrata in contatto con un’epoca anteriore alla sua. E fonda così un concetto del presente come del momento-ora [Jetztzeit], in cui sono sparse schegge di quello messianico. Corollario b)  È certo che il tempo non era vissuto dagli indovini, che cercavano  di divinare cosa era nascosto nel grembo del futuro,  né come omogeneo né come vuoto. Chi tenga presente questo, può forse farsi un’idea del modo in cui il passato era vissuto come  l’azione stessa del ricordare: e cioè nello stesso modo. È noto che agli ebrei era vietato investigare il futuro. La Torah e la preghiera li istruivano, al contrario, alla memoria. Ciò li liberava dal fascino del futuro, a cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non per questo il futuro diventò per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poiché ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia.»: Walter Benjamin, XVIII Tesi di filosofia della storia. XVI Tesi di filosofia della storia, XVII Tesi di filosofia della storia e XVIII Tesi di filosofia della storia:  una grandiosa  ‘appropriazione dello strategico’  (e/o ‘epifania strategica’) che non ha avuto pari nella storia e nella cultura del Novecento se non nella filosofia della prassi di Antonio Gramsci e  che pone Walter Benjamin come uno dei più diretti antesegnani del Repubblicanesimo Geopolitico.

 

 

[6] «La lotta di classe, che è sempre davanti agli occhi dello storico educato su Marx, è una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono quelle più fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda destinata al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio, umore, astuzia, impassibilità, e agiscono retroattivamente nella lontananza dei tempi. Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel tempo ai dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, così, in forza di un eliotropismo segreto, tutto ciò che è stato tende a volgersi verso il sole che sta salendo nel cielo della storia. Di questa trasformazione, meno appariscente di ogni altra, deve intendersi il materialista storico. »: Walter Benjamin, IV Tesi di filosofia della storia. «La vera immagine del passato passa di sfuggita.  Solo nell’immagine, che balena una volta per tutte nell’attimo della sua conoscibilità, si lascia fissare il passato. «La verità non può scappare» – questo motto, che è di Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica della storia, in cui essa è spezzata dal materialismo storico. Poiché è un’immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo storico del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, già nel momento in cui si apre, parla nel vuoto).»: Walter Benjamin, V Tesi di filosofia della storia.  «La tradizione degli oppressi ci insegna che lo «stato di emergenza» in cui viviamo è la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e ciò migliorerà la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in ciò che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perché le cose che viviamo sono «ancora» possibili nel ventesimo secolo è tutt’altro che filosofico. Non è all’inizio di nessuna conoscenza, se non quella che l’idea di storia da cui proviene non sta più in piedi.»: Walter Benjamin, VIII Tesi di filosofia della storia. « «Bedenkt das Dunkel und die grosse Kälte in diesem Tale das von Jammer schalt [Considerate il buio e il grande freddo in questa valle, che risuona di sofferenza] »: Bertold Brecht, Die Dreigroschenoper [L’opera da tre soldi]. Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un’epoca di sgombrare la mente di tutto ciò che appartiene al corso successivo della storia. Non si potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha rotto i ponti. È un procedimento di immedesimazione. La sua origine è l’indolenza del cuore, l’acedia, che dispera di impadronirsi dell’immagine storica autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva fatto la conoscenza, scriveva: «Peu de gens devineront combien il a fallu être triste pour ressusciter Carthage [Pochi capiranno quanta tristezza ci sia voluta per risuscitare Cartagine]». La natura di questa tristezza si chiarisce se ci si chiede per chi   lo storico dello storicismo prova empatia. La risposta suona inevitabilmente: per il vincitore. Quelli che oggi comandano sono quindi gli eredi di coloro che un tempo furono i vincitori. L’empatia col vincitore è così ogni volta  indirizzata verso gli odierni dominatori. Questo è tutto quello che c’è da sapere per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si è sempre usato, è trascinata nel trionfo. Essa è designata con l’espressione ‘patrimonio culturale’. Esso dovrà avere, nel materialista storico, un osservatore distaccato. Poiché tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo ha immancabilmente un’origine a cui non può pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavitù senza nome dei loro contemporanei. Non c’ è mai stato documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E come, in sé,  non è immune dalla barbarie, non lo è nemmeno il processo della sua trasmissione, attraverso il quale passa da una mano all’altra. Il materialista storico si distanzia quindi da esso nella misura del possibile. Egli considera come suo compito passare a contropelo la storia.»: Walter Benjamin, VII Tesi di filosofia della storia.

 

[7] «Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo «come propriamente è stato». Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell’istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare l’immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strapare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell’Anticristo. Solo quello storico ha il dovere di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro del nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.»: Walter Benjamin, VI Tesi di filosofia della storia.

 

[8] Certamente non si deve omettere il grande merito di Hannah Arendt che con Vita Activa (Vita Activa. La condizione umana, odierno titolo della traduzione italiana  pubblicata in Italia nel  1964 per i tipi di Bompiani del saggio originalmente pubblicato nel 1958 negli Stati uniti: Hannah Arendt, The Human condition, University of Chicago Press, 1958) ha introdotto prepontemente nel Novecento  lo Zoon politikon come figura archetipa dell’agire politico. Ma con Antonio Gramsci questo Zoon politikon cessa di essere un elemento di archeologia politica legato al mondo ellenico per dialettizzarsi integralmente e nella storia e nella filosofia del XX secolo (e anche del XXI) attraverso la figura mitologica di conio machiavelliano – ma  figura mitologica carica di una dirompente carica prassistica – del moderno Principe.

 

[9] Su questo “timido prassismo” wendtiano, timido soprattutto perchè è completamente dimentico della grande tradizione della filosofia della prassi ma comunque importante perchè introduce all’interno dello studio delle relazioni internazionali fondamentali spunti volontaristici e umanistici tratti da questa impostazione  filosofico-politica, cfr. Alexander Wendt, Anarchy is what States Make of it: The Social Construction of Power Politics in “International Organization”, Vol. 46, No. 2. (Spring, 1992), pp. 391-425, articolo consultabile all’URL https://people.ucsc.edu/~rlipsch/migrated/Pol272/Wendt.Anarch.pdf, dai noi  caricato su WebCite agli URL  http://www.webcitation.org/76DqnzgU1 e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fpeople.ucsc.edu%2F~rlipsch%2Fmigrated%2FPol272%2FWendt.Anarch.pdf&date=2019-02-16; su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/AnarchyIsWhatStatesMakeOfIt.TheSocialConstructionOfPowerPolitics.pdf e https://ia601506.us.archive.org/7/items/AnarchyIsWhatStatesMakeOfIt.TheSocialConstructionOfPowerPolitics.pdf/AlexanderWendt.AnarchyIsWhatStatesMakeOfIt.TheSocialConstructionOfPowerPolitics.pdf, con successivo finale caricamento della stessa pagina di Internet Archive su WebCite agli URL http://www.webcitation.org/76DoCJ4ia e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia601506.us.archive.org%2F7%2Fitems%2FAnarchyIsWhatStatesMakeOfIt.TheSocialConstructionOfPowerPolitics.pdf%2FAlexanderWendt.AnarchyIsWhatStatesMakeOfIt.TheSocialConstructionOfPowerPolitics.pdf&date=2019-02-15.

[10] In Rete anche presso l’original URL http://www.fulviofrisone.com/attachments/article/451/the%20logic%20of%20quantum%20mechanics%201936.pdf; “congelamento” WebCite agli URL  http://www.webcitation.org/76DzVbjNK  e http://www.webcitation.org/query?url=http%3A%2F%2Fwww.fulviofrisone.com%2Fattachments%2Farticle%2F451%2Fthe%2520logic%2520of%2520quantum%2520mechanics%25201936.pdf&date=2019-02-16; Internet Archive: https://archive.org/details/TheLogicOfQuantumMechanics1936 e   https://ia801506.us.archive.org/0/items/TheLogicOfQuantumMechanics1936/the%20logic%20of%20quantum%20mechanics%201936.pdf e infine “congelamento” della pagina Internet Archive agli URL WebCite http://www.webcitation.org/76E0F0hI7 e   http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801506.us.archive.org%2F0%2Fitems%2FTheLogicOfQuantumMechanics1936%2Fthe%2520logic%2520of%2520quantum%2520mechanics%25201936.pdf&date=2019-02-16 .

 

 

[11] L’idea della storia naturale, conferenza tenuta da Adorno nel  1932, può essere considerata e uno dei più efficaci attacchi nel Novecento, assieme alle Tesi di filosofia della storia di Walter Benjamin, all’impostazione similpositivistica dello storicismo tedesco che aveva abbandonato tutti gli spunti dialettici della grande stagione dell’idealismo e contestualmente – e conseguentemente – come la presa d’atto, anche se espressa in maniera tutt’altro che cristallina, che la divisione fra mondo della natura retto da deterministiche leggi e mondo storico dell’uomo, che in ragione dell’impossibilità ad essere inquadrato in tali leggi sarebbe separato dal mondo della natura da un’alterità addirittura ontologica,  dal punto di vista teorico non aveva alcun fondamento: «Se si vuole che la domanda sul rapporto tra natura e storia abbia una risposta concreta, bisogna riuscire a comprendere l’essere storico stesso come un essere naturale, ossia a comprenderlo nelle sue determinazioni naturali, proprio laddove esso è maggior­mente storico; oppure riuscire a comprendere la natura come un essere storico proprio laddove essa si mostra come natura apparente.»: Die Idee der Naturgeschichte, trad. it. di M. Farina, L’idea della storia naturale, in T. W. Adorno, L’attualità della filosofia. Tesi all’origine del pensiero critico, Mimesis, Milano 2009, p. 69. Il tema dell’impraticabilità teorica della separazione fra mondo della natura e mondo storico-sociale dell’uomo verrà infine completamente sviluppato da Adorno in Dialettica negativa, dove si può anche apprezzare un suo notevolissimo approssimarsi ad un modello filosofico-politico dell’azione-conflitto dialettico-espressivo-strategico, unito però ad  una non soddisfacente focalizzazione della problematica del rapporto fra natura e storia in Marx, dove il filosofo e rivoluzionario di Treviri viene da Adorno praticamente – ed erroneamente – del tutto assolto delle degenerazioni della dialettica verificatesi tramite il Diamat staliniano: «Il concetto di storia universale, dalla cui validità la filosofia hegeliana è ispirata quanto quella kantiana da quella delle scienze naturali, divenne tanto più problematico, quanto più il mondo unificato si approssimava ad un processo globale. Da un lato la scienza storica avanzante con metodo positivistico ha disgregato la concezione di una totalità e di una continuità senza interruzioni. Rispetto ad essa la costruzione filosofica aveva il dubbio vantaggio di una minore conoscenza dei dettagli, che voleva spacciare fin troppo facilmente per una sovrana distanza; e veramente anche meno timore di dire qualcosa di essenziale, che si profili soltanto alla distanza. Dall’altro una filosofia sviluppata doveva cogliere l’accordo tra storia universale e ideologia (1)  e la vita sconvolta come discontinua [nota 1 di p. 287 di Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, Torino, Einuadi, 1966: «Cfr. Benjamin, Scriften cit., vol. I, pp. 494 sgg. [pp. 81 sgg.].»]. Hegel stesso aveva concepito la storia universale come unitaria solo grazie alle sue contraddizioni. Con la sua riformulazione materialistica l’accento maggiore fu posto sulla comprensione della discontinuità di ciò che non era tenuto insieme da alcuna unità consolatoria dello spirito e del concetto. Tuttavia bisogna pensare insieme storia universale e discontinuità. Cancellare quella come residuo di superstizione metafisica, consoliderebbe la mera fattualità come l’unica cosa da conoscere e quindi da accettare, allo stesso modo della  sovranità precedente, che ordinava i dati nell’avanzata totale dello spirito uno, confermandoli con le sue manifestazioni. La storia universale si deve costruire e negare. Sarebbe cinico affermare dopo le catastrofi e nell’attesa delle future un piano mondiale verso il miglioramento che si manifesti nella storia e la unifichi. Però non si deve negare perciò l’unità, che salda insieme i momenti e fasi discontinui, caoticamente disgregati dalla storia, quella del dominio della natura, progredente nel dominio sugli uomini ed infine sulla natura interiore. Non c’è una storia universale che conduca dal selvaggio all’umanità, ma certo una che porta dalla fionda alla megabomba. Essa termina nella minaccia totale dell’umanità organizzata contro gli uomini organizzati, la quintessenza della discontinuità. Così Hegel viene terribilmente verificato e messo sulla testa. Se egli trasfigurava la totalità della sofferenza storica in positività dell’assoluto che si realizza, l’uno e il tutto che si sviluppa per prender fiato fino ad oggi è teleologicamente la sofferenza assoluta. La storia è l’unità di continuità e discontinuità. La società si mantiene in vita non malgrado il suo antagonismo, ma tramite esso; l’interesse al profitto, e quindi il rapporto di classe sono oggettivamente il motore del processo produttivo, da cui dipende la vita di tutti e il cui primato ha il suo punto di fuga nella morte di tutti. Ciò implica anche l’elemento conciliante nell’inconciliabile: poiché esso soltanto permette agli uomini di vivere; senza di esso non ci sarebbe nemmeno la possibilità di una vita trasformata. Ciò che quella possibilità creò storicamente, può anche distruggere. Lo spirito del mondo, degno oggetto di definizione, dovrebbe essere definito come catastrofe permanente.  Sotto il principio d’identità che assoggetta tutto, ciò che non si dissolve  nell’identità  e si sottrae alla razionalità pianificante nell’ambito dei mezzi diventa angoscioso, rappresaglia per quel male che il non identico subisce da parte dell’identità. La storia potrebbe difficilmente essere interpretata altrimenti, senza trasformarla magicamente in idea [evidenziazione nostra].»: Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 286-88. «L’oggettività della vita storica è quella di una storia naturale. Marx lo ha riconosciuto contro Hegel, e precisamente in stretta connessione con l’universale realizzantesi sopra le teste dei soggetti: «Anche quando una società è riuscita a intravvedere la legge di natura del proprio movimento – e fine ultimo al quale mira quest’opera è di svelare la legge economica del movimento della società moderna – non può  né saltare né eliminare per decreto le fasi naturali dello svolgimento… Non dipingo affatto in luce rosea le figure del capitalista e del proprietario fondiario. Ma qui si tratta delle persone soltanto in quanto sono la personificazione delle categorie economiche, incarnazione di determinati rapporti e di determinati interessi di classe. Il mio punto di vista, che concepisce lo sviluppo della formazione economica della società come processo di storia naturale, può meno che mai rendere il singolo responsabile di rapporti dei quali egli rimane socialmente creatura, per quanto soggettivamente possa elevarsi al di sopra di essi (1) [nota 1 di p. 319 di Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, cit.: «Marx, Das Kapital cit., Vol. I, prefazione alla 1° ed., pp. 7 sg. [vol. I, I, p. 18].»].» Non s’intende certo il concetto antropologico di natura di natura di Feuerbach, contro il quale Marx ha rivolto il materialismo storico, nel senso di una ripresa di Hegel contro gli hegeliani di sinistra (2) [nota 2 di p. 319 di Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, cit.: «Cfr. Schmidt, Der Begriff der Natur in der Lehre von Marx cit., Vol. II, p. 15 [cap. I, sez. A].»]. La cosiddetta legge naturale, che  pure è solo una legge della società capitalistica, viene perciò chiamata mistificazione da Marx: «La legge dell’accumulazione capitalistica mistificata in legge di natura esprime dunque in realtà il fatto che la sua natura esclude ogni diminuzione del grado di sfruttamento del lavoro o ogni aumento del prezzo del lavoro che siano tali da esporre a un serio pericolo la costante riproduzione del rapporto capitalistico e la sua riproduzione su scala sempre più allargata. Non può essere diversamente in un modo di produzione entro il quale l’operaio esiste per i bisogni di valorizzazione di valori esistenti, invece che, viceversa, la ricchezza materiale per i bisogni di sviluppo dell’operaio (1). [nota 1 di p. 320  di Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, cit.: «Marx, Das Kapital cit., Vol. I, pp. 652 sg. [Vol. I, 3, p. 69»].].» Tale legge è naturale a causa del carattere della sua inevitabilità sotto i rapporti di produzione dominante. L’ideologia non si sovrappone all’essere sociale come uno strato che si possa staccare, ma gli inerisce. Essa si fonda sull’astrazione, che è essenziale per il processo di scambio. Ciò implica nel processo della vita reale fino ad oggi un’apparenza socialmente necessaria. Il suo nocciolo è il valore della cosa in sé, «natura». La quasi naturalità della società capitalistica è reale e nello stesso tempo apparenza. Che l’assunto di legge naturale non deve essere preso alla lettera, e tanto meno ontologizzato nel senso di un qualche progetto del cosiddetto uomo, è confermato dal motivo più potente della teoria marxiana in generale, quello dell’eliminabilità di tali leggi . Dove inizia il regno della libertà, non varrebbero più. La distinzione kantiana fra un regno della libertà e uno della necessità viene trasposto al succedersi delle fasi, mobilitando come mediazione la filosofia della storia hegeliana. Soltanto uno stravolgimento dei motivi marxisti come il Diamat, che prolunga il regno della necessità assicurando che sia quello della libertà, poteva cadere nell’errore  di falsificare il concetto polemico marxiano di  normatività naturale da una costruzione della storia naturale in una dottrina scientistica di invarianti . Con ciò il discorso marxiano sulla storia naturale non perde nulla del suo contenuto di verità, appunto quello critico. Hegel si aiutò ancora ricorrendo ad un soggetto personificato trascendentale, che perde però già la natura di soggetto; Marx denuncia non solo la trasfigurazione hegeliana, ma la fattispecie che ne è oggetto. La storia umana, il progressivo dominio sulla natura, prosegue quella inconsapevole della natura, mangiare ed essere mangiato. In senso ironico Marx era un socialdarwinista: ciò che i socialdarwinisti esaltano e secondo cui godono di agire, per lui è la negatività, in cui si risveglia la possibilità della sua negazione [evidenziazione nostra].»: Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 319-320. E a questo proposito – e, riteniamo, senza bisogno di ulteriori commenti se non sottolineare che il  modello dell’azione-conflitto dialettico-espressivo-strategico del Repubblicanesimo Geopolitico permette di affrontare con un’inedita e rivoluzionaria prospettiva situazioni storiche e/o filosofiche ritenute fino ad oggi fuori dalle “magnifiche sorti e progressive” del mondo liberal-liberista del secondo dopoguerra: dalla storia  «che porta dalla fionda alla megabomba» – ma anche alle elaborazioni culturali dalle più popolari alle più alte, fino a giungere all’espressività artistica e scientifica!  fino al fascista Dante Cesare Vacchi che crea i commandos portoghesi per aiutare il morente Portogallo salazarista nella guerra contro i movimenti di liberazione in Africa – accostiamo alla citazione adorniana una da una nostra riflessione, il Dialectivs Nvncivs (agli URL di Internet Archive: https://archive.org/details/DialecticvsNvncivs.IlPuntoDiVistaDelRepubblicanesimoGeopolitico_866 e https://ia801603.us.archive.org/7/items/DialecticvsNvncivs.IlPuntoDiVistaDelRepubblicanesimoGeopolitico_866/DialecticvsNvncivs.IlPuntoDiVistaDelRepubblicanesimoGeopoliticoAttraversoIQuaderniDelCarcereEStoriaECoscienzaDiClasse.pdf, e di WebCite:

http://www.webcitation.org/76Q9qTn9X e http://www.webcitation.org/query?url=https%3A%2F%2Fia801603.us.archive.org%2F7%2Fitems%2FDialecticvsNvncivs.IlPuntoDiVistaDelRepubblicanesimoGeopolitico_866%2FDialecticvsNvncivs.IlPuntoDiVistaDelRepubblicanesimoGeopoliticoAttraversoIQuaderniDelCarcereEStoriaECoscienzaDiClasse.pdf&date=2019-02-24): «Dal punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico, (1) oltre alla “falsificazione” di Marx, innumeri volte rappresentata da La Grassa in tutta la sua opera e ora per ultimo di nuovo molto opportunamente ripetuta nella Intervista (teorica) a Gianfranco La Grassa (di F. Ravelli), cioè la nascita mai avvenuta della nuova classe al potere del lavoratore collettivo cooperativo associato, sulla quale ci soffermeremo fra poco, siamo di fronte a due ulteriori “crampi” del pensiero marxiano che, uniti alla “falsificazione” di cui sopra ci consentono davvero, alla luce dell’impostazione conflittuale-strategica lagrassiana, di compiere un passo decisivo per lo sviluppo delle scienze sociali e storiche che, non solo rivoluzionino gli attuali paradigmi teorici, ma anche possano dare l’inizio ad una reale prassi sociale anch’essa rivoluzionaria rispetto agli stantii paradigmi politici democraticistici [nota 1 di p. 3 di Massimo Morigi, Dialecticvs Nvncivs. Il punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico attraverso i Quaderni del Carcere e Storia e Coscienza di Classe per il rovesciamento della gerarchia della spiegazione meccanicistico-causale e dialettico-conflittuale, per il rinnovamento degli studi marxiani e marxisti e per l’ Aufhebung della gramsciana e lukacsiana Filosofia della Praxis: si omette la citazione del testo della nota]. Partiamo, molto semplicemente, dal passo fondamentale del Capitale  dove Marx individua il carattere del tutto ideologico dell’allora (e tuttora) imperante economia politica: «Al possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come particolare reparto del mercato delle merci, non interessa affatto il problema del perché quel libero lavoratore gli compaia dinanzi nella sfera della circolazione. E a questo punto non interessa neanche a noi. Noi, dal punto di vista teorico, ci atteniamo al dato di fatto, come fa il possessore di denaro dal punto di vista pratico. Però una cosa è evidente. La natura non produce da un lato possessori di denaro o di merci e dall’altro semplici possessori della propria forza lavorativa. Tale rapporto non risulta dalla storia naturale né da quella sociale ed esso non è comune a tutti i periodi della storia. È evidente come esso sia il risultato d’uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molte rivoluzioni economiche, della caduta di una intera serie di più vecchie formazioni della produzione sociale. (2) [Nota 2 di p. 5 di Massimo Morigi,  Dialecticvs Nvncivs cit.: «Karl Marx, Il Capitale, trad. it., Roma, Newton Compton, 1970, I, pp. 199-200.»].»  Marx ci dice quindi, al contrario di quanto sostenevano gli economisti classici (e di quanto sostengono ancor oggi gli attuali economisti), che è la storia e non la natura a produrre la società dominata dal capitalismo e che, di conseguenza, le presunte leggi economiche non sono per niente naturali ma totalmente dovute all’umana evoluzione storica. Questo totale cambio di paradigma segna ad un tempo la grandezza ed anche l’enorme ed invalicabile limite di Marx (e di tutte le varie scuole di pensiero e di azione che da lui prenderanno origine). Detto in estrema sintesi: vero è che la società capitalistica e le presunte leggi dell’economia non hanno affatto l’ineluttabilità della natura ma sono di pura origine storico-sociale. Falso è, come invece traspare chiaramente dal testo appena citato, che sussista una suddivisione reale fra natura e storia. Come ho già affermato in altri luoghi, questa errata epistemologia è l’errore più grande di tutta la tradizione filosofica occidentale, alla quale, con risultati del tutto insoddisfacenti, cercarono di porre rimedio Hegel e Schelling e che, quindi, non si può fare particolare biasimo a Marx per esservi ricaduto. Ma se non si può certo biasimare in particolare Marx per questo errore, sul piano del giudizio storico sono del tutto da deprecare i problemi derivatine. La conseguenza, veramente nefasta, è stata una visione terribilmente ristretta del metodo dialettico dove da una parte, cioè nel cosiddetto Diamat – sviluppo teorico finale delle cosiddette tre pseudoleggi dialettiche di Engels illustrate nella sua Dialettica della Natura e nell’Anti-Dühring (conversione della quantità in qualità, compenetrazione degli opposti e negazione della negazione, tre leggi che sono la scimmiottatura della logica aristotelica) –, la dialettica è diventata una forma corrotta di pensiero positivistico e che, sulla linea dell’ineluttabilità di queste leggi pseudodialettiche engelsiane, ha smesso, appunto, di essere dialettica per trasformarsi in instrumentum regni dei regimi totalitari del socialismo reale […]»: Dialecticvs Nvncivs cit., pp. 3-5. «Torniamo ora a Marx, quando afferma nella prefazione alla prima edizione del Capitale con una evidente contraddizione (per niente dialettica) rispetto al passo sempre del Capitale appena citato: «Una parola ad evitare possibili malintesi. Non ritraggo per niente le figure del capitalista e del proprietario fondiario in luce rosea. Ma qui si tratta delle persone solo in quanto sono la personificazione di categorie economiche, che rappresentano determinati rapporti e determinati interessi di classe. Il mio punto di vista che considera lo sviluppo della formazione economica della società come processo di storia naturale, non può assolutamente fare il singolo responsabile di rapporti da cui egli socialmente proviene, pure se soggettivamente possa innalzarsi al di sopra di essi. (5) [ Nota 5 di p. 10 di Dialecticvs Nvncivs cit.: «Karl Marx, Il Capitale, cit., pp. 6-7.»]» Qui la società è quindi per Marx assimilabile ad una sorta di processo naturale, gli uomini piuttosto che agire in esso sono agiti da forze che li sovrastano e la loro natura, insomma, è quella del Gattungswesen, un ente naturale generico determinato dalle leggi e dalle forze che agiscono nella società stessa. (6) [Nota 6 di p. 10 di Dialecticvs Nvncivs cit.: «Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. Ad un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.»: Karl Marx, Per la Critica dell’Economia Politica cit., p.5 […]»] In questo passaggio si sviluppa sì una linea di pensiero che unisce società e natura ma è una linea di pensiero similpositivistica, anticipatrice della Dialettica della Natura e dell’ Anti-Dühring di Engels prima e poi del Diamat di cui abbiamo già detto. Veniamo ora ai nostri giorni. Il conflittualismo strategico di Gianfranco La Grassa nasce dopo la definitiva consunzione, filosofica prima che politica, di tutta la tradizione marxista che, se a livello storico-politico, è crollata per la tragicomica inefficienza economica dei vari sistemi socialisti effettivamente storicamente realizzatisi unita alle lusinghe (totalmente) false del paese dei balocchi della forma di stato “democratico-capitalistica”, sul piano teorico e filosofico praticamente sin dal suo inizio aveva fatto bancarotta in ragione del suo economicismo, prendendo poi successivamente le forme ideologiche di una pseudodialettica di stato, il Diamat, che altro non era che una forma di positivismo degradato, di pratiche e modelli economici meno inefficienti di quelli del cosiddetto “libero mercato” capitalistico e, last but not the least, di una visione filosofica dell’uomo come Gattungswesen, un ente naturale generico completamente sottoposto alle determinazioni sociali, con la non irrilevante conseguenza che alla mitizzata classe operaia (mito che era una versione degradata del marxiano lavoratore collettivo cooperativo associato) veniva riservato un trattamento da Gattungswesen, appunto, mentre alla nomenklatura veniva, in pratica, violentemente concesso di “elevarsi al di sopra” di essa; realizzando cioè nella prassi, a solo uso e consumo della burocratica classe dominante, un compiuto modello conflittuale-strategico, in cui il dominato era la tanto mitizzata (e presa per il fondelli) classe operaia-gattungswesen. Il conflittualismo strategico di Gianfranco La Grassa, portando esplicitamente il conflitto al centro dell’interpretazione della società, mantiene e approfondisce la fondamentale critica marxiana sulla falsa naturalità dell’economia politica, chiude quindi definitivamente con tutta questa tradizione marxista economicistico-positivistica da una parte (Diamat, altrimenti detto marxismo orientale) o dialettico-dimidiata dall’altra (il cosiddetto marxismo occidentale: uno dei massimi esempi di questa seconda – immensamente più feconda però per il futuro, nonostante le segnalate contraddizioni, della deriva diamattina – quella avanzata da György Lukács in Storia e Coscienza di Classe) e però, per il completo sviluppo rivoluzionario del suo paradigma, è per il Repubblicanesimo Geopolitico assolutamente necessario un dialettico riorientamento gestaltico sia della prassi del conflitto strategico che del suo stesso concetto. (7) [Nota 7 di p.11 di Massimo Morigi, Dialecticvs Nvncivs cit. : si omette la citazione del testo della nota] Questo riorientamento passa A) attraverso un deciso abbandono della mainstream impostazione della cultura occidentale che vede una suddivisione fra storia e natura (o cultura e natura: sotto questo punto di vista, l’annullamento cioè dell’antidialettico discrimine fra natura e cultura, è possibile ricuperare e superare, rovesciandolo, il significato del concetto di alienazione, facendolo, cioè, poggiare saldamente sui piedi di un sodo realismo politico e di un’altrettanto concreta epistemologia politico-filosofica prassistica anziché su una testa positivista e/o genericamente gattungsweseniana; l’uomo, comunque si intenda il marxiano Gattungswesen – in senso deterministico-positivista o come un segno delle sue potenzialità e libertà – non è un ente generico, ma è, polarmente al contrario, un ente naturale strategico, anzi il massimo ente strategico prodotto dalla natura, o per dare conseguente e migliore definizione a quanto fin qui affermato, il massimo ente strategico prodotto dalla natura/cultura – per un approfondimento su questo inestricabile rapporto natura/cultura e sull’uomo ente naturale strategico, il presente nunzio anticipa Glosse al Repubblicanesimo Geopolitico per una Fenomenologia della Dialettica della Natura e della Cultura attraverso il Conflitto Espressivo-Cognitivo-Evoluzionistico-Strategico. Nuovo Nomos della Terra, Nuovo Principe, Rivoluzione e Dialettica della Filosofia della Praxis Espressiva, Conflittuale e Strategica del Repubblicanesimo Geopolitico (Aufhebung della Rivoluzione e dell’Azione Strategica nello Sviluppo Storico-Dialettico della Cultura e della Natura), di prossima pubblicazione –, una nuova semantica dell’alienazione così interpretata ed indagata, contrariamente all’accezione negativa marxiana, attraverso il rioerientamento compiuto su di questa dal concetto e dalla prassi dell’azione-conflitto strategico e, perciò, come la felice concreta manifestazione della dialettica di tale conflitto; felice anche da un punto di vista soggettivo solo se, è ovvio, questo processo alienante è vissuto consapevolmente e strategicamente da un agente alfa-strategico e non risulta, invece, dall’imposizione di un dominio esterno di un agente alfa-strategico su un agente omega-strategico – sulle dinamiche dei rapporti fra agenti alfa-strategici e agenti omega-strategici, i portatori storici, quest’ultimi, del negativo marxiano significato originario di ‘alienazione’ e, quindi, il permanente lato “infelice” dell’alienazione, cfr. la Teoria della Distruzione del Valore. Teoria Fondativa del Repubblicanesimo Geopolitico e per il Superamento/conservazione del Marxismo, riferimenti bibliografici in nota 1) e passa quindi B) attraverso un ripudio delle categorie positivistiche, in primis quella di legge di natura deterministica e immodificabile ed immutabile. Insomma, e qui dissento da La Grassa, il punto non è se il pensiero possa o meno riprodurre la realtà, il punto è che il pensiero, se veramente pensiero e quindi pensiero integralmente strategico e quindi strategia realmente in azione, produce – o, meglio, crea – la realtà. E ora mi taccio, in parte perché la giustificazione di questa mia ultima fondante e fondativa affermazione dovrebbe essere trovata nelle parole che l’hanno qui preceduta (e che, oltre a quanto si è già precedentemente scritto o ora espresso nel presente Dialecticvs Nvncivs – che introduce le prossime Glosse al Repubblicanesimo Geopolitico che svolgono, attraverso il taglio del nodo gordiano natura/cultura o storia/natura, la dialettica del Repubblicanesimo Geopolitico stesso –, seguono il filo rosso di una filosofia della praxis che, partendo dalle marxiane Glosse a Feuerbach, approda prima in Giovanni Gentile – cfr. del filosofo dell’attualismo La Filosofia di Marx del 1899 – e poi nella filosofia della praxis compiutamente espressa da Antonio Gramsci nei Quaderni del Carcere) (8) [nota 8 di p.15 di Massimo Morigi, Dialecticvs Nvncivs cit.: si omette la citazione del testo della nota]  e  in parte perché, oltre La Grassa, altri grandi (vedi la teoria del rispecchiamento di Lenin (9) [nota 9 di p. 18 di Massimo Morigi, Dialecticvs Nvncivs cit. : si omette la citazione del testo della nota]   in Materialismo e Empiriocriticismo) hanno sempre espresso una differente opinione, un contraddittorio che necessita acribia e anche una puntuta analisi delle relative fonti e non certo il presente discorso da intendersi solo come inquadramento generale – anche se con tutta la dignità ed autorevolezza che, in via di consolidata storica consuetudine, ogni nunzio merita che gli si accordi – del necessario e, ormai, non più rinviabile dibattito. Massimo Morigi, luglio-25 dicembre 2016.»: Dialecticvs Nvncivs cit., pp. 9-23. Nota finale di qualche tempo dopo (febbraio-marzo 2019) e in circostanze non solo teoriche (una riflessione non solo filosofico-politica ma anche l’inizio dello studio sul fascista Dante Cesare Vacchi che crea i commandos portoghesi): l’invito al dibattito con Gianfranco La Grassa è tuttora valido.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

intellettuali e popolo, di Andrea Zhok

SU INTELLETTUALI E POPOLO – (PRIMA PARTE)

Il tema del rapporto tra ‘élite’ e ‘popolo’ e quello del rapporto tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’ si è spesso intrecciato nell’ultimo secolo e mezzo, da quando due intellettuali borghesi rispondenti ai nomi di Karl Marx e Friedrich Engles hanno prodotto la più radicale critica sistemica del nuovo “modo di produzione delle élite”, il Capitalismo.

Leggendo recentemente il “Diario di uno scrittore” di Dostoevsky mi sono sorpreso della straordinaria similitudine tra i problemi che in quel testo il grande scrittore si poneva e quelli con cui ci troviamo a trattare oggi. Il testo risale agli anni ’80 del ‘800 e discute insistentemente, quasi ossessivamente, del problema dell’identità del popolo (russo); dei rischi di abbrutimento del popolo medesimo; del contrasto tra dimensione cosmopolita delle élite e radicamento del popolo alla terra; della difficile collocazione degli intellettuali, socialmente spesso prossimi alle élite, ma altrettanto spesso critici delle stesse e delle loro forme di vita inautentiche; del rapporto tra la normatività della tradizione, talvolta ottusa e talaltra saggia, e le pretese emancipative delle élite liberali, talvolta illuminate e talatra nichiliste.

Come osservato più volte, lo sviluppo europeo tra il 1870 e il 1914 presenta davvero analogie fortissime con lo sviluppo innescatosi a partire dagli anni ’80 del ‘900. (Ciò, incidentalmente, non lascia presagire niente di buono.) Ma soprattutto ciò ci dovrebbe mettere all’erta rispetto a quella rilevante massa di intellettuali che, siccome ora smanettano su di uno smartphone e fanno il check-in in aeroporto, pensano di essere di fronte a chissà quale straordinario, inedito, rinnovamento dell’umanità, che ne rende la natura e i problemi incommensurabili con tutto quanto c’era prima.

In quest’ottica il problema annoso del rapporto tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’, quel problema su cui litigavano Vittorini e Togliatti, dovrebbe essere rimesso al centro della riflessione.
Questo per una ragione tanto semplice quanto radicale: le speranze di un popolo, qualunque popolo, dipendono in modo cruciale dal ruolo giocato dai suoi intellettuali.
Questa frase può suonare come ‘presunzione intellettualistica’ o magari come ‘compiacimento inopportuno’, tuttavia esprime un punto forse frustrante, ma ineludibile. Se l’opposizione ‘popolo’-‘élite’ viene sovrapposta all’opposizione ‘popolo’-‘ceto intellettuale’ – tentazione non rara – l’esito non può che essere catastrofico, e specificamente catastrofico per il popolo.

Tutto questo discorso è oggi rischiosamente avvelenato dalla presunzione con cui una ristretta selezione di rappresentanti ortodossi della ‘ragione liberal-liberista’ sono stati imposti mediaticamente come il ceto ‘competente’ per definizione.
Questa sovrapposizione di tutela ideologica di interessi costituiti e di dichiarazione di ‘competenza’, anche quando non viene accolta nel senso di chi la propone, finisce però spesso per creare davvero una cesura percepita, un sospetto che ‘intellighentsia’ e ‘popolo’ siano in qualche modo destinati a muoversi su binari paralleli e incomunicanti (o difficilmente comunicanti). Questo sospetto, questo pregiudizio serpeggia in molte discussioni, in molte contrapposizioni, in molti argomenti che fanno opinione pubblica, dove la stizza nei confronti di criteri epistemici e di solide pezze d’appoggio argomentative è palese.

Come precisamente siano da configurarsi i rapporti tra ‘intellettuali’ e ‘popolo’ dovrebbe essere oggetto di un’analisi separata, ma una cosa dovrebbe essere tenuta ferma: nessun popolo è in grado di emanciparsi ‘contro’ la ‘cultura dei libri’, ‘contro’ la riflessione economico-sociale, ‘contro’ il sapere storico, ‘contro’ la scienza.
L’idea di sostituire una proficua sintesi tra lavoro intellettuale e lavoro non intellettuale con una qualche idea di ‘popolo’, ‘collettività’, ‘movimento’ o ‘partito’ inteso come un’intelligenza collettiva è un errore fatale, un errore che semplicemente sostituisce, secondo forme note da due millenni e mezzo, la retorica e l’autorità alla ragione e alla ricerca del vero. E ‘ragione’ e ‘ricerca del vero’ non sono qualcosa da plaudire in omaggio a qualche desueta tradizione, ma semplicemente perché restano le armi migliori che abbiamo per far funzionare le cose, che si tratti di processi tecnici e locali o macroscopici e spirituali.

Miserie del neoliberismo, di Teodoro Klitsche de la Grange_ Una recensione

articolo apparso in contemporanea su https://civiumlibertas.blogspot.com/

Alberto Mingardi, La verità, vi prego, sul neoliberismo, Marsilio editori, Venezia 2019, pp. 398, € 20,00.

Di questo libro si sentiva la necessità. Da quando morde la crisi è diventato un ritornello – ripetuto da tanti – affermare che il tutto è dovuto al “neoliberismo” che, tra le tante streghe create dalla fantasia è la più attuale.

Nella realtà azioni, comportamenti, decisioni sono fatti umani e non frutto di astrazioni: il rasoio di Ockham va applicato qui come altrove. Anzi in materia di attività umane è più necessario.

Soprattutto in Italia. È scelta arguta dell’autore aver premesso al testo un passo di Pareto che riportiamo e che da un senso preciso al libro: “Quando qualche storico imprenderà, nel futuro, di narrare la miseria degli anni presenti, è pregato di non darne colpa alla libera concorrenza, perché, quella libera concorrenza, gli italiani non sanno nemmeno dove stia di casa. Sarà, se si vuole, cosa pessima e malvagia, ma infine non si può a essa dar colpa di quei mali che eseguono dove essa non esiste”.

Ora che gli italiani non sappiano “dove stia di casa” la concorrenza (e così  anche il neoliberismo) non è del tutto vero (ma in gran parte lo è): sicuramente vero è che lo sanno meno di altri popoli europei (e non) che non hanno (fortunatamente per loro) avuto governi così stataldirigisti come i nostri, e soprattutto meno voraci e più efficienti.

Mingardi, giustamente, richiama la necessità di una chiarificazione lessicale “Ci sono parole che vengono usate quasi esclusivamente a sproposito: se un tempo avevano un significato chiaro, lo hanno perduto. «Neoliberismo» è una di queste. Che cosa sia di preciso, non lo sappiamo: ma dev’essere una cosa molto brutta”. Per cui a tale termine sono attribuiti i disastri più grandi (tipo il ponte Morandi o il virus Ebola).

La trimurti del neoliberismo, esercitante l’oscura egemonia sul pianeta è composta da FMI, UE, OCSE (nessuno dei quali è – a ben vedere – un paladino della libertà economica). Dietro i quali, le varie consorterie e gli altri poteri forti. La crisi del 2018 ha “alimentato una profonda insoddisfazione nei confronti dello status quo. Questo status quo viene avvicinato a politiche di liberazione dei mercati e di deregulation: le quali in alcuni paesi hanno più o meno avuto luogo, in altri proprio no, e in un caso e nell’altro è improbabile che abbiano smantellato lo Stato sociale. L’insoddisfazione per lo status quo viene comunque indirizzata contro la «mano invisibile»”. In Italia non è proprio così: la mano pubblica ha una larga prevalenza “la spesa pubblica sfiora la metà del PIL, sono in vigore oltre duecentocinquantamila leggi, esistono almeno ottomila società a partecipazione pubblica” onde “alla domanda «chi ha imposto un liberismo sfrenato all’Italia?», spesa pubblica e pressione fiscale (rispettivamente 48,9% e 43% del PIL) suggerirebbero una sola risposta: nessuno, in tutta evidenza”. I problemi che ne derivano (sul piano globale) sono due: quanto neoliberismo vi sia nella globalizzazione e se la situazione possa essere affrontata con “più Stato”.

Quanto alla prima questione l’autore risponde che ce n’è ma non tanto. La spesa pubblica è sempre elevata – e quindi la presenza dello Stato nell’economia. Alla seconda domanda, ovviamente, Mingardi risponde negativamente.

Un libro demistificante, ricco di notizie e di giudizi “fuori dal coro”, che non possiamo riportare per i limiti della recensione.

A questo punto due note del recensore. La prima: i guasti dell’eccessiva presenza dello Stato nell’economia, in Italia in ispecie, non sono provocati solo dalla percentuale di spesa e prelievo pubblico, né dalla notevole presenza di imprese pubbliche, ma, in gran parte, dalle “zone grigie” in cui il privato si confonde col pubblico. Cioè nell’ “amministrativizzazione” delle attività private con permessi, licenze, concessioni, autorizzazioni. Usati dal potere pubblico per il controllo della società (agli amici si da tutto, ai nemici poco o nulla); ma a costo di diminuire efficienza e libertà. Sotto tale profilo, nel periodo della seconda Repubblica, si è fatto poco o niente, e spesso si sono fatti passi indietro nella tutela dei diritti nei confronti dei poteri pubblici.

La seconda: in una classe dirigente in decadenza, tendono a prevalere quelli che Einaudi chiamava andazzieri, che fiutano il vento e fanno mostra di seguirlo. La moda “neoliberista” in Italia ha generato delle privatizzazioni presentate come modernizzazione e conversione della sinistra al mercato. Ma in realtà le suddette erano per lo più realizzate in modo da favorire gli acquirenti (per ovvi motivi) con condizioni generose. In occasione del crollo del ponte Morandi la questione è venuta all’attenzione. Tuttavia, già da prima era sufficiente leggere i bilanci delle imprese che avevano acquisito attività pubbliche per notarne la floridezza; in contrasto con il fatto che quelle dismesse erano – o erano considerate – poco redditizie per lo Stato. Merito dell’imprenditoria privata o delle generose condizioni praticate? Forse un po’ dell’una e dell’altra. Per cui più che a un modello neoliberista ci troviamo di fronte ad uno colbertista (e nel peggiore dei casi ad una svendita di asset pubblici). Di un colbertismo introverso, mirante non alla potenza e ricchezza della nazione, ma agli interessi spicci dei governanti (e di qualche “governato”).

Teodoro Klitsche de la Grange

UNA BRUTALE VERITA’, di Stefano D’Andrea

tratto da facebook_ Stefano D’Andrea è Presidente del Fronte Sovranista Italiano http://appelloalpopolo.it/?cat=3380

UNA BRUTALE VERITA’

Gli ingenui credono che gli uomini di Stato non ricattino gli uomini di stato stranieri, non elaborino strategie per disintegrare geograficamente Stati stranieri, non siano al vertice di centri di spionaggio industriale militare e politico.

Proprio perché credono che la norma non sia la norma, gli ingenui considerano come fatti eccezionali ed eccezionalmente gravi normalissime azioni di spionaggio o di ricatto e normalissimi piani di destabilizzazione e disintegrazione.
E a quel punto gli ingenui tirano fuori giudizi morali sullo straniero, con il rischio del nazionalismo: passano dall’ingenuità al nazionalismo.

Fosse vera la storia narrata da Tria, essa rileverebbe soltanto che Saccomanni sarebbe da considerare un uomo minuscolo, privo di qualità e anzi codardo, che l’Italia ha avuto in un posto di grande responsabilità. Letta, invece, non sappiamo nemmeno da che parte eventualmente stesse.

Cari Italiani non crediate che si competa soltanto nel lavoro e nel calcio e magari anche in amore. Svegliatevi dal sonno generato dai narcotici: che gli Stati competano è una verità elementare, un dato un fatto, dimostrato da tutta la storia (persino i rapporti tra Cina e URSS ai tempi del socialismo reale non sono stati ispirati alla pura solidarietà internazionale).

Mentre la competizione tra imprese o tra squadre di calcio è o può essere disciplinata da un ente terzo che si trovi in situazione di potere superiore, la competizione tra Stati non è mai disciplinata da un terzo superiore, in posizione di forza.

Perciò se uno Stato non è governato da persone intelligenti, forti, scaltre, coraggiose, dignitose, capaci di essere cattive e spietate, per la difesa dell’interesse nazionale,quello Stato, se ha beni che fanno gola a qualcuno, subisce colpi e, se la situazione di debolezza continua, prima o dopo muore. E tanto più la classe dirigente è composta da larve, tanto più il popolo nemmeno si accorge che gli stanno rubando la casa.

Il Grafico Definitivo, di Giuseppe Masala

Qui sotto un post dell’economista Giuseppe Masala tratto da https://www.facebook.com/bud.fox.58/posts/2352245748167070

Il dibattito pubblico da diversi decenni è incentrato sul problema del deficit e del debito pubblico. Più volte abbiamo sottolineato che il modo di porre un problema e stabilire priorità dipende da precise finalità politiche nella fattispecie italiana lesive degli interessi e dell’autonomia politica del paese. In realtà più che di debito si dovrebbe discutere delle modalità di utilizzo del risparmio nazionale. Molti aspetti riguardanti la qualità della nostra classe dirigente risulterebbero evidenti.Giuseppe Germinario

Il Grafico Definitivo.

Se guardate il grafichetto sotto che rappresenta il saldo Target2 della BCE sommata al saldo cumulato della Bilancia dei Pagamenti italiana potete apprezzare come in Italia siano impiegati quasi 300 miliardi di capitali esteri a fronte di quasi 800 miliardi di capitali italiani impiegati all’estero. Ciò significa chiaramente che siamo di fronte alla più grande fuga di capitali dal Sistema-Italia della storia. Quasi 500 miliardi di risparmi italiani utilizzati all’estero. Come mai questi danari sono impiegati all’estero e non Italia? Semplice, perché lo stato italiano non può indebitarsi in ossequio ai parametri di Maastricht. O meglio ancora, chiamiamo le cose con il significato proprio: lo Stato italiano non può mobilitare il risparmio degli italiani per erogare beni e servizi agli stessi italiani. Il debito pubblico così va inteso (e così andrebbe chiamato): “Risparmio interno mobilitato dallo Stato”. Il debito pubblico non è il debito del bottegaio.
Dunque, si può dire senza tema di essere smentiti che il debito pubblico (o le “risorse italiane mobilitate dallo stato italiano”) potrebbe essere più alto di quasi 500 miliardi senza che lo stato italiano assorba neanche un centesimo dal risparmio dei nostri “amici” stranieri. [Ovviamente semplifico, perché è chiaro che se lo stato italiano desse una spinta poderosa alla spesa pubblica, agli investimenti, dovrebbe mobilitare meno perché una determinata quantità Q della cifra in questione verrebbe mobilitata dalle imprese private e dalle famiglie]. Abbiamo dunque margini enormi. Eh, ma il debito pubblico al 60% del Pil? Semplice, non significa nulla. Nulla. Nulla. Il 60% è troppo per il Venezuela e l’Argentina che rispettivamente hanno un rapporto debito/pil pari al 30% e al 50% ma non riescono a sostenerlo perché hanno i conti con l’estero totalmente scassati ed è pochissimo per il Giappone che ha un rapporto debito/pil pari al 250% perché ha dei conti con l’estero (e risparmi dei giapponesi) floridissimi.
E allora perché gli “amici” europei ci sottopongono da anni a water bording fiscale all’inseguimento di un rapporto debito/pil del 60% che non significa nulla pur sapendo che abbiamo la possibilità di mobilitare risorse italiane fino a 500 miliardi di euro? Semplice, perché hanno trovato la Cuccagna nelle formichine italiane. Se non è il nostro stato a mobilitare per noi queste risorse [Perché gli è impedito da regole folli e senza senso in valore assoluto ma valide solo se viste in relazione ai conti con l’estero] le mobiliteranno loro: se qui nessuno le può impiegare il risparmio italiano corre all’estero.
Perché la Cuccagna? Semplice, pensiamo ai nostri fraterni amici tedeschi che ci impongono austerità: ci danno tassi negativi sui loro Bund decennali: ciò significa che lo stato tedesco mobilita risparmio italiano facendo pagare gli italiani (tasso negativo) per dare miglior istruzione, miglior cultura, miglior infrastrutture, miglior ricerca, migliore sanità… ai tedeschi. Si, si, avete capito bene, noi italiani riceviamo tassi negativi dai tedeschi per consentire ai tedeschi di godere della vita e soprattutto di darci pubbliche lezioni su come si sta al mondo sottoponendoci a pubblica gogna e facendoci passare per cialtroni.
Questo è il perverso meccanismo di Maastricht e del Fiscal Compact e delle folli e insignificanti regole quali l’output gap [che è un non sense applicato a cose macroeconomiche] e l’applicazione di stupidi modelli econometrici. Scoppiamo di soldi e ci fanno la lesina sugli 0,1% di spesa calcolati sulla base di un modello econometrico che come tutti questi modelli del menga lasciano il tempo che trovano.
Perché la classe dirigente italiana [mi riferisco a quella che capisce e capiva, non al diplomato in dentiere Zingaretti. Sia detto senza offesa] accetta tutto questo? Un Padoa Schioppa è ovvio che conosceva le identità della Contabilità Economica Nazionale e lo stesso un Monti ma erano e sono accecati dall’idea dello Stato Minimo, dello Stato Sentinella: bisogna affamare “la Bestia” [lo Stato] per costringerlo a uscire dalle cose economiche per concentrarsi in quelle poche cose che secondo i dogmi liberisti lo stato deve fare: Difesa, Giustizia, Pubblica Sicurezza e Stop.
Altri come Prodi, semplicemente perché di economia non capiscono nulla: si si, l’hanno fatto professore, lo chiamano “economista” ma questo non capisce una beata mazza. Proprio non conosce le identità contabili. Non sa nulla. Se no come lo spieghi uno che farnetica di necessità “di attrarre i capitali stranieri in italia” quando i dati ci dicono che scoppiamo di risparmi nostri che non possiamo utilizzare in ossequio a parametri folli e siamo costretti a impiegarli a tassi negativi per esempio in Germania? Solo un cretino può dire cose del genere, e se cretino non è fate voi le ipotesi che preferite.
E nel frattempo in Italia ci crollano i ponti in testa. Stanno per andare in pensione 50000 medici e non possiamo sostituirli perché – nonostante i nostri giovani fanno a pugni per riuscire ad entrale in una Facoltà di Medicina – formarli costa soldi e lo stato non può spendere. Una follia.

E qui la finisco, perché se inizio a scrivere tutto quello che dovrei scrivere Céline sarebbe un dilettante dell’insulto. Batterei anche il suo virtuosismo nell’Arte Sublime.

Un’ultima cosa. Il grafico che vi propongo non viene da chissà quale sito complottista ma direttamente dal Bollettino Economico 1/2019 della Banca d’Italia (pag. 24). Una prece e sipario. Amen.

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Libia! Sul palcoscenico e dietro le quinte_di Giuseppe Germinario

L’intervento militare in Libia del 2011 è stato un’onta, una macchia tra le più ignobili nella politica estera solitamente non brillante condotta dalla nostra classe dirigente. Un atto paragonabile ad altre rese che hanno caratterizzato la nostra storia del ‘900 ma con una aggravante: l’essere un atto proditorio, di puro servilismo e platealmente contrario agli interessi del paese. Gli artefici di quella scelta cercarono di minimizzare ipocritamente il ruolo svolto nell’intervento bellico di fatto paragonabile a quello di Francia e Gran Bretagna. Il prezzo che l’Italia ha rischiato di pagare avrebbe potuto essere enorme dal punto di vista della compromissione della credibilità acquisita in decenni nel mondo arabo e nell’Africa Mediterranea. L’eventuale successo di quella impresa, coronata con la tragica e infamante uccisione del colonnello Gheddafi, avrebbe dovuto sancire il cambio di consegne dall’Italia alla Francia  della tessitura delle relazioni in quell’area e della gestione degli interessi geoeconomici per conto del dominus atlantista.

Al prezzo tragico di una destabilizzazione e di una frammentazione del paese quel disegno è clamorosamente e fortunatamente in fase di stallo se non fallito. Ha provocato, con la migrazione di truppe una volta fedeli al colonnello, la destabilizzazione di paesi vicini, in particolare il Mali e il Ciad. Nuovi e vecchi attori, una volta attivi dietro le quinte, si sono nel frattempo ostentatamente inseriti nelle rivalità, una volta controllate dal colonnello secondo le modalità di una confederazione tra tribù e clan e diventate poi ingovernabili con la sua morte. Dalla Turchia, inizialmente ostile all’intervento, ai regimi della penisola araba equamente impegnati nelle varie fazioni, all’Egitto dei militari, alla Russia. L’unico risultato politico evidente è stato la formazione di un Governo di transizione a Tripoli, sostenuto dalla coalizione militare occidentale e inizialmente tollerato dalle varie fazioni, impegnate alternativamente ad acquisire il ruolo di garanti e patrocinatori, ma con l’eccezione determinante del colonnello Haftar, in Cirenaica, sostenuto da Egiziani, Emirati Arabi e Russi e avallato dalla Francia degli ultimi tre presidenti. Poco alla volta il colonnello Haftar è riuscito a ripulire quasi completamente la Cirenaica dai movimenti islamisti, ad impadronirsi dei pozzi petroliferi prossimi alla costa ed ora ad acquisire il controllo del Fezzan, nell’area desertica a sud ricca di giacimenti. Il clan di Misurata, sostenuto dalla Turchia, è ormai indebolito e prossimo ad un compromesso con Haftar. Il Governo di Al Serraji ha perso il sostegno delle tribù filo-Gheddafi, le più numerose di quel paese; è ostaggio ormai delle milizie islamiche insediatesi a Tripoli. Ormai praticamente circondato dal colonnello Haftar. Tanto è bastato per far urlare alla fine della influenza italiana in Libia e al trionfo della Francia di Macron. Il sostegno militare del Presidente Francese, grazie all’intervento dell’aviazione, è stato in effetti importante anche per la conquista del Fezzan.

Ma non è la prima volta, però, che ad un intervento militare impegnativo e massiccio della Francia e ad una azione diplomatica ostentata sia seguito un bottino decisamente magro in termini di vantaggi geopolitici ed economici. Lo si è visto in Siria, in Arabia Saudita e nella stessa Libia. Con esso, tra l’altro, la Francia ha compromesso pesantemente la possibilità di un ruolo di mediazione tra le fazioni. I veri artefici del successo di Haftar sono i Russi e gli egiziani con gli Stati Uniti, nella componente trumpiana, i quali vigilano sornioni.

È il contesto che può consentire all’Italia di riassumere un ruolo di mediazione efficace, in buona parte legittimato dalla recente conferenza di Palermo e di salvaguardare sotto mutate spoglie il nocciolo dei propri interessi strategici in quell’area. I detrattori dalla pesante coda di paglia, come sempre interessati a piegare gli interessi strategici a quelli di bottega, come sempre non mancano all’interno del Belpaese. Li si è visti all’opera anche nel pieno della conferenza di Palermo. Non mancano nemmeno i pessimisti a prescindere i quali vedono un destino irrimediabilmente segnato. Le ostentate scenografie e la frenesia interventista transalpine riescono ad ingannare facilmente questi adepti. In realtà i circa quattromila militari francesi presenti in Africa subsahariana riescono a tamponare i sommovimenti, ma non riescono a costruire alternative politiche in quell’area. Logisticamente sono fragili e poco dinamici; risultano sempre più invisi alle popolazioni. Devono confrontarsi con circa diecimila militari statunitensi, con una capacità logistica e strategica incomparabilmente superiore e con una presenza cinese, civilmente ed economicamente, massiccia, tesa a costruire reti infrastrutturali imponenti; un dato ormai riconosciuto. Ma anche ormai con una presenza militare, di base a Dgjbuti, suscettibile di raggiungere rapidamente le diecimila unità. L’erosione definitiva dell’area francofona appare ormai una possibilità sempre meno remota; il recente patto franco-tedesco, impegnativo anche per quell’area, appare tardivo ed inadeguato a sostenere il confronto geopolitico. Tanto più che le recenti sparate dell’enfant Macron in terra d’Africa, indirizzate ai giovani di quell’area, rappresentano la classica destrezza di un elefante in una cristalleria; hanno solo messo in allarme le stesse élites rimaste a lui fedeli. Si tratta di dinamiche che stanno coinvolgendo ormai altri paesi sino ad ora al riparo, come l’Algeria e la Tunisia, scarsamente controllabili da un paese in declino come la Francia. La prosopopea Jupiteriana che accompagna il velleitarismo di quella classe dirigente non farà che esporla al pubblico ludibrio a differenza dei compagni di avventura più discreti e meno rumorosi di Oltremanica. Le congiunzioni astrali favorevoli, legate all’avvento di Trump e all’insorgenza cinese e russa, non saranno certo eterne. Non per questo sarà possibile un mero ritorno allo statu quo ante agognato dall’enfant prodige e dai suoi mentori statunitensi di sponda avversa a Trump. Il nostro presuntuoso ed arrogante, eletto dai progressisti nostrani addirittura a leader europeista nel continente, in realtà sta offrendo più o meno consapevolmente le risorse e i residui punti di forza del proprio paese come merce di scambio utilizzata dai maggiordomi teutonici ben più gretti e astuti. Abbiamo conosciuto il servilismo ossequioso e dimesso delle vecchie classi dirigenti italiche; ci toccherà adesso assaporare il fiele di quello transalpino, ammantato di vanagloria. A meno che, qualcosa di serio stia maturando dietro le quinte dell’esagono. L’ostinazione e la persistenza del movimento dei gilet gialli lascia presagire sommovimenti dietro le quinte più strutturati che in Italia.

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