Quale Europa e quante Europa nel prossimo futuro_Intervista a Pierluigi Fagan

 La Brexit, il patto franco-tedesco, il gruppo di Visegrad sono il segno di un processo di riconfigurazione delle relazioni tra gli stati europei che sta mettendo in forse l’attuale organizzazione della Unione Europea. L’unica area ad assumere un carattere magmatico e poco definibile rimane l’Europa Mediterranea; proprio lo spazio che torna ad assumere un ruolo strategico di primaria importanza nelle complesse dinamiche geopolitiche determinate principalmente, ormai, da stati extraeuropei. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Tendenze totalitarie odierne: la gender theory, di Gennaro Scala

Tendenze totalitarie odierne: la gender theory

È soprattutto oggi il mondo cattolico ad accusare di totalitarismo la gender theory. Riteniamo che la consapevolezza dei pericoli che essa comporta debba essere patrimonio anche dei non cattolici. Pur non condividendo per nulla i principi su cui si basa l’educazione infantile cattolica, tuttavia essa non è definibile come totalitaria, perché non mira quella radicale ridefinizione dell’essere umano come invece vorrebbe la gender theory. Detto senza mezzi termini: voler cancellare l’identità maschile/femminile è un’aspirazione totalitaria. Ma vediamo quali sono le radici di tali tendenze.

Quanti hanno affrontato la questione del totalitarismo, in primo luogo Hannah Arendt, hanno effettuato un’omissione, non hanno indagato a fondo le radici del totalitarismo, che sono da ricercare nello stato liberale classico, trasformando il concetto di totalitarismo, nonostante gli elementi di verità, in uno strumento propagandistico del liberalismo. Il regime totalitario non è un nuovo regime (come vuole Arendt), ma è il funzionamento dello stato moderno in condizioni di crisi: in una fase di mobilitazione totale per la guerra totale, come nella Germania nazista; in una fase di modernizzazione accelerata come fu l’Unione Sovietica staliniana. La rivoluzione sovietica, vista con il senno di poi, non fu una rivoluzione “proletaria”, ma, per la classica eterogenesi dei fini, l’estensione dello stato moderno al di fuori dell’occidente, in seguito diventato egemone a livello globale come principale forma di organizzazione delle società. All’obiezione prevedibile secondo cui la rivoluzione sovietica nominalmente comunista intendeva proprio eliminare lo spazio dell’iniziativa privata, rispondiamo che vista nel ciclo lungo, ha portato, dopo la fase staliniana della costruzione dello stato russo moderno, al ripristino dello spazio privato dopo il crollo del comunismo. Non è questo il luogo per approfondire tali questioni, spero però sia sufficiente a mettere in discussione il modello propagandistico dei “due totalitarismi”, fascismo e comunismo, a cui si contrappone il regno della libertà liberale, perché tale modello ci rende ciechi rispetto alle tendenze totalitarie odierne che nascono dal seno del neo-libealismo.

Il totalitarismo ha come presupposto l’enorme concentrazione del potere coercitivo che caratterizza lo stato moderno, rappresentato dallo stato liberale classico. Abbiamo una polarizzazione tra concentrazione del potere coercitivo dello stato e individualismo: perché si affermi una sfera della libertà privata in cui l’individuo possa svolgere “liberamente” la sua attività è necessario che lo stato concentri il potere relativo alla sfera pubblica. È questa principalmente la ragione del successo dello stato moderno: dando vita ad una sfera della “libertà privata” ha dato grande impulso all’iniziativa economica privata, la quale si traduce in ricchezza, sviluppo economico, tecnico e scientifico e quindi in potenza dello stato.

Tale concentrazione del potere coercitivo che caratterizza lo sviluppo dello stato moderno dal ‘500 ad oggi (vedi in merito i fondamentali studi di Charles Tilly), comporta la progressiva distruzione delle “comunità intermedie”, quella “furia del dileguare” che Hegel attribuiva alla sola rivoluzione francese, ma che è in realtà una caratteristica propria dello stato moderno in quanto tale. La libertà nello stato moderno è essenzialmente libertà di perseguire il proprio interesse, a differenza della libertà nel mondo antico greco-romano che era la libertà di partecipare alla sfera pubblica, secondo l’intramontabile definizione di Benjamin Constant.

Il sistema parlamentare è interno alla concentrazione del potere dello stato, come osservò Tocqueville la rivoluzione francese conservò ed estese la concentrazione dei poteri ereditata dall’assolutismo. Come ebbe a scrivere Kant in un passo illuminante: “Che cos’è un monarca assoluto? È quello che, se dice: “Guerra sia”, è subito guerra. – Che cos’è viceversa un monarca limitato? Colui che prima deve chiedere al popolo se ci debba essere o no la guerra; e se il popolo dice “Non ci dev’essere guerra”, allora non viene fatta. – La guerra, infatti, è una condizione in cui tutte le forze dello stato devono stare agli ordini del suo capo supremo. Ora, le guerre che ha condotto il monarca britannico senza chiedere alcun consenso su ciò sono davvero molte. Perciò tale re è un monarca assoluto, cosa che in base alla costituzione egli non dovrebbe essere; la quale, invece, si può sempre aggirare, proprio perché attraverso quei poteri dello stato può assicurarsi il consenso dei rappresentanti del popolo, dato cioè che egli ha il potere di affidare tutti gli uffici e gli onori. Per avere successo, un tale meccanismo di corruzione non ha certo bisogno della pubblicità. Perciò rimane sotto il velo, molto evidente, del segreto.” A noi moderni sembra addirittura inconcepibile che la guerra possa davvero essere decisa democraticamente, ma così avveniva nella antica Roma repubblicana.

Pur restando formalmente democratica, con la democrazia parlamentare moderna, si afferma una relativa democratizzazione, che tempera le tendenze distruttive del sistema, dettata soprattutto dalla necessità di includere la popolazione a cui si richiede il servizio di leva, democratizzazione che riguarda soprattutto forme di garanzie sociale più che di effettiva partecipazione politica. Sono proprio queste forme di garanzie che mira a distruggere il neo-liberismo che si accompagna ad un evento che segna un cambiamento strutturale: l’abbandono della leva di massa.

La distruzione delle comunità intermedie è solo tendenziale, in quanto una vita a-comunitaria, cioè a-sociale non è vivibile, per cui da un lato abbiamo il sistema delle pseudo-comunità (come notava Costanzo Preve), altre forme comunitarie invece sussistono seppure in forme menomata e abnorme qual’è la famiglia “mononucleare” odierna. Ma se non contrastata da altre forze, la tendenza dello stato moderno, in quanto animato da un’illimitata volontà di potenza, è quella di distruggere ogni forma di comunità, e questo si verifica sia all’interno dello stato, che nei rapporti inter-nazionali dove l’imperialismo occidentale a guida statunitense mira virtualmente a distruggere ogni forma di aggregazione statuale.

Grande merito di Louis Dumont è l’aver mostrato (Saggi sull’individualismo) come la stessa ideologia razziale hitleriana vada vista come una delle multiformi manifestazioni dell’individualismo moderno (il quale, v ripetuto, è inseparabile dalla concentrazione del potere dello stato): al venir meno delle forme tradizionali di identità culturale e religiosa, l’ideologia razziale supplisce con una forma di identità meccanica, pseudo-scientifica, sulla base di creazione di “razze” pseudo-biologiche. Secondo Dumont, quindi, la teoria razziale è un modo per creare una pseudo-identità in un mondo in cui l’individualismo ha distrutto le identità religiose e culturali.

La polarizzazione tra concentrazione del potere coercitivo da parte dello stato e creazione di una sfera privata in cui l’individuo è libero di perseguire il suo interesse è il funzionamento normale del sistema. L’intrusione in questa sfera da parte dello stato è l’anomalia costituita dal totalitarismo, il quale è essenzialmente la rottura del patto che costituisce la sfera della libertà privata. Ma è proprio questa polarizzazione che crea la possibilità di questa intrusione, perché l’individuo è di fatto solo di fronte lo stato, e sta solo a quest’ultimo “rispettare il patto”. Dal momento che l’individuo ha consegnato (secondo il modello hobbesiano) ogni potere allo stato, di fronte a esso è di fatti senza difese.

Con l’egemonia del capitalismo manageriale statunitense abbiamo una trasformazione: oltre alla concentrazione del potere coercitivo abbiamo la concentrazione del potere spirituale o ideologico. Essa, secondo gli studiosi della Scuola di Francoforte e affini, come Bruno Bettelheim, comportava strutturalmente un intervento nella vita individuale che minava la sfera della libertà individuale, cioè una tendenza totalitaria insita nel sistema stesso.
Questa precisazione riguardo alle trasformazioni dello stato sul modello egemone statunitense è importante perché è nell’ambito dei mass media che le lobby gay hanno un deciso radicamento, mentre dal mondo accademico viene la definizione teorica del concetto di gender. Complessivamente si tratta di una teoria elaborata e diffusa dal ceto medio semicolto (su tale blocco sociale vedi il mio Origini del ceto medio semicolto). Dai media viene il martellamento per quanto riguarda il politicamente corretto, chi non è d’accordo in merito a determinate politiche viene additato come omofobo o femminicida, a seconda dei casi, per quanto riguarda la famiglia, o come razzista per quanto riguarda l’immigrazione.

Per evitare ogni equivoco “complottista”, chiariamo che non c’è nessun ufficio segreto che pianifica occultamente la distruzione della famiglia, si tratta di dinamiche che insorgono all’interno del sistema di rapporti sociali. Dal momento non vi è più una normale riproduzione del sistema, siccome la famiglia normale con prole richiede un livello di integrazione sociale che l’attuale sistema di rapporti occidentale non fornisce più, vengono propagandate le “famiglie alternative” (di conseguenza acquisiscono peso le lobby gay radicate nei vari media) e così al posto dei diritti sociali (garanzie sulla continuità del lavoro, sistema pensionistico, sanità, istruzione) abbiamo i diritti individuali, cioè un’espansione della sfera della libertà individuale, in special modo la sfera sessuale, nell’ambito della quale virtualmente l’individuo è libero di fare tutto. Una libertà a costo zero per lo stato che si espande a scapito della socialità dell’essere umano.
È in questa crisi di sistema che si manifestano le tendenze totalitarie che caratterizzano le teorie gender. Se il paragone tra il totalitarismo nazista e le tendenze totalitarie odierne può sembrare azzardato, invitiamo a considerare questo passo da Il cuore vigile di Bruno Bettelheim:

«Quando il controllo esterno, in una forma o nell’altra, raggiunge finalmente l’intimità dei rapporti sessuali, come avviene nello Stato di massa di Hitler, all’individuo non viene lasciato quasi nulla di personale, di diverso, di unico. Quando la vita sessuale dell’uomo è regolata da controlli esterni, come il suo lavoro o il suo modo di divertirsi, egli ha definitivamente e completamente perduto ogni autonomia personale; il poco di identità che gli rimane può solo risiedere nell’atteggiamento interiore verso una tale evirazione»

Bettelheim in questo passo paragona le tendenze totalitarie della “società di massa” statunitense alla Germania nazista. La gender theory segna un ulteriore passo rispetto al bombardamento propagandistico dei media che mira ad un pesante condizionamento individuale, la gender theory ha una dimensione non solo ideologica, ma fattiva, le pratiche ad essa ispirata mirano ad una esplicita trasformazione della psicologia dei bambini attraverso l’adozione di precisi programmi all’interno del sistema scolastico, i quali mirano al superamento degli “stereotipi di genere”, operando apertamente una manipolazione della personalità del bambino. Esse costituiscono un’inaudita intrusione nella vita del bambino, una manipolazione della sua psiche sulla base del presupposto che non esiste un’identità di genere che affondi le sue radici nella natura, ma che l’identità di genere è solo un costrutto culturale e in quanto tale modificabile a piacimento. Ma è solo uno degli orrori della gender theory: il bambino non avrebbe bisogno della figura di un padre e di una madre, dei ruoli differenziati di madre e padre presenti in tutte la storia delle società umane oggi non ci sarebbe più bisogno, e l’assenza di una figura materna o paterna non provocherebbe nessuna sofferenza al bambino.

Mentre la teoria della razza era una negazione della realtà su base biologista (riducendo l’essere umano al suo dato biologico si negava il fatto culturale, specifico dell’essere umano), l’ideologia gender è una negazione della realtà su base culturalista, essa nega il lato biologico dell’essere umano, astraendo il solo dato culturale che in tal modo diventa uno strumento per la manipolazione delle identità. L’ideologia gender nei suoi esponenti più estremisti arriva addirittura a negare la figura della madre, la maternità non sarebbe un fatto naturale ma solo culturale al fine di legittimare una pratica abominevole come il cosiddetto utero in affitto.
Quel sentimento naturale che farebbe sentire in colpa qualsiasi essere umano normale a strappare i cuccioli alla gatta o alla cagna che allatta non vale più per i cuccioli dell’essere umano. Il neonato non avrebbe nessun danno dall’essere privato del seno della madre, per cui la pratica dell’utero in affitto è lecita. Sergio Lo Giudice, senatore Pd, in un intervista televisiva ha dichiarato di aver effettuato la pratica dell’utero in affitto all’estero dove questa è consentita. Lo stesso riferisce che, al posto dell’allattamento, si faceva consegnare il latte dalla madre per darlo al bambino, perché doveva rompere il più precocemente possibile il legame con la madre. E queste pratiche infami, degne di durissima sanzione penale, perché violenza esercitata su un essere del tutto indifeso passano per comportamenti normali, accettabili. In un dibattito televisivo Dario de Gregorio, in un altro video che ha fatto il giro dei social media, per giustificare la sua pratica di utero in affitto, ha definito la madre un “concetto antropologico”, volendo dire che non esiste una dimensione naturale nell’essere madre, ma solo culturale. In questo modo la madre del bambino di cui egli si è appropriato è stata cancellata. Ecco i mostri, i nuovi Mengele che produce la gender theory.

Il totalitarismo odierno è diverso da quello del secolo scorso (ricordiamo che tendenze totalitarie si presentano in tutti gli stati impegnati nella guerra: vedi ad es. imprigionamento dei cittadini statunitensi sulla base della sola origine tedesca o giapponese durante la seconda guerra mondiale). La fine della leva di massa (e sarebbe tutto da approfondire il legame tra fine della leva di massa e precarizzazione) segna un cambiamento decisivo nello stato moderno (vedi in merito il mio articolo Ripensare la rivoluzione francese). Oggi lo stato, poiché ritiene di avere un enorme potere tecnologico, e date le trasformazioni dell’esercito che necessita dell’apporto di professionisti, non ricerca più l’inquadramento di massa come durante le guerre mondiali fecero le “democrazie liberali”, la Germania nazista, e la Russia sovietica, piuttosto intende governare tramite l’esclusione, e per questo persegue il caos, sia all’interno dello stato che nei rapporti inter-nazionali. Ma questo caos prevede un mondo da incubo. Chi saprà e vorrà opporsi non è ancora dato vedere. Considerata la situazione, il movimento cattolico contro la devastazione della famiglia sarebbe da sostenere, nonostante tutti i limiti del movimento italiano, molto meglio però il movimento francese che vuole essere “pour tous”.

ANCORA SULLA “FUNZIONE PUBBLICA DELL’INTELLETTUALE”, di Andrea Zhok

tratto da facebook https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/1171160363065361

ANCORA SULLA “FUNZIONE PUBBLICA DELL’INTELLETTUALE” (una riflessione autoreferenziale)

http://italiaeilmondo.com/2019/03/08/intellettuali-e-popolo-di-andrea-zhok/

Personalmente ho sempre preferito la forma espressiva del libro, della monografia, alle forme più agili del saggio breve o dell’articolo. Nel caso della scrittura di un libro si esercita uno sforzo di ‘differimento comunicativo’ particolarmente accentuato: si accetta infatti di rinviare a lungo, spesso per anni, la comunicazione di temi che stanno a cuore; questo fino a quando l’argomentazione non abbia raggiunto ciò che si ritiene essere una forma compiuta, solida, capace di reggere e durare nel tempo.

Ma in quest’epoca dove le idee sono ridotte ad oggetti di consumo tra gli altri, parole da far passare rapidamente da un capo all’altro dell’encefalo, per poi sputarle in una disputa passeggera passando oltre, in quest’epoca, dicevo, la scrittura di un libro, e specificamente di un libro con le pretese classiche del testo filosofico (dunque non chiacchiere per épater le bourgeois) è qualcosa di peculiarmente inattuale e immensamente frustrante. Lo è anche la scrittura di un articolo scientifico, ma nel caso del libro la cosa assume tinte quasi patologiche. Se poi, come nel caso di chi scrive, uno intende ciascun libro come il pezzo necessario di un argomento complessivo, percepibile solo a chi ne colga l’insieme, beh, qui siamo con tutta evidenza di fronte a turbe psichiche con seri tratti deliranti.

È in quest’ottica che attività come quelle sui ‘social media’ acquisiscono un ruolo di compensazione terapeutica: qualcosa che dà quantomeno l’illusione di comunicare, e che limita così la crescente sensazione di autismo solipsistico che coglie ogni autore (autori pop esclusi).

In questo quadro la tentazione continua, fortissima, è quella di dismettere del tutto i pretenziosi panni di una riflessione ‘classica’, e di giocare le proprie carte nell’agone eristico, nella polemica, nella diatriba, nella fornitura di artiglieria leggera per questa o quella ‘buona causa’. Dopo tutto, in ciò non c’è niente di male e il bello è che qui i risultati (o la loro mancanza) si vedono subito.
L’impressione di fondo è che, per quasi chiunque, la differenza tra un argomento supportato da una rete di sostegno ampia, plurale e verificata, e un argomento improvvisato ma espresso con prontezza di spirito, sia sostanzialmente nulla.

Questa tentazione si è vista all’opera in maniera esemplare nell’intera generazione dei filosofi-letterati del postmodernismo francese; una generazione di intellettuali che ha deciso che resistere era inutile, e che per poter cedere in buon coscienza su tutta la linea, bisognava ingegnarsi a sostenere che cedere e nuotare con la corrente era proprio l’unica ‘verità’ rimasta. Era perciò giunto il momento di cantare la frammentazione, l’appagamento temporaneo, il consumo, l’opinione, il gioco di parole, di rivendicare con la faccia seria ogni giochino di rimpalli, rimandi, differenze, significanti vuoti, trasformando il Logos in insegne pubblicitarie di un sapere mordi e fuggi.

Tutto intorno a noi opera per metter vento nelle vele di chi intraprende questa strada (magari con nuovi stilemi).

A remare contro, a opporre resistenza, è restata solo una flebile residua coscienza. L’ultima cosa rimasta a separare il nostro mondo dal divenire un’illimitata giostra di consumi a maggior gloria del capitale è proprio la consapevolezza riflessiva che QUEL meccanismo è all’opera, che è reale, che è storicamente fondato, che è di principio superabile. Solo quello. Perché senza quella cosa, senza quella coscienza d’insieme, senza quelle idee, quel che resta è solo un infinito succedersi di naufragi privati e di ribellioni locali, in attesa di un nuovo set di catene dorate.

DALLA TRAGEDIA ALLA FARSA, di Augusto Sinagra

DALLA TRAGEDIA ALLA FARSA
Il titolo di questo mio scritto riproduce alla rovescia il titolo di un mio libro di prossima pubblicazione che riproduce i miei post su FB: “Dalla farsa alla tragedia”.
La tentata strage di 51 bambini a San Donato Milanese sventato dal magnifico intervento dei nostri Carabinieri, è stato assunto dalla stampa e dalla televisione in larga parte moralmente fradicia e professionalmente ignobile, come pretesto propagandistico per riproporre uno ius soli (che peraltro già esiste in Italia) e per promuovere ancora “porti aperti” e immigrazione incontrollata di africani che, deliberatamente senza documenti, sono da qualificare come clandestini.
Non si parla più del pericolo corso da quei ragazzini, non si parla più del criminale senegalese che pur aveva avuto dall’Italia casa, famiglia, lavoro e cittadinanza, non si parla più dei Carabinieri e meno che mai dei due ragazzini italiani cui maggiormente va dato il merito della salvezza di tutti, offrendosi generosamente uno di essi come “ostaggio” nelle mani del criminale senegalese. Si chiama Niccolò ma di lui non si parla per il razzismo della stampa e della sinistra contro gli italiani e perché non funzionale a ius soli e immigrazione tanto illegale quanto illimitata.
Dunque, la tragedia si è trasformata in farsa. L’atto conclusivo sarebbe la concessione della cittadinanza italiana ai due ragazzini, uno egiziano e l’altro marocchino. È stato lodevole il loro comportamento che però avrebbe dovuto essere riconosciuto in qualsiasi altro modo, per esempio la gratuità di tutto il loro corso di studi, Università compresa. O in qualsiasi altro modo.
Ma la cittadinanza non è l’equivalente di una medaglia, come ha detto il “primo” Salvini; il “secondo” Salvini sembra aver cambiato idea.
La legge del 1992 consente l’attribuzione della cittadinanza italiana a chi abbia onorato la Repubblica con meriti speciali. Al di là della prontezza e del coraggio dei quattro ragazzini non mi pare che quel che i due non cittadini, ancorchè nati in Italia e con le famiglie in Italia da tempo, integrino con il loro comportamento la fattispecie in questione.
La decisione del Ministro Matteo Salvini, se così sarà, significa che ad ogni atto di coraggio, vero o ritenuto tale, dovrà corrispondere il conferimento della cittadinanza italiana. Non mi pare una posizione condivisibile.
Peraltro, mi domando perché il 13 maggio 2015 non fu data la cittadinanza italiana al bengalese Sobuy Khalifa che, mettendo a rischio la sua vita e facendosi scoprire come clandestino in Italia con rischio di espulsione, non esitò a buttarsi nel Tevere (non sapendo neppure nuotare bene) salvando la vita ad una signora israeliana.
I problemi sono altri e contrari: togliere la cittadinanza italiana agli ex stranieri autori di delitti di sangue o di atti di terrorismo.
E inoltre, precludere l’acquisizione della cittadinanza italiana a chi discendente da continuità di sangue da nonni o avi trasferitisi all’estero, mai hanno messo piede in Italia, non parlano l’italiano e nulla sanno dell’Italia, e sono interessati solo al passaporto.
Altro da fare sarebbe incrementare nella misura dovuta le espulsioni di chi è in Italia irregolarmente e non è mai sfuggito da guerre e né mai fu sottoposto a torture. Va bene tutto ma non la presa in giro: i giovanottoni palestrati e muniti di smartphone provenienti dalla Libia, non sembra proprio che siano stati torturati o vessati.
Naturalmente il Ministro Matteo Salvini ha più elementi per decidere e deciderà in piena autonomia e responsabilità, ma non commetta specularmente gli errori dei suoi avversari politici.
AUGUSTO SINAGRA

Via della seta e capodanno a primavera, di Antonio de Martini _L’inganno sino-europeo, di Pierluigi Fagan

Per molti paesi, ad esempio l’Iran, l’arrivo della primavera coincide col Capodanno.

Quando commerciavamo con la via della seta – quella vera- anche noi adottavamo quel calendario.

Fino al XIV secolo, Firenze , che era il centro mercantile e finanziario del mondo e con quei paesi aveva contatti continui, festeggiava il capodanno al 25 marzo e finanziava i propri artigiani che erano i migliori del mondo.

Poi, la cupidigia dei banchieri fiorentini che preferirono prestare denaro, invece che agli artigiani, ai potenti politici che li spendevano per guerreggiare tra loro, provocò la crisi finanziaria che distrusse la ricchezza della città.

Tutto cominciò col BREXIT dell’epoca: re Edoardo III di Inghilterra che aveva preso a prestito oltre 1.300.000 fiorini d’oro dai banchieri fiorentini, adducendo pretesti, annunziò che non avrebbe più pagato il debito.

Iniziò la catena dei fallimenti dei banchieri e la città decadde.

Il Brexit di oggi , ora come allora, serve a preparare l’Inghilterra ( centro finanziario del mondo) a non pagare più i suoi ingentissimi debiti e far sparire le ricchezze in esso depositate.

Se fosse rimasta nella UE sarebbe stata vincolata a obblighi e sorveglianze di tipo greco.

Risolto il problema dell’uscita, sarà libera nei suoi movimenti.
Solo con questo precedente storico il brexit acquista un significato strategico.

Oggi, la crisi finanziaria di ripete identica, compreso – per i nostri banchieri- i dettagli di considerare ” pericolosa ” la via della seta e prestare il denaro allo Stato ( che aumenta le spese militari) invece che a chi punta a produrre e esportare.
Sembra un investimento sicuro perché non conoscono la storia.

MENO MALE CHE C’E’ MACRON.di Pierluigi Fagan

Sulla stampa nazionale di oggi, qualcuno nota che i francesi hanno firmato contratti coi cinesi anche più cospicui dei nostri. Solo di Airbus si parla di 30 mld (Di Maio ha firmato per soli 2,5 mld o 7 secondo altri calcoli), in più c’è molto altro. Ma ecco il colpo di genio giornalistico. Il fatto non diventa una difesa del fatto che noi abbiamo firmato per molto meno a fronte di una sproporzionata canizza di commenti strappa-capelli (dal “diventiamo colonia” al “adesso gli USA ce la faranno pagare cara”). Diventa un “Macron fa più affari di noi ma non ha alcuna necessità di firmare impegni per la BRI”. Quindi siamo cornuti e mazziati, ci siamo esposti alla firma di cose che non si dovevano firmare ed abbiamo pure svenduto il sacrificio. Però:

1) La Francia ha uno dei quattro vice-presidenti della banca cinese-internazionale che finanzia la realizzazione della BRI (Thierry de Longuemar) che condivide il board of director con un inglese, un tedesco ed un indiano (la banca è la AIIB). Ciò in ragione del fatto che la Francia è il sesto sottoscrittore di quote del capitale della banca (noi decimi, esclusa ovviamente la Cina che è la prima). Quindi non aderisce alla BRI, la finanzia.

2) Come si vede nella cartina, opportuna visto che i più sono deboli in geografia, Trieste è logisticamente il luogo europeo di costa dal quale, sbucando nel Mediterraneo da Suez, con lo stesso tratto si arriva dappertutto tra Europa del sud, est, nord, ovest. Cioè, la Francia non può essere parte della BRI perché ne è una delle tante destinazioni, non ne può essere uno snodo, almeno questo dice la geografia.

3) Il chiasso mediatico-politico agitato su spinta franco-tedesca ed americana, contro gli accordi Italia-Cina ha fatto cassare almeno una ventina di altri accordi, molti dei quali erano tra l’altro più convenienti per noi che per i cinesi. Cito ad esempio, l’agreement tra Politecnico di Milano e Huawei sulla ricerca 5G dove pare chiaro che non era Huawei a bramare le nostre straordinarie competenze, ma semmai il contrario. Proprio in favore di un aumento del nostro know-how nazionale su questa importante tecnologia, anche al fine di controllare meglio quello che i cinesi possono o non possono fare in materia.

Così ci sono quelli che vorrebbero esser governati dagli USA, da Putin, da Merkel ed anche da Macron. Per fortuna sono in ribasso quelli che vorrebbero farsi governare dai britannici. Quinte colonne che sorreggono tutti gli interessi possibili, meno i nostri. Grande Paese, grande futuro .

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I contenuti del memorandum franco-cinese_Nota a margine
Accordi firmati tra Francia e Cina:
1 – General Terms Agreement (GTA) fra Airbus e China Aviation Supplies Holding Company (CASC) per 300 apparecchi (290 A32a e 10 A350), per un valore di circa 30 miliardi di euro;
2 – Intesa fra BNP Paribas, Eurazeo e China Investment Corporation per la creazione di un fondo di cooperazione franco-cinese per 1 miliardo di euro;
3 – Accordo EDF-China Energy Investment Corporation sullo sviluppo di un progetto eolico off-shore di Dongtai (1 miliardo di euro);
4 – Accordo Fives-CNBM (China National building Materials Group) sul riscaldamento climatico e la cooperazione in paesi terzi (previsto 1 miliardo di euro): e’ la realizzazione di tecnologie pulite per ridurre il consumo energetico, soprattutto in Africa;
5 – Intesa per il sostegno da parte del fondo franco-cinese presso mercati terzi di una piattaforma sulle energie rinnovabili (fra 1 e 1,5 miliardi);
6 – Accordo di cooperazione e contratto di costruzione di 10 nuove navi con capacita’ di 15.000 container (1,2 miliardi);
7 – Contratto Airbus-Twenty First Century Aerospace Technology per il rafforzamento della cooperazione franco-cinese nel settore dell’immagine satellitare;
8 – Memorandum su cofinanziamenti fra BNP Paribas e Bank of China (fino a 6 miliardi in 3 anni) per finanziamenti in paesi terzi;
9 – Accordo di investimento fra il Grande Porto di Marsiglia e Provence promotion e Quechen silicon chemical international developement (105 milioni);
10 – Accordo cooperazione fra EDF e Huadian per la fornitura di servizi energetiche a Wuhan (100 milioni);
11 – Contratto di acquisto di un sistema di controllo ambientale fra Liebherr Aerospace e COMAC (41 milioni);
12 – Accordo cooperazione strategica fra Schneider Electric e Bank of China per il finanziamento di progetti a paesi terzi;
13 – Accordo di cooperazione strategica fra Schneider Electric e Power Construction Corporation (fino a 6 miliardi) sulla modernizzazione delle fabbriche della PCC in Cina e in un paese terzo;
14 – Partnership fra Indigo e Sunsea per lo sviluppo di parcheggi intelligenti in Cina e in altri paesi.
La Francia inoltre partecipa significativamente al fondo di finanziamento delle Vie della Seta (BRI) promosso dalla Cina

Pacifismo e realismo, di Giuseppe Gagliano

Un interessante contributo da inserire nella tematica introdotta da Elio Paoloni con le sue http://italiaeilmondo.com/2019/01/24/10-domande-sulla-guerra-di-elio-paoloni/

Pacifismo e realismo

I concetti di pace e di violenza , come vengono interpretati da Galtung, sono semplicemente privi di qualsiasi di significato per il realismo politico. Infatti, nella riflessione di questo autore, il concetto di violenza viene dilatato semanticamente in modo tale da comprendere sotto di esso non solo la guerra bensì anche la distribuzione di potere e le risorse connesse a istituzioni e strutture che causano morti e sofferenze evitabili.

Ebbene ,questa forma di violenza viene definita violenza strutturale. Accanto ad essa esisterebbe anche la violenza culturale, termine sotto il quale sono compresi tutti quei fattori culturali, ideologici,linguistici che si prestano ad operazioni volte a mascherare o a fornire una patina di giustificazione alla violenza diretta e strutturale . Ebbene,alla luce di queste riflessioni,la pace è definita in senso stretto come assenza di violenza diretta, strutturale e culturale.

Ora, per un realista politico, la pace intesa in questo senso equivale alla condanna di tutta la politica estera posta in essere dall’inizio della civiltà ad oggi. Non a caso, i principali esponenti del pacifismo internazionale, rifiutano in modo radicale sia il principio di potenza che l’equilibrio del potere nonché l’atteggiamento di diffidenza nei confronti del proprio avversario, diffidenza che spesso si traduce in azioni volte a prevenire eventuali mosse dell’avversario.

Nella riflessione di Robert Nozick i diritti umani fondamentali vengono interpretati come assoluti nel senso che costituiscono inviolabili limiti etici ad ogni nostro comportamento, individuale o collettivo che sia.Infatti ,ogni intervento che comporti la violazione dei diritti umani, viene sempre considerato moralmente inammissibile. Anche questa concezione, come quella di Galtung, si può considerare lontanissima da una concezione realistica sia della storia che della prassi politica.

Da un punto di vista strettamente storico ,affermare che la vita umana sia sacra-come sostenuto dalla dottrina cristiana che ignora in modo ipocrita la sua storia lontanissima dal rispetto dei diritti umani -significa negare qualsiasi valore storico sia all’essere umano che alla società. Nell’ambito della realtà storica la vita umana è sempre stata un valore esclusivamente relativo e mai assoluto. La Dichiarazione dei diritti ,ad esempio,è nata da un atto di potere e di violenza della borghesia francese ai danni dell’Ancien Régime non da un atto di amore verso Dio e l’umanità .Se, ad esempio, durante la guerra di liberazione in Italia la vita umana fosse stata considerata un valore assoluto, i partigiani -indipendentemente dal loro eterogeneo orientamento politico- non avrebbero dovuto uccidere né i fascisti né i nazisti. Allo stesso modo, l’FNL algerino -come l’IRA irlandese-non avrebbe dovuto opporsi con la violenza delle azioni terroristiche e della guerriglia alla presenza francese in Algeria. Insomma ,una tale tesi è dal punto vista storico, semplicemente inaccettabile. In questo contesto assolutistico- e potremmo dire metastorico -si inseriscono anche la riflessione di altri autori.

Ad esempio, secondo Albert Schweitzer, sarebbe lecito parlare di un vero e proprio imperativo della venerazione per la vita muovendo dall’osservazione che io sono vita che vuole vivere circondato da vita che vuole vivere e quindi distruggere o menomare un essere dotato di volontà di vivere è sempre un atto di violenza.

Un’altra concezione parte dall’assunto che ogni essere umano ha una potenzialità è cioè capace di crescere, svilupparsi e realizzare se stesso. Ebbene ogni essere umano è in un certo senso un centro teleologico di vita e ,in quanto tale, ha un valore assoluto: distruggerlo in modo deliberato significa compiere un atto di violenza contro di esso. Questa concezione è notoriamente quella della ecosofia di Arne Naess. Esiste poi una terza concezione che parte dall’assunto della esistenza di una unità di tutto ciò che vive, assunto questo esplicitato da Gandhi, secondo il quale tutte le creature viventi-animali compresi-partecipano di questa unità metafisica. Di conseguenza, ogni volta che l’uomo uccide o distrugge l’esistenza di un altro essere vivente ,compie non solo un atto di violenza ma anche un atto di rottura nei confronti della unità del vivente( fra l’altro ,all’interno di questo contesto gandhiano, si inserisce la riflessione di Aldo Capitini ).

L’aspirazione più profonda di questo pacifismo è in realtà la trasformazione radicale, dal punto di vista psicologico ed antropologico, dell’essere umano e quindi della società umana a partire dai propri assunti metafisici e morali.Ora ,per un realista politico, che si ispiri semplicemente alle riflessioni di Machiavelli e Guicciardini( senza bisogno di richiamarsi alle raffinatezze sociologiche e politologiche di Raymond Aron ) questi assunti non possono essere condivisi.

Analizzando poi alcune riflessioni di Giuliano Pontara non possiamo non sottolineare la presenza di evidenti paradossi logici .Secondo Pontara :“quando gli uomini agiscono nell’ambito di strutture autoritarie, come invariabilmente sono quelle militari, essi possono assai facilmente essere portati a comportarsi in modi estremamente disumani nei confronti di coloro che vengono caratterizzati come i nemici.”(La personalità non violenta,pag.10). Ebbene, questa affermazione, legittima o meno, come non può essere definita una affermazione a propria volta manichea? A tale proposito proprio lo stesso Pontara condanna in modo esplicito i modi di pensare in bianco e nero che attuano una logica dicotomica costruita su affermazioni quali: noi siamo nel giusto e nel vero, loro nell’errore e nel falso; noi siamo i buoni, loro i cattivi. Ma, ci domandiamo, non è lo stesso Pontara vittima di quella stessa logica dicotomica che vorrebbe eliminare? In un altro passo dal saggio citato , a nostro modo di vedere, l’autore cade nello stesso paradosso logico. Per il filosofo italiano il capitalismo sarebbe totalitario:” perché è caratterizzato da politiche rapaci nei confronti della natura, dei gruppi più deboli e dei paesi del terzo mondo. Il sistema delle potenti e onnicomprensive società multinazionali stanno assumendo-Secondo l’autore-sempre di più il posto e le funzioni dello Stato totalitario perché queste ci sfruttano, si manipolano, ci indottrinano, si condizionano dal momento in cui nasciamo fino al momento in cui moriamo.”(pag.19). In altri termini, per il filosofo italiano, il capitalismo rappresenta un male quasi assoluto almeno tanto quanto il sistema politico di quei paesi che si fondavano sul socialismo reale.Porre sullo stesso piano i due sistemi non è dare una valutazione manichea?

Ebbene, le contraddizioni logiche dell’autore non si concludono con queste affermazioni. Secondo il filosofo italiano una delle caratteristiche dell’educazione alla pace sarebbe il fallibilismo in base al quale nessuno può mai dirsi sicuro che quello che in un certo momento si crede essere vero, in effetti sia tale. Ora, non senza ironia, ci domandiamo: questo stesso principio non si può applicare al pacifismo?

Veniamo adesso ad un’altra considerazione formulata dallo stesso autore che certamente farebbe piacere a tutti coloro che hanno sempre voluto, fortemente voluto, un’Europa debole e quindi facilmente dominabile. Ma vediamo cosa afferma il filosofo italiano: “il lato negativo del processo di unificazione europea in corso consiste nel rischio che esso sfoci in un nuovo Stato nazionale più vasto e forte, in una nuova superpotenza economica e militare in cui i sistemi d’arma termonucleari francesi hanno contratto un matrimonio indissolubile con il capitale e la scienza militare tedesca”(pag 20). Nell’ottica realistica tutto ciò non costituirebbe un grave errore ma sarebbe semmai auspicabile per porre in essere un freno alle ambizioni di altri paesi che, giocando sulle divisioni interne dell’Europa, hanno fino a questo momento dettato le regole del gioco.

Un’altra considerazione, a nostro giudizio estremamente significativa formulata dall’autore, è quella relativa alla necessità non solo di una morale planetaria ma addirittura di un sistema giuridico valido a livello globale. Questa tesi, ancora una volta, ignora la natura intrinsecamente storica sia del diritto che della morale e ignora quindi la dimensione squisitamente relativa dei nostri sistemi morali come dei nostri sistemi politici ma soprattutto ignora le implicazioni totalitarie alle quali inevitabilmente una tale concezione porterebbe.Tuttavia il filosofo italiano Pontara è costretto a riconoscere i limiti e i paradossi di un pacifismo assoluto che prescinde sempre e comunque dalle conseguenze. Infatti afferma, questa volta realisticamente, che:” l’uso della violenza non può essere sempre condannato a priori e non può sempre essere ingiustificabile”.(pag.46). Se questa affermazione è vera, allora come logica conseguenza, ne segue che la vita umana non è sacra perché la vita umana si inserisce all’interno di un contesto storico temporalmente definito. Per un realista tanto la guerra quando la pace non sono valori assoluti-come ricordava Bobbio-o intrinseci ma relativi o estrinseci. E in secondo luogo, sottolineava sempre Bobbio, non è possibile stabilire oggettivamente quando la guerra sia giusta o quando una pace sia giusta e ciò per la mancanza di un giudice imparziale che sia cioè al di sopra delle parti nell’ordine internazionale. Infatti, ogni raggruppamento politico ,tende a considerare giusta la guerra che egli fa e ingiusta la pace che subisce sosteneva Bobbio nel fortunato saggio Il problema della guerra e le vie della pace (il Mulino ,1984). Sempre in questo saggio Bobbio sottolineava come non solo come la guerra e la violenza sono sempre esistite ma come la storia sia in gran parte un prodotto della violenza. Inoltre, molte delle conquiste civili che noi consideriamo benefiche per il progresso umano, sono state partorite attraverso la violenza. A tale proposito Bobbio porta alcuni esempi significativi: “gli umanisti si consideravano eredi di una grande civiltà, la civiltà di Roma, che era stata fondata su una serie di guerre atroci. I nostri padri liberali si consideravano eredi della riforma, cioè di un periodo di lotte religiose che avevano insanguinato il mondo per decenni. Noi ci consideriamo figli della rivoluzione francese che per la prima volta ha instaurato un regime di terrore e della rivoluzione sovietica che è finita nelle stragi di Stalin.(…). La nostra storia repubblicana non è venuta dopo uno dei momenti più tragici della nostra storia, e sarebbe venuta se non fosse stata preceduta da quella storia di lacrime e sangue? La violenza(..)è talmente compenetrata nella storia che è impossibile prescinderne”.Per quanto atroce possa sembrare ,considerare la violenza come uno scandalo della storia costituisce un grossolano errore storico.

LA SOCIETA’ DELL’OPINIONE, di Pierluigi Fagan

LA SOCIETA’ DELL’OPINIONE.

https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/10217403037963484

Prima di farvi una opinione su i rapporti tra noi ed i cinesi sarebbe il caso conosciate alcuni fatti. Una volta il giornalismo aveva questa missione, dare i fatti (e scegliere quali fatti è già una opinione) ed accanto esprimere un punto di vista. Ora mettono solo i punti di vista e menomale che siamo la società dell’ informazione, sarebbe più corretto dirci “società dell’opinione”.

I fatti dei rapporti che i cinesi stanno tessendo con varie parti del mondo sono innumerevoli. Faremo quindi una selezione:

1) La BRI è finanziata da una banca, la AIIB, lanciata dai cinesi a fine 2015 ed oggi finanziata da 70 paesi. Il primo paese occidentale ad aderire prendendo tutti gli altri in contropiede fu la Gran Bretagna. I diritti di voto del suo Consiglio, per dimensioni, vedono la Germania 4°, l’Australia 6°, la Francia 7°, l’UK 9° e l’Italia 11°. Ci sono tutti gli alleati degli USA (incluso Canada ed Israele), tranne gli USA.

2) I cinesi hanno partecipazioni o controllo nei porti di Pireo-Atene, Anversa, Bruges, Rotterdam, Bilbao, Valencia e Marsiglia che è il maggior investimento europeo dopo Pireo. I cinesi hanno acquisito licenza di 25 anni per gestire il principale porto israeliano (Haifa) in cui ci sono moli dedicati e riservati per la Marina degli Stati Uniti d’America (che non hanno gradito), ma ha anche vinto la gara d’appalto per la costruzione di quello che sarà il nuovo più grande porto israeliano, Ashod.

3) Negli ultimi 10 anni la Cina ha fatto 227 acquisizioni in Gran Bretagna, 225 in Germania, 89 in Francia, 85 in Italia. In Israele ha creato un fondo il Sino Israeal Technology Fund con 16 miliardi di dollari, che finanzierà le start up israeliane.

4) Duisburg in Germania è il terminale della Via della Seta ferroviaria, circa 30 treni a settimana arrivano dalla Cina (80% di quelli che arrivano in Europa). La Germania sta trattando l’inclusione di Huawei nella gara sul 5G che curerà in esclusiva l’upgrade di Gelsenkirken a rango di smart city.

5) L’interscambio (2017) con la Cina vede con 179 mld US$ prima la Germania, 54,6 la Francia e solo 42 l’Italia. Nel gennaio 2018 Macron si è recato in Cina, dove ha siglato 20 accordi economici, commerciali e infrastrutturali su settori strategici come l’aviazione e l’energia nucleare. Coi francesi, i cinesi stanno costruendo centrali nucleari in Gran Bretagna con i quali hanno accordi per 325 mio £/sterline nel solo comprato creativo-high tech.

6) Verso la Germania, gli USA hanno lanciato alte urla di rabbia, non solo per l’articolata partnership strategica con la Cina. Si ricorda che i tedeschi si stanno legando mani e piedi coi russi in un settore strategico quale quello dell’energia, nella costruzione del raddoppio del North Stream con società a capitale misto a cui capo c’è l’ex cancelliere G. Schroeder. Quel flusso di gas, in realtà, doveva passare qui da noi col South Stream ma l’UE ha invalidato la gara d’appalto.

Bene, ora potete abbandonarvi alla piacevole lettura del vostro commentatore di fiducia ma fate attenzione a cosa commenta. Il mondo è troppo complesso per esser approcciato a sensazioni, in fondo non è poi così difficile farsi una “opinione propria”, no? O forse è proprio questo che non piace alla società dell’opinione?

Qui sotto il testo del protocollo italo-cinese

https://www.startmag.it/mondo/memorandum-cina-italia-ecco-che-cosa-si-firmera/?fbclid=IwAR1PdNgy3_qNGFy3hD940nyhiO1K60cgJfimS1CD2IBNts9_E1kYv8xPAbE

Memorandum Cina-Italia, ecco che cosa si firmerà

di

La traduzione in italiano del testo in inglese del Memorandun Italia-Cina pubblicato su Facebook da Alberto Negri, già firma ed inviato speciale di esteri del Sole 24 Ore

 

In questo documento non sono menzionate cifre o progetti specifici. Il presidente cinese Xi Jinping va anche da Macron ma secondo Le Figaro l’Italia è l’anello debole dell’Europa nei confronti della Cina. In ogni caso l’interscambio Francia-Cina nel 2017 è 80 miliardi di euro l’anno, quello con l’Italia 42, la metà.

DOCUMENTO D’INTESA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE SULLA COLLABORAZIONE ALL’INTERNO DEL PROGETTO ECONOMICO “VIA DELLA SETA” E DELL’INIZIATIVA PER LE VIE MARITTIME DEL XXI° SECOLO

Il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica popolare cinese (d’ora in poi denominati “controparti”), nella prospettiva di promuovere una collaborazione pratica bilaterale; nell’accogliere favorevolmente le conclusioni del Forum sulla cooperazione internazionale della Via della Seta, tenutosi a Pechino nel maggio 2017; nel riconoscere l’importanza e i benefici derivanti da una migliorata connettività tra l’Asia e l’Europa e il ruolo che l’iniziativa della Via della Seta può svolgere in questo ambito; ricordando il comunicato congiunto emanato dalla Tavola rotonda dei capi di stato del Forum per la collaborazione internazionale della Via della Seta; ricordando il piano di azione per il rafforzamento della collaborazione economica, commerciale, culturale e scientifica tra l’Italia e la Cina 2017-2020, stipulato a Pechino nel maggio 2017; ricordando il comunicato congiunto emanato dal 9° Comitato intergovernativo Italia-Cina, tenutosi a Roma il 25 gennaio 2019, e l’impegno espresso in quella sede per promuovere il partenariato bilaterale in uno spirito di rispetto reciproco, uguaglianza e giustizia, a reciproco beneficio, nella prospettiva di una solidarietà globale rafforzata; consapevoli del passato storico comune sviluppato attraverso le vie di comunicazione per via di terra e di mare che collegano Asia e Europa e del ruolo tradizionale dell’Italia come punto di approdo della Via della Seta marittima; ribadendo il loro impegno a onorare i principi e le finalità della Carta delle Nazioni Unite e promuovere la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici; ricordando inoltre gli obiettivi fissati dall’Agenda strategica per la collaborazione Unione Europea-Cina 2020, e i principi guida della Strategia dell’Unione Europea per collegare Europa e Asia adottata nell’ottobre 2018; hanno raggiunto la seguente intesa:

Paragrafo I: Obiettivi e principi guida per la collaborazione.1. Le controparti si impegnano a lavorare insieme nel progetto della Via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI) per trasformare in vantaggi le reciproche forze complementari, nell’ottica di una cooperazione pratica e crescita sostenibile, appoggiando le sinergie tra la Via della Seta e le priorità identificate nel Piano di investimento per l’Europa e le reti trans- europee, e altresì tenendo presenti le discussioni riguardanti la Piattaforma per la connettività Unione Europea-Cina. Questo consentirà inoltre alle controparti di rafforzare i loro rapporti politici, i loro legami commerciali e gli scambi tra i popoli. Le controparti si impegnano a rafforzare la collaborazione e a promuovere la connettività regionale in un quadro di riferimento aperto, inclusivo ed equilibrato, i cui benefici si estenderanno a tutte le parti, in modo da promuovere nella regione pace, sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile.

2. Le controparti si impegnano a promuovere la collaborazione bilaterale in base ai seguenti principi:

(i) Guidate dalle finalità e dai principi contenuti nella Carta dell’ONU, le controparti lavoreranno per sviluppo e prosperità reciproche, basate sulla fiducia reciproca e spirito di collaborazione:

(ii) Nel rispetto delle leggi e normative nazionali, coerenti con i rispettivi obblighi internazionali, le controparti si impegnano a promuovere l’avanzamento dei loro progetti di collaborazione;

(iii) Le controparti si impegnano a esplorare le sinergie e ad assicurare coerenza e complementarietà con i meccanismi esistenti di cooperazione bilaterali e multilaterali e con le piattaforme di cooperazione regionale.

Paragrafo II: Aree di cooperazione.

Le controparti si impegnano a collaborare nelle seguenti aree:

1. Dialogo sulle politiche. Le controparti promuoveranno le sinergie e rafforzeranno le strutture di comunicazione e coordinamento. Stimoleranno il dibattito sulle politiche da adottare nelle iniziative di connettività e sugli standard tecnici e normativi. Le controparti lavoreranno assieme alla Banca di investimento asiatica per le infrastrutture (AIIB) per favorire la connettività nel rispetto delle finalità e delle funzioni della Banca.

2. Trasporti, logistica e infrastrutture. Le controparti condividono una visione comune sul miglioramento dei trasporti, affinchè siano accessibili, sicuri, inclusivi e sostenibili. Le controparti collaboreranno allo sviluppo della connettività delle infrastrutture, tra cui investimenti, logistica e inter-operatività, nelle aree di interesse reciproco (come strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia – tra cui fonti rinnovabili e gas naturale – e telecomunicazioni). Le controparti esprimono il loro interesse nello sviluppo di sinergie tra la Via della Seta, il sistema italiano di trasporti e infrastrutture, come – tra gli altri – strade, ferrovie, ponti, aviazione civile e porti e la Rete trans-europea dei trasporti dell’Unione Europea (TEN-T). Le controparti accoglieranno favorevolmente ogni dibattito nel quadro della Piattaforma di connettività tra l’Unione Europea e la Cina, per migliorare l’efficienza della connettività tra Europa e Cina. Le controparti si impegnano a collaborare nel facilitare il disbrigo delle operazioni doganali, rafforzando la cooperazione nelle soluzioni di trasporto sostenibile, sicuro e digitale, come pure per quel che riguarda investimenti e finanziamenti. Le controparti ribadiscono l’importanza di stabilire procedure di appalto aperte, trasparenti e non discriminatorie.

3. Rimuovere ogni ostacolo al commercio e agli investimenti. Le controparti si impegnano a estendere gli investimenti bilaterali e i flussi commerciali, la cooperazione industriale come pure la cooperazione nei mercati di paesi terzi, esplorando i sistemi per promuovere una robusta cooperazione a beneficio reciproco. Le controparti riaffermano l’impegno condiviso per realizzare scambi commerciali e investimenti aperti e liberi, per contrastare gli eccessivi squilibri macroeconomici, e opporsi all’unilateralismo e al protezionismo. Nell’ambito della Via della Seta, le controparti si impegnano a promuovere commercio e cooperazione industriale in modo aperto, libero, trasparente e non discriminatorio; appalti trasparenti; parità di condizioni e rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Le controparti si impegnano a studiare sistemi di collaborazione e partenariato più stretti e di vantaggio reciproco, promuovendo la cooperazione triangolare e quella nord-sud, sud-sud.

4. Collaborazione finanziaria. Le controparti rafforzeranno le comunicazioni e il coordinamento bilaterale su politiche di riforma fiscale, finanziaria e strutturale, in modo da creare un ambiente favorevole alla collaborazione economica e finanziaria, anche tramite l’avvio di un Dialogo finanziario Italia-Cina, tra il ministro dell’economia e della finanza della Repubblica italiana e il ministro delle finanze della Repubblica popolare cinese. Le controparti favoriranno il partenariato tra le rispettive istituzioni finanziarie per sostenere congiuntamente la cooperazione in materia di investimenti e finanziamenti, a livello bilaterale e multilaterale e verso paesi terzi, nell’ambito dell’iniziativa della Via della Seta.

5. Connettività tra persone. Le controparti si impegnano a favorire ed espandere gli scambi interpersonali, a sviluppare la rete di gemellaggio tra le città, e a sfruttare appieno la piattaforma dei Meccanismi di cooperazione culturale tra l’Italia e la Cina per portare a termine il gemellaggio tra i siti UNESCO dei rispettivi paesi, allo scopo di promuovere la collaborazione su istruzione, cultura, scienze, innovazione, salute, turismo e benessere pubblico tra le rispettive amministrazioni. Le controparti favoriranno scambi e collaborazione tra le rispettive autorità locali, mezzi di comunicazione, think tank, università e giovani.

6. Cooperazione allo sviluppo nel rispetto dell’ambiente. Le controparti si impegnano a sostenere pienamente l’obiettivo di sviluppare la connettività tramite un approccio sostenibile ed ecologico, promuovendo attivamente la tendenza globale verso lo sviluppo ecologico, circolare e a basse emissioni di carbonio. Con questo spirito condiviso, le controparti collaboreranno nel campo della protezione ambientale, dei cambiamenti climatici ed altre aree di reciproco interesse. Le controparti si impegnano a condividere le loro idee sullo sviluppo sostenibile e a promuovere attivamente le direttive dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici. Il ministero per l’ambiente, il territorio e il mare della Repubblica italiana parteciperà attivamente alla Coalizione internazionale per lo sviluppo ecologico sulla Via della Seta, già avviato dal ministero dell’ecologia e dell’ambiente della Repubblica popolare cinese, in sintonia con il programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP).

Paragrafo III: Modalità di cooperazione.

1. Le modalità di cooperazione potrebbero includere le seguenti, ma senza che siano imposti imposti limiti o restrizioni:

(i) Lo scambio di visite e dibattiti ad alto livello all’interno dei meccanismi di scambio governativi e non governativi. Le controparti metteranno a disposizione reciprocamente le informazioni raccolte nei più svariati campi e su canali multipli, allo scopo di aumentare la trasparenza e incoraggiare la partecipazione di cittadini provenienti da tutti i settori della società;

(ii) Le controparti studieranno lo sviluppo di programmi pilota nelle aree chiave, negli scambi economici e nella cooperazione, nella ricerca congiunta, nello sviluppo delle capacità, negli scambi e nella formazione del personale.

2. Le controparti si impegnano a esplorare i modelli di cooperazione a vantaggio reciproco per sostenere le principali iniziative nell’ambito della Via della Seta. Le controparti seguiranno i principi del mercato, promuoveranno la cooperazione tra capitale pubblico e privato, incoraggeranno gli investimenti e il supporto finanziario attraverso approcci diversificati. Le controparti ribadiscono il loro impegno verso investimenti che siano sostenibili, sotto il profilo sociale e ambientale, e fattibili economicamente.

3. Le controparti si impegnano a esplorare congiuntamente tutte le opportunità di cooperazione tra Italia e Cina e di possibile cooperazione in paesi terzi. Le controparti si impegnano a rispettare modi di cooperazione che siano a beneficio di tutti i partecipanti e ad adottare progetti che siano a vantaggio dei paesi terzi, favorendo le loro priorità in termini di sviluppo e le esigenze della loro popolazione, assicurandosi che siano validi e sostenibili sotto il profilo fiscale, sociale, economico e ambientale.

4. Le rispettive autorità competenti delle controparti potranno siglare accordi di collaborazione in settori specifici, anche per la creazione di strutture specifiche di collaborazione.

Paragrafo IV: Meccanismo di cooperazione.

Le controparti sfrutteranno appieno i meccanismi bilaterali già esistenti per sviluppare la cooperazione nell’ambito dell’iniziativa della Via della Seta. La commissione governativa Italia-Cina avrà il compito di monitorare lo svolgimento e i futuri sviluppi del presente accordo.

Paragrafo V: Risoluzione delle controversie.

Le controparti si impegnano a risolvere amichevolmente tutte le controversie derivanti dall’interpretazione di questo documento di intesa tramite incontri diretti.

Paragraph VI: Legislazione applicabile.

Questo documento d’intesa non costituisce un accordo internazionale che potrebbe portare all’applicazione di diritti e obblighi sotto la legge internazionale. Nessuna parte di questo documento è da considerare come base di impegno legale o finanziario per le controparti. Il presente documento d’intesa verrà interpretato secondo la legislazione delle controparti e la legislazione internazionale, laddove ne ricorrano i presupposti, e per la parte italiana anche secondo la normativa dell’Unione Europea.

*** Questo documento d’intesa avrà effetto dalla data della firma. Questo documento d’intesa resterà valido per un periodo di cinque anni e sarà rinnovato automaticamente per altri periodi di cinque anni in futuro, a meno che non venga terminato da una delle controparti con comunicazione scritta con almeno tre mesi di anticipo.

Firmato a…. il….., in due originali, ognuna in lingua italiana, inglese e cinese, tutti ugualmente autentici. Nel caso di divergenze interpretative, farà fede il testo in lingua inglese.

Per il governo della Repubblica italiana Per il governo della Repubblica popolare cinese

I REDUCI DEL SECOLO BREVE, di Teodoro Klitsche de la Grange

I REDUCI DEL SECOLO BREVE

Non è ben chiaro dove Zingaretti porterà il PD: a quanto sembra il richiamo al “vecchio” rispetto alla rottamazione renziana non è da sottovalutare. L’elezione di Landini e la manifestazione di Sala a Milano possono (forse) rafforzare l’intenzione di percorrere questa strada. L’apertura a Calenda (immediatamente rispedita al mittente) meno. Tuttavia la capacità di tenere insieme diverse declinazioni di una concezione politica (e non solo) è, in politica, una risorsa, ossia virtù, scriverebbe Machiavelli; onde non è escluso che il nuovo segretario del PD ambisca a realizzarla. Anche se operazioni del genere comportano il rischio dell’instabilità: lo sa bene – da ultimo – Prodi che costruendo una coalizione ampia ma eterogenea si trovò sfrattato più volte; addirittura in un’occasione da Turigliatto.

E la situazione odierna del PD è assai meno propizia di quella del ventennio (e oltre) della seconda repubblica. Non solo perché la base di partenza, cioè l’elettorato del PD è inferiore al 20%, assai meno di quello che era il “tesoretto” di Prodi (comunque intorno al 30%) ma perché la vecchia talpa ha scavato assai di più. Mentre infatti l’Ulivo, l’Unione e le coalizioni di centrosinistra presupponevano di essere uno dei poli della contrapposizione politica dominante (o ritenuta tale), cioè quella tra sinistra e destra, ma in effetti tra borghesia e proletariato, oggigiorno la consunzione di quella si è quasi totalmente compiuta: è stata neutralizzata. La capacità coagulante del nemico (avversario, oppositore) borghese o proletario, democratico-liberale o socialista è venuta meno, ed un’altra del tutto nuova si è manifestata, quella tra identità (dei popoli) e globalizzazione. Stiamo andando ad elezioni europee dove l’avversario da battere è per i vecchi partiti il sovranismo (e i sovranisti).

Per i partiti popul-sovran-identitari) le forze politiche che si richiamano alla vecchia scriminante politica, complici, quando non autori della globalizzazione e delle istituzioni in cui è “ordinata”. Ma non vorrei annoiare i lettori con tesi che da anni – ovviamente non da solo – mi capita di scrivere.

Passando al PD, in larga parte ancora costituito da quadri già PCI (molti) PDS-DS (ancora di più), occorre ricordare le differenze dal vecchio PCI rispetto ad oggi. In primo luogo la base sociale: un tempo era proletario, la base sociale del PD essendolo per oltre tre quarti: operai, braccianti, mezzadri. Ciò almeno fino agli anni ’70, in cui gli occupati del settore industriale erano oltre il 40% della forza lavoro; oggi, sono poco più del 20%. Anche se vi fosse ancora il nemico borghese, la truppa proletaria interessata a combatterlo si è ridotta a poco più della metà.

La seconda: il partito di massa. Il PCI era un partito di massa, un partito organizzato centralisticamente; il partito diceva Stalin, parlando del PCUS, è come l’ordine dei portaspada. Gli iscritti superavano i due milioni. Pare che gli iscritti odierni non passino i 500.000; anche se, con il meccanismo delle primarie, gli  interessati risultano molti di più. Ma comunque altro è recarsi ogni tanto a votare a un seggio, altro è fare, se non il “rivoluzionario di professione”, almeno il militante. Il quale fa parte del “seguito” dei politicamente attivi: l’elettore alle primarie no, come non ne fa parte né il votante alle politiche e neanche la nuova incarnazione della figura del “decidente inattivo”: l’iscritto alla piattaforma Rousseau. Tutte figure accomunate da un’attività episodica e rigidamente individuale anche nel modo dell’espressione della volontà: da soli, in una cabina o davanti a un computer. Il carattere pubblico della decisione collettiva nelle assemblee e nei comizi o nelle piazze è lì del tutto estraneo. E con esso il coinvolgimento politico.

Quanto ai valori di riferimento: quelli del vecchio PCI erano di un partito marxista-leninista; e gli interessi protetti, quelli del proletariato (pur articolati). Dopo essere passati in una fase in cui ai primi si andava (progressivamente) aggiungendo la “diversità” intesa come “questione morale”, i valori e gli interessi proletari oggi sono stati totalmente sostituiti dalla protezione dei “diritti umani”, di quelli delle minoranze, dalla libertà sessuale (ecc.) di guisa che il partito un tempo definito “partito burocratico di massa” è divenuto assai più simile al “partito radicale di massa” profetizzato da Augusto Del Noce come esito finale del comunismo italiano. Lo stesso che sembra avvenuto a gran parte dei partiti della sinistra europea (per lo più social-democratici), i quali appaiono assai meno solleciti degli interessi (e valori) del proletariato di quanto facessero mezzo secolo fa. Non meraviglia che in Europa stiano perdendo seguito in misura macroscopica, semmai desta stupore che contravvengano a quelle tendenze dei partiti (ancora più manifeste in quelli socialisti) all’accrescimento numerico e alla rappresentanza di tutti (proletariato come “classe liberatrice”) sottolineate da Michels. In conseguenza dell’abbandono delle quali stanno riducendosi fino all’estinzione, possibile e per taluni non molto lontana.

Oltretutto vi sono movimenti di “sinistra” che già appaiono in via di trasferimento/collocazione nel nuovo assetto bipolare: un sovranismo “di sinistra” cui neppure si può far carico di aver dirazzato, giacchè democrazia, indipendenza, sovranità sono stati spesso idee condivise anche lì, e anzi, spesso è merito di partiti proletari, aver difeso l’indipendenza e la sovranità dei popoli. Nulla può impedire tuttavia a chi pur essendo di sinistra intende collocarsi in nome dell’internazionalismo dell’umanità dei diritti umani (e così via) nell’altro polo, anche se, francamente appare meno in linea con la (loro) tradizione.

In questo quadro ci si può chiedere se, piuttosto che imbarcarsi in un amarcord politico, il PD non preferisca essere l’asse di un nuovo partito globalista, “Italia in marcia”, provando a ripetere quanto riuscito a Macron due anni fa. Il che presupporrebbe tuttavia l’accordo con l’arcinemico (che tal non è e neppure era) Berlusconi; e, con ciò, implica l’abbandono definitivo della “vecchia” identità. O, in alternativa, rassegnarsi ad un deperimento lento.

Teodoro Klitsche de la Grange

ipotesi su due disastri, di Vincenzo Cucinotta (tratto da facebook)

Cosa è successo ai due Boeing 737 max 8 che li ha fatto crollare al suolo?
L’indagine è ancora in corso, ma si fa sempre più strada una specifica ipotesi che qui riassumo per chi non la conoscesse.
Quando alcuni anni fa c’è stato l’incidente aereo dovuto alla decisione del pilota di suicidarsi, i soliti geni che presiedono alle decisioni che governano la nostra società, hanno fatto questa pensata.
Visto che l’uomo non è affidabile perchè a volte va fuori di testa e fa cose terribili come uccidere centinaia di persone per potersi suicidare, allora dobbiamo togliere all’uomo la completa disponibilità dei comandi di pilotaggio degli aerei. Il pilota continua a esserci, ma impediamogli di prendere decisioni suicide. Installiamo un software che riconosce un comportamento patologico e suicida e che si oppone attivamente a questo tipo di decisioni, prendendo il controllo dei comandi.
Ora, tutta questa strategia potrebbe apparire appropriata, ma, c’è un gigantesco ma, costituito dal fatto che dobbiamo fidarci davvero ciecamente di coloro che questo software sviluppano. Non ha senso dire che per sottrarci alle psicopatologie umane ci affidiamo a un software, in realtà noi così ci affidiamo ad altri uomini e alla nostra connaturata condanna a sbagliare.
Mi spiegarono una volta che, contrariamente a quanto siamo spontaneamente portati a credere, considerando come momento critico nella guida degli aerei il momento dell’atterraggio, che in realtà esso è invece costituito dal decollo, in particolare dopo il distacco dal terreno e dovendo rapidamente salire di quota, si pone il problema di salire e nello stesso tempo di evitare il cosiddetto stallo che subentra se l’aereo per eccesso di velocità di aumento di quota si dispone troppo vicino alla posizione verticale, perchè gli può capitare di ribaltarsi e finire così con lo schiantarsi al suolo data la modesta quota raggiunta fino a quel momento che impedisce manovre ulteriori di correzione.
La mia personale ipotesi è che nel caso di questi due incidenti il pilota possa avere momentaneamente ecceduto o difettato nella velocità di risalita e che per riparare a questo piccolo errore abbia provato a operare correzioni brusche e che il software le abbia interpretato come azioni irrazionali/suicide del pilota assumendo il comando e così impedendo la forte correzione necessaria facendo alla fine col fare schiantare al suolo l’aereo.
Lasciando ora agli esperti le questioni tecniche, a me interessa sottolineare qui “l’errore filosofico” di questa procedura, che poi potremmo riassumere nella mentalità da “apprendista stregone”.
Gli uomini che prevalentemente per motivi economici assumono posizioni decisionali nelle nostre società, hanno una mentalità progressista, che non corrisponde a valutare positivamente gli effetti benefici che la tecnologia riversa sulle nostre personali vite, cosa che facciamo tutti ovviamente, ma si spinge fino al punto di credere che la tecnologia sia un bene in sé e che qualsiasi innovazione tecnologica sia automaticamente positiva, che su questa strada non ci sono limiti, che quindi la razionalità pretesa dello stesso sviluppo tecnologico metterà tutto a posto senza che sia necessario entrare nel merito.
Nella metafora che offrivo dell’apprendista stregone, abbiamo osservato la natura/stregone all’opera e pensiamo erroneamente di saper controllare tutte le modalità con cui la natura opera, ma così non è e così non sarà mai, e il problema è rifiutare questo limite, che noi non siamo esterni alla natura, ne siamo invece pienamente parte e non possiamo dall’interno di questa natura della quale siamo parte, pensare di padroneggiarla oltre ogni possibile limite. Ogni ulteriore conoscenza è certo benvenuta, ma dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti intrinsechi.
Quell’entità che chiamiamo uomo e che da pilota sbaglia è la stessa entità che sviluppa il software e che inserisce istruzioni con le conoscenze che possiede, e in ogni caso ignora la rigidità di qualsiasi software che gli impedisce di saper fare ciò che l’uomo può fare, prendere decisioni, anche in astratto inusuali e inappropriate ma che un’emergenza rende invece del tutto adeguate in quello specifico caso.

MOON OF ALABAMA tratto da https://comedonchisciotte.org/boeing-la-faa-e-perche-due-737-max-sono-precipitati/?fbclid=IwAR1oOmENT7zkKtwRW4LTNLIjA3Q5c6HfxHvoagFHMFTXowpSvGXHxcLHD4g
moonofalabama.org

Domenica scorsa un volo della Ethiopian Airlines è precipitato, causando la morte di tutte le persone a bordo. Cinque mesi prima, un jet indonesiano della Lion Air si era schiantato nei pressi di Giacarta. Tutto l’equipaggio e i passeggeri erano morti. Entrambi gli aerei erano Boeing 737-8 MAX. Entrambi gli incidenti sono avvenuti immediatamente dopo il decollo.

I velivoli Boeing 737 MAX sono al momento tenuti a terra ovunque, tranne che negli Stati Uniti. Che questo provvedimento sia stato preso solo ora è triste. Dopo il primo incidente era già evidente che l’aereo non aveva le garanzie necessarie per essere fatto volare.

I Boeing 737 e gli Airbus 320 sono aerei ad unico corridoio con circa 150 posti. Questi due tipi di velivolo sono i ‘cavalli da tiro’ delle varie compagnie, sono stati venduti a centinaia e con un buon profitto. Nel 2010, Airbus aveva deciso di offrire il suo A-320 con un motore di nuovo tipo, denominato New Engine Option (NEO), che utilizza meno carburante. Per contrastare la mossa di Airbus, la Boeing aveva dovuto fare la stessa cosa. Anche il 737 avrebbe avuto nuovi motori per assicurare un volo più efficiente e un raggio operativo più ampio. I nuovi motori del 737 MAX sono più grandi e hanno dovuto essere posizionati in modo leggermente diverso rispetto alla versione precedente. Questo ha cambiato le caratteristiche di volo dell’aereo, dandogli una certa tendenza a cabrare.

Questa nuova caratteristica di volo del 737 MAX avrebbe richiesto una riqualificazione dei piloti. Ma i responsabili del marketing di Boeing hanno sempre detto ai loro clienti che il 737 MAX non avrebbe richiesto un nuovo e completo addestramento. Invece di costose sedute al simulatore di volo per prendere confidenza con questo nuovo tipo di aereo, i piloti abilitati al 737 avrebbero dovuto solo leggere la documentazione tecnica riguardante i cambiamenti tra la vecchia e la nuova versione.

Per rendere la cosa fattibile, gli ingegneri della Boeing hanno dovuto ricorrere ad un piccolo trucco. Hanno aggiunto un “sistema di potenziamento delle caratteristiche di manovra” (MCAS) che abbassa il muso dell’aereo se un sensore rileva un angolo di attacco troppo alto (AoA) che potrebbe portare ad uno stallo. Questo ha reso le caratteristiche di volo della nuova versione del 737 simile a quella del vecchio modello.

Ma gli ingegneri hanno fatto una stupidaggine.

Il 737 MAX ha due computer per il controllo del volo. Ciascuno è collegato ad uno solo dei due sensori che leggono l’angolo di attacco. Durante il volo, solo uno dei due computer esegue il controllo MCAS. Se rileva un angolo di attacco troppo alto, trimma verso il basso lo stabilizzatore orizzontale per circa 10 secondi. Poi lascia passare 5 secondi e legge di nuovo i dati del sensore. Se questo continua a mostrare un angolo di attacco troppo alto, il MCAS trimma nuovamente lo stabilizzatore per far abbassare il muso dell’aereo.

L’MCAS è indipendente dal pilota automatico. È attivo anche durante il volo manuale. C’è una procedura per disattivarlo ma richiede tempo.

Uno dei sensori di angolo di attacco sul volo indonesiano era difettoso. Sfortunatamente, era proprio quello collegato al computer che gestiva il MCAS durante quel volo. Poco dopo il decollo, il sensore aveva segnalato un angolo di attacco troppo alto, anche se l’aereo stava prendendo quota in modo regolare. Il MCAS si era attivato e aveva fatto abbassare il muso dell’aereo. I piloti avevano reagito disabilitando l’autopilota e tirando indietro la barra di comando. Il MCAS si era nuovamente attivato, mandando l’aereo ulteriormente in picchiata. I piloti avevano nuovamente tirato la barra di comando. Questo era successo 12 volte, prima che l’aereo precipitasse in mare.

Realizzare un importante automatismo per la sicurezza che dipende da un solo sensore è una progettazione estremamente scadente. Anche avere un automatismo per il controllo del volo che rimane attivo anche quando il pilota vola in modo manuale è una cattiva scelta. Ma il vero gesto criminale è stato il fatto che la Boeing ha tenuto nascosta questa caratteristica.

Né le compagnie aeree che avevano acquistato gli aerei, né i piloti che li avevano fatti volare erano stati informati del MCAS. Non sapevano della sua esistenza. Non erano a conoscenza di un sistema automatico che controllava gli stabilizzatori anche quando l’autopilota era disinserito. Non avevano idea di come potesse essere disattivato.

Nove giorni dopo che il volo indonesiano della Lion Air 610 si era concluso con un incidente mortale, la Federal Aviation Administration (FAA) aveva emesso una Emergency Airworthiness Directive [Direttiva di Emergenza di Aeronavigabilità].

I piloti che volavano sui 737 MAX erano rimasti senza parole. Il sindacato dei piloti, APA,  aveva inviato una lettera ai suoi membri:

“Questa è la prima descrizione che voi, come piloti dei 737, avete mai visto. Non è nel manuale di volo AA 737 parte 2, né esiste una descrizione nel Boeing FCOM (manuale operativo per l’equipaggio),” afferma la lettera del comitato di sicurezza del sindacato piloti. “La consapevolezza è la cosa fondamentale per tutti i problemi connessi alla sicurezza.”

L’aereo della Ethiopian Airlines che si è schiantato è precipitato con un profilo di volo simile a quello dell’aereo indonesiano. È molto probabile che il MCAS sia la causa di entrambi gli incidenti. Anche se i piloti dell’aereo etiopico erano a conoscenza del sistema MCAS, potrebbero aver avuto troppo poco tempo per disattivarlo. I registratori di volo sono stati recuperati e ci diranno la storia completa.

La Boeing ha venduto quasi 5.000 737 MAX. Finora ne sono stati consegnati 340. La maggior parte di questi sono ora tenuti a terra. Alcuni familiari delle persone morte sul volo indonesiano stanno facendo causa alla Boeing. Altri seguiranno. Ma la Boeing non è l’unica ad essere in colpa.

La FAA certifica tutti i nuovi aerei e la loro documentazione. Sono stato per qualche tempo marginalmente coinvolto nei problemi di certificazione di Airbus. È un processo estremamente dettagliato, che deve essere seguito alla lettera. Per certificare un jet moderno sono impegnate a tempo pieno centinaia di persone. Ogni minuscola vite e anche i più piccoli dettagli di progettazione dell’hardware e del software devono essere documentati e certificati.

Come o perché la FAA ha dato l’autorizzazione al volo al 737 MAX con il MCAS mal progettato? Come ha potuto la FAA permettere che il MCAS fosse escluso dalla documentazione ufficiale? Quali misure erano state prese dopo che il volo indonesiano si era schiantato in mare?

Fino ad ora, la FAA era un’agenzia di certificazione molto quotata. Diversi paesi hanno seguito le sue decisioni ed hanno accettato le certificazioni rilasciate dalla FAA. Il fatto che la maggior parte del mondo stia ora tenendo a terra i 737 MAX, mentre volano ancora negli Stati Uniti, è un segnale che questa visione sta cambiando. Le certificazioni della FAA sugli aerei della Boeing vengono ora messe in dubbio.

Oggi la quotazione delle azioni  Boeing è scesa del 7,5%. Dubito che [questo calo] sia abbastanza rappresentativo degli attuali problemi di responsabilità [dell’azienda]. Ogni compagnia aerea che ora ha dovuto tenere a terra i propri aerei chiederà un risarcimento. Più di 330 persone sono morte e le loro famiglie meritano una riparazione. Gli ordini per i 737 MAX saranno annullati perché i passeggeri eviteranno quel tipo di velivolo.

La Boeing risolverà il problema del MCAS utilizzando più sensori o modificando comunque le procedure. Ma il problema più grosso per l’industria aeronautica degli Stati Uniti potrebbe essere il danno arrecato alla reputazione della FAA. Se la FAA è vista internazionalmente come un’agenzia il cui compito è quello di favorire le compagnie aeree statunitensi, essa non sarà più affidabile e il settore ne risentirà. Dovrà gestire i futuri processi di certificazione attraverso una giungla di agenzie straniere.

Il Congresso dovrebbe occuparsi della questione della FAA e indagare sul perché del suo fallimento.

Moon of Alabama

 

Fonte: moonofalabama.org
Link: https://www.moonofalabama.org/2019/03/boeing-the-faa-and-why-two-737-max-planes-crashed.html#more
12.03.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Capitali in fuga, Il grafico definitivo di Giuseppe Masala_2a parte

tratto da https://www.facebook.com/bud.fox.58/posts/2354181397973505

Parte seconda

qui la 1a parte http://italiaeilmondo.com/2019/03/05/il-grafico-definitivo-di-giuseppe-masala/

Ancora sul grafico “definitivo” aka “lo spread siamo noi”.

Come abbiamo visto ieri nel grafico “Target2 + Flussi Cumulati Bilancia Pagamenti” a fronte di 300 mld di euro di investimenti stranieri in Italia abbia 800 mld di investimenti italiani all’estero. Con un mostruoso saldo positivo di 500 mld di euro che in altri tempi sarebbe stato chiamato “fuga di capitali”. Una situazione chiaramente patologica dovuta al fatto che il maggior polmone di impiego di queste risorse è tenuto inattivo: lo stato non può indebitarsi in ossequio all’interpretazione delirante [ed in malafede] delle regole del trattato di Maastricht, del fiscal compact e di tutti gli altri lacci e lacciuoli (pil potenzale, output gap ecc) che sono gli strumenti con i quali siamo sottoposti a water bording fiscale.
Una situazione appunto gravemente patologica doppiamente: perché non permette allo stato di mobilitare le risorse risparmiate dai propri cittadini e che dall’altro lato spinge i propri cittadini a portare all’estero questi risparmi dove vengono sottoposti a repressione finanziaria ovvero a tassi reali negativi per finanziare la spesa pubblica (la mobilitazione di risorse) di stati esteri. Una doppia rapina: in Italia subiamo la rapina di non poter usufruire di servizi e opportunità che solo lo stato può offrire e dall’altro lato gli stati esteri ci saccheggiano con i tassi negativi.

Per rendere più chiaro quanto sia patologica questa situazione basta fare un piccolo esercizio con la mente: provate ad immaginare cosa accadrebbe se i 500 mld netti che abbiamo all’estero domani mattina rientrassero in Italia. Facile immaginare un enorme terremoto sui tassi di interesse: gli interessi sul debito pubblico italiano subirebbero un crollo di proporzioni enormi [con la incidentale conseguenza immediata di risanare i bilanci delle banche italiane, ma questo è un altro discorso]. Al contrario i tassi dei titoli di stato dei paesi che al momento beneficiano del risparmio italiano crescerebbero (ho detto Germania?). Ora io non ho gli strumenti e non ho manco la preparazione per poter fare delle stime ma non rimarrei sbalordito che se rientrasse in Italia un enorme flusso di danaro come quello di cui si parla (e contemporaneamente ovviamente uscisse dall’Estero in egual misura) fulmineamente i tassi italiani si abbasserebbero e quelli esteri si alzerebbero in egual misura a tal punto da polverizzare tutti gli spread di questo mondo. Ivi compreso il celeberrimo spread Btp/Bund. Vista in questo senso (ma non c’è da stupirsi essendo l’economia la più paradossale di tutte le scienze) l’impossibilità dello stato di potersi indebitare mobilitando il risparmio nazionale spinge il risparmio all’estero creando lo spread. Dunque è la stessa austerità nel caso italiano a creare lo spread. Una follia. Una follia parificabile a quella di far correre una persona con uno zaino alpino carico di sassi oppure simili a quella di curare una persona sana con un ciclo di chemioterapia come prevenzione alla possibile insorgenza di un tumore.

Come uscirne? Semplice:

1) Consenti agli stati che hanno un eccesso di risparmio “costretto” ad essere impiegato all’estero di indebitarsi fino all’assorbimento. Ma questo ovviamente non conviene a chi guadagna da questa situazione patologica (ho detto Germania?)

2) Distruggi l’asimmetria di fondo: non puoi avere un mercato finanziario unico per tutta l’Europa e poi il massimo “mobilitatore” di risorse non esiste. Ovvero non esiste un Ministero del Tesoro Europeo che emetta Eurobond e tutti i piccoli indiani dei singoli stati sono legati alla regola del 60% del debito/Pil e del 3% sul deficit/pil come se fosse la stessa cosa l’Italia che ha una bilancia commerciale, un saldo delle partite correnti e una bilancia dei pagamenti in forte attivo e oltretutto un colossale eccesso di risparmio e la Francia o la Spagna che vivono di trasferimenti netti dalla Germania.

3) Terza soluzione: salutare, riportare tutto a casa e andarcene educatamente.

Stiamo vivendo una enorme repressione fiscale (grazie al Trattato di Maastricht) e finanziaria (a causa dell’impiego dei risparmi italiani all’estero a tassi reali negativi) che si traduce nel più grande saccheggio della Storia italiana. Sipario.

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