Kiev deve affrontare sette sfide chiave prima della sua controffensiva _di ANDREW KORYBKO

Kiev deve affrontare sette sfide chiave prima della sua controffensiva

1 GIU 2023

Queste sette sfide chiave saranno molto difficili da superare per Kiev, rendendo così probabile che il risultato della sua tanto sbandierata controffensiva sarà semplicemente qualche limitato cambiamento lungo la linea di contatto.

Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha confermato che l’imminente controffensiva di Kiev, sostenuta dalla NATO, inizierà quest’estate, il che rende opportuno discutere le sfide principali che dovrà affrontare. La prima e più importante è la “gara logistica”/”guerra di logoramento” tra NATO e Russia, che il Segretario Generale Jens Stoltenberg ha dichiarato a metà febbraio. Considerando che Kiev dipende interamente dal sostegno straniero, lo stato della competizione tra i due è la variabile più cruciale.

La seconda è collegata alla precedente e riguarda il fatto che le forze di Kiev addestrate dalla NATO non sono ancora state messe alla prova in battaglia. Nonostante tutto il clamore suscitato dall’imminente controffensiva, resta da vedere se si comporteranno come ci si aspetta, poiché non hanno l’esperienza necessaria per condurre operazioni su larga scala. La Russia ha imparato dalle sue carenze che sono state responsabili della riconquista di Kharkhov e di metà della regione di Kherson da parte dell’Ucraina, riducendo così le possibilità che ciò si ripeta.

A questo proposito, la terza sfida fondamentale per la controffensiva è che la Russia ha fortificato le sue difese lungo la linea di contatto (LOC). Kiev farà quindi fatica a sfondare, a meno che non si verifichi un evento “cigno nero”, che ovviamente non può essere escluso, ma che appare comunque improbabile. Inoltre, la battaglia di Artyomovsk ha conferito alle forze russe un’inestimabile esperienza di guerra urbana che possono mettere a frutto per difendere le principali città sotto il loro controllo, il che potrebbe creare altri tritacarne per Kiev.

Questo porta al quarto punto: l’Ucraina ha già esaurito una grande quantità di equipaggiamento e di personale negli ultimi 15 mesi. Il Washington Post ha richiamato l’attenzione su questo aspetto nel suo rapporto dettagliato di metà marzo, a cui il Capo di Stato Maggiore polacco ha dato credito nella sua valutazione analoga condivisa a fine aprile. Queste osservazioni obiettive da parte di fonti pro-Kiev mettono in serio dubbio il successo dell’imminente controffensiva.

È proprio a causa di queste preoccupazioni che l’Ucraina ripone le sue speranze nei cosiddetti “wunderwaffen” come gli F-16, ma persino il capo dell’aeronautica statunitense Frank Kendell ha dichiarato a fine maggio che tali sistemi non saranno un “drammatico cambiamento di gioco… per le loro capacità militari totali”. Inoltre, la Russia ha già dimostrato di essere in grado di adattarsi allo schieramento da parte di Kiev di precedenti “wunderwaffen” come i droni Bayraktar della Turchia, che esperti statunitensi e britannici finanziati dal governo hanno recentemente ammesso che Mosca ha neutralizzato con successo.

Sulla base della quinta sfida chiave sopra menzionata, la sesta riguarda la crescente stanchezza dell’Occidente nel finanziare indefinitamente la guerra per procura tra NATO e Russia, che è già costata ai contribuenti oltre 160 miliardi di dollari. Il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, Michael McCaul, ha avvertito all’inizio di maggio che il potenziale fallimento della controffensiva nel soddisfare le aspettative del pubblico potrebbe portare a una riduzione del sostegno futuro, il che smaschera le promesse di sostegno incondizionato di altri funzionari occidentali come bugie.

Infine, l’ultimo fattore che gioca a sfavore di Kiev in vista della controffensiva è il soddisfacimento delle aspettative irrealisticamente elevate dell’opinione pubblica occidentale di cui parla McCaul, nonostante le enormi probabilità. Alla fine di aprile, alcuni funzionari dell’Amministrazione Biden hanno dichiarato a Politico di essere molto preoccupati che ciò non accada, il che colloca la serie di attentati terroristici compiuti dall’Ucraina nel contesto più appropriato, rivelando che non si tratta altro che di una copiosa guerra d’informazione per saziare le masse occidentali assetate di sangue.

Queste sette sfide chiave saranno molto difficili da superare per Kiev, rendendo così probabile che il risultato della sua tanto sbandierata controffensiva sarà semplicemente qualche limitato cambiamento lungo la LOC. Dato che ciò provocherebbe quasi certamente una profonda delusione da parte dell’opinione pubblica occidentale, potrebbe benissimo accadere che questo risultato prevedibilmente poco brillante porti direttamente alla ripresa dei colloqui di pace entro la fine dell’anno, che potrebbero congelare il conflitto con un cessate il fuoco, se non addirittura porvi fine con una sorta di compromesso.

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Putin colpisce ancora – Distrugge il bunker del GUR?_di SIMPLICIUS THE THINKER

Putin colpisce ancora – Distrugge il bunker del GUR?

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Per la prima volta, Putin stesso ha confermato con nonchalance che è stato colpito il quartier generale dell’intelligence ucraina:

E anche un video in cui il deputato della Verkhovna Rada Alexei Goncharchenko, ubriaco, conferma in modo affermativo se il quartier generale del GUR è stato colpito:

⚡️⚡️⚡️ È trapelato su Internet un video in cui Goncharenko, ubriaco e in pantaloncini, conferma l’attentato al quartier generale del GUR😱

Molti ipotizzano che questo sia legato al grande “terremoto” di Kiev di cui si è parlato giorni fa. L’opinione comune è che sotto l’edificio del GUR ci fossero dei bunker sotterranei profondi, dove gli ufficiali dell’intelligence della NATO aiutavano a coordinare lo sforzo bellico con il GUR/SBU, e che la Russia abbia usato una sorta di potente munizione penetrante nel terreno – forse un Kinzhal con testa penetrante – per colpirlo.

Queste teorie sono ulteriormente supportate da varie voci, come quella secondo cui i voli NATO stavano decollando da Reszow, in Polonia, verso un ospedale militare americano a Berlino:

‼️Rybalsky si sono sciolti nella nebbia sanguinosa…

La mia fonte a Kiev ha detto che, a seguito di un attacco a una struttura militare sull’isola Rybalsky, è stato colpito uno dei centri di controllo. All’inizio del raid aereo, il personale del centro si è calato nel rifugio, ma le Forze aerospaziali russe hanno utilizzato un missile con testata penetrante, che ha attraversato l’edificio, è penetrato nelle fondamenta ed è esploso, distruggendo il rifugio, dove in quel momento si trovavano fino a un centinaio di ufficiali delle Forze armate dell’Ucraina e personale civile, tra cui venti militari stranieri provenienti dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, che interagivano tra il centro e le analoghe sedi occidentali. È stata immediatamente avviata un’operazione di soccorso. Non se ne conoscono i risultati, ma, secondo il call center della “Ambulanza” di Kiev, sono state immediatamente tirate in salvo più di dieci auto e sono stati effettuati circa trenta voli. La sera stessa, due elicotteri sono decollati d’urgenza da Kiev verso il confine con la Polonia.

Rybar afferma quanto segue:

Le dichiarazioni vaghe delle autorità ucraine e l’attacco molto confuso a Mosca per interrompere la copertura giornalistica confermano la versione sull’esatto colpo delle truppe russe. Secondo alcuni rapporti, più di 30 membri dell’SMM sono stati feriti in vari gradi di gravità a seguito dell’attacco.

E non è tutto: ieri, un aereo C-21A dell’86° Squadrone di Evacuazione Medica dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti è volato a Rzeszow in emergenza dalla Base Aerea di Ramstein, presumibilmente per evacuare militari NATO gravemente feriti.

Ora, analizzerò la questione pezzo per pezzo, perché ci sono molte prove circostanziali.

In primo luogo, l’area di Rybalsky è visibile qui sulla mappa di Kiev. La freccia rossa indica il ponte Gavansky/Havansky.

L’edificio bianco in cima a questa immagine è la sede del GUR. Ecco un’altra vista satellitare dall’alto:

Se volete seguirla, inserite queste coordinate di geolocalizzazione in Google Maps: 50.47141384333114, 30.528840685203477

La prima cosa interessante è che abbiamo la conferma che il ponte Havansky è improvvisamente chiuso, o lo era da ieri, bloccando l’accesso alla parte isolata del quartiere dove si trova il quartier generale:

Putin: #La #Russia ha attaccato il quartier generale dell’intelligence militare ucraina (GUR) qualche giorno fa a #Kiev. “Abbiamo già parlato della possibilità di colpire i centri decisionali”. Il filmato mostra il ponte dell’Avana che conduce al quartier generale del GUR. È stato chiuso negli ultimi due giorni.

A Kiev, il ponte Havansky, che collega l’isola Rybalsky con Podil, è bloccato al traffico dalla mattina. Ieri e ieri sera il nemico ha lavorato sull’isola… Sull’isola c’è un ufficio della Direzione principale dei servizi segreti e lo stabilimento di Kuznya. Naturalmente non ci sono informazioni sui risultati e sui possibili arrivi a questi oggetti, ma… ricordate il video arrabbiato di Budanov, dove la maschera di compostezza riusciva a malapena a nascondere la rabbia. Non credo che sia successo per caso.

👉 Posta ucraina

Innanzitutto, ecco come appare la facciata dell’edificio del quartier generale della GUR da google maps nel suo stato normale, vista da via Rybalsky che costeggia il ponte dell’Avana:

2015 photo.
2011 photo.

Ed ecco una foto d’archivio che sembra mostrare la parte posteriore, orientata da nord-ovest verso sud-est:

Ora, le nuove foto apparse mostrano l’edificio con il seguente aspetto:

Chiaramente è stato gravemente bruciato e una parte di esso è stata coperta con un qualche tipo di copertura edilizia per nascondere i danni. Ci sono alcune cose importanti da notare, che avranno un ruolo nell’analisi:

Si noti il tetto, dove sembrano esserci attrezzature danneggiate che ora sono sbilenche, come se fossero state strappate dai loro supporti da un’esplosione o da una scossa potente.

Si noti come anche un edificio sullo sfondo lontano sembra avere le finestre saltate in aria e forse carbonizzate.

Si noti come il quartier generale del GUR, il cui danno più visibile non si trova in cima, da dove ci si aspetterebbe l’arrivo di un missile, ma piuttosto da una serie di finestre molto più in basso, a quello che sembra il 4° o 5° piano (cliccare sull’immagine per aprire una versione più grande).

La maggior parte dei danni causati dal fumo nero e dal fuoco sembra provenire da quel piano.

Questo è molto strano perché un missile che entra dal tetto o dai piani superiori probabilmente creerebbe i danni maggiori in cima, non ai piani inferiori o centrali. Questo potrebbe dare credito alle teorie secondo cui in realtà è stato fatto esplodere un bunker sotterraneo sotto l’edificio, le cui fiamme e i cui danni si sono propagati verso l’alto attraverso l’edificio.

La prova di ciò è costituita da due nuove foto satellitari che mostrano un prima e un dopo dei giorni precedenti e immediatamente successivi all’attacco:

La foto a sinistra è del 5/25, quella a destra del 5/30. Se si guarda da vicino, la differenza è l’apparizione di un’area schiarita proprio in corrispondenza dell’edificio del quartier generale della GUR, che molti interpretano come una “terra rovesciata” o un grande buco nel terreno.

Ho esaminato versioni ingrandite di qualità superiore e, personalmente, non sono così convinto. Non mi sembra che si tratti di terra rovesciata, ma piuttosto di una foto satellitare scattata in un momento diverso della giornata (la mattina) in cui la luce colpisce l’edificio adiacente direttamente a ovest del quartier generale, illuminando la sua facciata rivolta a est e creando un “punto di luce” di questo tipo. Potrei sbagliarmi, naturalmente, ma questo è ciò che vedo. Ho visto profili di attacco simili, cioè un edificio che sembra un po’ bruciato ma non distrutto. Questo è stato in precedenza il risultato degli attacchi dei droni Geran, che non hanno la stessa potenza di penetrazione di un missile a causa della loro bassa velocità. Ma perché questo sia il caso, il Geran dovrebbe aver colpito l’edificio dall’altro lato che non vediamo, o qualcosa del genere.

In ogni caso, si tratta di un attacco strano. L’edificio sembra danneggiato “dal basso” piuttosto che dall’alto, e coincide con un enorme terremoto che si dice provenga da un’esplosione sotterranea. Le voci sul trasporto di generali della NATO ora abbondano, anche se le considero poco attendibili.

Il popolare corrispondente russo in prima linea, Rudenko V., sostiene di avere informazioni privilegiate:

Rudenko V: “Secondo le mie informazioni, a Kiev è stato istituito un quartier generale che comprendeva i curatori occidentali dell’operazione in Ucraina. La seconda volta abbiamo fatto centro. La prima volta un quartier generale del genere è stato distrutto dai “Pugnali” nella regione di Leopoli, e allora sono stati uccisi circa duecento soldati stranieri”.

Ora, naturalmente, ci sono le voci obbligatorie che il capo del GUR Budanov è scomparso e alcuni sostengono che sia stato ucciso nell’attacco. Reduce dalla disfatta di Zaluzhny, rimango scettico. Ma è sicuramente possibile e non ci resta che aspettare ulteriori informazioni e vedere. Dopotutto, l’aspirante Bond-villain Budanov è una puttana della macchina fotografica che ama fare minacce inutili e punzecchiare i russi, quindi è molto strano che sia improvvisamente così silenzioso. Ricordiamo che dopo la precedente serie di scioperi, Budanov, giustamente indignato, ha immediatamente registrato un video di minacce, che ho pubblicato l’ultima volta, in cui diceva alla Russia che qualcosa sarebbe arrivato “presto” per loro. Si potrebbe pensare che dopo che un colpo ha completamente bruciato il suo quartier generale, avrebbe almeno fatto qualche tipo di replica, no?

Ad ogni modo, ci sono molte cose strane intorno a questo attacco. Per esempio, sono stati registrati missili Patriot che cadono dal cielo in un’area che sembra essere vicina al quartier generale, dato che sullo sfondo si vede qualcosa che potrebbe essere il ponte:

I telespettatori di Intrepid hanno effettuato dei fermo immagine e hanno confrontato le immagini per giungere a un consenso sul fatto che si tratta di un missile Pac-3 MSE del sistema Patriot:

Le alette centrali sembrano leggermente diverse, il che ha portato a qualche disaccordo. Tuttavia, questo potrebbe essere il prodotto di una distorsione visiva dovuta a varie caratteristiche, come la velocità dell’oggetto, le impostazioni della telecamera e lo scorcio del missile rispetto all’osservatore.

Il fatto è che si adatta a tutte le altre alternative, anche molto meno. Solo il missile BUK-2 ci si avvicina, ma quello nel fermo immagine si adatta ancora meglio al Pac-3. Io e altri lo abbiamo confrontato con ogni altro tipo di missile possibile, compresi i potenziali missili da crociera russi, e non corrisponde a nessuno di essi. Potrebbe anche esserci un leggero danno o una piegatura di una pinna che potrebbe farlo sembrare leggermente diverso. Inoltre, il missile sta scendendo dritto in un arco balistico, cosa che i missili da crociera in genere non fanno, e arriverebbero con una traiettoria diagonale. L’unica cosa che potrebbe scendere in un arco simile è un missile AD in avaria che è andato in tilt.

Ma il fatto è che ora abbondano altri video e foto di missili Pac-3 precipitati da ogni parte di Kiev, quindi aumenta la probabilità che anche questo sia un Pac-3. Per esempio:

La cosa interessante è che anche il video di cui sopra è stato geolocalizzato proprio vicino al distretto di Rybalsky:

Si tratta quindi dei Patrioti falliti che hanno cercato di fermare l’attacco al quartier generale della GUR?

Questi Patrioti non se la passano bene, ma è chiaro che ne sono rimasti almeno alcuni.

@Stellarman22 ha fatto una ricerca approfondita su Twitter e ha stimato quanto segue:

Perché sono molto fiducioso:

– Le immagini satellitari confermano l’anomalia del cratere

– Il ponte è stato chiuso per 2 giorni

– Segnalazioni di attrezzature da costruzione nell’area

– Dichiarazione diretta di Putin

– L’SBU ha dato di matto e ha arrestato chiunque abbia filmato qualcosa.

– Kiev trema il 5/28

Ha ragione su quanto detto sopra, l’SBU si è ora lanciato in una caccia ancora più rabbiosa a chiunque filmi gli arrivi. Non solo sono state arrestate molte nuove persone (che si aggiungono alle oltre 32 arrestate durante gli scioperi di Kiev della scorsa settimana, di cui ho già riferito), ma le webcam di Kiev sono ora oggetto di una caccia spietata:

Passiamo ora a un altro grande attacco avvenuto di recente. Abbiamo riferito dell’attacco di Zhitomir pochi giorni fa, che ha fatto saltare in aria un’altra grande serie di depositi di munizioni. Nuove immagini satellitari confermano ora anche questo:

Le immagini satellitari dei depositi militari a sud-est di Zhytomyr sono apparse oggi in rete con una differenza di dieci giorni – 20 e 30 maggio. Le immagini mostrano i gravi danni causati dall’attacco delle Forze Armate russe la mattina del 28 maggio.

Coordinate: 50,1066970, 28,8038165

Nel video, poi, i residenti di Zhytomyr hanno registrato una potente esplosione e la detonazione di munizioni da qualche parte nella regione di Zhytomyr. Gli hangar stessi si trovano a 17 chilometri a sud-est della città.

Secondo fonti aperte, quest’area era abbandonata. Tuttavia, nel villaggio di Chervony Stepok, a cui gli hangar sono adiacenti, si trovava una delle unità della 433esima base di stoccaggio congiunto per armi ed equipaggiamenti dell’aeronautica ucraina.

È probabile che il vasto sistema della struttura fosse utilizzato per immagazzinare le munizioni dell’aviazione per gli aerei tattici di stanza nelle vicinanze, nella base aerea di Ozernoye.

In altre notizie, la RAND Corporation ha pubblicato un preoccupato rapporto secondo cui la Russia sta imparando a combattere la NATO mentre modernizza il proprio esercito, e la NATO non sta ottenendo alcuna esperienza pratica reale, sul campo, almeno nulla di paragonabile a ciò che i soldati russi stanno ottenendo attraverso questo conflitto:

“Noninsider” ha scoperto per caso che ci sono segnali allarmanti tra gli esperti militari occidentali.

Conducendo un’analisi del processo NWO, sono improvvisamente giunti a capire che, in realtà, c’è stato un costante addestramento pratico dell’esercito russo.

Questa conclusione fa seguito ad almeno due rapporti riservati redatti dai think tank non collegati “RAND Corporation” e “Center for a New American Security”.

A loro è stato rivelato che in condizioni di combattimento le truppe russe si esercitano a contrastare le attrezzature militari occidentali, gli standard NATO di controllo operativo e le tattiche militari. Anche la logistica viene migliorata e il processo di modernizzazione dell’esercito si è accelerato.

In altre parole, l’Ucraina ci rifornisce di armi e specialisti, ci insegna a combattere con esse, ma allo stesso tempo il suo personale non riceve tale esperienza.

Questo è un fatto piuttosto pesante, che ora perseguita l’élite militare dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti, e dà origine alla richiesta di “smettere di addestrare i russi”.

Non è specificato in che modo si debba “smettere”.

Tuttavia, la citazione è tratta dalla parte del rapporto che riporta l’opinione del Capo di Stato Maggiore dell’esercito statunitense, il generale James McConville.

Inoltre, il rapporto chiuso della “RAND Corporation” sottolinea il pericolo che consiglieri militari NATO di alto livello cadano in prigionia russa, con tutte le conseguenze che ne derivano. In questa parte si fa riferimento a “…un incidente avvenuto in precedenza…”. Cioè, è molto probabile che i nostri abbiano preso qualcuno di serio dal loro alto comando. Purtroppo non sono stati forniti dettagli.

Non possiamo giudicare quale impatto avranno i risultati dei rapporti, ma presumiamo che le richieste di sicurezza nazionale degli Stati Uniti potrebbero iniziare ad avere la precedenza nelle dispute sull’assistenza all’Ucraina. Soprattutto alla vigilia delle elezioni presidenziali.

L’ultima parte del rapporto sopra riportato è… interessante.

Questo si collega ai preparativi per l’imminente offensiva, di cui siamo tutti stufi di sentir parlare a questo punto. La settimana scorsa è stato riferito che, per paura di fughe di notizie, l’Ucraina ha condiviso i suoi piani di offensiva solo con una piccola manciata di persone in Occidente. A quanto pare Lindsay Graham è stato uno di questi, dato che un nuovo articolo di Politico riporta con gioia che Graham ha ricevuto un’approfondita “immersione” nei piani offensivi completi, che definisce molto “impressionanti”. Egli afferma inoltre che i russi avranno una grande sorpresa e un “brusco risveglio”.

“Nei prossimi giorni assisterete a un’impressionante dimostrazione di forza da parte degli ucraini”.

Il tempo è stato apparentemente piovoso di recente, ma le previsioni indicano che il prossimo periodo si schiarirà con un clima più caldo e asciutto, quindi alcuni ritengono che si apra uno spiraglio per un’offensiva a breve termine:

Altri hanno notato che l’Ucraina non segue le stagioni astronomiche ma quelle meteorologiche, il che significa che l’estate inizia ufficialmente il 1° giugno. Abbiamo parlato in precedenza di come l’Ucraina abbia probabilmente pianificato di lanciare l’offensiva in coincidenza con le grandi esercitazioni della NATO che inizieranno a giugno. Tuttavia, è circolata un’altra voce secondo la quale l’Ucraina vorrebbe far coincidere l’offensiva con il grande vertice della NATO che si terrà a Vilnius l’11 luglio.

Si tratta di un importante vertice in cui la NATO intende prendere diverse decisioni fatidiche, una delle quali è la speranza che la Svezia venga finalmente ammessa nell’alleanza. Intende prendere alcune “grandi decisioni” riguardanti l’Ucraina, le garanzie di sicurezza, ecc.

La teoria è che Zelensky voglia lanciare l’offensiva in prossimità del vertice, presumibilmente per evidenziare le vittorie e le necessità dell’Ucraina in vista dell’incontro. A mio avviso, però, sarebbe più logico lanciare l’offensiva prima del vertice vero e proprio, piuttosto che a ridosso di esso.

A quanto mi risulta, le grandi esercitazioni Air Defender in Romania si terranno dal 12 al 23 giugno, quindi per ora quello rimane il momento più probabile per un’offensiva, ammesso che se ne voglia lanciare una. E se è vero che l’Ucraina privilegia l’estate meteorologica, che inizia il 1° giugno, allora la teoria dell’offensiva estiva a giugno può avere ancora più senso.

Detto questo, l’ultima volta ho riferito che l’Ucraina voleva quattro squadroni di F-16, per un totale di 48, per stare tranquilla. Ora hanno già raddoppiato la cifra e chiedono oltre 120 esemplari:

Kotz: “Kiev ha bisogno di circa 120 caccia di tipo occidentale, la maggior parte dei quali dovrebbero essere F-16”, ha detto il ministro della Difesa ucraino Alexey Reznikov.

Volere, ovviamente, non è dannoso. Ma l’appetito di Kiev cresce a dismisura. A metà maggio, il consigliere del Ministro della Difesa ucraino Yuriy Sak aveva annunciato cifre più modeste: 40-50 aerei. Tuttavia, sarà molto difficile per i Paesi occidentali soddisfare le esigenze delle Forze armate ucraine, dato che gli Stati Uniti non sono disposti a condividere le proprie attrezzature e costringono gli alleati europei a fare la carità.

Sì, l’F-16 è il caccia più massiccio e di maggior successo commerciale al mondo. In totale sono stati costruiti più di 4.600 aerei, in servizio in 25 Paesi del mondo. Ma è in Europa che non ce ne sono così tanti. I Paesi dell’Europa occidentale preferiscono caccia di propria progettazione o Eurofighter costruiti in collaborazione.

La maggior parte dei “sedicesimi” – 550 macchine – si trova proprio negli Stati Uniti. Turchia – 250, Israele-230, Egitto-209, Corea del Sud-150, Taiwan-140. I maggiori operatori europei sono la Grecia con 135 velivoli, i Paesi Bassi con 61 caccia, la Norvegia con 57 velivoli e la Danimarca con 44. Gli ultimi tre Paesi hanno già espresso il desiderio di condividere con Kiev le attrezzature aeronautiche”.

Alla luce di ciò, c’è un altro interessante rapporto che sottolinea questa folle corsa all’aviazione. Altri hanno osservato che il problema più grande per l’Ucraina sarebbe quello di trovare i piloti per pilotare un numero così elevato di aerei, quindi questo nuovo rapporto sostiene che i servizi segreti occidentali sono ora alla disperata ricerca di piloti di altri Paesi:

Basato su un rapporto turco:

Nelle ultime settimane, i rappresentanti dei servizi speciali dei Paesi della NATO, in primo luogo Gran Bretagna e Stati Uniti, hanno contattato attivamente i piloti attivi e in pensione di aerei sovietici dei Paesi che gestiscono tali aerei.

In primo luogo, l’attenzione è rivolta agli equipaggi di volo dei MiG-29, Su-24, L-39 e Mi-8/24. Il reclutamento viene effettuato nell’ambito delle nuove forniture di equipaggiamenti aeronautici, destinati all’organico di circa quattro nuovi reggimenti dell’aeronautica ucraina, poiché la preparazione del personale tra gli ucraini richiede molto tempo e risorse.

Secondo i dati noti, sono state condotte trattative con sudanesi, libici, egiziani e angolani. Sono state avanzate anche richieste per il rilascio di ex piloti dell’aeronautica afghana fuggiti dal Paese nel 2021.

La domanda che mi sorge spontanea è: cosa stanno pianificando esattamente? È possibile che tutti gli attuali rumori di “offensiva” non siano altro che una cortina fumogena, come sospettavo, e che in realtà l’Ucraina non stia pianificando alcuna offensiva importante fino a quando non avrà tutti quegli aerei e non si sentirà effettivamente sicura delle proprie possibilità di sopravvivenza? Tenete presente che anche se dovessero ottenere tutti gli aerei, cosa ancora discutibile semplicemente per la capacità logistica di mettere in campo più di un piccolo numero simbolico di F-16, ciò non avverrà prima di molti mesi. Si tratta quindi di un modo per ritardare l’offensiva e salvare la faccia agli alleati?

Oppure hanno ancora intenzione di lanciare un’offensiva, ma questi sono solo piani preventivi per ciò che verrà dopo? Ma se così fosse, abbiamo già ipotizzato da tempo che la probabile conclusione sarà l’elaborazione di uno scenario di DMZ in stile coreano per congelare il conflitto. E se questo è il piano, perché questa disperata corsa agli aerei?

È chiaro che siamo stati trascinati e già ampiamente ingannati. Se ricordate, l’AFU avrebbe dovuto lanciare una grande e spaventosa offensiva già lo scorso inverno, poi si è passati alla fine dell’inverno, poi alla primavera, ora all’estate. E ogni volta c’erano sempre un sacco di scuse, da quelle meteorologiche (colpa del tempo!) a quelle indirette degli alleati che non fornivano armi abbastanza velocemente, ecc.

La verità è che si può affermare che l’Ucraina sta disperatamente cercando di fare un passo falso con tutti noi, guadagnando tempo prezioso fino a quando non riuscirà a procurarsi un numero sufficiente di armi che continuano a essere distrutte nei loro hangar, nei punti di transito, nelle aree di sosta, ecc. È chiaro, leggendo tra le righe, che l’Ucraina non sembra così soddisfatta dei suoi armamenti attuali come cerca di far credere. Non solo hanno fatto numerose dichiarazioni recenti sul fatto che “stanno ancora aspettando altre forniture di armi”, ma ora vediamo questi appelli urgenti per centinaia di jet da combattimento. Per non parlare delle armi che hanno ricevuto: quante di esse sono effettivamente funzionanti? Ricordiamo, ad esempio, che il 76% degli Stryker è fuori uso e fuori servizio nel mio ultimo rapporto.

Naturalmente, possiamo anche dire che forse si tratta di un gioco mentale deliberato e che l’Ucraina sta intenzionalmente proiettando debolezza e disordine per cullare la parte russa in uno stato di compiacenza che può essere sfruttato dall'”offensiva”.

Queste cose sono in linea con quanto recentemente affermato da Rybar sugli attacchi ucraini a Mosca:

Il raid di oggi su Mosca è un’altra carota per la popolazione ucraina, che ha bisogno di essere costantemente nutrita di positività dopo i massicci attacchi in tutta l’Ucraina, la perdita di Bakhmut e la mobilitazione in corso. E un regalo per la propaganda ucraina. Militarmente, un attacco non risolve quasi nulla. Ma risolve sul piano delle pubbliche relazioni: si è rivelato uno sgradevole colpo al naso, a cui probabilmente si risponderà con un altro colpo massiccio all’Ucraina (confermando così la tesi delle rappresaglie per il gusto di rappresaglie). (Rybar)

Per intenderci: L’unico obiettivo dell’Ucraina in questa guerra, a questo punto, è quello di far passare costantemente un numero sufficiente di piccoli eventi che servano come temporanei scossoni di attività apparente e forniscano una spinta psicologica/morale. Si tratta di trucchi da salotto a buon mercato, l’agitazione pratica di un mago di strada che cerca di distrarti. Non hanno una vera capacità militare, quindi si nutrono di qualsiasi tipo di spinta che possono ottenere ogni pochi giorni per mantenere l’illusione di essere ancora in guerra, di continuare a lottare e a combattere.

E questi “colpi” non sono solo di tipo falseflag/psyop come gli attacchi a Mosca, ma includono la falsa immagine di forza e di bluff che i funzionari ucraini continuano a fingere con le loro continue chiacchiere su un’offensiva che non si concretizza mai.

La sempre imminente offensiva ucraina.
Questo è stato in qualche modo confermato anche dall’ex vice generale ucraino del NatSec, Kryvonos:Quindi nessuna grande offensiva dell’AFU fino a quando l’aeronautica non sarà stata costruita?

🇺🇦🏴‍☠️The offensiva delle Forze Armate senza aviazione non avrà successo e porterà a pesanti perdite – Generale Krivonos

▪️”Un’operazione offensiva è un’operazione terra-aria. Il fatto che abbiamo rafforzato le nostre capacità terrestri è una cosa, ma dobbiamo ancora rafforzare le nostre capacità aeree… Attaccare senza il supporto dell’aviazione sarà un incubo, con perdite enormi e non porterà alcun beneficio. È meglio rimandare questa situazione, è ancora meglio prepararsi e aspettare l’aviazione”, ha dichiarato l’ex vice segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ed ex comandante delle SSO dell’Ucraina, il maggiore generale Kryvonos.

▪️ “La Russia ha risorse sufficienti. Abbiamo ancora problemi con le munizioni e le armi. E i russi hanno la possibilità di attaccare – hanno tutte le forze e i mezzi per farlo”, ha aggiunto, affermando che il potenziale dell’esercito russo non dovrebbe essere sottovalutato.

Qualcuno potrebbe obiettare: beh, non è ipocrita, perché anche la Russia avrebbe dovuto lanciare un’offensiva invernale, un’offensiva primaverile, ecc.

Forse è così, ma la differenza è che: la Russia non ha alcun obbligo di lanciare un’offensiva, perché dovrebbe? La Russia è già in Ucraina. Ha letteralmente in mano una porzione enorme del territorio ucraino, il 20% circa secondo alcune stime. La Russia può porre fine alla guerra domani e tecnicamente ne uscirebbe vincitrice, avendo guadagnato nuovi territori e milioni di nuovi cittadini. Certo, i loro principali obiettivi bellici non sarebbero stati raggiunti e l’Ucraina rappresenterebbe ancora una “minaccia” alla loro periferia, ma a chi importa? Non è comunque una minaccia paragonabile a quella che la Russia rappresenta per le periferie dell’Ucraina, no?

Non che io stia effettivamente sostenendo che la Russia debba stare ferma e non fare nulla, ma sto semplicemente sottolineando che è la Russia ad essere all’interno dell’Ucraina: è obbligo dell’Ucraina ora fare qualcosa per quello che sostiene essere il proprio Paese e spingere la Russia fuori. La Russia può occupare questa terra per sempre e non spostarsi di un centimetro e in un certo senso non starebbe deludendo nessuno dal punto di vista etico. L’Ucraina, invece, dal loro punto di vista, ha una responsabilità etica nel liberare le terre che un “invasore” ha già preso loro. Quindi, l’onere di fare qualcosa spetta a loro. La Russia ha infatti già preso la maggior parte dei gioielli della corona che voleva, la Crimea e la maggior parte del Donbass, per esempio. Quindi il fatto che la Russia non abbia ancora lanciato offensive non significa nulla. Il fatto che l’Ucraina non l’abbia fatto significa molto di più: l’urgenza, l’imperativo morale e la responsabilità spettano solo a loro, che devono agire e “liberare la loro terra” dall'”invasore”.

E a proposito di questo, non sembra molto promettente per l’Ucraina, se l’offensiva dovesse finalmente concretizzarsi:

L’MI6 ha trasmesso all’Ufficio del Presidente e allo Stato Maggiore l’informazione che lo Stato Maggiore russo sta utilizzando le capacità delle Forze aerospaziali solo per il 5%, accumulando forze per la controffensiva ucraina. Nell’ultimo anno, il numero di caccia moderni è aumentato del 20% e gli elicotteri militari del 15%, ma il loro utilizzo al fronte è minimo, a causa della preparazione delle truppe russe per l’imminente battaglia del Mar d’Azov.

Alla luce di tutti i recenti attacchi a Kiev e del clamore suscitato dai missili Patriot, alcuni si sono chiesti perché la Russia stia colpendo Kiev, tanto per cominciare. Alcuni, da parte ucraina, hanno persino affermato che la Russia sta sprecando i suoi preziosi missili guidati su Kiev, lasciando illesi i veri obiettivi militari nel resto del Paese.

Innanzitutto, per quanto riguarda l’ultimo punto, sappiamo che la Russia ha la botte piena e la moglie ubriaca. Sta colpendo Kiev e tutto il Paese, come dimostra l’interruzione dell’attacco di Zhitomir in questo stesso servizio.

Ma per quanto riguarda Kiev, questo canale militare russo ha recentemente sollevato un’ottima questione e spiegazione che è appropriata per questa discussione:

A cosa serve distruggere il sistema di difesa aerea Patriot?
Oltre alla sconfitta del sistema di difesa aerea americano come obiettivo militare legittimo, ci sono altre ragioni.

Una modifica del sistema di difesa aerea Patriot PAC-3 con missili MIM-104F (MSE), presumibilmente schierata a Kiev, è la versione più moderna del sistema di difesa aerea americano. Questa versione espande in modo significativo le capacità del radar di rilevare bersagli ad alta velocità con bassa visibilità, come i missili Iskander o Kinzhal, e migliora anche l’antimissile. La distruzione di tali oggetti da parte di missili balistici e da crociera confermerà le capacità delle armi missilistiche russe basate su mare, terra e aria.

Inoltre, la distruzione del sistema di difesa aerea Patriot permetterà di raccogliere un’enorme serie di dati sulle tattiche di utilizzo di queste armi, sulle caratteristiche e su altre caratteristiche del sistema di difesa aerea americano. Quasi certamente, possiamo dire che durante gli attacchi è stato ottenuto un accurato ritratto elettronico dei principali sistemi e sottosistemi del sistema di difesa aerea Patriot PAC-3, che in futuro consentirà di rilevare questi obiettivi quando saranno dispiegati ovunque nel mondo.
Il consumo medio di più di un antimissile MIM-104F per ogni “Dagger” o “Iskander-M” russo è dovuto al fatto che entrambi i tipi di missili sono dotati di moderni mezzi per superare la difesa missilistica nemica.

In particolare, gli Iskander e i Dagger sono dotati di contenitori con riflettori a dipolo, stazioni di guerra elettronica e possono anche eseguire manovre antimissile con sovraccarichi fino a 25 unità, il che rende la loro intercettazione quasi impossibile. (Cronaca militare di TG)

Ho trovato questo dato interessante perché in effetti converge con le mie riflessioni recenti. Non ci sono davvero molti obiettivi a Kiev che la Russia potrebbe voler colpire; dopo tutto, a meno che non stiano colpendo i centri decisionali, cos’altro di valore militare potrebbe mai esserci a Kiev? Non è che l’Ucraina nasconda lì le sue divisioni corazzate, destinate all’offensiva a 600 km di distanza sulla linea del fronte di Zaporozhye.

No, credo che uno dei principali obiettivi della Russia negli ultimi mesi di attacchi a Kiev sia stato specificamente quello di degradare la rete di difesa aerea dell’Ucraina; e la citazione di cui sopra si inserisce in questo contesto, in quanto ciò offre alla Russia una rara opportunità di testare e profilare il cosiddetto sistema di difesa principale della NATO. Ciò si inserisce anche nel passaggio citato in precedenza nell’articolo, in cui la NATO ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che la Russia stia imparando a contrastare tutti i suoi sistemi, ricevendo un addestramento in prima linea per tutte le sue truppe, mentre la NATO non lo fa.

Se avete letto le fughe di notizie del Pentagono di qualche mese fa, noterete che nella sezione dedicata alla difesa aerea, si notava specificamente come, con l’esaurimento di ogni sistema principale, cioè gli SA-10 e 11 (S-300 e Buk), ciò causerà non solo l’accelerazione dell’esaurimento di altri sistemi ausiliari, che dovranno essere portati a fare il doppio lavoro, ma anche che altre importanti regioni saranno private delle loro capacità di AD, poiché tali sistemi dovranno essere requisiti per proteggere i centri abitati più critici.

I servizi segreti statunitensi hanno classificato le diverse aree di importanza come, ad esempio, la FLOT (Front Line of Troops) e la CNI (Critical National Infrastructure), e a ciascuna di esse sono stati assegnati determinati sistemi; gli SA-10/11 alle CNI, ecc. Ma quando le difese delle CNI si esauriscono progressivamente, si devono togliere i mezzi critici dalle FLOT, il che lascia le FLOT vulnerabili.

Quindi, in sostanza: credo che la Russia stia colpendo il più grande obiettivo e la più grande concentrazione di AD ucraini – che è nella zona CNI di Kiev – al fine di esaurire massicciamente le scorte di missili AD ucraini (così come i sistemi stessi con opportuni SEAD/DEAD), Il che si traduce in un effetto domino cumulativo che contribuisce a ridurre le difese critiche in prima linea, consentendo ai velivoli russi da combattimento e d’attacco in prima linea di operare molto più liberamente, cosa che stanno facendo da diversi mesi, in particolare con le loro nuove linee di bombe a planata UMPC, AGM come Kh-35/38/59, ecc.

Questo è il motivo principale per cui la Russia sta lanciando attacchi di massa con i droni Geran su Kiev. Essi sono un grande equalizzatore per far sì che l’AFU sprechi i preziosi e costosi missili AD, la maggior parte dei quali costa da centinaia di migliaia a milioni (per la varietà occidentale) ciascuno, per abbattere un drone che costa da qualche parte nel range di 10-20k dollari o meno. In sostanza, si tratta di operazioni di esaurimento munizioni su larga scala, almeno per la maggior parte. Si colpiscono ancora varie infrastrutture come centri di energia, depositi di petrolio/carburante, ecc. nella regione di Kiev, ma sono quasi secondarie in confronto.

E in effetti, tutto questo è confermato dal seguente rapporto di oggi:

L’eco della distruzione di un altro sistema missilistico americano di difesa aerea/PRO MIM-104F Patriot

▪️Russian analisti militari hanno annunciato che la batteria del 🇺🇸 sistema americano di difesa aerea/PRO ✖️MIM-104F Patriot PAC-3, durante un tentativo di intercettare i missili balistici russi lanciati dal sistema missilistico operativo-tattico 9K720 “Iskander-M”, ha sparato in un periodo di tempo molto breve una salva di razzi 🚀 PAC-3 CRI, quando a causa di un numero estremamente elevato di lanci in un intervallo di tempo ristretto, si è verificata un’intercettazione reciproca, ovvero i razzi invece di colpire i bersagli nemici si sono abbattuti a vicenda.

📌 Questo si può leggere anche nei commenti dei media ucraini di 🇺🇦, dove si afferma anche che l’AFU ha recentemente indebolito sistematicamente la difesa aerea di altre città, a scapito di Kiev, dove ogni sera c’è una vendita di 10-25 milioni di dollari americani.

Un paio di ultime notizie:

Per chiunque si chieda come stia andando la mitica controffensiva di Bakhmut, ecco un nuovo post direttamente dall’AFU stessa, e non promette nulla di buono:

‼️UKRAINIAN POST ‼️

Sui fianchi di Bakhmut si è finalmente bloccata. Il fatto è che l’offensiva che è stata [avviata] è stata originariamente lanciata sulla base delle azioni simultanee della guarnigione in città, che, a sua volta, poteva avviarla solo se fossero arrivati seri rinforzi. Ma non ci furono rinforzi seri e gli attacchi sui fianchi, a quanto pare, si rivelarono un altro tentativo di dimostrare ai profani che “non tutto è così semplice”. A proposito, né Zelensky, né Reznikov, né alcuno del Comando ha ancora reso noto cosa sia successo a Bakhmut. Questo nonostante il fatto che diverse pubblicazioni europee e americane abbiano già analizzato e criticato tutte le azioni con Bakhmut dall’inizio alla fine.

Ora questa sezione viene “rinforzata con il cemento” e presto diventerà poco promettente per le azioni offensive standard. Ebbene, se qualche “genio” del Comando decide di iniziare l’annunciata controffensiva pensando al ritorno di Bakhmut, allora non faremo altro che ripetere tutto ciò che il nemico ha subito da agosto. Ma non abbiamo abbastanza carne per questo tritacarne.

Quindi, non solo ammettono che la “controffensiva” non era altro che un tentativo di rubare titoli alla cattura di Bakhmut da parte della Russia, ma che il suo scopo era quello di coincidere con le guarnigioni all’interno della città che possono aggiungere azioni di supporto. Ma ora che la città è stata conquistata, le forze dell’AFU da sole sui fianchi non possono fare molto, e in effetti in alcune aree, in particolare nei fianchi settentrionali, la Russia ha già riconquistato gran parte del territorio. Ora, dicono, la Russia sta già “scavando” (“rinforzando con il cemento”) e qualsiasi offensiva prospettica contro Bakhmut è irrealistica a questo punto e sarebbe solo un massacro senza senso.

È interessante notare che i ceceni sono stati inviati a Marinka, ma non abbiamo ancora capito se questo fa parte di un’iniziativa più ampia o se si tratta solo di un’azione di alleggerimento/rotazione.

La Russia ha spazzato via quella che viene definita l’ultima nave militare dell’Ucraina:

La nave avrebbe trascorso l’ultimo anno giocando a nascondino nel fiume Dnieper, ma alla fine è riemersa da qualche parte vicino a Odessa, dove è stata prontamente spedita negli abissi dagli attacchi aerei russi. Molti membri dell’equipaggio sarebbero morti.

Come scrive Daniel Bezsonov, la città sta cercando i residenti che hanno rivelato ai nostri militari il luogo di parcheggio della nave. Nonostante il terrore della Gestapo, i residenti di Odessa e della regione di Odessa continuano a fornire ai nostri militari una quantità significativa di informazioni sui movimenti delle truppe nemiche e sui luoghi in cui sono immagazzinate attrezzature e munizioni.

Vale anche la pena di notare che il nemico cambiava periodicamente il luogo di stazionamento della nave e adottava misure per camuffarla. (Boris Rozhin)

Rebelnews riporta che Gonzalo Lira rischia 13 anni di carcere:

https://www.rebelnews.com/us_citizen_in_ukraine_faces_13_years_in_prison_for_supporting_russian_actions_and_criticizing_zelensky

La 101esima aviotrasportata americana si è data da fare, avvistata negli scontri tra KFOR e manifestanti serbi, e per di più armata di tutto punto:

Interessante foto degli scontri di ieri tra i “peacekeepers” della KFOR e le “forze speciali” della ROSU e i manifestanti serbi.

Un membro della 101esima aviotrasportata e un soldato della ROSU con un fucile, il che conferma le affermazioni di ieri secondo cui la ROSU avrebbe aperto il fuoco sui civili serbi.

Ricordiamo che l’élite della 101esima era pronta a entrare in Ucraina con il Rambo qualche mese fa. Cosa ci fanno in Kosovo?

E Newsweek ora indaga con orgoglio su come l’AFU sia fiorita sotto la guida delle tattiche dell’ISIS:

È interessante che abbiano immediatamente modificato il titolo dopo aver pubblicato l’articolo:

L’articolo è molto attento a non paragonare apertamente la loro amata AFU all’ISIS, ma si muove ai margini, implicando tacitamente che l’Ucraina sta usando le migliori tattiche dell’ISIS per ottenere risultati positivi:

Sean Heuston, professore che tiene corsi di propaganda, conflitti sociali e studi sui media presso The Citadel, il Collegio Militare della Carolina del Sud, ha dichiarato a Newsweek che la clip è “un ottimo esempio della gamification dei video di combattimento e della strana sovrapposizione qualitativa tra videogiochi e filmati reali” che si ricollega alle tecniche video impiegate dall’ISIS.

L’ISIS, ha detto Heuston, enfatizza un tipo di video di propaganda che “purtroppo è molto più attraente per il pubblico giovane”.

“Spesso assomigliano a film d’azione e privilegiano i conflitti drammatici, sia che si tratti di filmati di combattimento o di decapitazioni con la telecamera. E quindi hanno maggiori probabilità di generare visualizzazioni e clic”, ha detto.

L’autore prosegue affermando che Zelensky ha tratto un vantaggio “brillante” dal fatto di essere fondamentalmente l’ISIS:

“Penso che l’Ucraina abbia capito questo e abbia in un certo senso reingegnerizzato le parti importanti o alcune parti importanti dell’approccio propagandistico dell’ISIS, separandolo dalle parti moralmente orribili o moralmente ripugnanti dell’ISIS”, ha detto.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha usato i media “brillantemente” finora nella guerra, ha detto Heuston.

La stampa della CIA sembra essere così orgogliosa dei suoi nuovi figli terroristi che nascono dal fetido cadavere di quello precedente!

https://simplicius76.substack.com/p/putin-strikes-back-destroys-gur-bunker?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=124932859&isFreemail=false&utm_medium=email

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L’afrocentrismo tra miti e menzogne, di Bernard Lugan

Il primo uomo era nero. L’antico Egitto era “nero”, Cleopatra aveva la pelle nera.

Tutte le invenzioni primordiali sono state fatte dagli egiziani da persone di colore. La civiltà nera egiziana

civiltà egizia nera è quindi all’origine di tutti gli sviluppi intellettuali e tecnologici, in particolare dell’elettricità prodotta dalle piramidi, che di fatto erano centrali elettriche. I neri Africani hanno scoperto l’America prima di Colombo, sono all’origine della civiltà Maya e hanno imparato la mummificazione dagli Inca… ecc…

Queste sono solo alcune delle sciocchezze che costituiscono il “corpus dottrinale” dell’afrocentrismo. Eredità dei postulati “pittoreschi” e fantasmagorici di Cheick Anta Diop, ha avuto origine in America, in particolare nei campus degli Stati Uniti. Tormentati dall’inferno della loro storia, gli intellettuali afroamericani  inventarono l’afrocentrismo, un miraggio che permise loro di seppellire le loro frustrazioni nel rifugio dell’immaginario.

Con l’afrocentrismo e i suoi derivati, non ci troviamo però di fronte a semplici voli di fantasia prodotti dagli illuminati. Si tratta di un’ideologia coerente nella sua dottrina presentata come un’alternativa alla storia ufficiale  che si ritiene essere lo strumento della dominazione maschile bianca.

Un’ideologia razziale alimentata dal mito di una  “nazione africana la cui grande storia è stata oscurata a causa di una “cospirazione razzista” di cospirazione” dei bianchi-coloniali scienza storica bianco-coloniale.

Oggi, nell’epoca del wokismo e del de colonialismo  (si veda il mio libro Pour répondre aux décoloniaux),

per alcuni intellettuali afroamericani e africani, gli inverosimili postulati dell’afrocentrismo sono diventati

tante verità che prosperano sulla negazione della realtà.

Chi vi aderisce si rifiuta di riconoscere che esiste una differenza di natura tra fatto e mito.

Per gli afrocentristi e i decolonialisti la storia non è una scienza con regole e leggi proprie, metodologia, ma uno strumento dell’imperialismo coloniale bianco, progettato per sminuire i neri per far dimenticare di essere stati  il motore della storia umana.

In risposta alla storia bianca-coloniale, la “storia scritta dagli afrocentristi e dai decoloniali pretende di ristabilire la verità. In realtà, però, non è altro che un tentativo di affermare visioni tali da superare le frustrazioni dei gruppi lacerati dai loro complessi esistenziali.

Nel tentativo di giustificare i propri postulati, afrocentristi e decolonialisti hanno definitivamente rinunciato alla storia scientifica. Qualsiasi critica è vietata  “in quanto razzista” da parte degli afrocentristi. Questo permette loro di porre fine al dibattito, i loro avversari sono immediatamente disarmati e paralizzati da una un’accusa del genere…

Bibliographie du dossier – Carbonell, E et alii (2008) « The first hominin of Europe ». Nature, 452, 465-469. – Froment, A., (1992) « Origines du peuplement de l’Egypte Ancienne : l’apport de l’anthropobiologie ». Archéonil, 2, pp 79-98. – Froment, A., (1994) « Race et Histoire : la recomposition idéologique de l’image des Egyptiens Anciens. » Journal des Africanistes, 64, pp 37-64. – Hrdy, D.R., (1978) « Analysis of Hair Samples of Mummies from Semna-South ». American Journal of Physical Anthropology, n°49, 1978, pp 277-283. – Lazaridis, I et alii (2014) « Ancient human genomes suggest threre ancestral populations for presentday Européans ». Nature, 513, 409-413. – Lieberman, D.E (2007) « New described fossils from Georgia in Eurasia and from Kenya ». Nature, 449, 291-292. – Lucotte, G et Mercier, G., (2003) « Brief Communication : Y- Chromosome Haplotypes in Egypt. ». American Journal of Physical Anthropology, n°121, pp 63-66, 2003. – Lucotte, G ; Aouizérate A et Berriche, S., (2000) « Y-chromosome DNA haplotypes in North African populations. » Human Biology, 72 : 473-480, 2000 – Rabino-Massa, E et Chiarelli, B., (1972) « The Histology of Naturally Dessicated and Mummified Bodies ». Journal of Human Evolution, 1972, 1, pp 259-262. – Shuenemann, V et alii., (2017) « Ancient Egyptian mummy genomes suggest an increase of SubSaharan African ancestry in post-Roman periods ». Nature Communications, 8, 2017, 11 pages. – Taylor, J.H., (1991) Egypt and Nubia. London, British Museum. – Vercoutter, (1976) L’iconographie du Noir dans l’Egypte ancienne, des origines à la XXVe dynastie. In Vercoutter, Leclant, Snowdon, Desanges, « L’image du Noir dans l’art occidental », Fribourg, pp 33- 88. – Vercoutter, J., (1996) « L’image du Noir en Egypte ancienne ». Bulletin de la Société française d’Egyptologie, n° 135, 1996, pp 167-174. – Walker, S., (1997) « Ancient Faces : an exibition of Mummy Portraiture at the British Museum ». Egyptian Archaeology, 10, 1997, pp 19-23. – Wilding, D., (1997) « L’image des Nubiens dans l’art égyptien ». In Soudan, Royaumes sur le Nil, catalogue de l’exposition de l’Institut du Monde Arabe, 1997, pp 144-157.

ALL’ORIGINE DELL’AFROCENTRISMO C’È CHEIK H ANTA DIOP

Cheikh Anta Diop (1929-1986) è il principale ispiratore dell’afrocentrismo e del nazionalismo culturalista nero su base razziale, che afferma il primato creativo della negritudine.

Di nazionalità senegalese, Cheikh Anta Diop era un uomo di biblioteca e un compilatore selettivo, conservando solo gli elementi che confermavano i suoi postulati, tutti rifiutati dagli specialisti di tutte le discipline interessate.

Per Cheikh Anta Diop:

“Il negro non sa che i suoi antenati (…) sono le più antiche guide dell’umanità nel mondo.

Le più antiche guide dell’umanità sulla strada della civiltà; che sono stati loro a creare l’arte, la religione (in particolare il monoteismo), la letteratura, la prima letteratura filosofica, i primi sistemi filosofici, la scrittura, le scienze esatte (fisica, matematica, meccanica, astronomia, calendario…), la medicina, l’architettura, l’agricoltura, l’arte e la cultura.[1], ecc. in un’epoca in un momento in cui il resto del mondo (Asia, Europa: Grecia, Roma…) era immerso nella barbarie”.

(Allarme ai tropici, 196, 48).

Quindi, secondo Diop, i neri hanno la precedenza in tutte le aree della storia umana.

1) Le australopitecine, l’Homo erectus e l’uomo moderno (Homo Sapiens)  erano neri. Grazie all’incrocio – con chi? -poi sono comparsi i bianchi e i gialli.

2) L’Egitto, che era “negro”, fu la madre della civiltà.

La cultura greca gli deve tutto. La civiltà europea da cui scaturisce è quindi un eredità e retaggio. Inoltre, gli antichi greci non erano altro che plagiatori.

I postulati di C.A.Diop furono esposti a partire dal 1952 nel n. 1 de La Voix de l’Afrique, l’organo studentesco dell’RDA (Rassemblement Démocratique Africain), un partito che sosteneva l’indipendenza delle colonie africane dalla Francia. L’articolo, pubblicato nel febbraio 1952 e intitolato “Verso un’ideologia politica africana”, era una sintesi della tesi che avrebbe dovuto difendere alla Sorbona nel 1951, ma che era stata respinta per l’impossibilità di formare una giuria, motivo che nascondeva i suoi colossali “errori” metodologici. Un intero gruppo si attivò immediatamente per trovare un editore e la tesi fu pubblicata in forma di libro nel 1954 con il titolo “Nations nègres et culture”, che Aimé Césaire definì nel suo “Discours sur le colonialisme” come “il libro più audace che un negro abbia mai scritto”. Nel 1960, sotto la pressione degli intellettuali africani di lingua francese, la tesi fu finalmente difesa. Tuttavia, la giuria le assegnò solo una menzione “molto onorevole”, il che significava che era “mediocre”. Un voto così squalificante significava che C.A. Diop non poteva contemplare una carriera universitaria, che poteva essere raggiunta solo con la distinzione “Très Bien avec félicitations du jury”. Tenuto fuori dal mondo accademico senegalese dal presidente Senghor, anch’egli un vero accademico, C.A. Diop è stato nominato professore all’Università di Dakar per decisione politica del presidente Abdou Diouf nel 1981. C.A. Diop ha ripreso i suoi postulati e li ha sviluppati ulteriormente, in particolare in :

– “Nations nègres et Culture: de l’antiquité nègre égyptienne aux problèmes actuels de l’Afrique noire aujourd’hui”, Présence Africaine, Parigi. Présence Africaine, Parigi, 1954 (nuove edizioni nel 1964, 1979 ecc.) – “Les fondements culturels techniques et industriels d’un futur Etat fédéral d’Afrique noire”, Présence Africaine, Parigi, 1960. – Antériorité des civilisations nègres. Mito o verità storica? Présence Africaine, Parigi, 1967. – Civilisation ou Barbarie”, Présence Africaine, Parigi 1981. La critica ai postulati di Diop è iniziata negli anni Sessanta con la potente confutazione di Raymond Mauny, seguita nel 1972 da quella di Marcel d’Hertefelt, professore di antropologia al Museo Reale di Tervuren. Per quest’ultimo: “Le tesi di C.A. Diop ci impongono di decidere una volta per tutte di ignorare ciò che l’archeologia preistorica e protostorica, l’iconografia e la critica storica dei testi antichi ci dicono sulle popolazioni del Vicino Oriente e dell’Egitto, sullo sviluppo e la diffusione dell’agricoltura e della metallurgia e sui rispettivi contributi di queste due culle di civiltà alla scienza e alla scrittura. Va detto subito che generazioni di archeologi, egittologi, sumerologi, indoeuropei, semitologi e persino africanisti sono stati ideologicamente mistificati fino a falsificare la storia culturale, finché C.A. Diop non ha scoperto la verità. Questo è davvero chiedere molto. [2] Per una critica approfondita delle tesi di Diop, vedere :

– En collaboration (2000) Afrocentrismes. L’histoire des Africains entre Egypte et Amérique, Paris. – Fauvelle, F-X., (1996) L’Afrique de Cheikh Anta Diop, histoire et idéologie., Paris. – Froment, A., (1991) « Origine et évolution de l’homme dans la pensée de Cheikh Anta Diop : une analyse critique. ». Cahiers d’Etudes africaines, 121-122, XXXI-1-2, 1991, pp 29-64. – Hertefelt, (d’) M., (1972) Eléments pour une histoire culturelle de l’Afrique. Université du Rwanda. – Lugan, B., (2023) Histoire de l’Egypte des origines à nos jours. Paris. – Mauny, R., (1960) Recension de Nations nègres de C.A.Diop, in Bulletin de l’IFAN. XXII (1960), série B/544-551). Traduction anglaise sous le titre « Nations nègres et culture. A review. In Problems in African History, London, 1968, pp 16-23.

1_[Se ci limitiamo all’agricoltura, gli afrocentristi ignorano che intorno al 5000 a.C., dalle Fiandre al Danubio, si è formata una civiltà contadina europea che utilizzava la trazione animale.
La civiltà contadina europea utilizzava la trazione animale, mentre l’Africa sud-sahariana, l’Africa nera, ha scoperto questa tecnologia solo alla fine del XIX secolo.
L’Africa nera, da parte sua, ha scoperto la trazione animale, così come la ruota, la carrucola e la coltivazione a cavallo… solo con la conquista araba e poi la colonizzazione, cioè quasi un secolo dopo l’arrivo degli arabi.
conquista e la colonizzazione, cioè quasi 6.000 anni dopo… Per quanto riguarda i tre quarti delle piante alimentari consumate
consumati oggi a sud del Sahara (mais, fagioli, manioca, patate dolci, banane, ecc.) sono di origine americana o asiatica…
origine asiatica…

http://bernardlugan.blogspot.com/

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La balla del 97%. Colpe umane sul clima?_di Federico Punzi

L’affermazione del 97% degli scienziati a favore dell’origine umana del riscaldamento climatico è una clamorosa bufala frutto di manipolazione

La balla del 97%. Colpe umane sul clima? “Consenso” scientifico allo 0,3

Il prof. Battaglia c’è andato leggero. Altro che 32,6%, molti meno gli studi esaminati dall’articolo-bufala che indicavano le attività umane come causa principale

di Federico Punzi 31 Maggio 2023

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquotidiano/quotidiano/aq-politica/la-balla-del-97-colpe-umane-sul-clima-consenso-scientifico-allo-03/

Ogni volta, in qualsiasi sede si discuta di clima, non manca mai chi prova a zittire gli interlocutori ammonendo che ormai il “caso è chiuso”, c’è consenso scientifico sull’origine antropica del cambiamento climatico. Il 97 per cento degli scienziati – se non il 99 per cento, azzarda qualcuno – concorda che l’aumento delle temperature è dovuto alla Co2 emessa dalle attività umane.

Un espediente dialettico per delegittimare chiunque – anche scienziati di chiara fama – osi obiettare, o anche solo dubitare. Se lo afferma quasi il 100 per cento degli scienziati, chiunque lo neghi è “contro la Scienza” e fa disinformazione.

All’origine della bufala

Ma da dove arriva questo 97 per cento? La scorsa settimana, su La Verità, il prof. Franco Battaglia è voluto andare all’origine di questa narrazione, risalendo allo studio da cui ha preso vita e arrivando alla conclusione che si tratta di una bufala. Lo studio è quello pubblicato nel 2013 da John Cook e altri otto autori, che hanno preso in esame 11.944 articoli scientifici sul cambiamento climatico o il riscaldamento globale pubblicati tra il 1991 e il 2011.

In effetti, come ammettono gli autori stessi nell’abstract, nel 66,4 per cento di essi non si parla nemmeno di “riscaldamento globale antropogenico”. Il 32,6 per cento degli articoli sostiene l’origine antropica, lo 0,7 la nega e lo 0,3 per cento è incerto. È tra questi ultimi articoli, che esprimono una posizione sul “riscaldamento globale antropogenico”, dunque, che si ottiene il numero magico del 97,1 per cento.

Ma come osserva correttamente il prof. Battaglia, è il 97,1 per cento del 33,6 per cento, quindi in realtà solo un 32,6 per cento degli 11.944 articoli esaminati prende esplicitamente posizione a favore della teoria dell’origine antropica del riscaldamento globale o cambiamento climatico.

In realtà, il prof. Battaglia è stato fin troppo cauto e generoso. Ad un ulteriore approfondimento, infatti, la bufala risulta essere ancora più clamorosa.

Il “consenso” scientifico

Innanzitutto, una premessa molto importante. Dobbiamo sempre tenere a mente che la scienza non avanza attraverso il consenso, a colpi di maggioranza. Ovviamente il consenso della comunità scientifica va preso sul serio e considerato, ma non può esaurire il dibattito scientifico. Sarà banale ricordarlo, ma ai tempi di Galileo Galilei, il “97 per cento” degli scienziati (non solo bigotti e superstiziosi) credeva fermamente che fossero il sole e gli altri pianeti a girare intorno alla Terra.

Se poi coloro i quali sostengono la causa umana del cambiamento climatico si aggrappano ad un consenso immaginario, basato su una falsa rappresentazione del dibattito scientifico in corso, ciò è ovviamente degno di nota.

Dobbiamo inoltre far notare che l’articolo di Cook, come scrivono gli stessi autori, “è stato concepito come un progetto di citizen science da volontari che contribuiscono al sito web Skeptical Science“, un sito che si occupa di contrastare lo scetticismo e la disinformazione sul riscaldamento globale antropogenico.

Lo 0,3 per cento

Entriamo ora nel merito. Ciò che emerge è che non solo l’articolo esclude arbitrariamente dal conteggio 7.930 studi che non prendono alcuna posizione sull’argomento. C’è di più: quel cosiddetto “97 per cento”, che abbiamo visto in realtà essere un 32,6 per cento, include tre diversi gradi di consenso alla teoria dell’origine antropica del cambiamento climatico (Figura 1).

Fig. 1 – I tre livelli di sostegno alla tesi del riscaldamento globale antropogenico (Cook, 2013)

Solo gli studi che rientrano nella prima categoria sostengono esplicitamente che le attività umane sono la causa principale del riscaldamento. Nella seconda e nella terza categoria, che guarda caso includono la maggior parte dei lavori, rientrano quegli studi che riconoscono che le attività umane giocano un ruolo nel riscaldamento globale o cambiamento climatico, ma senza quantificarlo, o che le emissioni di gas serra sono responsabili del riscaldamento, senza tuttavia affermare esplicitamente che le attività umane ne siano la causa.

Un successivo studio del 2015, a firma David Legates e altri due autori, ha revisionato gli stessi 11.944 articoli scientifici esaminati da Cook, scoprendo che solo uno 0,3 per cento di essi (1,6 per cento escludendo i lavori che non si esprimono sull’argomento) sostiene la teoria delle attività umane come causa principale del riscaldamento globale, spacciata invece per verità scientifica al 97 per cento nel dibattito pubblico.

Sorprendentemente, rileva questo studio, Cook e i suoi collaboratori avevano essi stessi contrassegnato solo 64 articoli (lo 0,5 per cento degli 11.944 esaminati) a sostegno di questa tesi (Figura 2). Nessun articolo a sostegno della catastrofe imminente.

Fig. 2

Consenso immaginario

Dunque, l’articolo di Cook e soci, da cui trae origine la pretesa dei Verdi e degli attivisti, ha alimentato una falsa rappresentazione del consenso scientifico sulle cause del riscaldamento globale o cambiamento climatico. Il 97 per cento è un numero senza alcun fondamento. La stragrande maggioranza degli studi esaminati o non si esprime, o non ritiene le attività umane la causa principale, ma al più una concausa.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

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L’ascesa della politica estrattiva Si tratta di avere piccole aspettative, di Aurelien

L’ascesa della politica estrattiva
Si tratta di avere piccole aspettative.

AURELIEN
31 MAG 2023
4
1
Azione
Nel mondo sono sempre esistiti due tipi fondamentali di sistemi economici: quelli di investimento e creazione e quelli di predazione ed estrazione. In questo saggio voglio suggerire che la modalità di comportamento predatorio ed estrattivo è uscita dalle sue origini puramente economiche e rappresenta oggi un modello di gestione della nostra società a tutti i livelli. E se il denaro è di solito tra le cose estratte, spesso non è l’unica.

La natura di qualsiasi economia dipende in larga misura dalla posizione delle fonti di reddito potenziale, poiché la competizione per queste risorse determina in larga misura il modo in cui l’economia sarà strutturata. Le prime economie, prima ancora delle comunità stanziali, erano necessariamente estrattive. Cacciatori, raccoglitori e pescatori non potevano fare nulla per aumentare l’offerta di ciò di cui si nutrivano, ma la loro interazione con il mondo era relativamente benevola, a patto di non stressare eccessivamente l’offerta di cibo.

Nelle prime società, le due fonti fondamentali di ricchezza potenziale erano la proprietà terriera e altre forme di rendita, tipicamente concesse dai governanti. La proprietà terriera forniva reddito sotto forma di colture per il consumo, di colture per la vendita, di affitti a carico dei contadini e di varie altre manovre finanziarie, a seconda del Paese interessato. La proprietà terriera forniva anche persone che potevano essere impiegate nelle proprietà e, in alcuni casi, arruolate per combattere nelle guerre. I sistemi feudali nella maggior parte dei Paesi concedevano quindi terre con reddito annesso in cambio di servizi (anche militari) al sovrano. Non sorprende quindi che le prime guerre fossero di conquista territoriale, poiché uno Stato più grande, con più persone e risorse, era in linea di principio più ricco e più forte di uno più piccolo. Anche quando le forze erano troppo limitate per occupare un territorio in modo permanente (come nell’Africa occidentale pre-coloniale), la correlazione locale delle forze poteva produrre vicini docili che pagavano tributi e vi avrebbero sostenuto in guerra.

In effetti, il denaro era spesso un movente nelle conquiste territoriali: il bottino delle città catturate era un modo per rimpinguare le proprie casse, pagando al contempo i mercenari che combattevano per voi. (Molte delle prime guerre assomigliano soprattutto a una serie di razzie per fare incetta di bottino. Ci si aspettava che le guerre si autofinanziassero e i soldati si arruolavano nella speranza di fare fortuna se fossero sopravvissuti. (La guerra come business è un modello che ha una storia lunghissima, dalla Guerra dei Cento Anni ad alcuni dei conflitti in Africa di oggi. E la guerra non era l’unica opzione per aumentare il territorio: anche i matrimoni dinastici potevano farlo, ed era per questo che ci si impegnava così tanto.

Il denaro ricavato dalla proprietà della terra era chiamato “affitto” nel senso originario del termine, e naturalmente esiste ancora, ma si parla anche di “affitto” in senso più ampio, come sfruttamento delle possibilità finanziarie di un bene che si controlla, perché lo si è comprato, rubato o concesso, o come modo per rendersi un fastidio e un ostacolo che deve essere comprato. Una delle prime forme di affitto era la riscossione dei dazi doganali per consentire ai commercianti di attraversare le città o i fiumi. Si trattava, in effetti, di un puro affitto, poiché la città non era obbligata a offrire alcun servizio in cambio. Si trattava di una tassa sul movimento. (È interessante notare che una mappa moderna delle reti di autostrade francesi mostra che i percorsi principali non sono cambiati molto dal Medioevo. Oggi l’affitto viene riscosso dalle società private che teoricamente “gestiscono” le autostrade, acquistate per pochi spiccioli dal governo. Come in passato, si tratta in realtà di una tassa sul movimento). L’ultimo esempio di tassa sulla circolazione è il “check-point” presidiato da milizie armate in alcune zone di conflitto, che richiedono il pagamento in denaro o una quota delle merci trasportate. L’esempio più straordinario che conosco è il trasporto di merci dal Pakistan all’Afghanistan per i soldati statunitensi durante la guerra. I camion, guidati da appaltatori pakistani, dovevano passare attraverso i check-point talebani, dove venivano richiesti i soliti contributi volontari. In pratica, gli Stati Uniti finanziavano direttamente i Talebani.

Infine, si può guadagnare un “affitto” inserendosi in un sistema come un fastidio che deve essere pagato per andarsene, o come un “esperto” che può dare consigli su questioni spinose. Tendiamo a pensare a questo come a un problema del Sud globale o degli Stati Uniti, dove è necessario un “faccendiere” che ti dica chi vedere, chi pagare e quanto ottenere qualcosa. Ma in realtà è altrettanto caratteristico delle moderne società liberali, con la loro mania di avere regole sempre più complesse, che solo specialisti sempre più specializzati possono spiegare, e per di più per ingenti somme di denaro. Alcuni accademici guadagnano fortune assolute come “testimoni esperti” in procedure come i brevetti e le cause antitrust, per esempio. Sebbene in una società moderna complessa spesso non si abbia la possibilità di scegliere se rivolgersi a qualche specialista, negli ultimi decenni si è assistito anche a una crescita esplosiva delle posizioni di ricerca di rendita stabilite dalla legge, o almeno dalla consuetudine. Ad esempio, oggi è praticamente impossibile gestire anche un’organizzazione di piccole dimensioni senza pagare dei “consulenti” che forniscano “formazione” su questo o quello, e “dichiarazioni” e “revisioni” su vari argomenti, spesso richieste dalla legge o come condizione per fare affari con i governi. Tutto questo è solo una forma moderna di ricerca di rendita.

Classicamente, e come dice il nome stesso, un’economia estrattiva cerca di estrarre la massima ricchezza da ciò che già esiste, piuttosto che crearne di nuova, e gli attori competono tra loro per accedere ai flussi di reddito. Cinquecento anni fa poteva esserci una gara per diventare esattori delle tasse, oggi forse per aggiudicarsi un contratto di “formazione” sulla sensibilità di genere. Un’economia e una società di questo tipo sono concepite come essenzialmente stagnanti e, sebbene possano esserci periodi di crescita e periodi di declino, non esiste un concetto di crescita economica continua come prodotto di investimenti sostenuti. Le società estrattive hanno tipicamente poca fiducia nel futuro e non vedono l’utilità di investire quando la predazione è molto più facile. Le economie di guerra e di conflitto funzionano in questo modo, poiché il futuro è per definizione incerto, e le società politicamente instabili tendono a essere orientate all’estrazione, perché gli attori non sanno se saranno al potere l’anno prossimo, o se saranno ancora vivi. E alla fine dei conti, l’attività economica estrattiva è molto più facile: chi non vorrebbe essere un lobbista costosamente pagato piuttosto che un imprenditore in difficoltà o un regolatore sottopagato?

Come sarà chiaro, forse, la ricerca di rendite e l’estrazione sono caratteristiche fondamentali di una società liberale, che consiste proprio nel ridurre (e rendere complessi) tutti gli aspetti della vita in una serie di norme e regolamenti che richiedono gruppi di specialisti istruiti per interpretarli e discuterli. In effetti, una società liberale può essere definita come una società che sostituisce regole semplici e ben comprese con procedure altamente complesse e difficili che richiedono specialisti istruiti per interpretarle. E sono questi interpreti, piuttosto che i semplici produttori, ad avere uno status sociale più elevato. È istruttivo, ad esempio, osservare il background sociale degli artefici della Rivoluzione industriale in Inghilterra: spesso erano artigiani di classe inferiore, con un notevole senso degli affari ma con una scarsa istruzione formale. Per tutto il periodo del dominio industriale britannico, quindi, la manifattura e le altre attività pratiche erano considerate “commercio” e i loro praticanti non erano ben accetti nella società civile. È naturale che il figlio di un industriale gestisse a sua volta l’azienda, ma il nipote diventasse avvocato o entrasse nella City di Londra e diventasse proprietario terriero per matrimonio.

Uno degli effetti inosservati della globalizzazione è stato il massiccio aumento della percentuale delle economie occidentali dedicate all’estrazione. A un livello relativamente semplice, questo può richiedere, ad esempio, che le banche che operano in tutto il mondo mantengano costosi esperti di diritto fiscale e commerciale in diversi Paesi. Ma a volte gli effetti sono più sottili. Ad esempio, una delle promesse fatte sull’esternalizzazione all’estero era che l’Occidente avrebbe mantenuto il lavoro difficile e complesso di alto valore, mentre avrebbe mandato altrove il lavoro spazzatura. In sostanza, si è verificato il contrario: intere tecnologie sono state spedite offshore e ora non possono essere recuperate, e quindi la percentuale di economie occidentali produttive diminuisce ogni anno, proprio mentre la domanda di competenze estrattive (la conoscenza del diritto contrattuale cinese, ad esempio) continua ad aumentare. A sua volta, ciò significa sia che il fabbisogno assoluto di scienziati, ingegneri e artigiani altamente qualificati diminuisce, per cui ne vengono formati di meno, sia che gli enormi stipendi ora richiesti dagli specialisti del settore estrattivo sono tali da attirare molti dei migliori talenti. Se foste un ingegnere aerospaziale, non vorreste creare una vostra società di consulenza tecnica in outsourcing piuttosto che andare a lavorare per un’azienda occidentale già impegnata a trasferire all’estero posti di lavoro qualificati? Allo stesso modo, anche se si è un musicista molto bravo, è sempre meglio essere un avvocato specializzato in diritti d’autore che fa causa ad altri musicisti.

Come ho suggerito in precedenza, la mentalità estrattiva nasce quando la società perde la fiducia nel futuro e nella nostra capacità di costruirlo. Perché non nutrirsi del presente, dopo tutto? È più facile e più sicuro. La grande era dell’innovazione tecnologica occidentale nel XIX e XX secolo ha coinciso con la grande era della speranza in un mondo migliore, e in misura considerevole quel mondo migliore è apparso. In quell’epoca, nella maggior parte dei Paesi, gli scienziati, i tecnologi e gli ingegneri, ma anche gli esploratori e gli alpinisti, così come i riformatori politici e sociali, godevano di un prestigio mai raggiunto prima o dopo. Alcuni anni fa ho vissuto in una zona di Parigi non lontana dalla Sorbona. I nomi delle strade in Francia sono sempre interessanti e di grande risonanza politica, e intorno a me le strade portavano il nome di scienziati, ingegneri, ricercatori medici, naturalisti, sociologi e riformatori sociali, oltre al classico elenco di politici. Tutte queste figure hanno contribuito a rendere il mondo migliore e più comprensibile, e praticamente tutte erano morte nella seconda metà del XX secolo. Non ho idea nemmeno in linea di principio di quali nomi potrebbero sostituirli ora.

Che ce ne rendiamo conto o meno, stiamo vivendo uno dei periodi estrattivi, in cui non c’è fiducia nel futuro e quindi non ha senso investire in esso. Ma questo vale ben oltre l’economia in sé, per quella che io chiamo Politica Estrattiva: la tendenza a vedere le nazioni e i loro sistemi e problemi politici, sociali ed economici come nient’altro che una fonte per estrarre rendite di vario tipo. Naturalmente “trarre profitto” dagli sviluppi della politica non è certo una novità: qualsiasi politico esperto, di fronte a una crisi, penserà automaticamente “come posso sfruttare questa situazione a mio vantaggio?”. Ma la mia tesi è che siamo entrati in un periodo in cui la politica in senso lato è diventata nient’altro che estrattiva, e consiste essenzialmente nella ricerca di opportunità per trarre vantaggi personali, professionali e finanziari dal conflitto, dalla stagnazione e dal declino delle società attuali. Viviamo infatti in una società in cui, per la prima volta da diversi secoli, sembra impossibile immaginare seriamente un mondo migliore per tutti, o anche solo per la maggior parte. (Non a caso, credo, ci stiamo sempre più rifugiando in mondi artificiali e virtuali, dove è ancora possibile programmare qualche speranza). La tecnologia è ormai una minaccia piuttosto che un potenziale salvatore, le nostre ideologie sono esaurite, i nostri politici sono delle nullità ridanciane, le nostre risorse si stanno esaurendo e il cambiamento climatico potrebbe ucciderci tutti. Anche il discorso ufficiale offerto è declinista e miserabile: basti pensare al recente tentativo di Macron di spiegare che, mentre il Paese era più ricco di quanto non fosse mai stato prima e c’erano un sacco di soldi per l’Ucraina, i francesi meno pagati avrebbero dovuto lavorare fino alla morte. Di fronte a un tale muro di problemi, l’umanità si è sempre più ritirata in un’arcigna passività, con l’iniziativa disponibile rivolta allo sfruttamento di tutti gli altri.

Alcune di queste forme di estrazione sono relativamente semplici. Così, se siete un ministro incaricato di un’importante funzione di governo, è sensato per voi affamare questa funzione di risorse, piuttosto che migliorarla. Perché? Perché peggiore è il rendimento del sistema, maggiore sarà la richiesta di alternative da parte di chi ha i soldi. Una volta che un servizio postale perde il monopolio su alcune consegne, ad esempio, si apre un intero campo di estrazione per avvocati, finanzieri, agenzie pubblicitarie, consulenti logistici e altri per promuovere lo sviluppo di alternative del settore privato. Allo stesso modo, più si riesce a inculcare nella popolazione la sensazione che le cose stiano peggiorando e che i servizi siano inevitabilmente destinati a diminuire, più la popolazione accetterà questo stato di cose e riterrà che non ci sia alternativa al pagare di più per un servizio peggiore. E naturalmente quando vi ritirerete dalla politica, tra un paio d’anni, ci sarà un bel lavoro ad aspettarvi. Ma vale la pena sottolineare che, come al solito con le iniziative estrattive, tutto ciò che è successo è che un servizio che non è migliore (e probabilmente peggiore) è ora più costoso e complicato da fornire. E anche se non siete un politico, potete trarre qualche guadagno dal sistema in declino scrivendo rapporti che propongono ulteriori privatizzazioni, trovando lavoro in una società di consulenza per l’outsourcing o altro.

Alcuni lo sono un po’ meno: il cambiamento climatico, per esempio. Tendiamo a pensare ai miliardari che costruiscono bunker nucleari in Nuova Zelanda, ma in realtà c’è un sacco di denaro e di pubblicità da guadagnare in modo difensivo, piuttosto che promozionale, parlando di disastri imminenti su YouTube, scrivendo libri sul collasso e sul survivalismo e vendendo prodotti che presumibilmente ci aiuteranno a sopravvivere a qualsiasi cosa stia per accadere. Ma il capitale politico può essere ricavato anche facendo cose che possono essere riassunte sotto l’etichetta “cambiamento climatico”, anche se il loro effetto reale non è misurabile o (nel caso dei Verdi tedeschi e della loro sostituzione delle centrali nucleari con centrali a carbone) peggiora effettivamente la situazione. A Parigi, ad esempio, la coalizione al governo (che dipende dai Verdi) ha obbligato ristoranti e caffè a non riscaldare più le terrazze quando fa freddo, togliendo così uno dei piaceri della vita di strada parigina. Non c’è alcuna pretesa che il mondo si salvi in questo modo, o che il clima se ne accorga: il punto è attuare una parte dell’agenda acida e punitiva che i Verdi perseguono da anni. Allo stesso modo, la città ha incoraggiato il noleggio di scooter elettrici, che si trovano ovunque accatastati agli angoli delle strade. Questi hanno causato così tanti disagi e incidenti che il Comune è stato costretto a ritirare le licenze, anche se la proprietà privata è ancora consentita. Il risultato è che le strade sono più pericolose, che la quantità di strada destinata ai veicoli a motore è notevolmente diminuita mentre la domanda non è cambiata, e che gli utenti di queste mostruosità (che in genere non hanno comunque un’auto) non si spostano più con i mezzi pubblici, riducendo così le entrate. Ma a chi importa? Il problema è troppo grande per essere risolto, quindi cerchiamo di ricavarne un po’ di capitale politico finché siamo in tempo.

Questa è la logica fondamentale della politica estrattiva. Trovare un problema insolubile ma che suona male, spesso mal definito e non ben compreso. Ponetevi obiettivi vaghi, impossibili da misurare e che in ogni caso dipendono da persone diverse da voi che svolgono il lavoro effettivo. Organizzate qualche evento per farsi pubblicità, coltivate i media e guardate i soldi che arrivano e i posti di lavoro che si creano. Rilasciate dichiarazioni sui fallimenti degli altri e richieste di azione da una posizione di superiorità morale che rivendicate, ma che non avete fatto nulla per guadagnare. Dopo tutto, c’è qualcuno che crede che incollarsi a quadri famosi possa aiutare ad affrontare il cambiamento climatico? Qualcuno crede, se è per questo, che incollarsi a quadri famosi possa avere conseguenze, che potrebbero avere conseguenze, che potrebbero avere conseguenze, che potrebbero influire sul cambiamento climatico? Chiaramente no. Ma nel frattempo c’è pubblicità, interviste, soldi, forse un libro o due.

A volte l’obiettivo, almeno apparentemente, è positivo: la “pace”, per esempio. Ma in questi casi è crudamente ovvio che l’obiettivo, così come formulato, è irraggiungibile, anche perché non può essere definito correttamente. Questo però non deve essere un ostacolo a una buona carriera. Ricordo che quando Dora Russell, vedova del filosofo Bertrand Russell e attivista per molte cause, morì nel 1986, fu elogiata a gran voce come una “coraggiosa combattente” per la pace, grazie al suo coinvolgimento, tra le tante, nella Campagna per il disarmo nucleare. Tuttavia, nonostante tutte le conferenze a cui ha partecipato, le marce che ha guidato, i premi che ha ricevuto e gli elogi che le sono stati tributati, non si può plausibilmente sostenere che abbia dato un contributo significativo alla pace nel mondo. Forse era abbastanza ingenua da credere di poterlo fare – dopotutto veniva da una generazione precedente e più seria moralmente – o forse era solo un senso esagerato della propria importanza, come certamente sarebbe oggi per uno dei suoi successori. Ma almeno suppongo che fosse un’intellettuale genuina.

Più in generale, però, la politica estrattiva funziona mobilitando denaro e sforzi in battaglie deliberatamente chisciottesche contro draghi che non possono essere definiti correttamente, né tanto meno combattuti efficacemente. Anzi, è meglio che il problema sia definito nel modo più vago possibile, perché così si ottiene il massimo margine di manovra. Dopotutto, se si cerca di ottenere fondi per il lavoro contro i matrimoni forzati nelle comunità di immigrati musulmani (e organizzazioni di questo tipo esistono e dovrebbero essere sostenute) si ha un’idea delle dimensioni e della natura del problema, e nei rapporti annuali si può almeno fare riferimento a prove aneddotiche di successo. Allo stesso modo, ci sono associazioni di beneficenza che insegnano a leggere ai bambini delle comunità svantaggiate (un’altra causa meritevole), e il successo in questo senso può essere misurato. E se foste davvero preoccupati per il destino della Terra, sareste là fuori a fare agricoltura biologica o a lavorare a progetti di riciclaggio. Ma niente di tutto questo è una buona politica estrattiva, perché richiede di uscire dall’ufficio e di incontrare persone comuni che potrebbero non piacervi, di accettare obiettivi e traguardi pratici e di spiegarvi quando non li raggiungete.

Piuttosto, si pretende di combattere draghi come il “razzismo” o il “sessismo”, che hanno il vantaggio di essere fenomeni del tutto soggettivi (essenzialmente come le persone si sentono sulle cose) senza alcun contenuto oggettivo. Poiché il nemico non può mai essere definito, la battaglia non può mai essere vinta, e poiché la battaglia non può mai essere vinta, sono sempre necessari ulteriori finanziamenti, devono essere organizzate giornate di azione, e un intero vocabolario è incidentalmente disponibile per distruggere i vostri avversari politici con accuse che non possono essere confutate perché non sono tenute a contenere alcun fatto oggettivo. Dal punto di vista dei governi e dei finanziatori istituzionali, questo è anche un modo per fare bella figura, senza associarsi a un’iniziativa che potrebbe andare male. Inoltre, distoglie utilmente l’attenzione da problemi molto più banali, ma molto più gravi, che non si ha né la capacità né la volontà di risolvere.

Infine, non dovremmo trascurare il grado di infiltrazione della politica estrattiva nella politica estera e di sviluppo da qualche tempo a questa parte. Anche in questo caso, è una questione di perdita di speranza. Negli anni Sessanta, la teoria dello sviluppo spingeva i Paesi del Sud globale a passare dalla sussistenza alle coltivazioni di denaro per pagare gli investimenti che li avrebbero portati rapidamente ai livelli di sviluppo occidentali. Sappiamo come è andata a finire. Negli anni Ottanta, la macchina si è invertita e il Sud globale è stato spinto ad aprire le proprie economie, a cercare investimenti diretti esteri e a far fronte, in qualche modo, a oscillazioni selvagge dei prezzi delle materie prime e del valore delle valute e all’incapacità di nutrire la propria popolazione. Sappiamo anche come è andata a finire.

Sebbene le Istituzioni Finanziarie Internazionali sembrino continuare a fare le stesse cose di una generazione fa, è chiaro che non hanno più il cuore in pace e che non sono disposte a trarre lezioni concrete da Paesi come la Cina e Singapore, che si sono modernizzati con grande successo e il cui esempio il Sud del mondo trova sempre più attraente. Quindi, cosa fare? Beh, si adotta il buon vecchio adagio politico secondo cui se il problema è troppo difficile da affrontare, si attaccano invece i sintomi. Si pagano quindi gli ambiziosi abitanti del luogo perché studino economia negli Stati Uniti o in Europa, oppure si offre loro un lavoro presso le istituzioni internazionali. Si finanzia un’ambiziosa campagna anticorruzione con codici di condotta per gli appalti pubblici e si finanziano le ONG locali, composte da figli e figlie di politici locali, per promuovere la trasparenza e la responsabilità nella spesa pubblica. Promuovete i vantaggi della Blockchain e delle criptovalute. Il vantaggio di questo genere di cose è che si possono indicare i famosi “risultati” a cui i finanziatori sono tanto interessati. Sono state assegnate X borse di studio, i Codici di condotta sono stati lanciati con successo, le ONG stanno festeggiando il loro primo anno di campagne. Il vostro governo ha acquisito una notevole influenza sui processi decisionali di un altro Paese, e la maggior parte del denaro che avete speso è tornato in pratica nel vostro Paese, sotto forma di spese di consulenza e simili. È vero che la corruzione non è mai stata così grave e che questo tipo di iniziative la peggioreranno anziché migliorarla, ma non si può vincere sempre. Se non si riesce a risolvere il problema, si può almeno trarne profitto.

Per avere un’idea di come funziona in pratica, si consideri il seguente esempio immaginario (ma non così immaginario). In un paese africano povero, la situazione della sicurezza nella capitale è pessima. La polizia viene pagata raramente, se non addirittura per niente, e ci si aspetta che sopravviva grazie alla piccola corruzione. Non hanno veicoli, né radio, né capacità scientifiche o tecniche. La criminalità è molto alta e le comunità locali stanno formando gruppi di vigilantes per affrontarla. Sottoposta a enormi pressioni per ridurre il crimine, la polizia ricorre all’arresto dei criminali abituali e alla loro confessione. Purtroppo, anche quando vengono condannati, vengono rilasciati rapidamente perché le carceri sono piene. I sondaggi dell’opinione pubblica mostrano che la popolazione locale vuole più polizia, meglio finanziata, più attrezzature, pene più severe e più prigioni. Ovviamente nessun donatore può finanziare queste cose, quindi si cercano altre iniziative.

La risposta è ovvia: un programma di formazione sui diritti umani, che coinvolga poliziotti ed esperti accademici del Paese donatore, con tanto di interpreti. I poliziotti senior selezionati saranno trasportati nel Paese donatore per un corso di formazione della durata di un mese, pagato con tutte le spese e con una generosa diaria. Una ONG locale finanziata dal Paese donatore redigerà una nuova legge e una serie di regolamenti sulla politica dei diritti umani della polizia per i poliziotti in grado di leggere, basandosi strettamente sulle pratiche del Paese donatore. Tutti saranno contenti, tranne la polizia, che continuerà a non avere stipendio e attrezzature, e la popolazione, che non avrà alcuna sicurezza, e non amerà e temerà la polizia. Ma nessuno potrà mettere in dubbio la quantità di rendita politica che è stata estratta.

Non è necessario che sia così, e in effetti non lo è sempre stato. C’è stato un tempo in cui gruppi di individui e di Stati costruivano cose, ristrutturavano cose, organizzavano cose, miglioravano la vita, eliminavano le malattie, ponevano fine alla povertà, riducevano massicciamente la mortalità infantile, ripulivano l’ambiente e creavano e mantenevano la piena occupazione, solo per citare le caratteristiche più evidenti del mondo in cui sono cresciuto: forse anche voi. E tutto questo era considerato normale. Ma a quei tempi, sia il governo che i governati avevano grandi aspettative. Le aziende competevano per essere le prime, le migliori o le dominanti, non per essere le più redditizie. L’innovazione non riguardava solo i trucchi finanziari.

Mentre scrivevo, stavo cercando di pensare all’ultima volta che i governi europei hanno fatto qualcosa di cui si potesse essere tradizionalmente orgogliosi. L’unica cosa che mi è venuta in mente è stato il tunnel sotto la Manica e l’Eurostar trent’anni fa: un trionfo dell’ingegneria e un evento politico di prim’ordine, certo, ma il tipo di cosa che non avrebbe entusiasmato i cinesi, i giapponesi o i russi. Dopo di che, beh, che cosa esattamente? Se si hanno piccole aspettative, si ottengono piccoli risultati.

Sarebbe bello pensare di poter avere di nuovo grandi aspettative, ma per questo servono anche cose come l’istruzione, la formazione, la pianificazione, la visione, la competenza tecnica e altre cose che sono in gran parte scomparse dall’Occidente. Sono sempre più convinto che il secolo e mezzo che va dal 1820 al 1970 circa sia stato un’anomalia storica, in cui per un certo periodo sono sorte nei Paesi occidentali nuove forze economiche produttive che hanno messo in crisi le tradizionali forze estrattive. Ma non durò, e forse non avrebbe mai potuto durare. Almeno, qualche centinaio di anni fa si aveva la scusa che non si capiva bene cosa fosse la crescita economica. Il mercantilismo, dopo tutto, sosteneva che il volume della ricchezza nel mondo fosse costante e che gli Stati dovessero competere per accaparrarsene il più possibile. Oggi non abbiamo più questa scusa. Se siete tra coloro che si oppongono al concetto di “crescita economica” per motivi ecologici, pensatela come un miglioramento della vita. L’alfabetizzazione universale, case decenti in cui vivere e un migliore standard di salute non avevano un impatto ecologico negativo all’epoca, e non dovrebbero averlo oggi. Potremmo fare queste cose se chi ci governa lo volesse, o anche se lo volessero gruppi sufficientemente ampi di persone, ma la struttura dell’economia e della società lo rende difficile. È difficile raccogliere fondi per un metodo veramente economico e semplice di immagazzinamento dell’energia solare, per esempio. È molto più facile lavorare come consulente, consigliando alle persone se investire o meno in un fondo che finanzia tali progetti. È più facile prendere in prestito denaro per speculare sul successo e sul fallimento di tali fondi e vendere tranche di fondi ad altre persone. Finché non risolviamo questo problema, continueremo ad avere piccole aspettative.

https://aurelien2022.substack.com/p/the-rise-of-extractive-politics?utm_source=post-email-title&publication_id=841976&post_id=124640269&isFreemail=true&utm_medium=email

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LA CAOSIFICAZIONE DEGLI AMERICANI, di Pierluigi Fagan

In un doppio post recente sulla crisi della civiltà occidentale, ponevo come un sottosistema a sé le società anglosassoni, gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna ed altre tre minori. Riguardo gli USA, c’è da segnare come, finita la presidenza Trump, le notizie date qui su quel mondo sono semplicemente sparite. Sulla Gran Bretagna, talvolta, qualche europeista prova piacere a raccontare i significativi malesseri britannici addebitandoli alla Brexit, ma niente di più. Infine, col nuovo governo, siamo diventati “amici preferiti” tanto dell’uno che dell’altro. Nel caso americano ne va anche della coerenza di allineamento geopolitico con attualità nel conflitto ucraino, posizione super-partes nello schieramento politico italiano che per altro, secondo scarni sondaggi, non rifletterebbe per niente il sentimento maggioritario del Paese. Quindi sugli USA, dal punto di vista interno, non c’è niente da dire?

Nel 2022, una storica americana specializzata in conflitto civile (fondazione storica degli States), ha fatto clamore, sostenendo che in base alla letteratura di analisi storica generale, si potevano sintetizzare alcuni punti di crisi che potevano far prevedere l’imminente rischio di scoppio di una “stasis”. Secondo B.F. Walter, gli Stati Uniti sono oggi dei perfetti candidati a piombare nella guerra civile. È stata seguita da altri autori e molta eco mediatica, sia americana che britannica, hanno amplificato il tema ponendolo al centro del dibattito pubblico.

In un recente articolo di L. Caracciolo sulla Stampa, lo studioso usa questa espressione “Oggi l’America non si piace più. Come può affascinare gli altri?”. Buon annusatore dello spirito del tempo, Caracciolo si è convertito già dall’editoriale sull’ultimo numero di Limes ora in edicola, alla verità dell’epocale transizione dei poteri nel mondo, segnalando come gli Stati Uniti abbiano perso l’aurea e con essa il soft power.

Ribadisce George Friedman sulla stessa rivista, nel titolo della sua analisi “Gli Stati Uniti sono prossimi a un collasso interno”, sorbole! L’elenco di Friedman cita “rivendicazioni sociali al picco di intensità, questioni morali, religiose, culturali”, poi ci sono i fallimenti bancari, le revisioni strategiche verso la globalizzazione, il grande punto interrogativo cinese, ombre scure sui Big Five dell’on-line (che per altro licenziano a manetta) e le oscure sorti progressive dell’A.I., la Nasa che pare non sappia più come fare una tuta da astronauta, figuriamoci mandarlo sulla Luna; permangono attriti sui flussi migratori e sempre forti sulla convivenza razziale. C’è anche una profonda crisi interstatale/federale che arriva fino al ruolo del Congresso e della Corte Suprema. “Mai nella storia, vi è stato un tale livello di rabbia e disprezzo reciproco tra gli americani”, è la nota inquietante di Friedman. Se ne danno davvero di santa ragione su questo e su quello a livelli veramente pre-isterici, quando non si sparano e fanno e parlano di cose in modi davvero bizzarri (Dio, aborto, transessuali che risulterebbero solo lo 0,5% della popolazione, tradizionalismo e progressismo, pedofilia, complotti surreali et varia).

Questa agitazione, che più d’uno ha interesse a radicalizzare, trova il suo inferno su Internet ed i social. Quanto ai social, è il formato stesso dell’interazione anonima, con scritto privo di corredo facciale e comportamentale, costretto in spazi più da battuta che da discorso argomentato (woke! cristofascista!), la clausura nelle piccole comunità dei comuni pensanti che si eccitano a vicenda, a dar benzina a braci già ardenti. Radicalizzazione ci mette del tempo a costruirsi e non si smonta in tempi brevi, deposita rancori, astio, odio viscerale. Alla fine, non è più una questione di argomenti ma di irrigidimenti.

Sebbene sia una nazione di 330 milioni di persone (con, si stima, 400 mio di armi private, molte di livello militare) e pure con una composizione assai varia, tende a spaccarsi semplicemente in due ed il formato “noi contro loro”, alimenta il suo stesso radicalizzarsi semplificando. La semplificazione, del resto, è un tratto caratteristico della mentalità americana empirico-pragmatica ovvero sovrastimante il fare al posto -o priva- del pensare.

L’aspettativa di vita in America è in caduta libera da circa un decennio: è arrivata a 76,1 anni (da noi è da cinque a dieci anni di più). Grandi balzi in avanti tanto della mortalità infantile che di quella generale: diffusione armi ormai fuori controllo (in America oltre 200 persone al giorno vengono ferite da armi da fuoco, 120 vengono uccise. Di queste 120, 11 sono bambini e adolescenti), tasso di omicidi tra adolescenti +40% in due anni, overdosi ed abuso farmaci, incidenti auto. Nelle scuole, a molti bambini è imposto un corso di comportamento nel caso qualcuno entrasse in classe sparando con un mitra. E meno male che sono pro-life!

Al 10° posto per teorica ricchezza pro-capite in realtà gli USA sono 120° per uguaglianza di reddito (WB 2020), dopo l’Iran ma prima del Congo (RD). L’ascensore sociale è rotto da almeno trenta anni, ammesso prima funzionasse davvero. Americani poveri, in contee povere, in stati del Sud, muoiono fino a venti anni prima degli altri. Gli afroamericani cinque anni -in media- prima dei bianchi. Col solo 4,5% della popolazione mondiale hanno il 25% della popolazione carceraria, spaventoso il grafico di incremento negli ultimi trenta anni. La media europea è di 106 incarcerati su 100.000 abitanti, in US è 626, sei volte tanto che è primato mondiale. Fatte le debite proporzioni tra morti per overdose e popolazione totale, per ogni morto in Italia ce ne sono 50 in USA. Sebbene abbiano meno del 5% di popolazione mondiale spendono il 40% del totale mondo in spesa militare (a cui aggiungere le armi interne). Se ci si annoia coi libri di storia, basta guardare nell’immaginario la produzione cinematografico-televisiva per capire quanto attragga culturalmente la violenza, da quelle parti. La violenza è la cura dei contrasti sociali, atteggiamento pre-civile.

Avendo a norma sociale il libero perseguimento della felicità versione successo economico-sociale su base competitiva delle qualità individuali nel far soldi, non avendo idea di come il gioco sia truccato, mancando tradizione di pensiero e di analisi di tipo europeo (ad esempio per classi), questa massa di reietti, che spesso vivono in condizioni subumane, ovviamente arrabbiati quando non rintontiti da tv-alcol-farmaci-droghe, vengono reclutati dalle varie élite per sostenere o combattere ora questo, ora quel diritto civile. Il che alimenta questa tempesta di odio reciproco a livello di “valori”, che siano della ragione o della tradizione, ma mai economico-sociali.

I “bianchi” sono oggi il 58% ma nel 1940 erano l’83% ed ancora nel 1990 il 75%, il trend è chiaro. Già si sa che perderanno la maggioranza assoluta nel 2044, tra due decenni. Peggio per la quota WASP dentro il cluster “bianchi”, con età media più alta, in piena sindrome Fort Apache.

Un sondaggio 2022 dava a 40% tra i dem e 52% tra i rep, favorevoli a separare stati rossi e blu in una sorta di secessione ideologica e atti politico-giudici locali, nonché la pratica tradizionale del -gerrymandering-, una sorta di sartoria dei collegi elettorali per predeterminare la vittoria di certi candidati nelle forme della rappresentanza che non è mai proporzionale, sembra esser andata in questa direzione negli ultimi anni. Alcuni rep, da un po’, propagandano l’idea di alzare l’età del voto per evitare che i più giovani portino voti ai dem. Questa idea di divorzio territorial-ideologico è inedita e dà il senso della profondità della frattura sociale. Lo screditamento reciproco dei rappresentanti locali e federali dei due partiti è all’apice.

Del resto, il crollo di fiducia è molto ampio: chiesa, polizia, giornalisti, intellettuali, accademia e scuola stessa ed ovviamente i politici che spesso in realtà sono cercatori di posizione sociale disposti a tutto. La guerriglia condotta sulla legittimità dei voti, potrebbe adombrare una ipotesi ventilata sul “voto contingente” dove in mancanza di un chiaro pronunciamento (ovvero contestato), ad ogni stato viene attribuito un voto, essendo la maggioranza degli stati (che hanno però minor popolazione) repubblicani, ecco qui realizzata l’intenzione che sempre più spesso esce da certe bocche “Noi siamo una Repubblica, non una democrazia”, il che -per altro- è una limpida verità.

È del resto certificato da studi di Princeton e Northwest sui contenuti delle leggi deliberate dal Congresso, già di dieci anni fa, che gli Stati Uniti sono una oligarchia e non una democrazia. È questa oligarchia che ha interesse ad incendiare il sottostante, lì dove il popolo si scanna per questioni di diritti civili, razza, prevalenza sessuale e non per diritti sociali, qualità della vita, ridistribuzione dei redditi e potere connesso.

Ci sono presupposti per verificare questa profezia di una ipotetica guerra civile, profezia che dato il grande rilievo media dato in America rischia di diventare del tipo “… che si auto-avvera”? Ci sono parecchie ragioni per dubitarne, sempre che s’immagini barricate e vasti disordini per strada accompagnati da terrorismo interno. Tuttavia, per quanto l’analisi dovrebbe esser più profonda di quanto permetta un post, questa analisi specifica sulla crisi interna la società americana certifica che è il cuore della civiltà occidentale ad esser in crisi profonda.

Per questo agli europei si consiglierebbe di allentare i legami trans-atlantici, gli americani sono destinati ad una continuata contrazione di potenza mondiale mentre all’interno danno sempre più di matto su tutto tranne che sul continuo aumento delle diseguaglianze, malattia mortale per ogni società.

Parecchia della fenomenologia perversa qui brevemente descritta, ha già contagiato le nostre società. Dal globalismo-neoliberale alla lagna unidimensionale sui diritti civili e non sociali che eccita l risposta tradizionalista, l’intero immaginario che percola dalle serie tv e dal cinema, l’intero Internet e la logica dei social, ora dell’A.I. che discende da un preciso milieu psico-culturale comportamentista (cioè finalizzato al controllo del comportamento e della cognizione, altro che “intelligenza”), la ripresa europea ed italiana nelle produzione e commercio di armi, la distruzione democratica già programmata dai primi anni ’70, la demagogia, l’ignoranza aggressiva, il drastico scadimento qualitativo delle élite, la scomparsa della funzione intellettuale, il semplicismo, l’infantile entusiasmo tecnologico, una irrazionale fede sul ruolo della tecnica, le epidemie di solitudine sociale e depressione, la farmaco-dipendenza, la plastificazione corporea e la manipolazione neurale. La crisi del centro anglosassone del sistema occidentale irradia da tempo tutta l’area di civiltà, anche dove l’antropologia culturale, sociale e storica, sarebbe ben diversa.

Si consiglierebbe di cominciare a programmare un divorzio, una biforcazione dei destini, una rifondazione dell’essere occidentali che chiuda la parentesi anglosassone. Viaggiare i tempi complessi con questa gente alla guida potrebbe esser molto pericoloso.

https://pierluigifagan.wordpress.com/2023/05/28/la-caosificazione-degli-americani/

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Il corteggiamento tra Marocco e Regno Unito, di BAUDOUIN DE PETIVILLE

Fratellanza europea. Giuseppe Germinario

Il corteggiamento tra Marocco e Regno Unito
par BAUDOUIN DE PETIVILLE

Negli ultimi mesi, Londra e Rabat hanno confermato la loro vicinanza diplomatica. Questo è il risultato del riavvicinamento tra i due Paesi avvenuto negli ultimi anni. Sebbene la relazione con il regno di Cherifa non sia nuova, sembra essersi rafforzata in proporzione al raffreddamento delle relazioni franco-marocchine.
Lo scorso gennaio, in occasione della quarta sessione del dialogo strategico Marocco-Regno Unito a Rabat, il Regno Unito ha espresso il proprio sostegno alle importanti riforme in atto in Marocco. In un comunicato stampa del 9 maggio, Rabat ha confermato le sue buone relazioni con Londra. Il Regno di Cherifa è lieto di essere considerato dai britannici come “un partner regionale e internazionale credibile e ascoltato, che svolge un ruolo essenziale ed è un relè chiave per la stabilità “1 .

Le prime relazioni ufficiali risalgono al XIII secolo, quando Giovanni d’Inghilterra inviò un’ambasciata al sultano al-Maha Muhammad al-Nassir. Scomunicato e minacciato di invasione da parte della Francia, il re Giovanni chiese al sultano un sostegno militare, e il sultano si spinse fino a offrire la conversione all’Islam2. Qualche secolo dopo, nel 1600, il Marocco chiese un’alleanza contro la Spagna. La regina Elisabetta rifiutò, ma stabilì le prime relazioni commerciali tra i due regni. Le relazioni subirono una nuova svolta quando Caterina di Braganza sposò il re Carlo II nel 1661, ponendo temporaneamente Tangeri sotto la sovranità britannica. Successivamente, il 23 gennaio 1721, fu firmato a Fez il primo trattato commerciale tra i due Paesi.

Londra l’africana
Dal 2019, i legami tra il regno di Mohammed VI e Carlo III sono stati rafforzati attraverso la firma di un accordo di associazione3. Firmato cinque giorni prima dell’effettiva attuazione della Brexit ed entrato in vigore nel gennaio 2021, questo nuovo accordo è di importanza strategica per il Regno Unito. Come spiega Hamza Mjahed, ricercatore in relazioni internazionali presso il Policy Center for the New South (PCNS), in Jeune Afrique, l’espansione dei partenariati commerciali è diventata un imperativo strategico e il Marocco ne è al centro4. Il regno di Cherifa è la porta d’accesso all’ovest del continente africano: ha importanti legami commerciali con tutti i Paesi della regione. Un’alleanza con il Marocco facilita quindi la presenza nel corridoio interregionale. Un sostegno importante per il Regno Unito, che ha anche membri del Commonwealth nella regione come il Ghana e la Nigeria. Londra non si limita però a questi Paesi e sta cercando di stringere legami più stretti con la Costa d’Avorio e il Senegal, due partner di lunga data della Francia nella regione.

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Interessi convergenti
Il Marocco, da parte sua, vede nei nuovi scambi commerciali con i Paesi extra UE un’opportunità. L’accordo del 2019 si concentra sull’ottimizzazione della dimensione economica. A due anni di distanza, i risultati sono convincenti: gli scambi bilaterali sono aumentati del 50% e ora ammontano a 3,1 miliardi di euro5. Inoltre, gli scambi commerciali sono passati da 1,4 miliardi di euro nel 2019 a 2 miliardi di euro nel 2022 e le esportazioni marocchine sono quasi triplicate dall’entrata in vigore dell’accordo. La dimensione economica di questo partenariato è rafforzata dalla convinzione che le due economie siano complementari. Il Marocco si considera inoltre “una base industriale britannica competitiva per gli investimenti, la produzione e l’esportazione verso i mercati potenziali, dati i suoi punti di forza socio-economici e la sua rete di accordi di libero scambio”. Le autorità marocchine hanno anche l’ambizione di fare del Regno Unito uno dei loro 5 principali partner, un obiettivo già ben avviato.

La cooperazione tra i due Paesi nel campo delle energie rinnovabili è un buon esempio di questa complementarietà. L’accordo del 2019 prevede lo sviluppo di progetti in questo settore, tra cui la realizzazione di un progetto di interconnessione marittima. Il progetto Xlinks, recentemente citato nella tabella di marcia del governo britannico “Powering Up Britain: Energy Security Plan”, prevede un investimento di 22 miliardi di dollari per la posa del cavo marittimo più lungo del mondo che collegherà il Marocco al Regno Unito6. Nell’ambito di questo progetto, nella regione di Guelmim-Oued Noun verranno installati un parco solare e un parco eolico con una capacità totale di 10 GW. L’elettricità generata sarà poi trasmessa attraverso quattro cavi sottomarini al largo delle coste di Portogallo, Spagna e Francia.

Il disincanto francese
Come ha spiegato Mohamed El Mansour, professore di storia all’Università Mohammed-V di Rabat, in un’intervista a Jeune Afrique: “Il Marocco ha sempre cercato di trarre vantaggio dalle rivalità tra il Regno Unito e le potenze europee continentali. Da quando gli inglesi si sono stabiliti a Gibilterra nel 1704, il regno ha regolarmente giocato la carta britannica contro la Spagna”. 7″. Questa tradizione diplomatica è in linea con quella della Gran Bretagna che, come abbiamo visto, si è storicamente rivolta al Marocco per cercare di avere la meglio sulla Francia.

Il comunicato marocchino, che assomiglia a una dichiarazione congiunta, è stato pubblicato lo scorso maggio in un contesto di raffreddamento delle relazioni franco-marocchine.

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Marocco: tra mare e deserto

Dall’inizio di marzo, le relazioni tra Francia e Marocco sono state definite da Rabat “né buone né amichevoli”. Poche settimane prima, a febbraio, il re Mohammed VI ha richiamato il suo ambasciatore8 . Ad oggi, non è stato nominato alcun successore. Le fonti di tensione sono molteplici, la principale delle quali è lo spostamento strategico della Francia a favore dell’Algeria, a scapito del Marocco9. Le relazioni tra Rabat e Algeri, infatti, sono state storicamente segnate dalla rivalità, per non dire dall’aperto conflitto, su questioni territoriali: in particolare sulla questione dell’indipendenza delle province sahariane di Seguia El-Hamra e Oued Ed-Dahab.

I numerosi gesti di Emmanuel Macron verso Algeri negli ultimi mesi sono andati oltre le aspettative di Rabat. Allo stesso tempo, una serie di questioni ha contribuito a peggiorare la situazione. Il Marocco non ha apprezzato gli attacchi mediatici di cui è stato oggetto nel contesto della vicenda del “Qatarargate”: un caso di corruzione al Parlamento europeo venuto alla luce nel dicembre 2022. Inoltre, il regno è stato citato nella vicenda Pegasus10 , con l’accusa di aver effettuato intercettazioni telefoniche sul cellulare di Emmanuel Macron, che le autorità marocchine negano. Infine, a gennaio, il partito europeo Renew – di cui fanno parte i membri di Renaissance, il partito di maggioranza presidenziale francese – ha approvato una risoluzione al Parlamento europeo in cui si chiede alle autorità marocchine di “rispettare la libertà di espressione e la libertà dei media” e di porre fine alle “molestie contro tutti i giornalisti”. Gli stessi eurodeputati francesi hanno agito pochi mesi dopo per ritirare la stessa risoluzione rivolta all’Algeria. Una presa di posizione che non è passata inosservata a Rabat.

Mentre la Francia critica il Marocco per la sua mancanza di cooperazione nella gestione delle questioni migratorie e nella lotta al traffico di droga, la sua attuale politica sembra spingere Rabat al limite. Sebbene il Marocco sia il principale investitore africano in Francia – e viceversa – e un solido partner in Africa occidentale, il governo di Emmanuel Macron rischia di mettere a repentaglio questa relazione per molti anni a venire. È un’opportunità che il Regno Unito, un concorrente strategico della Francia molto attivo sul fronte diplomatico, non ha intenzione di lasciarsi sfuggire.

1 Agence Marocaine de Presse, Le Royaume-Uni marque son soutien aux grandes réformes menées sous la conduite de SM le Roi Mohammed VI, 09 mai 2023

2 “An Embassy from King John to the Emperor of Morocco” E. Denison Ross

3 https://www.jeuneafrique.com/mag/854186/politique/maroc-londres-et-rabat-signent-un-accord-post-brexit-incluant-le-sahara/ 

4https://www.jeuneafrique.com/1257398/politique/maroc-les-promesses-de-londres/

5 https://leseco.ma/maroc/maroc-royaume-uni-les-echanges-commerciaux-en-hausse-de-50.html

6 https://xlinks.co/powering-up-britain-policy/ 

7 https://www.jeuneafrique.com/1257398/politique/maroc-les-promesses-de-londres/ 

8 https://www.arabnews.fr/node/354966/zaid-m-belbagi 

9 https://www.valeursactuelles.com/monde/tribune-a-trop-vouloir-courtiser-alger-la-france-agace-rabat 

10 https://www.nouvelobs.com/politique/20210720.OBS46756/cible-par-le-logiciel-espion-pegasus-de-rugy-demande-des-explications-au-maroc.html 

https://www.revueconflits.com/parade-nuptiale-entre-le-maroc-et-le-royaume-uni/

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Russia, Ucraina_37a puntata La vita continua Con Max Bonelli, Flavio Basari, Roberta e Dmitry

Una realtà che annaspa in Ucraina, una società che reagisce ad una situazione critica in Russia. Due mondi sempre più lontani che in qualche modo dovranno riavvicinarsi per tornare ad una convivenza accettabile. La condizione è che una parte smetta di prestare orecchio e fiducia alle sirene d’oltreoceano e scelgano di proporsi come un ponte tra due mondi diversi, ma non incompatibili. Sarà dura. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v2qryd0-russia-ucraina-37a-puntata-la-vita-continua-con-max-bonelli-flavio-basari-g.html

 

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Ultime notizie – Il tono dell’Occidente cambia drasticamente

Ultime notizie – Il tono dell’Occidente cambia drasticamente

Di recente c’è stata un’enorme quantità di articoli che fanno riflettere e che non sono riuscito a inserire in altri post e che si sono accumulati nella barra delle mie schede. Ho quindi pensato di raccogliere tutti questi articoli in un unico post dedicato a raccogliere gli ultimi segnali delle élite occidentali sul loro pensiero in merito all’evoluzione del conflitto.

E certamente, a giudicare da questi ultimi numeri, il tono e il sentimento stanno cambiando drasticamente. È difficile trovare un solo pezzo ancora ottimista per la parte ucraina, a parte i disonesti che continuano a iper-focalizzarsi su minuzie minuscole, come un irrilevante attacco di un drone ucraino a un edificio russo a Krasnodar, che potrebbe aver danneggiato l’angolo della grondaia del tetto.

Cominciamo quindi a vedere cosa hanno da dire i cognoscitori e i letterati occidentali, della NATO, filo-imperiali, sulla deriva della guerra:

Il primo titolo del menu è il titolo del 1945, che fa saltare le budella e svuota l’ego:

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)

 

Questo articolo è stato scritto da Daniel L. Davis, “Senior Fellow per Defense Priorities ed ex tenente colonnello dell’esercito americano che ha partecipato a quattro missioni di combattimento”.

Include perle come la seguente:

W

In cui si lamenta che l’Ucraina ha perso molte più vittime a causa della superiorità dell’artiglieria russa (10:1).

L’articolo sottolinea con sagacia che gran parte del tifo occidentale continua a basarsi su percezioni obsolete di quello che oggi è un conflitto molto cambiato:

Fin quasi dai primi giorni della guerra russo-ucraina, un tema ricorrente tra gli analisti occidentali è stato che le forze armate russe hanno avuto prestazioni nettamente inferiori alle aspettative, mentre le forze armate ucraine hanno costantemente superato le aspettative.

Pochi sembrano aver notato, tuttavia, che il pendolo sul campo di battaglia si è spostato.

L’autore esorta Washington ad aggiornare la propria analisi per non essere colta di sorpresa (troppo tardi?):

I responsabili politici di Washington devono aggiornare la loro comprensione dell’attuale traiettoria della guerra per garantire che gli Stati Uniti non vengano colti di sorpresa dagli eventi sul campo di battaglia – e che i nostri interessi non ne risentano.

Per una delle prime volte in Occidente, l’articolo attribuisce alla Russia la decisione tatticamente valida e strategicamente razionale di dislocare le sue forze l’anno scorso, un’azione all’epoca molto criticata e ridicolizzata. Ora si lamenta che questo saggio accorciamento delle linee ha di fatto portato a una posizione russa molto più forte.

L’articolo continua la tendenza della scarsa analisi occidentale sostenendo che la Russia è stata “presa con i pantaloni abbassati” nell’offensiva di Kharkov. Non è così: quelle forze erano da tempo sovraccariche e non erano altro che un residuo di una strategia già scontata che non prevedeva di occupare quella parte del Paese con una forza relativamente piccola. L’unica ragione per cui la Russia non le aveva ritirate prima era perché, se il tuo avversario non ti dà alcuna ragione per farlo, allora perché ritirarsi? Anche se si è sovraccarichi, è logico arroccarsi sul territorio fino a quando il nemico lo permette, e a patto che ci si preoccupi di evitare che i fianchi vengano invasi da bruschi assalti di accerchiamento.

E mentre ci sono stati molti errori a livello tattico durante la ritirata, dal punto di vista operativo non c’è stata una grande sconfitta o una distruzione di massa delle forze russe. Sembra quindi che la Russia sia riuscita ad attenersi alle prescrizioni di cui sopra.

Un’altra delle tante ammissioni dell’articolo:

Molti opinionisti occidentali hanno concluso che le truppe e i leader russi erano profondamente imperfetti e incapaci di migliorare, ritenendo che la Russia sarebbe rimasta incapace tatticamente per tutta la durata della guerra.

Ciò che molti di questi analisti non hanno riconosciuto, tuttavia, è che la Russia ha una capacità di fare la guerra di gran lunga superiore, sia in termini di materiale che di personale, e quindi ha la capacità di assorbire enormi perdite e rimanere comunque vitale. Inoltre, la storia russa è ricca di esempi di guerre iniziate male, che hanno subito ingenti perdite e che poi si sono riprese per ribaltare la situazione. L’Ucraina, d’altra parte, dispone di un numero significativamente inferiore di risorse o truppe e quindi ha meno margine di errore.

E un’altra cosa:

In questi 15 mesi di guerra, l’Ucraina ha combattuto e perso quattro grandi battaglie urbane contro la Russia, subendo in ciascuna di esse un livello di perdite progressivamente peggiore: Severodonetsk, Lysychansk, Soledar e più recentemente Bakhmut.

Quando la Russia ha dovuto affrontare battaglie cittadine – Kyiv, Kharkiv City e Kherson City – ha scelto di abbandonare ognuna di esse, stabilendo altrove posizioni difensive più difendibili. L’Ucraina, invece, ha scelto di combattere per le sue città principali. I risultati sono eloquenti.

Sì, i risultati sono davvero eloquenti. L’Ucraina ha un numero di vittime diverse volte superiore a quello della Russia, con probabilmente più di 100.000 morti.

Ammettono persino che la decisione muliebre di gettare un’infinità di carne da cannone nella difesa delle città potrebbe avere gravi conseguenze per il resto della guerra:

L’Ucraina, invece, ha scelto di contestare le città principali e ha perso un numero impressionante di truppe – ma alla fine ha perso anche la città stessa. La decisione dello Stato Maggiore ucraino di difendere Bakhmut fino alla fine potrebbe avere gravi implicazioni per il resto della guerra.

Si tratta di ammissioni sorprendentemente franche da parte di un Occidente che in passato ha sempre boccheggiato. Ma tenetevi forte, perché la linea del Bakhmut cannonfodder tornerà in auge poco dopo.

L’articolo termina con una serie di fosche previsioni. La prima è che la Russia si sta solo rafforzando, mentre l’Ucraina si indebolisce:

In parole povere, l’Ucraina non ha il personale o la capacità industriale per rimpiazzare gli uomini e le attrezzature perse rispetto ai russi. Inoltre, la Russia ha imparato dai suoi numerosi errori tattici e le prove suggeriscono che sta migliorando dal punto di vista tattico, espandendo contemporaneamente la sua capacità industriale. Ancora più importante della scarsità di munizioni ed equipaggiamento per l’Ucraina, tuttavia, è il numero di personale addestrato ed esperto che ha perso. Molte di queste truppe e leader qualificati non possono essere sostituiti nel giro di pochi mesi.

E il colpo di grazia finale:

Ritengo che al momento non vi sia alcuna possibilità per l’Ucraina di ottenere una vittoria militare. Continuare a combattere con questa speranza potrebbe perversamente far perdere loro ancora più territorio.

La tendenza della guerra si sta spostando verso Mosca, indipendentemente da quanto ciò possa far arrabbiare molti in Occidente. È la realtà osservabile. Ciò che Washington deve fare è evitare la tentazione di “raddoppiare” il sostegno a una proposta perdente e fare tutto il necessario per portare questo conflitto a una rapida conclusione, preservando al massimo la nostra sicurezza futura. Ignorare queste realtà potrebbe esporre l’Ucraina a perdite ancora maggiori e mettere la nostra stessa sicurezza a un rischio futuro inaccettabile.

Ebbene, Egad! Non solo ritiene che non ci sia alcuna speranza di vittoria, ma che continuare a combattere non farà altro che far perdere all’Ucraina ancora più territorio! Dica che non è così, Capo! Finalmente un osservatore militare americano ragionevole. Dopo aver attraversato un campo minato di sempliciotti come Kofman e Lee, pensavo che non ce ne fossero più.

Il colonnello Davis ci lascia una fredda doccia di realtà. I funamboli del circo della tangenziale ne terranno conto?

Passiamo al prossimo:

L’articolo che ha rubato la scena e di cui molti hanno parlato è il nuovo pezzo del New Yorker:

Lo scrittore ha trascorso due settimane in prima linea con l’AFU e racconta alcuni orrori. Per prima cosa, si libera della premessa obbligatoria secondo cui i soldati Wagner erano “zombie” che non avrebbero smesso di arrivare indipendentemente dal numero di uccisioni: queste bugie sono solo una scusa per attutire il dolore dell’imminente battuta finale della storia. Ed è un pugno di ferro:

Nel giro di poche settimane, il battaglione [ucraino] si trovò di fronte all’annientamento: interi plotoni erano stati spazzati via in scontri a fuoco ravvicinati, e circa settanta uomini erano stati accerchiati e massacrati. I sopravvissuti, in diminuzione, mi disse un ufficiale, “erano diventati inutili perché erano così stanchi”. A gennaio, ciò che restava del battaglione si ritirò dal villaggio e stabilì posizioni difensive tra gli alberi e i terreni agricoli aperti un miglio a ovest. “Wagner ci ha preso a calci nel sedere”, ha detto l’ufficiale.

Qualche zombie, eh?

Beh, in qualche modo devono farcela.

Quando lo scrittore si unì al battaglione, il comandante stimò che l’80% degli uomini erano nuovi arruolati, a causa delle massicce perdite subite:

Pavlo stimò che, a causa delle perdite subite dalla sua unità, l’ottanta per cento dei suoi uomini erano nuovi arruolati. “Sono civili senza esperienza”, ha detto. “Se me ne danno dieci, sono fortunato se tre di loro sanno combattere”.

Un soldato ucraino ha detto che quasi tutti i suoi conoscenti sono già stati uccisi:

Ha perso quasi tutti i suoi amici più cari a Kherson. Tirando fuori il telefono, ha sfogliato una serie di fotografie: “Uccisi … uccisi … uccisi … uccisi … uccisi … feriti. . . . Ora devo abituarmi a persone diverse. È come ricominciare da capo”.

L’autore continua confermando un adagio che tutti conosciamo, ovvero che la maggior parte delle truppe ucraine meglio addestrate e più coraggiose sono già state uccise:

Poiché l’alto tasso di logoramento aveva colpito in modo sproporzionato i soldati più coraggiosi e aggressivi – un fenomeno che un ufficiale ha definito “selezione naturale inversa” – i fanti stagionati come Odesa e Bison erano estremamente preziosi ed estremamente affaticati.

Un’altra ammissione è avvenuta quando il reporter è rimasto scioccato nel vedere le truppe con cui era incorporato usare una mitragliatrice Maxim inventata nel 1884. Si chiede dove siano finiti tutti i soldi e conferma che la maggior parte dell’equipaggiamento ucraino è già stato distrutto in battaglia:

Nel corso dell’ultimo anno, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina più di trentacinque miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza. Perché, vista la generosità americana, la 28a Brigata ha fatto ricorso a un simile pezzo da museo? Molte attrezzature sono state danneggiate o distrutte sul campo di battaglia.

Un altro fatto che ha aperto gli occhi è stato che il suo battaglione aveva sparato 300 proiettili al giorno ai tempi di Kherson, e ora era ridotto a soli 5, mentre si diceva che i russi nelle loro vicinanze avessero una media “dieci volte superiore”.

Il giornalista fa poi un’ammissione piuttosto sorprendente:

In altre parti dell’Ucraina, la gente quasi sempre salutava o batteva i pugni contro i veicoli diretti al fronte. Qui, la maggior parte dei civili distoglieva lo sguardo. Secondo Volynyaka, “quasi tutti” coloro che non erano già fuggiti dalla città [Konstantinovka] erano filorussi. Un commesso del negozio di alimentari locale gli aveva detto: “Non vi vogliamo qui”. Gli ho chiesto se l’ostilità avesse intaccato la sua motivazione a continuare a combattere. Ha scosso la testa. “So che è la mia terra, perché dovrei preoccuparmi di quello che pensano?”.

E un altro:

A differenza dei soldati statunitensi in ogni conflitto americano dalla Seconda guerra mondiale in poi, i soldati ucraini non vengono generalmente ingaggiati per periodi di servizio fissi o dispiegati in tournée con limiti definiti. Vengono assunti per tutto il tempo in cui c’è bisogno di loro. Un ufficiale mi ha detto: “Si torna a casa con la vittoria, senza un arto o morti”. Una quarta opzione era la diserzione. “A volte tornano, a volte no”, ha detto l’ufficiale.

Al giornalista viene anche detto dai comandanti quanto poco addestramento ricevono i soldati di leva. Uno dei ragazzi del battaglione accanto a lui è stato “tolto dalla strada” dai commissari a Odessa, come abbiamo visto in innumerevoli video, e solo due giorni dopo, con un addestramento quasi nullo, era già con il battaglione in prima linea. Descrive inoltre la situazione come piuttosto fluida – a quanto pare, molti soldati si assentano per lunghi periodi di tempo, alcuni dei quali ritornano, sostenendo di aver “bisogno di una pausa”. È uno stile di condotta militare che probabilmente risulta del tutto estraneo a molti di noi.

Nel complesso, l’articolo dipinge un quadro macabro della vita di trincea ucraina; un sergente ha raccontato che “tutti si ammalano” e che, a quanto pare, è comune ammalarsi di tubercolosi. Altri contraggono “batteri famelici”, tra cui un soldato che ha avuto piaghe aperte per mesi ed è stato “mangiato vivo” dalle pulci. E sebbene l’autore si dilunghi in questo accorato resoconto alla ricerca di un pensiero che possa sublimare l’orrore di cui è stato testimone in un messaggio di speranza o di eroismo o di… significato, di qualsiasi tipo, per i poveri ucraini che egli cerca disperatamente di sollevare, egli termina invece con una nota nichilista, tracciando il parallelo di un cimitero disseminato di innumerevoli bandiere ucraine; anche sotto costrizione, non è riuscito a trovare nulla di ottimistico per risollevare gli spiriti dell’AFU.

E se pensavate che questo fosse squallido e deprimente, aspettate di sentire il prossimo:

https://archive.is/zPFVT

Il Wallstreet Journal ha pubblicato un’altra notizia:

Il documento riporta il resoconto di un gruppo di reclute che non hanno ricevuto alcun tipo di addestramento e che sono state semplicemente infilate come carne nel tritacarne di Bakhmut:

Le truppe russe stavano assaltando uno dei condomini che il suo gruppo di 16 reclute, molte delle quali erano state arruolate giorni prima e non avevano ricevuto alcun addestramento, era stato incaricato di difendere.

Nelle 36 ore trascorse in un brutale combattimento casa per casa nella città dell’Ucraina orientale, 11 dei 16 uomini del gruppo di leva di Malkovskiy sono stati uccisi o catturati, secondo i soldati sopravvissuti e i parenti dei dispersi.

L’articolo conferma che l’Ucraina ha imbottito le linee con reclute non addestrate per tenere Bakhmut il più a lungo possibile e per preservare le riserve fresche, addestrate dall’Occidente, che erano state messe da parte per la “grande” offensiva futura:

Nel tentativo di preservare le brigate addestrate ed equipaggiate dall’Occidente per un’offensiva ampiamente prevista, e con molti dei suoi soldati professionisti morti, Kiev inviò soldati mobilitati e unità di difesa territoriale, a volte con addestramento ed equipaggiamento frammentari.

Il documento descrive una serie di eventi sorprendenti: gli uomini vengono “arruolati” a Kharkov e inviati a Konstantinovka, alla periferia di Bakhmut, appena due giorni dopo. Quasi subito dopo il loro arrivo, a febbraio, un altro comandante chiese che venissero mandati in avanti per bloccare le linee fatiscenti al centro di Bakhmut, proprio mentre le forze Wagner stavano sfondando il fiume che divide la città.

Alcuni uomini minacciarono di scrivere un rifiuto ufficiale di eseguire l’ordine, adducendo la mancanza di addestramento. Vladyslav Yudin, un ex detenuto della città orientale di Luhansk, ha raccontato di aver detto al sergente maggiore di non aver mai impugnato un’arma, tanto meno di aver sparato, e di essere spaventato. “Bakhmut ti insegnerà”, gli ha risposto l’uomo.

Appena arrivati nelle nuove posizioni, uno dei soldati descrive di essere stato immediatamente colpito da RPG e granate, mentre il suo comandante e un altro compagno di squadra venivano uccisi davanti ai suoi occhi. Il soldato finì per essere catturato e i russi furono clementi, consegnandolo per lo scambio, perché videro sulla sua scheda militare che aveva prestato servizio per un totale di sole ventiquattro ore.

L’articolo successivo, o meglio la serie di articoli che riportano la stessa notizia, evidenzia come la Russia EW stia eliminando ben 10.000 droni ucraini al mese:

Business Insider conferma:

https://www.businessinsider.com/ukraine-losing-10000-drones-month-russia-electronic-warfare-rusi-report-2023-5

Alla luce di ciò, naturalmente, non bisogna dimenticare i rapporti precedenti che ci avevano già dato un’idea di quanto sia brutale l’EW russo per l’AFU:

Business Insider riporta che si tratta di 300 droni persi al giorno, una cifra sbalorditiva e difficile da comprendere. Ci danno un’idea approssimativa di quanto siano raggruppati i sistemi russi sul fronte:

Il rapporto RUSI afferma che lungo le circa 750 miglia della linea del fronte del conflitto, la Russia ha mantenuto un importante sistema di guerra elettronica circa ogni 6 miglia. Questi sono arretrati di circa 4 miglia dal fronte e si concentrano principalmente sulla neutralizzazione dei droni, secondo il rapporto.

I sofisticati sistemi russi, come la stazione di disturbo Shipovnik-Aero, sono difficili da individuare e possono imitare altri segnali.

E affermano che, alla luce di ciò, i piccoli droni DJI stanno “perdendo rapidamente la loro efficacia”.

Con l’immancabile frecciatina all’esercito russo per “preparare” la demoralizzante ammissione di prima, la fonte continua a ribadire che la Russia sta diventando sempre più forte con il passare del tempo:

“Il risultato è una struttura che diventa migliore nel tempo nel gestire i problemi che deve affrontare immediatamente, ma che fatica anche ad anticipare le nuove minacce”, si legge nel rapporto.

La prossima serie di articoli mostra come l’Occidente stia iniziando ad ammettere silenziosamente che le tattiche russe non solo stanno migliorando, ma stanno iniziando a cambiare il gioco in Ucraina. Il primo è di Bloomberg:

ACome di consueto, cercano di mascherare le loro ammissioni con menzogne a lungo smentite sulle tattiche dell'”onda umana” e sui vecchi carri armati. L’articolo inizia così:

Russia’s military has changed the way it fights 15 months into its disastrous invasion of Ukraine and poses a significant threat as Kyiv prepares a major counteroffensive, a study released Friday said.

Widespread perceptions of Russian army weakness are in some cases either out of date or misconceived according to the 30-page report by the UK’s Royal United Services Institute.

L’esercito russo ha cambiato il modo di combattere a 15 mesi dalla sua disastrosa invasione dell’Ucraina e rappresenta una minaccia significativa mentre Kiev prepara un’importante controffensiva, secondo uno studio pubblicato venerdì.

Secondo il rapporto di 30 pagine del Royal United Services Institute del Regno Unito, le percezioni diffuse sulla debolezza dell’esercito russo sono in alcuni casi obsolete o mal concepite.

Beh, non è una confessione?

I ricercatori affermano che il loro studio è stato condotto intervistando dieci diverse brigate ucraine che hanno combattuto contro la Russia negli ultimi mesi. Concludono che la Russia è ben lontana dalla “forza spesa” che viene dipinta come tale:

Secondo Nick Reynolds, uno dei due autori del rapporto, le forze armate russe sono ben lungi dall’essere una forza esaurita come spesso viene descritta.

“Sui social media si fanno molte illazioni sulla mancanza di capacità della Russia, ma i social media sono pieni di propaganda da entrambe le parti e a questo punto abbiamo pensato che fosse necessaria una valutazione più sobria”, ha detto Reynolds, aggiungendo che le aspettative per l’Ucraina sono state fissate “molto, molto in alto”.

Inoltre, conferma qualcosa che di recente è stato comunicato al pubblico con sempre maggiore regolarità: la Russia ha completamente annullato molti dei precedenti sistemi “wunderwaffe” dell’Ucraina:

Secondo il rapporto, la Russia ha ampiamente rimediato ai primi fallimenti nella difesa aerea sul campo di battaglia, collegando correttamente i sistemi missilistici e i loro sensori lungo il fronte dell’invasione di 1.200 chilometri (750 miglia).

Di conseguenza, le forze russe sono state in grado di spegnere in gran parte la minaccia dei missili HARM a ricerca radar dell’Ucraina, di intercettare i razzi e di abbattere un jet da combattimento ucraino a bassa quota da 150 chilometri.

L’articolo conferma ancora una volta che le forze elettroniche russe sono in grado di “decifrare i sistemi di comunicazione Motorola criptati dell’Ucraina in tempo reale e di abbattere 10.000 droni al mese”.

L’articolo menziona come la Russia abbia persino reso i propri carri armati meno vulnerabili ai sistemi anticarro ucraini. Questo è un fatto che è stato confermato di recente, in quanto la Russia ha introdotto una serie di sistemi che attenuano le emissioni di calore/IR dei carri armati, rendendoli difficili da agganciare per i Javelin e altri sistemi simili che si basano su forti firme IR.

Il rapporto conferma inoltre che i T-55 e i T-64 russi “derisi in Occidente” rappresentano in realtà una seria minaccia per il campo di battaglia, perché – sorpresa – non sono utilizzati nei ruoli tradizionali di carri armati, ma in quelli di supporto al fuoco e all’artiglieria, proprio come abbiamo detto letteralmente fin dall’inizio mentre l’Occidente derideva e rideva:

La Russia è stata ampiamente ridicolizzata in Occidente per l’impiego dei vecchi carri armati T-55 e T-62, eppure essi rappresentano “una seria minaccia sul campo di battaglia”, si legge nel rapporto. Questo perché non vengono utilizzati come carri armati, ma in un ruolo di supporto al fuoco come veicoli da combattimento per la fanteria, dotati di una corazza più pesante e di armi più grandi.

Questo dato è in linea con un rapporto separato pubblicato di recente che approfondisce ulteriormente la questione rispetto all’articolo sopra citato e che conferma ulteriormente questi risultati:

Il pezzo di Bloomberg riprende per lo più questo rapporto del Rusi Institute, che approfondisce gli aspetti militari e tattici dei cosiddetti “cambiamenti” ed evoluzioni che la Russia sta subendo: https://rusi.org/explore-our-research/publications/special-resources/meatgrinder-russian-tactics-second-year-its-invasion-ukraine

Uno degli aspetti più interessanti del rapporto è la specifica ammissione che anche il famoso “Complesso d’attacco di ricognizione” della Russia ha subito importanti miglioramenti. Si afferma che c’è stato uno snellimento dei cicli OODA e dei tempi di “chiamata per premere il grilletto”, creando una più stretta integrazione tra gli UAV di osservazione russi e i comandanti direttamente supportati che sono “autorizzati ad applicare il fuoco”.

Continuano dicendo che l’artiglieria russa è migliorata notevolmente anche nelle sue tattiche, comprese tattiche più efficaci di “scoot-and-shoot”, indicando specificamente il sistema Strelets, di cui ho scritto qui, come una componente importante di questo miglioramento.

Inoltre, confermano qualcosa che avevo già previsto e di cui avevo scritto tempo fa nello stesso articolo:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?

All Seeing Eye: La Russia può superare l’overmatch dell’Occidente nel campo dell’ISR?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e siamo proprio in uno stato di transizione di questo tipo) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, nonché della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.

Leggi l’articolo completo
Scorrete fino alla sezione sulle “Economie di scala” e notate le mie affermazioni su come tutte le precedenti carenze attribuite alla Russia fossero in realtà il prodotto di un numero troppo basso di uomini in teatro, che era meno della metà di quello stimato dalla maggior parte delle persone. E man mano che i russi mobilitati si riempivano nei ranghi, avevo previsto che questo avrebbe avuto un effetto di massa su segmenti delle forze armate che la maggior parte non aveva previsto, dal momento che si pensava tipicamente alla forza della baionetta delle sole forze di terra, e non si considerava che tipo di effetto composto avrebbe avuto l’aumento delle divisioni AD sulla difesa aerea integrata per tutte le linee russe.

E ora, se leggete il nuovo rapporto dell’Istituto Rusi, vedrete che sta confermando esattamente quello che ho detto:

Anche le difese aeree russe hanno visto un significativo aumento della loro efficacia ora che sono state allestite intorno a posizioni note e piuttosto statiche e sono adeguatamente collegate. Sebbene la Russia abbia sempre faticato a rispondere alle minacce emergenti, col tempo si è adattata. Secondo le forze armate ucraine, le difese aeree russe intercettano ora una parte degli attacchi GMLRS, poiché le difese puntuali russe sono direttamente collegate a radar superiori.

Naturalmente, quando si hanno solo 80.000 uomini nel Paese, invece dei 250.000 che tutti pensano, ci saranno enormi lacune nella vostra AD e non sarà comunque completamente “in rete”, ma piuttosto un insieme ad hoc di sistemi mobili che proteggono solo le aree più critiche. Ora che la Russia ha riempito le linee con un numero reale di truppe, ha creato un vero sistema integrato e in rete che ha in gran parte annullato gli HIMAR.

Concludono:

Una panoramica dell’adattamento russo rivela una forza in grado di migliorare ed evolvere il proprio impiego di sistemi chiave. Vi sono prove di un processo centralizzato per l’identificazione delle carenze nell’impiego e lo sviluppo di mitigazioni….

Il risultato è una struttura che diventa migliore nel tempo per gestire i problemi che deve affrontare immediatamente, ma che fatica anche ad anticipare le nuove minacce. La conclusione è quindi che le Forze armate russe rappresentano una sfida significativa per l’esercito ucraino in materia di difesa.

Anche il recente articolo di Yahoo News conferma alcune delle precedenti affermazioni sui cosiddetti carri armati “obsoleti” della Russia:

Approfondisce ulteriormente le tattiche termiche della Russia:

La Russia ha anche utilizzato i suoi carri armati – principalmente il T80BV – per incursioni notturne durante le rotazioni delle truppe ucraine, con l’obiettivo di “avvicinarsi rapidamente al settore bersaglio, sparare il maggior numero possibile di colpi in un breve lasso di tempo e ritirarsi”.

Inoltre, alcune modifiche e tattiche russe hanno reso più difficile individuare e colpire i blindati russi con i missili guidati anticarro, scrivono gli autori. Vengono ora utilizzati materiali anti-termici e attacchi al crepuscolo e all’alba – un momento noto come “crossover termico” – quando il carro armato si trova a una temperatura più vicina a quella ambientale, ha spiegato il rapporto.

Nel frattempo, la Gran Bretagna si lamenta di essere a corto di armi:

Questo conferma altri rapporti che ho recentemente messo in evidenza, in particolare sul fatto che gli Stati Uniti hanno “esaurito” le loro scorte di armi da combattimento come gli M777.

Attualmente si parla molto degli Storm Shadows, con rapporti che affermano che la Gran Bretagna ne ha forniti fino a 300-400 all’Ucraina. Tuttavia, la Gran Bretagna stessa ne aveva solo 900-1.000 e la sua capacità di produrli si aggira probabilmente intorno ai 100-200 all’anno al massimo. Probabilmente è per questo che l’Ucraina ha già iniziato a implorare la Germania di fornire i suoi missili da crociera Taurus:

Il WSJ è tornato con un’altra notizia, che non richiede tanto un commento quanto una semplice occhiata di sfuggita come curiosità umoristica:

Ma alimenta le teorie già avanzate in precedenza, secondo cui l’obiettivo finale dell’Occidente è trasformare l’Ucraina nella “Israele” della regione. Con la sua premessa centrale di “garanzie di sicurezza” di lunga durata (leggi: permanenti) per l’Ucraina, ciò che l’articolo sta realmente spingendo è l’accettazione dell’idea che all’Ucraina dovrebbe essere assegnato un fondo militare perenne, simile a quello di cui gode Israele.

Un altro articolo simile – questa volta dei guerrafondai del New York Times – spinge sul concetto che l’Ucraina dovrebbe poter entrare nella NATO anche durante la guerra:

L’articolo sottolinea ulteriormente la linea aziendale ormai standard secondo cui l’offensiva dell’Ucraina è solo uno stratagemma per ottenere diritti di contrattazione favorevoli al successivo cessate il fuoco:

Per l’Ucraina, molto dipenderà dalla forma del campo di battaglia dopo la sua controffensiva, e se il risultato porterà a un qualche tipo di cessate il fuoco prolungato, a confini relativamente stabili, o addirittura a colloqui di pace.

La premessa è che Zelensky parteciperà al grande vertice della NATO a luglio, e gli apparati si stanno affannando per garantire che ci sia qualcosa di tangibile e sostanziale da offrire all’Ucraina durante il vertice.

L’articolo delinea inoltre l’idea che gli Stati Uniti dovrebbero spingere per la pace se “le linee di battaglia si induriscono”, usando il periodo intermedio per riempire l’Ucraina di denaro e potenzialmente farla entrare nella NATO, sia come membro diretto che in una versione de facto, “solo di nome”.

Ci sono state varie proposte per rendere l’Ucraina un riccio indigesto per la Russia, così imbottito di sofisticati armamenti occidentali che, anche se non membro della NATO, potrebbe scoraggiare Mosca. Questo è il nucleo di un’idea proposta per la prima volta da un ex segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, e da un collaboratore di Zelensky, Andriy Yermak.

L’idea di Rasmussen, che molti nella NATO per ora sostengono, suggerisce Israele come modello, dove l’impegno di Washington per la sua sicurezza continua è chiaro anche senza uno specifico trattato di mutua difesa. Ma i problemi sono evidenti: Israele ha armi nucleari, mentre l’Ucraina no. E anche gli impegni bilaterali di difesa dei membri della NATO per l’Ucraina potrebbero finire per trascinare l’intera alleanza in una futura guerra Russia-Ucraina.

Ma ciò che è interessante, alla luce di tutto questo, è che sia l’Ucraina che la Russia continuano nella loro posizione irremovibile di rifiuto assoluto di qualsiasi forma di cessate il fuoco. Diverse figure chiave ucraine hanno ribadito questa posizione di recente, tra cui il ministro Dmitriy Kuleba.

Una recente propaganda ucraina, d’altra parte, sostiene che la parte russa sta cercando di passare a una posizione di cessate il fuoco. Questa affermazione si basa soprattutto sulle recenti dichiarazioni di Dmitry Medvedev, il quale ha sottolineato che se mai verrà firmato un cessate il fuoco, il conflitto infurierà per molti anni e persino per decenni. Al contrario, egli ha usato retoricamente questo esempio per sostenere l’esatto contrario: dimostrare le ragioni per cui la Russia non può firmare un cessate il fuoco. Hanno convenientemente omesso questo aspetto per caratterizzare la Russia come un ammorbidimento verso una posizione di cessate il fuoco.

A sostegno, hanno citato anche altri funzionari russi che hanno dichiarato che la Russia verrà al tavolo dei negoziati se l’Ucraina rinuncerà a tutte le rivendicazioni sui territori attualmente liberati dalla Russia e “prometterà di non entrare nella NATO”. Per non parlare delle “fonti di intelligence” occidentali che hanno sostenuto queste affermazioni:

Mosca ha anche deciso di concentrarsi sul suo obiettivo di impedire all’Ucraina di entrare nell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO), ha dichiarato giovedì ai legislatori Avril Haines, direttore dell’intelligence nazionale (DNI).

“Valutiamo che Putin abbia probabilmente ridimensionato le sue ambizioni immediate di consolidare il controllo del territorio occupato nell’Ucraina orientale e meridionale e di garantire che l’Ucraina non diventi mai un alleato della NATO”, ha detto Haines.

Ma ancora una volta, omettono subdolamente il fatto che i funzionari russi hanno ribadito che, oltre ai punti di cui sopra, l’Ucraina dovrebbe ancora essere de-nazificata e smilitarizzata – quindi, in breve, la posizione russa non è cambiata affatto. Figure importanti come il capo del Consiglio di sicurezza russo Patrushev hanno dichiarato che la Russia “andrà fino in fondo” e non accetterà alcun compromesso. Naturalmente, tali dichiarazioni passano inosservate in Occidente e vengono convenientemente ignorate.

Ma tutto questo serve a contestualizzare il punto finale dell’articolo:

Tuttavia, se la guerra non dovesse alla fine produrre un ritiro e una sconfitta russa su larga scala, ciò che potrebbe risultare convincente per il signor Zelensky e gli ucraini – dando a qualsiasi trattativa di pace la massima leva – sarebbe l’adesione alla NATO, dietro linee di cessate il fuoco solidificate, magari pattugliate, suggerisce Heisbourg, da una coalizione di forze di pace della NATO e di altri Paesi, come l’India o persino la Cina.

A ciò si aggiungerebbe la promessa, come in Germania, che la completa riunificazione dell’Ucraina rimarrà una questione aperta per il futuro. L’adesione alla NATO consoliderebbe la pace e permetterebbe la ricostruzione, gli investimenti privati e il ritorno di molti rifugiati.

Ne ho scritto a lungo di recente, in risposta alle domande su “come” l’Occidente cercherà di portare la Russia e l’Ucraina al tavolo dei negoziati. Per quanto riguarda in particolare l’Ucraina, che continua a mantenere la sua stoica facciata di “non arretrare di un centimetro”, ho spiegato come verrà usata la carota della NATO per mitigare la sua posizione. In particolare, l’Occidente avrebbe promesso non solo la piena integrazione nella NATO, ma anche la ripresa delle ostilità in un secondo momento, in modo che l’Ucraina avesse un meccanismo per salvare la faccia e poter dire al suo popolo che i territori attualmente persi sono solo “temporaneamente occupati” e che saranno riconquistati nel prossimo futuro.

Avevo ipotizzato che una delle ragioni principali fosse l’imminente ciclo elettorale e che l’establishment statunitense avesse bisogno di una pausa temporanea per poter proclamare una modesta “vittoria” nel periodo del 2024, dopodiché sarebbe stato libero di riprendere le ostilità da qualche parte lungo la strada. Quindi la citazione di cui sopra sembra sostenere le mie teorie e potrebbe essere un modo per convincere Zelensky a venire al tavolo.

Ma come ho appena detto, perché questo piano funzioni, l’offensiva ucraina dovrebbe ritagliarsi almeno una parvenza di posizione che possa essere interpretata come moderatamente redditizia. Sappiamo che, grazie al potere della propaganda mediatica occidentale, quasi tutto può essere venduto come una vittoria alle ottuse masse occidentali. Dopo tutto, sono persino riusciti a vendere il disastro di Bakhmut come una sorta di vittoria per gran parte del pubblico.

Quindi non mi aspetto che l’Ucraina abbia bisogno di grandi guadagni per far funzionare questo piano, ma ha bisogno almeno di qualcosa di simbolico su cui l’Occidente possa appendere il cappello. Per esempio, sappiamo che gli ultimi mesi di combattimenti saranno (e sono già stati) venduti come una vittoria ucraina sul piano della resistenza, mentre i dati falsi sulle “perdite” russe vengono utilizzati per imbottire la narrazione secondo cui, nonostante i guadagni, la Russia ha perso centinaia di migliaia di uomini, ecc.

Allo stesso modo, nell’imminente offensiva ucraina, finché riusciranno a guadagnare anche solo un piccolo punto d’appoggio, il resto sarà supportato da una propaganda istericamente gonfiata sulle perdite russe di massa, ecc. Tutto ciò di cui hanno bisogno è un paio di colpi psicologici decenti e la Russia sarà venduta come un “impero caduto”, mentre l’Ucraina potrà ricevere una pacca sulla testa con il premio di consolazione delle garanzie della NATO.

A parte questo, Biden ha nominato il generale Charles Q. Brown per sostituire il generale Milley a capo dello Stato Maggiore congiunto.

L’aspetto interessante è che Brown è un “equo” DEI a tutti gli effetti e sembra intenzionato a trasformare le forze armate statunitensi in un nuovo tipo di forza.

L’anno scorso Brown, insieme al sottosegretario all’Aeronautica Gina Ortiz Jones, la prima donna gay e filippina a ricoprire il suo ruolo, e ad altri leader, ha firmato uno dei documenti razzisti più scioccanti e distruttivi mai prodotti dall’esercito moderno. L’argomento del memorandum dell’Air Force erano le quote di ufficiali stabilite in base alla razza e al genere. -Fonte

 

Suppongo che questi cambiamenti continueranno a mettere in evidenza le differenze tra le forze armate russe e statunitensi, dove i militari russi tornano a casa per salutare i loro figli in questo modo:

Mentre i militari americani tornano a casa con questo:

Alla luce dei preparativi per la millantata “controffensiva” ucraina, i giochi psicologici dell’Occidente stanno raggiungendo il livello di guardia, per cui siamo costretti a pubblicare in modo coordinato titoli come il seguente:

From: https://www.pravda.com.ua/eng/news/2023/05/24/7403711/

and

https://www.theguardian.com/commentisfree/2023/may/23/arrest-warrants-petitions-tribunals-pressure-mounting-vladimir-putin

A questi si aggiungono articoli ridicoli come il seguente:

Che sostiene che il “pubblico” russo sembra essere inacidito sulla guerra. Come lo sanno? Perché glielo ha detto un’IA che ‘monitora’ Telegram. Si può dire “faccia a faccia”?

Lascio il meglio per ultimo: questo pezzo del Kiev Independent che sostiene che gli ucraini che indossano svastiche e altre immagini naziste non sono veri nazisti – sentite questa – ma semplicemente ammirano il coraggio, l’abilità marziale e lo spirito combattivo della Wehrmacht.

https://kyivindependent.com/illia-ponomarenko-why-some-ukrainian-soldiers-use-nazi-related-insignia/

Almeno riescono ad ammettere quanto segue:

Questi gruppi erano aggressivi e altamente motivati. È ovviamente vero che, ad esempio, il Battaglione Azov è stato originariamente fondato da gruppi neonazisti e di estrema destra (oltre che da molti tifosi di calcio), che hanno portato con sé l’estetica tipica – non solo le insegne neonaziste, ma anche cose come rituali pagani o nomi come “Il Corpo Nero”, il giornale ufficiale della principale organizzazione paramilitare Schutzstaffel (SS) della Germania nazista.

Ma come in ogni Paese, i veri neonazisti in Ucraina erano e sono ancora una minuscola minoranza.

Ma poi continua dicendo che questi gruppi sono stati “isolati con successo”, ma solo grazie alle pressioni dell’Occidente. Quindi, ammettono che se non fosse per la percezione da parte dell’Occidente dell’enorme problema di immagine creato da questi gruppi nazisti, l’Ucraina non avrebbe alcun incentivo o interesse a eliminare questi gruppi dai riflettori?

La tesi principale è raggiunta a metà dell’articolo (io ho letto questa robaccia apologetica, quindi non dovete farlo voi):

Ciononostante, i noti simboli nazisti e quasi-nazisti sono talvolta utilizzati da soldati che non si avvicinano ad alcuna visione estremista o odiosa.

Perché questo accade? Nella memoria troppo semplicistica di alcuni in tutto il mondo, in particolare all’interno di varie sottoculture militariste, i simboli che rappresentano la Wehrmacht, le forze armate della Germania nazista, e le SS sono visti come il riflesso di una macchina da guerra super-efficace, non come gli autori di uno dei più grandi crimini contro l’umanità nella storia dell’umanità.

Oh, giusto. Il saluto nazista e l’elogio aperto di Hitler in video non ha nulla a che vedere con le opinioni “estremiste”, ma è semplice e innocente ammirazione della “efficace macchina da guerra” della Germania, la stessa che ha perso contro la Russia.

Ma il povero Ponomorenko, che sia benedetto, sta davvero cercando di eseguire gli ordini dei suoi padroni della CIA per sbiancare il singolare e radicato problema nazista dell’Ucraina. Cerca di distribuire la colpa sostenendo che tutti i militari mondiali hanno adottato questi simboli, non solo l’Ucraina:

Sebbene questo, ovviamente, non assolva questi soldati dall’indossare insegne estremamente offensive, offre una spiegazione parziale del perché, a mio parere, questi simboli sono diventati parte integrante delle sottoculture militariste globali che abbracciano diversi simboli storici di guerra, in particolare quelli nazisti.

Man mano che queste insegne sono state assorbite nelle sottoculture militariste di tutto il mondo, molti di coloro che indossano le toppe naziste sulle loro uniformi sono arrivati a dissociare questi emblemi dai crimini commessi dai loro utilizzatori originari 80 anni fa.

Le immagini naziste sono diventate “parte integrante delle sottoculture militariste globali”? Davvero? E come mai non le vedo? Come mai non le vedo da nessuna parte, a parte nell’esercito ucraino? Queste persone devono pensare che siamo davvero stupidi. Ma poi, dimentico, questi pezzi non sono rivolti a noi, ma al loro pubblico di creduloni e ochette.

L’ultimo articolo, che ci porta completamente all’offensiva ucraina, rappresenta una serie di titoli guidati dalle recenti dichiarazioni della perfida strega di Maidan Victoria Nuland, secondo cui “gli Stati Uniti stanno lavorando con l’Ucraina sulla controffensiva da mesi”.

https://www.rt.com/news/576926-us-ukraine-counteroffensive-nuland/

Non solo ha fatto la suddetta affermazione:

“Anche se state pianificando la controffensiva, su cui stiamo lavorando con voi da circa 4-5 mesi, stiamo già iniziando a discutere con il governo ucraino e con gli amici di Kiev – sia dal punto di vista civile che militare – sul futuro a lungo termine dell’Ucraina”, ha dichiarato la Nuland al Forum sulla sicurezza di Kiev in collegamento video dal Dipartimento di Stato.

Ma si è lasciata sfuggire la seguente piccola chicca:

Ha aggiunto che l’attacco “probabilmente inizierà e si muoverà in concomitanza” con eventi come il vertice NATO in Lituania, previsto per l’11 luglio.

Il che conferma le nostre precedenti teorie sulla possibilità che la grande offensiva ucraina coincida con i grandi giochi dell’aviazione della NATO, definiti “i più grandi della storia”, che inizieranno a giugno e che si intrecceranno con il vertice della NATO di luglio.

Bene, questi sono i titoli per ora. Spero che vi sia piaciuto non doverli leggere e che mi sia permesso di fare questo servizio per voi, perché è davvero un esercizio che esaurisce le cellule cerebrali per gran parte della spazzatura pubblicata in Occidente. Ma almeno fornisce un resoconto che apre gli occhi sui cambiamenti tettonici che i cognoscitori e i commentatori occidentali stanno attualmente subendo nel loro approccio alla teorizzazione della guerra in Ucraina.

Si può quasi fare una tabella dei dodici passi per illustrare il loro lento ma prevedibile “avvicinamento” alla verità e alla luce. Prima viene sempre l’accettazione, che finalmente è riuscita. Ma sono ancora nella fase in cui credono che, sebbene l’Ucraina non stia vincendo, nemmeno la Russia sta vincendo, e quindi il “cessate il fuoco” è ora diventato l’usuale via d’uscita degli autoproclamati “eruditi”. Semplicemente non riescono a immaginare che le cose vadano in un altro modo.

E suppongo che possa essere comprensibile, dopo tutto la Russia non ha ancora mostrato all’Occidente o all’Ucraina un’azione veramente “decisiva”. Questo è il più grande asso nella manica che è stato lasciato fuori dal tavolo, un asso nella manica su cui anche i nostri interlocutori non sono del tutto convinti. La domanda che ci si pone è se la Russia “si scatenerà” in modo eclatante o se ha “perso” la capacità di condurre una guerra di manovra ed è ora impantanata in un’interminabile guerra di logoramento simile alla prima guerra mondiale, che difficilmente produrrà colpi grandiosi e decisivi.

Ma credo che quello che la Russia sta facendo sia la cosa più intelligente, indebolire l’avversario per il tempo necessario con uno stile di guerra che favorisce molto la Russia. Perché precipitarsi in azioni offensive solo perché i blogger su Telegram stanno diventando nervosi, e subire perdite, quando si può facilmente distruggere l’avversario da lungo raggio all’infinito, e poi piombare per finirlo quando è a malapena in grado di resistere.

L’argomento principale contro questo è “beh, l’Ucraina è stata armata dalla NATO per tutto questo tempo e si sta rafforzando”. Lo sono davvero? Nell’ultimo mese la Russia ha sferrato attacchi massicci all’Ucraina, al punto che la Germania ha annunciato una nuova tranche di oltre 100 Leopard 1A5. Perché mai, dov’è finito l’altro primo lotto di Leopard 2A4? Il punto è che è semplicemente una supposizione che l’Ucraina sia “armata” all’infinito, quando in realtà la Russia sembra distruggere grandi quantità di armi che arrivano nei magazzini.

A causa dell’effetto moltiplicativo degli attacchi, è molto più facile per la Russia annullare il cosiddetto programma di armamento Lend Lease dell’Ucraina, perché decine di milioni di dollari di equipaggiamento possono essere distrutti da un singolo missile preciso o da un drone economico in un batter d’occhio. Basta un solo missile per aggirare le difese e mesi di pianificazione cruciale e di coordinamento logistico vanno in fumo. Non si potrà mai superare l’effetto negativo degli attacchi russi in questo modo.

Ma presto vedremo chi ha ragione. La “grande offensiva” si profila davanti a noi e, man mano che le mani vengono forzate, le carte potrebbero presto essere tutte sul tavolo.

https://simplicius76.substack.com/p/latest-headlines-digest-the-wests?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=124039204&isFreemail=false&utm_medium=email

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Conferenza di Lennart Meri 2023, di Fiona Hill

Ai lettori più attenti il nome di Fiona Hill dovrebbe ricordare qualcosa. E’ stata consigliere G.W. Bush e Obama. Ha collaborato, tra gli altri, con Christopher Steele. Proprio lui, l’artefice dell’omonimo dossier, sponsorizzato da H. Clinton e certificato definitivamente come falso dalla Commissione Dhuram, che ha avviato il Russiagate ai danni di Donald Trump. Assistente di Bolton, quindi appartenente a pieno titolo allo staff presidenziale di Trump, si è distinta particolarmente per la vivacità delle sue testimonianze ai danni del Presidente.  Ne ha tratto, di conseguenza, gli ovvi benefici in termini di carriera e visibilità. Proprio per il suo curriculum il suo saggio merita una attenta considerazione e lascia intravedere le possibili nuove strade che i centri decisori attualmente maggioritari potranno intraprendere per uscire dalla trappola in cui si sono chiusi. Una riconsiderazione che dovrà passare per la defenestrazione di una buona parte dell’attuale compagine al governo. La sorte di una figura opaca come Biden, molto più incerta di quanto possa apparire, dipenderà dalla lunghezza e dalla complessità di questa fase di transizione dall’esito niente affatto scontato. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Conferenza di Lennart Meri 2023 di Fiona Hill

Fiona Hill
Borsista Richard von Weizsäcker presso la Fondazione Robert Bosch e Senior Fellow presso il Brookings Institution

L’Ucraina nel nuovo disordine mondiale
La ribellione del resto del mondo contro gli Stati Uniti
A più di un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la brutale guerra scatenata da Vladimir Putin si è trasformata, come spesso accade nei grandi conflitti regionali, in una guerra con ramificazioni globali. Non si tratta, come sostengono Vladimir Putin e altri, di una guerra per procura tra gli Stati Uniti o l'”Occidente collettivo” (gli Stati Uniti e i loro alleati europei e non) contro la Russia. Nell’attuale scenario geopolitico, la guerra è ora effettivamente l’inverso: un proxy per una ribellione della Russia e del “Resto” contro gli Stati Uniti. La guerra in Ucraina è forse l’evento che rende evidente a tutti il passaggio della pax americana.

Nel perseguire la guerra, la Russia ha abilmente sfruttato una radicata resistenza internazionale, e in alcuni casi un’aperta contestazione, al mantenimento della leadership americana nelle istituzioni globali. Non è solo la Russia che cerca di spingere gli Stati Uniti ai margini in Europa e la Cina che vuole minimizzare e contenere la presenza militare ed economica degli Stati Uniti in Asia, in modo che entrambi possano assicurarsi le rispettive sfere di influenza. Altri Paesi, tradizionalmente considerati “medie potenze” o “swing states” – il cosiddetto “Resto” del mondo – cercano di ridurre gli Stati Uniti a dimensioni diverse nelle loro vicinanze e di esercitare una maggiore influenza negli affari globali. Vogliono decidere, non sentirsi dire cosa è nel loro interesse. In breve, nel 2023 sentiremo un sonoro no al dominio degli Stati Uniti e vedremo un marcato appetito per un mondo senza egemoni.

In questo contesto, la prossima iterazione del sistema globale di sicurezza, politico ed economico non sarà delineata solo dagli Stati Uniti. La realtà è già un’altra. Non è un “ordine”, che indica intrinsecamente una gerarchia, e forse nemmeno un “disordine”. Una serie di Paesi sta spingendo e tirando in linea con le proprie priorità per produrre nuovi accordi. Noi, nella comunità transatlantica, potremmo dover sviluppare una nuova terminologia e adattare i nostri approcci di politica estera per affrontare reti orizzontali di strutture che si sovrappongono e talvolta competono. Siamo entrati in quella che Samir Saran, presidente della Observer Research Foundation indiana, ha definito l’era delle “partnership a responsabilità limitata”. La regionalizzazione delle alleanze di sicurezza, commerciali e politiche complica le nostre strategie di sicurezza nazionale e la pianificazione politica, ma può anche intersecarsi con le nostre priorità in modi utili se riusciamo ad essere flessibili e creativi, invece di limitarci a resistere e rispondere quando le cose vanno in direzioni che non ci piacciono. Come ha suggerito l’esperto di sicurezza britannico Neil Melvin, dovremmo abbracciare l’idea del “mini-lateralismo”.

Lennart Meri, che celebriamo e commemoriamo con questa conferenza, ha dimostrato flessibilità e creatività in un frangente altrettanto dirompente alla fine della Guerra Fredda, proprio come ci si potrebbe aspettare da un poliglotta, scrittore e regista di talento, che come politico è stato sia ministro degli Esteri che presidente. In effetti, si potrebbe persino suggerire che Lennart Meri abbia prefigurato il nostro momento attuale. Negli anni Novanta, il presidente Meri ha promosso l’idea che diventare europei o transatlantici non significava rinunciare alla propria identità estone o ignorare il proprio contesto regionale. Come storico di formazione, egli comprendeva tale contesto nel suo nucleo più profondo. Il Presidente Meri ha cercato di sviluppare molteplici prospettive regionali e globali per l’Estonia. Ha dato priorità alle relazioni con i vicini immediati e con l’Europa, con gli Stati Uniti e con le Nazioni Unite. Le relazioni con gli Stati Uniti sono state fondamentali per Meri, perché Washington non ha mai riconosciuto l’occupazione sovietica degli Stati baltici dopo la Seconda Guerra Mondiale e ha facilitato la libertà dell’Estonia dopo il 1991. Ma Meri adottò anche un approccio fortemente baltico nell’elaborazione della politica estone. Non subordinò mai l’Estonia a una potenza più grande. Il Presidente Meri aveva un’acuta consapevolezza di ciò che un piccolo Paese poteva ottenere e perché. Come ha osservato in un famoso commento che rifletteva sull’ovvia vicinanza e sulla storia dell’Estonia con la Russia: “Rispetto alla Russia, l’Estonia è come un kayak degli Inuit. Una superpetroliera impiega 16 miglia nautiche per tornare indietro, ma gli Inuit possono fare una virata di 180 gradi in un attimo”.

Se fosse qui oggi, sospetto che il Presidente Meri riconoscerebbe che la guerra in Ucraina è una guerra che cambia il mondo o il sistema. Ha eliminato i dettagli superficiali ed esposto le falle e le linee di faglia dell’ordine internazionale. Non è un conflitto del XXI secolo. È una guerra retrograda – quella che speriamo sia lo spasmo terminale delle convulsioni europee che hanno scosso il resto del mondo nel XX secolo a causa del precedente dominio mercantilista e delle conquiste imperiali dell’Europa. Putin e Mosca stanno combattendo in Ucraina per riprendere il controllo di un territorio ex coloniale ceduto alla fine del XX secolo.

Putin ritiene che la Russia non sia solo lo Stato successore, ma lo “Stato in continuità” dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica. Ed è proprio così che tutti noi abbiamo riconosciuto la Russia dopo la dissoluzione dell’URSS nel dicembre 1991. Questo fatto spiega molto del presente. La Russia è l’ultimo impero continentale in Europa. Nel corso del XX secolo, la Prima guerra mondiale ha fatto crollare gli imperi ottomano e austro-ungarico, il Kaiser tedesco e lo zar russo. I bolscevichi ricostituirono la Russia come Unione Sovietica e mantennero con la forza molti dei possedimenti territoriali contigui a Mosca. La Seconda guerra mondiale segnò la fine del colonialismo europeo e favorì la disintegrazione dell’Impero britannico d’oltremare, ma l’Unione Sovietica si espanse nuovamente. Infatti, l’URSS riconquistò l’Estonia e gli altri Stati baltici e tentò di riprendere la Finlandia. I sovietici esercitarono anche un nuovo dominio sull’Europa orientale dopo la Seconda guerra mondiale. Lo zelo espansionistico dell’URSS la portò poi a confrontarsi per quasi mezzo secolo con gli Stati Uniti, ex colonia britannica. L’Unione Sovietica, l’impero russo, è infine crollato alla fine di questo periodo, la Guerra Fredda, ma non nelle menti di Vladimir Putin e della sua coorte.

Dal 1991, gli Stati Uniti sono rimasti apparentemente soli come superpotenza globale. Ma oggi, dopo un periodo di due decenni di scontri, caratterizzato da interventi militari a guida americana e dall’impegno diretto in guerre regionali, la guerra in Ucraina evidenzia il declino degli Stati Uniti stessi. Un declino relativo dal punto di vista economico e militare, ma grave in termini di autorità morale degli Stati Uniti. Purtroppo, proprio come voleva Osama bin Laden, le reazioni e le azioni degli Stati Uniti hanno eroso la loro posizione dopo i devastanti attacchi terroristici dell’11 settembre. La “stanchezza dell’America” e la disillusione per il suo ruolo di egemone globale sono diffuse. Questo vale anche per gli stessi Stati Uniti – un fatto che si manifesta spesso al Congresso, nei notiziari e nei dibattiti dei think tank. Per alcuni, gli Stati Uniti sono un attore internazionale imperfetto con i propri problemi interni da affrontare. Per altri, gli Stati Uniti sono una nuova forma di Stato imperiale che ignora le preoccupazioni degli altri e getta il suo peso militare.

Nel breve termine, ciò è particolarmente dannoso per l’Ucraina. A livello globale, la guerra in Ucraina è vista come uno dei tanti eventi drammatici che si sono susseguiti dal 2001 in poi sotto la spinta degli Stati Uniti. La pesante conduzione della “guerra al terrorismo” da parte dell’America ha alienato un’ampia fetta del mondo musulmano. L’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, sulla scia dell’Afghanistan, ha fatto rivivere gli orrori degli interventi statunitensi della Guerra Fredda in Corea e Vietnam. L’inazione degli Stati Uniti in conflitti come lo Yemen e gli interventi selettivi in Libia e Siria hanno sottolineato l’incoerenza della politica estera americana. La crisi finanziaria del 2008-2010 e la Grande Recessione, seguite dagli sconvolgimenti interni dell’America e dall’elezione di Donald Trump nel 2016, hanno offuscato il potere dell’esempio democratico americano. Il disprezzo di Trump per gli accordi internazionali e la sua flagrante cattiva gestione della pandemia globale, così come, più recentemente, il pasticciato ritiro dell’amministrazione Biden dall’Afghanistan, mettono ulteriormente in dubbio la capacità degli Stati Uniti di essere leader a livello globale.

Tutto ciò non significa che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sia considerata positivamente. I principi fondamentali del diritto internazionale sono ancora un ordine o un principio ordinatore universale, soprattutto per gli Stati più piccoli. I Paesi di tutto il mondo hanno ampiamente riconosciuto e condannato i fatti dell’aggressione russa, anche con diverse votazioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Corte Internazionale di Giustizia, la Corte Penale Internazionale e altre sentenze internazionali hanno sottolineato che l’Ucraina ha un ruolo legale e non solo morale nella guerra. La condotta brutale e le atrocità di Mosca, insieme ai suoi errori e fallimenti militari, hanno sminuito la posizione della Russia. Ma l’opinione che la maggior parte degli Stati e dei commentatori ha degli Stati Uniti è il loro prisma per valutare le azioni della Russia.

L’Ucraina viene essenzialmente punita con il senso di colpa per associazione per aver ricevuto il sostegno diretto degli Stati Uniti nel suo sforzo di difendersi e liberare il proprio territorio. In effetti, in alcuni forum internazionali e nazionali americani, le discussioni sull’Ucraina degenerano rapidamente in discussioni sul comportamento passato degli Stati Uniti. Le azioni della Russia vengono affrontate in modo superficiale. “La Russia fa solo quello che fanno gli Stati Uniti”, è la replica… Sì, la Russia ha rovesciato il principio fondamentale post-1945 del divieto di guerra e di uso della forza sancito dall’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite… Ma gli Stati Uniti avevano già danneggiato questo principio quando hanno invaso l’Iraq 20 anni fa.

Il “qualunquismo” non è solo una caratteristica della retorica russa. L’invasione statunitense dell’Iraq ha compromesso universalmente la credibilità degli Stati Uniti e continua a farlo. Per molti critici degli Stati Uniti, l’Iraq è stato il più recente di una serie di peccati americani che risalgono al Vietnam e il precursore degli eventi attuali. Anche se una piccola manciata di Stati si è schierata con la Russia nelle successive risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, significative astensioni, anche da parte di Cina e India, segnalano il malcontento verso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il duplice compito vitale di ripristinare il divieto di guerra e di uso della forza come pietra angolare delle Nazioni Unite e del sistema internazionale e di difendere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina si perde in una palude di scetticismo e sospetti sugli Stati Uniti.

Nel cosiddetto “Sud globale” e in quello che io definisco vagamente “Resto del mondo”, gli Stati Uniti non sono percepiti come uno Stato virtuoso. La percezione dell’arroganza e dell’ipocrisia americana è molto diffusa. La fiducia nel sistema internazionale che gli Stati Uniti hanno contribuito a inventare e che hanno presieduto dalla Seconda guerra mondiale è scomparsa da tempo. Le élite e le popolazioni di molti di questi Paesi ritengono che il sistema sia stato imposto loro in un momento di debolezza, quando stavano appena conquistando la propria indipendenza. Anche se le élite e le popolazioni hanno generalmente beneficiato della pax americana, ritengono che gli Stati Uniti e il loro blocco di Paesi dell’Occidente collettivo ne abbiano beneficiato molto di più. Per loro, questa guerra riguarda la protezione dei benefici e dell’egemonia dell’Occidente, non la difesa dell’Ucraina.

Le false narrazioni russe sull’invasione dell’Ucraina e sugli Stati Uniti risuonano e attecchiscono a livello globale perché cadono su questo terreno fertile. La disinformazione russa sembra più un’informazione: è conforme ai “fatti” come li vedono gli altri. Le élite non occidentali condividono la stessa convinzione di alcuni analisti occidentali che la Russia sia stata provocata o spinta alla guerra dagli Stati Uniti e dall’espansione della NATO. Non sopportano il potere del dollaro americano e il frequente uso punitivo delle sanzioni finanziarie da parte di Washington. Non sono stati consultati dagli Stati Uniti su questa serie di sanzioni contro la Russia. Vedono che le sanzioni occidentali limitano le loro forniture energetiche e alimentari e fanno salire i prezzi. Attribuiscono la colpa del blocco del Mar Nero e dell’interruzione deliberata delle esportazioni globali di grano agli Stati Uniti, e non al vero responsabile, Vladimir Putin. Fanno notare che nessuno ha spinto per sanzionare gli Stati Uniti quando hanno invaso l’Afghanistan e poi l’Iraq, anche se erano contrari all’intervento americano, quindi perché dovrebbero farlo ora?

La resistenza dei Paesi del Sud globale agli appelli di solidarietà degli Stati Uniti e dell’Europa sull’Ucraina è una ribellione aperta. Si tratta di un ammutinamento contro quello che considerano l’Occidente collettivo che domina il discorso internazionale e scarica i suoi problemi su tutti gli altri, ignorando le loro priorità in materia di compensazione del cambiamento climatico, sviluppo economico e riduzione del debito. Il Resto si sente costantemente emarginato negli affari mondiali. Perché infatti vengono etichettati (come sto riflettendo in questo discorso) come “Sud globale”, dopo essere stati precedentemente chiamati Terzo Mondo o Mondo in via di sviluppo? Perché sono addirittura il “Resto” del mondo? Sono il mondo, rappresentano 6,5 miliardi di persone. La nostra terminologia puzza di colonialismo.

Il movimento dei non allineati dell’epoca della Guerra Fredda è riemerso, se mai fosse scomparso. Attualmente, non si tratta tanto di un movimento coeso quanto di un desiderio di distanza, di essere lasciati fuori dal pasticcio europeo dell’Ucraina. Ma è anche una chiara reazione negativa alla propensione americana a definire l’ordine globale e a costringere i Paesi a schierarsi. Come ha esclamato recentemente un interlocutore indiano a proposito dell’Ucraina: “Questo è il vostro conflitto! … Abbiamo altre questioni urgenti, i nostri problemi … Siamo nelle nostre terre, dalle nostre parti … Dove siete quando le cose vanno male per noi?”.

La maggior parte dei Paesi, compresi molti in Europa, rifiuta l’attuale inquadramento statunitense di una nuova “competizione tra grandi potenze”, un braccio di ferro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati e le élite si oppongono all’idea statunitense secondo cui “o si è con noi o contro di noi”, o si è “dalla parte giusta o sbagliata della storia” in un’epica lotta tra democrazie e autocrazie. Pochi al di fuori dell’Europa accettano questa definizione della guerra in Ucraina o della posta in gioco geopolitica. Non vogliono essere assegnati a nuovi blocchi imposti artificialmente e nessuno vuole essere coinvolto in uno scontro titanico tra Stati Uniti e Cina. A differenza degli Stati Uniti e di altri Paesi come il Giappone, la Corea del Sud e l’India, la maggior parte di essi non vede la Cina come una minaccia militare o di sicurezza diretta. Possono avere serie remore sul comportamento economico e politico approssimativo della Cina e sul suo palese abuso dei diritti umani, ma continuano a considerare la Cina un partner commerciale e di investimento per il loro sviluppo futuro. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea non offrono alternative sufficienti perché i Paesi si allontanino dalla Cina, anche nel campo della sicurezza, e anche all’interno dell’Europa la percezione di quanto sia in gioco per i singoli Paesi nel più ampio sistema internazionale e nelle relazioni con la Cina varia.

Al di fuori dell’Europa, l’interesse per nuovi ordini regionali è più pronunciato. In questo contesto, il BRICS – che per i suoi membri offre un’alternativa al G7 e al G20 – è ora attraente per altri. Diciannove Paesi, tra cui l’Arabia Saudita e l’Iran, si sono mostrati interessati ad aderire all’organizzazione in vista del recente vertice dell’aprile 2023. I Paesi vedono nei BRICS (e in altre entità simili come l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai o SCO) un’offerta di accordi diplomatici flessibili e di possibili nuove alleanze strategiche, nonché di diverse opportunità commerciali al di là degli Stati Uniti e dell’Europa. I membri e gli aspiranti BRICS, tuttavia, hanno interessi molto diversi. Dobbiamo tenere conto di questi interessi nel momento in cui ci accingiamo a trovare una soluzione alla guerra in Ucraina e nel momento in cui consideriamo il tipo di strutture e reti con cui dovremo confrontarci in futuro.

Passerò in rassegna alcuni dei fattori più rilevanti per pensare all’Ucraina nel contesto dei BRICS.

Putin e la Russia sperano certamente che la guerra abbia minato la precedente equazione globale post-1945. Mosca intende uscire dalla guerra concentrandosi sull’espansione del suo ruolo e della sua influenza in organizzazioni multilaterali come i BRICS, da cui gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo sono esclusi. Ma vale la pena notare che all’interno del gruppo dei BRICS, proprio a causa della guerra, la Russia è vista come sempre più dipendente dalla Cina e meno come un attore globale indipendente.

La Cina domina chiaramente i BRICS e vuole usare l’organizzazione per consolidare le sue posizioni regionali e globali. Pechino vede gli Stati Uniti come nemici delle proprie ambizioni e Mosca come un importante contrappeso a Washington. La Cina non appoggia l’aggressione russa all’Ucraina, ma il framing statunitense in materia di sicurezza – comprese le frequenti invocazioni di Taiwan e “la Cina sta osservando l’Ucraina” al Congresso degli Stati Uniti – suscita a Pechino il timore che Washington veda la guerra in Ucraina come un banco di prova per uno scontro con la Cina.

Il Brasile apprezza la Cina come contrappeso agli Stati Uniti. Come ha detto di recente un interlocutore brasiliano a un gruppo di noi durante uno scambio di opinioni: “Il Brasile è condannato a esistere in un continente dominato dagli Stati Uniti”. Come in Cina, l’accesa retorica americana sulla guerra in Ucraina ha influenzato la percezione del conflitto in Brasile. Alcune élite e funzionari brasiliani considerano la guerra in Ucraina come “la prima guerra per procura del XXI secolo tra Stati Uniti e Cina”. Per loro la Russia è già subordinata alla Cina e indebolita come attore al di là del suo vicinato.

L’India vuole giocare un ruolo più ampio nell’Oceano Indiano ma, a differenza del Brasile, vede la Cina come una vera e propria minaccia per la sicurezza, soprattutto nell’Himalaya, dove i due Paesi si sono scontrati per il territorio. Per Nuova Delhi, Washington è una fonte di sostegno incostante, mentre Mosca è un importante fornitore di armi e munizioni. L’India teme la dipendenza della Russia dalla Cina. Di tutti gli Stati membri dei BRICS, l’India si trova nella situazione politica più difficile. Vuole tenere sotto controllo la Cina e la Russia all’interno dei BRICS e mantenere le relazioni con gli Stati Uniti.

Il Sudafrica, invece, vuole sviluppare le sue relazioni sia con la Cina che con la Russia all’interno dei BRICS. Per il Sudafrica, la Cina è una fonte di investimenti e di assistenza allo sviluppo, mentre la Russia è la continuazione dell’URSS, che è stata decisiva per aiutare l’African National Congress a combattere l’Apartheid durante la Guerra Fredda. In questo contesto, l’ANC considera gli Stati Uniti come la nuova potenza imperiale e rifiuta quella che considera la demonizzazione della Russia da parte dell’America nella guerra in Ucraina.

L’Arabia Saudita, tra gli aspiranti BRICS, vede il potere degli Stati Uniti affievolirsi in Medio Oriente dopo il ritiro militare da Iraq, Siria e Afghanistan. Cercando di entrare a far parte dei BRICS, l’Arabia Saudita vuole trarre vantaggio dagli spostamenti di potere e di commercio a livello globale. La Cina è il principale importatore di petrolio del Medio Oriente, un importante investitore regionale e il recente mediatore nelle relazioni dell’Arabia Saudita con l’Iran e lo Yemen. Per i sauditi, la Russia è un fattore nei calcoli energetici del Medio Oriente e della Siria e offre nuove opportunità economiche, poiché le imprese russe spostano denaro e attività nella regione del Golfo per evitare le sanzioni occidentali.

L’Iran, invece, è alla disperata ricerca di un sollievo economico. Vede nei BRICS l’opportunità di cambiare il suo status di paria regionale e di sfruttare il recente riavvicinamento con l’Arabia Saudita mediato dalla Cina. Teheran ritiene che la guerra in Ucraina abbia minato l’Europa come fonte di potere indipendente e l’abbia ri-subordinata a Washington. L’Iran percepisce la debolezza degli Stati Uniti in vista delle elezioni presidenziali americane del 2024 e la possibilità di giocare una partita internazionale diversa. L’Iran sta già fornendo a Mosca armi da usare contro l’Ucraina.

Con così tante agende e aspirazioni incentrate su uno solo degli ordini globali alternativi, la gestione della guerra in Ucraina – così come di altre questioni ad alta posta in gioco come il cambiamento climatico, le future pandemie e la non proliferazione nucleare – diventa estremamente difficile. Le prospettive a lungo termine dell’Ucraina dipendono da dinamiche globali più ampie e dalla buona volontà di altri Paesi, compresi i membri dei BRICS, non solo dal sostegno militare, politico ed economico degli Stati Uniti e dell’Europa.

Per le sue dimensioni e la sua posizione, l’Ucraina è uno Stato multiregionale. La sua sicurezza sarà definita dall’idea di Neil Melvin di “mini-lateralismo”. L’Ucraina dovrà consolidare le relazioni esistenti con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO, nonché con i suoi vicini dell’Europa centrale e orientale, i partner stretti degli Stati baltici, della Scandinavia, del Regno Unito e della regione del Mar Nero. Anche i gruppi di Paesi del G7 e del G20 saranno fondamentali. È qui che la visione globale persistentemente negativa degli Stati Uniti complica la politica estera dell’Ucraina. Cosa accadrà, ad esempio, se la Cina, insieme all’Iran (e si sospetta alla Corea del Nord), fornirà armi alla Russia sulla base dell’inimicizia con gli Stati Uniti? Poi c’è la NATO. Come diretta conseguenza della guerra e dell’adesione di Finlandia e Svezia, l’Alleanza è diventata il principale motore della sicurezza ucraina ed europea. Almeno per la durata del conflitto, i dibattiti in corso sull’autonomia strategica europea sono passati in secondo piano. L’Europa è tornata a fare affidamento sulla potenza militare degli Stati Uniti nel periodo 1945-1989. Questa è un’altra sfida. Al di fuori dell’Europa e dell’arena transatlantica, la NATO ha un problema di immagine che Putin sfrutta.

Negli affari internazionali le percezioni sono spesso più importanti della realtà; e dalla fine della Guerra Fredda, Putin ha continuato a dipingere la NATO come un’estensione militare degli Stati Uniti e un’istituzione intrinsecamente anti-russa. A differenza di Gorbaciov e Eltsin, Putin non ha mai cercato seriamente un accordo con la NATO. Per Putin, gli Stati Uniti sono ancora l’avversario della Guerra Fredda e la NATO è una provocazione per la sua presenza. Putin ha alimentato attivamente le preoccupazioni della Cina che gli Stati Uniti stiano espandendo strutture simili alla NATO in Asia e ha alimentato l’idea che l’espansione della NATO sia la causa prossima della guerra in Ucraina. Sia fuori che dentro l’Europa, Putin vuole che gli Stati Uniti e la NATO spariscano per sempre.

Tutto ciò significa che abbiamo bisogno di uno slancio diplomatico – uno sforzo abile e paziente che si affianchi al vitale percorso militare – per porre fine alla guerra brutale e insensata della Russia. L’Ucraina ha bisogno di un ampio sostegno globale. Dobbiamo respingere la disinformazione di Putin e le narrazioni contro gli Stati Uniti e la NATO. Gli Stati Uniti e l’Europa dovranno coinvolgere il resto del mondo in una conversazione onesta sulla posta in gioco di questa guerra e ascoltare attivamente il loro feedback e le loro preoccupazioni su questioni specifiche. Data la disparità dei punti di vista e delle agende, dovremo adottare un approccio frammentario e più transazionale per identificare le aree in cui possiamo fare causa comune con altri Stati e con gli attori internazionali e del settore privato.

Il cosiddetto Sud globale vede ancora le Nazioni Unite come un attore credibile e importante; ma la maggior parte dei Paesi vuole ridimensionare il potere esclusivo del Consiglio di Sicurezza e potenziare le attività dell’Assemblea Generale per sviluppare nuovi meccanismi per affrontare realmente il cambiamento climatico e lo sviluppo economico. Poiché l’ONU ha ancora una rilevanza e un’accettazione universale come attore, dovremmo considerare come affrontare questi problemi. Dove possiamo lavorare con le Nazioni Unite per fornire assistenza tecnica, mediazione e coordinamento all’Ucraina? Ad esempio, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite può bilanciare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e limitare in qualche modo i veti di Russia e Cina? Quale ruolo più ampio potrebbero svolgere la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale, soprattutto alla luce della recente decisione del Sudafrica di rimanere nella Corte penale internazionale e di suggerire a Putin di non partecipare al vertice BRICS di Johannesburg per non doverlo detenere in base al mandato di arresto della Corte penale internazionale di marzo? Come possiamo basarci sugli interventi di crisi guidati dalle Nazioni Unite, come gli sforzi dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per mettere in sicurezza l’impianto nucleare ucraino di Zaporizhzhia e l’iniziativa sui cereali del Mar Nero, per trasformarli in soluzioni durature a lungo termine in collaborazione con altri Paesi.

Infine, se gli Stati Uniti sono il prisma di tutti per l’Ucraina e questa è diventata una ribellione per procura contro gli Stati Uniti, come ho sostenuto, quali attori alternativi potrebbero ottenere trazione per ripristinare la pace attraverso un’azione collettiva? Tutti gli occhi sono attualmente puntati sulla Cina, ma l’India ha una buona volontà storica in diversi contesti regionali che potrebbe aiutare a creare un terreno comune con altri. Lo stesso vale per Paesi come il Kenya in Africa e Singapore in Asia. In Europa, ci sono i Paesi scandinavi che non hanno mai fondato colonie in Africa o in Asia. E, naturalmente, abbiamo l’Estonia e gli Stati baltici, che individualmente e collettivamente hanno svolto ruoli importanti sia nell’UE che nella NATO, stimolando l’azione dei Paesi più grandi e mantenendoli poi onesti. Questo è un momento da Lennart Meri. Abbiamo bisogno della manovrabilità di un kayak Inuit, non delle laboriose virate di una superpetroliera… o di una superpotenza ingombrante.

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