“Così il coronavirus è nato in un laboratorio di Wuhan”, di Nicholas Wade

La verità ufficiale non la conosceremo probabilmente mai. Le verità, più o meno corrispondenti alla realtà, saranno confezionate secondo convenienza e seguendo le dinamiche e gli interessi geopolitici. Dal conflitto sempre più acceso tra USA e Cina ci si potrànno attendere nuove sorprese. Mettendo assieme gli elementi emersi in oltre 18 mesi di convulse vicende, qualche idea fondata ce la si potrà disegnare. Buona lettura_Giuseppe Germinario

“Così il coronavirus è nato in un laboratorio di Wuhan”: tutta la verità

La pandemia da coronavirus ha sconvolto la vita in tutto il mondo per più di un anno. Il bilancio delle vittime raggiungerà presto i tre milioni di persone. Eppure l’origine della pandemia rimane incerta: le agende politiche dei governi e degli scienziati hanno generato spesse nubi di offuscamento, che la stampa mainstream sembra incapace di dissipare.

In quanto segue selezionerò i fatti scientifici disponibili , che contengono molti indizi su quanto accaduto, e fornirò ai lettori le prove per esprimere i propri giudizi. Cercherò quindi di valutare la complessa questione della colpa, che inizia con, ma si estende ben oltre, il governo cinese. Alla fine di questo articolo, potresti aver imparato molto sulla biologia molecolare dei virus. Cercherò di mantenere questo processo il più indolore possibile. Ma la scienza non può essere evitata perché per ora, e probabilmente per molto tempo, offre l’unico filo sicuro attraverso il labirinto.

Il virus che ha causato la pandemia è ufficialmente noto come SARS-CoV-2, ma può essere chiamato SARS2 in breve. Come molte persone sanno, ci sono due teorie principali sulla sua origine. Uno è che è passato naturalmente dalla fauna selvatica alle persone. L’altro è che il virus era in fase di studio in un laboratorio, da cui è scappato. È molto importante che sia il caso se speriamo di prevenire un secondo evento del genere. Descriverò le due teorie, spiegherò perché ognuna è plausibile e poi chiederò quale fornisce la migliore spiegazione dei fatti disponibili. È importante notare che finora non ci sono prove dirette per nessuna delle due teorie. Ciascuno dipende da una serie di congetture ragionevoli, ma finora manca di prove. Quindi ho solo indizi, non conclusioni, da offrire. Ma questi indizi puntano in una direzione specifica. E avendo dedotto quella direzione, delineerò alcuni dei fili in questa matassa intricata del disastro.

Un racconto di due teorie

Dopo che la pandemia è scoppiata per la prima volta nel dicembre 2019, le autorità cinesi hanno riferito che molti casi si erano verificati nel mercato umido – un luogo che vende animali selvatici per la carne – a Wuhan. Ciò ha ricordato agli esperti l’epidemia di SARS1 del 2002 in cui un virus del pipistrello si era diffuso prima agli zibetti, un animale venduto nei mercati umidi, e dagli zibetti alle persone. Un virus simile ai pipistrelli ha causato una seconda epidemia, nota come MERS, nel 2012. Questa volta l’animale ospite intermedio erano i cammelli.

La decodifica del genoma del virus ha mostrato che apparteneva a una famiglia virale nota come beta-coronavirus, alla quale appartengono anche i virus SARS1 e MERS. La relazione supportava l’idea che, come loro, fosse un virus naturale che era riuscito a saltare dai pipistrelli, tramite un altro ospite animale, alle persone. La connessione al mercato umido, l’unico altro punto di somiglianza con le epidemie di SARS1 e MERS, è stata presto interrotta: i ricercatori cinesi hanno scoperto casi precedenti a Wuhan senza alcun collegamento con il mercato umido. Ma questo non sembrava avere importanza quando a breve si sarebbero aspettate così tante ulteriori prove a sostegno dell’emergenza naturale.

Wuhan, tuttavia, è sede del Wuhan Institute of Virology, uno dei principali centri mondiali per la ricerca sui coronavirus. Quindi la possibilità che il virus SARS2 fosse sfuggito dal laboratorio non poteva essere esclusa. Sul tavolo c’erano due ragionevoli scenari di origine.

Fin dall’inizio, le percezioni del pubblico e dei media sono state modellate a favore dello scenario di emergenza naturale da forti dichiarazioni di due gruppi scientifici. Queste affermazioni non furono inizialmente esaminate criticamente come avrebbero dovuto essere.

“Siamo uniti per condannare fermamente le teorie del complotto che suggeriscono che COVID-19 non ha un’origine naturale”, hanno scritto un gruppo di virologi e altri su Lancet il 19 febbraio 2020, quando era davvero troppo presto per essere sicuri cosa era successo. Gli scienziati “concludono in modo schiacciante che questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica”, hanno detto, con un appello stimolante ai lettori a stare con i colleghi cinesi in prima linea nella lotta contro la malattia.

Contrariamente all’affermazione degli scrittori della lettera, l’idea che il virus potesse essere sfuggito da un laboratorio ha evocato un incidente, non una cospirazione. Sicuramente doveva essere esplorato, non rifiutato a priori. Un segno distintivo dei bravi scienziati è che si danno molto da fare per distinguere tra ciò che sanno e ciò che non sanno. In base a questo criterio, i firmatari della lettera Lancet si comportavano da poveri scienziati: assicuravano al pubblico fatti che non potevano sapere con certezza fossero veri.

In seguito si è scoperto che la lettera di Lancet era stata organizzata e redatta da Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance di New York. L’organizzazione del dottor Daszak ha finanziato la ricerca sul coronavirus presso l’Istituto di virologia di Wuhan. Se il virus SARS2 fosse effettivamente sfuggito alla ricerca da lui finanziata, il dottor Daszak sarebbe potenzialmente colpevole. Questo acuto conflitto di interessi non è stato dichiarato ai lettori di Lancet. Al contrario, la lettera concludeva: “Non dichiariamo interessi in competizione”.

Virologi come il dottor Daszak avevano molto in gioco nell’assegnazione della colpa per la pandemia. Per 20 anni, per lo più sotto l’attenzione del pubblico, avevano giocato a un gioco pericoloso. Nei loro laboratori creavano abitualmente virus più pericolosi di quelli esistenti in natura. Sostenevano che potevano farlo in sicurezza e che, anticipando la natura, potevano prevedere e prevenire le “ricadute” naturali, il passaggio di virus da un ospite animale alle persone. Se SARS2 fosse davvero sfuggito a un simile esperimento di laboratorio, ci si poteva aspettare un selvaggio contraccolpo e la tempesta di indignazione pubblica avrebbe colpito i virologi ovunque, non solo in Cina. “Andrebbe in frantumi l’edificio scientifico da cima a fondo”, ha detto a marzo 2020 un editore del MIT Technology Review, Antonio Regalado .

Una seconda dichiarazione che ha avuto un’enorme influenza nel plasmare gli atteggiamenti pubblici è stata una lettera (in altre parole un pezzo d’opinione, non un articolo scientifico) pubblicata il 17 marzo 2020 sulla rivista Nature Medicine. I suoi autori erano un gruppo di virologi guidati da Kristian G. Andersen dello Scripps Research Institute. “Le nostre analisi mostrano chiaramente che SARS-CoV-2 non è un costrutto di laboratorio o un virus manipolato di proposito”, hanno dichiarato i cinque virologi nel secondo paragrafo della loro lettera.

Purtroppo questo è stato un altro caso di scienza povera, nel senso sopra definito. È vero, alcuni metodi più vecchi per tagliare e incollare i genomi virali conservano segni rivelatori di manipolazione. Ma i metodi più recenti, chiamati approcci “no-see-um” o “senza soluzione di continuità”, non lasciano segni distintivi. Né lo fanno altri metodi per manipolare i virus come il passaggio seriale, il trasferimento ripetuto di virus da una coltura di cellule a un’altra. Se un virus è stato manipolato, sia con un metodo senza interruzioni che tramite passaggio seriale, non c’è modo di sapere che è così. Il dottor Andersen ei suoi colleghi stavano assicurando ai loro lettori qualcosa che non potevano sapere.

La parte di discussione inizia la loro lettera: “È improbabile che SARS-CoV-2 sia emerso attraverso la manipolazione di laboratorio di un coronavirus simile a SARS-CoV”. Ma aspetta, il responsabile non ha detto che il virus chiaramente non era stato manipolato? Il grado di certezza degli autori sembrava scivolare di parecchie tacche quando si trattava di esporre il loro ragionamento.

La ragione dello slittamento è chiara una volta che il linguaggio tecnico è stato penetrato. Le due ragioni addotte dagli autori per supporre che la manipolazione sia improbabile sono decisamente inconcludenti.

In primo luogo, dicono che la proteina spike di SARS2 si lega molto bene al suo bersaglio, il recettore ACE2 umano, ma lo fa in un modo diverso da quello che i calcoli fisici suggeriscono sarebbe la soluzione migliore. Pertanto il virus deve essere derivato dalla selezione naturale, non dalla manipolazione.

Se questo argomento sembra difficile da afferrare, è perché è così teso. L’assunto di base degli autori, non esplicitato, è che chiunque cerchi di legare un virus pipistrello a cellule umane potrebbe farlo in un solo modo. Per prima cosa calcolerebbero l’adattamento più forte possibile tra il recettore ACE2 umano e la proteina spike con cui il virus si attacca ad esso. Quindi progetterebbero la proteina spike di conseguenza (selezionando la giusta stringa di unità di amminoacidi che la compongono). Ma poiché la proteina spike SARS2 non è di questo miglior design calcolato, dice il documento Andersen, quindi non può essere stata manipolata.

Ma questo ignora il modo in cui i virologi fanno effettivamente legare le proteine ​​spike ai bersagli scelti, che non è per calcolo ma unendo i geni delle proteine ​​spike da altri virus o per passaggio seriale. Con il passaggio seriale, ogni volta che la progenie del virus viene trasferita a nuove colture cellulari o animali, vengono selezionate le più riuscite fino a quando non ne emerge una che crea un legame molto stretto con le cellule umane. La selezione naturale ha fatto tutto il lavoro pesante. La speculazione del documento Andersen sulla progettazione di una proteina spike virale attraverso il calcolo non ha alcuna incidenza sul fatto che il virus sia stato manipolato o meno da uno degli altri due metodi.

Il secondo argomento degli autori contro la manipolazione è ancora più artificioso. Sebbene la maggior parte degli esseri viventi utilizzi il DNA come materiale ereditario, un certo numero di virus utilizza l’RNA, il cugino chimico stretto del DNA. Ma l’RNA è difficile da manipolare, quindi i ricercatori che lavorano sui coronavirus, che sono basati sull’RNA, convertiranno prima il genoma dell’RNA in DNA. Manipolano la versione del DNA, aggiungendo o alterando i geni, e quindi fanno in modo che il genoma del DNA manipolato venga riconvertito in RNA infettivo.

Solo un certo numero di queste spine dorsali del DNA è stato descritto nella letteratura scientifica. Chiunque manipolasse il virus SARS2 “probabilmente” avrebbe utilizzato una di queste spine dorsali note, scrive il gruppo Andersen, e poiché SARS2 non è derivato da nessuna di esse, quindi non è stato manipolato. Ma l’argomento è vistosamente inconcludente. Le spine dorsali del DNA sono abbastanza facili da realizzare, quindi è ovviamente possibile che SARS2 sia stata manipolata utilizzando una spina dorsale del DNA non pubblicata.

E questo è tutto. Queste sono le due argomentazioni avanzate dal gruppo Andersen a sostegno della loro dichiarazione secondo cui il virus SARS2 chiaramente non è stato manipolato. E questa conclusione, fondata su nient’altro che due speculazioni inconcludenti, ha convinto la stampa mondiale che SARS2 non avrebbe potuto sfuggire a un laboratorio. Una critica tecnica alla lettera di Andersen la riduce con parole più dure.

La scienza è presumibilmente una comunità di esperti che si auto-corregge che controllano costantemente il lavoro degli altri. Allora perché altri virologi non hanno sottolineato che l’argomento del gruppo Andersen era pieno di buchi assurdamente grandi? Forse perché nelle università di oggi il discorso può essere molto costoso. Le carriere possono essere distrutte se si esce dalla linea. Qualsiasi virologo che metta in discussione il punto di vista dichiarato dalla comunità rischia che la sua prossima domanda di sovvenzione venga rifiutata dal gruppo di colleghi virologi che consiglia l’agenzia di distribuzione delle sovvenzioni governative.

Le lettere di Daszak e Andersen erano davvero dichiarazioni politiche, non scientifiche, ma erano sorprendentemente efficaci. Articoli sulla stampa tradizionale affermavano ripetutamente che un consenso di esperti aveva stabilito che la fuga di laboratorio era fuori questione o estremamente improbabile. I loro autori hanno fatto affidamento per la maggior parte sulle lettere di Daszak e Andersen, non riuscendo a capire le lacune sbadiglianti nei loro argomenti. I giornali tradizionali hanno tutti giornalisti scientifici nel loro staff, così come le principali reti, e questi giornalisti specializzati dovrebbero essere in grado di interrogare gli scienziati e verificare le loro affermazioni. Ma le affermazioni di Daszak e Andersen sono rimaste in gran parte incontrastate.

Dubbi sull’emergenza naturale

L’emergenza naturale è stata la teoria preferita dai media fino a circa febbraio 2021 e la visita di una commissione dell’Organizzazione mondiale della sanità in Cina. La composizione e l’accesso della commissione sono stati pesantemente controllati dalle autorità cinesi. I suoi membri, che includevano l’onnipresente Dr. Daszak, continuavano a sostenere prima, durante e dopo la loro visita che la fuga dal laboratorio era estremamente improbabile. Ma questa non era proprio la vittoria propagandistica che le autorità cinesi avrebbero sperato. Ciò che divenne chiaro era che i cinesi non avevano prove da offrire alla commissione a sostegno della teoria dell’emergenza naturale.

Ciò è stato sorprendente perché sia ​​il virus SARS1 che il virus MERS avevano lasciato abbondanti tracce nell’ambiente. La specie ospite intermedia di SARS1 è stata identificata entro quattro mesi dallo scoppio dell’epidemia e l’ospite di MERS entro nove mesi. Eppure, circa 15 mesi dopo l’inizio della pandemia di SARS2 e una ricerca presumibilmente intensiva, i ricercatori cinesi non erano riusciti a trovare né la popolazione di pipistrelli originale, né le specie intermedie a cui SARS2 avrebbe potuto saltare, né alcuna prova sierologica che qualsiasi popolazione cinese, compresa quella di Wuhan, era mai stato esposto al virus prima del dicembre 2019. L’emergenza naturale è rimasta una congettura che, per quanto plausibile all’inizio, non aveva ottenuto un brandello di prove a sostegno in oltre un anno.

E finché rimane così, è logico prestare seria attenzione alla congettura alternativa, secondo cui SARS2 è scappato da un laboratorio.

Perché qualcuno dovrebbe voler creare un nuovo virus in grado di provocare una pandemia? Da quando i virologi hanno acquisito gli strumenti per manipolare i geni di un virus, hanno sostenuto di poter anticipare una potenziale pandemia esplorando quanto un determinato virus animale potrebbe essere vicino a fare il salto agli umani. E questo ha giustificato esperimenti di laboratorio per migliorare la capacità di virus animali pericolosi di infettare le persone, hanno affermato i virologi.

Con questa logica, hanno ricreato il virus influenzale del 1918, mostrato come il virus della poliomielite quasi estinto può essere sintetizzato dalla sua sequenza di DNA pubblicata e introdotto un gene del vaiolo in un virus correlato.

Questi miglioramenti delle capacità virali sono noti blandamente come esperimenti di guadagno di funzione. Con i coronavirus, c’era un particolare interesse per le proteine ​​spike, che sporgono tutt’intorno alla superficie sferica del virus e determinano praticamente quale specie di animale prenderà di mira. Nel 2000 i ricercatori olandesi, ad esempio, si sono guadagnati la gratitudine dei roditori di tutto il mondo ingegnerizzando geneticamente la proteina spike di un coronavirus di topo in modo che attaccasse solo i gatti.

I virologi hanno iniziato a studiare seriamente i coronavirus di pipistrello dopo che questi si sono rivelati essere la fonte delle epidemie di SARS1 e MERS. In particolare, i ricercatori volevano capire quali cambiamenti dovevano verificarsi nelle proteine ​​spike di un virus pipistrello prima che potesse infettare le persone.

I ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan, guidati dal principale esperto cinese di virus dei pipistrelli, il dottor Shi Zheng-li o “Bat Lady”, hanno organizzato frequenti spedizioni nelle grotte infestate da pipistrelli dello Yunnan nel sud della Cina e hanno raccolto circa un centinaio di pipistrelli diversi. coronavirus.

Il dottor Shi ha quindi collaborato con Ralph S. Baric, un eminente ricercatore sul coronavirus presso l’Università della Carolina del Nord. Il loro lavoro si è concentrato sul potenziamento della capacità dei virus dei pipistrelli di attaccare gli esseri umani in modo da “esaminare il potenziale di emergenza (cioè il potenziale di infettare gli esseri umani) dei CoV di pipistrello circolanti [coronavirus]”. Per perseguire questo obiettivo, nel novembre 2015 hanno creato un nuovo virus prendendo la spina dorsale del virus SARS1 e sostituendo la sua proteina spike con una da un virus pipistrello (noto come SHC014-CoV). Questo virus prodotto è stato in grado di infettare le cellule delle vie aeree umane, almeno se testato contro una coltura di laboratorio di tali cellule.

Il virus SHC014-CoV / SARS1 è noto come chimera perché il suo genoma contiene materiale genetico di due ceppi di virus. Se il virus SARS2 fosse stato inventato nel laboratorio del Dr. Shi, il suo prototipo diretto sarebbe stato la chimera SHC014-CoV / SARS1, il cui potenziale pericolo ha riguardato molti osservatori e ha suscitato intense discussioni.

“Se il virus fosse sfuggito, nessuno avrebbe potuto prevedere la traiettoria”, ha detto Simon Wain-Hobson, virologo presso l’Istituto Pasteur di Parigi.

Il dottor Baric e il dottor Shi hanno fatto riferimento agli ovvi rischi nel loro articolo, ma hanno sostenuto che dovrebbero essere valutati rispetto al vantaggio di prefigurare future ricadute. I gruppi di revisione scientifica, hanno scritto, “potrebbero ritenere che studi simili sulla costruzione di virus chimerici basati su ceppi circolanti siano troppo rischiosi da perseguire”. Considerate le varie restrizioni imposte alla ricerca sul guadagno di funzione (GOF), a loro avviso le questioni erano arrivate a “un crocevia delle preoccupazioni della ricerca GOF; il potenziale per preparare e mitigare futuri focolai deve essere valutato rispetto al rischio di creare agenti patogeni più pericolosi. Nello sviluppo di politiche che vanno avanti, è importante considerare il valore dei dati generati da questi studi e se questi tipi di studi sui virus chimerici giustificano ulteriori indagini rispetto ai rischi intrinseci coinvolti “.

Questa affermazione è stata fatta nel 2015. Dal senno di poi del 2021, si può dire che il valore degli studi sul guadagno di funzione nella prevenzione dell’epidemia di SARS2 era zero. Il rischio era catastrofico, se davvero il virus SARS2 fosse stato generato in un esperimento di guadagno di funzione.

All’interno dell’Istituto di virologia di Wuhan

Il dottor Baric aveva sviluppato e insegnato al dottor Shi, un metodo generale per ingegnerizzare i coronavirus di pipistrello per attaccare altre specie. Gli obiettivi specifici erano cellule umane coltivate in colture e topi umanizzati. Questi topi da laboratorio, un sostituto economico ed etico per i soggetti umani, sono geneticamente progettati per trasportare la versione umana di una proteina chiamata ACE2 che fissa la superficie delle cellule che rivestono le vie respiratorie.

La dottoressa Shi è tornata al suo laboratorio presso l’Istituto di virologia di Wuhan e ha ripreso il lavoro che aveva iniziato sull’ingegneria genetica dei coronavirus per attaccare le cellule umane.

Come possiamo esserne così sicuri?

Perché, per una strana svolta nella storia, il suo lavoro è stato finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), una parte del National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti. E le proposte di sovvenzione che hanno finanziato il suo lavoro, che sono una questione di dominio pubblico, specificano esattamente cosa intendeva fare con i soldi.

Le sovvenzioni sono state assegnate all’appaltatore principale, il dottor Daszak della EcoHealth Alliance, che le ha subappaltate al dottor Shi. Ecco alcuni estratti delle sovvenzioni per gli anni fiscali 2018 e 2019. “CoV” sta per coronavirus e “proteina S” si riferisce alla proteina spike del virus.

“Testare le previsioni sulla trasmissione inter-specie di CoV. I modelli predittivi della gamma dell’ospite (cioè il potenziale di emergenza) saranno testati sperimentalmente utilizzando genetica inversa, saggi di legame di pseudovirus e recettori ed esperimenti di infezione virale attraverso una gamma di colture cellulari di specie diverse e topi umanizzati. 

“Useremo i dati della sequenza della proteina S, la tecnologia dei cloni infettivi, gli esperimenti di infezione in vitro e in vivo e l’analisi del legame del recettore per testare l’ipotesi che le soglie di divergenza% nelle sequenze della proteina S predicano il potenziale di ricaduta”.

Ciò significa, in un linguaggio non tecnico, che il dottor Shi ha deciso di creare nuovi coronavirus con la più alta infettività possibile per le cellule umane. Il suo piano era quello di prendere geni che codificano per proteine ​​spike che possiedono una varietà di affinità misurate per le cellule umane, che vanno da alte a basse. Avrebbe inserito questi geni spike uno per uno nella spina dorsale di un certo numero di genomi virali (“genetica inversa” e “tecnologia dei cloni infettivi”), creando una serie di virus chimerici. Questi virus chimerici verrebbero quindi testati per la loro capacità di attaccare colture cellulari umane (“in vitro”) e topi umanizzati (“in vivo”). E queste informazioni aiuterebbero a prevedere la probabilità di “spillover”, il salto di un coronavirus dai pipistrelli alle persone.

L’approccio metodico è stato progettato per trovare la migliore combinazione di spina dorsale del coronavirus e proteina spike per infettare le cellule umane. L’approccio potrebbe aver generato virus simili a SARS2, e in effetti potrebbe aver creato il virus SARS2 stesso con la giusta combinazione di spina dorsale del virus e proteina spike.

Non si può ancora affermare che la dottoressa Shi abbia generato o meno SARS2 nel suo laboratorio perché i suoi record sono stati sigillati, ma sembra che lei fosse certamente sulla buona strada per farlo. “È chiaro che il Wuhan Institute of Virology stava costruendo sistematicamente nuovi coronavirus chimerici e stava valutando la loro capacità di infettare cellule umane e topi che esprimono ACE2”, afferma Richard H. Ebright, biologo molecolare presso la Rutgers University e principale esperto di biosicurezza.

“È anche chiaro”, ha detto il dottor Ebright, “che, a seconda dei contesti genomici costanti scelti per l’analisi, questo lavoro potrebbe aver prodotto SARS-CoV-2 o un progenitore prossimale di SARS-CoV-2”. “Contesto genomico” si riferisce alla particolare spina dorsale virale utilizzata come banco di prova per la proteina spike.

Lo scenario di fuga dal laboratorio per l’origine del virus SARS2, come dovrebbe essere ormai evidente, non è un semplice gesto di mano nella direzione dell’Istituto di virologia di Wuhan. Si tratta di una proposta dettagliata, basata sul progetto specifico finanziato dal NIAID.

Anche se la borsa di studio ha richiesto il piano di lavoro sopra descritto, come si può essere certi che il piano sia stato effettivamente realizzato? Per questo possiamo fare affidamento sulla parola del dottor Daszak, che ha protestato molto negli ultimi 15 mesi sul fatto che la fuga dal laboratorio fosse una ridicola teoria del complotto inventata dai cinesi.

Il 9 dicembre 2019, prima che lo scoppio della pandemia diventasse generalmente noto, il dottor Daszak ha rilasciato un’intervista in cui ha parlato in termini entusiastici di come i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan avessero riprogrammato la proteina spike e generato coronavirus chimerici in grado di infettare topi umanizzati.

“E ora abbiamo trovato, sai, dopo 6 o 7 anni di attività, oltre 100 nuovi coronavirus correlati alla SARS, molto vicini alla SARS”, dice il dottor Daszak intorno al minuto 28 dell’intervista. “Alcuni di loro entrano nelle cellule umane in laboratorio, alcuni di loro possono causare la malattia della SARS in modelli di topi umanizzati e non sono trattabili con monoclonali terapeutici e non è possibile vaccinarli contro di loro con un vaccino. Quindi, questi sono un pericolo chiaro e presente….

“Intervistatore: Dici che si tratta di diversi coronavirus e che non puoi vaccinarli contro di loro e nessun antivirale, quindi cosa facciamo?

“Daszak: Beh, penso … coronavirus – puoi manipolarli in laboratorio abbastanza facilmente. La proteina Spike guida molto di ciò che accade con il coronavirus, nel rischio zoonotico. Quindi puoi ottenere la sequenza, puoi costruire la proteina e lavoriamo molto con Ralph Baric all’UNC per farlo. Inseriscilo nella spina dorsale di un altro virus e fai del lavoro in laboratorio. Quindi puoi essere più predittivo quando trovi una sequenza. Hai questa diversità. Ora la progressione logica per i vaccini è che, se hai intenzione di sviluppare un vaccino per la SARS, le persone useranno la SARS pandemica, ma inseriamo alcune di queste altre cose e otteniamo un vaccino migliore “. Gli inserimenti a cui si riferiva forse includevano un elemento chiamato sito di scissione della furina, discusso di seguito, che aumenta notevolmente l’infettività virale per le cellule umane.

Con uno stile sconnesso, il dottor Daszak si riferisce al fatto che una volta generato un nuovo coronavirus in grado di attaccare le cellule umane, puoi prendere la proteina spike e renderla la base per un vaccino.

Si può solo immaginare la reazione del dottor Daszak quando ha sentito dello scoppio dell’epidemia a Wuhan pochi giorni dopo. Avrebbe conosciuto meglio di chiunque altro l’obiettivo del Wuhan Institute di rendere i coronavirus dei pipistrelli infettivi per gli esseri umani, così come le debolezze nella difesa dell’istituto contro i propri ricercatori che venivano infettati.

Ma invece di fornire alle autorità sanitarie pubbliche le numerose informazioni a sua disposizione, ha immediatamente lanciato una campagna di pubbliche relazioni per convincere il mondo che l’epidemia non poteva essere stata causata da uno dei virus truccati dall’istituto. “L’idea che questo virus sia fuggito da un laboratorio è solo pura sciocchezza. Non è semplicemente vero “, ha dichiarato in un’aprile 2020 intervista .

Gli accordi di sicurezza presso l’Istituto di virologia di Wuhan

Forse il dottor Daszak non era a conoscenza, o forse conosceva fin troppo bene, la lunga storia di virus che sfuggivano anche ai laboratori meglio gestiti. Il virus del vaiolo è fuggito tre volte dai laboratori in Inghilterra negli anni ’60 e ’70, causando 80 casi e 3 morti. Da allora virus pericolosi sono fuoriusciti dai laboratori quasi ogni anno. Venendo a tempi più recenti, il virus SARS1 si è dimostrato un vero artista della fuga, fuoriuscendo dai laboratori di Singapore, Taiwan e non meno di quattro volte dall’Istituto nazionale cinese di virologia di Pechino.

Uno dei motivi per cui la SARS1 è così difficile da gestire è che non c’erano vaccini disponibili per proteggere i lavoratori di laboratorio. Come il dottor Daszak ha menzionato nella sua intervista del 19 dicembre citata sopra, anche i ricercatori di Wuhan non erano stati in grado di sviluppare vaccini contro i coronavirus che avevano progettato per infettare le cellule umane. Sarebbero stati indifesi contro il virus SARS2, se fosse stato generato nel loro laboratorio, come lo erano i loro colleghi di Pechino contro SARS1.

Una seconda ragione per il grave pericolo dei nuovi coronavirus ha a che fare con i livelli richiesti di sicurezza di laboratorio. Ci sono quattro gradi di sicurezza, designati da BSL1 a BSL4, con BSL4 che è il più restrittivo e progettato per agenti patogeni mortali come il virus Ebola.

L’Istituto di virologia di Wuhan aveva un nuovo laboratorio BSL4, ma il suo stato di prontezza ha notevolmente allarmato gli ispettori del Dipartimento di Stato che lo hanno visitato dall’ambasciata di Pechino nel 2018. “Il nuovo laboratorio ha una grave carenza di tecnici e investigatori adeguatamente formati necessari per operare in sicurezza questo laboratorio ad alto contenimento “, hanno scritto gli ispettori in un cablogramma del 19 gennaio 2018.

Il vero problema, tuttavia, non era lo stato di insicurezza del laboratorio BSL4 di Wuhan, ma il fatto che ai virologi di tutto il mondo non piace lavorare in condizioni BSL4. Devi indossare una tuta spaziale, fare operazioni in armadi chiusi e accettare che tutto richiederà il doppio del tempo. Quindi le regole che assegnano ogni tipo di virus a un determinato livello di sicurezza erano più lassiste di quanto alcuni potrebbero pensare fosse prudente.

Prima del 2020, le regole seguite dai virologi in Cina e altrove richiedevano che gli esperimenti con i virus SARS1 e MERS fossero condotti in condizioni BSL3. Ma tutti gli altri coronavirus di pipistrello potrebbero essere studiati in BSL2, il livello successivo inferiore. BSL2 richiede l’adozione di precauzioni di sicurezza piuttosto minime, come indossare camici e guanti da laboratorio, non aspirare liquidi in una pipetta e mettere segnali di pericolo biologico. Tuttavia, un esperimento di guadagno di funzione condotto in BSL2 potrebbe produrre un agente più contagioso di SARS1 o MERS. E se lo facesse, i lavoratori di laboratorio avrebbero un’alta probabilità di infezione, specialmente se non vaccinati.

Gran parte del lavoro della dottoressa Shi sul guadagno di funzione nei coronavirus è stato eseguito al livello di sicurezza BSL2, come affermato nelle sue pubblicazioni e in altri documenti. Ha detto in un’intervista alla rivista Science che “La ricerca sul coronavirus nel nostro laboratorio è condotta nei laboratori BSL-2 o BSL-3”.

“È chiaro che parte o tutto questo lavoro è stato eseguito utilizzando uno standard di biosicurezza – livello di biosicurezza 2, il livello di biosicurezza di uno studio dentistico statunitense standard – che rappresenterebbe un rischio inaccettabilmente alto di infezione del personale di laboratorio al contatto con un virus avendo le proprietà di trasmissione di SARS-CoV-2 “, afferma il dott. Ebright.

“È anche chiaro”, aggiunge, “che questo lavoro non avrebbe mai dovuto essere finanziato e non avrebbe mai dovuto essere eseguito”.

Questa è una visione che sostiene indipendentemente dal fatto che il virus SARS2 abbia mai visto o meno l’interno di un laboratorio.

La preoccupazione per le condizioni di sicurezza nel laboratorio di Wuhan non era, a quanto pare, fuori luogo. Secondo una scheda informativa rilasciata dal Dipartimento di Stato il 15 gennaio 2021, “Il governo degli Stati Uniti ha motivo di ritenere che diversi ricercatori all’interno della WIV si siano ammalati nell’autunno 2019, prima del primo caso identificato dell’epidemia, con sintomi coerenti con entrambi COVID-19 e malattie stagionali comuni. “

David Asher, un collega dell’Hudson Institute ed ex consulente del Dipartimento di Stato, ha fornito maggiori dettagli sull’incidente in un seminario . La conoscenza dell’incidente proveniva da un mix di informazioni pubbliche e “alcune informazioni di fascia alta raccolte dalla nostra comunità di intelligence”, ha detto. Tre persone che lavoravano in un laboratorio BSL3 dell’istituto si sono ammalate entro una settimana l’una dall’altra con sintomi gravi che hanno richiesto il ricovero in ospedale. Questo è stato “il primo cluster noto di cui siamo a conoscenza, di vittime di ciò che riteniamo essere COVID-19”. L’influenza non poteva essere completamente esclusa ma sembrava improbabile date le circostanze, ha detto.

Confronto degli scenari rivali dell’origine della SARS2

Le prove di cui sopra si aggiungono a un caso serio secondo cui il virus SARS2 potrebbe essere stato creato in un laboratorio, dal quale è poi fuggito. Ma il caso, per quanto sostanziale, non è sufficientemente provato. La prova consisterebbe nelle prove del Wuhan Institute of Virology, o dei relativi laboratori a Wuhan, che SARS2 o un virus predecessore erano in fase di sviluppo lì. Per la mancanza di accesso a tali registrazioni, un altro approccio è prendere alcuni fatti salienti sul virus SARS2 e chiedersi quanto bene ciascuno di essi sia spiegato dai due scenari di origine rivali, quelli dell’emergenza naturale e della fuga dal laboratorio. Ecco quattro test delle due ipotesi. Alcuni hanno qualche dettaglio tecnico, ma questi sono tra i più convincenti per coloro che potrebbero voler seguire l’argomento.

1) Il luogo di origine.

Inizia con la geografia. I due parenti più stretti conosciuti del virus SARS2 sono stati raccolti da pipistrelli che vivono in grotte nello Yunnan, una provincia della Cina meridionale. Se il virus SARS2 avesse prima infettato le persone che vivevano nelle grotte dello Yunnan, ciò sosterrebbe fortemente l’idea che il virus si fosse diffuso naturalmente alle persone. Ma non è quello che è successo. La pandemia è scoppiata a 1.500 chilometri di distanza, a Wuhan.

I beta-coronavirus, la famiglia dei virus pipistrello a cui appartiene SARS2, infettano il pipistrello ferro di cavallo Rhinolophus affinis , che si estende in tutta la Cina meridionale. La portata dei pipistrelli è di 50 chilometri, quindi è improbabile che qualcuno sia arrivato a Wuhan. In ogni caso, i primi casi di pandemia di Covid-19 si sono verificati probabilmente a settembre, quando le temperature nella provincia di Hubei sono già abbastanza fredde da mandare in letargo i pipistrelli.

E se i virus pipistrello infettassero prima qualche ospite intermedio? Avresti bisogno di una popolazione di lunga data di pipistrelli in prossimità di un ospite intermedio, che a sua volta deve spesso incrociare le persone. Tutti questi scambi di virus devono avvenire da qualche parte fuori Wuhan, una metropoli frenetica che per quanto si sa non è un habitat naturale delle colonie di pipistrelli Rhinolophus . La persona infetta (o l’animale) che trasporta questo virus altamente trasmissibile deve aver viaggiato a Wuhan senza infettare nessun altro. Nessuno nella sua famiglia si è ammalato. Se la persona è saltata su un treno per Wuhan, nessun compagno di viaggio si è ammalato.

È una forzatura, in altre parole, far scoppiare la pandemia naturalmente fuori Wuhan e poi, senza lasciare traccia, fare la sua prima apparizione lì.

Per lo scenario di fuga dal laboratorio, un’origine Wuhan per il virus è un gioco da ragazzi. Wuhan ospita il principale centro cinese di ricerca sul coronavirus dove, come notato sopra, i ricercatori stavano ingegnerizzando geneticamente i coronavirus di pipistrello per attaccare le cellule umane. Lo stavano facendo nelle condizioni di sicurezza minime di un laboratorio BSL2. Se un virus con l’inaspettata contagiosità di SARS2 fosse stato generato lì, la sua fuga non sarebbe stata una sorpresa.

2) Storia naturale ed evoluzione

Il luogo iniziale della pandemia è una piccola parte di un problema più ampio, quello della sua storia naturale. I virus non fanno solo salti una volta da una specie all’altra. La proteina spike del coronavirus, adattata per attaccare le cellule di pipistrello, necessita di ripetuti salti verso un’altra specie, la maggior parte delle quali fallisce, prima di ottenere una mutazione fortunata. La mutazione – un cambiamento in una delle sue unità di RNA – fa sì che una diversa unità di amminoacidi venga incorporata nella sua proteina spike e rende la proteina spike più in grado di attaccare le cellule di alcune altre specie.

Attraverso molti altri aggiustamenti guidati dalle mutazioni, il virus si adatta al suo nuovo ospite, ad esempio un animale con cui i pipistrelli sono in frequente contatto. L’intero processo riprende quindi quando il virus si sposta da questo host intermedio alle persone.

Nel caso della SARS1, i ricercatori hanno documentato i successivi cambiamenti nella sua proteina spike man mano che il virus si è evoluto passo dopo passo in un pericoloso patogeno. Dopo essere passato dai pipistrelli agli zibetti, ci sono stati altri sei cambiamenti nella sua proteina spike prima che diventasse un patogeno lieve nelle persone. Dopo altre 14 modifiche, il virus si è adattato molto meglio all’uomo e con altre 4 l’ epidemia è decollata .

Ma quando cerchi le impronte di una transizione simile in SARS2, ti aspetta una strana sorpresa. Il virus non è cambiato quasi per niente, almeno fino a poco tempo fa. Fin dalla sua prima apparizione, si è adattato bene alle cellule umane. I ricercatori guidati da Alina Chan del Broad Institute hanno confrontato SARS2 con SARS1 in stadio avanzato, che a quel punto era ben adattato alle cellule umane, e hanno scoperto che i due virus erano altrettanto ben adattati. “Quando la SARS-CoV-2 è stata rilevata per la prima volta alla fine del 2019, era già pre-adattata alla trasmissione umana in una misura simile alla SARS-CoV dell’epidemia tardiva”, hanno scritto .

Anche coloro che pensano che l’origine del laboratorio sia improbabile concordano sul fatto che i genomi di SARS2 sono notevolmente uniformi. Il dottor Baric scrive che “i primi ceppi identificati a Wuhan, in Cina, hanno mostrato una diversità genetica limitata, il che suggerisce che il virus potrebbe essere stato introdotto da un’unica fonte”.

Una singola fonte sarebbe ovviamente compatibile con la fuga dal laboratorio, meno con l’enorme variazione e selezione che è il modo caratteristico dell’evoluzione di fare affari.

La struttura uniforme dei genomi di SARS2 non dà alcun accenno ad alcun passaggio attraverso un ospite animale intermedio, e nessun tale ospite è stato identificato in natura.

I sostenitori dell’emergenza naturale suggeriscono che la SARS2 sia incubata in una popolazione umana ancora da trovare prima di acquisire le sue proprietà speciali. O che sia saltato su un animale ospite fuori dalla Cina.

Tutte queste congetture sono possibili, ma tese. I sostenitori della fuga di notizie dal laboratorio hanno una spiegazione più semplice. SARS2 è stato adattato alle cellule umane sin dall’inizio perché è stato coltivato in topi umanizzati o in colture di laboratorio di cellule umane, proprio come descritto nella proposta di finanziamento del Dr. Daszak. Il suo genoma mostra poca diversità perché il segno distintivo delle culture di laboratorio è l’uniformità.

I sostenitori della fuga di laboratorio scherzano sul fatto che, naturalmente, il virus SARS2 ha infettato una specie ospite intermedia prima di diffondersi alle persone e che l’hanno identificata: un topo umanizzato dell’Istituto di virologia di Wuhan.

3) Il sito di scissione della pelliccia.

Il sito di scissione della furina è una parte minuscola dell’anatomia del virus, ma esercita una grande influenza sulla sua infettività. Si trova nel mezzo della proteina spike SARS2. Si trova anche al centro del puzzle della provenienza del virus.

La proteina spike ha due sottounità con ruoli diversi. Il primo, chiamato S1, riconosce il bersaglio del virus, una proteina chiamata enzima di conversione dell’angiotensina-2 (o ACE2) che fissa la superficie delle cellule che rivestono le vie aeree umane. Il secondo, S2, aiuta il virus, una volta ancorato alla cellula, a fondersi con la membrana della cellula. Dopo che la membrana esterna del virus si è coalizzata con quella della cellula colpita, il genoma virale viene iniettato nella cellula, dirotta il suo meccanismo di produzione delle proteine ​​e la costringe a generare nuovi virus.

Ma questa invasione non può iniziare finché le subunità S1 e S2 non sono state separate. E lì, proprio alla giunzione S1 / S2, c’è il sito di scissione della furina che assicura che la proteina spike venga tagliata esattamente nel posto giusto.

Il virus, un modello di progettazione economica, non porta una propria mannaia. Si affida alla cellula per fare il taglio al suo posto. Le cellule umane hanno uno strumento per tagliare le proteine ​​sulla loro superficie noto come furina. Furin taglierà qualsiasi catena proteica che trasporta il suo caratteristico sito di taglio target. Questa è la sequenza delle unità amminoacidiche prolina-arginina-arginina-alanina, o PRRA nel codice che si riferisce a ciascun amminoacido con una lettera dell’alfabeto. PRRA è la sequenza di amminoacidi al centro del sito di scissione della furina di SARS2.

I virus hanno tutti i tipi di trucchi intelligenti, quindi perché il sito di scissione della pelliccia si distingue? A causa di tutti i beta-coronavirus noti relativi alla SARS, solo SARS2 possiede un sito di scissione della furina. Tutti gli altri virus hanno la loro unità S2 tagliata in un sito diverso e con un meccanismo diverso.

In che modo SARS2 ha acquisito il suo sito di scissione della pelliccia? O il sito si è evoluto in modo naturale o è stato inserito dai ricercatori alla giunzione S1 / S2 in un esperimento di guadagno di funzione.

Considera prima l’origine naturale. Due modi in cui i virus si evolvono sono per mutazione e per ricombinazione. La mutazione è il processo di cambiamento casuale nel DNA (o RNA per i coronavirus) che di solito si traduce in un amminoacido in una catena proteica che viene scambiato con un altro. Molti di questi cambiamenti danneggiano il virus, ma la selezione naturale trattiene i pochi che fanno qualcosa di utile. La mutazione è il processo mediante il quale la proteina spike SARS1 ha gradualmente trasferito le sue cellule bersaglio preferite da quelle dei pipistrelli agli zibetti e poi agli umani.

La mutazione sembra un modo meno probabile per generare il sito di scissione della furina di SARS2, anche se non può essere completamente escluso. Le quattro unità amminoacidiche del sito sono tutte insieme e tutte nel posto giusto nella giunzione S1 / S2. La mutazione è un processo casuale innescato dagli errori di copia (quando vengono generati nuovi genomi virali) o dal decadimento chimico delle unità genomiche. Quindi colpisce in genere i singoli amminoacidi in punti diversi di una catena proteica. È molto più probabile che una stringa di amminoacidi come quella del sito di scissione della pelliccia venga acquisita tutti insieme attraverso un processo abbastanza diverso noto come ricombinazione.

La ricombinazione è uno scambio involontario di materiale genomico che si verifica quando due virus invadono la stessa cellula e la loro progenie viene assemblata con pezzi di RNA appartenenti all’altro. I beta-coronavirus si combinano solo con altri beta-coronavirus ma possono acquisire, per ricombinazione, quasi tutti gli elementi genetici presenti nel pool genomico collettivo. Ciò che non possono acquisire è un elemento che il pool non possiede. E nessun beta-coronavirus correlato alla SARS, la classe a cui appartiene SARS2, possiede un sito di scissione della furina.

I sostenitori dell’emergenza naturale affermano che SARS2 potrebbe aver rilevato il sito da un beta-coronavirus ancora sconosciuto. Ma i beta-coronavirus correlati alla SARS di pipistrello evidentemente non hanno bisogno di un sito di scissione della furina per infettare le cellule di pipistrello, quindi non c’è grande probabilità che qualcuno ne possieda uno, e in effetti nessuno è stato trovato finora.

L’argomento successivo dei sostenitori è che SARS2 ha acquisito il suo sito di scissione della pelliccia da persone. Un predecessore di SARS2 avrebbe potuto circolare nella popolazione umana per mesi o anni fino a quando ad un certo punto non ha acquisito un sito di scissione della furina dalle cellule umane. Allora sarebbe stato pronto a scoppiare come una pandemia.

Se questo è ciò che è accaduto, dovrebbero esserci tracce nei registri di sorveglianza ospedaliera delle persone infettate dal virus in lenta evoluzione. Ma finora nessuno è venuto alla luce. Secondo il rapporto dell’OMS sulle origini del virus , gli ospedali sentinella nella provincia di Hubei, sede di Wuhan, monitorano regolarmente malattie simil-influenzali e “non è stata osservata alcuna prova che suggerisca una trasmissione sostanziale di SARSCoV-2 nei mesi precedenti l’epidemia di dicembre. . “

Quindi è difficile spiegare come il virus SARS2 abbia raccolto naturalmente il suo sito di scissione della furina, sia per mutazione che per ricombinazione.

Ciò lascia un esperimento di guadagno di funzione. Per coloro che pensano che SARS2 possa essere scappato da un laboratorio, spiegare il sito di scissione della pelliccia non è affatto un problema. “Dal 1992 la comunità virologica sa che l’unico modo sicuro per rendere un virus più mortale è quello di dargli un sito di scissione della pelliccia all’incrocio S1 / S2 in laboratorio”, scrive il dottor Steven Quay, un imprenditore biotech interessato alle origini di SARS2. “Almeno undici esperimenti di guadagno di funzione, aggiungendo un sito furin per rendere un virus più infettivo, sono pubblicati nella letteratura aperta, tra cui [dal] Dr. Zhengli Shi, capo della ricerca sul coronavirus presso l’Istituto di virologia di Wuhan”.

4) Una questione di codoni

C’è un altro aspetto del sito di scissione della pelliccia che restringe ulteriormente il percorso per un’origine naturale dell’emergenza.

Come tutti sanno (o possono almeno ricordare dal liceo), il codice genetico utilizza tre unità di DNA per specificare ciascuna unità amminoacidica di una catena proteica. Quando vengono letti in gruppi di 3, i 4 diversi tipi di unità di DNA possono specificare 4 x 4 x 4 o 64 diverse triplette, o codoni come vengono chiamati. Poiché ci sono solo 20 tipi di amminoacidi, ci sono più che sufficienti codoni per girare, consentendo ad alcuni amminoacidi di essere specificati da più di un codone. L’amminoacido arginina, ad esempio, può essere designato da uno qualsiasi dei sei codoni CGU, CGC, CGA, CGG, AGA o AGG, dove A, U, G e C stanno per i quattro diversi tipi di unità in RNA.

Ecco dove diventa interessante. Organismi diversi hanno preferenze di codoni differenti. Alle cellule umane piace designare l’arginina con i codoni CGT, CGC o CGG. Ma CGG è il codone meno popolare del coronavirus per l’arginina. Tienilo a mente quando osservi come gli amminoacidi nel sito di scissione della furina sono codificati nel genoma di SARS2.

Ora il motivo funzionale per cui SARS2 ha un sito di scissione della furina, e i suoi virus cugini no, può essere visto allineando (in un computer) la stringa di quasi 30.000 nucleotidi nel suo genoma con quelli dei suoi cugini coronavirus, di cui il il più vicino finora conosciuto è quello chiamato RaTG13. Rispetto a RaTG13, SARS2 ha un inserto a 12 nucleotidi proprio alla giunzione S1 / S2. L’inserto è la sequenza T-CCT-CGG-CGG-GC. I codici CCT per prolina, i due CGG per due arginine e il GC è l’inizio di un codone GCA che codifica per alanina.

Ci sono diverse caratteristiche curiose in questo inserto, ma la più strana è quella dei due codoni CGG affiancati. Solo il 5% dei codoni di arginina di SARS2 sono CGG e il doppio codone CGG-CGG non è stato trovato in nessun altro beta-coronavirus. Allora come ha fatto SARS2 ad acquisire una coppia di codoni di arginina che sono favoriti dalle cellule umane ma non dai coronavirus?

I sostenitori dell’emergenza naturale hanno il compito di spiegare tutte le caratteristiche del sito di scissione della furina di SARS2. Devono postulare un evento di ricombinazione in un sito del genoma del virus in cui le ricombinazioni sono rare e l’inserimento di una sequenza di 12 nucleotidi con un doppio codone di arginina sconosciuto nel repertorio del beta-coronavirus, nell’unico sito nel genoma che potrebbe espandere in modo significativo l’infettività del virus.

“Sì, ma la tua formulazione rende questo suono improbabile: i virus sono specialisti in eventi insoliti”, è la risposta di David L. Robertson, un virologo dell’Università di Glasgow che considera la fuga dal laboratorio come una teoria del complotto. “La ricombinazione è naturalmente molto, molto frequente in questi virus, ci sono punti di interruzione della ricombinazione nella proteina spike e questi codoni sembrano insoliti proprio perché non abbiamo campionato abbastanza”.

Il dottor Robertson ha ragione sul fatto che l’evoluzione produce sempre risultati che possono sembrare improbabili ma in realtà non lo sono. I virus possono generare un numero incalcolabile di varianti, ma vediamo solo quella su un miliardo che la selezione naturale sceglie per la sopravvivenza. Ma questo argomento potrebbe essere spinto troppo oltre. Ad esempio, qualsiasi risultato di un esperimento di guadagno di funzione potrebbe essere spiegato come uno a cui l’evoluzione sarebbe arrivata nel tempo. E il gioco dei numeri può essere giocato in un altro modo. Perché il sito di scissione della furina sorga naturalmente nella SARS2, deve accadere una catena di eventi, ognuno dei quali è abbastanza improbabile per i motivi sopra indicati. È improbabile che una lunga catena con diversi passaggi improbabili possa mai essere completata.

Per lo scenario di fuga dal laboratorio, il doppio codone CGG non è una sorpresa. Il codone preferito dall’uomo viene utilizzato di routine nei laboratori. Quindi chiunque volesse inserire un sito di scissione della furina nel genoma del virus sintetizzerebbe la sequenza di produzione del PRRA in laboratorio e probabilmente userebbe i codoni CGG per farlo.

“Quando ho visto per la prima volta il sito di scissione della furina nella sequenza virale, con i suoi codoni di arginina, ho detto a mia moglie che era la pistola fumante per l’origine del virus”, ha detto David Baltimore, un eminente virologo ed ex presidente di CalTech. “Queste caratteristiche rappresentano una potente sfida all’idea di un’origine naturale per SARS2”, ha detto.

Un terzo scenario di origine

C’è una variazione nello scenario di emergenza naturale che vale la pena considerare. Questa è l’idea che SARS2 sia passato direttamente dai pipistrelli agli umani, senza passare attraverso un ospite intermedio come hanno fatto SARS1 e MERS. Uno dei principali sostenitori è il virologo David Robertson che osserva che SARS2 può attaccare molte altre specie oltre agli umani. Crede che il virus abbia sviluppato una capacità generalista mentre era ancora nei pipistrelli. Poiché i pipistrelli che infetta sono ampiamente distribuiti nella Cina meridionale e centrale, il virus ha avuto ampie opportunità di balzare alle persone, anche se sembra che l’abbia fatto solo in un’occasione nota. La tesi del dottor Robertson spiega perché finora nessuno ha trovato traccia di SARS2 in alcun ospite intermedio o in popolazioni umane sorvegliate prima di dicembre 2019. Spiegherebbe anche il fatto sconcertante che SARS2 non è cambiato da quando è apparso per la prima volta negli esseri umani – non non è necessario perché potrebbe già attaccare le cellule umane in modo efficiente.

Un problema con questa idea, tuttavia, è che se SARS2 è passato dai pipistrelli alle persone in un unico balzo e da allora non è cambiato molto, dovrebbe comunque essere bravo a infettare i pipistrelli. E sembra che non lo sia.

“Le specie di pipistrelli testate sono scarsamente infettate da SARS-CoV-2 ed è quindi improbabile che siano la fonte diretta dell’infezione umana”, scrive un gruppo scientifico scettico sull’emergenza naturale.

Tuttavia, il dottor Robertson potrebbe aver scoperto qualcosa. I coronavirus dei pipistrelli delle grotte dello Yunnan possono infettare le persone direttamente. Nell’aprile 2012 sei minatori che rimuovevano il guano di pipistrello dalla miniera di Mojiang hanno contratto una grave polmonite con sintomi simili a Covid-19 e tre alla fine sono morti. Un virus isolato dalla miniera di Mojiang, chiamato RaTG13, è ancora il parente più prossimo conosciuto di SARS2. Molto mistero circonda l’origine, la segnalazione e l’affinità stranamente bassa di RaTG13 per le cellule di pipistrello, così come la natura di 8 virus simili che la dottoressa Shi riferisce di aver raccolto contemporaneamente ma non ha ancora pubblicato nonostante la loro grande rilevanza per l’ascendenza di SARS2. Ma tutto questo è una storia per un’altra volta. Il punto qui è che i virus dei pipistrelli possono infettare le persone direttamente, anche se solo in condizioni speciali.

Quindi chi altri, oltre ai minatori che scavano il guano di pipistrello, entra in contatto particolarmente stretto con i coronavirus di pipistrello? Bene, i ricercatori del coronavirus lo fanno. La dottoressa Shi dice che lei e il suo gruppo hanno raccolto più di 1.300 campioni di pipistrelli durante circa 8 visite alla grotta di Mojiang tra il 2012 e il 2015, e senza dubbio ci sono state molte spedizioni in altre grotte dello Yunnan.

Immagina i ricercatori che fanno frequenti viaggi da Wuhan allo Yunnan e ritorno, mescolando guano di pipistrello in caverne buie e miniere, e ora inizi a vedere un possibile collegamento mancante tra i due luoghi. I ricercatori potrebbero essere stati infettati durante i loro viaggi di raccolta o mentre lavoravano con i nuovi virus presso l’Istituto di virologia di Wuhan. Il virus che è scappato dal laboratorio sarebbe stato un virus naturale, non uno prodotto da guadagni di funzionalità.

La tesi diretta dai pipistrelli è una chimera tra l’emergenza naturale e gli scenari di fuga dal laboratorio. È una possibilità che non può essere ignorata. Ma contro ciò è il fatto che 1) sia SARS2 che RaTG13 sembrano avere solo una debole affinità per le cellule di pipistrello, quindi non si può essere completamente sicuri che nessuno dei due abbia mai visto l’interno di un pipistrello; e 2) la teoria non è migliore dello scenario di emergenza naturale per spiegare come SARS2 ha ottenuto il suo sito di scissione della pelliccia, o perché il sito di scissione della pelliccia è determinato dai codoni di arginina preferiti dall’uomo invece che dai codoni preferiti dai pipistrelli.

Dove siamo fin qui

Né l’emergenza naturale né l’ipotesi di fuga dal laboratorio possono ancora essere escluse. Non ci sono ancora prove dirette per nessuno dei due. Quindi nessuna conclusione definitiva può essere raggiunta.

Detto questo, le prove disponibili si inclinano più fortemente in una direzione rispetto all’altra. I lettori si formeranno la propria opinione. Ma mi sembra che i sostenitori della fuga dal laboratorio possano spiegare tutti i fatti disponibili sulla SARS2 molto più facilmente di quanto possano fare coloro che favoriscono l’emergenza naturale.

È documentato che i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan stavano conducendo esperimenti di guadagno di funzione progettati per fare in modo che i coronavirus infettassero cellule umane e topi umanizzati. Questo è esattamente il tipo di esperimento da cui potrebbe essere emerso un virus simile a SARS2. I ricercatori non sono stati vaccinati contro i virus in studio e stavano lavorando nelle condizioni minime di sicurezza di un laboratorio BSL2. Quindi la fuga di un virus non sarebbe affatto sorprendente. In tutta la Cina, la pandemia è scoppiata alle porte dell’istituto di Wuhan. Il virus era già ben adattato agli esseri umani, come previsto per un virus cresciuto in topi umanizzati. Possedeva un insolito miglioramento, un sito di scissione della furina, che non è posseduto da nessun altro beta-coronavirus correlato alla SARS noto, e questo sito includeva un doppio codone di arginina sconosciuto anche tra i beta-coronavirus.

I sostenitori dell’emergenza naturale hanno una storia piuttosto difficile da raccontare. La plausibilità del loro caso si basa su un’unica ipotesi, il parallelo previsto tra l’emergere di SARS2 e quello di SARS1 e MERS. Ma nessuna delle prove attese a sostegno di una tale storia parallela è ancora emersa. Nessuno ha trovato la popolazione di pipistrelli che era la fonte della SARS2, se davvero ha mai infettato i pipistrelli. Nessun ospite intermedio si è presentato, nonostante un’intensa ricerca da parte delle autorità cinesi che ha incluso il test su 80.000 animali. Non ci sono prove che il virus faccia salti multipli indipendenti dal suo ospite intermedio alle persone, come hanno fatto sia il virus SARS1 che il virus MERS. Non ci sono prove dai registri di sorveglianza ospedaliera che l’epidemia aumenti di intensità nella popolazione con l’evoluzione del virus. Non c’è alcuna spiegazione del motivo per cui un’epidemia naturale dovrebbe scoppiare a Wuhan e in nessun altro luogo. Non c’è una buona spiegazione di come il virus abbia acquisito il suo sito di scissione della furina, che nessun altro beta-coronavirus correlato alla SARS possiede, né perché il sito sia composto da codoni preferiti dall’uomo. La teoria dell’emergenza naturale combatte contro una serie irta di implausibilità.

I registri dell’Istituto di virologia di Wuhan contengono certamente molte informazioni rilevanti. Ma sembra improbabile che le autorità cinesi li rilascino data la sostanziale possibilità che incriminino il regime nella creazione della pandemia. In assenza degli sforzi di qualche coraggioso informatore cinese, potremmo già avere a portata di mano quasi tutte le informazioni rilevanti che probabilmente riceveremo per un po ‘.

Quindi vale la pena provare a valutare la responsabilità della pandemia, almeno in modo provvisorio, perché l’obiettivo principale resta quello di prevenirne un’altra. Anche coloro che non sono convinti che la fuga dal laboratorio sia l’origine più probabile del virus SARS2 potrebbero vedere motivo di preoccupazione per lo stato attuale della regolamentazione che regola la ricerca sul guadagno di funzione. Ci sono due ovvi livelli di responsabilità: il primo, per consentire ai virologi di eseguire esperimenti di guadagno di funzione, offrendo un guadagno minimo e un rischio enorme; il secondo, se effettivamente SARS2 è stato generato in un laboratorio, per aver permesso al virus di sfuggire e scatenare una pandemia mondiale. Ecco i giocatori che sembrano più probabilmente meritevoli di colpa.

1. Virologi cinesi

Innanzitutto, i virologi cinesi sono i responsabili di aver eseguito esperimenti di guadagno di funzione in condizioni di sicurezza per lo più di livello BSL2 che erano troppo permissive per contenere un virus di inaspettata infettività come la SARS2. Se il virus è davvero fuggito dal loro laboratorio, meritano la censura mondiale per un prevedibile incidente che ha già causato la morte di 3 milioni di persone.

È vero, il dottor Shi è stato formato da virologi francesi, ha lavorato a stretto contatto con virologi americani e stava seguendo le regole internazionali per il contenimento dei coronavirus. Ma avrebbe potuto e dovuto fare la propria valutazione dei rischi che stava correndo. Lei e i suoi colleghi hanno la responsabilità delle loro azioni.

Ho usato il Wuhan Institute of Virology come abbreviazione per tutte le attività virologiche a Wuhan. È possibile che SARS2 sia stato generato in qualche altro laboratorio di Wuhan, forse nel tentativo di realizzare un vaccino che funzionasse contro tutti i coronavirus. Ma fino a quando il ruolo di altri virologi cinesi non sarà chiarito, la dottoressa Shi è il volto pubblico del lavoro cinese sui coronavirus, e provvisoriamente lei ei suoi colleghi saranno i primi in fila per l’obiezione.

2. Autorità cinesi

Le autorità centrali cinesi non hanno generato la SARS2, ma hanno sicuramente fatto del loro meglio per nascondere la natura della tragedia e la responsabilità della Cina al riguardo. Hanno soppresso tutti i record presso l’Istituto di virologia di Wuhan e chiuso i suoi database di virus. Hanno rilasciato un rivolo di informazioni, molte delle quali potrebbero essere state del tutto false o progettate per fuorviare e fuorviare. Hanno fatto del loro meglio per manipolare l’indagine dell’OMS sulle origini del virus e hanno guidato i membri della commissione in una corsa infruttuosa. Finora si sono dimostrati molto più interessati a deviare le colpe che a prendere le misure necessarie per prevenire una seconda pandemia.

3. La comunità mondiale dei virologi

I virologi di tutto il mondo sono una comunità professionale molto unita. Scrivono articoli nelle stesse riviste. Partecipano alle stesse conferenze. Hanno interessi comuni nel cercare fondi dai governi e nel non essere sovraccaricati di norme di sicurezza.

I virologi conoscevano meglio di chiunque altro i pericoli della ricerca sul guadagno di funzione. Ma il potere di creare nuovi virus e il finanziamento della ricerca ottenibile in questo modo erano troppo allettanti. Sono andati avanti con esperimenti sul guadagno di funzione. Hanno fatto pressioni contro la moratoria imposta sui finanziamenti federali per la ricerca sul guadagno di funzione nel 2014 ed è stata sollevata nel 2017.

I benefici della ricerca nel prevenire future epidemie sono stati finora nulli, i rischi enormi. Se la ricerca sui virus SARS1 e MERS potesse essere effettuata solo a livello di sicurezza BSL3, era sicuramente illogico consentire qualsiasi lavoro con nuovi coronavirus a livello inferiore di BSL2. Indipendentemente dal fatto che SARS2 sia scappato da un laboratorio, i virologi di tutto il mondo hanno giocato con il fuoco.

Il loro comportamento ha da tempo allarmato altri biologi. Nel 2014 gli scienziati che si chiamavano Cambridge Working Group hanno sollecitato cautela nella creazione di nuovi virus. In parole preveggenti, hanno specificato il rischio di creare un virus simile a SARS2. “I rischi di incidenti con” potenziali patogeni pandemici “di nuova creazione sollevano nuove gravi preoccupazioni”, hanno scritto . “La creazione in laboratorio di nuovi ceppi altamente trasmissibili di virus pericolosi, specialmente ma non limitati all’influenza, pone rischi sostanzialmente maggiori. Un’infezione accidentale in tale contesto potrebbe innescare focolai che sarebbero difficili o impossibili da controllare “.

Quando i biologi molecolari hanno scoperto una tecnica per spostare i geni da un organismo a un altro, hanno tenuto una conferenza pubblica ad Asilomar nel 1975 per discutere i possibili rischi. Nonostante la forte opposizione interna, hanno redatto un elenco di rigorose misure di sicurezza che potrebbero essere allentate in futuro – e debitamente lo furono – quando i possibili pericoli fossero stati meglio valutati.

Quando è stata inventata la tecnica CRISPR per modificare i geni, i biologi hanno convocato un rapporto congiunto delle accademie scientifiche nazionali statunitensi, britanniche e cinesi per sollecitare la moderazione nell’apportare modifiche ereditabili al genoma umano. Anche i biologi che hanno inventato i gene drive sono stati aperti sui pericoli del loro lavoro e hanno cercato di coinvolgere il pubblico.

Si potrebbe pensare che la pandemia di SARS2 spinga i virologi a rivalutare i benefici della ricerca sul guadagno di funzione, anche per coinvolgere il pubblico nelle loro deliberazioni. Ma no. Molti virologi deridono la fuga di laboratorio come una teoria del complotto e altri non dicono nulla. Si sono barricati dietro un muro di silenzio cinese che finora sta funzionando bene per fugare, o almeno rimandare, la curiosità dei giornalisti e l’ira del pubblico. Le professioni che non possono autoregolarsi meritano di essere regolamentate da altri, e questo sembrerebbe essere il futuro che i virologi scelgono per se stessi.

4. Il ruolo degli Stati Uniti nel finanziamento dell’Istituto di virologia di Wuhan

Da giugno 2014 a maggio 2019, l’EcoHealth Alliance del Dr.Daszak ha ricevuto una sovvenzione dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), parte del National Institutes of Health, per svolgere ricerche sul guadagno di funzione con i coronavirus presso il Wuhan Institute of Virologia. Indipendentemente dal fatto che la SARS2 sia il prodotto di quella ricerca, sembra una politica discutibile distribuire la ricerca ad alto rischio a laboratori stranieri non sicuri utilizzando precauzioni di sicurezza minime. E se il virus SARS2 fosse davvero fuggito dall’istituto di Wuhan, allora il NIH si troverebbe nella terribile posizione di aver finanziato un esperimento disastroso che ha portato alla morte di oltre 3 milioni in tutto il mondo, tra cui più di mezzo milione dei suoi stessi cittadini. .

La responsabilità del NIAID e del NIH è ancora più acuta perché per i primi tre anni della concessione a EcoHealth Alliance c’era una moratoria sul finanziamento della ricerca sul guadagno di funzione. Perché quindi le due agenzie non hanno interrotto il finanziamento federale come apparentemente richiesto dalla legge? Perché qualcuno ha scritto una scappatoia nella moratoria.

La moratoria ha specificamente vietato di finanziare qualsiasi ricerca sul guadagno di funzione che aumentasse la patogenicità dei virus influenzali, MERS o SARS. Ma poi una nota a p. 2 del documento di moratoria afferma che “Si può ottenere un’eccezione dalla pausa della ricerca se il capo dell’agenzia di finanziamento USG determina che la ricerca è urgentemente necessaria per proteggere la salute pubblica o la sicurezza nazionale”.

Ciò sembra significare che il direttore del NIAID, il dottor Anthony Fauci, o il direttore del NIH, il dottor Francis Collins, o forse entrambi, avrebbero invocato la nota a piè di pagina per mantenere il flusso di denaro a favore del dottor Shi ricerca funzionale.

“Sfortunatamente, il direttore del NIAID e il direttore del NIH hanno sfruttato questa scappatoia per emettere esenzioni ai progetti soggetti alla Pausa – affermando prepotentemente che la ricerca esentata era ‘urgentemente necessaria per proteggere la salute pubblica o la sicurezza nazionale’ ‘- annullando così la Pausa”, il Dr. Richard Ebright ha detto in un’intervista a Independent Science News.

Quando la moratoria si è conclusa nel 2017, non solo è svanita, ma è stata sostituita da un sistema di segnalazione, il Potential Pandemic Pathogens Control and Oversight (P3CO) Framework, che richiedeva alle agenzie di segnalare per la revisione qualsiasi lavoro di guadagno di funzione pericoloso che desideravano finanziare.

Secondo il dottor Ebright, sia il dottor Collins che il dottor Fauci “hanno rifiutato di segnalare e inoltrare proposte per la revisione del rapporto rischio-beneficio, annullando così il quadro P3CO”.

A suo avviso, i due funzionari, nel trattare la moratoria e il conseguente sistema di rendicontazione, “hanno sistematicamente ostacolato gli sforzi della Casa Bianca, del Congresso, degli scienziati e degli specialisti della politica scientifica per regolamentare la ricerca del GoF [guadagno di funzione] di preoccupazione.”

Forse i due funzionari dovevano tenere conto di questioni non evidenti nel registro pubblico, come le questioni di sicurezza nazionale. Forse il finanziamento dell’Istituto di virologia di Wuhan, che si ritiene abbia legami con i virologi militari cinesi, ha fornito una finestra sulla ricerca sulla guerra biologica cinese. Ma qualunque altra considerazione possa essere stata coinvolta, la linea di fondo è che il National Institutes of Health stava sostenendo la ricerca sul guadagno di funzione, di un tipo che avrebbe potuto generare il virus SARS2, in un laboratorio straniero non supervisionato che stava lavorando in BSL2 condizioni di biosicurezza. La prudenza di questa decisione può essere messa in dubbio, se la SARS2 e la morte di 3 milioni di persone ne siano state il risultato.

In conclusione sul coronavirus

Se il caso che SARS2 ha avuto origine in un laboratorio è così sostanziale, perché questo non è più noto? Come può essere ovvio, ci sono molte persone che hanno motivo di non parlarne. La lista è guidata, ovviamente, dalle autorità cinesi. Ma i virologi negli Stati Uniti e in Europa non hanno grande interesse ad accendere un dibattito pubblico sugli esperimenti di guadagno di funzione che la loro comunità porta avanti da anni.

Né altri scienziati si sono fatti avanti per sollevare la questione. I fondi governativi per la ricerca sono distribuiti su consiglio di comitati di esperti scientifici provenienti dalle università. Chiunque scuota la barca sollevando questioni politiche imbarazzanti corre il rischio che la sua borsa di studio non venga rinnovata e la sua carriera di ricerca venga interrotta. Forse un buon comportamento viene ricompensato con i numerosi vantaggi offerti dal sistema di distribuzione. E se pensavi che il dottor Andersen e il dottor Daszak avrebbero potuto cancellare la loro reputazione di obiettività scientifica dopo i loro attacchi partigiani allo scenario di fuga dal laboratorio, guarda il 2 ° e il 3 ° nome in questo elenco di destinatari di una sovvenzione di 82 milioni di dollari annunciata dal Istituto nazionale di allergia e malattie infettive nell’agosto 2020.

Il governo degli Stati Uniti condivide uno strano interesse comune con le autorità cinesi: nessuno dei due è interessato a richiamare l’attenzione sul fatto che il lavoro sul coronavirus del dottor Shi è stato finanziato dal National Institutes of Health degli Stati Uniti. Si può immaginare la conversazione dietro le quinte in cui il governo cinese dice: “Se questa ricerca era così pericolosa, perché l’hai finanziata, e anche sul nostro territorio?” A cui gli Stati Uniti potrebbero rispondere: “Sembra che sia stato tu a lasciarlo scappare. Ma abbiamo davvero bisogno di tenere questa discussione in pubblico? “

Il dottor Fauci è un funzionario pubblico di lunga data che ha servito con integrità sotto il presidente Trump e ha ripreso la leadership nell’amministrazione Biden nella gestione dell’epidemia di Covid. Il Congresso, senza dubbio comprensibilmente, potrebbe avere scarso desiderio di trascinarlo sulle braci per l’apparente errore di giudizio nel finanziare la ricerca sul guadagno di funzione a Wuhan.

A questi muri di silenzio si deve aggiungere quello dei media mainstream. Per quanto ne so, nessun importante giornale o rete televisiva ha ancora fornito ai lettori una notizia approfondita sullo scenario di fuga dal laboratorio, come quella che hai appena letto, sebbene alcuni abbiano pubblicato brevi editoriali o articoli di opinione. Si potrebbe pensare che qualsiasi origine plausibile di un virus che ha ucciso tre milioni di persone meriterebbe un’indagine seria. O che la saggezza di continuare la ricerca sul guadagno di funzione, indipendentemente dall’origine del virus, varrebbe la pena di indagare. O che il finanziamento della ricerca sul guadagno di funzione da parte del NIH e del NIAID durante una moratoria su tali finanziamenti sarebbe oggetto di indagine. Cosa spiega l’apparente mancanza di curiosità dei media?

L’ omertà dei virologi è una delle ragioni. I giornalisti scientifici, a differenza dei giornalisti politici, hanno poco scetticismo innato sulle motivazioni delle loro fonti; la maggior parte vede il proprio ruolo principalmente nel fornire la saggezza degli scienziati alle masse non lavate. Quindi, quando le loro fonti non aiutano, questi giornalisti sono perplessi.

Un altro motivo, forse, è la migrazione di gran parte dei media verso la sinistra dello spettro politico. Poiché il presidente Trump ha affermato che il virus era fuggito da un laboratorio di Wuhan, i redattori hanno dato all’idea poco credito. Si sono uniti ai virologi nel considerare la fuga dal laboratorio come una teoria del complotto irricevibile. Durante l’amministrazione Trump, non hanno avuto problemi a rifiutare la posizione dei servizi di intelligence secondo cui la fuga dal laboratorio non poteva essere esclusa. Ma quando Avril Haines, direttore dell’intelligence nazionale del presidente Biden, ha detto la stessa cosa, anche lei è stata ampiamente ignorata. Questo non vuol dire che gli editori avrebbero dovuto approvare lo scenario di fuga dal laboratorio, ma semplicemente che avrebbero dovuto esplorare la possibilità in modo completo ed equo.

Le persone in tutto il mondo che sono state praticamente confinate nelle loro case nell’ultimo anno potrebbero desiderare una risposta migliore di quella che i loro media stanno dando loro. Forse ne emergerà uno in tempo. Dopotutto, più mesi passano senza che la teoria dell’emergenza naturale ottenga un brandello di prove a sostegno, meno può sembrare plausibile. Forse la comunità internazionale dei virologi finirà per essere vista come una guida falsa e interessata. La percezione del buon senso che una pandemia scoppiata a Wuhan potrebbe avere qualcosa a che fare con un laboratorio di Wuhan che prepara nuovi virus di massimo pericolo in condizioni non sicure potrebbe alla fine sostituire l’insistenza ideologica che qualunque cosa Trump abbia detto non può essere vera.

E poi che la resa dei conti abbia inizio.

Nicholas Wade

30 aprile 2021

Ringraziamenti

La prima persona a esaminare seriamente le origini del virus SARS2 è stata Yuri Deigin, un imprenditore biotecnologico in Russia e Canada. In un lungo e brillante saggio , ha analizzato la biologia molecolare del virus SARS2 e ha sollevato, senza avallare, la possibilità che fosse stato manipolato. Il saggio, pubblicato il 22 aprile 2020, ha fornito una tabella di marcia per chiunque cerchi di comprendere le origini del virus. Deigin ha inserito così tante informazioni e analisi nel suo saggio che alcuni hanno dubitato che potesse essere il lavoro di un singolo individuo e hanno suggerito che qualche agenzia di intelligence doveva averlo scritto. Ma il saggio è scritto con maggiore leggerezza e umorismo di quanto sospetto si trovino mai nei rapporti della CIA o del KGB, e non vedo motivo di dubitare che il Dr. Deigin sia il suo unico autore molto capace.

Sulla scia di Deigin hanno seguito molti altri scettici dell’ortodossia dei virologi. Nikolai Petrovsky ha calcolato quanto strettamente il virus SARS2 si lega ai recettori ACE2 di varie specie e ha scoperto con sua sorpresa che sembrava ottimizzato per il recettore umano , portandolo a dedurre che il virus potrebbe essere stato generato in un laboratorio. Alina Chan ha pubblicato un documento che mostra che SARS2 dalla sua prima apparizione si è adattato molto bene alle cellule umane.

Uno dei pochissimi scienziati dell’establishment ad aver messo in dubbio l’assoluto rifiuto da parte dei virologi della fuga dal laboratorio è Richard Ebright, che da tempo mette in guardia contro i pericoli della ricerca sul guadagno di funzione. Un altro è David A. Relman della Stanford University. “Anche se abbondano opinioni forti, nessuno di questi scenari può essere escluso o escluso con sicurezza con i fatti attualmente disponibili”, ha scritto . Complimenti anche a Robert Redfield, ex direttore dei Centers for Disease Control and Prevention, che il 26 marzo 2021 ha detto alla CNN che la causa “più probabile” dell’epidemia era “da un laboratorio”, perché dubitava che un virus del pipistrello potesse diventare un patogeno umano estremo dall’oggi al domani, senza perdere tempo per evolversi, come sembrava essere il caso della SARS2.

Steven Quay, un medico-ricercatore, ha applicato strumenti statistici e bioinformatici a ingegnose esplorazioni dell’origine del virus, mostrando ad esempio come gli ospedali che ricevono i primi pazienti sono raggruppati lungo la linea della metropolitana Wuhan №2 che collega l’Istituto di virologia a un’estremità con l’aeroporto internazionale all’altro, il nastro trasportatore perfetto per distribuire il virus dal laboratorio al globo.

Nel giugno 2020 Milton Leitenberg ha pubblicato un primo sondaggio sulle prove che favoriscono la fuga di laboratorio dalla ricerca sul guadagno di funzione presso l’Istituto di virologia di Wuhan.

Molti altri hanno contribuito con pezzi significativi del puzzle. “La verità è figlia”, ha detto Francis Bacon, “non dell’autorità ma del tempo”. Gli sforzi di persone come quelle sopra citate sono ciò che lo rende così.

tradotto e pubblicato su https://oltrelalinea.news/2021/05/11/cosi-il-coronavirus-e-nato-in-un-laboratorio-di-wuhan-tutta-la-verita/?fbclid=IwAR3gFRAQVGUHLH9lEwpTOS_4ZARahAmXZbjmK7DkwnluaqJD6j7Nr4VOMDg

Covid 19_Lettera al Presidente, del dr Giuseppe Imbalzano

Il male non è soltanto di chi lo fa, è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce.
Tucidide
Ill.mo Sig. Presidente.
Mi rivolgo a Lei perché molto di quanto debba essere fatto per mitigare la diffusione di questa epidemia non viene messo in atto.
Sono stato direttore sanitario di più aziende sanitarie in Lombardia, tra cui Lodi e Bergamo. Ho predisposto più piani di emergenza e il piano pandemico della influenza H1N1, attuandolo poi nello sviluppo degli interventi di mitigazione e gestione dei servizi sanitari specifici.
Sarò molto semplice nelle considerazioni. Posso fornire la documentazione relativa per dare atto di quanto scrivo in questa breve presentazione. Se mi verrà fornito un indirizzo mail invierò il libro “Il Covid 19-I costi del non fare o del non fare bene” e alcuni articoli in cui ho cercato di identificare tutti gli errori e gli elementi critici che hanno determinato questo disastro epocale che, purtroppo, non è ancora concluso. E che non si concluderà con la vaccinazione se non della intera popolazione.
La mancata capacità di gestione e di governo di questa infezione, che è comunque gestibile (come dimostrato da più nazioni dove l’epidemia è ben controllata), è correlata ad errori gravi che sono stati perpetuati nel corso di questi 15 mesi di disastro sanitario, economico e sociale.
La carenza di esperti di governo delle attività sanitarie territoriali e ospedaliere, della organizzazione e gestione delle criticità relative alle esigenze assistenziali, crea certamente un difetto nella riorganizzazione degli interventi e nella risposta coerente a tutte le esigenze che si manifestano e alle risposte che devono essere garantite per ridurre la diffusione epidemica.
È stato dimostrato che oltre il 50% dei nuovi casi (in Cina era superiore all’80%) avviene in famiglia, non durante gli incontri familiari sporadici, ma per la presenza di un singolo malato che poi diffonde la malattia agli altri componenti della famiglia. L’errore, gravissimo, è stato quello di utilizzare lo stesso modello, l’isolamento fiduciario domiciliare (l’assistenza del malato in isolamento fiduciario è la norma per i malati infettivi delle infezioni endemiche per le quali gran parte della popolazione è protetta, vaccinata o ha avuto le infezioni, come esempio le infezioni infantili), per una infezione che interessa una popolazione vergine con la relativa immediata diffusione (l’indagine Istat pubblicata in agosto indica le principali linee di trasmissione infettiva e individua nel 60% la trasmissione intrafamiliare).
Non voglio parlare di aperture o chiusure dell’Italia, ma di cosa debba essere riorganizzato nella gestione della epidemia, che è stata, ed è, la maggiore causa di questa condizione di tragedia che si sta protraendo ormai da oltre 15 mesi.
La riapertura delle attività in Italia pone gravi rischi, ed è la situazione economica a governare tale scelta, con molte distorsioni rispetto a quanto sia necessario fare.
Ma molte azioni sono mancate e mancano.
Le enumero e sono a disposizione per illustrare e approfondire
• La comunicazione è stata ed è del tutto inadeguata, il “dirigismo” non educa e crea reazioni incontrollate e prive di razionalità
• I Cittadini ancora non hanno compreso cosa sia questa infezione e come si diffonda e come evitare di diffonderla e di ammalarsi
• Mancano i piani operativi corretti locali e regionali per la gestione di questa epidemia
• Non riusciamo a prevenire i contagi
• Non siamo arrivati a tracciare e a interrompere la catena di trasmissione del virus
• Non riusciamo a testare i sintomatici e rintracciare i loro contatti in modo completo
• Non riusciamo ad assistere in modo adeguato i malati non ricoverati in ospedale, separandoli dai sani, e garantendo un rientro in famiglia solo quando il paziente è completamente guarito e non infettivo
• Non riusciamo ad individuare ambienti in cui assistere i possibili contatti da mantenere in quarantena e ad avere sufficienti luoghi di ricovero extraospedaliero per non creare cluster familiari, che, come abbiamo visto, hanno determinato quasi il 60% dei nuovi casi
• L’attivazione di USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), mediche ed infermieristiche ambulatoriali e domiciliari, in sostituzione della medicina generale classica per pazienti affetti da patologie infettive trasmissibili, non è stata completa e ben distribuita su tutto il territorio regionale e nazionale.
• Non abbiamo la garanzia che il 100% dei pazienti sia assistito adeguatamente in ambienti protetti per evitare ulteriori infezioni senza la creazione di cluster familiari o locali
• Sono stati distinti gli ospedali e le strutture sanitarie indirizzate unicamente ad attività di ricovero per malati infettivi senza creare, in alcun modo, ospedali misti?
• Il personale sanitario è garantito nella propria attività quotidiana, evitando ambienti sociali in cui è possibile la diffusione infettiva?
• Le informazioni e l’educazione dei Cittadini è adeguata e possiamo essere certi che i messaggi di protezione individuale e di prevenzione della infezione siano stati compresi e applicati? Ancora oggi le persone non sanno portare la mascherina in modo adeguato
• Il materiale di protezione è disponibile e garantito e ha un costo accettabile?
• È stato distribuito a tutti i cittadini non in condizione di acquistarlo (vediamo molti Cittadini con le stesse mascherine che usano ormai da mesi)?
• Le regole che sono state indicate sono sufficienti e sono state esposte in modo adeguato a chi dovrebbe seguirle?
• Viene garantito il controllo delle regole?
• Qual è il modello di gestione della comunità in attesa che sia dispensato a tutta la popolazione il vaccino e siano disponibili terapie adeguate, considerato che è indispensabile, durante e dopo la vaccinazione, mantenere un comportamento rigoroso per evitare nuovi cluster infettivi?
• La popolazione a rischio, anziani, malati cronici, immunodepressi, soggetti fragili, etc. è sufficientemente protetta e garantita?
• È garantita particolare attenzione alle esigenze sociali e cliniche dei pazienti fragili, non Covid, a domicilio per permettere di svolgere una assistenza che non conduca alla necessità di ricoveri ospedalieri?
• Considerato che dobbiamo attenderci nuove recrudescenze del virus, come dobbiamo operare per garantire l’intera popolazione e quella più suscettibile a subire i danni più gravi determinati dal virus?
• È stato attivato un servizio di sorveglianza e follow up dei malati che sono stati affetti da Covid?
Il nuovo modello di gestione “a colori”, in vigore da novembre, ha ridotto e controllato effettivamente il numero di casi o ha indotto comportamenti opportunistici che hanno consentito alle Regioni di ridimensionare la casistica effettiva delle infezioni e ottenere un riconoscimento “sbiadito” della colorazione delle proprie Regioni?
Valutazioni internazionali indicano come in Italia i casi effettivamente individuati sono circa il 50% di quelli effettivamente presenti (IHME Italy covid-19 results briefing April 15, 2021).
Dalla mia analisi personale alcune Regioni hanno percentuali di ricoverati pari al 2% mentre altre superano il 15% dei malati, condizione del tutto irrealistica e non coerente con questa infezione. Alcune Regioni hanno un comportamento di estremo rigore mentre altre tendono ad “alleviare” quantitativamente le proprie situazioni epidemiche. La tensione alla riapertura dei bar supera la responsabilità ad evitare nuove infezioni e nuovi decessi e sono del tutto inaccettabili. Solo l’eliminazione del virus potrà consentire un ritorno alla normale vita per tutti noi
L’indice individuato (250 casi per 100 mila abitanti a settimana, corrispondono a circa 7 milioni di casi all’anno, con un denominatore che resta sempre di 60 milioni mentre tra popolazione vaccinata e che ha avuto il covid (in totale oltre il 20% della popolazione) dovrebbe portare ad un denominatore di 45- 48 milioni di Cittadini. Questo limite porta ad una proiezione di mortalità di oltre 140 mila persone, come limite per la sospensione delle attività. Non è certo coerente con una garanzia di sicurezza e rappresenta un elemento di elevata criticità per i Cittadini. In Germania il limite è di cento (100) casi per centomila abitanti, solo per fare un confronto
Le vaccinazioni sono diventate un elemento non sempre gestito adeguatamente. Il mancato coinvolgimento, costi quel che costi, dei medici di famiglia, coadiuvati da volontari per l’organizzazione, oltre a rendere disponibili oltre 50 mila operatori, la selezione dei vaccinandi e la risposta positiva della popolazione sarebbe stata ben più elevata, non creando molte delle criticità che sono in atto e non dimenticando soggetti “fragili” come neoplastici, diabetici etc. anche di giovane età. E invenzioni organizzative non sempre condivisibili.
Questi sono molti degli errori e delle criticità che sono in atto e che vanno modificati per poter ridurre da subito i casi di infezione e garantire un ritorno alla normalità che tutti ci attendiamo. E poi un consolidamento della riduzione dei casi sino all’eradicamento di questa infezione.
Ci sono anche altri problemi, che sarebbe bene approfondire e modificare per ovviare a quanto sta accadendo e alla confusione attuale, senza prospettive di risultato, che abbiamo in atto in questo periodo.
Se potrò trasmettere qualche altro documento saranno chiare anche le modalità operative per gestire diversamente quanto sta accadendo (e perché non si risolve) la situazione epidemica in atto.
Sono a Sua disposizione per ogni eventuale chiarimento e approfondimento. Sottolineo che i nostri organismi scientifici mancano di figure operative e che conoscano il sistema e la gestione territoriale, con le conseguenze che la lettura che viene messa in atto non sempre corrisponde alla realtà presente.
Con il massimo ossequio
Giuseppe Imbalzano

Covid 19, come prima più di prima_intervista al dottor Giuseppe Imbalzano

La crisi pandemica prosegue senza soluzione di continuità. La sequela di provvedimenti poco coerenti tra di loro, la logica raffazzonata che guida i comportamenti e informa le direttive, la sovrapposizione di funzioni rischiano di neutralizzare quel poco di iniziative più lucide intraprese dal nuovo governo. Il fattore tempo è cruciale per un paese in una condizione di emergenza dai tempi indefiniti. Un vero e proprio ossimoro che rischia di dilapidare le residue risorse e i residui fattori di coesione indispensabili a consentire una ripresa quantomeno accettabile. La crisi pandemica ha messo completamente e contemporaneamente a nudo le troppe debolezze di un paese ormai sempre più esposto passivamente alle intemperie politiche interne e geopolitiche. E’ qualcosa di più serio di un complotto e di un piano preordinato da soggetti ben individuati o quantomeno individuabili; è una situazione di stallo e di degrado opera di una classe dirigente decadente impegnata a perpetuarsi a scapito di gran parte del nostro paese. E’ in questo contesto e con questo presupposto che si inseriscono i complessi giochi e gli enormi interessi politici di destabilizzazione, periferizzazione, colonizzazione e di degrado socioeconomico._Buon ascolto, Giuseppe Germinario

Giuseppe Imbalzano, medico, specialista in Igiene e Medicina preventiva. Direttore sanitario di ASL lombarde per 17 anni (Ussl Melegnano, Asl Milano 2, Ao Legnano, Asl Lodi, Ao Lodi, Asl Bergamo, Asl Milano 1). Direttore scientifico progetti UE (Servizi al cliente, Informatizzazione della Medicina Generale). Si è occupato di organizzazione sanitaria, prevenzione, informatica medica, etica, edilizia, umanizzazione ospedaliera e psicanalisi.

https://rumble.com/vfqa4d-covid-19-come-prima-pi-di-prima-con-giuseppe-imbalzano.html

 

IL COVID-19 È UNO STRUMENTO DEL POTERE NEL CONFLITTO STRATEGICO, a cura di Luigi Longo

IL COVID-19 È UNO STRUMENTO DEL POTERE NEL CONFLITTO STRATEGICO

a cura di Luigi Longo

 

 

Invito alla lettura della interessante intervista di Valentina Bennati ad Andrea Bolognesi, medico omeopata e specialista in psichiatria, La pandemia che ha deformato la mentalità del genere umano, pubblicato sul sito www.comedonchisciotte.org, del 12/3/2021.

E’ un’ottima sintesi, chiara su tutte le questioni riguardanti la gestione del covid-19, a partire dalla incapacità di affrontare una malattia curabile ai domiciliari (il 95% dei casi) o in strutture ospedaliere (il 5% dei casi con una minima percentuale di morti).

Qui si pongono due domande: perché una vaccinazione di massa apparentemente libera? Perchè non trattare la malattia come una influenza normale-particolare facendo attenzione agli anziani e ai portatori di patologie? Le risposte presuppongono una trattazione a parte.

Questa incapacità è stata chiaramente dimostrata dall’operato dei medici di base (rete dei medici per la cura domiciliare a livello nazionale) che sono andati contro la legge (cioè, oltre la legge, come insegna il pensiero femminile) e hanno curato e guarito i malati da covid-19. Hanno nei fatti smentito tutte le misure assurde e illogiche deliberate dai governi (Giuseppe Conte e Mario Draghi) supportati dalle istituzioni sanitarie, dagli scienziati, dagli esperti, dai mass-media e da “intellettuali”, tutti a servizio del potere dominante del Paese, servo, a sua volta, a livello internazionale (USA).

A monte c’è il fatto (il tempo si incaricherà di dimostrarlo), che si tratta di una pandemia causata da un virus (covid-19) particolare (troppo veloce nella diffusione) che ha origine artificiale e non naturale. Il covid-19 è uno strumento del conflitto strategico tra le potenze per l’egemonia mondiale: gli USA in relativo declino e la Cina e la Russia in ascesa.

La potenza più aggressiva e spregiudicata è quella degli Stati Uniti d’America: perché è nella loro storia, perché sono per un dominio unilaterale, perché sono in chiara fase di inizio declino insieme a tutto l’Occidente (che si butta sul postumano in nome delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità invece di dare senso alla vita individuale e sociale), perché hanno un conflitto interno tra gli agenti strategici irreversibile, perché non riescono a fare sintesi nazionale capace di rilanciarsi come grande potenza, perché sono leader mondiali della ricerca, produzione e uso di armi batteriologiche.

Vediamo, in estrema sintesi, l’utilizzo dello strumento covid-19 in Italia ricordando che l’OMS non ha mai dichiarato la pandemia e che già nel 2017-2018 si era verificato negli USA uno dei più gravi focolai di influenza della storia recente. Fu una catastrofica influenza almeno tre volte più letale dell’attuale crisi sanitaria legata al coronavirus (covid-19). Allora l’OMS ritenne non necessario (sic) allertare il mondo o arrestare tutte le attività commerciali planetarie come ha fatto con il covid-19. Stranamente l’OMS non si era nemmeno preoccupato di etichettare l’epidemia americana come un’epidemia o una pandemia. Si era trattato solo di una “normale influenza” nonostante l’entità dei decessi, l’enorme numero di ricoveri e l’alto tasso di infezione (Gilad Atzmon, L’amnesia è un sintomo del Covid-19?, in www.comedonchisciotte.com, 21/4/2020).

  1. 1. Il progetto di Mario Draghi (un agente strategico esecutivo), a grandi linee, è abbastanza chiaro e sarà realizzato attraverso lo strumento pandemico del Covid-19. L’emergenza economica, sociale, sanitaria permette di dichiarare (come se ce ne fosse stato bisogno) che l’Italia non si schioda dalla Nato e dalla UE, istituzioni ad egemonia (nell’accezione gramsciana) statunitense. Per queste ragioni il governo appronta e realizzerà le infrastrutture (Tav, Ponte sullo stretto di Messina, eccetera) per le strategie Usa-Nato che solo applicando la logica del conflitto strategico si possono comprendere, altrimenti si rimane nella logica dello sviluppo (liberista, keynesiano e marxista) dei pre e sub-dominanti che vela molto bene il conflitto tra le potenze mondiali. La nostra presenza incondizionata nella UE (che è un progetto USA, non dimentichiamolo) serve per tenere unita la UE per le strategie Usa contro la Russia; questo è ciò che appare in superficie; in realtà gli Stati Uniti temono fortemente l’alleanza tra Cina e Russia (le forme di collaborazione tra le due potenze in ascesa sono sempre più consistenti, non fosse altro per battere un nemico comune). E’ mia convinzione che la UE è finita ed è tenuta in piedi dagli Usa attraverso Nato, che si è terribilmente trasformata (si interessa di quasi tutte le sfere sociali) e fa da collante e da coordinamento (via Germania e Francia) dell’Europa; per non parlare del ruolo che svolge nei Balcani con il coordinamento della Polonia e in Medio Oriente con il coordinamento di Israele.

L’Italia resta una nazione geograficamente importante per le strategie USA (in Europa, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente): è dal Risorgimento che l’Italia è una espressione geografica per i conflitti tra le potenze, allora per l’Inghilterra, oggi, per gli USA.

2.Il covid-19 permette il passaggio ad una forma di “democrazia” autoritaria che nella fase multicentrica è necessaria per accorciare la filiera del comando per la strategia, per la gestione e per la esecuzione del potere, non dominio perché parliamo di sub-dominanti (il governo sta preparando le riforme delle regioni in macro aree e lavora a nuovi strumenti giuridici: altro che difesa della Costituzione avanzata da ritardati giuristi e costituzionalisti).

La decisione di affidare all’Esercito l’emergenza Covid-19 (cosa che andava fatta dal primo momento non fosse altro per la prontezza della macchina organizzativa) è simbolico di un ruolo sempre più presente della sfera militare nel blocco degli agenti sub-dominanti. Mentre è preoccupante la militarizzazione delle città (per ora solo polizia e carabinieri, in attesa, come scrissi nel mio Americanizzazione del territorio, della «… forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR». Questa nuova “super-polizia” è, recita l’art. 1 del Trattato, «una Forza di Gendarmeria Europea operativa, pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi al fine di eseguire tutti i compiti di polizia nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi», al servizio, non tanto dei cittadini dell’Ue o degli Stati firmatari del Trattato (le “Parti”), ma, sostiene l’art. 5, sarà «messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche».

Intanto, in questa fase, è sospesa la “democrazia” con tutte le violazioni che gli amanti dello stato di diritto non vedono.

3.L’economia è a pezzi, è stato dichiarato lo sterminio delle PMI (di tutti i settori), così come delle imprese che gli algoritmi decideranno che non vanno salvate (sic): il governo prevede la loro distruzione creatrice che nulla ha a che fare con quella pensata da Joseph A. Schumpeter. << […] la grande struttura delle multinazionali americane entrerà nel mercato italiano, gli interi settori che spariranno verranno comprati dalle multinazionali […] >> (Valerio Malvezzi, E’ drammatico le piccole imprese italiane spariranno, www.radioradio.it, 13/3/2021). Per i dominanti nostrani che vogliono farci credere di risollevare la crisi profonda dell’economia italiana con il Recovery Fund, riporto quanto dichiarato da Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonso in una intervista al Financial Times del 12/2/2021:<< Se esaminiamo i 209 miliardi che il Recovery Plan stanzierà per l’Italia per i prossimi sei anni, 127 sono prestiti che prevedono solo un risparmio sullo spread tra tassi di interesse nazionali ed europei: anche con previsioni pessimistiche sui tassi italiani, non più di 4 miliardi all’anno. Per quanto riguarda i restanti 82 miliardi di risorse a fondo perduto, l’importo netto dipenderà dal contributo dell’Italia al bilancio europeo. Considerato che un accordo su rilevanti imposte pan-europee appare improbabile, i paesi membri dovranno contribuire come di consueto in relazione al pil annuale. Il che implica che l’Italia dovrebbe pagare non meno di 40 miliardi. La sovvenzione netta europea è quindi di soli 42 miliardi, ovvero 7 miliardi l’anno. Infine, se si considera che nella prossima sessione l’Italia contribuirà alla parte restante del bilancio Ue per circa 20 miliardi, il trasferimento netto totale scende a meno di 4 miliardi l’anno [corsivo mio] >>.

4.Il territorio è sempre più venduto, vulnerabile e fragile: il locale viene annientato dal globale senza una minima strategia nazionale. << L’Italia […] il campo di battaglia delle guerre che i principi stranieri conducevano per impadronirsi dei suoi territori […]>> (Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Scritti politici, a cura di Claudio Cesa, Einaudi, Torino, 1972, pag.102). Così come sono in crisi sia la relazione tra città e campagna sia la relazione tra ruralità e l’approvvigionamento alimentare (altro che green economy; per dirla con Niccolò Macchiavelli i nostri dominanti sono dei porci!).

5.Le industrie strategiche neanche a parlarne (Eni, Leonardo se non hanno una nazione forte alle spalle faranno ben altri interessi e seguiranno ben altre alleanze), tant’è che, per scelte strategiche USA, l’Ilva di Taranto è stata ceduta ad una multinazionale straniera (e meno male che era strategica per il Paese! Ma in mano a chi siamo?) che è l’anticamera della chiusura della fabbrica con gestione sociale a carico dello Stato, un film già visto a Bagnoli.

6.La sanità sta subendo una grande ristrutturazione (se ci fosse un po’ di serietà si evidenzierebbero i morti che l’emergenza covid-19 ha prodotto a causa della riduzione degli interventi e delle cure in tutti i reparti ospedalieri; le modalità con cui ci vengono dati i numeri relativi alle malattie, ai decessi e alla diffusione del virus è una vera disinformazione statistica. E’ una vergogna istituzionale!) nella quale le garanzie della tutela della salute per tutti sono quasi ridotte all’osso (con l’aggravante che accogliamo migranti in maniera delinquenziale a cui va garantita l’assistenza sanitaria con l’innesco di una guerra tra poveri).

Il covid-19 è il cavallo di Troia per riorganizzare la sanità con una lotta senza quartiere, nei vari dipartimenti, per accaparrarsi risorse, tecnologie, nuovi settori di ricerca, sulla pelle della maggioranza della popolazione.

7.Mancano in generale sia le condizioni oggettive: una fase di trapasso d’epoca con crisi irreversibile dell’Occidente con un cambiamento antropologico delle relazioni umane (le relazioni digitali imposte via covid-19 sono un ottimo allenamento per snaturare l’essenza umana fatta di relazioni, di contatti, di corpi, di presenze); sia le condizioni soggettive: mancano i soggetti ed è assente, per dirla con Costanzo Preve, la tensione da passione durevole; rischiamo, cioè, di creare soggetti virtuali e non materiali.

 

 

 

LA PANDEMIA CHE HA DEFORMATO LA MENTALITÀ DEL GENERE UMANO

 

di Valentina Benna

Un anno che ha sconvolto le nostre vite e messo a dura prova la nostra psiche. Prima la paura di un virus nuovo, poi il distanziamento sociale, le limitazioni alle libertà, la mancanza di lavoro, la didattica a distanza, le difficoltà di assistenza sanitaria per altre patologie, il blocco delle attività ricreative, culturali e religiose. Si è alzata un’onda di malessere mentale dall’impatto devastante perché interessa e interesserà moltissime persone.

Se intendiamo la salute come equilibrio di corpo-mente-spirito, davvero siamo in grave pericolo perché tutto ciò che è accaduto e sta accadendo sta cambiando in modo drammatico, e forse definitivo, i rapporti umani e sta minando la nostra stabilità e vitalità.

E’ un problema grave che, però, non trova abbastanza spazio sui media. Anzi, proprio Tv e giornali sono intenti a diffondere e amplificare dati allarmanti e sensazioni di pericolo.

Quali sono i rischi di questa comunicazione ‘ammalata’? Quanta parte della popolazione sa verificare la fonte e la veridicità delle notizie? Quanti possiedono gli strumenti psicologici ed emotivi per gestire la narrativa catastrofista e unidirezionale che da mesi viene fatta di questo virus? Penso soprattutto alle persone più vulnerabili (gli anziani e i giovani) e a chi è solo e in difficoltà e non può far conto su nessuno.

Sfiducia, sconforto, paura, senso di frustrazione, sono emozioni sempre più evidenti, basta guardarsi un po’ intorno o parlare con la gente. E non può passare inosservato l’aumento dei disturbi psichici che sono sempre di più in rapida crescita, soprattutto nelle città. E’ utile approfondire l’argomento con il Dottor Andrea Bolognesi, medico omeopata e specialista in psichiatria. Bolognesi è anche consulente presso la Fondazione Internazionale Valsé Pantellini per lo studio e la ricerca nell’ambito delle malattie degenerative e tumorali e, di recente, è entrato a far parte della rete di medici attivi in tutta Italia per la cura tempestiva domiciliare covid in ogni regione, iniziativa partita dall’Avvocato Erich Grimaldi che si batte da mesi per la modifica dei protocolli ministeriali che non tengono conto delle esperienze ed evidenze dei territori.

Dottor Bolognesi sono ormai passati molti mesi dall’inizio della ‘pandemia’, alla paura iniziale è subentrata la crisi economica con il senso di incertezza per il futuro, poi la stanchezza e infine anche la rabbia. Sono insorte, e nel tempo si sono aggravate, varie forme di disagio psicologico e molte persone hanno cominciato a fare uso di ansiolitici, antidepressivi, sonniferi e tranquillanti. Quali sono i disturbi principali rilevati? Ci sono già dei dati nazionali ufficiali?

“È giusta la distinzione in due fasi: la prima caratterizzata dalla reazione euforico/patriottica dell’andrà tutto bene e dei canti sul balcone, la seconda invece dal graduale scoramento, al limite della rassegnazione, sia perché dopo un anno esatto siamo tornati al punto di partenza, sia perché l’emergenza socio-economica si è sommata in modo drammatico a quella sanitaria.

Non sono a conoscenza di dati ufficiali, ma l’evidenza di un aumento del consumo di ansiolitici, antidepressivi e ipnoinducenti è nota a tutti così come, in parallelo, l’aumento dei disturbi connessi.

A causa del lockdown sicuramente abbiamo assistito ad un aumento degli episodi di violenza domestica, dovuti a convivenze forzate di coppie già in crisi o di nuclei familiari confinati in spazi angusti e non abituati a vivere insieme per tante ore. Attingendo alla mia personale esperienza di psichiatra posso dire che durante il lockdown dell’anno scorso son dovuto intervenire d’urgenza per episodi di aggressività e violenza ad opera di soggetti con crisi psicotica scatenata dalla chiusura forzata. Molto frequenti anche le crisi depressive aggravate dall’isolamento e con necessità di aumentare il dosaggio dei farmaci già in uso.”

La gestione del nuovo coronavirus ha cambiato in modo drammatico i rapporti umani. Mascherine, distanziamento, smart working, didattica a distanza, divieto di riunirsi e stare vicini, disinfezione continua di mani e locali, misurazione della temperatura: tutto necessario, ci è stato detto, ma è aumentata inesorabilmente la distanza tra le persone ed è diminuita la capacità di empatia. E’ qualcosa di profondo e dirompente, eppure è una questione sottovalutata che non trova adeguata analisi da parte dei media così intenti a comunicarci solo numeri di contagi e notizie relative al vaccino. Quanto tutto questo sta incidendo sulla nostra psiche e che peso avrà sulle nuove generazioni?

“L’opportunità delle misure adottate, fatta eccezione per un ragionevole distanziamento nei luoghi chiusi, è tutta da dimostrare e siamo ancora in attesa della pubblicazione dei verbali del Comitato Tecnico Scientifico che ci spieghino PER OGNI SINGOLO PROVVEDIMENTO il razionale e quindi, in virtù di questo, la reale efficacia. Riguardo ai cambiamenti nei rapporti umani si è consumata di fatto la morte della prossemica e sappiamo quanto l’essere umano, per sua natura sociale, si giovi del linguaggio non verbale, della gestualità, del contatto, della vicinanza, specialmente nei paesi dell’area mediterranea, per stabilire e mantenere rapporti. Tutto ciò è stato inibito e/o negato e inevitabilmente modificherà gli stili e gli assetti comportamentali soprattutto nelle fasce d’età in formazione, private sul nascere della naturale propensione all’incontro.

Visi che fino a ieri ci erano familiari all’improvviso siamo stati costretti a percepire come minacciosi tanto da scendere istintivamente dal marciapiede se li vediamo dirigersi verso di noi, amici che salutavamo con una stretta di mano o con un abbraccio che temiamo di incontrare perché non sappiamo se lo accetterebbero, e così via con esempi infiniti.

L’enfasi sulla malattia, i toni catastrofisti dei mass media non lasciano spazio per riflessioni su questo tema”.

All’inizio l’emergenza sanitaria c’è sicuramente stata e ha mandato in tilt il nostro ‘depotenziato’ sistema sanitario, poi le terapie sono stata individuate e i tanti medici che già hanno curato a domicilio con successo hanno dimostrato che di covid si guarisce, basta intervenire subito adeguatamente in modo da evitare ricoveri ospedalieri. C’è stato però il problema dei protocolli ministeriali a base di solo paracetamolo ‘nei primi giorni di vigile attesa’, proprio quelli che invece dovrebbero essere decisivi per aggredire il virus …

“Ho avuto modo di esprimere in più occasioni e in maniera netta il mio pensiero su questo argomento attraverso i social nel corso di tutto l’anno e approfitto di questa preziosa occasione per ribadirlo con forza. L’emergenza nella quale ci troviamo è SANITARIA e NON medica in quanto riguarda essenzialmente l’assenza di terapie domiciliari corrette e tempestive e la carenza – grave prima, ma imperdonabile dopo la pausa estiva – delle strutture ospedaliere e in particolare dei posti letto in terapia intensiva. È insopportabile che l’AIFA solo in questi giorni, e grazie a una sentenza del TAR, sia stata costretta ad abbandonare le linee guida, reiterate fino al 20/11/2020, dove si indicava l’uso della ‘tachipirina e vigile attesa’ nelle fasi iniziali della malattia. Da mesi era noto ai medici che lavorano sul campo, curando e guarendo malati in carne ed ossa, che tali indicazioni erano addirittura controindicate e responsabili dell’aggravarsi del quadro clinico, spesso con esiti nefasti. Tali linee guida vengono partorite dalle menti geniali di ‘esperti’ che, chiusi nei loro uffici, non hanno visto un malato da anni e che attendono gli studi clinici pubblicati, magari come quello pubblicato sul Lancet e poi ritirato che screditava l’uso dell’idrossiclorochina, prima di dare via libera all’uso di un protocollo.

Ma io domando: è più importante basarsi sui risultati ottenuti da medici che hanno curato malati guarendoli, e quindi evitandone il ricovero, oppure attendere mesi o anni che gli studi clinici vengano pubblicati? La Medicina non è una scienza esatta, è al massimo una pratica empirica e in caso di emergenza come questo non ci si dovrebbe soffermare su tali sottigliezze.

Un’altra domanda mi sorge spontanea: come mai tutti gli organismi di controllo dei farmaci, AIFA compresa, non hanno preteso lo stesso rigore metodologico prima di approvare l’uso dei vaccini?”

Le persone mal curate a casa fanno inevitabilmente risalire i ricoveri, di conseguenza si rimette in moto la macchina dei lockdown (che per la verità non si è mai arrestata) con i relativi danni economici, sociali e psicologici causati dalle chiusure. Aumenta, dunque, l’angoscia nelle persone. Del resto i media stessi, con i dati che danno, enfatizzano continuamente l’impressione che siamo ancora in pericolo e non informano, invece, dell’opportunità delle cure domiciliari e della necessità di potenziarle. Non c’è il rischio, in questo modo, di incidere i modo serio sulla stabilità mentale delle persone?

“La paura nasce in genere dall’ignoto, dall’imprevisto, dall’imponderabile e la comparsa di un virus sconosciuto che si diffonde rapidamente nel mondo intero racchiude in sé tutte queste caratteristiche ma questa è, si può dire, la paura come espressione naturale, direi ancestrale dell’essere umano. Altra cosa è la paura, in certi casi il terrore, veicolata da una martellante, asfissiante comunicazione monotematica, unilaterale, ubiquitaria quale è stata ed è tuttora quella proposta da TUTTI i mass media. Tale assedio quotidiano fatto di bollettini di contagi, di morti e, ultimamente, di vaccini offusca la capacità di discernere e induce, specie i soggetti più fragili e meno dotati di capacità critica, a una sorta di ‘trance cognitiva’.

Soltanto chi riesce a sottrarsi a questa dittatura mediatica può distinguere il vero dal falso o quantomeno riportare i fatti nelle giuste proporzioni. Auspico che col tempo il numero di queste persone ‘mainstream free’ siano sempre di più e possano creare una massa critica tale da arginare il pensiero unico dominante della ‘scienza non è democratica’ di buroniana memoria”.

Ci sono famiglie angosciate perché impossibilitate a vedere i figli o i parenti che soggiornano in strutture che forniscono cure difficilmente garantibili a domicilio e anche disabili abbandonati dall’assistenza domiciliare o scolastica che sono totalmente a carico delle famiglie in seguito al lockdown. E’ pesante anche la situazione di molti anziani residenti nelle case di riposo privati delle visite di famigliari e amici. Quanto la solitudine e l’isolamento incidono sulla salute?

“Uno dei fatti più disumani che hanno caratterizzato questo anno di pandemia è stata la negazione della sepoltura dei morti, un atto vile e inspiegabile che grida vendetta alla dignità e stravolge le basi della convivenza tra esseri umani, un VULNUS ANTROPOLOGICO incancellabile. Altre gravi criticità sono state e sono, indubbiamente, la solitudine e l’isolamento dei malati, la trascuratezza nei confronti dei malati cronici, in primis oncologici, con un conseguente aumento dei decessi e un ritardo nelle diagnosi e nelle cure. Per non parlare dell’isolamento degli anziani, rinchiusi per interminabili settimane nelle RSA o nei reparti di lunga degenza, proprio nei momenti in cui la presenza di una persona cara o di un familiare era necessaria come l’aria per respirare.

Ho una certa esperienza sia come psichiatra che come medico della Fondazione Pantellini e ho spesso a che fare con pazienti terminali o con i loro familiari, posso dire con certezza che l’isolamento forzato può far precipitare un quadro clinico di per sé precario”.

E poi ci sono le nuove generazioni: preoccupa molto l’aumento dei disturbi psichici, in particolare presso le fasce giovanili. Ci sono sintomi che per primi hanno esordio e che possono denunciare, con un minimo di anticipo, una condizione destinata ad aggravarsi e ai quali i genitori devono stare attenti? Con quali mezzi è possibile arginare la situazione?

“Ritengo che il danno maggiore sarà quello a carico dei bambini in età scolare che, costretti a folli rituali privi di ogni fondamento scientifico, introietteranno convinzioni e comportamenti dettati dalla paura e pian piano li crederanno ‘normali’. Si stanno verificando perfino casi di bambini che rifiutano di togliere la mascherina una volta rientrati a casa da scuola o che rimproverano un genitore se non la indossa correttamente. Non voglio poi entrare nel dibattito sui danni enormi creati dalla cosiddetta DAD, danni dal punto di vista formativo, cognitivo e psicologico.

Dalla permanenza forzata in casa un altro grave fenomeno tipico dell’età giovanile è l’accentuarsi della dipendenza dal cellulare, fino alla perdita di contatto con la realtà, assorbiti totalmente da dimensioni virtuali. Conseguenze di ciò, e anche del danno intrinseco da esposizione a inquinamento elettromagnetico, possono essere un aumento dell’irritabilità, dell’aggressività, una flessione nel rendimento scolastico per disturbo dell’attenzione, della concentrazione e, nei casi più gravi, apatia e anedonia fino agli estremi della sindrome Hikikomori.

Infine in età adolescenziale o giovanile uno stato di allarme e di ipervigilanza costante può slatentizzare, in soggetti predisposti, gravi patologie psichiatriche quali disturbo ossessivo compulsivo, paranoia, angoscia ipocondriaca, fobie, in particolare rupiofobia, e di ciò sono stato testimone nella mia attività professionale.

Suggerisco quindi ai genitori di essere molto attenti e alla comparsa delle prime anomalie di comportamento quali, ad esempio, una eccessiva ritualità nell’igiene, una improvvisa chiusura in sé con ritiro e apatia, una attenzione eccessiva allo stato di salute, di non sottovalutare questi sintomi onde evitare lo strutturarsi degli stessi in patologie”.

Infine c’è l’odio per chi è diverso, per chi si pone domande, per chi dissente, chi chiede chiarezza, chi ricorre alla legge per vedere tutelati i propri diritti. Quanto ciò è frutto della propria bolla di ansia, paura e psicosi e quanto invece è conseguenza della narrativa catastrofista alimentata da media, politici ed esperti di turno?

“Abbiamo già accennato all’ostracismo, ai limiti della dittatura, cui vengono sottoposte tutte le voci fuori dal coro, emarginate o nella migliore delle ipotesi dileggiate dai mass media, acritici megafoni del pensiero unico dominante. Medici radiati o censurati solo per aver espresso opinioni in piena libertà di coscienza e pronti al dibattito, ma sistematicamente inascoltati e sanzionati da un Ordine professionale che invece dovrebbe tutelarli.

Purtroppo ho dovuto constatare che la ‘costruzione della paura’, così pervicacemente alimentata dai mass media, ha inciso negativamente anche su menti o coscienze che reputavo refrattarie e ho visto sfumare amicizie storiche perché l’incomprensione, la radicale opposizione si erano frapposte tra di noi”.

E’ scientificamente provato che la paura, protratta nel tempo, può alterare il buon funzionamento del sistema immunitario che, invece, è proprio il nostro principale alleato contro le infezioni virali. Come vincere questa emozione se diventa tanto forte e distruttiva?

“Poco fa parlavo di ‘vulnus antropologico’, ebbene credo che questa pandemia prolungata abbia a tale punto deformato la mentalità del genere umano da trasformare la Paura in un valore intellettuale e il Panico come scelta intelligente, ‘vincente’ nei confronti di chi rifiuta questo ed è etichettato come complottista , negazionista, soggetto pericoloso. Si è ribaltato il cardine assiologico della nostra cultura occidentale: l’eroe di oggi non è più quello del Mito a noi noto, ma è chi abbraccia il panico, chi considera la paura come segno distintivo di superiorità e chi vi si oppone è un pericoloso incivile.

Sappiamo che il sistema immunitario, UNICA arma sicura contro qualsiasi infezione, oltre a necessitare di un microbiota intestinale in sufficiente equilibrio, risente anche di influenze dal sistema nervoso centrale, attraverso i meccanismi ben descritti dalla PNEI, psico-neuro-endocrino-immunologia. È evidente che uno stato di paura persistente, di ipervigilanza costante alteri questo delicato meccanismo con ricadute sul sistema immunitario.

Per concludere, però, vorrei tranquillizzare ricordando che la malattia da SARS-Cov19 è nel 95% dei casi ad andamento benigno e curabile a domicilio, nel 5% dei casi può dar luogo a complicazioni e necessità di cure ospedaliere e in una minima percentuale di casi ha esito infausto, in genere in pazienti molto anziani con grave comorbilità. Riguardo alle terapie domiciliari, invece, posso assicurare che esistono dei protocolli ormai consolidati e praticati da una rete di medici che fa capo a diversi comitati di cui io stesso faccio parte che naturalmente si affiancano o sopperiscono al lavoro dei medici di base: ippocrateorg.org e terapiadomiciliarecovid19.org sono i più attivi.

Esiste anche un protocollo di prevenzione che io suggerisco da tempo ai miei pazienti che consiste nell’uso delle Vitamine D, C, K2MK7, quercetina, lattoferrina, zinco e, più specificamente, anti-CD26 (prodotto omeopatico specifico in fiale). Per i dettagli sono disponibile ad essere contattato in privato (abolognesi9@gmail.com).

Infine, per vincere la paura, un semplice consiglio che già un anno fa avevo suggerito ai miei pazienti e che ribadisco volentieri è di NON guardare la televisione o meglio, se volete guardarla, dedicatevi a canali culturali, musicali, storici, film. Cercate di ascoltare musica, leggere più libri e state all’aria aperta rispettando le regole in modo da non creare conflitti con i vostri simili.

Infine vorrei dire che, a mio parere, questa pandemia finirà, come è sempre accaduto, quando il virus diventerà endemico e stagionale come tutti i virus con i quali, nel corso dei secoli e dei millenni, l’uomo ha sempre convissuto. Così avverrà anche per questo, e ancora più facilmente se non ci saranno troppe forzature. La fine della paura sarà invece legata a quando gli artefici di essa smetteranno di propinarla senza ritegno e ciò potrebbe essere legato, ad esempio, a praticare i tamponi diminuendo i cicli di amplificazione onde evitare i falsi positivi e al fatto che si curino tempestivamente i malati a domicilio liberando così gli ospedali e i reparti di terapia intensiva.

Non faccio alcun appello alla classe politica, vista la assoluta inettitudine dimostrata in questo anno”.

 

 

La Svezia pratica la selezione naturale nelle RSA colpite dal Coronavirus, di Max Bonelli

La Svezia pratica la selezione naturale nelle

RSA colpite dal Coronavirus

 

 

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Il buonismo multiculturale e globalista svedese riserva la  soluzione finale per gli anziani.

 

Mi ero ripromesso di non scrivere più niente sul Covid-19, dopo 4 mesi di lavaggio del cervello su scala mondiale è obbiettivamente difficile aggiungere un nuovo tassello a questo enorme mosaico di notizie che nonostante la mole d’informazione non riescono a dare un quadro di verità esaustiva sull’argomento.

Ma i casi della vita vogliono che la mia piccola esistenza sfiori delle situazioni storiche

rappresentate in maniera distorta dai media se non  totalmente censurate. Fu così 6 anni fa, quando fui il primo a scrivere e dimostrare che i cecchini a piazza Maidan in Ucraina erano al servizio delle forze che avevano sostenuto il golpe filo-occidentale contro il governo legittimamente eletto.

Così adesso che per una serie di situazioni famigliari e professionali posso raccontarvi  episodi di vita invece che fredde statistiche interpretate in maniera soggettiva da virologi e giornalisti più preoccupati di non contraddire le decisioni degli amici politici che di trovare un filo di Arianna che porti alla verità.

Ma andiamo per ordine: mia madre causa una serie di patologie importanti non curabili nelle mura domestiche è in RSA a Roma. Il bravo medico internista che ha la responsabilità clinica di circa 30 ultraottantenni allettate, all’inizio di marzo 2020 chiude la RSA alle visite esterne e prova a prevenire il contagio della struttura. Nonostante questo ad aprile il coronavirus entra nella casa di cura e circa due terzi delle vecchiette sono contagiate. Mia madre è tra le fortunate non risulta positiva, ed insieme alle altre negative viene messa in un piano in stanza singola.

Dopo 10 giorni nonostante le tute biologiche del personale risulta positiva, va in crisi respiratoria ma gli viene dato l’ossigeno  e la supera. Oggi sta bene e si è negativizzata, in totale nella struttura sono decedute 2 vecchiette su 30 con una letalità del 7%. Decisamente sotto la media nazionale che si attesta al 14%.

Un risultato più che dignitoso dovuto ad un buon medico che à riuscito a far affluire nella clinica l’attrezzatura necessaria e che ha 40 anni di pratica clinica alle spalle.

Per una persona come me che viaggia (o meglio viaggiava molto) è rassicurante sapere che la propria madre ha al servizio del personale sanitario di primo ordine.

Perchè ho usato l’imperfetto per il verbo viaggiare? Negli ultimi 3 mesi sono rimasto bloccato in Svezia paese dove ho vissuto in pianta stabile per una decina di anni e che continuo a frequentare per consulenze nell’ambito delle farmacie ospedaliere.

Poco male avevano bisogno di farmacisti nella emergenza Covid-19 e quindi non sto con le mani in mano.

La situazione delle RSA svedesi è a dir poco lacunosa ma non credevo fino al punto che vi sto descrivendo.

Ero alla fine di  un mio turno in farmacia ed aiutavo un collega di origine mediorientale che da poco ha acquisito una carica dirigenziale, a distribuire  i farmaci ad un addetto ad una RSA particolarmente colpita dal Coronavirus, il dialogo avvenne più o meno in questi termini.

 

Io: Salve Gustav ecco i farmaci che ci avete richiesto. Volevo poi chiedere se è vera la notizia che da voi sono morte 20 persone per Coronavirus?

 

Gustav: Sì purtroppo è vera.

 

 

Io: Ma quante persone ospitavate nella vostra casa da riposo?

 

Gustav: Una sessantina circa..

 

La curiosità mi pressa a continuare nelle domande

 

Io: Ma non avete provato a dare ossigeno con i respiratori?

 

Gustav arrossendo in viso sotto i capelli fulvi ben pettinati come un soldato:

 

Sai sono molto anziani ed allora parliamo con i parenti …se sopravvivono bene altrimenti è meglio che muoiono senza una lunga degenza in ospedale o lunghe cure.

Non abbiamo respiratori non ce ne sono così tanti quanti occorrono.

 

Collega arabo: Certo, quando sono così vecchi meglio così.

 

Io mi contraggo nei lineamenti a fatica dissimulo la rabbia:

 

Ma è terribile, non vi rendete conto che questa cosa è allucinante!

Vengono lasciati a morire perché anziani?!

E per te che preghi 3 volte a giorno il tuo Allah va tutto bene?

 

Collega arabo: 5 volte al giorno veramente…

 

Io ormai incontenibile:

ancora meglio ma che preghi a fare se non riesci a vedere quanto tutto questo è inumano!

 

Gustav ormai imbarazzato: adesso devo andare..

 

Collega arabo: No tu hai ragione questo paese è senza religione ma che possiamo fare?

 

Io: e non c’è uno straccio di giornalista che pubblica queste enormità!!

 

Finisco il turno penso al mio collega arabo andato via da Bassora, arrivato in Svezia

ha fatto la sua piccola carriera a forza di duro lavoro e tanti signorsì. Per comprare una villa di legno ad 80%sotto mutuo ed una volvo a 90% sotto debito.

Devi farti piacere tutto quando sei strozzato così. Sono contento delle mie mille attività e della frugalità della mia esistenza che mi da la libertà di alzare la voce anche quando non dovrei.

In fondo il mondo neoliberista è questo: ti convincono che devi avere certi status , una villa di 200 metri quadri piuttosto che una baita di 60, od una Volvo ultimo modello magari elettrica piuttosto che un usato che cammina a benzina, in cambio ti ruba la libertà di pensare, parlare e scrivere(se sei un giornalista).

Un mondo così ha bisogno di nuovi disperati pronti a fare il lavoro ad un prezzo più basso di un italiano o di uno svedese e dire sempre di sì a tutto anche contro i propri principi.

I giornali svedesi parlano di una star locale che viene accusata del reato di “commercio di essere umano” facendosi adescare da una prostituta e chiaramente  di Covid-19 che qui durerà più a lungo sia per il clima che rimane sotto i 23 gradi fino ad estate inoltrata sia per la non volontà di trasferire risorse nella sanità.

Le risorse vengono stanziate per le imprese in difficoltà non per gli anziani che sono un peso per la società. Per loro non ci sono soldi ne  posto sui giornali ma solo una  versione scandinava della “soluzione finale” di tedesca memoria.

 

Il ‘complottismo’ nell’epoca del Covid come problema politico, di Andrea Zhok

Il ‘complottismo’ nell’epoca del Covid come problema politico
Andrea Zhok·Giovedì 21 maggio 2020·Tempo di lettura: 13 minuti

Alcuni contatti, della cui buona fede non ho ragione di dubitare, hanno manifestato un’evidente incomprensione rispetto alle critiche che ho mosso all’attuale crisi ‘complottistica’ in relazione alla pandemia di Covid-19.
Come ultimo tentativo di chiarimento – ma senza molta fiducia che possa funzionare – cerco di spiegare di che cosa ne va, per me.
Partiamo dal bersaglio polemico. Quali sarebbero i ‘complottisti’ da Covid che ho in mente? Di cosa constano questi frammenti di ‘teorie del complotto’? Cosa li caratterizza? Per dare un po’ di concretezza, partiamo da un elenco, non esaustivo, di classi di asserzioni che danno una buona rappresentanza di queste ‘istanze complottiste’.
Lo schema generale al fondo di queste asserzioni è sempre il medesimo: l’impatto della pandemia viene minimizzato in questo o quell’aspetto cruciale, e da ciò si trae spunto per proporre una ragione occulta dell’apparente discrasia tra una risposta pubblica massiccia e una minaccia reale ritenuta risibile.
Ad esempio:
1) “È assurdo preoccuparsi tanto per un virus la cui mortalità” (o letalità – spesso confuse) “è così bassa”.
Questa asserzione viene confortata di solito scegliendo un confronto numerico ad hoc, che esprima la piccolezza percentuale dei decessi da Covid.
Inutili sono le obiezioni che fanno notare che:
• I dati su mortalità/letalità si hanno alla fine, e prima sono scommesse.
• Quei dati non sono indici esclusivamente dalla serietà della malattia, ma almeno anche della risposta dei sistemi sanitari.
• Il numero dei decessi è solo uno dei parametri per valutare la gravità di una malattia, altri parametri cruciali essendo le conseguenze sulla salute di lungo periodo (in gran parte ignote) e l’impatto sulla funzionalità del sistema sanitario nel suo complesso (es.: saturazione delle terapie intensive).
• I morti da Covid vanno sommati, non sottratti, a quelli per altre cause. Non è che se i morti per altre cause sono elevati, aggiungerne altri li rende meno significativi. Peraltro, se il gioco è quello di minimizzare 32.000 morti, allora possiamo fare lo stesso gioco quotidianamente per gli incidenti sul lavoro o per quelli che restano sotto le macerie di un ponte. Dopo tutto rispetto a un qualche numero sono sempre inezie e ne sopravvivono comunque abbastanza, no?
2) “È assurdo avere reazioni eccessive, giacché la stragrande maggioranza dei deceduti avevano almeno una patologia pregressa.”
• Anche qui risulta inutile far loro notare, ad esempio, che la più frequente patologia pregressa riscontrata nei decessi per Covid è l’ipertensione, di cui soffrono 12 milioni di italiani (un quinto della popolazione). Dietro a quella contestazione sembra esserci l’idea che se uno ha già una patologia pregressa, beh, è praticamente con un piede nella tomba, e salvarlo è quasi accanimento terapeutico. Potrebbe essere utile sapere che le persone che soffrono di una patologia cronica in Italia sono 24 milioni.
3)È assurdo avere reazioni eccessive, perché tanto uccide solo gli anziani.”
• A prescindere dal carattere nauseante di questa osservazione e dell’atteggiamento etico che implica, è comunque utile ricordare a quelli che ragionano in termini di ‘legittimità di scartare gli improduttivi, che l’età media in Italia è di 46,2 anni, che in molti settori (es. magistratura, università) l’età media dei ruoli apicali è di 60 anni, e che il 35% dei lavoratori in Italia ha più di 50 anni. Naturalmente ci si poteva aspettare che generazioni nate nell’atmosfera liberista del ‘mors tua vita mea’ ragionino in questo modo. Come molte altre deformità dell’anima del nostro tempo, anche questa è comprensibile. Ma resta repellente.
4) Nell’area delle critiche più circostanziate ve ne sono molte che meriterebbero una discussione a parte. Alcune sono anche critiche giuste, che possono essere usate per migliorare le tecniche di profilassi, ma c’è anche una grandissima quantità di pura melma. Un esempio all’ultimo grido è:
Le mascherine che ci obbligano a portare non servono a nulla e anzi fanno ammalare (fanno venire anche il cancro!).”
• Che esistano numerosissimi studi medici che dimostrino l’utilità delle mascherine in certi contesti (ambienti chiusi, distanze brevi) per prevenire contagi con patogeni respiratori non viene ovviamente preso in considerazione. E peraltro, vista la conclamata inutilità, è noto che medici e infermieri portano le mascherine nelle sale operatorie o in altre situazioni perché amano i giochi di ruolo.
Qui, come in mille altri casi, si rilancia una verità parziale (l’inutilità delle mascherine per attività in solitaria, o la potenziale ipercapnia in caso di uso molto prolungato e/o sotto sforzo) per pervenire ad una tesi sufficientemente netta e brillante (“non servono a niente, ci fanno ammalare”) da suscitare sdegno e aprire ad una teoria del complotto (“se non servono a niente, perché insistono tanto a farcele mettere?”)
5)L’allarme è assurdamente esagerato, perché la malattia colpirebbe solo certe aree, come la pianura padana; infatti nel resto del paese la mortalità è bassissima.”
• Qui far notare che ad impedire la diffusione del virus nel resto d’Italia è stato un blocco del paese di due mesi è una sottigliezza.
• Come è un’inutile sottigliezza chiedere perché mai sarebbe consolante se il virus colpisse gravemente “solo certe aree” (quelli della pianura padana sarebbero sottouomini sacrificabili per un bene superiore?).
• Ed è egualmente inutile chiedere da dove si trae la certezza (dalle implicazioni enormi) che ad essere sotto scacco sarebbero proprie “certe” aree con “certe” caratteristiche (quali?) e non altre; ecc.
6) Arriviamo poi a tesi più strutturate, che entrano nel quadro complessivo del complotto. Ad esempio:
Il Covid rappresenta un attacco al tessuto industriale italiano, già sotto mira da tempo; e ciò è confermato dal fatto che ad essere maggiormente colpite sono state le aree con la maggior produzione industriale del paese.”
• Naturalmente far notare che le zone più industrializzate sono regolarmente anche quelle con maggiore circolazione internazionale, e quindi sempre più esposte al contagio, è usualmente inutile.
• E cercar di capire chi potrebbe avere interesse a provocare un danno mondiale di lungo periodo di questa entità per carpire a noi industrie che negli ultimi vent’anni abbiamo svenduto a mazzi, senza bisogno di nessuna epidemia, sarebbe porre domande troppo audaci.
7) Un’altra classe di argomenti che va per la maggiore è quella del tipo:
La pandemia è una fiaba, una narrazione influente manipolata dai media per terrorizzarci, renderci malleabili e controllarci.”
• Anche qui risulta perennemente sterile far notare che deve trattarsi di una narrazione davvero incredibilmente complessa e ben costruita, se ha convinto a chiudere per Covid non solo Milano (noi, si sa, siamo boccaloni) ma anche New York, Londra o Parigi.
• E anche qui provare a comprendere quale sarebbe l’organizzazione in grado di orchestrare tale narrazione faziosa globale, e quali sarebbero i suoi interessi, trascende la dimensione in cui gli argomenti vengono spesi.
8) Un’ultima classe di argomenti complottistici è quella per cui:
Gli errori dell’OMS sono in verità parte di un piano, dietro al quale ci sono le pressioni di Bill Gates” (per venderci software?), “o della Cina” (per governare il mondo?) “o di Big Pharma” (per venderci vaccini?).
• Per replicare a queste tesi, che peraltro si contraddicono a vicenda, bastano le considerazioni generali sulle teorie del complotto, di cui infra.
Una variante della critica all’OMS è la critica generalizzata alla scienza per cui dalle indecisioni di un organismo di politica sanitaria internazionale come l’OMS, o dalle contraddizioni tra medici in comparsate televisive, si trae la conclusione che accreditare resoconti scientifici sarebbe di per sé cieco scientismo.
• Questo punto purtroppo segnala come la pura e semplice ignoranza dei canali e delle forme accreditate dalla pratica scientifica (che sono studi pubblicati, e non battute nei talk show) si trasforma, nell’odierna atmosfera di relativismo individualistico, in equiparazione delle proprie opinioni tanto al chilo con i pareri scientifici.
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Dopo questa breve, non esaustiva, ma credo ampiamente rappresentativa sintesi di ricorrenti argomenti ‘complottistici’, veniamo ad alcune considerazioni d’insieme.
I) Complottismo e ‘pensiero critico’.
Spesso le tesi complottiste interpretano sé stesse come istanze di ‘pensiero critico’.
Ora, sarebbe sciocco ritenere che nella politica nazionale ed internazionale, nell’economia, nella finanza, ecc. le intenzioni esplicite corrispondano sempre alle intenzioni reali. Tutt’altro. Un certo grado di dissimulazione e distorsione è quasi ubiqua, così come sono frequenti omissioni e mosse svolte non alla luce del sole. Tuttavia non è questo sospetto verso le intenzioni (dichiarazioni) esplicite a caratterizzare il complottista. Questo sospetto è comune al pensiero critico e al complottismo, ma c’è qualcosa che li separa nettamente.
Ciò che accomuna tutte le disposizioni complottiste, per differenza dal pensiero critico, è la totale trascuratezza nei confronti di tre fattori, ovvero una definizione chiara di: chi sarebbero i soggetti agenti, quali ne sarebbero i moventi, e quali sarebbero i mezzi a loro disposizione(inclusa la capacità di superare l’opposizione di interessi contrapposti).
Così, se sospetto che il forte sostegno mediatico al finanziamento pubblico del gruppo FCA non sia accidentale, ma sia condizionato da FCA stessa, questo sospetto, anche se non pienamente dimostrabile, ha dalla sua parte potenti indizi: il gruppo FCA ha infatti sia i mezzi (proprietà di importanti testate giornalistiche), sia i moventi (il desiderio di accedere ad un’ingente liquidità) per muovere le proprie pedine in quella direzione. Questa è un’istanza di pensiero critico, per cui anche se un’intenzione non è espressa, e anche se la sua esistenza non è pienamente dimostrata, tuttavia esiste materiale indiziario essenziale per nutrire quel sospetto.
Nel complottismo invece spesso non c’è nemmeno il tentativo di identificare un soggetto agente, un ‘cospiratore’. Fioriscono nei resoconti complottisti le terze persone plurali in forma indefinita (“quelli fanno x”, “ci dicono y”, “vogliono da noi z”, ecc.), senza chiarire chi sarebbe questo agente. Quanto alla coppia moventi-mezzi, il complottista non si preoccupa mai di esaminare la loro sostenibilità (la componente narcisistica ha di norma la meglio e per ottenere l’attenzione è sufficiente enunciare una tesi radicale e ‘intrigante’).
II) Complottismo e ‘rottura degli schemi’.
Una frequente autogiustificazione promossa dal complottista consiste nel pensare che, dopo tutto, anche i grandi geni, i pensatori originali, gli innovatori scientifici hanno sempre ‘rotto gli schemi’. Dunque, se loro ‘rompono gli schemi’, rompere gli schemi sarebbe già un passo verso l’originalità, l’innovazione, chissà, magari anche il genio.
Purtroppo ‘rompere gli schemi’ è qualcosa che accomuna geni e cretini (o pazzi). Ogni inferenza razionale ha uno ‘schema’, in quanto segue regole non arbitrarie. Per ‘rompere uno schema’ basta dire una scemenza a caso.
Il mondo è pieno zeppo di persone che si sono costruite un’alta immagine di sé grazie al fatto che “anche Einstein non andava bene a scuola”. È una consolazione innocua, e magari anche utile, finché non approda all’idea che la propria incapacità di capire o seguire uno schema equivarrebbe al geniale superamento delle stantie vestigia di rigidità passate.
Un matematico può costruire un sistema logico in cui 2 + 2 non faccia 4 o in cui l’assioma delle parallele non funzioni, ma questo non ha se non una somiglianza esteriore con il bambino che sbaglia 2 + 2 o che non capisce l’assioma delle parallele.
Una nota a parte la merita qui la riflessione filosofica. La filosofia tocca costitutivamente modalità di pensiero in cui si mette in dubbio ciò che appare ovvio. Ma solo un’incomprensione di fondo può ritenere che dubitare di ciò che appare ovvio, acquisito od evidente sia di per sé già un atto di pensiero significativo. L’esercizio del dubbio filosofico è sorvegliato e mirato: parte da una conoscenza delle datità esperienziali e delle loro giustificazioni, e nel dubitare adotta metodologie di risposta selettive (es.: il rasoio di Ockham) per poter trarre inferenze interessanti dal dubbio. Io posso dubitare di tutto, anche che il mondo esista, ma le condizioni per l’esercizio del dubbio, e il senso da attribuire alle soluzioni, sono attentamente definiti.
Può essere utile notare come il ‘movimento dei liberi complottisti’ si distingua tipicamente nell’operare critiche ad alzo zero a processi e conclusioni di carattere scientifico (ahimé, spesso appellandosi a ciò che ritengono essere filosofia). Una tipica istanza, precedente al Covid, in cui l’atteggiamento complottista si è scatenato è stata quella nei confronti del tema del “riscaldamento globale”, dove i margini di incertezza reali dell’analisi scientifica sono stati convertiti senz’altro nella certezza opposta, che sia tutta una frode per fregarci.
III) Implicazioni etiche del complottismo nell’era del Covid
Sul piano etico tutte le formulazioni di indole ‘complottistica’ elencate sopra hanno un nucleo comune, facilmente identificabile. La sostanza di quelle posizioni è definita in termini come i seguenti: “L’evento Covid, con le sue conseguenze normative sulle nostre vite, non può essere un evento naturale. La sgradevolezza di tali conseguenze normative (divieti, prescrizioni) richiede un’origine intenzionale, cui sia possibile imputarla. Perciò qualunque argomento che mi consenta di esorcizzare o minimizzare questo evento, e di combatterne le conseguenze normative, sarà il benvenuto.”
La fermezza di questo desiderio sta alla radice della impermeabilità alle controargomentazioni che caratterizza l’ispirazione complottista. Siccome le conclusioni cui voglio giungere sono chiare in anticipo ( = rigetto della coazione normativa) gli argomenti che mi permettono di arrivarvi sono liberamente sostituibili: se uno fallisce ricorrerò alla bisogna ad un altro, e poi ad un altro ancora, magari tornando poi al primo.
Questa fondamentale malafede è un peccato originale insuperabile.
È importante capire che qui vanno distinti due atteggiamenti radicalmente diversi.
Le ragioni per mal sopportare i vincoli normativi cui siamo stati sottoposti possono essere ragioni concrete e giustificate. Un individuo può mal sopportare questi obblighi perché lo danneggiano personalmente, ad esempio nella sua attività lavorativa. Questa è naturalmente un’ottima ragione per mal sopportare i vincoli, chi ne soffre ha motivo per lamentarsene, e lo Stato dovrebbe fare tutto il possibile per fornire aiuto.
Ma questa comprensibile disposizione personale non ha niente a che vedere, con la costruzione di una teoria che rimpiazzi il carattere personale della difficoltà camuffandola con tratti ‘sistemici’. In verità, la maggior parte delle persone in concreta difficoltà tende a ragionare in maniera molto più concreta, e raramente si lancia in teorie del complotto per minimizzare gli eventi e alleviare il proprio disagio.
I costruttori di teoremi del complotto sono invece soggetti che incarnano, spesso a loro insaputa, l’essenza del dettato neoliberale, che hanno introiettato fino in fondo. Per loro allentare il grande circo della produzione e del consumo è destabilizzante e incomprensibile; per di più farlo per un “numero contenuto di morti”, per di più in buona parte improduttivi, è senz’altro una follia. “Fateci tornare al più presto a correre sulla nostra ruota, perché al di fuori non sapremmo cosa fare di noi stessi.”
Chi lamenta la propria sorte personale di fronte ad un evento epocale che lo ha danneggiato va ascoltato ed aiutato; ma chi camuffa i propri desideri e il proprio interesse privato travestendoli da disposizione etica generale (“la mia vita deve andare avanti, gli altri crepino se devono”) questi semplicemente non merita alcun rispetto.
IV) Implicazioni politiche del complottismo nell’era del Covid
La costruzione di questa batteria di argomenti fittizi e strumentali soddisfa due principali spinte: una spinta psicologica, con la ricerca di un capro espiatorio, e una spinta egoistico-egocentrica che dia una legittimazione al rifiuto di regole e restrizioni. Questo impianto generale ha tre principali conseguenze di natura sociopolitica.
1) La razionalità claudicante e strumentaledi questa famiglia di teorie produce una molteplicità di soluzioni immaginarie e mutuamente contraddittorie. Questo significa che questi ‘complottismi’ creano un terreno completamente sterile per ogni iniziativa politica che si voglia costruttiva. Venendo meno la capacità di analisi della realtà, che è asservita ad un fine predeterminato, queste interpretazioni condividono solo un meccanismo psicologico comune che le può rendere simpatetiche le une con le altre, ma creano anche divergenze insolubili nella lettura delle cause, e dunque anche delle soluzioni.
2) L’unico oggetto comune di odio finisce per essere l’erogatore prossimo di regole e divieti, dunque lo Stato. Lo Stato viene perciò percepito, secondo la chiave di lettura consolidata dal cinquantennio neoliberale, come un organismo estraneo, ostile, che cerca per natura di opprimere gli individui. Emerge così un anarcoindividualismo di fondo che, curiosamente, si presenta con pari frequenza nei liberisti-libertari tradizionali e in molti sedicenti ‘sovranisti’, di cui si rivela come movente fondamentale l’avversione alle istituzioni. Si separano qui le strade tra chi nutre l’appello alla sovranità di senso dello Stato e dell’interesse collettivo e chi lo nutre di semplice avversione alle istituzioni e ai loro vincoli. L’apparente comunanza è rappresentata dal fatto che l’Unione Europea è sia un’istituzione che ci vincola, sia un impedimento a coltivare l’interesse pubblico e il senso dello Stato. Ma le due motivazioni sono fondamentalmente divergenti. Per chi è mosso da avversione alle istituzioni e ai loro vincoli l’UE può essere facilmente sostituita come oggetto d’odio dallo Stato, o da qualunque altra istituzione sovraindividuale.
3) Nell’immediato, l’atteggiamento complottista nutre e giustifica comportamenti trascurati e indisciplinati, che si presentano come ‘violazioni giustificate’ se non addirittura nobilitate come ‘disobbedienza civile’ (un po’ come la ‘disobbedienza civile’ degli evasori fiscali). Questo atteggiamento contrasta con ogni idea di ‘compattarsi’ di fronte a un problema, di ‘fare squadra’ (idea che l’anarcoindividualismo di fondo recepisce come intrinsecamente inquietante). L’adozione di comportamenti irresponsabili è il corollario naturale di questo atteggiamento, che dunque crea le premesse per arrecare danni alla collettività – danni che il complottista poi prontamente ascriverà al fallimento dello Stato.

PULIZIE DI PRIMAVERA, di Andrea Zhok

tratto da facebook

PULIZIE DI PRIMAVERA

In questi giorni sto perdendo un sacco di tempo ad eliminare contatti che si dimostrano al di sotto del livello minimo di raziocinio per essere interlocutori interessanti.

Dunque, aiutatemi voi, così risparmiamo tempo.

Spiego qui sotto quali sono gli estremi del problema.

Chi non è d’accordo sull’essenziale, invece che sollevare obiezioni, è pregato semplicemente di togliersi da solo dai contatti, così da far risparmiare tempo a tutti.

Ora, in queste settimane è emerso un tratto complottista diffuso in rete, e anche tra i miei contatti.

La struttura fondamentale che sorregge tutti i ragionamenti ha questa forma generale.

1) Si toglie dal quadro, o si minimizza, il problema sanitario. Spesso semplicemente ‘a sentimento’, talvolta con tentativi di argomentazione capziosa (celebri le comparazioni statistiche fatte trovando un qualunque dato di decessi cui siamo già abituati, e mostrando come comparativamente i decessi per la pandemia siano simili o inferiori; le ragioni per cui questi argomenti sono privi di senso le ho esposte in altri post e non mi ripeterò).

2) Una volta che il fatto materiale della pandemia sia stato tolto dal tavolo, posto come un non-soggetto, un fattore marginale, si apre un ovvio problema: se non c’è una seria causa a monte, tutti gli interventi dei governi, tutti i divieti, tutti i sacrifici, tutte le disposizioni devono avere un’altra, inconfessabile, ragione. E siccome questa ragione non è oggettiva (perché l’epidemia è una bazzecola) allora deve essere una ragione soggettiva: sono tutte scuse per farci fare delle cose, trucchi per farci credere necessario qualcosa che è invece solo il ‘loro’ desiderio.

3) A questo punto ci si aspetterebbe che si scatenino le spiegazioni intorno a chi sarebbe dietro a tutto ciò e perché. Ma in verità non è questo che accade. Ci sono occasionalmente delle proposte interpretative (un piano per favorire la vendita dei vaccini, un tentativo di far regredire i diritti civili o di instaurare una tacita dittatura, et similia), ma tipicamente nessuno insiste troppo con questi piani, perché ogni qual volta essi vengono esposti alla luce si sciolgono in un attimo nell’inconsistenza.
I complotti, o se vogliamo, i “piani segreti e senza scrupoli”, esistono senz’altro nella storia, ma la precondizione per prenderli in considerazione è di avere un quadro plausibile: a) dei mezzi per ordirli e implementarli; b) dei fini che renderebbero tali investimenti di ingegno e risorse utili a qualcuno. Per poter discutere sensatamente di ‘strategie segrete’ devono esserci entrambe le cose.
Se è vero che l’appartenenza alle vulgate ‘mainstream’ non è una garanzia di validità, non vale la conversa, per cui se NON è ‘mainstream’ allora questo di per sé vale come un credito.
Che 2 + 2 faccia 5 non è un’opinione ‘mainstream’, ma questa non la rende un’intrigante verità alternativa.

Ora, uno se ne potrebbe anche fregare di quelli che tessono teorie tanto al chilo, con l’unica virtù di essere contro corrente, per il piacere di sentirsi più astuti della massa. Sono comprensibili piaceri psicologici, e di solito sono innocui (possono anche essere utili ad esercitare la mente su quadri alternativi, purché si conservino saldi criteri epistemologici prima di conferirvi validità ultima).

E allora perché irritarsi?

Ecco, la ragione è presto detta.

Il punto di partenza è che il problema sanitario da Covid-19 è un fatto reale. Può dipendere da mille fattori, possiamo decidere di imputarlo all’inadeguatezza delle strutture sanitarie, oppure alle condizioni ecologiche, o alla fuoriuscita del virus da un laboratorio, o alla scarsa organizzazione, o alla semplice sfortuna, ma il problema nei suoi esiti sulla salute pubblica esiste, è e resta reale.

Data questa premessa, ci vuole una strategia per affrontarlo.
La strategia adottata da quasi tutti i paesi ha richiesto interventi restrittivi delle libertà personali, interventi che per funzionare devono essere adottati da tutti, e che ovunque in occidente (il mondo della ragione liberale) hanno alimentato proteste.
Il mix di interventi è variato in qualche misura, a seconda delle caratteristiche del paese (densità abitativa), del suo sistema sanitario, della forza con cui il virus si è espresso, ma ha sempre implicato direttive restrittive (anche in Svezia, per quanto ridotte).

Oggi, la situazione è tale per cui un po’ ovunque in Europa la gente ha ripreso a circolare. Salvo che per coloro che si aspettano l’instaurazione di una dittatura, e che hanno come unico motivante il poter dire almeno una volta nella vita ‘ecco, ve l’avevo detto’, per gli altri la speranza è che, conservando per un certo tempo comportamenti sistematicamente prudenti, si possa pervenire ad un’eradicazione del virus (se R0 < 1 la tendenza è verso l’eradicazione; quanto più basso R0 tanto più breve il tempo di estinzione).

Il problema però è che, da subito – e dopo una settimana già in modo crescente – si vedono numerose persone che non rispettano nessuna distanza di sicurezza ed usano la mascherina come una collana.

Inoltre, nel caso della ripresa di un focolaio, in assenza di un sistema di identificazione degli spostamenti e dei contatti, non è possibile sapere esattamente quali gruppi in quali aree hanno causato il riaccendersi del problema; ed in mancanza di questa capacità di identificazione l’esito di un’eventuale reinfezione sarebbe un blocco grezzo, complessivo (potrebbe darsi, per dire, che una reinfezione sia originata da un rave segreto, o da un’azienda che non rispetta nessuna misura di sicurezza, ma non potendo identificare l’origine, di fronte ad una ripresa del virus, si dovrebbe congelare di nuovo tutte le attività ad alzo zero, anche quelle che si sono fatte in quattro per adottare comportamenti prudenziali.)

Entrambi questi fatti, la tendenza a non rispettare le disposizioni prudenziali, e la mancanza di un sistema di identificazione di spostamenti e contatti (app) sono l’esito della pressione e dei sospetti agitati da tutti quei settori libertari senza se e senza ma, che vedono ovunque piani di controllo dei loro atti e delle loro menti. Entrambe queste istanze hanno un retroterra giustificativo ideologico, che li rende ‘simboli libertari’.

I comportamenti disinvolti e il rifiuto di accettare un controllo pro tempore (eventuali app sono per definizione dispositivi eliminabili) sono fattori che rendono più lenta la diminuzione dei contagi e che, se superano una certa soglia quantitativa, possono riportarci a giugno o luglio in lockdown, facendo fallire definitivamente tutte le attività che cercheranno di riaprire in questi giorni. (Dovrebbe essere chiaro che quanto meno il virus circolerà, tanto più la gente riprenderà fiducia nel muoversi tranquillamente, nell’andare a fare acquisti, nel prendere una birra, ecc.)

Ora, la ragione di fondo per cui trovo irresponsabile ed intollerabile la tipologia di ‘complottismo’ da coronavirus, è che qui non siamo di fronte ad una forzatura congetturale della realtà senza ricadute pratiche, un esercizio riflessivo, magari anche stimolante.
No, qui siamo di fronte alla diffusione di credenze infondate, che alimentano comportamenti pubblici dannosi per tutti.

In sintesi, tutti, senza eccezioni, quelli che in questi mesi hanno scritto e pubblicizzato quella famiglia di idee per cui “il virus è una bazzecola” e “ribellarsi al lockdown è giusto” (perché era una violazione dei nostri diritti, perché è tutto un complotto per controllarci, perché vogliono venderci i vaccini, e via delirandosi addosso), tutti questi hanno lavorato attivamente a danno del proprio paese e dei propri concittadini.

La sola speranza è che siano poco seguiti, perché se quelli che li prendono sul serio fossero numerosi il tracollo sarebbe certo.

Perciò, anche per ridurne l’impatto e l’influenza intendo non darvi più alcuno spazio, alcuna tribuna.

Ergo, tutti quelli che si sentono in sintonia con quella famiglia di idee sono pregati di togliersi da soli dai miei contatti, grazie.

SULLE STRATEGIE DA CORONAVIRUS, di Andrea Zhok

SULLE STRATEGIE DA CORONAVIRUS

Il livello della discussione pubblica, già usualmente bassissimo, è crollato nelle ultime settimane con riferimento alle tematizzazioni relative alla corrente pandemia.
Come ho provato a spiegare in un precedente post, credo che le ragioni siano da ricercare nelle condizioni di oggettivo disagio, legate sia alla clausura sia alle preoccupazioni economiche, che hanno scatenato la ricerca psicologica di ogni giustificazione possibile che si conformasse ai propri desideri.
Se la dinamica del wishful thinking è una dinamica comune, in periodi di stress intenso e collettivo essa può divenire ‘epidemica’.
Siccome per i più – del tutto comprensibilmente – l’unico desiderio dominante ora è quello di ritornare alla ‘normalità’, qualunque straccio di argomento, qualunque pezza d’appoggio, che sembri utile a questo fine viene brandita con la forza dell’esasperazione.
E’ umano.
Non lo rende di per sé né giusto, né intelligente, ma è umano.

Ora, rispetto a questo tipo di discorsi, con le connesse polemiche, vorrei provare a fare un passo indietro, sollevando una serie di argomenti, uno alla volta, senza pretese di sistematicità, intorno all’analisi della situazione e alle strategie adottabili alla luce di ciò che sappiamo (o non sappiamo) dell’attuale epidemia.

Partiamo da un primo interrogativo. Qual è il problema rappresentato dal Covid-19? Si tratta di diversi problemi, stratificati. Il primo, più ovvio, è quello della capacità del virus di uccidere.

I) Mortalità e letalità.

La letalità, come noto, non è la mortalità, ed è per questa ragione che il 90% degli argomenti comparativi che circolano sono carta straccia.
La letalità è il rapporto tra contagiati e deceduti, ed è l’unico dato che si può cercare di avere nel corso di un’epidemia.
La mortalità è il rapporto tra popolazione totale e i deceduti totali, ed è un dato che si può valutare solo a consuntivo (per questo tutti gli argomenti che formulano comparazioni di mortalità generale sono sciocchezze: il dato sulla mortalità lo avremo tra anni).

Quanto alla letalità, essa dipende innanzitutto da cosa mettiamo al numeratore (la rilevazione dei contagiati) e poi anche da quanto affidabile è la nostra rilevazione del denominatore (chi è davvero morto per quella malattia).
Entrambi i dati per il Covid-19 sono oscillanti e instabili (siamo piuttosto sicuri che siano entrambi sottostimati, ma chi sia più sottostimato e di quanto è ignoto).
Inoltre, nel caso Covid-19, non sono comunque dati che definiscono univocamente la “pericolosità letale della malattia”, visto che tale pericolosità dipende certamente anche da:
1) quale gruppo è colpito (giovani, anziani, con o senza patologie, ma anche possibili varianti di resistenza o sensibilità etnica);
2) qual è la capacità di risposta del sistema sanitario;
3) se tutte le varianti del virus abbiano le medesime caratteristiche patogene (che il virus muti in più ceppi è certo);
4) se tutte le condizioni ambientali producano le medesime condizioni di virulenza.

La maggior parte delle comparazioni che facciamo corrono il serio rischio di essere comparazioni tra mele e pere, tra unità del tutto incommensurabili.

Finora il principale dato solido su cui c’è unanime consenso (almeno di quelli di cui vale la pena di avere il consenso) è che il virus corrente è in condizioni di incrementare la propria pericolosità toccando il punto 2), cioè oberando il sistema sanitario sino alla creazione di gravi inefficienze o paralisi. Nei casi in cui ciò è avvenuto (in due focolai lombardi e a Madrid) gli esiti fatali della malattia sono incrementati enormemente.

Inoltre la paralisi del sistema ospedaliero può naturalmente incrementare anche la pericolosità di altri malanni e incidenti.

Sul piano strategico credo che almeno questo punto possa essere dato per acquisito: crisi acute che compromettano la funzionalità della risposta del sistema sanitario vanno evitate.

Il punto 4) è un punto spesso sottostimato. Alcuni segni oggi sembrano indicare che anche il Covid-19, come molti virus respiratori, abbia un andamento stagionale. E’ interessante osservare come le ragioni per cui molti virus abbiano carattere stagionale sono ancora oggetto di mere congetture: si ipotizza che possa dipendere da un’oscillazione climatica delle difese immunitarie, o da condizioni di temperatura e umidità (o smog) che favoriscono la replicabilità e la trasmissione del virus. Ma appunto, si tratta di congetture prive di una chiara prova scientifica.
Quello che è certo è che se il virus ha un andamento legato a condizioni ambientali specifiche, allora può ben darsi che in certi luoghi e in certi momenti possa diffondersi con molto maggiore violenza che in altri, senza che noi si sia in grado di spiegare chiaramente perché.
Un dato invece oramai consolidato è che la contagiosità del Covid-19, in assenza di contenimento, è distintamente maggiore di quello dell’influenza stagionale (R0 di 1,3 per l’influenza, R0 oscillante tra il 2 e il 4 per il Covid-19).

II) Dannosità

Concentrarsi sulle implicazioni fatali del virus è tuttavia in parte fuorviante. Non sappiamo ancora molto, ma quello che sembra chiaro è che a fronte di un numero di decessi circoscritto abbiamo un numero di soggetti seriamente colpiti (bisognosi di ricovero ospedaliero) che (calcolo personale, fatto sulla base dei dati italiani) supera di 15 volte il numero dei decessi (in ospedale).
Che si tratti di un tasso di ricoveri incommensurabile con qualunque influenza a noi nota è evidente.

Che accade a chi passa attraverso una forma grave di coronavirus? Non è ancora chiaro. Premesso che solo una piccola parte muoiono, se la malattia lasci strascichi, in quale misura, e in chi, è oggetto di studio ora. Lascia sicuramente gli strascichi tipici delle polmoniti virali, il che significa un paio di mesi circa per il pieno recupero. In alcuni casi sembra colpire altri organi (reni, apparato cardio-circolatorio, sistema nervoso centrale). Ci sono sospetti che possa incrementare altre patologie (è di pochi giorni fa l’associazione fatta in UK con una forma della sindrome di Kawasaki, nei bambini).

In questo campo, parlando di un virus fino ad oggi ignoto, lo spazio per le ipotesi è sgradevolmente vasto. Può darsi che nella stragrande maggioranza dei casi tutto si risolva senza alcuna conseguenza duratura, o può darsi che non sia così. Questo spazio di variabilità lascia libero gioco all’espressione delle propensioni caratteriali delle singole persone: c’è chi è più propenso alla scommessa, all’azzardo, e chi è più propenso ad un atteggiamento prudente, conservatore. Qui non c’è purtroppo un modo per dirimere la questione sul piano razionale. L’unica cosa che però è doveroso tener ferma è appunto l’ampiezza dello spazio delle opzioni, che non giustificano né un terrorismo preliminare, né una liquidazione con un’alzata di spalle.

Una delle variabili più importanti che sembra sia necessario prendere in considerazione nel caso di Covid-19 (come e più che in altri virus) è la questione della cosiddetta “carica virale”. Per molti virus la quantità di virus con cui si viene a contatto incide in modo significativo sulla gravità del decorso. Recenti osservazioni sul Covid-19 fanno ritenere che questo fattore sia qui molto rilevante (questo spiegherebbe la maggiore gravità nell’incidenza sul personale ospedaliero, esposto a quantità maggiori di virus). L’ipotesi che è stata fatta da alcuni ricercatori è che il virus abbia due decorsi radicalmente differenti a seconda se superi o meno le vie aeree superiori. Un organismo con buone difese immunitarie e in presenza di una modesta carica virale nell’aria contiene l’infezione nell’area superiore, dando luogo ad una malattia non dissimile dalle influenze stagionali. Se invece la carica virale è elevata (e/o le difese sono basse) si scatena una polmonite, cambiando repentinamente il livello di gravità della malattia.
Questo è un aspetto di cui bisogna tenere attentamente conto quando si prendono in considerazione le ‘strategie di contenimento’.

Riassumendo provvisoriamente, prima di dedicare un post a parte alle strategie di contenimento, quello che mi pare sia possibile usare come base di partenza intorno all’aspetto medico del Covid-19 è questo:

1) Il virus ha caratteristiche chiaramente più gravi delle influenze stagionali.
2) L’entità precisa di tale gravità non è al momento precisamente quantificabile, né sono certi gli effetti di lungo periodo;
3) Gli esiti fatali sono solo un aspetto della gravità della malattia da prendere in considerazione;
4) La contagiosità del coronavirus è comparativamente elevata;
5) Il virus ha la capacità di mettere in crisi il sistema sanitario;
6) In una valutazione di ‘riduzione del danno’ non solo il fattore della diffusione dei contagi, ma anche quello della concentrazione delle cariche virali dev’essere attentamente considerato;
7) Vista l’enormità degli spazi di ignoranza relativi alla presente epidemia, bisogna rigettare sia allarmismi terroristici sia minimizzazioni consolatorie: entrambi gli estremi vanno espulsi da qualunque dibattito che si voglia produttivo.

Una volta fissati i dati da cui partire con riferimento alla minaccia rappresentata dal Covid-19 (vedi post precedente) possiamo provare ad affrontare alcuni scenari relativi alle strategie adottate o adottabili.

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I) Eradicazione o riduzione del danno?

La prima questione da discutere riguarda la strategia di fondo che è possibile o sensato adottare nei confronti dell’attuale epidemia. Le strategie di fondo sono due: la prima contempla l’eradicazione e il ritorno alla situazione precedente, la seconda contempla una convivenza con riduzione del danno nel lungo periodo.
La prima strategia è quella adottata con successo in Cina e Corea del Sud. Eradicazione non significa che non ci sia mai più nessun caso (cosa che ovviamente nessuno può mai garantire), ma che una volta azzerato per qualche giorno il contagio ci si può limitare ad una sorveglianza pronta ad intervenire prontamente, mentre il sistema riprende a funzionare come prima (salvo per maggiori controlli rispetto alle relazioni con merci e persone provenienti dall’estero). L’eradicazione non è affatto una prospettiva impossibile in Italia o in Europa. Molte regioni italiane sono a un passo dall’eradicazione (una settimana a casi zero può essere considerata una soglia che rappresenta l’effettiva eradicazione e circa metà delle regioni italiane potrebbero raggiungerla in 2-3 settimane). Una volta raggiunta quella soglia si potrebbe riaprire tutto senza particolari precauzioni, mantenendo solo un’elevata sorveglianza e limitazioni agli spostamenti rispetto a regioni che non sono a livello zero. Il problema è che per alcune regioni, in particolare Lombardia e Piemonte, l’eradicazione appare come un orizzonte assai lontano, e la prosecuzione di condizioni restrittive come le presenti per un tempo lungo e sostanzialmente indefinito è insopportabile (oltre alla questione economica, di cui sotto, si finirebbe per minare altrimenti la salute psicologica e organica della stessa popolazione che si cerca di preservare).

Questo significa che ci possono essere in Italia due strategie possibili. Premesso che perseguire attraverso un blocco perdurante una strategia di eradicazione per tutto il paese è impercorribile, delle due l’una: o si adotta una strategia di riduzione del danno (convivenza) per tutto il paese, o si adotta una strategia differenziata a livello regionale (Molise e Basilicata, ed esempio, potrebbero essere ritenute Covid-free in pochi giorni, e riprendere una vita normale, salvo che per gli spostamenti interregionali; Sardegna, Calabria e Valle D’Aosta sono ad un passo; Sicilia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Puglia potrebbero fare la stessa scelta tenendo duro qualche giorno in più; altre ancora si rassegnerebbero da subito ad una strategia di riduzione del danno). Naturalmente in tutte le regioni prossime all’eradicazione, anche una strategia di riduzione del danno può portare all’eradicazione, solo su tempi un po’ più lunghi.

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II) Trade-off ‘economia-vita’?

Si è sentito e si sente spesso parlare della necessità di bilanciare le esigenze della sicurezza con quelle dell’economia. Questa impostazione però, così definita, è sbagliata. È sbagliata sia perché le esigenze di sicurezza non limitano soltanto le ragioni dell’economia, ma anche quelle di una buona vita per molti (i costi della clausura non sono solo economici), sia perché né l’economia, né una buona vita possono funzionare semplicemente tappandosi il naso e ‘sacrificando la salute/sicurezza’. Si tratta di un’impostazione priva di senso.

Da un lato, le persone non possono restare in gabbia all’infinito, dall’altro è completamente illusorio pensare che un ‘via libera’ governativo possa far riprendere magicamente le transazioni economiche sui livelli precedenti. È terribilmente ingiusto e amaro, ma è un dato di fatto che per molte attività non ci sarà nessun ritorno alla normalità, quali che siano le disposizioni ministeriali. Soprattutto nei settori del turismo e della ristorazione, e in molti settori del commercio, una riduzione durevole della circolazione è da mettere in conto. Questo perché i calcoli ‘costi benefici’ (sui generis) non li fanno solo le aziende, ma anche le persone. Per le cose necessarie o essenziali si può correre un rischio, per quelle inessenziali o di diporto, molto meno. Dunque, dopo il danno dei mesi scorsi, per molti settori non ci si può aspettare nessuna ripartenza col botto. E qualunque recrudescenza dei contagi porterebbe, che il governo intervenga o meno, ad una rarefazione delle uscite. Va da sé che una eventuale ripresa di diffusione del contagio su grande scala – con conseguente compromissione del servizio sanitario – non potrebbe che richiedere un ritorno a Square 1, con ripristino di blocchi estesi nel tempo e nello spazio. Ovvero una catastrofe.

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III) Strategie

Quali sono le strategie disponibili e, rispetto a quanto proposto finora dal governo, ci sono dei correttivi possibili e consigliabili?

III.1) Il governo propone aperture circoscritte, scaglionate nel tempo, in modo da poter controllare l’insorgere di eventuali nuovi focolai. Di per sé, nelle sue linee generali, questa strategia è l’unica sensata, e scommette sulla possibilità di conservare, attraverso le precauzioni imposte (mascherine, distanziamento) il tasso di contagio R0 al di sotto di 1. È una scommessa sensata. Con il conforto della bella stagione, visto che è certo che la diffusione dei virus respiratori in spazi aperti è rara, e visto che il Covid-19 sembra mostrare le caratteristiche di un virus stagionale, è ben possibile che queste aperture scaglionate consentano di proseguire una tendenza positiva, arrivando all’autunno con livelli di contagio molto bassi su tutto il territorio nazionale.

III.2) Rispetto a quanto deciso dal governo, questo scaglionamento sarebbe potuto avvenire in modo differenziato a livello regionale. Invece che porre delle date generiche, che di per sé non hanno molto senso, si sarebbe potuto far dipendere i livelli di apertura dal tasso di contagi. Per quanto l’iniziativa dalla Regione Calabria sia da stigmatizzare per le forme, è vero che nelle regioni prossime a zero contagi almeno le attività all’aperto (che non implicano assembramenti) potrebbero riaprire subito.

III.3) Rispetto a quanto deciso dal governo, i sistemi di intervento sanitario precoce e domiciliare dovrebbero essere attivati sistematicamente, su tutto il territorio nazionale, e dovrebbero essere accompagnati da direttive precise sulle procedure di contenimento in caso di necessità di spegnere un focolaio. Non è chiaro se qualcosa in questo senso sia stato fatto. Se è stato fatto non è stato comunicato. Sono stati commessi errori gravi con la prima ondata del virus, ma in qualche misura scusabili per la scarsa conoscenza delle caratteristiche del medesimo; ma un secondo errore sul piano degli interventi sanitari sarebbe imperdonabile.

III.4) Rispetto a quanto deciso dal governo, la famosa ‘app’ per rintracciare i contatti dovrebbe essere resa obbligatoria. La debolezza oggettiva dell’esecutivo si vede in questo come in altri comportamenti: di fronte alle pressioni abbozza e cede. Questa app, nelle forme ampiamente descritte sui media, presenterebbe rischi per la privacy infinitamente inferiori a quelli che corriamo da anni davanti all’uso commerciale delle nostre informazioni. Va bene richiedere cautele e controlli pubblici, ma qui La levata di scudi libertaria è e resta una pagliacciata. Quella app, se adeguatamente funzionante e di uso generalizzato, sarebbe una garanzia di poter spegnere qualunque nuovo focolaio. E una volta superata la crisi la si può disinstallare (oppure cambi lo smartphone, se ritieni che la Spectre brami conoscere i tuoi spostamenti). Qui limitarsi alla ‘moral suasion’ renderà la app inutile e renderà molto più probabile la necessità di procedere a blocchi più estesi.

III.5) Rispetto a quanto finora detto dal governo manca un importante chiarimento. Non sappiamo come evolverà la situazione da qui all’autunno. Potrebbero essere scoperte cure miracolose, o il virus potrebbe magicamente scomparire da sé. Oppure no. Potremmo avere una tendenza al riaccendersi stagionale dell’infezione sul modello dell’influenza, senza la disponibilità di cure efficaci. In questo secondo scenario dobbiamo mettere in conto una ripresa dell’attività a settembre, quando con il peggioramento delle condizioni atmosferiche la tendenza agli assembramenti in luoghi chiusi crescerà esponenzialmente. Dovrebbero riprendere scuole ed università a pieno ritmo. Tutte le attività che nei mesi estivi hanno potuto approfittare del bel tempo, svolgendosi all’aperto (dalle attività sportive ai bar) si ritroveranno a dover giocare indoor. L’uso di mezzi di trasporto personale a scarso impatto (piedi, bicicletta, motorino) si ridurrà a favore dei mezzi pubblici.
Se arriveremo a settembre con livelli di circolazione del virus ancora elevati sarà un bel problema. In quest’ottica dovrebbero essere avviati sin d’ora progetti per trasferire tutto ciò che può essere trasferito in ‘smart working’.

Per quanto riguarda la scuola, bisognerebbe prendere in considerazione la possibilità che si ripresentino condizioni emergenziali. Visto l’enorme impatto sugli spostamenti e sugli assembramenti che scuola e università hanno, bisognerebbe studiare attentamente piani alternativi che non compromettano la preparazione degli alunni (come di fatto è avvenuto, nonostante gli sforzi dei docenti, in questi mesi), e che non si limitino a scommettere sul fatto che “andrà tutto bene”. Il tema è enorme e non ci provo neppure a impostarlo qua, ma è assolutamente cruciale. Sanità e scuola sono i due settori che sono stati tagliati di più negli scorsi anni, nel nome di un efficientamento delle risorse – che vuole dire fare i miracoli con risorse scarse. Per la scuola questo ha significato ridurre e concentrare le sedi, diminuire il rapporto tra docente e studenti, stipare gli studenti in aule inadeguate. Tutto questo e molto altro sarà da ripensare, ed il momento per farlo è ora.

III.6) Nota finale. Gli interventi del governo sono migliorabili. Sono soprattutto enormemente migliorabili sul piano degli aiuti economici, dove però interviene il Moloch della questione europea.
Ma chiunque in questa fase, per l’usuale tornaconto elettorale, gioca al gioco del ‘liberi tutti’, del ‘riapriamo tutto’ purchessia, senza farsi carico di spiegazioni dettagliate su quali scenari prefigura per gli italiani, è un irresponsabile, indegno di esprimersi sulla scena pubblica, da cui dovrebbe scomparire.

https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/1525015561013171

Ipoteche, di Giuseppe Masala

Diciamocela tutta siamo di fronte ad un bivio in questo disastro epocale. O continuare in Eu sapendo che ogni stato usa i suoi margini fiscali per far ripartire la propria economia o uscire dall’Eu perchè noi, margini fiscali non ne abbiamo e abbiamo urgente necessità di attingere ai margini monetari che la Banca d’Italia può garantirci e diciamocelo pure, anche grazie agli aiuti che Trump (certo, lo ha fatto guardando agli interessi geostrategici americani non certo perchè è un francescano) compresa l’opportunità che ha la Banca d’Italia di accendere uno swap con la Federal Reserve.
Badate, fa davvero rabbia andare nel sito della Bce (pagina “Open Market Operations”) e vedere il continuo profluvio di operazioni in dollari che fanno con la Banca d’Italia che garantisce tutto per salvare le banche tedesche e olandesi in piena dollar trap mentre non può far nulla per dare una mano al suo popolo. Uno schifo immenso. Ma cosa volete, questa è la situazione: la bce garantisce il debito privato sull’unghia ma sul debito pubblico fa troppo poco favorendo dunque le nazioni con forte debito privato.

Qualunque scelta comporta sacrifici ed è piena di rischi. Ma quella di rimanere nell’Eu porta ad un esito fatale per noi. Io mi chiedo che diritto hanno le persone della mia generazione, o della generazione precedente a ipotecare la vita di figli e nipoti sull’altare dell’idea piccolo borghese e provincialotta di “sentirsi europei”? Che diritto si ha di dare un futuro alle prossime generazioni da rumeno o da polacco post caduta del Muro di Berlino? Io credo nessun diritto.

Certo, lo so, è difficilissimo da comprendere, le persone sono state educate a considerare l’Europa come il non plus ultra delle magnifiche sorti e progressive. Decine di esperti e di tecnici appaiono in tv a farci la paternale sulla giustezza del destino europeo. Ma lo fanno per voi? Lo fanno in piena coscienza? Oppure parlano pensando alla loro reputazione, alle loro entrate ed al loro personale futuro? Cioè, secondo voi, Prodi può apparire in tv a chiedere scusa e dire che non sa nulla di economia e che ci ha buttato nel baratro? Chiaro che non può dirlo, ne vale anche della sua sicurezza fisica. E così vale per i tanti gerarchi che in trenta anni non hanno fatto altro che chiederci sacrifici per le nuove generazioni che avrebbero beneficiato del paradiso europeo. Se va bene ora sarà un paradiso da camierere magari con una laurea in ingegneria presa in un’inutile università italiana ormai di terza fascia. A voi in questi 20 anni ve n’è fottuto qualcosa della laurea in ingegneria del rumeno che vedevate impegnato nella raccolta di pomodori? Sarà uguale per la nuova generazione di italiani. E forse questa è la Nemesi.

Chi vuole continuare in questa follia sappia che sta ipotecando la vita di figli e nipoti.

 

I dati ferali del mercato automotive in Italia (ma nel resto del mondo non cambia poi molto), dovrebbe indurre a profonde riflessioni i decisori politici. La cosiddetta ripartenza non è una vera ripartenza se si inizia dalle aziende che hanno un enorme peso politico come appunto quella dei produttori di automobili. In questo momento non c’è domanda e riaprire questo settore significa farli lavorare un mese e poi assistere alla richiesta di cassa integrazione straordinaria da parte delle aziende. Bisogna ripartire da quelle aziende che si ha certezza abbiano una domanda sicura. Può sembrare una scemenza, ma barbieri e parrucchieri hanno una domanda certa inevasa che viene soddisfatta costringendoli a farli lavorare in nero a domicilio (non li biasimo, fanno bene, in tempo di guerra ognuno s’arrangia). Si potrebbe farli aprire su prenotazione, almeno riprendono a fatturare e possono garantire Iva all’Erario e stipendi ai propri dipendenti, butta via di questi temi maledetti! Idem il calcio. Si lo so, voi dite che sono un appassionato e lo dico per quello. Ma non è così, il settore è la decima industria del paese, i diritti tv sono già pagati ed è giusto che i contratti siano rispettati, a porte chiuse certamente, facendo i tamponi ai calciatori certamente. Ma devono ripartire per non perdere fatturato. Uguale i negozi d’abbigliamento, devono ripartire, magari anche qui su prenotazione, magari consentendo di fare saldi per svuotare i magazzini non perdendo così la stagione (si tenga conto che se perdono la stagione poi l’anno prossimo le nuove collezioni le comprano in quantità minore rallentando la ripartenza del settore tessile).
Per paradosso è il minuto che può consentire un minimo di ripartenza. E’ inutile far lavorare gli operai dell’alluminio e dell’acciaio se poi l’automotive non chiede alluminio e acciaio per le sue carrozzerie e i suoi motori perchè nessuno compra auto. Ripartire dal tetto dei grandi produttori, lasciando chiusa la base del commercio minuto e dei servizi necessari ci porterà solo ad un doom loop per assenza di domanda.

E’ altrettanto evidente che per riattivare il commercio minuto, le spese di tutti i giorni, è poi necessario mettere in tasca soldi alle persone. Anche con politiche monetarie non convenzionali come sta facendo la Banca del Giappone che sta accreditando soldi freschi sui c/c dei giapponesi. A crisi non convenzionale devono esserci risposte non convenzionali. Qui si sta sbagliando tutto. Mi pare che questa commissione di economari diretta dal Manager Colao sia troppo incentrata sul Big Business ma non riesce a comprendere che le case non si riedificano dal tetto. Bisogna partire dalle fondamenta.

tratti da facebook: https://www.facebook.com/bud.fox.58?epa=SEARCH_BOX

Io speriamo che me la cavo, del dr Giuseppe Imbalzano

Giuseppe Imbalzano, medico, specialista in Igiene e Medicina preventiva. Direttore sanitario di ASL lombarde per 17 anni (Ussl Melegnano, Asl Milano 2, Ao Legnano, Asl Lodi, Ao Lodi, Asl Bergamo, Asl Milano 1). Direttore scientifico progetti UE (Servizi al cliente, Informatizzazione della Medicina Generale). Si è occupato di organizzazione sanitaria, prevenzione, informatica medica, etica, edilizia, umanizzazione ospedaliera e psicanalisi. Oggi consulente della Federazione Russa per la gestione dell’epidemia di Covid19

http://CVBreveImbalzano

Io speriamo che me la cavo

Grazie a Marcello d’Orta che ci ha dato una speranza, per il presente e per il futuro.

E speriamo che anche per noi ci sia un modo per uscire, con sicurezza e rapidamente, da questa epidemia che ha determinato danni come una guerra, in un periodo tanto limitato, sovvertendo le nostre abitudini, i nostri comportamenti, i nostri affetti e le nostre speranze.

Ormai abbiamo superato i 200 mila casi certificati che, nella realtà, sono molti di più. I decessi sono circa 30 mila secondo l’Istat. Il personale sanitario infettato è ben oltre i 20 mila casi anche qui riconosciuti, con centinaia di morti.

Un disastro unico.

Non è chiaro come, dopo 2 mesi dall’inizio dell’infezione, ci siano ancora oltre 2600 operatori sanitari colpiti dall’infezione in una settimana, che ci siano 18 mila nuovi casi, come da una relazione dell’ISS e che non si veda una netta riduzione di crescita della curva, come nella analisi effettuata dal Gimbe

In Cina, con il lockdown, la curva si è appiattita dopo circa 2 settimane di crescita mentre in Italia non è accaduto mantenendo un incremento dei casi importante. Il lockdown non è stato particolarmente efficace ed è certamente stato determinato dai focolai di infezione che sono rimasti numerosi ed ampiamente distribuiti, in particolare nel Nord Italia.,

E allora ci chiediamo cosa non vada nella situazione italiana, quali siano le criticità che si ripetono, poiché è evidente che le azioni messe in atto per ridurre le infezioni non sono efficaci. O almeno non sono efficaci in alcune regioni.

I dati di mortalità, di prevalenza e di incidenza della infezione sono, e restano, comunque elevati e significativi, certamente non sono ancora azzerati, come si dovrebbe, per operare in sicurezza nella quotidianità, per il lavoro, i rapporti comunitari e la vita sociale.

In medicina, quando dobbiamo curare un malato, dobbiamo determinare quale sia la diagnosi corretta. Non è possibile, e ancora meno utile per il paziente, fare una valutazione generica e intervenire in modo inadeguato.

Ma, nella scelta tra più diagnosi e conseguenti terapie, è possibile che qualche volta la prima scelta non sia adeguata.

A questo punto si fa una rapida rivalutazione in considerazione dei risultati e delle conseguenze per il paziente. Se la diagnosi non è corretta si approfondisce il caso e si decide una nuova terapia. Se il fallimento è terapeutico allora si modifica la terapia che non ha dato i risultati sperati, o perché il farmaco non è efficace per quel paziente o perché la terapia non è adatta al caso che stiamo assistendo.

Una analisi dell’Istituto Superiore di Sanità ha identificato i luoghi di esposizione delle nuove infezioni e su 4500 casi valutati abbiamo il 44% che è avvenuto nelle strutture per anziani o nelle comunità per disabili, il 25% al proprio domicilio e l’11% in ambiente sanitario.

Se non vengono individuate le cause, qualsiasi terapia potrebbe essere inefficace.

Fermo restando che chi si ammala è abbisognevole di cure, nel nostro caso è indispensabile che le fonti di infezione vengano neutralizzate oltre alle necessarie cure ed assistenza dei pazienti. È necessario che i diversi settori clinici abbiano la necessaria competenza e sicurezza per poter operare con tempestività e continuità. Ed è essenziale proteggere e rafforzare il sistema sanitario che attualmente ha subito danni considerevoli.

In Cina hanno riaperto quando i casi si sono azzerati.

Perché?

Perché così si possono evitare nuovi casi

Noi riapriamo con due elementi di grande criticità

Il numero dei nuovi casi e gli operatori sanitari infettati

La soluzione che riteniamo preferibile è quella di individuare le aree virusfree e in quelle avviare una apertura totale delle attività. Considerato che l’avvio della fase 2 non valuta questa opzione è comunque necessario verificare se siano garantiti alcuni parametri organizzativi e gestionali che diano garanzie per una corretta gestione dell’epidemia.

 

Cosa dobbiamo fare

Siamo arrivati a tracciare e a interrompere la catena di trasmissione del virus?

Riusciamo a testare i sintomatici e rintracciare i loro contatti?

I sistemi proposti per il tracciamento dei contatti sono efficaci?

O rischiano di creare confusione ulteriore nel sistema per l’elevato numero di contatti che possono essere registrati?

Riusciamo ad assistere in modo adeguato i malati non ricoverati garantendo un rientro in famiglia quando il paziente è completamente guarito?

Gli ospedali e la case di riposo sono stati messi in sicurezza?

Il personale sanitario è garantito nella sua attività quotidiana?

Cosa stiamo facendo per la prevenzione?

Le regole che sono state indicate sono sufficienti?

Cosa dobbiamo fare in attesa che sia reso disponibile, e dispensato a tutta la popolazione, un vaccino efficace e terapie adeguate?

La popolazione a rischio è sufficientemente protetta e garantita?

Considerato che dobbiamo attenderci nuove recrudescenze del virus, come dobbiamo operare per garantire l’intera popolazione e quella più suscettibile a subire i danni più gravi determinati dal virus?

 

Come fare?

Esistono tre modelli di base per riavviare la vita sociale ed economica: l’approccio di riavvio completo; un approccio incentrato sul mantenimento delle restrizioni per le popolazioni vulnerabili; e l’approccio graduale adottato da paesi come la Cina.

Con il modello di riavvio completo, il governo attende che i nuovi casi Covid-19 siano a zero e quindi riavvia l’attività sociale ed economica con misure restrittive minime ma con viaggi internazionali limitati. Questa strategia richiede numerose condizioni che potrebbero non essere fattibili per la maggior parte dei paesi, tra cui controlli rigorosi alle frontiere, elevati volumi di test e tracciabilità dei contatti e la capacità di imporre un lungo periodo iniziale di blocco.

Il secondo approccio consente il diffuso riavvio dell’attività sociale ed economica, ma con il rigoroso isolamento per le popolazioni vulnerabili come gli anziani. Un simile approccio potrebbe non essere fattibile in molti paesi, dato il gran numero di persone che dovrebbero rimanere in isolamento fino a quando non sarà disponibile un vaccino o una cura.

Il terzo approccio è probabilmente il più ampiamente adottato. Secondo questo modello, i governi eliminano le restrizioni in modo deliberato, graduale e incrementale basato sulla progressione della malattia, sulla prontezza del sistema sanitario pubblico e sulla preparazione della comunità. Questo approccio è in varie fasi di introduzione in tutto il mondo, con paesi in Asia ed Europa all’avanguardia.

Entrare nel merito di ognuno dei tre modelli dipende dalle condizioni di avvio del sistema, che deve essere considerato un prerequisito.

In due mesi non sono stati risolti molti dei problemi che abbiamo elencato precedentemente e che sono alla base delle criticità attuali che, se dovessero permanere, non possono determinare le condizioni di sicurezza che noi ci attendiamo per poter proseguire e riprendere una quotidianità quasi normale o con limitazioni molto modeste.

Giuseppe Imbalzano – Medico

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