Due articoli che sottolineano due finalità ed aspetti opposti del piano di riforma dell’esercito e delle nuove priorità strategiche del ridenominato Ministero della Guerra. Opposti ma, a ben guardare, non in contraddizione tra loro. Li accomuna, però, un allarmismo legalitario sulla natura del “regime trumpiano” che spinge a distorcere la natura dello scontro politico in essere negli Stati Uniti e a travisare sia gli obbiettivi politici degli schieramenti sul campo, sia chi dovrebbe essere l’avversario principale nell’ottica dell’affermazione della difesa degli interessi nazionali statunitensi, nell’ottica dell’accettazione di un ridimensionamento del proprio peso geopolitico, e soprattutto degli interessi nazionali, intesi come ricomposizione del blocco sociale dominante, dell’Italia. Quello che è effettivamente un rischio, nei due articoli è rappresentato come una realtà consolidata, a cominciare dalla natura “fascista di quel regime”. Un giudizio che, come in altre occasioni, accomuna le componenti politiche restauratrici e radicalmente protestatarie presenti nel panorama composito europeo e statunitense.
Non si vuol comprendere, più o meno coscientemente, che gli Stati Uniti stanno scivolando sempre più verso una condizione di “stato di eccezione” che:
Sta disaggregando al proprio interno gli apparati di ordine ed amministrativi dello stato federale e degli stati federati secondo logiche di appartenenza alle fazioni in lotta già presenti da tempo soprattutto ad opera dell’area demo-neoconservatrice. Fazioni che non possono essere poste allo stesso livello. Quello messo in discussione è un blocco storico di potere, consolidato ed incrostato, capace sino ad ora di liquidare gli ostacoli, tra di essi i presidenti scomodi, lungo il loro cammino; aggrappato ad una visione imperiale incapace di riconoscere contendenti. Una condizione conflittuale che, ormai, si sta insinuando all’interno stesso dell’attuale amministrazione presidenziale, proprio per la crisi di rappresentanza che sta subendo il partito democratico.
Uno stato di eccezione che fa largo uso di assassinii, stragi di apparente natura psicotica, manifestazioni di piazza, più o meno promiscue, di mera espressione strumentale di malcontento. Cose già viste anche durante la prima presidenza di Trump.
Una condizione che sta spingendo sempre più la presidenza a privilegiare in assoluto le esigenze di politica interna in uno scambio, non si sa quanto consapevole, ma comunque pernicioso e alla fine velleitario, tra una maggiore agibilità in politica interna e un progressivo lasciapassare alle mene interventiste neoconservatrici in politica estera. Un lasciapassare, specie in Europa, concesso nella speranza che la fazione avversa si cacci in un vicolo cieco disastroso in assenza di una propria capacità politica a determinarne l’esito.
Velleitario soprattutto in quanto Trump, per conseguire risultati sul piano della reindustrializzazione del proprio paese, ha bisogno di almeno un paio di decenni di relazioni internazionali meno turbolente in particolare con Russia e Cina. L’esatto contrario di quanto stanno determinando le attuali dinamiche geopolitiche e di quanto da lui stesso assicurato alla componente maggioritaria di MAGA, il movimento dalla cui esistenza Trump non può prescindere.
Le conseguenze di questa direzione impressa sono ormai sempre più evidenti:
La componente demo-neocon, in parte disarticolata all’interno degli Stati Uniti, ha confermato salde radici e il pieno controllo delle leve all’estero, in particolare in Europa e con qualche increspatura in Medio Oriente. Ha mostrato notevoli capacità, pur con esito incerto, di fomentare disordini e colpi di mano, specie nel circondario russo e, nel prossimo futuro, negli stessi Stati Uniti. Da qui il sardonico “laissez faire” di Trump in Europa e la sua crescente complicità in Medio Oriente, pur nel reiterato, spesso goffo tentativo di ridurre Netanyahu a comprimario dello scacchiere medio-orientale
Le leadership e la quasi totalità delle classi dirigenti europee non sono solo umili ed insignificanti serventi, ma parti attive, determinanti delle politiche russofobe ostili e interventiste contro la Russia sino a sacrificare pesantemente, per la propria disperata sopravvivenza, gli interessi, anche vitali, della grande maggioranza della propria popolazione. Ceti dominanti che vivono e sopravvivono degli intrecci di interessi di questo sistema di potere. E in caso di alternative, disposte ad accettare cappi ancora più stringenti, vedi gli accordi sui dazi e la suicida politica di riarmo, piuttosto che sfruttare le opportunità offerte da uno scontro politico in atto. Sono GLI AVVERSARI E I NEMICI da combattere e spodestare qui in Europa!
Ricondurre ad “unicum” autoritario, se non addirittura “fascista”, le diverse fazioni in lotta tra di loro negli Stati Uniti porta a travisare e a ritenere concluso un virale conflitto politico dall’esito ancora incerto e a mettere in ombra l’avversario principale sul quale concentrare le attenzioni.
Cantonate clamorose, purtroppo non nuove.
Cantonate dal sapore più che altro coreografico, ma aggiunto al peso determinante delle politiche delle leadership europee, le quali stanno ricacciando sempre più Trump, non presumibilmente la componente maggioritaria di MAGA, nella commistione con i neocon, piuttosto che separarlo sempre più nettamente da essi, come richiederebbero il perseguimento degli interessi strategici dei principali paesi europei. Da qui il suo lasciar fare agli europei e alla loro crescente esposizione nella responsabilità del conflitto in Ucraina ed oltre con la Russia, a vantaggio dei profitti del complesso militar-industriale statunitense e di una più articolata divisione di compiti nell’agone internazionale.
Quasi tutte le dirigenze politiche europee, comprese quelle italiane, sono direttamente responsabili di queste scelte.
È il momento di recuperare la parola d’ordine costitutiva, dieci anni fa, del manifesto del sito l’Italia e il mondo:.
La postura di NEUTRALITÀ VIGILE dell’ITALIA
Di conseguenza:
L’ITALIA NON È IN GUERRA CON LA RUSSIA
Per tanto:
RITIRO IMMEDIATO DI OGNI FORZA MILITARE ITALIANA DAI CONFINI DELLA RUSSIA, visto anche il carattere non vincolante dell’articolo 5 del trattato istitutivo della NATO
Da qui deve discendere ogni discorso e programma sulla condizione economica, sociale e politica dell’Italia nel nuovo contesto multipolare_Giuseppe Germinario
Martedì il Presidente Trump ha tenuto un discorso ai capi di Stato Maggiore, al suo segretario alla Guerra e agli alti comandanti (la trascrizione è disponibile qui) presso la base dei Marine Corps Quantico in Virginia. La sessione è stata convocata per esaminare la prontezza militare, le priorità di bilancio e le prossime iniziative. L’ordine del giorno comprendeva i nuovi programmi di armamento, l’espansione della struttura delle forze e il cambiamento di dottrina dell’amministrazione sotto il nuovo nome di “Dipartimento della guerra“. Si è trattato sia di un briefing politico che di una direttiva, che ha delineato le missioni che Trump si aspetta che le forze armate intraprendano nel prossimo anno.
Tuttavia, l’elemento più sorprendente del discorso non sono state le cifre del bilancio o gli annunci di hardware, ma il linguaggio usato da Trump per descrivere la situazione interna della nazione. Ha avvertito che l’America è sotto attacco, non dall’estero ma dall’interno:
Siamo sotto un’invasione dall’interno, non diversa da quella di un nemico straniero, ma più difficile sotto molti aspetti…
L’esercito, ha sottolineato, dovrebbe difendere non solo i confini della nazione ma anche le sue strade, trattando i disordini interni come un teatro di guerra.
D.C. come caso di studio
Trump ha preso in considerazione Washington D.C. come prova di concetto per la sua visione di intervento militare nelle città americane. L’11 agosto ha firmato l’Ordine esecutivo 14333 che pone il Metropolitan Police Department (MPD) sotto il controllo federale. L’ordine mobilitava anche la Guardia Nazionale di Washington sotto il comando federale e richiamava unità della Guardia da altri Stati per “aumentare la missione“. Trump ha giustificato la presa di potere citando una “emergenza criminalità”, anche se sia i dati indipendenti che quelli ufficiali (vedi qui e qui) mostravano che la criminalità violenta nella capitale era già ai minimi da 30 anni o quasi.
Davanti ai generali, ha inquadrato l’operazione come un successo schiacciante:
Washington D.C. era la città più insicura e pericolosa degli Stati Uniti d’America…. E ora… dopo 12 giorni di forte intensità, abbiamo eliminato 1.700 criminali di carriera…. L’ho attraversata in macchina due giorni fa, era bellissima…. Washington D.C. è ora una città sicura.
Ma questa affermazione porta con sé una contraddizione. Se Washington è ora “quasi la nostra città più sicura”, perché mantenere la polizia federalizzata e una Guardia militare nelle strade? Trump presenta la repressione come un successo finito e allo stesso tempo come una necessità continua. A suo dire, 1.700 criminali sono spariti, ma l’emergenza rimane, per ora estesa fino a dicembre. La capitale diventa non solo la prova dell'”ordine ristabilito”, ma anche una motivazione permanente per esportare il modello altrove.
Le “zone di guerra” democratiche
Dall’esempio di Washington, Trump è passato a una cornice urbana più ampia. Ha criticato la governance democratica:
I democratici gestiscono la maggior parte delle città che sono in cattive condizioni…. Ma sembra che quelle gestite dai Democratici della sinistra radicale, quello che hanno fatto a San Francisco, Chicago, New York, Los Angeles, siano luoghi molto insicuri e noi le raddrizzeremo una per una.
Ha reso esplicita la sua visione militarizzata:
E questa sarà una parte importante per alcune delle persone presenti in questa stanza. Anche questa è una guerra. È una guerra dall’interno.
Da quel momento, il discorso si è trasformato in una ripetizione e in un’improvvisazione. Trump ha mescolato gli avvertimenti sulla criminalità urbana con la narrazione dell’immigrazione:
Abbiamo avuto milioni di persone che sono entrate, che si sono riversate. 25 milioni in tutto…. Molti di loro non dovrebbero mai essere nel nostro Paese. Prendevano le loro persone peggiori…. le mettevano in una carovana e le facevano salire a piedi.
Poi è arrivata la proposta sorprendente:
Ho detto al [Segretario alla Guerra] Pete [Hegseth] che dovremmo usare alcune di queste città pericolose come campi di addestramento per la nostra Guardia Nazionale militare, ma militare, perché andremo a Chicago molto presto.
Chicago
Chicago è stato l’esempio principale di Trump. Ha ridicolizzato la leadership dello Stato in termini crudi:
È una grande città, con un governatore incompetente, un governatore stupido…. La scorsa settimana hanno avuto 11 persone assassinate, 44 persone uccise…. Ogni fine settimana ne perdono cinque, sei. Se ne perdono cinque, la considerano una grande settimana. Non dovrebbero perderne nessuno.
Il linguaggio è stato concepito per dipingere l’immagine di una città al collasso totale, un campo di battaglia che invoca le truppe federali. Ma i fatti raccontano una storia più complicata. Nella prima metà del 2025, le sparatorie e gli omicidi a Chicago sono diminuiti di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. I funzionari della città hanno celebrato l’estate come la più sicura dal 1965.
Tutto ciò non significa che Chicago sia priva di tragedie. La città è ancora teatro di brutali fine settimana: durante il Labor Day, 58 persone sono state colpite, otto in modo mortale. A luglio, una sparatoria di massa a una festa per l’uscita di un album ha causato quattro morti e 14 feriti. La violenza di quartiere, concentrata in poche aree, rimane ostinata e devastante.
Ma questo non significa che la città sia “fuori controllo”. Eppure Trump propone di dispiegare l’esercito in una città in cui la criminalità violenta è, a detta di tutti, gestibile – perché dice che un governatore è “stupido”. Trattare una delle più grandi città americane come una “zona di guerra”, utile soprattutto per dimostrare chi, secondo le sue parole, è “il capo”.
Portland
Trump ha poi preso di mira Portland:
Portland, Oregon, dove sembra una zona di guerra…. A meno che non stiano riproducendo dei nastri falsi, questa sembrava la Seconda Guerra Mondiale. La tua casa sta bruciando…. Questo posto è un incubo.
Trump l’ha collegata direttamente all’opposizione all’applicazione della legge sull’immigrazione:
Se la prendono con il nostro personale dell’ICE, che è un grande patriota.
Le proteste si sono concentrate davanti alla struttura ICE di Macadam Avenue, a partire dall’inizio di giugno. I dimostranti hanno inscenato sit-in e marce, accusando l’agenzia di pratiche di detenzione abusive e chiedendo la chiusura della struttura. Il 12 giugno la polizia ha arrestato 10 manifestanti. Allo stesso tempo, gli agenti federali sono stati riportati a sparare palle di pepe e altre munizioni dal tetto dell’edificio contro i manifestanti che bloccavano il vialetto. La città ha registrato molteplici casi di utilizzo di munizioni chimiche nei quartieri vicini, sollevando preoccupazioni per la salute pubblica, la sicurezza e la costituzione.
Dal punto di vista legale, la linea è chiara: interrompere o ostacolare il lavoro delle forze dell’ordine federali è un reato federale. Alcuni manifestanti di Portland sono stati arrestati proprio per questi motivi. Ma gran parte dell’attività è rimasta un dissenso legittimo ai sensi del Primo Emendamento.
Trump ha cancellato questa distinzione. Un movimento di protesta – disordinato, controverso e che a volte sconfina nell’illegalità – è diventato, secondo lui, un campo di battaglia degno di un’occupazione militare.
“Loro sputano, noi colpiamo”
Trump ha trasformato il controllo della folla in una dottrina di combattimento. Ha descritto i manifestanti che sputavano in faccia ai soldati e ha annunciato una nuova regola: “Se sputano, colpiamo”.
Ha poi descritto sassi e mattoni che hanno distrutto i veicoli federali e ha dichiarato:
Esci da quell’auto e puoi fare quello che vuoi.
Certo, sputare a un agente è spregevole e talvolta criminale, ma non è una licenza per “colpire”. Allo stesso modo, comandi vaghi come “fate quello che diavolo volete” in situazioni percepite come pericolose per la vita invitano all’eccesso, alla responsabilità civile e all’abuso politico. Il pericolo non è solo quello che i civili potrebbero fare in strada, ma anche quello che i soldati potrebbero credere di essere liberi di fare a loro volta.
Matematica elastica
È opportuno notare con quanta disinvoltura Trump pieghi i numeri per giustificare il coinvolgimento militare nella vita domestica, soprattutto in materia di immigrazione. In campagna elettorale, il suo team ha messo in guardia gli anziani dai “10 milioni di clandestini” che avrebbero avuto diritto alla sicurezza sociale. Questo numero deriva dagli incontri alla frontiera, una misura che include gli attraversamenti ripetuti e le espulsioni.
Anche alleati come il rappresentante Chip Roy (R-Texas) hanno usato numeri più piccoli. Il suo rapporto sul 2020 parlava di 8,5 milioni di attraversamenti, con 5,6 milioni di rilasci e due milioni di “fughe”.
Tornato in carica, Trump ora dichiara “25 milioni in tutto”. La cifra cresce ad ogni replica.
Non c’è dubbio che l’immigrazione clandestina imponga dei costi, dai bilanci locali alla droga e al traffico. Ma la distorsione di Trump non riguarda la precisione. È fatta per trasformare un problema legittimo in un pretesto per trattare le città statunitensi come campi di battaglia militari.
Una nuova unità domestica
Trump ha ricordato al suo pubblico che la macchina è già in moto:
Il mese scorso ho firmato un ordine esecutivo per la formazione di una forza di reazione rapida che possa aiutare a sedare i disordini civili.
Trump ha citato i presidenti del passato che hanno utilizzato le truppe per l’ordine interno. Invocando il giuramento contro “tutti i nemici, stranieri e interni”, ha chiarito che il “domestico” fa ora parte della missione militare.
Campi di addestramento
I commentatori spesso ignorano la retorica di Trump come una spacconata. Ma quando il comandante in capo dice ai generali che le città americane dovrebbero servire come “campi di addestramento”, non può essere ignorato.
Nella pratica militare, i campi di addestramento sono spazi controllati con regole di sicurezza e supervisione legale. Trump li ha trasformati in vere e proprie città, trattando le comunità come campi di battaglia piuttosto che come luoghi in cui vivono milioni di persone.
Questo cambiamento non è simbolico. Pronunciato dalla massima autorità militare della nazione, non è tanto una metafora quanto una direttiva. Il divario tra retorica e politica è pericolosamente sottile quando chi parla può impartire ordini. Quello che Trump inquadra come prontezza è, in effetti, un invito a militarizzare la vita civile.
Legge e Costituzione
La base legale per l’approccio di Trump è traballante. La legge Posse Comitatus impedisce alle truppe federali di svolgere attività di polizia civile. L’Insurrection Act consente eccezioni, ma solo in caso di emergenze specifiche come l’insurrezione o il collasso dell’autorità statale. L’uso delle città come “campo di addestramento” farebbe allungare a dismisura lo statuto.
La Guardia Nazionale è il cardine. Sotto l’autorità statale, i membri della Guardia possono far rispettare la legge. Una volta federalizzati, non possono. Una “forza di reazione rapida” controllata dal governo federale per le proteste della polizia offusca questo confine e invita all’abuso.
La gravità delle mosse di Trump è difficile da sopravvalutare. Rischiano di trasformare le forze armate da scudo contro gli attacchi stranieri a strumento di controllo interno, erodendo gli stessi limiti destinati a preservare una repubblica libera e creando un precedente che i futuri presidenti potrebbero sfruttare.
Veronika è una scrittrice con la passione di chiedere conto ai potenti, indipendentemente dalla loro appartenenza politica. Con un dottorato di ricerca in Scienze politiche conseguito presso l’Università nazionale di Odessa (Ucraina), porta un occhio analitico acuto alla politica interna ed estera, alle relazioni internazionali, all’economia e alla sanità.
Il lavoro di Veronika è guidato dalla convinzione che valga la pena difendere la libertà e si dedica a tenere informato il pubblico in un’epoca in cui il potere opera spesso senza controllo.
Ho appena finito di pubblicare il seguente commento su Moon of Alabama e ora lo faccio qui perché le informazioni contenute nelle tre chat linkate sono di troppo grave importanza per non diffondersi ovunque. I video mostrati durante quelle chat sono altrettanto importanti, poiché forniscono il contesto per il commento che segue. So che si sono svolte altre chat che probabilmente conterranno informazioni vitali. Chiedo ai lettori di linkare ciò che hanno guardato nelle ultime 48 ore nei commenti, insieme a una breve sinossi del perché dovrebbero essere guardati, in modo che altri possano fare lo stesso. L’ultimo “Accordo di Gaza” è una stronzata al 100% e mira a placare la folla antisionista globale, che ora è la netta maggioranza, e gli aerei da guerra imperiali sono in viaggio verso le basi in Asia occidentale in un’escalation simile a quella che abbiamo visto a giugno prima della Guerra dei 12 Giorni. Ora il mio commento:
Ho guardato tre chat: Max Blumenthal e il Colonnello Wilkerson con Nima e il Colonnello con il Giudice Nap . Di solito non mi turbano troppo le informazioni rivelate durante queste chat, ma oggi è stato diverso: alcune parti di tutte e tre erano inquietanti, non solo lo spettro della guerra all’orizzonte, ma la profondità del fascismo qui all’interno dell’Impero Fuorilegge degli Stati Uniti. E non vedo il Colonnello Wilkerson avere TDS. Pensate a cosa ha insinuato Trump quando ha detto che le città americane saranno usate come campi di addestramento per le aree urbane che presto invaderemo. O Hegseth che dice che non ci sono più leggi di guerra, né regole di ingaggio. L’Impero Fuorilegge degli Stati Uniti è diventato completamente sionista ai massimi livelli di leadership . Ciò che Hegseth ha detto non è più applicabile sono i trattati che fanno parte della Costituzione e che tutti quegli ufficiali di bandiera hanno giurato di difendere. Le tre chat durano circa due ore e quaranta minuti. Anche se non siete americani, guardatele perché tutta questa roba che sta succedendo influenzerà anche voi.
Sì, il fascismo all’interno dell’Impero Fuorilegge degli Stati Uniti è ai livelli della Guerra Fredda degli anni ’50. Le chat descrivono questo e molto altro.
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In un altro passo avanti sulla scala mobile dell’escalation, i Paesi della NATO stanno dando all’Ucraina il “permesso” ufficiale di usare le armi occidentali per colpire in profondità il territorio russo.
Mentre l’Ucraina ha sparato missili e droni in territorio russo periodicamente dal 2022, le nazioni occidentali hanno ufficialmente scoraggiato il governo di Kiev dal farlo per evitare un’escalation con la Russia armata di armi nucleari.
Ora sembra che gli Stati membri della NATO abbiano fatto un’inversione di rotta. Diversi Paesi della NATO, tra cui gli Stati Uniti, hanno dato all’Ucraina il via libera per sparare contro la Russia.
“Il presidente ha recentemente dato ordine al suo team di garantire che l’Ucraina sia in grado di utilizzare le armi fornite dagli Stati Uniti per il fuoco di contrapposizione a Kharkiv, in modo che l’Ucraina possa rispondere alle forze russe che la colpiscono o che si preparano a colpirla”, ha dichiarato giovedì alla CNN un funzionario statunitense.
Oggi il Segretario di Stato Antony Blinken ha spiegato il tutto durante una conferenza della NATO a Praga: “Nelle ultime settimane, l’Ucraina è venuta da noi e ci ha chiesto l’autorizzazione a usare le armi che sono state fornite per difendersi da questa aggressione, anche contro le forze russe che si stanno ammassando sul lato russo del confine”.
Il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha fatto eco ai commenti di Blinken, affermando: “Gli alleati hanno accettato per molti anni, o da quando questa guerra è iniziata nel 2022, che le loro armi venissero utilizzate anche per colpire obiettivi legittimi all’interno della [Russia]. Per esempio, il Regno Unito ha fornito missili da crociera Storm Shadow per molto tempo senza alcuna restrizione…. La Russia ha attaccato l’Ucraina, [che] ha il diritto di difendersi. E questo include anche l’attacco a obiettivi militari legittimi all’interno della Russia”.
Anche la Germania, un tempo riluttante a provocare la Russia, sta saltando sul carro. Come ha osservato Politico:
“Nelle ultime settimane, la Russia ha preparato, coordinato ed eseguito attacchi da posizioni nella zona di Kharkiv, in particolare dalla regione di confine russa direttamente adiacente”, ha dichiarato venerdì il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit.
L’Ucraina “ha il diritto, garantito dal diritto internazionale, di difendersi da questi attacchi”, ha aggiunto. “Per farlo, può utilizzare le armi fornite a questo scopo in conformità con i suoi obblighi legali internazionali, comprese quelle fornite da noi”.
Nei giorni scorsi il Cancelliere Olaf Scholz aveva sottolineato il diritto dell’Ucraina di difendersi colpendo obiettivi all’interno della Russia in conformità con il diritto internazionale, ma era rimasto vago sul fatto che Berlino avesse dato all’Ucraina il permesso di usare armi fornite dalla Germania per farlo.
Scholz ha finora rifiutato di inviare all’Ucraina i suoi missili da crociera a lungo raggio Taurus, che potrebbero essere usati per colpire in profondità il territorio russo, sostenendo che ciò potrebbe portare la Germania a un confronto diretto con la Russia. Ma la Germania ha fornito altri sistemi d’arma che potrebbero essere utilizzati per colpire obiettivi all’interno della Russia vicino alla città di Kharkiv, tra cui obici semoventi e lanciarazzi Mars II.
La realtà è che tali attacchi andranno probabilmente oltre il semplice attacco alle forze russe radunate vicino al confine con l’Ucraina. Sono possibili attacchi con missili e droni a medio-lungo raggio su basi militari, campi d’aviazione, depositi di carburante e raffinerie di petrolio.
Infatti, lo scorso fine settimana, l’Ucraina ha colpito due delle stazioni radar avanzate di allerta precoce della Russia – utilizzate per rilevare i missili nucleari in arrivo – che coprivano il Medio Oriente, il Nord Africa, l’Iran e l’Asia centrale. In altre parole, le installazioni radar che coprono l’area in cui si muove la Quinta Flotta della Marina statunitense sono state rese (potenzialmente) inutilizzabili. Sebbene tali attacchi non abbiano alcuno scopo militare per l’Ucraina – dal momento che i radar non coprivano nemmeno l’Ucraina – ciò potrebbe rivelarsi vantaggioso per le forze statunitensi nella regione, portando molti a ipotizzare che gli attacchi siano stati effettuati per volere degli Stati Uniti.
La Russia, da parte sua, non è rimasta in silenzio su questa nuova potenziale escalation.
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha avvertito su Telegram: “I Paesi della NATO che hanno approvato attacchi con le loro armi sul territorio russo dovrebbero essere consapevoli chele loro attrezzature e i loro specialisti saranno distrutti non solo in Ucraina, ma anche in qualsiasi punto da cui il territorio russo viene attaccato…. Tutti i loro equipaggiamenti militari e i loro specialisti che combattono contro di noi saranno distrutti sia sul territorio dell’ex Ucraina sia sul territorio di altri Paesi, nel caso in cui da lì vengano effettuati attacchi contro il territorio russo”.
Medvedev ha anche osservato che i sistemi missilistici a lunga gittata dell’Ucraina sono “gestiti direttamente da militari dei Paesi della NATO”,che equivale a una partecipazione diretta alla guerra.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un suo avvertimento, dicendo ai giornalisti che martedì era in visita di Stato in Uzbekistan,
Se [Stoltenberg] sta parlando di attaccare potenzialmente il territorio russo con armi di precisione a lungo raggio, lui, come persona a capo di un’organizzazione politico-militare, anche se è un civile come me, dovrebbe essere consapevole del fatto che le armi di precisione a lungo raggio non possono essere usate senza una ricognizione spaziale. Questo è il mio primo punto.
Il secondo punto è che la selezione del bersaglio finale e la cosiddetta missione di lancio possono essere effettuate solo da specialisti altamente qualificati che si basano su questi dati di ricognizione, dati di ricognizione tecnica. Per alcuni sistemi di attacco, come Storm Shadow, queste missioni di lancio possono essere effettuate automaticamente, senza bisogno di ricorrere ai militari ucraini. Chi lo fa? Lo fanno coloro che producono e coloro che presumibilmente forniscono questi sistemi di attacco all’Ucraina. Questo può avvenire e avviene senza la partecipazione dell’esercito ucraino. Anche il lancio di altri sistemi, come ad esempio l’ATACMS, si basa su dati di ricognizione spaziale, gli obiettivi vengono identificati e comunicati automaticamente agli equipaggi interessati, che potrebbero anche non rendersi conto di cosa stiano mettendo in campo. Un equipaggio, magari anche ucraino, prepara la missione di lancio corrispondente. Tuttavia, la missione è messa a punto da rappresentanti dei Paesi della NATO, non dall’esercito ucraino.
Quindi, questi funzionari dei Paesi della NATO, soprattutto quelli con sede in Europa, in particolare nei piccoli Paesi europei, dovrebbero essere pienamente consapevoli della posta in gioco. Dovrebbero tenere a mente che i loro sono Paesi piccoli e densamente popolati, il che è un fattore da tenere in considerazione prima di iniziare a parlare di colpire in profondità il territorio russo. È una questione seria e, senza dubbio, la stiamo osservando con molta attenzione.
Forse come ritorsione per gli annunci fatti dai leader della NATO, giovedì la Russia ha sparato un missile ipersonico Kinzhal contro un’area di sosta per le armi della NATO nell’Ucraina occidentale, vicino a Leopoli, uccidendo fino a 300 persone, compresi i consiglieri della NATO.
Man mano che le nazioni della NATO diventano più disperate nel tentativo di sconfiggere la Russia di Putin, aumenta il rischio di una pericolosa escalation. Se i leader americani seguissero semplicemente la politica estera non interventista dei fondatori del Paese e rimanessero fuori dalle guerre europee, questo conflitto si concluderebbe rapidamente. In caso contrario, c’è la possibilità concreta che la terza guerra mondiale scoppi nel corso del prossimo anno.
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